Maggio 28th, 2022 Riccardo Fucile IL SOLITO SCONCIO AVANSPETTACOLO DI UN REGIME
«Preparati a un Norimberga 2.0» avrebbe scritto un ex diplomatico
russo in un messaggio su Whatsapp citato dal Guardian.
Al quotidiano britannico, funzionari russi e filorussi avrebbero confermato le intenzioni dei delegati di Mosca nel Donbass su cosa fare dei prigionieri militari fatti finora.
L’idea sarebbe quella di avviare un processo spettacolare, sulla falsariga di quello che nel 1946 giudicò i vertici della Germania nazista: secondo gli osservatori, rappresenterebbe uno spettacolare «processo-farsa» inteso a giustificare l’invasione della Russia nel mondo, da subito raccontata da Mosca come «processo di de-nazificazione» dell’Ucraina. A finire alla sbarra sarebbero principalmente le centinaia di ucraini arresi all’Azovstal di Mariupol, soprattutto i miliziani nazionalisti del Battaglione Azov, ora prigionieri dei russi.
Denis Pushilin, il leader criminale di un territorio controllato dalla Russia nella regione di Donetsk, avrebbe affermato: «Stiamo progettando di organizzare un tribunale internazionale sul territorio della repubblica». Ha aggiunto che un tale progetto potrebbe ispirarsi a quanto avvenuto a Kharkiv nel 1943, quando l’esercito sovietico processò e condannò tre tedeschi e un ucraino, giustiziandoli per impiccagione.
Non è chiaro, secondo quanto riporta il Guardian, se il Cremlino abbia intenzione di muoversi con la stessa crudeltà. Quel che sembra confermato, tuttavia, è che al momento l’ipotesi di un tribunale nell’Ucraina orientale convince sia alcuni membri del Ministero degli Esteri russo che della Duma. Il capo della Crimea annessa ha dichiarato che servirebbe da «lezione per tutti coloro che hanno dimenticato le lezioni di Norimberga».
Una «distorsione orwelliana» della storia
Secondo Francine Hirsch, professoressa di storia all’Università del Wisconsin-Madison e autrice di Soviet Judgment at Nuremberg: A New History of the International Military Tribunal after World War II, lo scopo della proposta è quello di «presentare una narrazione sulla guerra che supporti l’argomento della denazificazione che Putin ha avanzato», utile a sostenere le affermazioni del leader russo secondo cui «l’Ucraina è guidata dai nazisti e ci sono legami diretti tra i collaboratori ucraini durante la seconda guerra mondiale e i soldati ucraini di oggi». Un’interpretazione alternativa degli eventi che va di pari passo all’istituzione di indagini internazionali sui crimini di guerra russi in Ucraina: «Stanno cercando di creare un contrappeso a causa di tutti i discorsi della corte penale internazionale e dei procedimenti giudiziari ucraini» per i crimini di guerra, ha affermato Philippe Sands, professore di diritto all’University College di Londra e autore di East West Street: On the Origins of Genocide and Crimes against Humanity, che sostiene la creazione di un tribunale penale straordinario per processare il «crimine di aggressione» commesso dai russi.
Hirsch ha ricordato come il processo di Norimberga sia rimasto fortemente impresso nella cultura russa, diventando parte dell’ «educazione patriottica» nazionale: «È una narrazione in cui i sovietici sono gli eroi e le vittime, ma non i responsabili di alcun tipo di crimine».
(da agenzie)
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Maggio 28th, 2022 Riccardo Fucile “CARRI ARMATI T-62 VECCHI E VULNERABILI”
Armi vecchie e desuete, è questa l’accusa che gli 007 del Regno Unito hanno lanciato verso la Russia. Mosca, infatti, avrebbe spostato nell’Ucraina meridionale carri armati T-62 di 50 anni fa, mezzi “particolarmente vulnerabili contro le armi anticarro e la loro presenza sul campo di battaglia sottolinea la carenza di attrezzature moderne”.
Inoltre, l’intelligence ha affermato che “le forze di terra russe continuano a cercare di circondare Severodonetsk e Lysychansk, dopo aver occupato diversi villaggi a nord-ovest di Popasna. La Russia sta spingendo in questa direzione, sebbene l’Ucraina mantenga il controllo su diversi settori protetti, non consentendo a Mosca di prendere il controllo del Donbass”.
