Aprile 27th, 2022 Riccardo Fucile
AI PIANI ALTI SI COMINCIA A TEMERE QUESTA GUERRA PARTIGIANA CHE STA ESPLODENDO NEL PAESE DOVE UNA MINORANZA FATTA DI SABOTATORI È DISPOSTA A RISCHIARE PER MANIFESTARE IL PROPRIO DISSENSO ALLA GUERRA CON BOICOTTAGGI, INCENDI E BLOCCHI FERROVIARI
Fucili a canne mozze, bottiglie Molotov, droga e siringhe, pistole, letteratura estremista, passaporti ucraini falsi, t-shirt metallare, santini di Hitler e dischi con il videogame The Sims: questo è il kit dell’infiltrato sovversivo che vuole seminare terrore in Russia per ordine dei servizi segreti di Kiev.
La televisione russa mostra nei dettagli gli arresti di improbabili personaggi che vengono buttati giù dal letto in mutande dalle teste di cuoio dell’Fsb, per poi “confessare” davanti alla telecamera di aver progettato atti terroristici: incendiare automobili con gli adesivi in sostegno della “operazione militare speciale” in Ucraina e uccidere i propagandisti della tv di Stato.
Quel che resta dei social ride delle presunte molotov in bottiglie di plastica e soprattutto dei Sims: qualcuno sostiene che gli agenti dell’Fsb volevano mettere nel kit del nazista delle sim-card,
I presunti infiltrati ucraini intanto hanno negato ogni colpa davanti al giudice, ma Vladimir Putin in persona racconta davanti alle telecamere della «congiura nazista» e ne indica esplicitamente il mandante, l’Sbu, Servizio di sicurezza ucraino, a sua volta «supervisionato dalla Cia».
La caccia all’agente sovversivo, l’ucraino mascherato, il traditore, rievoca una figura archetipica dell’infanzia dei russi meno giovani, bombardati da libri e film su infiltrati e doppiogiochisti servi dell’imperialismo.
Ma dietro alle paranoie diffuse dalla propaganda potrebbe non esserci solo una guerra virtuale: negli ultimi giorni un po’ dovunque in Russia scoppiano roghi in siti militari e strategici: soltanto due giorni fa si sono incendiati contemporaneamente due depositi di combustibile nella regione di Bryansk, non lontana dal confine settentrionale dell’Ucraina, suscitando nei social locali un acceso dibattito sull’ipotesi di un attacco ucraino o un atto terroristico. Tre settimane prima era toccato a un magazzino di carburante a Belgorod, distante 40 chilometri dal confine ucraino: si era parlato di missili o droni ucraini, ma le autorità russe hanno preferito citare un “errore umano” di origini autoctone.
Il fuoco divampa però anche in territori russi molto lontani dall’Ucraina: contemporaneamente al deposito di Bryansk un incendio enorme è scoppiato in una base militare di Ussuriysk, distante circa 10 mila chilometri da Kiev. Le fiamme hanno divorato anche la sede dell’Istituto di ricerca centrale delle forze aerospaziali russe, a Tver, a Nord di Mosca, il centro dove vengono progettati alcuni dei missili che la Russia lancia sull’Ucraina, tra cui gli Iskander: il rogo ha fatto almeno 17 morti, e le sue cause restano sconosciute.
Una settimana fa è andata a fuoco la dacia del governatore della regione di Mosca Andrey Vorobyov, secondo alcune fonti adiacente alla sontuosa residenza del ministro della Difesa russo Sergey Shoigu. Diversi incendi hanno colpito nelle ultime settimane anche alcuni commissariati militari di varie regioni russe: sono gli uffici dove si svolgono le operazioni di reclutamento e si conservano i documenti dei russi con obbligo di chiamata alle armi. «La gente non vuole venire richiamata e quindi cerca di impedirlo, ho la sensazione che in Russia sia iniziata una guerra partigiana», è stato il commento di Oleksiy Arestovich, il responsabile della comunicazione strategica di Kiev.
È noto che la Russia è il Paese con il maggior numero di incendi (e vittime del fuoco) al mondo, e Arestovich è un maestro della contropropaganda, che sa benissimo di cosa hanno paura i servizi russi. Ma in Bielorussia -, Paese di grande tradizione partigiana nella guerra contro i nazisti – il sabotaggio nella “battaglia dei binari” è stato cruciale nel bloccare gli spostamenti delle truppe russe, e anche dalla Crimea occupata giungono voci di blocchi ferroviari.
Oppositori di Putin, oligarchi sanzionati, riservisti in fuga dalla chiamata: la lista dei potenziali sovversivi è lunga, e l’eliminazione di qualunque possibilità di sfogo pubblico del dissenso spaventa la maggioranza, ma potrebbe anche spingere ad azioni più estreme una minoranza decisa a rischiare.
Ogni giorno, su mura, porte, panchine, parapetti, monumenti e fiancate di auto delle città russe appaiono scritte “no alla guerra”: un esercito invisibile, ma molto più numeroso di quanto il Cremlino voglia far credere.
(da la Stampa)
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Aprile 27th, 2022 Riccardo Fucile
FRATELLI D’ITALIA PRETENDE LA RICONFERMA DI MUSUMECI, LEGA E FORZA ITALIA NICCHIANO: “SE NON SOSTENETE MUSUMECI, NOI NON APPOGGEREMO IL CENTRODESTRA ALLE REGIONALI IN LOMBARDIA” – IL CONSIGLIO DI BERLUSCONI A SALVINI: “ACCETTA LE LORO CONDIZIONI, TANTO POI NON LI APPOGGIAMO”
Ma questo incontro tra i leader del Centrodestra si fa o non si fa? Nessuno vuole fare la prima mossa o tendere la mano: giocano a fare i preziosi. Salvini ha già chiarito di non volere vertici via Zoom: vuole vedere di persona Meloni e Berlusconi.
