Maggio 25th, 2022 Riccardo Fucile I NEONAZISTI CI SONO, MA COMBATTONO CON I RUSSI: SONO I MEMBRI DI “RUSSIAN IMPERIAL LEAGUE” E DI “RUSSITCH” TRA SVASTICHE E SALUTI NAZISTI
Denazificare l’ucraina con l’aiuto di gruppi militari e paramilitari
nazisti. Il paradosso della guerra russa è spiegato in un rapporto confidenziale dei servizi segreti tedeschi del Bnd, inviato la settimana scorsa al governo di Berlino: «Gruppi neonazisti e di estrema destra si sono affiancati all’armata russa per sostenerla nell’attacco all’Ucraina», si legge nelle sette pagine elaborate dagli 007 tedeschi e visionate dai giornalisti dello Spiegel.
Nello specifico si tratta di due formazioni «di matrice estremista di destra», ossia la Russian Imperial League ed il gruppo Russitch, che stanno combattendo in Ucraina contro le truppe di Kiev.
Secondo la valutazione degli analisti del servizio d’intelligence estero della Germania, la collaborazione di queste formazioni con l’esercito russo porta «la presunta motivazione del conflitto della cosiddetta denazificazione a rivelarsi come un’assurdità».
Sebbene non vengano indicati quanti miliziani neonazisti siano attualmente in azione in Ucraina, il documento dà indicazioni precise circa le attività delle formazioni in questione: per esempio la Russian Imperial League (Ril), considerato il braccio paramilitare del Russian Imperial Movement, sarebbe già intervenuta nei combattimenti. A detta dello Spiegel, il capo di quest’unità, tale Denis Garijev, il giorno successivo all’invasione aveva scritto su Telegram che «senza dubbio siamo favorevoli alla liquidazione dell’entità separatista dell’Ucraina». Negli anni 2014 e 2015 la Ril aveva combattuto nel Donbass. Poi, mentre ad inizio marzo Garijev aveva chiesto ai suoi «legionari” di avere ancora pazienza», poco dopo la Ril aveva annunciato la decisione di partecipare in prima linea ai combattimenti.
Stando al rapporto confidenziale del Bnd, sono stati coinvolti «soprattutto persone con esperienza militare» nonché individui usciti dal centro di addestramento ‘Partizan’ di San Pietroburgo.
Affermano gli analisti del Bnd che «non è chiaro» se la decisione di andare al fronte ucraino «sia avvenuta su appello o in condivisione con la leadership russa». Aggiunge il settimanale tedesco che Garijev sarebbe rimasto ferito in azione, lo stesso dicasi di almeno altri due miliziani di estrema destra.
Anche i membri di ‘Russitch’ sarebbero andati al fronte, e secondo alcune fonti avrebbero affiancato il gruppo dei mercenari del famigerato gruppo Wagner. Il rapporto del Bnd descrive questa formazione come «nota per la sua particolare brutalità», e avrebbe la fama «di non fare mai prigionieri».
Alcuni elementi di questo gruppo avrebbero partecipato anche al conflitto siriano. Nel documento del Bnd sono accluse anche alcune fotografie: una ritrae uno dei fondatori di Russitch, Aleksej M., con una bandiera della svastica, in un’altra si vede l’altro capo della milizia, Jan P., mentre mostra il saluto hitleriano.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Maggio 25th, 2022 Riccardo Fucile LA MELONI DICE CHE IL CAVALIERE E’ UNA “VITTIMA” (DELLA NIPOTE DI MUBARAK, CERTO)
Non solo la difesa dell’altro leader, già protetto nel week end quando dentro Forza Italia si sono agitate le acque, ma anche il carico da novanta nella finora sonnecchiante campagna per il Sì ai referendum sulla giustizia.
La richiesta di condanna a 6 anni di carcere per Silvio Berlusconi, accusato di corruzione in atti giudiziari nel processo Ruby Ter, da un lato ricompatta i capi dei partiti del centrodestra e dall’altro viene agitata come un manifesto da Matteo Salvini per spingere i quesiti referendari. Un connubio strumentale, visto che si voterà su aspetti della giustizia che nulla hanno a che vedere con la vicenda che riguarda l’ex presidente del Consiglio, sotto processo con l’ipotesi di aver pagato le donne che partecipavano alle serate del “bunga bunga” per mentire in aula.
“Altro processo, altra richiesta di condanna per Berlusconi per il ‘caso Ruby’. Ma basta, non se ne può più! 12 giugno, con i Sì ai Referendum la Giustizia cambia”, ha scritto Salvini sui suoi canali social.
