Aprile 27th, 2022 Riccardo Fucile
ZEMMOUR PARLA DI UN FRONTE UNICO, MA MARINE NON DIMENTICA LE ACCUSE…MORALE DELLA FAVOLA: SARANNO DIVISI E PERDENTI ANCHE ALLE LEGISLATIVE
Da domenica sera, quella della sua sconfitta, Marine Le Pen resta in silenzio. Scossa dalla delusione, rimugina ed è arrabbiata, arrabbiatissima contro l’altro leader dell’estrema destra, Éric Zemmour, polemista e giornalista televisivo di successo. Per mesi aveva lanciato frecciatine contro la «collega», se non affermazioni altezzose durante interviste e comizi.
Non solo: Zemmour aveva attirato nel suo nuovo partito, Reconquête!, esponenti in fuga dal Rassemblement National, la formazione di Le Pen, quando i sondaggi davano più forte lui di lei. Tra chi ha raggiunto Zemmour, perfino Marion Maréchal (che un tempo vi associava il cognome Le Pen), la nipote di Marine. Lì il tradimento è diventato pure familiare.
Da una decina di giorni, però, da quando si comincia a guardare alle elezioni legislative di giugno (il 12 e il 19 giugno), Zemmour e i suoi stanno bussando alle porte dell’Rn: solo con un’alleanza tra i due partiti, quelli di Reconquête! possono sperare in una rappresentanza in Parlamento, compreso Zemmour in persona.
Marine rimane silente, ma per lei parlano i luogotenenti, con un «niet» generalizzato e sprezzante. Gliela vogliono far pagare a Éric (e a Marion), nonostante il fatto che, da un certo punto di vista, dovrebbero addirittura ringraziarli: Reconquête! ha attirato i politici e i militanti più estremisti di Rn, anche quei giovani con le facce da teppisti e le braccia tatuate che ancora si vedevano ai comizi di Le Pen poco tempo fa.
Anche così lei è diventata più «rassicurante» e al primo turno ha conquistato il 23,5% contro un magro 7% per Zemmour, per poi assicurarsi il 41,5% al ballottaggio.
Proprio la sera del secondo turno, il brillante ex giornalista aveva pronunciato un discorso in tv, sottolineando: «È l’ottava volta che la disfatta colpisce il cognome Le Pen», una frase che Marine non ha apprezzato per nulla.
«Siamo condannati a perdere? – aveva continuato -. C’è una fatalità per cui i difensori delle idee nazionali debbano perdere tutte le elezioni?».
Insomma, finché ci sarà di mezzo il cognome Le Pen, non vi sarà niente da fare (osservazione, d’altra parte, che fanno anche tanti politologi).
Subito dopo Zemmour aveva comunque invitato il «blocco nazionale a unirsi» in vista delle legislative. Lunedì ha postato un tweet, rivolgendosi direttamente alla donna: «Marine Le Pen, accettando la mano che le porgo, lei ha l’occasione di mettere fine al cordone sanitario che sterilizza il campo nazionale da quarant’ anni. Facciamolo. Insieme».
I toni sono decisamente cambiati, ma è troppo tardi. Marine non ha risposto direttamente, ma attraverso il proprio stratega e cognato Philippe Olivier: «Chi è Zemmour? Colui che domenica sera insultava gravemente il cognome di Marine dinanzi a 15 milioni di telespettatori e che oggi ci prodiga un tweet mieloso».
Quanto a Louis Aliot, sindaco di Perpignano ed ex compagno di Le Pen (la consigliò già una decina di anni fa di sdoganarsi dall’eredità del padre Jean-Marie), ha fatto notare che «Zemmour si deve sgonfiare la testa, che è enorme, e deve smetterla di insultare la gente». Per poi aggiungere: «Se davvero quel cognome lo disturba, cominci col separarsi da una Le Pen che ha voluto con lui, Marion».
Ancora la nipote, ormai presenza imbarazzante per tutti. Ieri Sébastien Chenu, altro consigliere di Marine, ha confermato che Rn presenterà un candidato perfino contro lo stesso Zemmour, nel collegio dove si presenterà alle legislative. Secondo le proiezioni di Harris Interactive, calcolate sui risultati delle presidenziali, se Reconquête! non si allea al partito di Le Pen, a causa del sistema elettorale (maggioritario a due turni) alle parlamentari non otterrà neppure un deputato.