A chi gli ha fatto notare che sabato a Milano c’è anche Giorgia Meloni, impegnata nella Conferenza programmatica del suo partito, Salvini si è limitato a dire: “Beh, siamo tutti a Milano, cosa c’è di meglio?!”. Ma quello che il Capitone descrive con un aperitivo tra amici in realtà è una resa dei conti decisiva per le sorti della coalizione.
Fratelli d’Italia pretende che Lega e Forza Italia diano l’ok alla ricandidatura di Musumeci in Sicilia. Una posizione non negoziabile. Al punto che i meloniani hanno recapitato un aut-aut a Salvini: “Se non sostenete Musumeci, noi non appoggeremo il centrodestra alle prossime regionali in Lombardia”.
Berlusconi, che sarà anche acciaccato ma resta la solita faina, ha sussurrato a Salvini di farsi concavo e convesso: “Accetta le loro condizioni, tanto poi non li appoggiamo”. Un sabotaggio interno per affossare Musumeci e dare una spallata a Giorgia Meloni.
Ps: si registra un euro-movimentismo di Guido Crosetto, suggeritore in chief della Meloni su atlantismo e armamenti, per creare un link tra Ecr, il gruppo dei Conservatori europei guidato dalla “Ducetta”, e il Partito popolare europeo. Un dialogo, o almeno una non-ostilità, che aiuti ad avvicinare Giorgia Meloni all’establishment europeo. Eppure, nonostante la netta posizione assunta sulla guerra in Ucraina, la leader di Fratelli d’Italia ancora smuove qualche scetticismo: “E’ troppo di destra”.
A Bruxelles la tentazione di paragonarla a Marine Le Pen è forte, nonostante le differenze su collocamento internazionale, rapporti con la Russia e atlantismo. Ma si sa, in Europa ci si muove “a naso”, si procede per semplificazioni.
Un punto di contatto però salta agli occhi: Marine Le Pen è una donna sola al comando e non ha classe dirigente di spessore. La sua sconfitta alle presidenziali si deve in parte a questa leadership solitaria.
Giorgia Meloni sconta una situazione simile: si ritrova un partito a gestione familiare, che è passato dal 4,35% al 21% certificato dai sondaggi, ancora arredato con il modernariato delle Santanché e dei La Russa.
(da agenzie)
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Aprile 27th, 2022 Riccardo Fucile
ORA SI INIZIA A PARLARE DI MEZZI DI CONCEZIONE OCCIDENTALE… IL FATTORE TEMPO E IL PROBLEMA DELLA LOGISTICA
I vertici del Pentagono da Ramstein avvertono che il «tempo gioca in favore della Russia» e dunque l’aiuto in favore di Kiev deve essere rapido. A coordinarlo Eucom, il comando Usa in Europa, e l’International Donors Coordination Center, entrambi a Stoccarda, Germania.
L’Armata russa attacca a sud ed a oriente usando tutta la sua potenza di fuoco. Martella trincee e postazioni, un tiro pesante. Ammorbidisce e distrugge in vista di un assalto. Al tempo stesso prova a mantenere le «distanze» per subire meno perdite. La resistenza ha bisogno di rispondere. Da qui la fornitura, solo nelle ultime settimane, di «pezzi» analoghi. I cannoni trainati o semoventi, lanciarazzi multipli con proiettili guidati capaci di ingaggiare l’invasore sul lungo raggio.
Usa, Canada, Olanda sono stati tra i primi a impegnarsi. Poi francesi e Paesi dell’Est. Per essere efficace l’artiglieria richiede una buona ricognizione: i radar da scoperta (garantiti ancora da americani e olandesi). I droni-kamikaze (Switchblade, Phoenix Ghost) e d’attacco (TB 2 turchi) hanno accresciuto le capacità.
Si è a lungo discusso sulla possibilità di consegnare carri armati, c’erano dei dubbi (solo iniziali). Gli alleati si sono rivolti di nuovo agli Stati confinanti, come Polonia e Slovacchia, che hanno messo a disposizione tank identici a quelli già impiegati dall’esercito di Zelensky. Scelta logistica e «conveniente», per non sprecare altri giorni nel training.
Ora però si parla di mezzi di concezione occidentale. La compagnia tedesca Rheinmetall ha offerto a Berlino decine di Leopard attualmente nei depositi (Italia e Svizzera). Modelli 1 e 2.
Si ripropone in questo caso il tema training, per quanto veloce richiede settimane. Vedremo. Londra ha invece proposto la soluzione «scambio circolare»: passa i suoi Challenger 2 ai polacchi e loro aumentano il lotto di T-72 a Kiev.
Quindi sono stati schierati o promessi blindati di vario tipo. I Bushmaster australiani, vecchi M113, Mastiff britannici. I corazzati sono «scudo» e «lancia»: contrastano l’avanzata, servono per il contrattacco. La Nato ritiene che l’aggredito non solo è in grado di «non perdere» ma potrebbe anche vincere. Valutazione che tuttavia non trova tutti d’accordo.
