Aprile 30th, 2022 Riccardo Fucile
I SERVIZI SEGRETI UCRAINI DELLA SBU RIESCONO A COLPIRE SIA IN RUSSIA CHE NEI TERRITORI CONTROLLATI DA MOSCA
Come “guerra”, anche “attentato” è una parola che in Russia si pronuncia poco e poco volentieri.
Lo ha fatto Vladimir Putin parlando di Vladimir Soloviov, il giornalista più famoso del Paese, sempre allineato alle posizioni del Cremlino e per questo colpito dalle sanzioni come gli oligarchi o i politici russi. Soloviov, che è tra l’altro proprietario di due ville (ora poste sotto sequestro) sul Lago di Como, secondo le ricostruzioni, avrebbe dovuto saltare in aria con la sua auto
Ma gli attentati che si stenta a definire tali sono altri e sono, dal punto di vista russo, i più inquietanti.
Il 27 aprile, nel villaggio di Staraya Nelidovka, è saltato in aria un deposito di munizioni. Il villaggio, tra l’altro, si trova nella regione di Belgorod, che da settimane viene regolarmente colpita dalle artiglierie e dai missili ucraini, probabilmente guidati dai satelliti e dalle intelligence occidentali.
Il 25 aprile sono invece saltati due depositi di carburante a Bryansk nel Sud-Est della Russia, a breve distanza sia dall’Ucraina sia dalla Bielorussia.
Il 21 aprile invece, a Tver’, è andato a fuoco l’Istituto di ricerca per la difesa aerospaziale del ministero della Difesa, un importante centro di sviluppo dei missili militari, con un bilancio finale di 17 morti.
Il 14 aprile (giorno tra l’altro dell’affondamento dell’incrociatore “Moskva”) due palazzi sono stati colpiti da un raid di elicotteri ucraini a Klimovo.
Il 1° aprile c’era stata un’esplosione in un deposito petrolifero a Belgorod e il giorno prima, il 30 marzo, un’esplosione in un’installazione militare nella stessa città. Il 24 marzo, infine, nel porto di Berdyansk controllato dai russi, a 70 chilometri da Mariupol’, era saltata la nave “Saratov”.
A tutto questo, poi, andrebbero aggiunte diverse esplosioni che hanno danneggiato, in Bielorussia, le linee ferroviarie usate dai russi per spostare uomini e mezzi verso il fronte ucraino, e la serie di sabotaggi (un colpo di bazooka contro il ministero della Sicurezza, la carica di dinamite che ha danneggiato due torri per le telecomunicazioni, le granate contro l’aeroporto militare di Tiraspol) che hanno colpito la Repubblica autoproclamata e filorussa della Transnistria, il “Donbass della Moldavia”.
È consistente, insomma, l’ipotesi che i servizi segreti ucraini, l’SBU, diventati piuttosto abili e potenti (il loro capo, Ivan Bakanov, è stato compagno di scuola, amico e socio in affari del presidente Zelensky) dopo le riforme degli ultimi anni, stiano riuscendo a colpire sia in Russia sia nei territori controllati dai russi sia nei Paesi alleati della Russia.
(da il Messaggero)
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Aprile 30th, 2022 Riccardo Fucile
“CARENZA DI COORDINAMENTO TATTICO”
La resistenza ucraina indebolisce gli avversari. L’esercito russo, secondo il ministero della difesa inglese, sarebbe costretto a «fondersi e ridistribuire le unità dal nord est».
Un chiaro segnale, secondo gli osservatori, delle difficoltà degli uomini inviati sul campo nelle trincee ucraine da Vladimir Putin.
Il rapporto dell’intelligence inglese pubblicato proprio stamattina spiega che «La Russia spera di correggere i problemi che in precedenza hanno limitato la sua invasione concentrando geograficamente il potere di combattimento, accorciando le linee di rifornimento» e, soprattutto, «semplificando il comando e il controllo».
