Maggio 12th, 2022 Riccardo Fucile VALERIA E ANDRIY SI ERANO SPOSATI NEI SOTTERRANEI DELL’ACCIAIERIA … LA MOGLIE: “SOPRAVVIVERO’ PER NOI DUE, SARAI IL MIO AMORE PER L’ETERNITA'”
«Sei stato mio marito per tre giorni. Sarai il mio amore per l’eternità.
Mio caro, Andriy, premuroso, coraggioso: sei stato e sei il migliore. Siamo riusciti a sposarci, siamo riusciti a essere felici, ma non siamo riusciti a stare insieme. Ti amerò per sempre, mio eroe».
Sono le parole di Valeria Karpilenko, nome di battaglia “Nava”, in ricordo del marito Andriy, morto in un attacco da parte delle milizie russe, a 3 giorni dal loro matrimonio, celebrato nei sotterranei dell’acciaieria Azovstal di Mariupol’.
La storia della coppia dei due combattenti ucraini è stata pubblicata sull’account Facebook della Guardia Nazionale dell’Ucraina.
Valeria Karpilenko, ricordando il marito scomparso, ha poi fatto un’ultima promessa: «Sopravvivere, uscire dall’assedio e continuare a vivere, per noi due».
(da agenzie)
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Maggio 12th, 2022 Riccardo Fucile IL SOLITO POST INFAME PER SCREDITARE UN EROE UCRAINO DA PARTE DI UN VERME SOVRANISTA CHE NON HA NEANCHE LE PALLE DI FIRMARSI CON NOME E COGNOME
A seguito dell’incontro tra le mogli dei combattenti del Battaglione Azov e Papa Francesco, è iniziata a circolare una foto per sostenere che una di loro sia una fervida sostenitrice del nazismo.
La vittima di questa bufala è Kateryna Prokopenko, moglie del comandante Azov Denis Prokopenko, attualmente in servizio presso l’acciaieria Azovstal a Mariupol.
Per chi ha fretta
i sostiene che una delle ragazze con il braccio teso, ritratte in una fotografia, sia la moglie del comandante degli Azov.
La foto delle tre ragazze con il braccio teso circola almeno da inizio 2010, quando la moglie del comandante degli Azov doveva avere tra i 14 e i 15 anni.
La foto venne condivisa da un account polacco. Una delle ragazze, quella a sinistra, indossa una maglietta con la bandiera polacca.
Le prime condivisioni della foto, diventato poi un meme, fanno riferimento alla Polonia.
Il meme circola da almeno 12 anni e nessuno aveva associato il volto delle ragazze a mogli o fidanzate dei combattenti ucraini.
Leggiamo uno dei post condivisi dagli utenti via Facebook:
“Le mogli del battaglione AZOV hanno incontrato il Papa chiedendogli di intercedere per salvare le vite dei loro mariti. Che non sono nazisti, noooooooooooooooo. Il braccio teso è alzato solo perché stavano chiedendo alla maestra di andare al cesso. Sukate NaziZoccole i vostri mariti non ci sono più”
L’attacco è rivolto a Kateryna Prokopenko, la moglie del comandante del Battaglione Azov, che secondo gli utenti (e siti come Lapekoranera e il neonazista Voxnews) sarebbe la ragazza con la maglietta verde con il braccio teso in pieno stile nazista.
Scrive l’utente Daniele (che riporta una Z nella foto profilo, quella usata dai filorussi per sostenere l’invasione russa in Ucraina): «Nella foto, in evidenza, la “signora” Prokopenko, moglie del comandante neonazista di Azov, sigillato nelle fogne di Azovstal insieme alla sua colonia di ratti in quel di Mariupol».
Daniele ha torto, così come tanti altri utenti: quella con la maglietta verde non è la signora Prokopenko.
La foto delle tre ragazze con il braccio teso venne diffusa in passato in due versioni, una di queste modificata nel 2015 e condivisa con lo slogan «Please meet the new european country, Ukraine».
Su WebArchive troviamo un salvataggio del sito Demotivation.me datato 18 ottobre 2011.
Tra i commenti, le tre ragazze venivano identificate come polacche. La ragazza con la maglia rossa a sinistra, infatti, potrebbe confermare questa affermazione avendo disegnato un cuore con la bandiera polacca.
In basso, due commentatori affermano che siano polacche.
Nelle community come 4plebs.org la foto viene condivisa con il nome file «polish-girls-white-pride.jpg».