A Severodonetsk i bombardamenti continui: il sindaco della città ha riferito che il 60% degli edifici è distrutto e le vittime sono almeno 1.500.
(da agenzie)
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Maggio 28th, 2022 Riccardo Fucile SAREBBE IL PRIMO INTERVENTO NELL’AREA DEL CONFLITTO
«L’Ue è disposta a mobilitare tutte le risorse possibili per consentire
l’uscita del grano accumulato nei silos e nei porti ucraini», lo riporta El Paìs, citando una bozza di scorta Ue che dovrebbe essere discussa al prossimo Consiglio europeo lunedì 30 maggio.
Le operazioni ideate per trasportare i cereali via terra attraversando la Polonia non si stanno rivelando efficaci come sperato, quindi l’Unione pensa a un’alternativa: il trasporto via nave.
Si tratterebbe del primo coinvolgimento diretto da parte di forze militari dell’Ue nel conflitto in Ucraina.
Nel documento, si legge che l’Unione «condanna severamente l’appropriazione illegale della produzione agricola ucraina da parte della Russia», motivo per il quale l’intenzione è di chiedere al Cremlino «di porre fine al limite massimo consentito di esportazione di generi alimentari, soprattutto nella regione di Odessa».
Un rischio per l’Unione
Il quotidiano spagnolo definisce l’operazione un «rischio estremo» poiché rischierebbe di innescare un conflitto con la marina militare russa, che presidia il porto di Odessa, principale sbocco ucraino sul Mar Nero. Tuttavia, il rischio passerebbe in secondo piano visto che Bruxelles teme che la carestia alimentare che si prospetta possa subire un’escalation che la trasformerebbe in una crisi umanitaria per i Paesi che più dipendono dalle esportazioni di grano ucraino.
Molti i questi si trovano nel bacino del Mediterraneo: la Tunisia importa il 53% del proprio fabbisogno di grano dall’Ucraina, la Libia il 44%, l’Egitto il 26%. La Commissione UE teme che, la carestia possa innescare una crisi economica e sociale che scatenerebbe ulteriori ondate migratorie, spiega El Paìs.
(da agenzie)
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Maggio 28th, 2022 Riccardo Fucile OBIETTIVO E’ SUPERARE SOGLIA DEL 3%
L’accordo è stato già stipulato, in gran segreto, un mese fa, tra i due leader, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli.
Ma la notizia è stata immediatamente secretata, e finora non era trapelato nulla. Il motivo? Verdi e Sinistra Italiana hanno deciso che si presenteranno insieme alle elezioni politiche, ma attendono – per l’annuncio – la celebrazione delle amministrative, dove i due partiti si presentano (per ovvi motivi legati ai territori e alle storie pregresse) “a macchia di leopardo”.
L’accordo nasce su un principio chiaro: «La regola del 50%». Tutto sarà condiviso in modo paritetico, dal simbolo alle liste.
Sulle schede gli elettori non troveranno una classica “bicicletta”, ma un nuovo simbolo disegnato per integrare i rispettivi emblemi.
Tre società di sondaggi hanno detto che i due elettorati sono compatibili (come dimostra il voto in Francia e Germania) e che l’alleanza determinerebbe persino un «salto di percezione»: la visibilità nei sondaggi e l’idea di un voto utile. Non resta che la prova del biscotto.
(da TPI)
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Maggio 28th, 2022 Riccardo Fucile LA DESTRA DEI BENESTANTI E DEGLI EVASORI NON RIESCE A CAPIRE CHE UN AIUTO ALLA POVERTA’ E’ UN DOVERE ETICO… IL PROBLEMA E’ AVERLO DATO A CHI NON SPETTAVA
Torna la polemica sul reddito di cittadinanza. A rimetterlo in
discussione sono il centrodestra e il leader di Italia viva Matteo Renzi.
Quest’ultimo, proprio nei giorni scorsi, aveva lanciato il referendum per abolirlo a partire dal 15 giugno (il reddito di cittadinanza «condanna una generazione a rimanere povera per sempre», aveva detto l’ex premier). Oggi, 28 maggio, anche Forza Italia ha espresso nuove perplessità sul funzionamento del Reddito di cittadinanza e ha lanciato l’idea di sospenderlo almeno in estate.