Non a caso, stanotte, un deposito di petrolio è stato danneggiato in un bombardamento notturno dell’esercito ucraino nel distretto di Kirovsky dell’autoproclamata repubblica del Donetsk. A raccontare l’attacco è l’agenzia russa Tass citando il sindaco Alexey Kulemzin: «Quattro stazioni elettriche sono state danneggiate, i residenti sono senza energia», ha aggiunto.
Insomma, l’Ucraina resiste ma prova a contrattaccare anche se i forti combattimenti di questi mesi hanno fortemente limitato i depositi energetici del Paese. Ed, infatti, proprio nelle ultime ore il governo di Kiev ha esortato i residenti a limitare l’utilizzo delle macchine per conservare le limitate forniture di gas dell’Ucraina a sostegno delle le truppe che combattono l’invasione russa.
L’amministrazione cittadina ha così incoraggiato i pendolari a utilizzare il sistema di trasporto pubblico, che sta lentamente tornando alla “normalità” dopo che i tentativi delle forze di saccheggiare la capitale ucraina sono andati a vuoto.
(da agenzie)
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Aprile 30th, 2022 Riccardo Fucile
“CON I MIEI COLLEGHI UCRAINI CHE GIOCHIAMO ALL’ESTERO RACCOGLIAMO SOLDI PER LE NOSTRE FORZE ARMATE”
Il suo lavoro è correre dietro a un pallone e segnare gol con la maglia del Benfica, però è inevitabile che nella mente di Roman Yaremchuk da qualche mese a questa parte ci sia sempre e comunque il dramma che sta vivendo la sua Ucraina, dopo l’invasione delle truppe russe.
E al tempo stesso, dalla sua posizione privilegiata, il tentativo di rendersi in qualche modo utile. “Con i legionari che giocano all’estero, abbiamo contribuito a raccogliere una somma abbastanza grande per le forze armate. E poi, quando sono iniziati i combattimenti a Chernihiv, ho aiutato i ragazzi di Leopoli a consegnare giubbotti antiproiettile”, racconta il 26enne attaccante nato proprio a Leopoli a un canale YouTube ucraino.
“Genitori di mia moglie a Chernihiv durante i combattimenti”
“I genitori di mia moglie sono a Chernihiv da molto tempo – ha spiegato l’attaccante del club di Lisbona – Sono rimasti lì per 43 giorni. Grazie ai volontari siamo riusciti a portare loro almeno una pagnotta, una bottiglia d’acqua. Era una situazione così critica che non sapevamo nemmeno cosa fare. Mi sono rivolto ad Andriy Yarmolenko (calciatore ucraino del West Ham e della nazionale ucraina, ndr) sapendo che era di Chernihiv, e gli ho detto: ‘aiutami il più possibile’. Naturalmente Andriy ha risposto alla mia richiesta e in due giorni sono stati portati via”.
(da agenzie)
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Aprile 30th, 2022 Riccardo Fucile
GLI SCAZZI CON I LEGHISTI SONO GIA’ ALL’ORDINE DEL GIORNO: SALVINI VOLEVA “PASSARE A SALUTARE” LA MELONI E IGNAZIO LA RUSSA LO HA FULMINATO CON UN LAPIDARIO “VENIRE SAREBBE UN CONTROSENSO PER NOI E PER LUI”
«Orgoglio!». Giorgia Meloni conclude il suo intervento tonante. Nel giorno in cui fonda il «grande partito dei conservatori italiani» quel che non manca tra chi la applaude è proprio l’orgoglio. «Primo partito italiano» è il concetto chiave numero uno. Che procede quasi sempre insieme al secondo: «Classe dirigente». E porta dritto al terzo: «governo».