La copertura
La copertura anti-aerea è indispensabile. L’alleanza ha consegnato missili Stinger, Mistral, Starstreak e Strela (quest’ ultimi acquistati nell’Est Europa) per le basse quote e S300 slovacchi. Decine i velivoli abbattuti. Servirebbe molto di più. La Germania – è la novità di queste ore – ha dato luce verde per un certo numero di blindati Gepard (due mitragliatrici con radar).
Nelle scorse settimane è stato invece massiccio l’invio alleato degli anti-tank portatili (Javelin, NLAW, AT 4) e di alcuni anti-nave. Quanto alla componente aerea il supporto è stato meno intenso: pezzi di ricambio, forse qualche vecchio Mig polacco, una pattuglia di elicotteri Mi-17.§La logistica
L’aumento del flusso comporta problemi di trasporto e sicurezza. Infatti la Russia ha iniziato a colpire in modo sistematico gli snodi ferroviari nel centro e nell’ovest, azione affidata a cruise lanciati da grande distanza.
Sono i treni, insieme ai camion, a trasportare i carichi. I russi proveranno a distruggere binari, stazioni e i magazzini (magari mimetizzati) che ospitano il materiale. Enorme la domanda per le munizioni, con alcune imprese a gestire l’appalto rivolgendosi sempre all’Est. Riappare la questione delle scorte (per gli Stinger) e della produzione, le industrie sono mobilitate, si stabiliscono tabelle di marcia, ma nessuno ha idea di quanto il conflitto possa durare. C’è sempre il fattore tempo che può diventare determinante.
(da Il Corriere della Sera)
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Aprile 27th, 2022 Riccardo Fucile
MA COSA C’ENTRA IL SERVIZIO MILITARE LO SA SOLO LUI
Le modalità comunicative sono sempre le stesse: mischiare mele e pere. Lo ha fatto, più volte, (non) rispondendo alle domande sulla condanna dei carabinieri che hanno pestato a morte Stefano Cucchi (replicando “io sono sempre contro la droga“).
E il canovaccio del fare un mix di tutto per portare avanti temi di propaganda leghista prosegue a spron battuto sui social. L’ultimo caso riguarda la pubblicazione di un video – diventato virale su Telegram – di una rissa tra ragazze a Napoli.
E Matteo Salvini ha (giustamente) condannato questa assurda violenza, per poi virare la sua attenzione su una richiesta: le reintroduzione del servizio militare obbligatorio.
Il video è reale. Quella rissa ragazze Napoli è avvenuta realmente qualche giorno fa. La vittima è stata bloccata in ginocchio mentre un’altra ragazza – davanti all’occhio delle telecamera che ha immortalato la scena – la colpisce più volte prima di iniziare a utilizzare le forbici per tagliarle alcune ciocche di capelli. E nel bel mezzo dell’atto violento, si sentono voci gridare:
“Ti devo tagliare tutti i capelli. Vuoi essere uccisa” e “Attenta a non accoltellarla”.
Il tutto mentre la giovane aggredita piange e chiede all’altra donna (nel video viene chiamata Alessia da un’altra voce femminile, probabilmente quella che sta riprendendo la scena con il suo smartphone) di non farle del male.
Insomma, una violenza inaudita che merita una seria condanna. E così ha fatto Matteo Salvini.
Ma cosa c’entra la reintroduzione della leva obbligatoria? Nulla.
Come al solito il leader della Lega utilizza storia (la maggior parte trapelate dai social) per portare avanti la propria propaganda offrendo al suo pubblico proposte spot che, solo sui social, possono far pensare a soluzioni a problemi di violenza.
Perché stando alla storia e alla versione salviniana, la sua idea è quella del servizio militare obbligatorio per tutti. Uomini e donne?
(da agenzie)
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Aprile 27th, 2022 Riccardo Fucile
IN UN’ALTRA OCCASIONE SONO RIUSCITI A SALVARE UOMINI E MEZZI SPOSTANDOSI POCO PRIMA DI UN ATTACCO GRAZIE A UNA SOFFIATA DEGLI USA
Gli Stati Uniti hanno fornito all’esercito ucraino informazioni in tempo reale sul piano di guerra di Putin, e grazie a questi dati nei primi giorni dell’invasione l’Ucraina è riuscita ad abbattere un aereo russo che trasportava centinaia di soldati.
Il successo dell’attacco dell’Ucraina all’aereo da trasporto russo IL-76 vicino all’aeroporto di Kiev a febbraio è arrivato grazie alle informazioni ricevute dagli Stati Uniti: un’operazione di condivisione di dati senza precedenti con un partner non NATO, hanno detto alla NBC ex e attuali funzionari statunitensi.
Due di questi aerei sono stati abbattuti più o meno nello stesso periodo. I dettagli su quale dei due aerei sia stato abbattuto grazie all’intelligence statunitense non sono stati condivisi. La Russia non ha rivelato quante truppe sono morte, ma gli aerei possono trasportare fino a 150 soldati ciascuno.
Sebbene i russi alla fine abbiano preso l’aeroporto, la campagna dell’Ucraina nei cieli con l’intelligence statunitense ha compromesso le operazioni della Russia nella regione e ha aiutato l’Ucraina a combattere i suoi invasori, hanno aggiunto i funzionari, parlando in condizione di anonimato.
«Fin dall’inizio, ci siamo spinti piuttosto in avanti condividendo informazioni strategiche e attuabili con l’Ucraina», ha detto alla NBC un funzionario statunitense informato sulla questione. Ha avuto un impatto sia a livello tattico che strategico. «Ci sono esempi in cui questo ha fatto una grande differenza».