Se è facilmente comprensibile per quale motivo parteggi ‘umanamente’ con l’alleato, resta il mistero dell’associazione con le 5 domande sulle quali dovrà esprimersi chi deciderà di recarsi alle urne.
Per mesi il leader della Lega si è “auto-imbavagliato” con pochissimi interventi sul tema, quindi la Lega ha parlato di “censure”. Ora sfrutta i guai giudiziari di Berlusconi per rilanciare il tema. Qualcosa avrebbe semmai potuto avere in comune, magari in caso di un’eventuale assoluzione, il quesito proposto, quello sulla responsabilità diretta dei magistrati, ma sul quale non si voterà perché dichiarato inammissibile dalla Corte Costituzionale.
Nessuna attinenza diretta né l’abolizione di una parte della legge Severino – già applicata per Berlusconi, condannato in via definitiva – men che meno quello che vorrebbe impedire di applicare le misure cautelari per il rischio di reiterazione dei reati visto che si è in fase dibattimentale, o ancora l’abolizione delle 50 firme per candidarsi al Csm, separazione delle carriere e il voto degli avvocati per la valutazione dei magistrati all’interno dei Consigli giudiziari.
Eppure per Salvini “con i Sì ai Referendum la Giustizia cambia”, insiste sui social.
Al fianco di Berlusconi si è schierata anche Giorgia Meloni definendo il leader di Forza Italia una “vittima” di “accanimento giudiziario senza precedenti”.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Maggio 25th, 2022 Riccardo Fucile MASSIMO FRANCO: “I DISTINGUO HANNO RIANIMATO LE DIFFIDENZE VERSO L’ITALIA. GLI AVVERTIMENTI SUL PATTO DI STABILITÀ SONO QUASI QUOTIDIANI. E RIMANDANO AL DEBITO PUBBLICO ESORBITANTE DEL NOSTRO PAESE”
Ora si aspetta di vedere quale sarà il prossimo argomento sul quale la
maggioranza sceglierà di dividersi. A occhio, l’invio di aiuti militari all’Ucraina rimane il pretesto preferito di M5S e Lega; ma ce ne saranno senz’ altro diversi. Le tensioni sulle misure che riguardano la concorrenza, considerate fino a due giorni fa potenziali bombe a orologeria per il governo, invece, sono di colpo rientrate.
Matteo Salvini lascia capire di avere strappato al premier Mario Draghi quanto voleva, o quasi. Già protesta per la mancata «pace fiscale». Ma la sensazione è che l’aut aut di Palazzo Chigi alla coalizione abbia sortito l’effetto voluto. Avvertendo i partiti che entro il 31 maggio la legge doveva essere approvata, se necessario ricorrendo alla fiducia, Draghi ha fatto capire che un’intesa era obbligatoria: sia sulle concessioni balneari, sulle quali Carroccio e berlusconiani bloccavano tutto da mesi; sia sulla riforma del catasto, chiesta dalla Commissione europea.
D’altronde, già da ieri mattina tutti insistevano sul fatto che «il governo non cadrà». L’affermazione tradiva l’incertezza creata artificiosamente nei giorni precedenti: al punto da evocare una crisi di governo surreale mentre è in atto la guerra della Russia contro l’Ucraina.
Lo scambio di accuse tra il segretario del Pd, Enrico Letta, e Salvini è il riflesso del nervosismo dentro la maggioranza; con Letta pronto a additare la Lega come sabotatrice del governo, mentre il grillino Giuseppe Conte, alleato della sinistra, non punterebbe a una crisi. E con Salvini pronto a scaricare invece su M5S e vertice del Pd la tentazione di una rottura. Scoperto quello che appare l’ennesimo bluff, tuttavia, la situazione rimane confusa. E i distinguo e gli scarti di una parte della coalizione hanno rianimato le diffidenze, fondate oppure gonfiate, verso l’Italia.
I duecento miliardi di euro del Piano per la ripresa che debbono arrivare dall’Europa hanno reso la Commissione Ue più esigente sulle riforme che il governo deve approvare. Gli avvertimenti sul Patto di stabilità sono quasi quotidiani. E rimandano al debito pubblico esorbitante del nostro Paese.
Non solo. Perfino rispetto alle sanzioni contro la Russia dopo l’aggressione all’Ucraina, la Farnesina è stata costretta a precisare che l’Italia le appoggia. «Non mettiamo nessun tipo di veto sulle sanzioni per l’import di petrolio dalla Russia», ha detto il ministro degli Esteri grillino, Luigi Di Maio, smarcandosi da Conte. Ma in Senato, una strana saldatura tra M5S e la destra d’opposizione di FdI ha tentato di forzare la mano chiedendo che Draghi si presenti in Parlamento domani, prima della riunione del Consiglio europeo. Manovra fallita, ma in un alone di opacità sul futuro del governo.