Il popolo di Fratelli d’Italia riempie il Mico, il gigantesco centro congressi milanese con vista sulle tre torri maestose di CityLife. Il valore della convention è fondante, non è soltanto l’inizio della campagna elettorale per le Politiche 2023 e tutti ne sono assolutamente convinti: sindaci, assessori, eletti e dirigenti che applaudono il nuovo «grande partito di centrodestra».
Il direttore del Tg2 Gennaro Sangiuliano ricorda che «Giuseppe Prezzolini cominciò a parlare del partito conservatore nel 1971, chiedeva la “destra che non c’è”». Ecco, nel 2022 non bisogna andare lontano per trovarla.
Molto è cambiato nel partito, e non solo per i fumi e l’aria di convention Usa che si respira al Mico. Nel pantheon ideale dei Conservatori oggi c’è posto anche per Pier Paolo Pasolini e Hannah Arendt, oltre ai più prevedibili Chesterton e Tolkien. E la convention inizia sulle note dell’«Avvelenata» di Francesco Guccini. Guai a parlare delle radici nella fiamma che ancora campeggia nel logo. Tutti ti guardano come un anziano con le sue fissazioni. Ci fa i conti lo storico portavoce di Giorgio Almirante, Massimo Magliaro: «Gli alberi senza radici non crescono. Noi veniamo da una storia difficile, una storia che nessuno vuole restaurare e nessuno vuole rinnegare».
Il vicesindaco di Terracina, Patrizio Anelli, lo dice più chiaro di tutti: «Il messaggio di Giorgia libera questo partito da quell’etichetta…». Postfascisti? «Ecco. Noi siamo un’altra cosa. Coerenti, nessuno può negarlo: noi con i 5 Stelle non ci saremmo andati mai. Ma comunque un’altra cosa». Per il sindaco di Palombara Sabina Alessandro Palombi il problema non esiste: «Questo è il partito che ha portato alla ribalta la generazione dei quarantenni, tutta gente che con quella storia non c’entra nulla». Tommaso Marchetti, assessore a Oderzo, non ti ride in faccia solo per cortesia: «Io sono nato nel 1996, difficile per me avere nostalgie…».
Mentre Maurizio Buonincontro, Municipio 8 della Capitale, ex azzurro, la vede così: «Guardi che le ultime amministrative hanno cambiato tutto. La maggioranza del partito ormai non è più ex missina, ma moderata».
Il problema, però, è grosso come una casa. Proprio mentre al Mico si fondano i conservatori italiani, nelle strade — e non solo quelle siciliane — appare il manifesto della campagna di tesseramento di Prima l’Italia, il nome della lista con cui Matteo Salvini presenterà i suoi uomini, e coloro che come l’Udc ci stanno, alle amministrative siciliane.
Insomma, stanno nascendo due partiti che si ispirano al primato nazionale. Se Daniela Santanchè si limita a una frecciata («Difficile tenere insieme Flat tax e reddito di cittadinanza»), gli altri Fratelli d’Italia sono unanimi in una convinzione. Alessio Scimè, già Udc, la dice così: «Noi siamo l’originale, siamo quelli del Tricolore. Il nostro colore non è mai stato il verde».
Resta il fatto che i rapporti tra Lega e Fratelli d’Italia sono oltre il minimo storico. Dopo mesi di silenzio con l’alleata, Salvini ha chiesto un summit in presenza con gli altri leader: proprio nei giorni in cui Meloni è la padrona di casa dei 4.700 delegati arrivati da tutta Italia. Poi, venerdì mattina, sorpresa. I capigruppo leghisti alla Camera e al Senato, attesi alla convention FdI, danno forfait: non parteciperanno.
Poi, nel primo pomeriggio, altra sorpresa: «Visto che è nella mia città passerò a salutare Meloni». Risponde Ignazio La Russa: Salvini non verrà «perché sarebbe un controsenso per noi e per lui». Il segretario leghista non si dà per vinto: «Un saluto non è mai un controsenso. Per cortesia, c’è un evento di un partito alleato nella mia città e quindi un saluto, non politico ma affettuoso, è il minimo che si possa fare».
