Luglio 31st, 2022 Riccardo Fucile
ALL’ESTERO E’ GIUSTAMENTE APPLICATA IN TANTE NAZIONI, DA NOI VIETATO PARLARNE… POI NON LAMENTATEVI, CARI CENTRISTI DEL CUBO, CHE IL M5S PRENDA IL 10% , NONOSTANTE TUTTO
Il “caso” nasce da una domanda a sorpresa del direttore del Tg2, Gennaro Sangiuliano, nell’intervista a Enrico Letta mandata in onda sabato sera a Tg2 Post: “Lei aveva proposto tempo fa di costituire una dote per i 18enni alimentandola con un incremento delle tasse sulle successioni, questo aveva causato un po’ di polemiche. Esiste ancora questa proposta?”, chiede il giornalista vicino al centrodestra al segretario del Partito democratico.
Che risponde: “Noi la porteremo avanti, ovviamente sarà finanziata con una tassa di successione per i patrimoni plurimilionari. L’altra volta quando ne parlai tutti cominciarono a dire “ah, si toccano le successioni…”. È giusto che chi ha un patrimonio plurimilionario lasci qualcosa alla società. E se quel qualcosa viene ridato indietro ai ragazzi, ai più giovani che oggi sono attanagliati dalla precarietà, credo che questo sia il senso di generazioni che si aiutano“.
Di cosa stiamo parlando? Nell’intervista Letta non parla di numeri, ma la sua proposta di maggio 2021 parlava di un aumento della ora risicatissima tassa di successione sui patrimoni oltre i cinque milioni di euro, circa l’1% più ricco della popolazione.
Un’idea che ricalca quella lanciata nel 2019 dal Forum disuguaglianze dell’economista ed ex ministro Fabrizio Barca, anche se le aliquote proposte sono più basse.
Tanto basta – come già lo scorso anno – per scatenare sul leader dem una pioggia di attacchi concentrici, da destra e non solo.
Inizia Giorgio Mulè, sottosegretario alla Difesa di Forza Italia: “Letta butta giù la maschera e svela la vera anima inossidabile della sinistra: tassare, tassare, tassare. Perché per il Pd è lo Stato che decide che cosa deve fare un cittadino dei suoi soldi guadagnati con sacrifici e pagando le tasse, mentre Forza Italia abolì la tassa di successione durante i governi presieduti da Silvio Berlusconi”, scrive in una nota.
Sulla polemica si avventa anche il leader leghista Matteo Salvini con un tweet: “Chi sceglie il Pd sceglie più tasse, postando un’immagine che recita: “Letta rispolvera il grande classico della sinistra, la patrimoniale”.
Matteo Renzi ne approfitta per chiedere a Carlo Calenda di mollare il Pd e dar vita al “polo moderato”: “La sinistra apre la campagna elettorale candidando Di Maio e parlando di tasse”.
E il leader di Azione non manca di dire la sua: “Ai diciottenni non serve una dote ma un’istruzione di qualità e meno tasse sul lavoro”
Il taglio delle tasse sul lavoro “per aiutare i giovani” è anche al punto 4) dei 14 del “Patto repubblicano” lanciato dall’ex ministro dello Sviluppo economico, che propone di coprirlo con una “microtassa dello 0,1% su tutte le transazioni digitali (finanziarie, ndr) per finanziare 40 miliardi di tagli fiscali sul lavoro e sulle imprese”.
Ma come qualcuno gli ha già fatto notare su Twitter, per trovare quaranta miliardi con un’aliquota allo 0,1% la base imponibile (cioè l’insieme delle transazioni da tassare) dovrebbe ammontare a quarantamila miliardi di euro, cioè quasi tre volte il pil dell’intera Unione europea nel 2021.
“Il contributo di solidarietà, alias patrimoniale, viene propagandato come uno strumento di equità sociale, ma la realtà è che finirebbe per colpire soprattutto le proprietà immobiliari e i risparmi del ceto medio, un limone già ampiamente spremuto”, attacca la capogruppo di Forza Italia al Senato Annamaria Bernini.
