Maggio 27th, 2022 Riccardo Fucile
ORMAI RASCHIA IL FONDO DEL BARILE… MA NEL MONDO C’E’ SEMPRE QUALCHE MERCENARIO DA METTERE A LIBRO PAGA
Sotto le armi fino a cinquant’ anni. È la risposta di Vladimir Putin alle pesanti perdite subite dalle sue forze in tre mesi di guerra in Ucraina.
Il parlamento russo ha approvato una legge che alza l’età massima per servire nell’esercito dai 40 ai 50 anni. Non significa che tutti gli uomini fino a quella età saranno costretti a indossare l’uniforme e andare a combattere nel Donbass: è soltanto, per il ministero della Difesa, la possibilità di arruolare volontari cinquantenni, a contratto, ovvero stipendiati.
Non si tratta dunque della mobilitazione generale, che secondo alcune indiscrezioni sarebbe stata annunciata dal capo del Cremlino nel discorso del 9 maggio per la parata sulla Piazza Rossa, nell’anniversario della vittoria nella Seconda guerra mondiale.
Una misura del genere avrebbe rivelato al Paese che l’invasione del vicino non è una “operazione militare speciale”, com’ è obbligatorio chiamarla in Russia, bensì un’autentica guerra.
E una leva di massa per gli adulti di ogni età sarebbe stata uno strumento rischioso, capace di allargare il dissenso popolare verso il conflitto: a nessuno piace armarsi e partire per il fronte, specie a chi ha passato da un pezzo gli anni del servizio militare e ha già un lavoro, una famiglia.
Ma l’iniziativa lanciata da Mosca sembra una mobilitazione strisciante, una leva nascosta, per reagire ai 20 mila morti e al numero ancora più grande di soldati feriti e fatti prigionieri dal 24 febbraio a oggi: in tutto pari a un terzo della forza di invasione di 150 mila uomini, secondo l’intelligence occidentale.
Nel momento in cui l’offensiva nel Donbass, dopo settimane di bombardamenti, raggiunge l’apice, Putin ha bisogno di fanteria da mandare all’attacco dietro i letali carri armati Terminator.
Evidentemente i rinforzi forniti dalle squadre della morte cecene, dai mercenari del Gruppo Wagner e dai presunti volontari siriani non bastano. Perciò servono i russi. Anche quelli fino a 50 anni.
La giustificazione del provvedimento, offerta dal ministro della Difesa Sergej Shoigu, fa sorridere: «Per l’uso di armi di precisione occorrono specialisti altamente professionali. L’esperienza dimostra che si diventa tali a un’età fra i 40 e i 45 anni».
Come se un commando di 30 anni non sapesse sparare o lanciare un razzo, mentre un ipotetico Ivan 45enne, disposto a lasciare il divano di casa per andare alla guerra, fosse più affidabile.
Fino a ieri, l’età per servire nelle forze armate era tra i 18 e i 40 anni per i cittadini russi, tra i 18 e i 30 per gli stranieri.
«Abbiamo bisogno di rafforzare l’esercito », commenta Vyacheslav Volodin, presidente della Duma, la camera bassa del parlamento di Mosca, per poi aggiungere, con toni enfatici da propaganda dell’era sovietica: «Il nostro comandante supremo», ovvero Putin, «sta facendo tutto il possibile per permettere all’esercito di vincere e incrementarne l’efficacia ».
Molti giovani delle grandi città della Russia occidentale rinviano o evitano il servizio militare grazie agli studi universitari o a bustarelle. La maggior parte dei soldati mandati i n Ucraina sono giovani coscritti provenienti dalla Siberia. Adesso potrebbero trovarsi al fianco di uomini dell’età dei loro padri, se qualcuno è disposto a rispondere alla chiamata alle armi per i cinquantenni.
(da agenzie)
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Maggio 27th, 2022 Riccardo Fucile
ITALEXIT SALE AL 4,5%… CALA IL CONSENSO PER IL GOVERNO
Il mese di maggio è stato piuttosto turbolento nel rapporto tra alcuni
partiti della maggioranza e il governo e ciò ha avuto il duplice effetto di far registrare la flessione sia nel gradimento del governo, sia del consenso per i partiti che hanno espresso posizioni critiche riguardo all’esecutivo, dall’invio delle armi all’Ucraina al decreto concorrenza, dalla riforma del catasto al termovalorizzatore in provincia di Roma. E potremmo continuare.