(da il Messaggero)
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Aprile 30th, 2022 Riccardo Fucile
È UNA DIMOSTRAZIONE DELLA FORTE INSODDISFAZIONE DEL CREMLINO PER LA GESTIONE DEL NEO-COMANDANTE UNICO OLEKSANDR DVORNIKOV
Scende sul terreno di battaglia, in prima linea, l’inventore della guerra ibrida russa, Valery Gerasimov. Si materializza a Izyum, la città che è il simbolo della possibile riscossa russa dopo il fallimento della strategia che mirava all’occupazione di Kiev, al rovesciamento del governo ucraino e all’annessione dell’Ucraina. Gerasimov è oggi il vice-ministro della Difesa e capo dello stato maggiore generale delle Forze Armate russe, secondo solo al generale Shoigu, l’amico di caccia e pesca siberiano di Putin.
E la sua presenza sul fronte costituisce un segnale di forte determinazione dei russi a conseguire una qualche vittoria entro il 9 maggio, ricorrenza della capitolazione della Germania nazista.
Stando agli ucraini, Gerasimov ha assunto in prima persona il ruolo di comandante operativo e tattico di tutta la campagna del Donbass e nel Sud dell’Ucraina. A dimostrazione di una forte insoddisfazione del Cremlino per la gestione del neo-comandante unico di tutte le operazioni, Oleksandr Dvornikov, il generale di ferro delle città rase al suolo in Siria, e capo del distretto militare meridionale della Federazione.
LE LACUNE RUSSE
Che sia la giusta interpretazione o no, l’Institute for the Study of War sottolinea ancora una volta le lacune russe nella catena di comando e controllo, ma anche l’importanza della direttrice d’attacco che parte da Izyum e lo stravolgimento di ruoli nella catena di comando.
Gerasimov è l’ideatore della teoria bellica che combina gli elementi di ogni possibile offensiva: militare, tecnologico, diplomatico, economico, mediatico. È lui ad avere escogitato la formula dei battaglioni operativi tattici che hanno dato, però, scarsi risultati nella prima fase della guerra in Ucraina, costretti a fermarsi sulla strada dalla Bielorussia verso Kiev, bersagliati dai droni e dagli anti-tank spalleggiabili degli ucraini.
(da agenzie)
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Aprile 30th, 2022 Riccardo Fucile
SI RIPETE ANCHE A POPASNA IL SISTEMA CRIMINALE RUSSO DI UCCIDERE I CIVILI
L’esercito russo ha sparato su due autobus che avrebbero dovuto permettere ai civili di evacuare: è la denuncia del sindaco della città ucraina di Popasna, nell’Oblast del Lugansk orientale.
L’attacco delle forze armate russe di cui ha parlato il primo cittadino Mykola Khanatov è stato riportato dal Kyiv Independent, ma al momento non si hanno ancora informazioni sulle vittime.
Secondo Khanatov, solo 31 persone sono riuscite a lasciare la città di Popasna.
Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, recatosi sia a Mosca che a Kiev negli scorsi giorni, ha dichiarato: «Continueremo il nostro lavoro per rafforzare il supporto umanitario e garantire l’evacuazione dei civili dalle zone di conflitto».
(da agenzie)
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Aprile 30th, 2022 Riccardo Fucile
L’ASSOCIAZIONE DELLE BANCHE RUSSE AVREBBE INVIATO UNA LETTERA ALLA DIREZIONE DELLA BANCA CENTRALE DI MOSCA, SPECIFICANDO CHE UN CERTO NUMERO DI FORNITORI DI BANCOMAT STRANIERI, COME DIEBOLD NIXDORF E NCR, HA SMESSO DI FORNIRE I LORO SERVIZI IN RUSSIA
Le sanzioni occidentali hanno colpito duramente il settore bancario russo: impossibilitate di accedere alle attrezzature necessarie, le banche russe si sono rivolte alla Banca Centrale con una proposta di rinvio dell’emissione di nuove banconote a causa di problemi con la fornitura e la manutenzione delle apparecchiature come contatori di banconote e bancomat.
