Maggio 10th, 2022 Riccardo Fucile
UN INCUBO PER CENTINAIA DI RAGAZZE: PALPEGGIAMENTI SOTTO LE GONNE, MOLESTIE, INSULTI, INSEGUIMENTI, BESTEMMIE … E NON ERANO UNA MINORANZA, QUESTO SIA CHIARO… IL GENERALE FIGLIUOLO INVECE DI TACERE, SI VERGOGNI E CHIEDA SCUSA
“Voglio raccontare il Corpo Alpino dello Stato Italiano”, ho pensato prima di partire per Rimini per seguire la Festa degli alpini, la prima da oltre due anni.
Volevo raccontare quel Corpo dello Stato che ho ritrovato talvolta negli hub vaccinali oppure durante i terremoti dell’Aquila e di Amatrice. Volevo raccontare quel Corpo dello Stato capace di costruire una mulattiera in due settimane.
Questo era il mio spirito: andare alla Festa degli Alpini di Rimini con l’intenzione di divertirmi, perché per me, raccontare una festa, significa da sempre parteciparvi.
Non è andata così, ed è stato un incubo.
Ero appena arrivato e mi ha scritto una ragazza, era ancora mattina, raccontandomi quello che le era accaduto la sera prima. Poi mi ha scritto un’altra, poi hanno iniziato a fermarmi per strada raccontandomi cosa stava accadendo nella piazza e nella via principale, a tutte le ore e in maniera angosciante dalle 19:00 fino a notte fonda.
Sono maschio, sono bianco, ho una certa capacità di difesa fisica e sono etero. Sono sostanzialmente un privilegiato. Soprattutto, ero un giornalista facilmente riconoscibile e con una vistosa telecamera in mano, avevo anche un grosso pass rosso e bianco che mi aveva rilasciato l’organizzazione, sempre appeso al collo.
Nonostante tutto questo è stato facile, direi quasi banale anche per me accorgermi della pratica consolidata, continua e vomitevole, degli atteggiamenti molesti.
Camminando in piazza, o per le vie centrali della città di Rimini, era un profluvio di fischi, bestemmie usate come richiamo e apprezzamenti volgarissimi.
Sia chiaro: non si è trattato di un gruppetto di molestatori, quelli che ho visto rappresentavano la stragrande maggioranza delle persone in piazza, che quando non direttamente impegnate nelle molestie, tacevano o ridevano, perché era semplicemente impossibile non accorgersene. Alcuni alpini potranno non aver visto i palpeggiamenti, ma era impossibile non udire le urla e non vedere i passi affrettati di ragazzine minorenni a cui giovani e anziani – moltissimi gli anziani – si approcciavano in modo pesante e sistematico.
Ho provato a intervistare alcune delle ragazze coinvolte, quando è stato possibile, quando già non stavano correndo via impaurite, e in quel caso le ho accompagnate con lo sguardo, perché i racconti che stavo ricevendo riguardavano anche inseguimenti, strattonamenti e donne tenute con forza per i polsi.
Il racconto di quello che stava accadendo si è trasformato di fronte a me, non era più una festa dove qualcuno beve e magari alza un po’ il gomito. Anche io amo bere, più o meno tutti i miei amici amano bere, ma le persone civili non vagano come un’orda a cui tutto è concesso, se solo sei in gruppo e tutti indossano il cappello con la piuma d’aquila in testa.
E’ necessario dirlo chiaramente: quello che è avvenuto la sera, quello che ho visto con i miei occhi, quello che ragazze anche minorenni hanno testimoniato di aver subito – palpeggiamenti pure sotto la gonna, dolore fisico per le trattenute, urla in faccia – non è ammissibile in una società civile.
Ed è inammissibile che i vertici istituzionali tacciano.
E’ inammissibile che a partire dall’alpino e generale Figliuolo, presente a Rimini e a cui per due volte ho chiesto una parola sulle molestie che stavano avvenendo, scelga il silenzio perché “è in ritardo” e doveva entrare a teatro.
Non ha senso niente, se un Corpo dello Stato italiano non riesce a condannare ed emarginare episodi così reiterati e organizzati di violenza, catcalling e molestie sessuali.