Mentre il Rassemblement National da solo può ambire a un numero compreso tra i 75 e i 105. La forbice salirebbe a 117-147 se Rn accettasse di fare liste comuni con gli zemmouriani. Ma Marine non perdona, proprio non ce la fa.
(La Stampa)
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Aprile 27th, 2022 Riccardo Fucile
INTANTO IL PREMIER MORAWIECKI FA IL DURO CON PUTIN: “IL BLOCCO DELLE FORNITURE DI GAS? AFFRONTEREMO QUESTO RICATTO SENZA CHE I POLACCHI SE NE ACCORGANO”. DAL PRIMO MAGGIO DIVENTERÀ OPERATIVO IL GASDOTTO CHE LA COLLEGA ALLA LITUANIA
È molto forte la paura in Polonia di un possibile coinvolgimento di
Varsavia nella guerra di Putin: il 77% dei polacchi teme che la guerra in Ucraina costituisca un pericolo per il proprio paese e il 50% si sente personalmente minacciato dalla guerra in corso .
Lo scrivono i media locali riportando il sondaggio internazionale realizzato da Ipsos Global Advisor fra il il 25 marzo e 3 aprile scorso su un campione di 19 mila persone scelte fra i cittadini di 27 paesi del mondo. (Le rispettive cifre dello stesso sondaggio per l’Italia sono il 74% e 50% della popolazione).
Questi dati sono confermati anche da altre fonti: secondo le ricerche realizzate in marzo scorso dall’istituto polacco Zymetria l’84% dei polacchi teme che la guerra potrebbe spostarsi anche sul territorio della Polonia.
Per l’Ipsos le notizie sulla guerra sono seguite in Polonia dall’ 82% dalle persone nell’età compresa fra i 50 e i 74 anni). L’84% degli polacchi sostiene l’accoglienza dei profughi dall’Ucraina e l’83% è a favore degli aiuti ai paesi aggrediti.
La decisione di bloccare le forniture di metano è un ulteriore passo dell’ “imperialismo del gas” della Russia e “un attacco diretto alla Polonia”. Lo ha detto il premier polacco Mateusz Morawiecki ai parlamentari, secondo quanto riporta Bloomberg.
“Affronteremo questo ricatto con la pistola puntata alla testa senza che i polacchi se ne accorgano”, ha aggiunto ricordando che la Polonia ha 2,3 miliardi di metri cubi di riserve di gas, sufficienti per un mese e mezzo o anche più in caso di rialzo delle temperature. “La Russia ha attaccato l’economia europea con misure inflazionistiche. La ‘Putinflazione’ ha lo scopo di far alzare ancora di più i costi del gas”, ha aggiunto Morawiecki.
(da agenzie)
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Aprile 27th, 2022 Riccardo Fucile
“I SUICIDI DEI TOP MANAGER UNA MESSINSCENA DEL REGIME”
Igor Volobuev, vicepresidente della Gazprombank di proprietà statale, ha annunciato di essere fuggito dalla Russia per combattere a fianco delle forze ucraine, diventando così il quarto alto dirigente o funzionario noto ad aver fatto una brusca uscita dal paese.
Lo scrive The Moscow Times. Volobuev ha precisato di aver lasciato la Russia il 2 marzo e di essersi unito alle forze di difesa territoriale ucraine. «Non riuscivo a guardare quello che la Russia stava facendo alla mia patria», ha detto Volobuev, nato nella città ucraina nord-orientale di Okhtyrka.
«I russi stavano uccidendo mio padre, i miei conoscenti e i miei amici intimi», ha dichiarato Volubueval Moscow Times. «Mio padre ha vissuto per un mese in un freddo seminterrato, persone che conoscevo fin dall’infanzia mi dicevano che si vergognavano di me».
A quanto si apprende il vicepresidente è stato licenziato dopo aver lasciato la Russia, ponendo fine a 33 anni di carriera trascorsa a lavorare con società del gruppo Gazprom dove si è occupato, nella direzione pubbliche relazioni, di denigrare il sistema di gasdotti che attraversano l’Ucraina con i clienti europei.