L’associazione delle banche russe avrebbe inviato una lettera alla direzione della Banca Centrale di Mosca, specificando che un certo numero di fornitori di bancomat stranieri, come Diebold Nixdorf e NCR, ha smesso di fornire i loro servizi in Russia.
Oltre il 50% delle macchine selezionatrici e contatrici delle banconote utilizzate in Russia sono prodotte in Germania e Giappone, i cui fornitori hanno anche lasciato il paese, e tutte le apparecchiature per contanti utilizzate per identificazione e conteggio delle banconote sono d’importazione.
“Con la partenza dei fornitori, sono diventati impossibili gli eventuali aggiornamenti del software dei validatori nei moduli di riciclo/accettazione contanti degli ATM, così come registratori di cassa, terminali, il che porta all’impossibilità di aggiungere/modificare modelli per banconote sia di nuove denominazioni e un nuovo tipo”, si legge nella lettera.
(da agenzie)
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Aprile 29th, 2022 Riccardo Fucile
“POTREMMO NON RIVEDERLI, MA È UN SACRIFICIO PER L’UCRAINA. SE DIFENDERE IL PROPRIO PAESE SIGNIFICA ESSERE NAZIONALISTI, ALLORA SÌ. MA NAZISTA NO. NEL REGGIMENTO CI SONO ANCHE EBREI. NAZISTA È L’ESPANSIONISMO DI PUTIN” … “ARRENDERSI? MAI, HANNO IL SENSO DELL’ONORE”
«Siamo venute a Roma per raccontare la verità su Mariupol, i nostri mariti non sono dei neonazisti, stanno resistendo nell’acciaieria ma il tempo stringe». Parla con un filo di voce Kateryna Prokopenko, illustratrice 27enne e moglie di Denis Prokopenko, l’uomo che guida la resistenza di Mariupol, il comandante del reggimento Azov.
Additato da Putin come vertice di quelle forze «neo-naziste» da cui l’Ucraina deve essere «liberata» e decorato da Zelensky come «eroe» del Paese.
«Sono orgogliosa di mio marito, per districarsi dalla propaganda occorre guardare ai fatti: lui e i suoi uomini stanno difendendo tutti noi» scandisce. Il pericolo di perdere per sempre il suo compagno è reale: «So che potrei non rivederlo mai più, se succederà non sarà per niente, si saranno sacrificati per il loro Paese. Questa sarà l’unica consolazione».
Con Kateryna sono arrivate in Italia altre tre compagne di combattenti intrappolati nell’acciaieria.
C’è Yulya Fedosiuk, 29enne, ex assistente di un parlamentare del partito di Zelensky, che non vede il suo Arseniy da «due lunghissimi mesi».
«Lo sento al telefono – dice – ho saputo che dieci giorni fa è riuscito a raggiungere gli altri nell’acciaieria nuotando da una sponda all’altra del fiume».
C’è Anya Naumenko, 25 anni, di Kharkiv, manager, che sta con Dmytro Danilov dal 2014: «Avremmo dovuto sposarci a maggio, chissà», sospira. «Ci parliamo ogni due giorni, di solito gli racconto del nostro cane e di altre amenità».
C’è anche Andrianova Olha, 31enne, titolare di un asilo nido a Leopoli, moglie di Petrenko Serhiy, ex canoista olimpionico ora nel reggimento.
Ad accompagnare le signore dei combattenti a Roma è Pyotr Verzilov, editore di Mediazone , «l’unico sito di notizie in Russia assieme a Meduza a raccontare la guerra in Ucraina. È stato bloccato, ma i nostri lettori sono aumentati», spiega questo dissidente diventato noto quando nel 2018, per protestare contro le persecuzioni politiche, osò interrompere la finale dei Mondiali di calcio sotto gli occhi esterrefatti di Putin.