I baci non si strappano girando alle ragazze con forza il volto mentre passeggiano, come mi ha raccontato una ragazzina minorenne di fronte alla telecamera.
“Potremmo essere le vostre nipoti, neanche le vostre figlie, fate schifo, smettete di toccarci il culo”, mi ha ripetuto un’altra, sempre in video.
Gli alpini non sono solo questo ma tocca a loro dimostrarlo, innanzitutto non continuando a tacere, perché il silenzio è complice e corresponsabile.
(da Fanpage)
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Maggio 10th, 2022 Riccardo Fucile
“DOBBIAMO PREVALERE SUL REGIME DI PUTIN E L’UCRAINA DEVE AVERE INDIETRO TUTTI I SUOI TERRITORI, TUTTO IL DONBASS E LA CRIMEA. È FUORI DISCUSSIONE CEDERE UN CENTIMETRO DI TERRA CHE CI APPARTIENE”
Konstantin Nemichev, ex combattente del battaglione Azov è oggi a capo dell’unità Kraken, affiliato al partito di destra del National Corps di cui è esponente a Kharkiv.
È stata la sua unità militare a liberare paesi e villaggi decisivi a nord di Kharkiv nella controffensiva in atto. È stato lui a dichiarare liberata la cittadina di Ruska Luzova, e sono della Kraken i veicoli incontrati ieri mattina a Tsirkuny, nord di Kharkiv, pochi giorni dopo la liberazione dell’area.
Il partito di cui è esponente, il National Corps, è stato fondato nel 2016 da veterani del Battaglione Azov e membri del Corpo Civile Azov, un’organizzazione civile non governativa affiliata al Battaglione Azov. Oggi è guidato da Andriy Biletsky. Nemichev ha accettato di incontrarci in piazza della Libertà, a Kharkiv, nella sede dell’amministrazione locale, distrutta dall’attacco russo del primo marzo.
«Siamo qui nel palazzo dell’amministrazione della regione di Kharkiv ed è qui che abbiamo cominciato a organizzare e dirigere la difesa», dice, prima di cominciare la breve intervista che ci concede.
Può darci dettagli sulla controffensiva gestita dalla sua unità, la Kraken?
«La controffensiva è in atto su tutto il fronte della regione di Kharkiv e una delle zone di attacco, quella nord orientale, è gestita dalla nostra unità. L’ultima operazione è stata la liberazione di Ruska Lozova. Noi ci occupiamo delle attività di intelligence, conosciamo le posizioni dei russi, sappiamo da quanti soldati sono composti i loro battaglioni, sappiamo dove sono. Il primo passo è colpirli con l’artiglieria, e poi subentrare con la fanteria. Così agiamo su due fianchi, per circondarli e pulire il territorio. A volte non è facile, le posizioni russe sono ben organizzate e da tempo, usare l’artiglieria è più facile, ma la vera prova è la fanteria. Gli uomini a terra».
Avete ricevuto le armi che il Presidente Zelenskyy ha chiesto all’Occidente?
«Le armi donate dall’Occidente sono su tutto il fronte di Kharkiv. La maggior parte è già in Donbass. Anche noi abbiamo ricevuto nuove armi ma sono state per lo più spostate verso Izyum. Le armi sono importanti, ma rafforziamo la richiesta di chiudere i cieli. E avere più lancia missili. Ne abbiamo, ne abbiamo ricevuti. Riteniamo non siano abbastanza. Ci serve più artiglieria, abbiamo bisogno di Grad e Uragan».
Esiste una via diplomatica alla fine di questo conflitto, o pensa che l’Ucraina possa affrontare questa guerra solo sul piano militare?
«Il passato ci ha dimostrato che la controparte è inaffidabile. Abbiamo esperienza di accordi precedenti che dimostrano che le negoziazioni con la Russia non funzionano. Se pure ci accordassimo su qualcosa, in un paio di mesi le parole sarebbero vane. Quindi dobbiamo prevalere sul regime di Putin, questa è la nostra posizione».
Quali sono le condizioni per cui la sua unità considererebbe vinta la guerra?