Nel sito russo Demotivators.ru notiamo che l’immagine circolava nel febbraio del 2010. Per curiosità, la foto è presente anche nel sito Destrapermilano.
Le immagini del 2011 e 2010, al momento le più datate, risultano tagliate. Ne troviamo un’altra, più completa, dove si vedono anche le scarpe delle ragazze. Il motivo del taglio potrebbe essere quello di voler rimuovere il watermark dell’utente che l’aveva condivisa per primo in un sito polacco. Troviamo questa versione completa in un sito coreano
Nell’immagine leggiamo un watermark che riporta l’utente asiia1927 del sito polacco Fotka.pl. L’account, purtroppo, è stato rimosso dal sito. La traccia polacca prosegue, riscontrando nel sito Wiocha.pl uno screenshot di un profilo Facebook di tale Marlena.
Considerando il 2010 come l’anno in cui il meme è iniziato a circolare e il fatto che Kateryna Prokopenko dovrebbe avere attualmente 27 anni, in quel periodo doveva avere tra i 14 e 15 anni di età. La foto potrebbe essere circolata molto prima di diventare un meme.
Conclusione
Un vecchio meme di tre ragazze con il braccio teso, che circola online da almeno 12 anni, è stato utilizzato per accusare Kateryna Prokopenko, moglie del comandante del battaglione Azov, di essere nazista. Le pubblicazioni più datate riguardano siti e account polacchi, non ucraini, e in 12 anni non risultano associazioni con le mogli dei combattenti del battaglione Azov.
(da Open)
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Maggio 12th, 2022 Riccardo Fucile IL VICESINDACO DELLA CITTÀ HA MOSTRATO I DOCUMENTI DEGLI UNICI TRE SOLDATI RUSSI UCCISI: “QUESTI PASSAPORTI SONO LA CHIAVE PER SCOVARE I COLPEVOLI”… I RACCONTI DEI SOPRAVVISSUTI: DITA ROTTE, PIEDI TUMEFATTI, TORTURE, STUPRI, FOSSE COMUNI
C’è un modo per risalire ai massacratori di Bucha. Bisogna partire dagli
unici tre soldati russi uccisi proprio qui, il 3 di marzo, quando tutto doveva ancora succedere. «Ecco le foto dei loro documenti», dice il vicesindaco della città Serhiy Shepitko.
Nei corridoi del Comune il viavai è continuo. Sono persone in cerca d’aiuto. Chi non ha più la casa o ce l’ha danneggiata, chi da settimane non riesce ad avere notizie dei suoi parenti.
Dall’inizio della guerra alla fine dell’occupazione, in questa piccola città di villeggiatura a un’ora di auto da Kiev sono state torturate e uccise 416 persone. Solo quattro di queste erano militari dell’esercito ucraino, tutti gli altri civili inermi.
Per esempio la signora Tamara Vasilinko di 68 anni, oppure un bambino di 3 anni. Sasha Yaremich, 40 anni, commesso di un supermercato, che nel telefono aveva una foto sbagliata: «Di chi è questo cellulare?». È stato portato fuori, almeno sei persone hanno sentito gli spari.
Sono state esecuzioni, cadaveri con le mani legate dietro alla schiena. Sono stati corpi accatastati in cantine, oppure lasciati in mezzo alla strada.
ita rotte, piedi tumefatti. Torture, stupri. Fosse comuni. La signora Valentina Siyun, di mestiere estetista, trucidata sulla porta del suo appartamento perché aveva guardato dritto negli occhi un soldato russo: «Cosa stai facendo?».
Trentadue vittime devono ancora essere identificate, per loro è stato richiesto l’esame del Dna nel tentativo di risalire ai parenti. A Bucha anche le peggiori regole della guerra sono state infrante. La procura di Kiev sta cercando di raccogliere e analizzare tutte le tracce lasciate dai soldati russi per identificare i responsabili.
Ecco perché sono importanti questi tre passaporti, che adesso il vicesindaco Shepitko ci mostra. Sono facce di ragazzini. Loktev Maksyn Vladymyrovich, 22 anni, nato a Privolzsk, nella regione di Ivanovsk. Ilyin Aleksander Valeryevich, 24 anni, nato a Bishaya Murta, nella regione di Krasnoyarsky. Polyansky Ivan Alekseevich, 19 anni, nato a Kamentsk-Uralsky, nella regione di Sverdlovska.