L’intelligence fornita dagli Stati Uniti ha consentito alle forze ucraine di sapere dove colpire, quali unità russe erano attive e quali esche e dove le forze d’invasione pianificavano di bombardare.
Un funzionario statunitense ha detto alla NBC che le operazioni segrete hanno salvato soldati e equipaggiamento ucraini facendo perdere tempo e munizioni alla Russia. «L’esercito russo ha letteralmente scavato campi vuoti dove un tempo erano state installate le difese aeree», ha detto il funzionario dopo che le forze ucraine sono state spostate a seguito di una soffiata degli Stati Uniti. «Ha avuto un enorme impatto sull’abilità dell’esercito russo sul campo».
Dall’inizio della guerra, la Russia ha perso un totale di 873 carri armati, 2.238 veicoli corazzati, 179 aerei, 154 elicotteri e 408 sistemi di artiglieria, secondo i dati pubblicati questa settimana dalle forze di terra ucraine. L’organizzazione ha stimato che circa 21.000 combattenti russi sono stati uccisi nella guerra, mentre le stime di Stati Uniti e Regno Unito parlano di 15.000.
In totale, 317 ufficiali di grado di tenente minore e superiore sono stati uccisi in poco più di due mesi di combattimenti, ha pubblicato questa settimana il quotidiano russo MediaZona. Quasi un terzo proveniva dai gradi più alti – maggiore o superiore – tra cui almeno due generali e il vice comandante della flotta russa del Mar Nero.
Il Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca ha dichiarato: «Stiamo fornendo regolarmente informazioni dettagliate e tempestive agli ucraini sul campo di battaglia per aiutarli a difendere il loro paese dall’aggressione russa e continueremo a farlo».
Anche la CIA ha fornito informazioni su come le forze ucraine possono proteggere e trasportare al meglio i leader, incluso il presidente Volodymyr Zelenskyy, che è un obiettivo primario per gli invasori russi, ha riferito la NBC. I funzionari statunitensi hanno affermato che la CIA è attiva in Ucraina da quando la Russia ha sequestrato la Crimea nel 2014 per aiutare il paese dell’Europa orientale a cacciare le spie russe.
«Negli ultimi otto anni c’è stata una relazione molto solida tra le agenzie di intelligence statunitensi e gli ucraini», ha detto un funzionario alla NBC, osservando che è stato questo legame che ha permesso agli Stati Uniti di condividere prontamente le informazioni con l’Ucraina quando la Russia ha iniziato la sua invasione.
È probabile che gli Stati Uniti forniscano forme di intelligence ancora maggiori per aiutare l’Ucraina a reagire dopo che Avril Haines, direttore dell’intelligence nazionale, ha sospeso gli ordini che vietavano la condivisione di forme di intelligence per aiutare l’Ucraina a riconquistare territori o attaccare in Crimea o nel Donbas. Lo ha riferito la NBC.
Washington ha anche intensificato il suo sostegno alle forze armate ucraine all’inizio di questo mese con un pacchetto da 800 milioni di dollari che per la prima volta includeva artiglieria a lungo raggio con obice da 155 mm, veicoli corazzati e droni di difesa costiera. Il nuovo pacchetto porta l’aiuto totale fornito all’Ucraina a 3,2 miliardi di dollari dall’inizio dell’invasione alla fine di febbraio, secondo il portavoce del Pentagono John Kirby.
La Germania ha annunciato martedì che si sarebbe unita agli sforzi e dovrebbe consegnare circa 50 veicoli antiaerei Gepard.
(da Daily Mail)
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Aprile 27th, 2022 Riccardo Fucile
“ESISTE UNA FRANCIA SCONTENTA, IN RIVOLTA. RICORDATE I GILET GIALLI? MACRON SBAGLIÒ AD AUMENTARE LE ACCISE SUL GASOLIO. AI POLITICI MANCA L’ADESIONE AL TERRENO. BISOGNA FICCARE IL NASO DAPPERTUTTO, ANCHE NEI LUOGHI DIFFICILI”
Renzo Piano, senatore a vita, architetto da oltre cento edifici pubblici in ogni continente, a Parigi ha costruito il Beaubourg, il Palazzo di Giustizia, la nuova sede dell’École Normale Supérieure, e ora sta costruendo il nuovo ospedale, l’Hopital du Grand Paris. Ha la doppia cittadinanza, italiana e francese.
Senatore, ha votato?
«Sì. Macron, e sono sollevato che ce l’abbia fatta. Ma sono anche preoccupato».
L’estrema destra antieuropea non è mai stata così forte.
«E io mi sento profondamente europeo. La Francia è la mia seconda patria. Nel 1968 partii da Genova per Londra con le valigie sul tetto, la mia ex moglie e due figli piccoli; e nel 1971 ero già a Parigi. La Francia è sempre stata un Paese accogliente, e questa città in particolare. È una metropoli del Nord, ma la sua anima è latina. Parigi mi ha adottato. Ciò non toglie nulla alla mia italianità e alla mia mediterraneità: la luce è fondamentale in tutti i miei progetti».
La destra radicale di Marine Le Pen ed Eric Zemmour si basa proprio, sia pure con toni diversi, sul rifiuto dello straniero.
«Ma la Francia da sempre integra chi viene da fuori. I più grandi artisti del Novecento arrivarono a Parigi dall’estero: Picasso dalla Catalogna, Modigliani da Livorno, Brâncusi dalle foreste romene. E poi gli italiani: Umberto Eco e Paolo Conte li ho conosciuti qui a Parigi; Rossellini realizzò la sua ultima opera al Beaubourg; Italo Calvino veniva spesso nel cantiere. Lo stesso faceva Mario Vargas Llosa a Berlino, a Potsdamer Platz: del resto, gli scrittori nutrono una gelosia profonda per gli architetti, che costruiscono cose; e gli architetti sono gelosi degli scrittori, che costruiscono mondi».