La conflittualità nella maggioranza determina nell’opinione pubblica la convinzione che venga penalizzata l’azione del governo e i partiti siano più intenti a salvaguardare i propri interessi rispetto a quelli del Paese, soprattutto in una fase complessa come quella che stiamo vivendo. Ne consegue che l’indice di gradimento dell’operato del governo e del presidente Draghi fa segnare una flessione di tre punti rispetto ad aprile, attestandosi rispettivamente a 55 e 58 e riportandosi sui valori dell’aprile dello scorso anno, quando ancora non si erano visti gli effetti della campagna vaccinale con il conseguente progressivo ritorno alla normalità.
Quanto agli orientamenti di voto, le due forze politiche che si sono maggiormente distinte nelle critiche al governo, Lega e M5s, fanno segnare un arretramento di oltre un punto.
Nella graduatoria dei partiti troviamo al primo posto Fratelli d’Italia e Pd, entrambi in crescita ed appaiati al 21%, seguiti dalla Lega che scende al 15,1% (-1,4%) e dal M5S che si attesta al 13,7% (-1,3%).
Per entrambe le forze politiche si tratta del livello più basso registrato nell’intera legislatura.
Al quinto posto si colloca Forza Italia con l’8,3% (in flessione dello 0,5%), alle prese con qualche tensione interna riguardante soprattutto il ruolo dell’Italia nello scenario bellico.
A seguire, continua il trend di crescita di Italexit, oggi al 4,5%, che attrae gli elettori delusi soprattutto della Lega e del M5s, quindi la Federazione Azione/+Europa con il 3,2%. Tutte le altre forze politiche si collocano al di sotto della soglia del 3% mentre il «partito» degli indecisi e degli astensionisti aumenta di un punto, raggiungendo il 41%.
Sulla base delle stime odierne si conferma il testa a testa tra il cosiddetto «campo largo» (46,2%) e il centrodestra (44,4%); quest’ultimo continua a prevalere sul centrosinistra (32,5%) e sull’alleanza giallorossa (38%), pur riducendo il vantaggio rispetto ad aprile.
Riguardo al gradimento dei leader, Giorgia Meloni si conferma al primo posto con un indice pari a 36 (+1), seguita da Conte che fa segnare una flessione di due punti (indice 32) e da Speranza (31) in calo di 3 punti, da ricondurre prevalentemente alla minore enfasi mediatica sul Covid nel mese di maggio.
A seguire Berlusconi (27), Letta e Bonino (appaiati a 26), Paragone (25) e Salvini che viene raggiunto da Toti a 24. Gli altri leader fanno registrare una flessione da attribuire più alla minore visibilità nel corso del mese che a critiche particolari. Da notare l’aumento di due punti di Renzi (15) che si riporta sui valori di febbraio.
Lo scenario odierno fornisce qualche elemento di riflessione sul rapporto tra opinione pubblica e partiti. In un clima sempre più caratterizzato da una forte preoccupazione per le conseguenze economiche del conflitto in atto che vanno ad aggiungersi all’aumento delle diseguaglianze che si è determinato dopo più di due anni di pandemia, la maggioranza dei cittadini esprime l’auspicio che un governo di unità nazionale, costituito da una maggioranza anomala, nella quale sono presenti forze politiche antagoniste tra loro, faccia uscire il Paese dalle difficoltà esistenti.
Non mancano certamente elementi di contrarietà rispetto all’operato dell’esecutivo da parte di una minoranza non trascurabile della popolazione e soprattutto dei ceti meno abbienti, ma nella percezione comune, la conflittualità politica ostacola l’azione del governo, soprattutto nei momenti di emergenza.
In altri termini, dai partiti e dai leader ci si aspettano critiche ma non conflitti. È un problema di misura, mancando la quale ci rimettono (quasi) tutti: simul stabunt simul cadent. Con le elezioni amministrative e il referendum alle porte e le elezioni politiche tra meno di un anno è forte la tentazione di raggranellare consenso esasperando le posizioni e i toni, ma in questo contesto è lecito dubitare della efficacia di questa strategia. Forse potrebbe essere elettoralmente più premiante intestarsi i temi del Pnrr che alimentare i conflitti. Dopo il Covid il mondo è cambiato, e sono cambiate le aspettative della maggior parte dei cittadini. È lecito dubitare che la politica se ne sia accort
(da Il Corriuere della Sera)
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Maggio 27th, 2022 Riccardo Fucile
IL DOSSIER CHE SCUOTE I CRIMINALI DEL CREMLINO
Secondo il quotidiano economico russo Kommersant, dall’inizio della guerra in Ucraina almeno una decina di funzionari ha lasciato il proprio incarico. Ma nessuno come Boris Bondarev si sarebbe dimesso dichiaratamente contro l’invasione russa
Il gesto del diplomatico russo Boris Bondarev potrebbe non restare un caso isolato.