«L’Ucraina deve avere indietro tutti i suoi territori, tutto il Donbass, e la Crimea. È fuori discussione cedere un centimetro di terra che ci appartiene. Dobbiamo, e sottolineo, dobbiamo riprendere tutto. Ovviamente esiste un tempo per la negoziazione e uno per la guerra. Ora dobbiamo dimostrare la nostra forza sul campo e poi sederci al tavolo delle trattative. La vittoria arriverà quando sconfiggeremo il regime di Putin. C’è una terza opzione: distruggere il regime dall’interno. Sgretolare la Russia dal suo interno».
Non la spaventa l’orizzonte di un conflitto lungo o congelato? Lo dico per la popolazione civile.
«La gente sta dimostrando di voler combattere e ce lo ha dimostrato anche prima che l’invasione iniziasse. Quando sei mesi fa i russi hanno portato le loro truppe sui confini ucraini, noi abbiamo cominciato a insegnare ai civili come usare le armi. Io e altri veterani come me abbiamo formato altre persone e gli abbiamo trasferito la nostra esperienza. Così, il 24 febbraio, abbiamo mobilitato mille persone in tre ore».
Il suo partito, National Corps, sostiene la rottura dei legami diplomatici ed economici con la Russia, si oppone all’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea ed è contrario a promuovere legami più stretti con la Nato, sono ancora queste le vostre posizioni?
«Le rispondo così, credo che se vinceremo questa guerra dimostreremo di aver sconfitto il regime russo e non ci sarà quindi più nessun pericolo militare per l’Ucraina».
Quindi non avete bisogno dell’ingresso nella Nato?
«Quindi dobbiamo sconfiggere il regime russo e la minaccia militare che rappresenta. Se lo sconfiggiamo non dovremo difenderci più».
E invece della Nato propone la formazione di un superstato, sbaglio?
«Una nuova unione che cominci a organizzarsi, penso all’Estonia, alla Lituania, alla Lettonia e guardo alla Gran Bretagna».
Finisse domani la guerra, come vede il suo futuro politico e il futuro del paese?
«Supereremo questa grande prova. E certo, una volta vinta, useremo questa opportunità per costruire un paese forte».
(da la Stampa)
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Maggio 10th, 2022 Riccardo Fucile
SECONDO IL CANALE TELEGRAM “GENERAL SVR”, IERI ALLA PARATA IL PRESIDENTE HA DECISO DI AGGIRARE TUTTI I TEMI DELICATI IN VISTA DI UNA IMMINENTE OPERAZIONE (SI DICE PER CANCRO)
L’«aereo del giorno del giudizio» non ha sorvolato la piazza Rossa. La parata militare dalla quale molti si aspettavano – o temevano – una svolta clamorosa, dall’annuncio di una guerra totale con chiamata alle armi dei russi a un attacco con armi di sterminio, è stata invece ridimensionata, con l’eliminazione all’ultimo minuto dell’attesissima sfilata aerea.
Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha citato condizioni meteo avverse, ma a Mosca era una bella giornata (normalmente in previsione della parata aerei speciali bombardano le nuvole, per scongiurare la pioggia), e soprattutto lo stesso tempo sfavorevole pare aver colpito tutte le altre città, da Pietroburgo a Novosibirsk ed Ekaterinburg, dove si sono tenute mini-parate senza aerei.
Un evento senza precedenti, reso ancora più misterioso dallo sfoggio inquietante, durante le prove nei giorni scorsi, dell’«aereo del giorno del giudizio», il centro di comando volante che dovrebbe portare il salvo la leadership russa in caso di guerra nucleare.
Per la Rete russa sono girate voci di un Putin che lascia gli aerei a terra per paura di un attacco dall’aria, ma appare più credibile l’indiscrezione su un guasto del velivolo, che avrebbe spinto a cancellare il sorvolo della piazza Rossa in formazione a Z, per mascherare la visibile assenza del gigantesco Ilyushin-80.
Il giallo dell’aereo che non ha volato è stato comunque sintomatico di tante aspettative disattese dai festeggiamenti del giorno della Vittoria, che dovevano a un certo punto quasi eguagliare la grande parata di Stalin, come testimoniato anche da un cartello sui magazzini GUM che metteva insieme le due date, 1945 e 2022.