(da il Corriere della Sera)
argomento: Politica | Commenta »
Maggio 25th, 2022 Riccardo Fucile UN BAMBINO L’HA INSULTATA IN SPIAGGIA – “QUEL BIMBO NON HA COLPE, MA GRAZIE ALLA SUA MAMMA, RAPPRESENTA UNA PARTE DELLA SOCIETÀ OSTILE ALLA DIVERSITÀ, INDIFFERENTE AL DOLORE”
Luca e Alba, padre e figlia giocano in spiaggia. C’è un altro bambino che si diverte con loro sulle giostrine.
Alba ha 5 anni ed è affetta da sindrome di Down, il papà è Luca Trapanese assessore al Welfare del Comune di Napoli.
La storia (triste): il bambino si rivolge alla compagna di giochi e, dopo averla osservata con insistenza, le dice: «Sei brutta e malata, l’ha detto la mia mamma». La spiaggia è quella di Scauri sul litorale pontino, lì ci sono tante famiglie con bambini piccoli che approfittano del sole e della libertà di una domenica all’aperto.
L’assessore ascolta le parole del bambino, prova dissimulare la sua fragilità rispetto ad un commento del genere («ci sono rimasto di pietra, ero impreparato», dice) e prova a spiegare all’amichetto di sua figlia che Alba, la bimba che ha adottato nel 2017 dopo che era stata rifiutata da sette famiglie, «non è malata, ma ha soltanto un deficit».
Cerca di essere naturale, evita che sua figlia ascolti una conversazione che potrebbe turbarla ulteriormente. I piccoli continuano a giocare, l’offesa resta impressa nel cuore e soprattutto nella testa di un papà single che ha scelto Alba tra tanti bambini, proprio perché down.
E quindi rende pubblica la storia: «Non sapevo nemmeno cosa rispondere, perché mia figlia non è malata e la sua disabilità non la invalida dall’essere una bambina felice, oltre ad essere oggettivamente bella. Quel bimbo non ha colpe, ma grazie alla sua mamma, rappresenta una parte della società ostile alla diversità, indifferente al dolore. Il messaggio che vorrei passasse è che avere una figlia down non è una disavventura ma una opportunità, perché la vita perfetta non esiste, mentre oggi siamo completamente circondati da stereotipi di perfezione per i quali i nostri figli devono sperare di essere i migliori, mentre l’importante è che siano felici».
Dopo l’episodio in spiaggia, però, Trapanese riceve una testimonianza di tutt’ altra natura. «Lunedì pomeriggio mi arriva una foto di Alba con Arturo, un suo compagno di classe con questo messaggio: “Grazie a te e ad Alba…lei riesce a sfiorargli le mani…e il cuore”». È un segnale di speranza.
«È tutto nelle mani di noi genitori – osserva l’assessore al Welfare -, i disabili saranno soli se noi decidiamo di lasciarli soli. Posso rendere Alba la bambina più abile del mondo, «le posso garantire le migliori terapie, cercare per lei la scuola più preparata, ma se non sarà accolta dalla società come una persona e non come una handicappata il mio lavoro è stato del tutto inutile».
Luca Trapanese alla figlia ha dedicato il libro dal titolo Alba. Ditemi che è bella firmato dalla scrittrice napoletana Patrizia Rinaldi con l’illustratrice Francesca Assirelli. Un’operazione editoriale che intende avvicinare i bambini al concetto di disabilità, sfatando i pregiudizi attraverso un approccio giocoso.
Il tema è all’ordine del giorno alla Camera dei deputati, ed è il presidente Roberto Fico a soffermarsi sull’episodio: «Le barriere architettoniche e culturali sono ostacoli contro i quali combattono le persone con disabilità e le loro famiglie. E lo fanno ogni giorno. Lo dimostra il triste episodio che ha riguardato Luca Trapanese: a lui e a sua figlia Alba va un abbraccio».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Maggio 25th, 2022 Riccardo Fucile LA RETE NON DIMENTICA … E’ IL VENTO DEL CAMBIAMENTO DI IDEE
La fuoriuscita, con annessa polemica, di Dino Giarrusso dal
MoVimento 5 Stelle ha riaperto il capitolo degli addii all’interno del partito guidato da Giuseppe Conte.