Sono soldati uccisi in un combattimento. Cadaveri che l’esercito russo si è lasciato alle spalle, e che invece l’esercito ucraino sta conservando in un camion frigorifero. Come le migliaia di corpi trovati in tutto il Paese. Le indagini nazionali e internazionali partono da questi nomi.
«Era il 3 marzo – spiega il vicesindaco Shepitko -. Il nostro esercito ha respinto un primo tentativo di occupazione sulla strada davanti alla stazione di Bucha. Lì sono stati uccisi quei tre soldati russi. Poi la città è stata presa. Dal giorno successivo sono incominciate le atrocità contro la popolazione civile. Io e il sindaco Anatoly Fedoryuk ci siamo dovuti rifugiare in un luogo segreto per alcuni giorni, solo il 12 marzo siamo riusciti a fuggire. I russi volevano sequestrarci»
Mentre parla il vicesindaco di Bucha continua a guardare di lato, come in preda a un riflesso condizionato. Nel suo ufficio manca la bandiera ucraina perché è stata portata via dai russi. Tutto il piano soprastante è stato devastato.
«Nessuno di noi potrà mai dimenticare strada Yublunska piena di cadaveri. Non ce li lasciavano seppellire. Se uscivi per raccoglierli, eri morto a tua volta. Prima a Bucha sono arrivati i soldati russi, poi i ceceni. Allora le cose sono peggiorate molto. Diversi conoscenti mi hanno raccontato che i ceceni rubavano nelle case, uccidevano i cani, picchiavano senza un motivo. Era ormai la fine di marzo. Sono stati quelli i giorni del massacro».
Dai tre soldati russi uccisi davanti alla stazione è stato possibile risalire al primo battaglione arrivato a Bucha, i satelliti hanno registrato gli spostamenti dei carri armati.
Alcuni post su Telegram hanno permesso di identificare altri soldati. Così come alcune scritte lasciate nella ritirata, che inneggiano al comandante ceceno Ramzan Kadyrov, hanno confermato l’arrivo dei ceceni. C’è anche una lettera d’amore scoperta dalla giornalista della Reuters Mari Saito, spedita al soldato Alexandr Logvinenko, paracadutista di Pskov in missione a Bucha: «Di notte sogno di noi, dei nostri baci. Ti amo follemente e mi manchi tanto. Ma stai servendo la madre patria e ci stai proteggendo. Sono orgogliosa di te».
Sono già dieci i soldati russi identificati e sospettati di aver commesso dei crimini a Bucha. Ma più ancora delle prove trovate sui cadaveri e delle tracce lasciate dai massacratori nelle case, contano le migliaia di testimonianze raccolte in queste settimane dagli investigatori.
Sono le parole dei sopravvissuti che hanno permesso di aprire 323 procedimenti per crimini di guerra. «Se provavi a guardare fuori, i russi sparavano contro le tue finestre», dice il signor Mikhail Puzov.
«Sono venuti anche da me. Ho riconosciuto l’accento bielorusso di un soldato, allora si è calmato. Mi ha detto che era originario di Gomel, e anche io sono di quella zona. L’ho guardato negli occhi: “Ma cosa state facendo?”. “Seguiamo le istruzioni”, mi ha risposto. “Se non facciamo la guerra, ci uccideranno o ci metteranno in prigione”. Il giorno dopo, io stesso ho seppellito quattro cadaveri dentro alla fossa di un garage in costruzione. Erano persone disarmate. Erano amici».
Il suono della città di Bucha è quello delle mine che esplodono nei boschi e nelle campagne, tutt’ intorno. Anche questo è un lascito dei russi in ritirata. Squadre speciali stanno cercando di liberare i sentieri agricoli.
Era un posto di orti, di case di villeggiatura. Di cani liberi per le strade. Questo doveva sembrare il posto più pacifico del mondo prima del 23 di febbraio. Al cimitero un intero viale ha tombe di terra appena smossa, centinaia di metri. È la terra in cui riposano le vittime del massacro.
I cadaveri adesso hanno un nome e un cognome. Ci sono fiori e bandiere. Sotto il sole a perpendicolo, il becchino Vitaly Kolyada sta scavando un’altra fossa. Per chi è? «Non lo sappiamo ancora. Ma sappiamo che servirà».