In una parata con numeri di uomini e mezzi ridotti per via dell’impegno sul fronte, il Cremlino non ha potuto però annunciare nessuna vittoria, e ha deciso di non rivendicare le troppo risicate e incerte conquiste ottenute finora in Ucraina.
L’annuncio di una mobilitazione nazionale, prospettato dagli esperti occidentali, non è arrivato, forse anche perché nella notte precedente è bruciato un altro commissariato militare – è il settimo incendio doloso degli uffici di reclutamento nelle ultime settimane – e al regime appare evidente che perfino quei cittadini che appoggiano la guerra in Ucraina vista in tv, non hanno nessuna intenzione di sperimentarla sulla propria pelle.
Anche il capo del Cremlino ha pronunciato, circondato dai veterani della Seconda guerra mondiale, un discorso che non aggiungeva nulla di nuovo alla retorica degli ultimi mesi: la Russia è stata costretta a intervenire in Ucraina perché minacciata di una guerra inevitabile dai «nazisti» sostenuti dalla Nato, e quindi attaccare è stata «l’unica decisione giusta, cui siamo stati costretti».
Ha evocato in ordine sparso gli eroi del pantheon storico russo, dai leader della resistenza ai polacchi all’inizio del ‘600 ai comandanti dell’Armata Rossa. Ha criticato l’Occidente che «non ha voluto ascoltare le nostre proposte», e accusato gli Usa di non aver permesso ai reduci americani di venire a Mosca per la parata. Nessun accenno né a un’escalation, né a un negoziato: forse l’unica frase che potrebbe venire letta come un segnale delle intenzioni di Putin è quella sui soldati che «in Donbass combattono sulla nostra terra», ma il fatto che il presidente consideri l’Ucraina uno Stato inesistente era già noto.
Delusi, gli analisti russi e occidentali si sono dedicati a cercare il diavolo nei dettagli: la leggera zoppia di Putin, il braccio destro che non si muoveva mentre camminava, a differenza di quello sinistro, il plaid che si era messo sulle ginocchia una volta seduto in tribuna. Ha fatto molto parlare l’assenza del capo dello Stato maggiore Valery Gerasimov, il cui ferimento nell’Est ucraino era stato smentito pochi giorni fa.
L’unico dirigente russo ad aver affiancato a lungo Putin nella camminata verso la tomba del milite ignoto è stato il ministro della Difesa Sergey Shoigu: tutti gli altri membri del numeroso seguito del presidente avevano l’aria di essere guardie del corpo o assistenti.
Un altro segnale curioso è stata l’assenza della Z simbolo della «operazione speciale», e la presenza di tante bandiere rosse sovietiche, anche nelle cerimonie improvvisate dai militari nelle zone occupate dell’Ucraina. Oltre ai roghi dei commissariati militari, e alle scritte «no alla guerra» un po’ ovunque, la giornata festiva è stata segnata da isolate proteste, e da 82 arresti. E nella notte decine di canali del digitale terrestre hanno proiettato scritte come «abbiamo le mani macchiate del sangue dei bimbi ucraini».
A Novosibirsk una mano ignota ha scritto sul monumento di un carro armato «Bucha», il nome della strage che i media russi negano. E il giornale online Lenta.ru all’improvviso ha messo in home page articoli di denuncia di Putin e della guerra: forse un hackeraggio, ma più probabilmente una rivolta degli stessi giornalisti.
Perché ieri è stata cancellata la parte aerea della Victory Parade di Mosca? Secondo il canale Telegram General SVR, fonte independente di notizie russe, il motivo è semplice: «il presidente russo Vladimir Putin teme un possibile “attacco aereo”». Così, per non attirare l’attenzione sul fatto che a Mosca non si sarebbero alzati in volo gli aerei militari, sempre secondo il giornale, è stata cancellata anche nelle altre regioni.
Putin, dicono su General VR, «per il Giorno della Vittoria ha scelto il discorso più impassibile e poco informativo tra quelli preparati per lui dai suoi assistenti e, dopo le stesse correzioni del presidente, il discorso è diventato così grigio e confuso da suscitare sorpresa e tante domande tra chi lo circondava, che aspettava di tutto, ma non “un miserabile mormorio di nulla” (citazione di una persona molto vicina al presidente)».