L’inviato di Mosca alle Nazioni Unite a Ginevra si è dimesso per protesta contro l’invasione in Ucraina con una durissima lettera contro il Cremlino che ora è certo lui stesso gli potrebbe costare un processo in patria, come ha spiegato al Suddeutsche Zeitung citata dal Corriere della Sera. Bondarev è finito sotto protezione in Svizzera e sta valutando una richiesta d’asilo, convinto che quel che ha fatto possa smuovere altri suoi colleghi: «L’ho fatto per la mia coscienza. Volevo smuovere qualcosa, essere un’ispirazione per i miei colleghi, per i diplomatici, e gli altri connazionali, che vivono in Russia e pensano di non poter fare nulla».
La slavina dei diplomatici in fuga
Rispetto al passato, quel che ha fatto Bondarev segna un passo in avanti nella finora contestazione al Cremlino sulla guerra in Ucraina, andando innanzitutto a smentire quel che il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ripete da tempo: «non ci sono traditori tra i diplomatici».
Stando però al quotidiano economico russo Kommersant, dallo scorso 24 febbraio sarebbero stati già decine i diplomatici russi che hanno lasciato il proprio incarico. Nessuno di questi però finora avrebbe dichiarato di essersi dimesso per protesta contro la guerra.
Il Corriere cita poi «fonti occidentali con buoni contatti nel mondo della diplomazia russa», secondo cui starebbe per partire una slavina tra i funzionari degli Esteri di Mosca: «oltre cento sarebbero pronti a ripetere il gesto di Bondarev».
L’elenco sarebbe già finito sulla scrivania di Vladimir Putin, consegnato nei giorni scorsi dal segretario del Consiglio di sicurezza, Nikolaj Patrushev che ha suggerito una reazione dura.
Mossa che il Cremlino non sarebbe intenzionata a mettere in pratica, temendo che quel tipo di reazione non sia davvero risolutiva. A questo si aggiunge l’indiscrezione del sito indipendente russo Meduza, secondo cui nell’élite russa starebbe montando un serpeggiante pessimismo. Soprattutto alla luce degli effetti delle sanzioni, più gravi del previsto.
(da agenzie)
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Maggio 27th, 2022 Riccardo Fucile
RULA JEBREAL CONTRO LE VIOLENZE SESSUALI IN GUERRA
“I leader politici di destra e gli opinionisti che sostengono che la
sottomissione e la cessione di una fetta del territorio ucraino a Putin porterebbe alla pace dovrebbero sapere che questo equivale a dire che non ci interessano i diritti umani e non ci interessa il numero di cittadini ucraini torturati, deportati, stuprati e uccisi dalle milizie russe”: Rula Jebreal punta il dito contro Vladimir Putin, colpevole di aver aizzato le truppe russe invitandole a commettere stupri su donne, bambini e anziani in Ucraina.
In un articolo apparso questa mattina su La Stampa, la giornalista e scrittrice palestinese ricorda un intervento pubblico nel quale il presidente della Federazione russa aveva paragonato il Paese invaso a una donna morta sottoposta a uno stupro, utilizzando i versi di una canzone russa, “La bella addormentata in una bara” dei Red Mold, “un inno rap allo stupro e alla necrofilia”.
“Le donne ucraine – scrive Jebreal – hanno subito compreso il significato di quelle parole e hanno fondato una chat sui social riguardante gli stupri da parte dei soldati russi. La giornalista Olga Tokariuk mi ha raccontato telefonicamente che, su varie chat e social media, molte donne in Ucraina raccontano di essersi attivate per l’uso della spirale, così da non rimanere incinte in caso di stupro”.
La violenza sessuale come arma, al pari di “bombardamenti a tappeto, massacri, fosse comuni, torture e deportazioni”, utilizzati per “distruggere l’identità di un popolo sovrano”.
Jebreal racconta le testimonianze di bambini piccolissimi sodomizzati con candele e fucili, di madri stuprate davanti agli occhi dei propri figli, di ragazzine tenute in regime di schiavitù sessuale.
“Nelle telefonate intercettate di alcuni soldati russi – si legge – in molti si vantano e ammettono di aver abusato sessualmente di donne e bambini, nonostante il Cremlino continui a smentire”.