Poche settimane dopo, l’avvelenamento: si riprese a Berlino, nello stesso ospedale dov’ è stato poi curato Navalny.
«Dopo il suo arresto, con le proteste e la dura repressione che ne è seguita, mi sono convinto che sarei stato più utile fuori di prigione, quindi fuori dalla Russia».
La storia d’amore di Kateryna è nata a distanza: «Ho conosciuto Denis nel 2015 sui social: io ero a Kiev, lui combatteva nel Donbass. Abbiamo iniziato a fare del trekking insieme. Fino a una vacanza nel 2018, tra le cascate norvegesi. Una mattina Denis mi indicò un pacchetto, l’hanno portato i troll , ha detto: dentro c’era un anello con incisa una montagna». Poi le nozze.
A ricordarle che suo marito è un personaggio controverso, accusato di essere alla guida di un reggimento neo-nazista, perde la sua flemma pacata: «È propaganda. Se difendere il proprio Paese da aggressioni esterne significa essere nazionalisti, allora sì, Denis è un nazionalista: come puoi dirti ucraino se non sei disposto a salvare il tuo Paese fino alla morte? Ma nazista no. Nel reggimento ci sono anche ebrei. Nazista è l’espansionismo di Putin».
Concorda l’amica Yulya Fedosiuk: «Batterti per il tuo Paese vuole dire difendere la gente dai crimini degli aggressori. Non è la lingua a identificare una nazione ma i valori condivisi. La cultura della resistenza ai soprusi è nel nostro dna. Il movimento di dissenso russo invece è ancora agli albori».
Arrendersi? Mai Rispetto alle incerte possibilità della diplomazia, una cosa non si deve chiedere, osserva Katerina: «Come possiamo accettare una resa imposta dagli aggressori, dopo i massacri di civili?».
Rispetto a quanti anche in Italia invocano una resa, Yulia è perentoria: «Anche da voi circola molta propaganda. Ieri passeggiando per Roma abbiamo visto un manifesto contro il reggimento Azov. Ci sono ancora alcuni politici qui che si fanno portavoce degli interessi di Mosca, anche un gruppo di intellettuali ha scritto una lettera per invitarci ad arrenderci e porre fine alla guerra, senza dire però che è stata la Russia a iniziarla». Lo scorso 21 aprile Putin ha ordinato di sospendere il previsto assalto finale all’acciaieria. «I russi continuano a sganciare centinaia di bombe al giorno.
Mio marito – subentra Anya – è stato ferito la scorsa settimana». Storie di resistenza quotidiana. «Mangiano una volta al giorno, hanno perso almeno 10 chili», racconta. Preparano zuppe di patate e pane, mescolando acqua con pane raffermo. Il loro umore dipende dal momento: l’altro giorno Dmytro era affranto per la morte di due suoi amici. Un altro era sollevato perché era riuscito a lavarsi i capelli, non faceva una doccia dal 23 febbraio! Ha esultato anche quando è riuscito a prendere dell’acqua fresca fuori dall’acciaieria. Un lusso. Di solito bevono “acqua tecnica”, quella per il funzionamento dei macchinari».
(da Il Corriere della Sera)
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Aprile 29th, 2022 Riccardo Fucile
E’ IL GRUPPO DI “PENSATORI” CHE DOVREBBE ACCOMPAGNARE FRATELLI D’ITALIA VERSO IL GOVERNO DEL PAESE… UN LIVELLO DI CONSERVATORISMO DA FARE INVIDIA AI FARAONI D’EGITTO
La Meloni punta apertamente a Palazzo Chigi e gli ultimi sondaggi (Fdi primo partito al 21,7%, sopra il Pd) sembrano darle ragione.