Secondo le fonti Putin sarebbe in uno stato di depressione negli ultimi tempi anche per via dei preparativi per l’imminente operazione. Secondo i medici, «l’operazione in sé non è difficile, ma ci sono sempre dei rischi» e resta aperta la domanda sui tempi di recupero del presidente: quanto ci vorrà perché riprenda le sue funzioni?
General Svr: «I medici ritengono che Putin avrà bisogno di almeno due giorni per riprendersi. In ogni caso i rischi per Putin sono alti, ed a quanto pare è questo il motivo principale per cui nel suo intervento il presidente ha deciso di aggirare tutti i temi delicati, smussando il più possibile l’agenda, temendo di provocare inutili sconvolgimenti con una retorica eccessivamente emotiva e decisa».
Per questo nel suo discorso non si ha ventilato piani né prospettive. «Putin ora ha due problemi principali: come non morire sotto i ferri del chirurgo e come svegliarsi dopo l’operazione senza essere stato rovesciato. La posizione poco invidiabile di un mezzo cadavere».
(da La Stampa)
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Maggio 10th, 2022 Riccardo Fucile
NELLA STRUTTURA FINO A MARZO AVEVANO TROVATO RIFUGIO DIVERSI CIVILI
Un missile russo avrebbe distrutto il Monastero di San Giorgio a Svyatogorsk, nell’Est dell’Ucraina. Secondo l’agenzia Ukrinform che cita il ministro della Cultura, Oleksandr Tkachenko, l’eremo appartiene al Patriarcato di Mosca guidato dal patriarca Kirill.
La struttura era in piedi almeno dal 1526, descritto dalle note storiche come «la sentinella contro i tatari di Crimea».
Un secolo dopo, nel 1637, era stata costruita la Cattedrale di Santa Dormizione, che si trova nella parte superiore del monte che aveva aggiunto labirinti e passaggi riparati.
Un luogo tornato molto utile nel corso della guerra per i diversi civili che qui avevano trovato rifugio, finché almeno la struttura è stata danneggiata da un attacco aereo lo scorso 12 marzo, con il ferimento di diverse persone.
(da agenzie)
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Maggio 10th, 2022 Riccardo Fucile
LA GAFFE DELLA TV DI STATO RUSSA
Durante il concerto celebrativo della parata del 9 maggio la tv di stato russa ha mostrato una foto dei due rapinatori Bonnie & Clyde presentandoli come due vittime della Seconda Guerra Mondiale.
Lo scrivono media ucraini ed americani, che riportano uno screenshot del concerto trasmesso su Channel 1 durante l’esecuzione della canzone “If there was no war“, che prevedeva la pubblicazione di foto di coppie separate dalla guerra.
Tra queste, anche lo scatto che ritrae Bonie Elizabeth Parker (nata il 1 ottobre 1910 e morta con il compagno il 23 maggio 1934) e Clyde Chestnut Barrow (24 marzo 1909), due criminali che durante la Grande Depressione attirarono l’attenzione della stampa americana.
Nonostante fossero famosi per rapinare banche, il maggior numero di colpi da parte della coppia è stato effettuato in piccoli negozi e distributori di benzina.
Entrambi furono uccisi nel maggio 1934 durante un’imboscata da parte di agenti delle forze dell’ordine vicino a Gibsland in Louisiana. Lo scatto mostrato dalla tv russa, che è presente anche su Wikipedia, ritrae i due nel 1933 in Arkansas. Il video del concerto con gaffe è stato pubblicato da Julia Davis del Russian Media Monitor su Twitter.
(da agenzie)
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Maggio 10th, 2022 Riccardo Fucile
IL VICEDIRETTORE DI NOVAYA GAZETA: “LO ZAR E’ IN DIFFICOLTA'”… “APPELLO ALLA MOBILITAZIONE? NON SI PRESENTEREBBE NESSUNO”
Kyrill Martynov, vicedirettore di Novaya Gazeta, parla oggi in un’intervista a La Stampa della situazione in Russia e del punto debole di Vladimir Putin.