“Lo stupro – conclude Jebreal – è uno degli aspetti di questo conflitto che continua ad essere totalmente ignorato. Questa è una guerra feroce voluta da un uomo, un dittatore che ha già dimostrato, negli ultimi vent’anni al potere, che nessuna trattativa, dialogo, o accordo può fermare la sua sete di conquiste imperialistiche. Conquiste per le quali è disposto a usare qualsiasi arma”.
(da agenzie)
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Maggio 27th, 2022 Riccardo Fucile
VERSO UN CANDIDATO UNITARIO PER LE REGIONALI
Alle prossime elezioni regionali in Sicilia per eleggere il successore di Nello Musumeci, Pd e Movimento 5 Stelle si presenteranno insieme con un candidato unico che verrà scelto al termine delle primarie.
L’intesa sarebbe stata raggiunta la sera del 25 maggio dopo un incontro a quattro tra il segretario dem Enrico Letta, il leader del M5s Giuseppe Conte, il capogruppo M5s all’Assemblea regionale siciliana (Ars) Nuccio Di Paola e il segretario del Pd siciliano Anthony Barbagallo.
Nonostante prima il Nazareno e poi fonti vicine ai vertici 5 stelle abbiano fatto sapere che “nessuna decisione è stata assunta” e che quella delle primarie congiunte “è una delle opzioni”, si parla già delle modalità di voto.
Per scegliere chi rappresenterà la coalizione alle urne si terrà una consultazione online attraverso una delle piattaforme tra Proxima e SkyVote, accompagnata dalla possibilità di recarsi fisicamente al voto in 30 gazebo nei comuni più popolosi. Non c’è ancora intesa sulla data, che dovrebbe ricadere tra il 16 e il 24 di luglio. Claudio Fava, il leader della sinistra radicale all’Assemblea regionale siciliana, si è opposto a questa finestra temporale perché “si finirebbe a ridosso del 19 luglio, il giorno del trentennale della strage di via D’Amelio”. La presentazione delle candidature è invece stata fissata per le ore 12 del 10 giugno. Ogni candidato sarà obbligato a presentare almeno una lista in 5 province a sostegno del vincitore.§
I possibili candidati§I nomi più vicini agli ambienti M5S sono appunto quello di Di Paola, ma anche il deputato all’Ars Luigi Sunseri. I dem spingono per gli eurodeputati Caterina Chinnici e Pietro Bartolo.
Al meeting di ieri sera si è parlato anche di tenere una serie di assemblee territoriali per costruire il programma della coalizione. “L’idea è di 12 riunioni, come gli assessorati regionali – riporta Repubblica citando le parole di Di Paola – in questo modo potremo tematizzarle più capillarmente”.
(da agenzie)
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Maggio 27th, 2022 Riccardo Fucile
“VOGLIO SOLO FARE IL MAGISTRATO”
“Mi aspettavo da questo governo, non sta facendo nulla sul piano
normativo. Anzi sta smobilitando le norme che c’erano, e il messaggio che sta arrivando alla gente comune è che non c’è un’attenzione, non è nell’agenda di questo governo. Governo Draghi non pervenuto nella lotta alla criminalità”: Nicola Gratteri a PiazzaPulita attacca l’esecutivo, che starebbe assumendo “misure quasi punitive nei confronti della magistratura”, citando ad esempio un punto della riforma Cartabia, quello sull’improcedibilità (la necessità di ricorrere in appello entro due anni, pena la validità del processo).
“Alcuni potrebbero pensare – lo incalza il conduttore Corrado Formigli – che questo attacco al governo è sospetto. Stamattina (ieri ndr) il quotidiano Domani è uscito in apertura con il titolo ‘L’arma segreta di Giorgia Meloni è il magistrato Nicola Gratteri’”.
“Io non sono mai stato tenero nei confronti di nessun governo – ribatte il capo della Procura di Catanzaro – ho sempre criticato, contestato e collaborato. Sono stato sempre il consulente gratuito di tutti. Non faccio distinzioni tra destra, sinistra e centro. Il mio obiettivo, come quello dei miei colleghi, è quello di migliorare il sistema penale e processuale”. “Ma con Giorgia Meloni si è sentito, le avrà chiesto consiglio per la linea delle riforme di Fratelli d’Italia”, prova a domandargli Formigli.
“Prendo atto – svia il discorso Gratteri – del cambio di linea editoriale nei miei confronti. Questo titolo non c’entra nulla col corpo dell’articolo ed esce esattamente il giorno dopo che io sono stato da Gruber e Costanzo. Troppe coincidenze”.
“Ma al di là delle intenzioni – taglia corto Formigli – gliela faccio io la domanda. Lei ha intenzione di candidarsi con Meloni e di fare l’eventuale ministro di un governo Meloni?”