«Dobbiamo sospendere questa misura assistenziale, almeno per la stagione estiva. Occorre introdurre i voucher e abbassare la pressione fiscale», ha detto a Palermo la senatrice di Forza Italia Licia Ronzulli (nonostante l’apertura di Silvio Berlusconi).
Il ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, ai microfoni del tg della Rai Fvg, invece, ha dichiarato «Se mancano solo nel turismo 300-350 mila persone, è evidente che qualcosa non quadra. Poi, come sempre, la verità sta nel mezzo: sicuramente vanno rivisti determinati sussidi che sono ostacolo e bloccano il mercato del lavoro».
Due giorni fa il leader della Lega Matteo Salvini aveva detto che il reddito andava «rivisto» e che rischiava di essere un incentivo al lavoro nero. «Voglio leggere il testo (del referendum di Renzi, ndr), quel che è certo è che il reddito va rivisto. Appoggio l’idea di tanti che dicono “garantiamo reddito a chi non può lavorare” ma diamo i soldi alle aziende che assumono i disoccupati. Altrimenti così è un incentivo al lavoro nero», ha detto.
Tra le prime ad esprimersi sul Reddito di cittadinanza anche la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, che ha parlato di questo strumento come del «metadone che non risolve» i problemi: «Il metadone tiene stabile il tossicodipendente, è un modo per tamponare e io non sono mai stata d’accordo. Il reddito di cittadinanza è lo stesso, non risolve la tua condizione ma ti metto a dipendere dalla politica».
Conte: «A non volerlo sono i privilegiati della politica»
Immediata la difesa di M5s e di Sinistra Italiana. Per Conte, che oggi 28 maggio è intervenuto a margine di un’iniziativa elettorale a Frosinone, questo attacco al reddito viene fatto da «privilegiati della politica, che guadagnano 500 euro al giorno e che vogliono togliere 400 o 500 euro al mese a chi non ha di che sopravvivere. Non mi sembra una cosa dignitosa nemmeno da pensare. È una barbarie politica».
(da agenzie)
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Maggio 28th, 2022 Riccardo Fucile FIGURIAMOCI QUANDO ARRIVERANNO I FONDI DEL PNRR
Adescavano 18enni su Instagram per monetizzare illecitamente i “Bonus Cultura 18App” da 500 euro, causando così al Ministero della Cultura un danno superiore al milione e mezzo di euro: è quanto ha scoperto la Guardia di Finanza di Napoli che, coordinata dalla Procura (sostituto procuratore Mariella Di Mauro) ha notificato oggi 16 misure cautelari: un arresto in carcere (nei confronti di un napoletano, commerciante all’ingrosso di computer), undici ai domiciliari (anche la moglie del negoziante), tre obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria e un obbligo di dimora. È quanto ha riportato l’agenzia di stampa Ansa.
Al centro dell’indagine c’è proprio la coppia, marito e moglie, i quali attraverso dei procacciatori (cui spettava una quota di quei 500 euro) sono riusciti a “monetizzare” ben 3.300 voucher. La coppia tratteneva il 30% di ciascun bonus. Una percentuale variabile finiva nelle tasche dei complici, la restante veniva erogata ai ragazzi prevalentemente attraverso ricariche su PostePay.
Le Fiamme Gialle hanno eseguito nei confronti degli indagati anche un sequestro da un milione e mezzo. I reati contestati sono associazione per delinquere e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
Per spingere i 18enni a reclutare altri coetanei disposti a intascare illecitamente denaro contante con i “Bonus cultura 18app”, veniva pubblicizzata, su profili Instagram “intermittenti”, l’offerta: “Porta un amico e guadagni 50 euro”.