Che secondo lui non attaccherà mai un paese della Nato perché ha paura di quello che potrebbe accadere come conseguenza. «Quest’anno e il prossimo potrebbero essere cruciali per Mosca. Forse avranno un impatto tragico anche sulla storia europea, perché qualunque cosa accadrà, saranno un test enorme per l’identità russa. Se la Russia mantiene a lungo questo sentimento post-imperialista, ci saranno ancora persone disposte a credere che i vicini vengono uccisi solo perché sono nazisti. Sarebbe un caso molto simile a quello dei tedeschi del XX secolo, una sfida molto difficile fingere di essere un buon popolo con un buon governo, visto quello che succede. Ma a me, al momento, e la parata lo dimostra, Putin sembra che voglia solo trovare buone scuse per giustificare se stesso». Secondo Martinov Putin «è assolutamente in difficoltà. La retorica è “siamo stati costretti”, “non avevamo altra scelta, dovete capirmi”. È interessante notare com’è cambiato in tre mesi. Era molto più coraggioso a febbraio. Non ha nessuna opzione reale per finire questa guerra. E neanche per vincerla sul piano militare».
Il giornalista del quotidiano che in Russia ha dovuto sospendere le pubblicazioni spiega anche perché lo Zar non ha dichiarato la mobilitazione generale: «Se chiamasse masse di soldati al fronte, nessuno verrebbe. Lo Stato russo è totalmente corrotto. Anche col Coronavirus lo abbiamo visto: ha dovuto costringere ad osservare le restrizioni, nessuno osservava la legge. Se convochi milioni di persone, le chiami ad alzarsi dal divano e ad andare a morire in Ucraina, tutti ti diranno: “Perché io? Prendete lui”. Putin non vuole scatenare proteste e fughe a catena». Infine, nel colloquio con Letizia Tortello, arriva anche una previsione sulla guerra: «Due giorni fa ho parlato con uno scrittore russo molto importante che vive negli Stati Uniti. Mi ha detto che Putin non vuole perdere la guerra ed è per questo che non attaccherà mai un Paese Nato».
(da La Stampa)
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Maggio 10th, 2022 Riccardo Fucile
BASTA IPOCRISIE, TRE ANNI FA A MILANO STESSE MOLESTIE: SI PONGA FINE A QUESTA PAGLIACCIATA DI RADUNI ALCOLICI
Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha fatto appello alla tolleranza zero sulle molestie degli alpini che sarebbero avvenute durante l’adunata a Rimini del fine settimana.
«I comportamenti raccontati da alcune donne sono gravissimi», ha detto il ministro, che nel weekend era intervenuto durante le celebrazioni pubbliche.
«Episodi all’opposto dei valori degli Alpini, che – ha detto – certamente andranno accertati dagli organi competenti, ma che non possono e non devono essere sottovalutati».
In questi giorni, centinaia di donne – molte delle quali stavano lavorano all’evento – stanno raccontando di molestie e violenze subite da alcuni dei partecipanti. Testimonianze che stanno raccogliendo le attiviste femministe di Non una di meno, ma che al momento non si sono ancora formalizzate in denunce.
«È sbagliato – ha detto Guerini- fare generalizzazioni. Ma allo stesso tempo non ci deve essere nessuna tolleranza: le molestie e le violenze non devono mai e in nessun caso trovare alcuna giustificazione e vanno condannate senza esitazioni». In queste ore Sebastiano Favero, presidente del Corpo degli Alpini, è intervenuto con una nota dicendo: «Molti dei partecipanti non erano alpini, ma giovani che hanno approfittato della situazione». Tesi smentita peraltro da molte donne che hanno parlato di alpini over 40-50 anni.
Raccontare meno balle, prego.
(da agenzie)
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Maggio 10th, 2022 Riccardo Fucile
MA VERGOGNATEVI DI NON SPENDERE UNA PAROLA A DIFESA DI DONNE MOLESTATE DA UNA ACCOZZAGLIA DI UBRIACONI CHE DISONORANO LA DIVISA INDOSSATA (TRENTA ANNI FA TRA L’ALTRO)
L’avanguardia del garantismo a targhe alterne prosegue a spron battuto all’interno degli ambienti sovranisti. Matteo Salvini e Giorgia Meloni, come metodologie comunicative differenti che – però – hanno lo stesso effetto, hanno deciso da che parte stare dopo la denuncia di almeno 150 donne sulle molestie subite dagli Alpini nel corso del raduno di Rimini dei giorni scorsi.