Come spiega allora il risultato di domenica scorsa, con la Le Pen battuta ma mai così vicina all’Eliseo? Dove ha sbagliato Macron?
«Non dimentichiamo che esiste una Francia scontenta, in rivolta. Ricorda i Gilet gialli? Macron sbagliò ad aumentare le accise sul gasolio. A Parigi quasi nessuno ha la macchina; ma la Francia è anche un Paese rurale, ci sono persone che fanno 60 chilometri in automobile tutti i giorni per andare al lavoro».
C’è una frattura tra la Francia urbana e quella profonda.
«Sì, ma non è solo quello. Ai politici manca l’adesione al terreno. Bisogna ficcare il naso dappertutto, anche nei luoghi difficili, nelle situazioni drammatiche. Devi chiederti se ha ragione non Marine Le Pen, ma il suo elettorato; e ci sono ragioni che ti balzano agli occhi. Devi andare sul posto e poi scavare, grattare, finché non trovi il genius loci, l’anima del luogo. Altrimenti ti rifugi nell’Accademia, i posti dove politici, scrittori, architetti si parlano tra loro e si convincono di essere i migliori del mondo».
Cosa significa aderire al terreno?
«Se devo costruire un ospedale a Komotini, al confine tra Grecia, Bulgaria e Turchia, vedo che il posto è pieno di foreste, e lo faccio in legno. Ma se devo costruirlo in Uganda, mi chino a terra, prendo in mano l’argilla e la mostro al mio committente, Gino Strada. “Voglio un ospedale scandalosamente bello”, disse Gino. Così lo feci in argilla. A New York di fronte alle acque dell’Hudson ho ripensato il Whitney Museum come un vascello di vetro e acciaio. Ad Amiens ho puntato il binocolo e orientato la nuova università in direzione della guglia della Cattedrale gotica».
Amiens è la città di Macron. Come lo giudica?
«Non so valutarlo appieno, conosco meglio sua moglie Brigitte. Però penso che sia un politico sincero. Che creda davvero al dialogo, all’inclusione».
I politici mentono. Sempre.
«No. La sincerità è fondamentale in politica, che è l’arte più sublime e straordinaria: l’arte della polis, di governare il bene pubblico. Ce lo siamo detti con Liliana Segre, passeggiando sottobraccio in Transatlantico, nei giorni della rielezione di Mattarella, e conversando sulla nobiltà della politica. Dovremmo ripristinare il giuramento degli antichi ateniesi: “Giuro di restituirvi la città più bella di come mi è stata consegnata”. E per i greci il concetto di bello includeva quello di buono. È la stessa cosa che intende Dostoevskij, quando fa dire al principe Mishkin che la bellezza salverà il mondo. La bellezza non è solo un fatto estetico; non a caso diciamo bella persona, bella idea. Purtroppo l’idea di bellezza ce l’hanno rubata. Oggi è sinonimo di cosmesi, di centro estetico».
La bellezza assoluta esiste?
«È come l’uccello del Paradiso: inafferrabile. È come Atlantide: non c’è; ma bisogna cercarla. Poi magari, sia pure solo per un momento miracoloso, la si trova».
La Francia di oggi è più bella di cinque anni fa?
«Secondo me, sì. Lo è anche l’Europa».
Macron diventerà un giorno il primo presidente eletto degli Stati Uniti d’Europa, come sogna?
«È una possibilità. L’Europa è il nostro futuro, e Macron la sente molto. Ha creato una dinamica, insieme con la Germania, con Draghi».
Ma l’Europa è divisa. Tra una nazione e l’altra. E al suo interno: centro contro periferia, città contro provincia.
«L’Europa è un’immensa città diffusa. Il contrario di città non è campagna, è deserto; e in Europa trovi tutto, metropoli e borghi, boschi e fiumi, campi e mari, tranne il deserto. In tutto il continente non esiste un posto da cui non si possa raggiungere in un’ora un ospedale, una sala per concerti, una biblioteca. Ogni 150 metri c’è la fermata di un tram, ogni 300 di una metropolitana; ogni dieci chilometri c’è una stazione, ogni 150 chilometri una stazione dell’alta velocità».
I centri storici però si stanno svuotando.
«È vero. Anche qui a Parigi, come nel centro di Roma, di Firenze, di Venezia, vedi tante case con le finestre spente. Perché sono “case trofeo”: acquistate da miliardari che magari ci vengono una volta ogni due anni. Il punto è riportare in centro chi ama la musica, i libri, la pittura, costruendo auditorium, centri di ricerca, musei. E anche riportare in centro il lavoro, l’artigianato, la scienza, i mestieri d’arte».
Cosa prova di fronte alle immagini della guerra in Ucraina?
«Mi rattrista profondamente. Io sono un costruttore di pace: un genere un po’ speciale di pacifista non sedentario. E sedentario Gino Strada lo era ancora meno».
Com’era Gino Strada?
«Lui combatteva contro la guerra. Era un uomo battagliero. Come cantava il mio amico Fabrizio De André, anch’ io mi sento “figlio di un temporale”. Sono del 1937».
Cosa ricorda della Seconda guerra mondiale?