L’europarlamentare, però, ha annunciato che non intende dimettersi dal suo ruolo a Bruxelles perché deve mantener fede agli impegni presi con i cittadini che lo hanno votato (quando faceva parte del mondo pentastellato). La memoria perpetua dei social e di internet, però, racconta di una narrazione diversa fatta dallo stesso ex inviato de “Le Iene” in altre occasioni, quando il protagonista dell’addio non era lui.
Era il 6 dicembre del 2020 e Dino Giarrusso aveva raccolto in un video il suo pensiero su chi “tradisce il mandato” lasciando il MoVimento 5 Stelle dopo esser stato votato ed eletto tra i pentastellati. E utilizzava toni forti e critiche accese.
“Chi lascia il M5S non può pensare di rimanere in Parlamento a fare forte i nostri avversari dopo essere stato eletto col nostro simbolo: si deve dimettere e ripresentare alle elezioni con il partito che più lo rappresenta.
Cambiare idea è lecito, PRENDERE IN GIRO I CITTADINI NO! Lo abbiamo sempre detto, e su questo NON SI CAMBIA IDEA! Lo abbiamo detto SEMPRE, e la regola VALE PER TUTTI, SENZA ECCEZIONI: CHI TRADISCE IL MOVIMENTO DEVE ANDARE A CASA!!”
Una regola che “vale per tutti, senza eccezioni” e che hanno “detto sempre”. Perché cambiare idea è legittimo, ma prendere in giro gli elettori che hanno votato una persona anche per il partito di appartenenza è sbagliato.
Ora, però, è Dino Giarrusso ad aver abbandonato il MoVimento 5 Stelle e non ha alcuna intenzione di dimettersi dal ruolo di europarlamentare. E se nel 2020 criticava coloro i quali erano contrari alle dimissioni, oggi cambia tutto: “Non mi dimetto, il Movimento con cui sono stato eletto non è quello di oggi. Starò dove mi hanno mandato i miei elettori”.
Il vento del cambiamento. Di idee.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Maggio 25th, 2022 Riccardo Fucile PER FALSA TESTIMONIANZA CHIESTI 2 ANNI PER CARLO ROSSELLA E 1 ANNO E 4 MESI A MARIA ROSARIA ROSSI… PER LE EX OLGETTINE RICHIESTE DI CONDANNA FINO A 5 ANNI
Arrivano le richieste di condanna della Procura di Milano nel processo milanese sul caso Ruby ter a carico di Silvio Berlusconi e altri 28 imputati, tra cui una ventina di cosiddette ‘ex olgettine’, ex ospiti alle serate di Arcore che sarebbero state pagate, per l’accusa, per dire il falso nei processi sul caso Ruby.
Il procuratore aggiunto di Milano Tiziana Siciliano e il pm Luca Gaglio hanno chiesto una condanna a 6 anni di reclusione per Silvio Berlusconi imputato per corruzione in atti giudiziari nel processo sul caso Ruby ter.
Cinque anni di reclusione è la richiesta avanzata dal procuratore aggiunto di Milano Tiziana Siciliano e dal pm Luca Gaglio nei confronti di Karima El Mahroug, ovvero l’ormai ex ‘Ruby rubacuori’ accusata di falsa testimonianza e corruzione in atti giudiziari, nella parte finale della requisitoria del processo milanese sul caso Ruby ter.
Tra le richieste quella di condannare Maria Rosaria Rossi, senatrice ed ex fedelissima del Cavaliere, a 1 anno e 4 mesi per falsa testimonianza. Accusa contestata anche al giornalista Carlo Rossella per il quale sono stati chiesti 2 anni.
Chieste condanne fino a 5 anni per venti ragazze, ex ospiti delle serate di Arcore, il cui silenzio sarebbe stato comprato dall’ex premier. Chiesti 6 anni e 6 mesi per Luca Risso, ex compagno di Ruby. Da assolvere, per i pm, solo Luca Pedrini.
Ci sono elementi e prove, aveva spiegato il pm nella lunga requisitoria, “che dimostrano che già dal 2011”, prima che le giovani testimoniassero in aula, “esisteva un accordo corruttivo” tra l’ex premier e le ragazze “volto ad ottenere le false testimonianze di tutte le testimoni dei Ruby 1 e 2”
Ruby ter, la requisitoria: “Alle ragazze 2.500 euro al mese e una casa per il loro silenzio”
“A queste ragazze è stato assicurato che sarebbero state a posto sia come reddito, con un mensile da 2.500 euro, sia per un tetto, una casa, un alloggio”. Lo ha affermato il pm di Milano Luca Gaglio nella seconda parte della requisitoria, iniziata oggi dopo l’udienza di una settimana fa, nel processo milanese sul caso Ruby ter a carico di Silvio Berlusconi e altri 28 imputati, tra cui una ventina di cosiddette ‘ex olgettine’, ex ospiti alle serate di Arcore che sarebbero state pagate, per l’accusa, per dire il falso nei processi sul caso Ruby. Requisitoria che oggi si chiuderà con le richieste di condanna.