E, ovviamente, il segretario della Lega e la Presidente di Fratelli d’Italia hanno deciso di schierarsi dalla parte di chi è stato accusato e non delle vittime.
§Il più imbarazzante dei posizionamenti sulle molestie Alpini arriva da Matteo Salvini. Perché sui suoi canali social il leader della Lega condivide una card in cui cita il titolo de Il Corriere della Sera: “Alpini a Rimini, la denuncia di ‘Non una di meno’: atteggiamenti sessisti contro centinaia di donne”.
Apparentemente, dunque, sembra essere la condivisione di una denuncia (nelle ultime ore siamo arrivati a oltre 150 racconti) Poi, però, il commento allegato all’immagine rivela il vero volto: “Viva gli Alpini, più forti di tutto e di tutti! Buona 93esima adunata!”.
Sta dalla parte degli accusati di molestie, non delle donne molestate. Un grande classico, quello salviniano, che ricorda il posizionamento del leghista sulla violenza subita da Stefano Cucchi: “Sempre dalla parte delle forze dell’ordine, io sono contro la droga”.
Due concetti che non avevano nulla a che vedere con quel fatto di cronaca (inoltre smentiti dalle sentenze), ma utili ad acchiappare qualche voto. E il paradosso è servito quando, solo poche ore prima, Salvini esultava per l’uso di un taser nei confronti di un uomo che molestava i passanti.
E se Matteo Salvini rispetta i cliché della comunicazione leghista, Giorgia Meloni – “Sono una donna, sono una madre, sono cristiana” – decide di saltare a piè pari la denuncia delle donne sulle molestie Alpini a Rimini durante il raduno. Come lo fa: esaltando il patriottismo degli Alpini.
Nessun riferimento alle 150 – centocinquanta – denunce di molestie fatte da 150 donne. Eppure lei è donna, mamma e cristiana. Ma gli Alpini, probabilmente, solleticano di più a livello elettorale.
(da agenzie)
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Maggio 10th, 2022 Riccardo Fucile
150 DENUNCE CIRCOSTANZIATE GIA’ RACCOLTE A RIMINI
Il sabato pomeriggio con l’amica, gli stand in piazzale Kennedy, la musica alta, il ballo: poi, a un certo punto, il braccio che viene strattonato, Adriana che non capisce chi sia e nell’arco di qualche minuto si ritrova in mezzo a un cerchio di 8-10 uomini, tutti over 50, con la “divisa” e la penna nera.
La mettono davanti a un signore con i capelli canuti, lui le scosta il giubbino di pelle dalla spalla, glielo apre sul seno, glielo sfiora.
Lei gela. L’amico, un altro signore di mezza età, le dice «sai, lui è un chirurgo plastico, se vuoi ti dà una sistemata». Adriana ha 27 anni e sabato era con un’amica a Rimini, voleva godersi un pomeriggio di relax e spensieratezza, il primo dopo oltre due anni di pandemia: c’erano gli Alpini che nella città romagnola hanno festeggiato, per tre giorni, il loro 93° anniversario.
Per poco più di 72 ore di festeggiamenti l’associazione transfemminista Non Una Di Meno Rimini, che ieri sera ha convocato una “controAdunata” con decine di persone per valutare la possibilità di una denuncia collettiva alle autorità, ha raccolto tra le 150 e le 170 testimonianze: sono arrivate via social, via messaggio, molte anonime. Nessuna, a ieri, alle autorità.
In tante, però, ci hanno messo la faccia. Come Adriana, appunto, che ancora non ci crede, ha quasi vergogna a parlarne: «Ho urlato “come vi permettete”, ho detto “basta”, ma non è servito a nulla. Nessuno è intervenuto, salvo la mia amica, e loro hanno soltanto riso. Mi sono sentita umiliata, come se fossi una sorta di prodotto su uno scaffale al supermercato, come se fossi un oggetto. Sicuramente non mi hanno fatta sentire una persona: mi hanno tolto il diritto di dare il mio consenso e anche quando ho detto “no” l’hanno ignorato».