(da la Stampa)
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Maggio 12th, 2022 Riccardo Fucile LE STILETTATE DI RULA JEBREAL: “MI RATTRISTA VEDERE UNA PERSONA CHE ABOLISCE LA CAPACITÀ DI CRITICA”… “SONO PARTITA DALL’ITALIA CHE LA7 ERA CASA MIA, ORA È IRRICONOSCIBILE. SI DÀ SPAZIO A PROPAGANDISTI RUSSI CHE SONO IN GUERRA CONTRO LA VERITÀ”
“La democrazia è sotto attacco, accade con le bombe in Ucraina ma anche con le azioni quasi sincronizzate di un asse di dittatori, dalla Russia ai paesi arabi, che sta destabilizzando l’Europa con la corruzione e la propaganda”.
Secondo] Rula Jebreal c’è una connessione tra le guerre dei dittatori arabi, da Assad a Mohammad bin Salman, e quella di Putin in Ucraina.
“Dopo le sanzioni i dittatori del Golfo stanno aiutando Putin, Abu Dhabi è un hub internazionale per il riciclaggio di denaro russo rubato ai russi. Usano petrolio come ricatto all’occidente, è il petrolio che finanzia la guerra di Putin e chi lo sta aiutando a tenere i prezzi alto sono Arabia Saudita ed Emirati Arabi”.
“Sono partita dall’Italia che La7 era casa mia, ora è irriconoscibile. Raccontavamo quello che accadeva, ora invece vedo in generale sulle televisioni italiane un’operazione pericolosissima di revisionismo storico e di manipolazione che mette a confronto sullo stesso piano la realtà e la propaganda”.
È il pluralismo delle opinioni, non si può imporre una narrazione unica sulla guerra.
“Ci sono le opinioni e ci sono i fatti. Ognuno ha diritto alle proprie opinioni, ma non ai propri fatti. Non si possono riciclare storie non vere, mettere in dubbio il massacro di Bucha, sentire professori che parlano di come si vive felici in dittatura. Si dà spazio a propagandisti russi che sono in guerra contro la verità. È triste vedere opinionisti progressisti che cadono in quella trappola, accecati dalle posizioni contro l’America, che va criticata e condannata quando commette errori e crimini, ma non sempre e a prescindere”.
Non posso chiederti di Michele Santoro, con cui hai lavorato, che pare corrispondere a questo profilo: è uno dei più strenui accusatori degli Stati Uniti e oppositori dell’invio delle armi all’Ucraina.
“Ho visto il suo confronto con Paolo Mieli, che gli ricordava quando diceva a Bush di fermarsi mentre ora non lo dice a Putin ma a Biden. Mi rattrista vedere una persona che abolisce la capacità di critica. Non vorrei farne una questione personale, ma in questi anni ho visto una metamorfosi anche sul tema del Covid e dei vaccini. Non è che pur di andare conto il governo o l’America si può andare contro la verità, perché così muore la democrazia. È strano vedere Santoro che dice le stesse cose di Salvini”.
Santoro direbbe che è lei che è cambiata, perché ora in America frequenta gente ricca e potente.
“Sono sempre coerente con i miei princìpi, non ho fatto altro che raccontare chi è distrutto dalla guerra a partire dalla Siria. Chi vuole deflettere dall’argomento in genere la butta sul personale per delegittimare l’interlocutore. Sono parole che definiscono più chi è diventato Santoro. Chi definisce me è il mio lavoro”.
(da agenzie)
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Maggio 12th, 2022 Riccardo Fucile “PUTIN NON RIUSCIRA’ A SALVARSI LA FACCIA”
«Sono pronto a parlare con Putin, ma senza ultimatum», così il
presidente ucraino Volodymyr Zelensky, intervistato da Bruno Vespa nella trasmissione Porta a Porta, ha dichiarato di essere pronto al dialogo con il presidente russo solo a patto che cambi l’approccio di Mosca.
«Per quello che riguarda le trattative con la Russia, la questione si complica ogni giorno perché ogni giorno i russi occupano i villaggi», ha continuato il presidente, «molte persone hanno lasciato le loro case, sono state uccise dai russi e vedo tracce di torture e uccisioni. Questo non fa che complicare molto la possibilità di condurre trattative, vogliamo che capiate che la nostra società è molto pacifica, da otto anni volevamo fare una trattativa».
«La Crimea rimarrà territorio ucraino»
Il presidente ucraino ha poi affrontato uno dei temi più spinosi presenti sul tavolo delle trattative. «Non ho mai parlato di riconoscere l’indipendenza della Crimea, non la riconosceremo mai come parte della Federazione russa. Anche prima della guerra la Crimea aveva autonomia, ma è sempre stato territorio ucraino».