Ci sono elementi e prove, ha spiegato il pm, “che dimostrano che già dal 2011”, prima che le giovani andassero a testimoniare in aula, “esisteva un accordo corruttivo” tra l’ex premier e le ragazze “volto ad ottenere le false testimonianze di tutte le testimoni dei Ruby 1 e 2”. Le giovani venivano “pagate anche per rendere interviste ai media non diverse da quelle in tribunale”.
“Vi è stato un accordo per le false testimonianze e si deve comprendere nel pacchetto anche la soluzione aggiuntiva di non rilasciare interviste ai media in senso contrario a quelle rese davanti ai giudici”, ha aggiunto il pm che parlerà ancora per alcune ore, prima di chiedere le condanne.
La tesi difensiva, invece, è che le ragazze fossero state risarcite per la loro reputazione compromessa dopo lo scandalo delle serate a Villa San Martino. Per la Procura, invece, l’accordo corruttivo fu stretto “embrionalmente” nel gennaio 2011 con l’ormai nota riunione ad Arcore tra Berlusconi, i suoi legali e le ragazze, dopo le perquisizioni dei pm per il caso Ruby 1.
Gaglio ha ricordato anche che “alcune di queste imputate avevano l’aspettativa di ricevere un alloggio in proprietà” e non in affitto e ha ricordato il ‘pressing’ delle giovani che andavano ad Arcore, davanti alla villa dell’ex premier, e telefonavano al ragioniere di fiducia del Cavaliere, il ragioniere Giuseppe Spinelli per avere soldi.
Ruby Ter, il pm: “Berlusconi foraggiava le spese di Karima ma lei era inaffidabile
“Le centinaia di migliaia di euro che Karima spendeva le venivano consegnate, tramite il suo legale Luca Giuliante, da Berlusconi; lei più di così non poteva spendere, più di così c’era solo buttare i soldi dalla finestra. Soffre in quel periodo di una vera e propria compulsione a spendere”. Lo ha spiegato il pm di Milano Luca Gaglio nella requisitoria del processo sul caso Ruby ter a carico di Silvio Berlusconi, della stessa Ruby, di Giuliante e altri 26 imputati.
Il pm ha ricordato molte delle prove già agli atti sul ritmo di spesa di Ruby ‘foraggiatò dall’ex premier, tra cui “i taxi da Genova a Milano, ristoranti e gli alberghi di lusso, dove spendeva anche 1.400 euro in una notte, gli champagne più costosi anche con le scritte fluorescenti”.
In quel periodo Karima El Mahroug, secondo il pm, “è come le persone che vincono la lotteria e prima spendono, spendono, poi arriva la depressione e anche il rischio suicidio è alto”.
“Karima era inaffidabile – ha detto ancora Gaglio – e il progetto era non farla testimoniare ed è stata fatta volare via per non farla testimoniare”. In particolare, tra dicembre 2012 e gennaio 2013, quando avrebbe dovuto deporre nel processo Ruby 1 (Berlusconi fu poi assolto in via definitiva). Ruby, ha spiegato il pm, “si incontrò con Maria Rosaria Rossi”, senatrice, ex fedelissima del Cavaliere e imputata anche lei, “e ricevette i soldi per andare in Messico”, assieme all’allora fidanzato, anche lui imputato.
Ruby ter: il pm paragona Karima alla “moglie di Mario Chiesa”
“Ricordate la moglie di Mario Chiesa che va a vuotare il sacco? Ruby esplode nel 2014”. Così il pm Luca Gaglio, nella requisitoria sul caso Ruby ter, ha paragonato la moglie dell’ex presidente del Pio Albergo Trivulzio (il cui arresto diede il via a Tangentopoli) a Karima El Mahroug che “esplose” quando scoprì “il tradimento” dell’allora fidanzato Luca Risso. E che, dunque, nei messaggi agli atti delle indagini in quel periodo non faceva “che ripetere che nulla era stato intestato, ma i soldi erano suoi”, quelli investiti in Messico e, secondo l’accusa, a lei versati da Silvio Berlusconi, attraverso l’allora compagno, accusato di riciclaggio.