“Io non mi candido con nessuno – conclude Gratteri – voglio fare il magistrato. Voglio avere la possibilità di continuare a fare bene il mio lavoro”.
(da agenzie)
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Maggio 27th, 2022 Riccardo Fucile
PAOLO MONDANI, IL SERVIZIO SULLA STRAGE DI CAPACI E LA PROCURA DI CALTANISSETTA
Non soltanto la perquisizione in casa e nella redazione di Report: Paolo Mondani, giornalista autore del reportage della trasmissione d’inchiesta su Rai 3 sui collegamenti tra il fondatore di Avanguardia Nazionale Stefano Delle Chiaie e la strage di Capaci, ha raccontato di essere anche stato “seguito, filmato, pedinato e ascoltato”.
Parlando a Casa Minutella, il talk show prodotto da BlogSicilia, Mondani ha spiegato: “Un mese fa fui convocato dalla Procura di Caltanissetta per capire perché io stavo facendo delle interviste. Siccome non avevo mandato in onda nulla, non avevo scritto nulla, chiesi a loro se l’Ordinamento nostro prevede che sul giornalista venga fatto un lavoro preventivo, su quello che sta pensando, sulle fonti che sta incontrando e sulle interviste che sta facendo. Opposi il segreto professionale su tutte le cose che mi riguardavano. Mi fu risposto che se io avessi mandato in onda alcune di quelle cose, mi avrebbero smentito. Prima ancora di sapere cosa avrei mandato in onda”.
A rilanciare la notizia, e le dichiarazioni del cronista, è stato anche il conduttore di Report Sigfrido Ranucci, che su Facebook ha postato il lancio dell’agenzia Ansa contenente le parole di Mondani.
“Non è gradevole – si legge ancora – da parte di un giornalista subire un trattamento di questo tipo per poi scoprire su un decreto di perquisizione di essere stato seguito, filmato, pedinato e ascoltato. Non so più se questo ha senso. Non voglio fare la vittima, non me ne importa nulla. In questo incontro mi fu detto, ma lei non rischia di bruciare le indagini? E io risposi, bruciare le indagini che non sono state fatte per trenta anni?”.
(da NextQuotidiano)
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Maggio 27th, 2022 Riccardo Fucile
“L’ART 11 LO VIETA”… “NON E’ VERO, BASTA AVER FATTO EDUCAZIONE CIVICA”
Scontro tra il professor Vittorio Emanuele Parsi e Marco Travaglio
sull’invio di armi all’Ucraina da parte dell’Italia nello studio di Tagadà, su quella che ormai è diventata una battaglia ideologica per il giornalista e per il Fatto Quotidiano.
Il direttore è arrivato a sostenere che il sostegno militare sia vietato dalla Costituzione. “L’articolo 11 non dice che non si possono inviare armi. Lei non conosce la Costituzione”, gli ha risposto Parsi.
“Ah, lei è un costituzionalista?”, la replica di Travaglio. “Basta aver fatto educazione civica – argomenta il professore – non sappiamo nemmeno quanto siano state utili queste armi. Quello che ci risulta è che i russi stanno patendo grossi danni materiali”.
“Due terzi degli italiani sono contrari”, fa notare il giornalista. “Ma non c’entra niente – risponde Parsi – si rende conto che sta facendo un gioco o no?”.
Poi il discorso si allarga anche ad altri Paesi: “Il fatto che l’Ucraina abbia speso molto per le armi mi sembra sia stato il minimo sindacale visto quello che è successo dopo. Se si guardano le classifiche delle armi si vede per esempio, incredibilmente, che la Grecia, che è uno dei Paesi con il Pil più piccolo nell’Ue, ha uno dei bilanci militari più grandi. Come mai? Una semplice questione di diffidenza nei confronti della Turchia”.
Parsi prova poi a scardinare il discorso di Travaglio che metteva sullo stesso piano russi e ucraini: “L’Europa era invasa dai nazisti, per fortuna a Londra c’era un realista come Churchill, che sapeva che ci sono dei principi. Quello che ha cambiato la storia del 900 è fare in modo di proteggere i principi contro l’uso della forza. Le guerre finiscono quando le persone si arrendono, grazie a Dio gli ucraini ragionano in maniera diversa. Non si possono paragonare le due propagande, non sono sullo stesso piano. Con questa logica vanno sullo stesso piano la propaganda di Goebbels e quella degli Stati Uniti. Quello che c’è dentro è diverso”
(da agenzie)
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