La circostanza è emersa nell’ambito dell’inchiesta del Gruppo Investigativo Criminalità Economica Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli, che oggi, coordinato dalla Procura partenopea, ha sgominato una delle associazioni a delinquere che, sui social, adescano 18enni per “monetizzare”, illegalmente, i “Bonus cultura 18app” del Ministero della Cultura, anche quest’anno rinnovati e riservati a neo 18enni che li possono utilizzare per acquistare, esclusivamente, in biglietti per cinema, musica, concerti, eventi culturali, libri, musei, visite a monumenti e parchi archeologici, teatro e danza, prodotti dell’editoria audiovisiva, corsi di musica, corsi di teatro e corsi di lingua straniera, nonché abbonamenti a quotidiani anche in formato digitale. Siccome il giro di affari era diventato vorticoso, i procacciatori (deputati ad adescare i 18enni), per evitare di attirare l’attenzione degli investigatori, hanno anche iniziato a far versare le loro quote sui conti correnti di amici e conoscenti compiacenti. È in corso, da parte degli investigatori, l’identificazione dei ragazzi che si sono prestati alla truffa ai danni del Ministero. È stato proprio su segnalazione del dicastero guidato dal ministro Franceschini che sono scattate le indagini.
(da agenzie)
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Maggio 28th, 2022 Riccardo Fucile DOMANI ALLE URNE DOPO UNA STAGIONE DI PROTESTE CONTRO LE POLITICHE DEL GOVERNO DI DESTRA ECONOMICA
Domani, 29 maggio, quasi 40 milioni di colombiani saranno chiamati
alle urne per eleggere il prossimo presidente della Colombia, successore dell’uscente di destra Iván Duque.
Sono sei i candidati che si contendono la nomina a capo del Paese per i prossimi quattro anni: il leader della destra di Equipo por Colombia, Federico Gutiérrez, l’outsider indipendente Rodolfo Hernández, il centrista Sergio Fajardo, Enrique Gómez Martínez, il predicatore evangelico John Milton Rodríguez e il senatore di sinistra Gustavo Petro, favorito dai sondaggi.
Le elezioni si svolgono in un clima generale teso e sono sentite come l’occasione per imprimere al Paese una vera svolta a livello sociale ed economico.
Se Petro dovesse vincere, per la prima volta nella sua storia la Colombia avrebbe un presidente di sinistra. Viene eletto al primo turno chi ottiene il 50 per cento + 1 dei voti, altrimenti i due più votati andranno al ballottaggio, previsto per il 19 giugno.
I favoriti: Gustavo Petro e Francia Márquez
Il senatore Gustavo Petro, 62 anni, è un’economista e leader del Pacto Histórico, coalizione di sinistra che guida in ticket con Francia Márquez, leader sociale afrocolombiana candidata alla vicepresidenza.
Márquez, 40 anni, sarebbe la seconda donna nera in tutto il Sudamerica a ricoprire una simile carica e la prima in Colombia, dove gli afro-discendenti rappresentano solo il 10 per cento della popolazione, subendo da sempre una sottorappresentanza nella vita pubblica e politica. Minatrice, domestica, attivista per l’ambiente e i diritti umani fin dall’adolescenza, avvocatessa e politica, la numero due della sinistra colombiana, sopravvissuta a un attentato nel 2019, fa sperare in un’era di maggiore equità sociale.
Petro è al terzo tentativo per la presidenza ed è già stato sindaco di Bogotà, che ha amministrato per tre anni.
In testa ai sondaggi con il 35-40 per cento delle preferenze, che lo fanno sperare in una vittoria al primo turno, ha concentrato tutta la sua campagna elettorale sulla riforma agraria e la redistribuzione delle risorse naturali, questione centrale in un Paese profondamente diseguale dal punto di vista della distribuzione della terra, sulla transizione energetica e su una maggiore parità di genere nel Paese.
Il suo più diretto avversario è Federico Gutiérrez, dato per secondo dai sondaggi. Già sindaco di Medellín, il candidato di destra, 47 anni, è il più giovane tra i politici in corsa e punta tutto sulla lotta alla corruzione, sulla crescita economica e sul potenziamento della sicurezza.
Un bivio cruciale per il Paese
La Colombia, che conta circa 51 milioni di abitanti, si presenta alle urne in un clima di forte polarizzazione. Le imponenti manifestazioni scoppiate nell’aprile 2021 contro la riforma fiscale e più in generale contro le politiche neoliberiste del governo, sono state espressione di un malessere diffuso nella popolazione, che aspetta da tempo un cambio di marcia nell’amministrazione del Paese, a partire da una reale attuazione degli Accordi di pace firmati nel 2016 con le Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) che ponga davvero fine a 50 anni di sanguinosa guerra civile.