«Non potevo più stare in Russia. Sono ucraino di nazionalità, sono nato ad Akhtyrka, non potevo più osservare dall’esterno cosa sta facendo la Russia alla mia patria. La mia scelta è un pentimento, voglio lavare via il mio passato russo. Voglio rimanere in Ucraina fino alla vittoria», ha aggiunto Volobuev che ha attaccato direttamente il presidente Putin. «Questo è un crimine da parte sua, del governo russo e, di fatto, del popolo russo. Perché non è Putin che uccide gli ucraini qui, non è Putin che violenta le donne. Questo è il popolo russo. E anche io, sebbene ucraino di nazionalità, ne sono responsabile. Mi vergogno di questo, me ne pentirò per tutta la vita, perché ho una doppia responsabilità: non sono solo un russo. Sono nato qui, ho vissuto qui per 18 anni, quindi ne rispondo due, tre volte».
Nell’intervista al Moscow Times Volobuev ha anche messo in dubbio le spiegazioni ufficiali degli omicidi-suicidi dell’ex vicepresidente della Gazprombank Vladislav Avaev a Mosca e dell’ex top manager del gigante energetico Novatek Sergei Protosenya in Spagna.
Volobuev è almeno il quarto alto dirigente di società russe ad aver abbandonato il Paese dopo l’inizio della guerra, dopo l’ex primo vice presidente di Sberbank, Lev Khasis, la ceo di Yandex Elena Bunina e il vice Ceo di Aeroflot, Andrei Panov.
Aveva lasciato la Russia lo scorso marzo anche l’inviato per il Clima del Cremlino, Anatoly Chubais. Su Avaev, Volubuev ha dichiarato a The insider: «Voglio chiarire: non era solo un vicepresidente, è stato il primo presidente, per un incarico. Non so cosa abbia fatto, non l’ho mai conosciuto e mai sentito nominare prima. So anche che al momento del suo presunto suicidio era l’attuale primo vicepresidente di Gazprombank. Non credo che possa uccidere sua moglie e sua figlia, penso che questa sia una messa in scena. Come mai? È difficile da dire. Forse sapeva qualcosa e rappresentava una sorta di pericolo».
(da agenzie)
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Aprile 27th, 2022 Riccardo Fucile
GLI USA: “DOBBIAMO MUOVERCI CON IL RITMO DELLA GUERRA”… ANCHE LA GERMANIA ACCANTONA LA PRUDENZA INIZIALE E CONSEGNA DIVERSI BLINDATI DOTATI DI CANNONI ANTI-AEREO
Quattro-cinque settimane per «sconfiggere» Vladimir Putin, con gli
Stati Uniti al comando di un «gruppo di contatto» formato da 43 Paesi.
Con il vertice di Ramstein di ieri si è aperta una nuova fase militare — e anche politica — del conflitto.
È un cambio di passo studiato da settimane dal Pentagono, naturalmente con l’avallo del presidente Joe Biden, e assecondato dagli alleati della Nato.
Ieri il segretario alla Difesa, Lloyd Austin, ha accolto gli altri ministri nella base americana in Germania con un senso di urgenza: «Le prossime settimane saranno decisive. L’Ucraina può vincere e penso che tutti noi dovremmo fare il possibile per aiutarla. Ma ora occorre fare presto, non c’è tempo da perdere, dobbiamo muoverci con il ritmo della guerra».
Praticamente tutti i partecipanti ne hanno preso atto. Il caso più vistoso è quello della Germania, che ha accantonato la prudenza iniziale. La ministra della Difesa Christine Lambrecht si è presentata al vertice con l’annuncio più sostanzioso: la consegna di un numero non ancora precisato di blindati Gepard (o Cheetahs) dotati di cannoni anti-aereo. La Krauss-Maffei Wegmann, industria bavarese, ha fatto sapere di aver circa 50 semoventi pronti per la consegna.
La riunione è stata aperta dal ministro della Difesa ucraino, Oleksiy Reznikov che ha elencato i bisogni dell’esercito schierato nel Sudest del Paese. Oltre a quello della Germania, ci sono stati gli impegni pubblici di Gran Bretagna (missili anti-aereo) e Canada (otto blindati).
L’Italia ha confermato la fornitura di un secondo round di sistemi anti-aereo, anti-carro, oltre a mortai e munizioni. Nei prossimi giorni dovrebbero partire anche ordigni più pesanti.