«I suoni. Le sirene, i bombardamenti: ancora adesso, quando sento passare sulla testa più di un aereo, mi si gela il sangue. Ma mi ricordo soprattutto il Dopoguerra, e quella meravigliosa sensazione di assistere a un mondo che cambiava in meglio ogni giorno. Ogni giorno il cibo era più buono, mia madre più serena, le strade più pulite. Ogni giorno ti allontanava dall’orrore e consolidava la pace».
Lei ha lavorato anche in Russia, per committenti privati. Perché Putin ha invaso l’Ucraina? Perché ha commesso insieme un crimine e un errore?
«Quando costruisci una realtà parallela, finisci per crederci. Putin è vittima della sua stessa propaganda. Perché dopo un po’ non ti rendi più conto che la propaganda è menzogna. Rinunci a esplorare il terreno, e ti chiudi nell’Accademia di cui parlavamo, quella in cui tutti si danno ragione».
Putin ha davvero ancora molto consenso?
«Anche una parte dei russi è vittima della propaganda. Ma non dobbiamo sottovalutare il popolo russo. Ripenso agli occhi dei cittadini di Mosca: sono pieni di vita. Al Cern di Ginevra lavorano insieme mille russi e trecento ucraini: la guerra per loro è una tragedia; ma per il mondo loro sono una grande speranza».
Lei all’inizio della pandemia disse al «Corriere» che il prezzo più alto l’avrebbero pagato i giovani.
«Purtroppo è stato così. Altro che smart working: bisogna lavorare insieme, giovani e anziani, e giocare al ping-pong delle idee. Nessuna idea geniale è mai stata partorita da un uomo solo. Io ti getto la pallina, l’idea, e tu me la rimandi con un altro taglio, un altro effetto».
E lei, quando lascerà ai giovani?
«Io ai giovani ho dato molto, dai giovani ho preso moltissimo. E per finire in bellezza il mio sogno è morire in un cantiere. Sono posti meravigliosi».
(da Il Corriere della Sera)
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Aprile 27th, 2022 Riccardo Fucile
L’UOMO NELLA FOTO E’ UN NOTO ESTREMISTA SOVRANISTA RUSSO
Con la guerra in Ucraina e il capillare dispiegamento della propaganda attraverso i Social network, riemergono dal passato vecchie narrazioni risalenti al 2014, come la foto del presunto nazista a capo della polizia di Kiev. Più recentemente troviamo un tweet con la stessa immagine, del giornalista inviato nel Donbass George Eliason, risalente al 19 marzo 2022. Vediamo di chi si tratta realmente
Per chi ha fretta:
Dal 2014 a oggi vengono usate foto di personaggi coi tatuaggi neo-nazisti, attribuendole ai vertici della polizia di Kiev o del battaglione Azov.
Uno dei “modelli” più utilizzati è in realtà il pregiudicato russo Aleksey Maksimov.
Alcune fonti riferiscono che Maksimov sia stato individuato nel 2017 dalla polizia estone col sospetto di venir utilizzato da Mosca per inquinare le manifestazioni locali.
Analisi
L’immagine circola ormai da otto anni, con didascalie come la seguente:
“I volti di nuova Ucraina “democratica… I nuovi partner dell’Unione Europea… Facciamo conoscenza… Capo della polizia di Kiev, ex-vicecomandante del battaglione punitivo Azov”
Originariamente l’immagine è stata associata a Vadim Troyan su Reddit, per essere poi rimossa, probabilmente a seguito dell’intervento di un utente, che ha svelato l’errore di attribuzione, rimandando a un articolo del The Jerusalem Post.
Sono passati otto anni e l’immagine viene attribuita al vice capo della polizia di Kiev, che secondo il Reporter si chiamerebbe Alex Gwaizdowski.
Il nazista misterioso è in realtà un russo
L’uomo nella foto è in realtà il neo-nazista di San Pietroburgo Aleksey Maksimov. Può capitare che lo vediate confuso in giro nel Web con un altro personaggio filo-nazista, ovvero Artem Bonov, ugualmente usato in passato per lo stesso genere di false attribuzioni. Fisico e tatuaggi si somigliano, ma si tratta di persone diverse.
Maksimov, noto anche come Mukha o The Fly, risulta come leader di una associazione politica russa denominata “Fondo per l’assistenza ai prigionieri politici di destra“. In Russia è un pregiudicato, sappiamo che ha effettivamente partecipato a diverse manifestazioni di estrema Destra in diversi Paesi, inclusa l’Ucraina. Ma il bello arriva adesso.
È emblematico anche l’uso fisico che è stato fatto di Maksimov, almeno secondo quanto trapela dalle autorità dell’Estonia. Fonti risalenti al 2017, come questo articolo di Life.ru, riportano le lamentele della polizia estone, la quale avrebbe riferito «che le autorità russe “per disperazione” hanno inviato i loro nazisti a vari eventi in Estonia per presentare successivamente l’estremismo come un problema nella società estone».
Tra questi ci sarebbe stato anche Maksimov, il quale sarebbe entrato nel Paese allo scopo di «diventare il soggetto di una fotografia come “nazista locale”», per esempio durante gli eventi commemorativi, sfoggiando i suoi tatuaggi neonazisti, svastica inclusa.
Conclusioni
La foto di un pregiudicato di San Pietroburgo, tale Aleksey Maksimov – noto per aver partecipato a diverse manifestazioni sfoggiando i suoi tatuaggi neo-nazisti -, è stata utilizzata dal 2014 a oggi per sostenere senza alcuna fonte a supporto, che si trattasse di una persona ai vertici della polizia di Kiev o un militante del battaglione Azov. Inoltre, le autorità estoni avrebbero riferito nel 2017, che l’uomo verrebbe lasciato uscire liberamente dai confini russi, allo scopo di ingigantire la presenza di movimenti nazisti vicino ai suoi confini.