«Siamo arrivati ad un bivio – ha spiegato all’Ansa il professore di Scienze politiche dell’Universidad del Norte di Barranquilla, Fernando Giraldo -. Gli elettori dovranno decidere se il Paese continua nella strada percorsa finora o cambia rotta».
Secondo Giraldo, «se la Colombia non cambia modello politico ed economico, si espone ad una rivolta sociale di proporzioni enormi e di conseguenze incalcolabili». E una papabile vittoria della sinistra, commenta invece Yann Basset, della Universidad del Rosario di Bogotà, «genera aspettativa, ma anche molta inquietudine e paura in vari settori».
Le minacce alla sicurezza
Gli accordi del 2016 non hanno messo fine alla violenza dilagante nel Paese, dove operano ancora due fronti di dissidenti delle ex Farc, l’Esercito nazionale di liberazione (Eln) e un gran numero di narcotrafficanti ed ex paramilitari.
Negli ultimi mesi il clima attorno alle urne è stato tutt’altro che sereno, tra minacce di morte, intimidazioni, violenze e omicidi di leader social ed ex guerriglieri. Proprio Petro, nei primi giorni di maggio, ha dovuto sospendere la campagna elettorale per scampare a un attentato da parte del gruppo paramilitare Cordillera.
Oggi, 28 maggio, il ministro della Difesa colombiano, Diego Molano, ha denunciato che in almeno 8 dei 32 dipartimenti in cui è suddiviso il Paese, la popolazione delle aree rurali è sottoposta a minacce da parte dei gruppi armati in vista delle votazioni di domani 29 maggio.
«In tutti i comuni e i villaggi presi di mira sono stati effettuati ulteriori dispiegamenti della nostra forza pubblica, al fine di garantire che queste denunce non si concretizzino e i colombiani di quelle zone rurali possono votare liberamente», ha dichiarato Molano, assicurando che l’intero dispositivo di sicurezza, composto da 300mila soldati e agenti di polizia, è pronto a proteggere le urne, con particolare attenzioni ai 50 comuni del Paese dove l’ordine pubblico è maggiormente a rischio.
(da Open)
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Maggio 28th, 2022 Riccardo Fucile SEMPRE AL SERVIZIO DEI CRIMINALI E DELLE LOBBY, COME OGNI BUON SOVRANISTA
“L’unico modo per fermare un cattivo con una pistola è un bravo ragazzo con una pistola”. Così l’ex presidente americano Donald Trump è intervenuto alla convention di Houston della National Rifle Association, gruppo che difende il diritto alle armi, suggerendo di armare gli insegnanti per poter proteggere le scuole.
“L’esistenza del male è una delle ragioni migliori per armare cittadini rispettosi della legge”, ha detto Trump definendo ”un’atrocità selvaggia e barbara” la strage nella scuola elementare nella città di Uvalde, in Texas, dove un 18enne ha causato la morte di 19 bambini e due maestre.
Durante il suo discorso, l’ex presidente degli Stati Uniti ha rilanciato la proposta (salita alla ribalta già qualche giorno fa dopo le parole del suo alleato – nonché procuratore generale del Texas – Ken Paxton) di armare gli insegnanti, insistendo che “non c’è niente di più pericoloso di una zona ‘libera dalle armi’” e aggiungendo che la chiave è fornire armi ai docenti preparandoli ad agire rapidamente. Poi, dopo aver ricordato i bimbi e le maestre decedute, Trump si è lasciato andare ad un siparietto sconcertante:
Trump ha proseguito parlando della sua (ri)candidatura alla Casa Bianca per il 2024, promettendo di sconfiggere il male. “Ci andremo a riprendere quella Casa Bianca che amiamo tanto e renderemo l’America più sicura, più ricca e più grande di sempre”, ha detto l’ex presidente Usa, tra lo strepitio della folla. “Quando sarò presidente per la seconda volta – ha aggiunto – combatterò il male”.