Ancora più duro il senatore leghista Alberto Bagnai: “Letta e il Pd non ce la fanno proprio: per loro non c’è problema la cui soluzione non sia una tassa, in coerenza con la cultura politica degli “espropri proletari” da cui provengono. I nostri giovani non vogliono mance ma lavoro. Per darglielo, al Paese serve realizzare la Pace fiscale” (cioe condonare gli evasori fiscali)
Un punto, quello della cosiddetta “pace fiscale” (di fatto un condono) su cui risponde Federico Fornaro di Leu: “Salvini la chiama pace fiscale ma se la proponi ogni due per tre in realtà finisci per premiare gli evasori e prendere in giro lavoratori e pensionati e i tanti artigiani e autonomi corretti che le tasse le pagano fino all’ultimo euro. Per la destra la fedeltà fiscale pare essere una bestemmia nel regno del bengodi sovranista dove se evadi sei un furbo e non un soggetto che sottrae risorse per sanità, scuola e beni pubblici”.
(da agenzie)
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Luglio 31st, 2022 Riccardo Fucile
INTERVISTA A BONELLI DI EUROPA VERDE: “NON PERMETTIAMO AL CENTRODESTRA DI CAMBIARE DA SOLI LA COSTITUZIONE”
Angelo Bonelli, co-portavoce di Europa Verde, Carlo Calenda sta attaccando lei e Sinistra Italia, con cui siete federati, da stamattina. Come gli risponde?
Calenda sta facendo una guerra agli ambientalisti. Proprio lui che sulle politiche climatiche ed energetiche ha la stessa linea politica dei sovranisti, cioè quella di Trump, il quale pensa che non importa se si sciolgono i ghiacciai del Polo nord, perché così si possono fare più ville vista mare. Mi viene da dire che il leader di Azione soffre di bulimia da dichiarazione e spero che i suoi compagni di viaggio abbiano cura di lui. Ci accusa di essere quelli del “no a tutto”, e siamo stanchi di ciò, perché non è così. Noi vogliamo parlare dei temi, lui parla per slogan. Ad ogni modo, siccome non è un professore, non penso di dover rispondere a lui.
In uno dei suoi tanti tweet di oggi Calenda – che entro domani dirà se si allea o no con i dem – ha mandato al Pd un messaggio che suona come: “In coalizione o noi o loro”. Alla luce di questo voi, Europa verde e Sinistra italiana, come vi collocate?
Nella prossima settimana comunicheremo la nostra decisione ufficiale. Non ci è indifferente, però, il fatto che dall’altra parte c’è la destra estrema, quella di Salvini, Meloni e Berlusconi, quella che nega il cambiamento climatico e che a noi preoccupa anche perché, se avesse una maggioranza notevole, potrebbe cambiare la Costituzione da sola. Siamo disponibili, quindi, a un fronte aperto a tutti, anche ai 5 stelle però. Lavoreremo fino alla fine per verificare se ci sono le condizioni
Campo aperto quindi anche a Calenda, nonostante tutto quello che vi ha mandato a dire oggi?
Calenda con i suoi veti finisce per essere il miglior alleato della destra. Ho capito che non gli piacciamo, ma non per questo ci può mettere condizioni. Faccio notare che scrive sempre su Twitter, sta in televisione dalla mattina alla sera, a differenza nostra, eppure ha i nostri stessi voti. Non può mettere veti, così come noi, pur ribadendo i nostri temi, non ne abbiamo messi. Io continuo a sperare che abbia un sussulto di saggezza.
Ma se non si dovesse arrivare a una sintesi, sareste anche disposti a guardare più a sinistra? Da de Magistris e Acerbo qualche invito vi è arrivato…
Ripeto, scioglieremo la riserva nei prossimi giorni. Ma, più che spostarci verso quell’ala, ci interessa costruire il fronte ampio di cui parlavo prima. Faccio notare che negli ultimi giorni siamo stati silenti, cercando di parlare più di contenuti che di alleanze. Chissà perché se si parla dei contenuti nessuno ti si fila.
A proposito di contenuti, voi avete una linea molto chiara su ambiente, clima, energia. Diversa, e mi scusi se torno su di lui, da quella di Calenda.
Mi hanno detto che mi ha accusato di essere anti-Ilva.
Anti Ilva, termovalorizzatori e rigassificatori, per l’esattezza. Ma partiamo dall’Ilva..
Vorrei ricordare che quando Calenda era al Mise è arrivato l’accordo con Arcelo-Mittal. La stessa Arcelor Mittal che dal 2018 al 2020 ha cambiato tre volte il piano industriale, sempre al ribasso, fino a quando non è dovuto intervenire lo Stato. Ad ogni modo io sono dalla parte di quelle famiglie che a causa dell’Ilva hanno vissuto un dramma. E sono orgoglioso di aver presentato l’esposto nel 2010 che ha portato all’inchiesta Ambiente svenduto (il processo, in primo grado, ha portato a condanne per un totale di 300 anni di carcere per disastro ambientale, ndr). Quando parla di Ilva, Calenda faccia qualche minuto di silenzio.