Il pm, infatti, nella requisitoria ha ricostruito anche il tema di quei soldi che sarebbero arrivati fino in Messico e coi quali Ruby e Risso avrebbero messo in piedi un ristorante con annesso pastificio a Playa del Carmen e acquistato anche alcuni appartamenti. Denaro, secondo le indagini, passato per Francoforte e Lugano. “C’è la prova di un bonifico da 300mila euro che ha come beneficiario Luca Risso”, ha detto Gaglio, spiegando che tra dicembre 2013 e gennaio 2014 il telefono di Risso agganciò più volte la cella telefonica di Arcore
Processo Ruby Ter, il pm: “Le ragazze chiedevano casa a Berlusconi, ma critiche sulle zone di Milano”
Per le ragazze ospiti delle feste di Arcore lo ‘stipendio’ di “2500 euro al mese è la metà della promessa” fatta da Silvio Berlusconi in cambio del loro silenzio con i magistrati milanesi che stavano indagando sul caso Ruby, perché “manca la casa”. È quanto ha detto il pm Luca Gaglio in un passaggio della sua requisitoria al processo Ruby ter, sottolineando però che “le ragazze sono molto moto critiche sulle zone di Milano” che vengono loro proposte.
Emblematico è il caso di Barbara Guerra, che dal 2012 al 2014 cerca un appartamento idoneo per lei, anche con l’aiuto dell’architetto Ivo Redaelli, amico di famiglia di Silvio Berlusconi, che diventa “una vittima sacrificale” della ragazza e di altre giovani e viene subissato di richieste, come il ragionier Giuseppe Spinelli, contabile di Silvio Berlusconi, a cui le ragazze si rivolgono di continuo pretendendo danaro.
“Se le ragazze stanno male, hanno accesso diretto al professor Zangrillo e al San Raffaele”, chiarisce il pm. “Tutto quello che Berlusconi può fare poco sforzo, lo fa. Per le case, invece, la situazione è più complessa”. Gli immobili, infatti, non vengono intestati alle ragazze ma concessi in comodato d’uso. Soluzione che scontenta tante di loro, tra cui Barbara Guerra che aveva chiesto una casa in Brera ma a cui è stato assegnato un appartamento all’Arco della Pace nello stesso palazzo di un’altra ragazza. “Barbara Guerra non è contenta della casa all’Arco della Pace, ci va ma non è contenta – ha aggiunto il pm – : dice che è una zona di discoteche, un po’ buia e con brutta gente”.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Maggio 25th, 2022 Riccardo Fucile LA PARTITA È APERTA TRA IL CANDIDATO DI CENTRODESTRA ROBERTO LAGALLA E QUELLO DEL CENTROSINISTRA E DEL M5S FRANCO MICELI, SEPARATI DA UN 2,5% (39,9% A 37,4%)
Sono quasi 9 milioni gli elettori chiamati al voto alle elezioni che si
terranno domenica 12 giugno in 978 Comuni, di cui 26 capoluoghi di provincia e 4 di regione. Prima che scatti il divieto di pubblicazione dei sondaggi previsto per legge analizziamo il clima sociale e politico nei due Comuni al voto più popolosi, Palermo e Genova, iniziando dalla Sicilia.
A Palermo volge al termine il secondo mandato di Leoluca Orlando, che vanta una lunga esperienza alla guida della città, iniziata nell’85 e proseguita per altri 4 mandati per complessivi 22 anni.
I giudizi che i palermitani esprimono sull’amministrazione uscente non sono affatto lusinghieri: solo uno su quattro (27%) dà almeno la sufficienza (voto da 6 a 10), contro il 71% che risulta critico (voto da 1 a 5) e, tra questi, il 41% dà un voto tra 1 e 3.
La graduatoria delle priorità della città aiuta a comprendere le ragioni della bocciatura: al primo posto si colloca con il 51% delle citazioni, il tema della raccolta e della gestione dei rifiuti che rappresenta un’emergenza e viene citato al primo posto da quasi tutti i segmenti sociali (con un picco più elevato tra i residenti nella zona sud), e dai diversi elettorati, con l’eccezione di quelli indecisi su quale candidato sindaco votare.
Al secondo posto ci sono il traffico, la viabilità e il trasporto pubblico locale (35%), seguiti da lavoro e occupazione (34%) e dal decoro urbano (28%), strettamente connesso alla pulizia della città. Citazioni più contenute per i servizi pubblici e la burocrazia (14%), le infrastrutture (13%), l’ambiente (12%), il degrado sociale (12%), la sicurezza (11%) e la situazione economica (10%).