Infine, un accenno alla guerra in Ucraina e una critica, manco a dirlo, a Joe Biden. “Se siamo in grado di inviare miliardi in Ucraina possiamo anche fare tutto quello che è necessario per mettere in sicurezza le scuole”, aggiungendo che “quando Joe Biden ha incolpato la lobby delle armi, stava parlando di americani come voi. Questa retorica è altamente divisiva e pericolosa e, soprattutto, è sbagliata e non ha spazio nella nostra politica”.
(da agenzie)
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Maggio 28th, 2022 Riccardo Fucile LE TV TRASMETTONO CARTONI ANIMATI E I SOLDATI DISTRIBUISCONO GIOCATTOLI CON SIMBOLI E MESSAGGI DEI CONQUISTATORI, PER CONVINCERE I BAMBINI CHE L’UCRAINA NON ESISTE
Per distruggere un popolo ci sono due possibilità: lanciare missili o
cancellare la sua memoria storica.
Il presidente russo Vladimir Putin sta attuando entrambe le strategie. La russificazione dell’Ucraina, nelle zone conquistate dall’esercito del Cremlino, procede a tappe forzate e i bambini sono le vittime principali. Dopo la caduta di Mariupol, il cui assedio è costato la vita a 240 minori, 230 mila piccoli sono stati deportati, molti a centinaia di miglia di chilometri dalla loro casa: secondo il consigliere del sindaco Peter Andryushchenko, 90 sono stati inviati a Vladivostok, nell’estremo oriente russo, vicino al Nord Corea e la Cina.
E chi resta, deve dimenticarsi l’Ucraina. Le forze di occupazione hanno revocato le vacanze estive per gli studenti che, nei prossimi mesi, dovranno seguire corsi di lingua, letteratura e storia russa, oltre che matematica nella lingua degli invasori. Questo per essere pronti, alla ripresa delle lezioni il primo settembre, a iniziare i nuovi programmi introdotti nelle scuole ucraine.
I piani didattici saranno uniformati a quelli degli istituti della Federazione russa, è stato annunciato ieri. L’obiettivo è «rimuovere l’Ucraina dai programmi di studio per preparare i ragazzi alla scuola russa», ribadisce Andryushchenko. «Gli occupanti hanno intenzione di aprire nove scuole. Tuttavia – sottolinea – finora sono riusciti a trovare solo 53 insegnanti, meno di sei per ciascuna». La resistenza educativa è tanto eroica quanto disperata.
Dalle biblioteche (le poche non distrutte) dei territori conquistati sono stati eliminati i libri considerati non allineati da Mosca, a Mariupol sono stati installati dieci maxischermi che trasmettono giorno e notte i programmi delle grandi emittenti della propaganda russa, Perviy Kanal e Rossiya 24. «Hanno piazzato 12 televisori da 75 pollici in tutti i luoghi di raduno di massa e nei punti di accesso all’acqua, dove le sciocchezze sul miglioramento della vita circolano costantemente», segnala il consigliere.
I cartoni animati sono lo strumento preferito per plasmare i bambini e trasformarli in russi. Il più famoso racconta la storia di Vanya e Nikola: «Erano amici. Vanya proteggeva Nikola, perché era più forte, ma poi Nikola ha avuto nuovi amici che gli hanno insegnato come ferire gli altri. Vanya ha dovuto prendere il bastone da Nikola perché nessuno si facesse male». E poi ci sono i giocattoli distribuiti dai soldati di Mosca: hanno stampati simboli e messaggi dei conquistatori, per convincere i bambini che l’Ucraina non esiste.
Intanto le aree di Zaporizhia e Kherson stanno passando al prefisso telefonico della Russia +7, come riferisce Ria Novosti citando Oleg Kryuchkov, consigliere del capo della Crimea per la politica dell’informazione.
«Secondo le notizie in mio possesso – afferma – i nuovi operatori di telecomunicazioni stanno già lavorando lì. Il prefisso ucraino +380 sarà presto una cosa del passato». Secondo la commissaria per i diritti umani del parlamento di Kiev, Lyudmila Denisova, «queste azioni violano la Convenzione dell’Aja per la protezione dei beni culturali nei conflitti armati. È un altro crimine di guerra che dovrà essere perseguito».
(da il Messaggero)
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