A proposito di rigassificatore, invece, oggi su Twitter è andato in scena un botta e risposta tra il leader di Azione e Paolo Fedeli, storico portavoce di Sinistra italiana, proprio su Piombino. Ci spiega perché voi e SI siete contrari?
Il problema non è il rigassificatore in sé. Siamo per le rinnovabili, proponiamo un piano strategico per fare in modo che entro il 2030 l’80% dell’energia elettrica sia prodotta con l’eolico e il solare, dopodiché però lo sappiamo che per il momento non si può che usare il gas (certo, poi bisogna anche farlo sapere che il gas che arriva dagli Usa lo paghiamo il 40% in più e che i profitti dell’Eni sono aumentati del 670% negli ultimi sei mesi..). In quest’ottica, quindi, il problema è dove hanno deciso di mettere ilrigassificatore: lo collocano in un porto, praticamente davanti a una città. Se serve, deve stare al largo, di modo che in caso di emergenza, di qualche problema, la popolazione non corra rischi.
Altri temi su cui puntate?
Sempre nell’ottica dell’attenzione all’ambiente e delle politiche energetiche, siamo favorevoli a un largo uso dello smart working. Mica come Brunetta, che chiamava fannulloni quelli che ne usufruivano. E, sul solco della Spagna, siamo per delle forti agevolazioni sul trasporto pubblico. Vediamo di buon occhio anche l’idea di renderlo gratuito, almeno in alcuni casi e per uno spazio temporale limitato.
C’è poi la questione del nucleare. Su questa, voi e Azione siete agli antipodi.
Io non capisco perché Calenda parla sempre di competenza, se poi non sa i numeri. Prendiamo l’esempio della Francia: il Paese ha una tecnologia all’avanguardia, ma in questo momento ha gran parte delle centrali nucleari ferme, per vari motivi, tra cui la siccità. Il governo è stato costretto alla nazionalizzazione, e questo significa aumento di costi pubblici. Senza contare che i lavori per la costruzione del terzo reattore della centrale di Flamanville sono iniziati nel 2007 e avrebbero dovuto costare 3,5 milioni. Bene: l’opera ancora non è finita e i costi sono quadruplicati, con la conseguenza che il costo dell’energia in Francia è di molto superiore a quello di Germania e Italia. Calenda, insomma, ci vuole costringere a progetti che sono assolutamente onerosi per le casse dello stato. A proposito di nucleare, vorrei aggiungere una cosa.
Prego.
Non capisco il silenzio di +Europa. Con i radicali sia negli anni ’80 che nel 2011 abbiamo fatto insieme battaglie contro il nucleare. Ricordo benissimo quando, 2011, siamo stati fianco a fianco con Pannella in questa lotta. Ora che Azione propugna il nucleare come soluzione ai problemi energetici non dicono nulla. Perché?
(da agenzie)
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Luglio 31st, 2022 Riccardo Fucile
I RADICALI FACEVANO RUOTARE I PARLAMENTARI A META’ MANDATO, UN VERO ANTIDOTO ALLE INCROSTAZIONI DI POTERE
Altro che due mandati. Gli ultimi che in Italia hanno provato a limitare la durata dei politici al potere, prima di Grillo, li facevano ruotare a metà mandato. Due anni e mezzo, e poi via.
Dieci anni è troppo, inutile e crudele. Troppo, perché due lustri sono un’eternità; inutile, perché come dimostrano i grillini quasi tutti trovano trucchi per continuare; crudele, perché dopo un tempo così lungo è un’agonia tornare al precedente lavoro (Vito Crimi era dovuto emigrare da Palermo a Brescia per fare fotocopie in tribunale) o reperirne uno nuovo.
Una suora divorzista, un obiettore antimilitarista, un intellettuale omosessuale e un avvocato garantista: questi furono i primi deputati che nel 1976 i radicali scelsero per subentrare a metà mandato ai loro primi quattro eletti (Pannella, Bonino, Mellini e Adele Faccio).