(da agenzie)
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Aprile 27th, 2022 Riccardo Fucile
IL REGISTA ALEX ORLOWSKI ATTACCA BIANCA BERLINGUER E LA TRASMISSIONE CARTABIANCA, SU RAI 3 … IL PROFESSORE AVEVA DETTO CHE “SE LA RUSSIA DOVESSE COLPIRE UN PAESE DELLA NATO, L’ITALIA DOVREBBE DICHIARARE LA NEUTRALITÀ E AVVIARE IL PROCESSO DI FUORIUSCITA DALLA NATO”
Alex Orlowski, in un durissimo post pubblicato sul suo profilo Twitter attacca Bianca Berlinguer e la trasmissione Cartabianca, su Rai 3. “Praticamente le tv Italiane sono monopolizzate dalla propaganda russa”, osserva il regista ed esperto di marketing politico e monitoraggio dei social media.
“Cartabianca dopo la guerra dovrete vergognarvi”. Quindi, rivolto alla conduttrice: “Alessandro Orsini imbarazzante e leccaculo dei russi”.
Il professore infatti, ospite della Berlinguer aveva detto che “se davvero la Russia dovesse colpire un paese della Nato, l’Italia dovrebbe dichiarare la neutralità e, se le circostanze internazionali costringessero a tanto, dovrebbe avviare il processo di fuoriuscita dalla Nato”.
E ancora: “Noi italiani non possiamo seguire questi pazzi scriteriati. Oggi siamo di fronte alla ribellione delle élite nei confronti delle masse e perseguono interessi contrari a quelli delle masse. Rischiano di portarci a una guerra mondiale”, dice il docente di sociologia del terrorismo internazionale”.
(da agenzie)
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Aprile 27th, 2022 Riccardo Fucile
LA POLONIA NON ACCETTA E PROCEDERA’ PER VIE LEGALI
Il colosso del gas russo avrebbe dato seguito alla «nuova
procedura» che prevede i pagamenti delle forniture di gas in rubli. I polacchi non intendono accettare le condizioni russe e anticipano una causa per violazione del contratto
La società russa Gazprom ha avvertito il governo polacco che dovrà pagare in rubli ed entro oggi 26 aprile le forniture del gas attraverso il gasdotto Yamal, secondo quanto riporta l’agenzia russa Tass.
Gazprom aveva smentito di aver interrotto le forniture di gas per Varsavia, come aveva annunciato il sito polacco Onet che citava fonti governative e del settore dell’energia di Varsavia.
Secondo il sito polacco, citato dall’agenzia russa Tass, lo stop del gas russo alla Polonia sarebbe avvenuto sulla base del contratto sul gasdotto Yamal.
Subito dopo la diffusione della notizia rilanciata anche dall’agenzia Bloomberg, il prezzo del gas sui mercati europei aveva registrato un’improvvisa impennata, arrivando a schizzare fino a 107 euro al megawattora, con un aumento massimo del 17% rispetto alle contrattazioni di ieri 25 aprile. Sul listino di riferimento di Amsterdam, il prezzo del gas si è poi assestato a quota 100 euro.
Le forniture del gas russo alla Polonia potrebbero interrompersi a partire da domani 27 aprile alle 8, secondo la principale società di gas polacca Pgning citata da Bloomberg.
Secondo l’azienda polacca, in caso di interruzione delle forniture ci sarebbe una violazione del contratto sul gasdotto Yamal. La società polacca ribadisce di non avere alcuna intenzione di accettare le nuove condizioni russe di pagare il gas in rubli e anticipa che chiederà un risarcimento danni per violazione del contratto.
(da agenzie)
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Aprile 27th, 2022 Riccardo Fucile
LA GEOLOCALIZZAZIONE CONFERMA L’AUTENTICITA’ DEL VIDEO: INCASTRATI I CRIMINALI RUSSI
La Cnn ha ottenuto un video girato da un drone in cui si vedono i veicoli dei soldati russi che girano per le strade di Bucha disseminate di cadaveri di civili.
Il filmato è stato geolocalizzato dall’emittente, che ne conferma l’autenticità.
Le immagini sono state girate tra il 12 e il 13 marzo. La persona che ha girato le immagini non viene nominata per tutelare la sua incolumità.
Nel video del 13 si vede un veicolo militare russo fermo a un incrocio. La Cnn dice che i tre corpi che si vedono in fondo alla strada sono gli stessi mostrati nel video del 1° aprile sulla strage di Bucha e dalle immagini di Maxar datate 18 marzo rivelate dal New York Times all’inizio del mese.