Alla competizione elettorale sono in gara 6 candidati sindaco, il più conosciuto dei quali risulta Fabrizio Ferrandelli (63%), che fu il principale avversario di Orlando nel 2017 quando si presentò sostenuto dal centrodestra, mentre oggi è il candidato di Azione/+Europa e di due civiche. A seguire il candidato del centrodestra Roberto Lagalla (conosciuto dal 61%) e quello del centrosinistra e del M5S Franco Miceli (58%). Rita Barbera (Potere al Popolo) e Francesca Donato (Rinascita Palermo) sono conosciute rispettivamente dal 45% e dal 42%, mentre Ciro Lomonte è meno noto (35%).
Dal sondaggio odierno si delinea una partita a due tra Lagalla e Miceli, al momento separati da un 2,5% (39,9% a 37,4%). Il ballottaggio è previsto solo nel caso in cui nessuno dei candidati superi il 40% dei voti validi, dunque sulla base delle stime odierne l’incognita non riguarda solo il nome del vincitore del primo turno, ma anche la possibilità del ballottaggio. Al terzo posto c’è Ferrandelli (10,1%), quindi Barbera (5,6%) Donato (4,8%) e Lomonte (2,2%).
Quanto alle intenzioni di voto per le liste, il M5S è al primo posto con il 17,1% e precede il Pd (16,1%), FdI (10,9%), FI (9,9%) e la Lega che corre a Palermo con la denominazione Prima l’Italia (6%). Le liste che sostengono Lagalla si attestano al 41,8%, quelle in appoggio a Miceli al 39,9%.
Se si andasse al ballottaggio tra Lagalla e Miceli, al momento il primo prevale con 53,2% a 46,8%. E sebbene la maggioranza relativa dei palermitani (43%) non sia in grado di fare previsioni sul vincitore, Lagella prevale su Miceli anche nei pronostici dei cittadini (32% a 16%) e può contare su un ottimismo maggiore del proprio elettorato (84%) rispetto a quello dell’avversario (55%).
Partita aperta dunque, con un leggero vantaggio del candidato di centrodestra che sfiora l’elezione diretta. Ma quasi un palermitano su due (47%) non intende andare a votare o si dichiara indeciso e, in assenza di un vantaggio netto, l’incognita dell’astensione potrebbe modificare lo scenario.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Maggio 25th, 2022 Riccardo Fucile “DIO SALVI LE PERSONE DA QUESTA CULTURA ORTODOSSA”
Non è diplomatico e non le manda a dire: ”Colui che permette l’omicidio e lo stupro, diventa di persona un assassino e uno stupratore. Sullo sfondo dell’analisi, dell’individuazione di questi crimini contro l’umanità, particolarmente eclatante è il discorso di ieri del capo della Chiesa ortodossa russa nel Cremlino, alla conferenza sul tema dell’istruzione”. Lo ha detto l’arcivescovo di Kiev Sviatoslav Shevchuk nel 90 esimo giorno di guerra in Ucraina.
”Il patriarca Kirill – ricorda – ha invitato, tra l’altro, gli insegnanti dei fondamenti della cultura ortodossa a educare i bambini seguendo gli esempi dei cosiddetti eroi che oggi combattono in Ucraina. Dei cosiddetti eroi che oggi difenderebbero la Russia con le armi in mano. Il patriarca probabilmente non ha detto quali esempi intende in particolare”.
”Oggi, sentendo le grida, il pianto delle anime ferite in Ucraina,udendo la voce di sangue innocente, donne, bambini, uomini assassinati innocenti, si innalza dalla terra a Dio, dal cuore di una persona comune, il pianto: “Dio, salva e proteggi tutte le persone da questa cultura ortodossa!”, l’invocazione di Shevchuk.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Maggio 25th, 2022 Riccardo Fucile NELLE SEGRETERIE DEI PARTITI SI È PRESO ATTO CHE CONTINUARE A TIRARE LA CORDA SUL PNRR È PERICOLOSO. IN BALLO CI SONO 200 MILIARDI PER IL FUTURO DELL’ITALIA E FARLI SALTARE SAREBBE PURA FOLLIA
L’avvertimento di Mario Draghi ai recalcitranti partiti della sua
maggioranza ha prodotto qualche primo effetto. Non tutte le tensioni si sono allentate, anzi, ma almeno il capo del governo è riuscito a imprimere un’accelerazione a una riforma cruciale come la concorrenza, che rischiava di saltare per il gioco al rialzo dell’ala destra della maggioranza. E domani il presidente riunirà il Consiglio dei ministri per chiedere a tutta la squadra di governo di «correre sui progetti del Pnrr», perché le scadenze vanno rispettate. Il sottosegretario alla presidenza Roberto Garofoli, che due giorni fa spronava a evitare «battute d’arresto, passi falsi e distrazioni», informerà i ministri sullo stato di avanzamento del piano:
«Sono 15 le riforme e 30 gli investimenti che verranno realizzati entro il 30 giugno 2022, come previsto dalla tabella di marcia del Pnrr e che consentiranno all’Italia di ricevere 21 miliardi di euro». Ed entro il 31 dicembre bisognerà centrare il bersaglio del disegno di legge sulla concorrenza, decreti attuativi compresi.