La leader, già da tempo, ha avviato un’operazione di allargamento del partito per coinvolgere personalità esterne al partito, uscire dal ghetto della destra post-missina e preparare una classe dirigente spendibile per una eventuale squadra di governo (e più «presentabile» agli occhi dell’establishment anche internazionale, condizione necessaria per ambire alla carica di premier).
Così ecco sfilare a Milano, da oggi a domenica, nella conferenza programmatica di Fdi (titolo: «Italia, Energia da Liberare»), i «testimonial» del nuovo corso meloniano, personalità «con le quali punto di continuare a lavorare», ha detto la Meloni.
A che livello è presto a dirlo ma sicuramente a qualunque livello possibile. Intanto per contribuire a scrivere «una prima traccia per un programma di governo».
Qualcosa di simile a quanto fatto in passato da Salvini che ha portato in Parlamento una serie di personalità esterne alla Lega, e anche da M5s che prima delle elezioni del 2018 presentò una squadra di tecnici senza tessera grillina (tra loro c’era un certo prof. Giuseppe Conte, ma anche Pasquale Tridico, ora presidente Inps).
Il governo ombra della Meloni, o quantomeno gli esperti che partecipano alla sua kermesse in vista delle future elezioni politiche, è formato da alcune personalità con una curriculum chiaramente di centrodestra, altri invece qualificabili come «tecnici».
Tra i primi, ci sono Giulio Tremonti, ex ministro dei governi Berlusconi, per l’area economica, l’ex presidente del Senato Marcello Pera, l’ex sottosegretario e magistrato Alfredo Mantovano (il suo tema è la famiglia) e ovviamente Guido Crosetto, impegnato fuori dalla politica ma cofondatore di Fdi e consigliere della Meloni.
Tra gli esterni invece la Meloni è riuscita a coinvolgere l’ex magistrato Carlo Nordio, che già si era reso disponibile alla candidatura al Quirinale (Nordio ovviamente è il saggio di Fdi sul tema giustizia).
Ma c’è anche uno studioso, da sempre presentato come «sociologo di sinistra», come Luca Ricolfi (ministro ombra della Scuola?), e poi l’ex ministro del governo Monti, Giulio Terzi di Sant’ Agata che è stato arruolato da Fdi come «responsabile Rapporti diplomatici» del partito.
Sempre in questo ambito nella squadra di esterni simpatizzanti della Meloni c’è l’ambasciatore Stefano Pontecorvo, già Alto rappresentante civile Nato in Afghanistan, mentre sul versante culturale ci sono il sociologo Francesco Alberoni, il filosofo Stefano Zecchi («pronto a dare una mano»), il regista Edoardo Sylos Labini, la direttrice d’orchestra Beatrice Venezi, i giornalisti Paolo Del Debbio e Vittorio Feltri.
Poi una serie di docenti universitari, dai costituzionalisti Alfonso Celotto e Felice Giuffrè, all’economista Cesare Pozzi («uno dei massimi esperti di politica industriale») ad avvocati e medici, dirigenti ministeriali, mentre per la quota imprenditoria-industria c’è Matteo Zoppas (San Benedetto SpA) e l’ad di Terna Stefano Donnarumma. Tutti nomi con cui la Meloni terrà contatti in vista di futuri impegni (governativi).
Un percorso di accreditamento di Fdi, già iniziato con la trasformazione di Atreju da festa identitaria a kermesse politica aperta a ospiti trasversali (l’estate scorsa c’erano Letta, Renzi, Cartabia…) e poi la scuola di formazione di «FareFuturo», la fondazione guidata dal senatore Adolfo Urso. Che nell’edizione di quest’ anno conta tra i suoi docenti Massimo Cacciari, Domenico De Masi, Ernesto Galli della Loggia, Giulio Sapelli, tutti lontani dalla destra. Lo sdoganamento ormai è compiuto
(da il Giornale)
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