Interno giorno, hotel sul mare. Azzurra fa la receptionist, ha 34 anni. Sabato riceve una chiamata al fisso, le chiedono una stanza alle 15 per un gruppo di alpini, vogliono fare una doccia.
Lei organizza. Poi loro arrivano in ritardo, lei sta quasi per staccare. Ma li aspetta. «Per fortuna non ero sola, c’era il mio collega, un ragazzo di 26 anni. Se non ci fosse stato lui non so come sarebbe finita», ci racconta due giorni dopo.
Arrivano in dodici, sono già ubriachi «ma non è un’attenuante, anzi», la spingono in un angolo, lei finisce dietro il bancone. Uno di loro la punta con le mani, le intimano: «Vieni a fare la doccia con noi». Interviene il collega, Azzurra va a casa. Ma il giorno dopo gli Alpini – altri Alpini – tornano: festeggiano la fine dell’Adunata proprio nell’hotel in cui la ragazza lavora da sei anni. «Ero fuori a fumare una sigaretta, d’un tratto uno degli ospiti, senza che io quasi lo vedessi, mi viene di fronte e mi mette il cappello in testa. Poi mi dà un bacio sulla guancia destro e un altro sulla sinistra. Lo conoscevo? No. Gliel’ho chiesto? Nemmeno. Ma dato che era una Penna Nera si sentiva in diritto di dovermi comunque stampare due baci».
Altra scena, enoteca del cento di Rimini. Amina, 27 anni, italo-somala. «Non solo mi hanno detto frasi imbarazzanti del tipo “mi sono innamorato di te” oppure “che sport fai per avere questo bel culo?”, ma visto che sono mezza nera mi hanno dedicato un saluto fascista».
Qualche centinaio di metri più in là, altro bar centralissimo. Ci lavora anche Francesca, che ha 24 anni. «Mentre servivo all’esterno un signore sui 70 anni mi ha tirato a sé con una tale forza da farmi atterrare sulle sue ginocchia. Non ho detto nulla perché il bar era così pieno che non volevo creare problemi. Ma mi ha fatto schifo e non è stato neppure l’unico episodio».
Altri le hanno rivolto attenzioni non desiderate: «Che begli occhi», le ha detto uno. Che poi ha approfittato di un momento con la mascherina abbassata per provare a baciarla.
A Raffaela, 19 anni, di Bologna non è andata tanto meglio. «Se non ci fosse stato il mio amico non so come sarebbe finita. Già così è andata che la polizia ci ha chiesto i documenti e anche “accusato” di aver scatenato una rissa. La verità è che io e i miei due amici eravamo a Rimini per fare un giro e a un certo punto mi sono ritrovata a essere seguita da quest’ uomo che non mi dava tregua. Allora il mio amico mi ha protetta mettendosi alle mie spalle.
Solo che poi si sono spintonati e alla quarta volante della polizia che passava, si sono fermati. E ci hanno chiesto i documenti». E ancora: Marta – la chiameremo così, perché lavora in una delle istituzioni che ha finanziato l’Adunata – ha 43 anni e le sue molestie sono avvenute una mattina al bar mentre faceva colazione. «Erano in tre, mi hanno accerchiata e strattonata per la giacca, volevano andassi a bere con loro. Mi sono ribellata, mi hanno toccato la pancia, ho perso la testa: nessuno deve permettersi di toccarmi senza il mio consenso».
Episodi in cui nessuno è intervenuto a interrompere le molestie. Come tre anni fa a Milano, al 90° dalla fondazione degli Alpini, quando decine di ragazze e donne vennero toccate e abusate verbalmente. «È goliardia», «sono clienti, dai, devi assecondarli», «cosa vuoi che sia, succede a tutte» le frasi – insopportabili – più ripetute. Tutte pronunciate da uomini. Tutte pronunciate da chi avrebbe potuto alzare la voce, sbattere fuori i clienti inopportuni e chiamare le forze dell’ordine. «Non c’è assenso senza consenso
(da agenzie)
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