È un dossier delicato e divisivo, ma dopo giorni di veti e moniti, la giornata di ieri ha segnato una distensione. La riunione di maggioranza non è finita in rissa e il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, ha lodato i gruppi per il «clima molto collaborativo» e il «grande lavoro svolto».
La buona novella sta scritta nel calendario di Palazzo Madama. La riunione dei capigruppo ha fissato al 30 maggio l’approdo nell’Aula del Senato del disegno di legge, persino in anticipo rispetto all’ultimatum di Draghi che aveva indicato il 31 maggio. Grazie anche allo sprone della lettera del premier alla presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati, il voto si terrà il giorno stesso. E se la schiarita delle ultime ore non è un miraggio, non servirà il ricorso alla fiducia.
ra l’arma finale, poggiata metaforicamente sul tavolo dal premier durante quel Consiglio dei ministri lampo, 8 minuti appena, convocato per mettere i partiti davanti alle loro responsabilità: approvare una riforma chiave alla quale è legato il destino del Pnrr, o staccare la spina al governo. «O si chiude subito un accordo, oppure chiederò al Senato di votare il testo attuale e voi deciderete come comportarvi», aveva ammonito Draghi.
L’avviso in bottiglia è arrivato ai naviganti, tanto che Enrico Letta, dopo aver drammatizzato quanto e più di Draghi, allunga la vita al governo prevedendo che «non cadrà sui balneari o sul catasto». Persino Matteo Salvini, a Porta a Porta, ha spazzato via qualche nube dal cielo di Palazzo Chigi: «Sui balneari bisogna lavorarci su, ma sono fiducioso». D’altronde il leader della Lega, che gareggia con Giorgia Meloni per il titolo di paladino delle spiagge a pagamento, sa bene che la fiducia farebbe cadere tutte le modifiche al testo, anche soluzioni apprezzate dalla categoria.
Nelle segreterie dei partiti si è preso atto che continuare a tirare la corda su provvedimenti legati al Pnrr è un gioco pericoloso. In ballo non c’è solo il destino del governo, ci sono 200 miliardi per il futuro dell’Italia e farli saltare per convenienze elettorali sarebbe pura follia. L’accordo sulle aziende balneari ancora non c’è, ma gli addetti ai lavori assicurano che «è vicino». L’Europa ci chiede di riformare fisco e concorrenza, la spinta per un compromesso è forte e arriva anche dal Quirinale, da cui si guarda con preoccupazione alle tensioni che agitano la maggioranza.
Il resto lo ha fatto Draghi, ignorando gli strepiti di Lega e Forza Italia e chiudendo a ogni ipotesi di stralcio della questione balneari. Richiesta che a Palazzo Chigi è stata giudicata semplicemente «assurda». E se Salvini voleva prorogare al 2025 la conclusione delle gare, il governo ha blindato il limite del 2024 concedendo che la deroga sia valutata caso per caso. «Siamo vicini all’accordo, ma serve ancora un po’ di tempo – vede la luce il viceministro Gilberto Pichetto Fratin -. A forza di limature e mediazioni tra posizioni anche molto diverse dovremmo essere in dirittura d’arrivo».
A Palazzo Chigi non si esulta, ma c’è un filo di fiducia in più per la «ritrovata collaborazione» tra i partiti e il governo. E c’è un nuovo gruppo di dieci senatori a sostegno di Draghi, Italia al centro. Raccontano che lunedì, al termine dell’incontro con Marin, Romani, Quagliariello e Toti, uno di loro l’abbia buttata lì: «Presidente, dovrebbe restare anche dopo il voto del 2023…». Ma il «no grazie» di Draghi è arrivato a tempo di record: «La mia esperienza a Chigi finirà con questo governo».
(da il Corriere della Sera)
argomento: Politica | Commenta »