«Putin non riuscirà a salvarsi la faccia»
Zelensky ha poi parlato del presidente russo: «Non credo che Putin riuscirà a salvare la faccia», ha detto, «voleva portare a casa qualche risultato ma non lo ha trovato». E ancora: «Noi non dobbiamo cercare una via d’uscita per la Russia. Proporre a noi di cedere qualcosa per salvare la faccia del presidente russo non è corretto da parte di alcuni leader, non siamo pronti a salvare la faccia a qualcuno pagando con i nostri territori, non penso sia una cosa giusta».
«Senza armi non saremo potenti sul tavolo delle trattative»
A proposito delle potenze mondiali, Zelensky ha spiegato: «Non vedo tutta questa differenza tra la posizione europea e quella americana. Siamo tutti uniti sull’obiettivo di ripristinare l’integrità territoriale dell’Ucraina ma senza forze armate potenti la base delle trattative ucraine con la Russia non sarà potente». Il presidente ucraino ha così esortato il mondo a fornire ulteriori aiuti al proprio Paese in termini di forze e di armi, per garantire una competitività anche sul tavolo dei negoziati con Mosca.
«I russi devono andar via, da noi nessun compromesso»
Il presidente ucraino ha ribadito l’intenzione di non indietreggiare: «I russi se ne devono andare e devono rispondere di quello che hanno fatto. Non possiamo accettare compromessi per la nostra indipendenza». L’obiettivo dichiarato da Zelensky è quello della pace e di «altre cose normalissime come il rispetto della sovranità, dell’integrità territoriale, delle tradizioni del popolo, della lingua». La priorità per il presidente ora è quella di «liberare i villaggi e le case, restituire al popolo ucraino quello che gli è stato saccheggiato».
(da agenzie)
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Maggio 12th, 2022 Riccardo Fucile TANTO PER RAMMENTARE CHE CERTE VICENDE NON SONO UNA NOVITA’
Una storia che risale al 2015 e che è tornata d’attualità in questi giorni, a causa della vicenda delle molestie avvenute durante l’adunata degli Alpini a Rimini.
Due uomini, infatti, sono accusati di violenza sessuale di gruppo su una minorenne, il fatto sarebbe accaduto durante l’88esima adunata degli Alpini a L’Aquila nel 2015.
I due avrebbero approfittato della ragazza, allora minore, conducendola in un luogo isolato.
Simona Giannangeli, rappresentante legale della vittima nel procedimento penale all’Aquila, ha sottolineato che è importante denunciare queste violenze. §
In primo grado gli imputati, di origine emiliana all’epoca 35enni, sono stati condannati a 4 anni di reclusione.
(da agenzie)
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Maggio 12th, 2022 Riccardo Fucile IL DEPUTATO SI ERA IMPEGNATO NEL DIPARTIMENTO SPORT: “NON MI INTERESSAVA LA POLTRONA, MA SALVINI NON HA MANTENUTO LA PAROLA”
Francesco Zicchieri, deputato di Alatri della Lega, vicepresidente a
Montecitorio e già dirigente regionale ha annunciato di voler lasciato la Lega e ha commentato così: “Con Salvini stamattina ci siamo scambiati alcuni messaggi, lui ha provato a dare le sue giustificazioni, ma io sono deluso dal punto di vista umano, lascio la Lega per questo, prima che per ragioni politiche”
La rottura con il partito la racconta così: “Sono rimasto di stucco, stamattina Salvini ha presentato il nuovo dipartimento dello Sport, affidato all’ex campione di volley Mastrangelo, io in quel dipartimento avevo speso tanto lavoro, ma nessuno mi ha riconosciuto nulla, sono prima di tutto colpito dal punto di vista umano”.
Zicchieri nega problemi di poltrone e posti “perché per me la Lega è la mia famiglia, e continuerà a esserlo, ma mi sento tradito nell’amicizia da parte di Salvini, che non ha mantenuto la sua parola, e ha mandato all’aria la nostra amicizia, che per me valeva più di ogni altra cosa”.
Ora Zicchieri chiederà l’ingresso nel gruppo Misto. “Non cerco altri partiti, quanto resta di legislatura mi vedrà in prima fila per la difesa del mio paese, per dare il mio apporto alla nazione”.