(da Open)
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Aprile 27th, 2022 Riccardo Fucile
IN TRE CONTRO UNO, VIGLIACCHI SEMPRE
Lo hanno prima circondato, poi insultato e alla fine colpito ripetutamente al corpo e al volto. Così Dino Fierli, volontario della Misericordia di Bagni a Ripoli è stato pestato da tre no vax mentre si trovava in strada indossando la divisa da volontario. L’uomo è stato costretto al ricorso delle cure dei medici e nell’immagine condivisa sui social mostra il suo volto tumefatto e racconta a tutti quell’aggressione subita.
Il 59enne volontario della Misericordia di Bagni a Ripoli ha pubblicato sul suo profilo Facebook il racconto di quanto gli è accaduto lo scorso 23 aprile:
“Quando suona la sirena montiamo in ambulanza e interveniamo, non facciamo né differenze di razza né se vaccinato oppure no, interveniamo, punto. E poi vieni aggredito, e per cosa!!? Schiavo del sistema, ma quale sistema. È per colpa anche vostra che le persone sono morte le avete portate all’ospedale e sono morte, questo mi è stato detto mentre sono stato pestato. No cari miei non ci sto. Io non sono schiavo di nessuno, noi volontari facciamo quello che facciamo per la comunità, per strappare un sorriso a chi soffre, per cercare di salvare una vita, anche la Vostra se fosse necessario. In tre contro un 59 enne? provo solo tanta pena per delle menti e coscienze cosi povere e inutili”.
Gli hanno gridato “schiavo del sistema” e poi, dopo averlo circondato – in tre contro uno – lo hanno colpito. Sul suo volto ci sono ancora i segni di quell’aggressione che da verbale è diventata fisica.
Tre no vax che non si sono fermati e sono passati alle mani per corroborare il loro ideale anti-vaccinista, prendendosela con un uomo solo indifeso e colpevole di indossare la divisa di volontario. Un episodio, quello accaduto a Firenze, che ricorda quelli già avvenuti – a macchia di leopardo – in tutta Italia.
(da agenzie)
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Aprile 27th, 2022 Riccardo Fucile
“LA SUA IMMAGINE PERSONALE E POLITICA È LOGORATA: DALL’AMICIZIA IN DOLLARI CON BIN SALMAN AL RITIRO PRECIPITOSO DAL CDA DI DELIMOBIL, SOCIETÀ DI CAR SHARING A MOSCA. LE SUE IDEE POLITICHE CADONO COME BIRILLI. NON È RIUSCITO A PORTARE AL COLLE CASINI E L’IPOTESI DI ITALIA AL CENTRO, CON TOTI E BRUGNARO E ROMANI, È SALTATA
E se un destino burlone ma anche infametto costringesse Matteo Renzi a corteggiare – politicamente parlando, s’intende – proprio l’uomo che nel 2014 aveva defenestrato da palazzo Chigi, quell’“Enrico stai sereno” ridicolizzato, vilipeso e costretto a emigrare in Francia; che però oggi è tornato, è a capo di un partito tutto sommato in salute e che alla fin dei conti costituisce la sua unica zattera di salvataggio, sempre politicamente parlando?
Il leader di Italia viva sta entrando in una stagione primavera-estate turbolenta. Il 10 maggio darà alle stampe il libro Il mostro, che ha annunciato come un atto d’accusa contro i magistrati che hanno indagato lui e la sua famiglia. Sarà un esplosione pirotecnica, prevede, a cui seguiranno altri botti derivanti dall’approdo in aula del processo Open; a metà luglio dovrebbe essere interrogato lui stesso.
Ma intanto il senatore fiorentino, preso atto che di non essere più o forse di non essere mai stato il “Macron italiano”, deve immaginare cosa farà il suo partito Italia viva da grande. O meglio da piccolo, visto che i sondaggi lo quotano intorno al 2 per cento.
La sua immagine personale e politica è logorata: dall’amicizia in dollari con bin Salman al ritiro precipitoso dal cda di Delimobil, società di car sharing a Mosca. Ma il vero guaio è che le sue brillanti idee politiche ormai cadono come birilli. Renzi non è riuscito a portare al Colle Pier Ferdinando Casini, su cui aveva scommesso per il suo rilancio e su cui aveva costruito il sogno di nuova forza centrista. Da quel momento niente è andato in buca: l’ipotesi di Italia al centro, con Giovanni Toti e Luigi Brugnaro e Paolo Romani, è saltata.
Ed è saltata proprio a Genova, cioè nella città dove c’erano le condizioni migliori per costruirla alle prossime amministrative, sotto la protezione del presidente della regione, che – benché nato a Viareggio, cresciuto a Marina di Massa e vissuto a Milano dove lavorava come giornalista di Mediaset – in città ha un discreto seguito. Nel capoluogo ligure Renzi sosterrà ugualmente il sindaco delle destre Marco Bucci, l’uscente che si prepara a essere rieletto. Ma i suoi candidati «andranno a rinforzare la lista civica», spiega Raffaella Paita, sua plenipotenziaria in regione. Paita nega l’intenzione di Iv di buttarsi a destra.