Un altro filmato girato attraverso un drone sempre il 13 marzo mostra un veicolo militare che va verso alcuni dei corpi. Altre immagini mostrano soldati russi intorno a un veicolo militare parcheggiato fuori da una casa in fondo alla strada in cui si trovano i corpi.
La Cnn ha chiesto – senza ottenerla – una replica al ministero della Difesa russo, visto che Mosca ha sempre affermato che le stragi di civili siano avvenute dopo l’abbandono della città da parte delle forze di Putin. Secondo l’emittente televisiva americana questi video sono la prima prova che i veicoli russi si trovavano a operare nelle strade disseminate di corpi di civili uccisi prima dell’arrivo degli ucraini.
(da agenzie)
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Aprile 27th, 2022 Riccardo Fucile
LA CORTE PENALE INTERNAZIONALE SPICCHERA’ UN MANDATO DI CATTURA INTERNAZIONALE… NON POTRA’ PIU’ USCIRE DALLA RUSSIA O VERRA’ ARRESTATO
La senatrice Emma Bonino, ex ministra degli Esteri e commissaria
Ue, in un’intervista rilasciata oggi a Repubblica indica le tappe del diritto internazionale per spiccare un mandato di cattura nei confronti di Vladimir Putin.
«La prima competenza è della magistratura ucraina, soprattutto se supportata dall’invio di esperti di Paesi amici. E la procuratrice generale, Iryna Venediktova, non ha perso tempo», esordisce Bonino nel colloquio con Giovanna Casadio.
«La Corte penale internazionale (la cui giurisdizione l’Ucraina ha accettato nonostante non ne sia parte) opera in base al principio di complementarietà, nel caso in cui lo Stato in questione sia inabile o riluttante. Qualora i russi dovessero prendere il controllo del territorio impedendo alla magistratura ucraina di procedere, entra in gioco la Corte penale internazionale. In questo senso agisce come una polizza assicurativa. Putin sarà processato in ogni caso».
Secondo la senatrice «Putin è il responsabile unico di questa aggressione violenta, non provocata ed ingiustificabile. Gli sforzi diplomatici ci sono, l’ultimo è la visita del segretario generale dell’Onu a Mosca e a Kiev. Il punto è che Putin non sente ragioni e prosegue il suo tentativo di occupazione militare del territorio ucraino in nome della fantomatica “de-nazificazione” e della “de- ucrainizzazione” della Repubblica guidata da Zelensky. L’Onu è paralizzata dal diritto di veto nel Consiglio di sicurezza. La Corte penale internazionale può avere un ruolo decisivo, accertando i crimini di guerra e contro l’umanità».
(da agenzie)
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Aprile 27th, 2022 Riccardo Fucile
“AL SUO POSTO UN MONUMENTO ALLA LIBERTA”
La statua raffigurava un arco con un operaio russo e uno ucraino che tenevano insieme la stella dell’Ordine sovietico dell’amicizia dei popoli. Era stata eretta 40 anni fa, quando l’Ucraina faceva parte dell’Unione sovietica
A Kiev è cominciata la prima demolizione di un monumento legato alla Russia, con la decapitazione di una statua di bronzo posta all’Arco dell’amicizia dei popoli che venne eretta nel 1982 per il 60mo anniversario dell’Unione sovietica e i 1500 anni della capitale ucraina. «Questo posto non rappresenta più l’amicizia tra la Russia e l’Ucraina, la Russia ci sta attaccando. Qui sorgerà il monumento dedicato alla libertà dell’Ucraina», ha spiegato il sindaco della capitale Vitali Klitschko.
La decisione infatti è stata presa in seguito «alle uccisioni brutali e al desiderio (della Russia) di distruggere il nostro Stato», ha aggiunto. La statua raffigura un arco con sotto un operaio russo e uno ucraino che tenevano insieme la stella dell’Ordine sovietico dell’amicizia dei popoli. Nella capitale è prevista la demolizione di altri 60 memoriali legati alla Russia e al patrimonio coloniale, secondo quanto riporta Repubblica, che cita l’annuncio su Telegram delle forze operative di Kiev. Già nel 2016 era prevista la sostituzione dell’arco con un memoriale che celebrasse i reduci della guerra del Donbass. Nel 2018 alcuni attivisti avevano attaccato sul memoriale un adesivo che figurava una crepa per sostenere simbolicamente i prigionieri politici detenuti in Russia e in Crimea.
(da agenzie)
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