(da agenzie)
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Maggio 12th, 2022 Riccardo Fucile IN ITALIA C’E’ UN’IDEOLOGIA DEL PACIFISMO CONTRO LE ISTITUZIONI
Nel suo intervento a Otto e Mezzo, la professoressa di filosofia dell’Università di Utrecht Rosi Braidotti si scaglia contro “alcuni pacifisti”, definiti “aggressivi e prepotenti”.
“Non tutti – spiega alla conduttrice Lilli Gruber – ma questo elemento c’è. Molto forte sui social, dove in maniera anonima operano i cosiddetti pacifisti. Dico cosiddetti perché se uno è bellicoso e aggressivo come fa a dirsi poi pacifista, se il Papa ha ragione a dire che la cultura della pace è molto di più che l’assenza della guerra, uno se è pacifista dovrebbe avere un comportamento morale e mite, invece qui in Italia c’è un’ideologia del pacifismo, che è davvero un’arma di battaglia contro tutti gli opponenti politici ma anche contro le istituzioni”.
Viene inquadrato l’altro ospite in collegamento,il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio, che sembra fare una faccia stupita.
“E questa è una situazione molto italiana – prosegue Braidotti – che non esiste in altri paesi. Io sono cresciuta con i movimenti della pace, contro la guerra in Vietnam, siamo la generazione che ha lottato per la pace, sapendo che il pacifismo duro e puro è un’ideologia estremista difficile da sostenere”.
Poi la sua ricetta per raggiungere davvero la pace: “Allora io dico di guardare al progetto della pace, a come costruirla in maniera seria e pragmatica, ci vogliono delle riforme. Qui Draghi è molto bravo quando dice che dobbiamo riformare le istituzioni europee, delle fonti di energia. Quando dice che dobbiamo proteggere la libertà di stampa e di smetterla con i piagnistei contro l’Occidente e le democrazie. Quando parla di salvaguardare i nostri diritti civili, sociali, delle donne. Questi sono i progetti della pace, l’ideologia del pacifismo bellicoso non serve molto, al contrario è un ostacolo”.
(da agenzie)
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Maggio 12th, 2022 Riccardo Fucile LA DOCENTE DELLA “SAPIENZA” DISSACRA LA LOGICA OLTRE CHE LA LINGUA ITALIANA
La Treccani definisce il termine “annessione” come “modificazione del
modo di essere di uno stato, consistente nell’ampliamento del suo territorio a spese di parte o tutto il territorio di un altro stato”.
È un esempio di tentativo di annessione, quello che la Russia sta facendo con l’Ucraina: da tempo il regime di Mosca ha preso il controllo di un territorio di un altro Paese, la Crimea, e adesso sta provando a fare lo stesso con il Donbass. Soltanto la strenua resistenza del popolo e dell’esercito ucraino ha impedito al Cremlino di “annettere” l’intera nazione.
Ma per Donatella Di Cesare, editorialista e saggista italiana nonché professoressa di filosofia teoretica all’Università “La Sapienza” di Roma, “annessione” è un termine che si può utilizzare anche per descrivere l’ingresso volontario di Svezia e Finlandia nella Nato.
In barba alla lingua italiana (la Nato non è uno Stato, quindi la definizione non è calzante) e in barba alla logica: i due Paesi hanno scelto di tutelarsi alla luce delle violenze indicibili portate avanti dalla Russia in Ucraina, e una scelta libera non può essere fatta passare per una coercizione.
Ma per la docente, che spesso partecipa al dibattito dei talk show con posizioni molto simili a quelle del sociologo della Luiss Alessandro Orsini, questa mossa “sarebbe una escalation ulteriore, una sfida alla Federazione Russa, un atto di guerra mentre si finge di parlare di pace”. “Prima delle paure di svedesi e finlandesi – aggiunge su Twitter – c’è l’esigenza di una coabitazione dei popoli europei”.
Guardare il dito che indica la Luna
L’atto di guerra non è più quindi varcare un confine con un carro armato o bombardare un territorio, ma chiedere di entrare in un’alleanza difensiva. La stessa che, se avesse compreso anche l’Ucraina, avrebbe probabilmente scongiurato le recenti morti e i recenti orrori nel cuore dell’Europa. Se l’intero Tweet di Donatella Di Cesare potesse apparire sulla Treccani sarebbe utilizzato come definizione del modo di dire: “Guardare il dito che indica la Luna”.
(da NextQuotidiano)
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