In effetti anche quell’idea è stata un flop. Così l’ultima pensata politica Renzi è un’altra. Il giorno dopo la vittoria di Macron in Francia, l’ha raccontata ad alcuni parlamentari di Iv: «Il Pd rifletta. Le elezioni francesi dimostrano che si vince con Macron, e non con Mélenchon o Hidalgo». Questo è il pezzo di ragionamento rivolto a sinistra. Poi c’è l’altro corno, quello rivolto a destra: «Rifletta anche Berlusconi, se insegue Salvini o Meloni sbaglia. Il problema è che in Italia non abbiamo né un Macron né il sistema francese a doppio turno, che impedisce ai populismi di destra e di sinistra di sommarsi. Se nel 2018 si fosse votato con l’Italicum, paradossalmente, non si sarebbero potuti sommare Lega e Cinque stelle».
È andata diversamente, anche e soprattutto grazie alla sua scelta di godersi lo «spettacolo» della nascita della maggioranza gialloverde mangiando popcorn. Ma questa sarebbe un’altra storia.
Oggi la storia è: Renzi sa che il brillante futuro di Macron italiano gli è dietro le spalle. E questo anche se l’amico e eurodeputato Sandro Gozi ancora ci spera, e ci lavora. «En Marche e Italia viva sono alleati in Renew Europe», il gruppo europeo, «c’è molta cooperazione tra i due movimenti a vari livelli», assicura. «Ho spinto sin dall’inizio per i rapporti tra le due forze politiche e affinché Iv aderisse a Renew. Obiettivo l’aggregazione delle vari forze centrali. Devono superare le loro divisioni. Come Renew vogliamo espanderci nei paesi in cui non siamo abbastanza presenti, a partire da Italia e Polonia».
In Polonia chissà. In Italia questo progetto proprio non parte. Fallita l’alleanza centrista fra Iv e Azione per incompatibilità fra Renzi e Carlo Calenda, fallita quella con i cespugli di centrodestra, stavolta il senatore fiorentino tenta una posta più grande. La proposta formale l’ha consegnata al Giornale: un appello a Enrico Letta e Silvio Berlusconi
«Siate macroniani, il voto in Francia deve far riflettere urgentemente i leader italiani». Il primo, secondo Renzi, deve abbandonare l’idea di allearsi «con un personaggio come Giuseppe Conte che solo settantadue ore prima non sapeva scegliere tra Macron e Le Pen e strizza l’occhio al populismo di sinistra di Mélenchon». Il secondo smetta di «continuare a puntare su Salvini e Meloni nella speranza di vincere lezioni».
Una provocazione, una «renzata», a cui il Pd non risponde neanche. E che da Articolo uno bollano come una proposta «della disperazione». Ma se è una provocazione, lo è fino a un certo punto. Renzi dà per scontato che alla fine non si faccia una legge proporzionale e si vada al voto con l’attuale sistema elettorale. E dà per assodato che presto o tardi, ma prima delle elezioni, i Cinque stelle imploderanno e che per salvare il salvabile Giuseppe Conte sarà costretto a portare i suoi al voto da soli.
Su questa convinzione, quello che oggi sembra incredibile per Renzi diventa una possibilità reale. Anche perché Letta, che sull’alleanza con il M5s ha scommesso dall’inizio, ormai è sempre più deluso e spiazzato dagli ondeggiamenti dell’ex premier. Il segretario Pd potrebbe dunque trovarsi costretto ad un matrimonio forzato con Italia viva. Anche se al momento l’eventualità viene data per impensabile fra le forze progressiste, e anzi al congresso di Art.1, lo scorso weekend, Renzi non è neanche stato invitato in quanto non appartenente al «campo largo» di centrosinistra.
Una scelta sgarbata che il senatore non ha neanche commentato. Francamente se ne infischia. Il suo futuro non è dentro il centrosinistra nella sua versione giallorossa, ma in un agglomerato centrista. E se gli va bene, sarà con il Pd di Letta. A cui infatti da dopo la rielezione di Sergio Mattarella non fa che porgere complimenti e affettuosità.
Ma è un futuro incerto, in cui non crede nessuno, neanche dei suoi. Fra i quali infatti regna l’incertezza di doversi rivolgere a destra o a sinistra, insomma la confusione più assoluta. Ieri il cordoglio per la morte di Assunta Almirante è sfuggito di mano a Ettore Rosato, che si è spinto fino a parlare di «eredità morale e politica» del marito Giorgio, fondatore del Movimento sociale e già direttore della Difesa della razza in epoca fascista. Scatenando ironie e polemiche. «Capisco la necessità di giustificare l’alleanza con la Meloni a Genova, ma anche l’eccesso di zelo ha un limite», lo ha sfottuto o il coordinatore di Articolo uno Arturo Scotto. A alla fine il tweet è stato rettificato. Ma l’idea che Renzi si butti a destra circola nei territori.ome un veleno.
A Genova, dopo l’appoggio a Bucci, Alessandro Terrile, capogruppo Pd in comune, assicura che la scelta «è stata frutto di decisioni del gruppo dirigente nazionale di Iv» e che «i militanti locali, peraltro pochi, si divideranno». Dei tre consiglieri, due sosterranno il centrosinistra e uno il centrodestra. A Palermo il senatore Davide Faraone si è ritirato dalla corsa a sindaco a favore del candidato Roberto Lagalla, dell’Udc e di Marcello Dell’Utri. A Bologna, Isabella Conti, la sindaca di San Lazzaro che ha partecipato alle primarie contro Matteo Lepore, ha lasciato il partito: «Non c’è chiarezza sui valori nei quali Iv si incardina e si riconosce. Io mi riconosco in quelli del centrosinistra».
(da Domani)
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