Erano arrivati secondi nelle preferenze: suor Marisa Galli, Roberto Cicciomessere, Angelo Pezzana e Franco De Cataldo. Cominciarono da subito a frequentare Montecitorio come deputati supplenti: aiuto prezioso che raddoppiava le forze, visto che non esistevano ancora i portaborse. La mossa dei radicali ebbe particolare risonanza, perché già allora montava la polemica contro l’inamovibilità dei politici di carriera: in particolare dei democristiani, da trent’anni al governo senza interruzione. Le turnazioni radicali a metà mandato proseguirono nelle legislature successive, tanto che Pannella alla fine si ritrovò una pensione notevolmente decurtata.
Anche i verdi all’inizio promisero la rotazione a metà mandato. Ma dei consiglieri regionali e comunali eletti nel 1985 pochi mantennero l’impegno: fra gli altri Michele Boato in Veneto e Nanni Salio a Torino (dopo un solo anno). Spesso i verdi, per dimostrare il loro disinteresse verso le poltrone, si candidavano in ordine alfabetico.
Quindi quasi sempre ottenevano più preferenze quelli con cognome A o B. I quali però alla scadenza dei due anni e mezzo non lasciavano la carica, nonostante l’assoluta casualità della loro elezione.
Uno dei casi più spiacevoli avvenne a Milano. Non solo i consiglieri comunali Antoniazzi e Barone nel 1987 non si dimisero, ma vennero nominati assessori dal furbo sindaco socialista Pillitteri, che formò così la prima giunta rossoverde d’Italia.
Erano tempi duri per gli eletti di movimenti ‘alternativi’ che cedevano alle lusinghe del potere: vidi un assessore verde lasciare la sua auto blu a un isolato dall’assemblea di partito cui doveva partecipare, e arrivare a piedi per non farsi notare. I grillini odierni invece ci hanno messo poco ad adeguarsi.
Da sempre nelle democrazie il divieto di ricandidarsi è considerato il principale antidoto alle incrostazioni di potere.
2500 anni fa Atene e Roma stabilirono in un anno la durata di arconti e consoli, oggi i presidenti Usa e francesi hanno limiti di otto e dieci anni. Ma il record di velocità appartiene ai priori della repubblica di Firenze: a casa dopo soli due mesi.
(da Huffingtonpost)
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Luglio 31st, 2022 Riccardo Fucile
LEI HA CHIESTO A TUTTI GLI INVITATI DI VESTIRSI COME DEI 15ENNI, MA LUI (CHE NORMALMENTE SI VESTE ANCHE PEGGIO) SI È SOTTRATTO AL DIKTAT
L’anti-Papeete è un party nella piscina della villa del suocero, accanto alla compagna che festeggia i trent’anni. Il leader della Lega si è calato nella parte senza pose da guest star. “Piacere, Matteo”, si è presentato agli ospiti, per lo più amici coetanei di Francesca Verdini, e con tutti ha chiacchierato evitando anche l’eccesso di selfie, limitando al minimo insomma il marchio di fabbrica della sua comunicazione. Una conversazione con tutti, qualche battuta sulle elezioni, persino il dovere da fidanzato di aiutare a portare alcune portate alla tavola del banchetto.
Salvini non si è sottratto, ha partecipato senza pose a un party riservatissimo, per il quale Francesca aveva rivolto agli invitati una sola richiesta: “Vestitevi come quando avevate quindici anni”. L’unica indicazione che Salvini non ha rispettato.
Ma anche lui è finito in costume, a salutare il compleanno di Francesca, ma lontano dai riflettori della riviera romagnola, dove pure lo attendono oggi. Ma il capo del Carroccio farà solo una rapida apparizione dalle parti di Cervia, per l’intervento programmato, stasera, alla tradizionale festa leghista. Dalle parti dello stabilimento dell’amico ed eurodeputato Massimo Casanova non si farà vedere, o lo farà pochissimo. Questione di scaramanzia, visti i precedenti, o di timori di un contraccolpo sul voto ormai alle porte.
Ma da Francesca no, Salvini non poteva mancare. Ha chiesto al suo staff di organizzare un appuntamento pre-elettorale a Firenze, un incontro con i dirigenti locali della Lega. Un’oretta e mezzo nella sede del partito in una zona periferica della città, per poi lasciarsi il pomeriggio libero e fare rotta su casa Verdini, nella piscina della villa di famiglia di proprietà di Denis, l’ex senatore ai domiciliari per il crac del Credito cooperativo fiorentino.
Sicuramente un compleanno differente rispetto a quello dello scorso anno, che Francesca Verdini festeggiò sul litorale romano, in uno stabilimento balneare di Ostia, tra torta, fuochi d’artificio in riva al mare e karaoke con due ospiti d’eccezione, Al Bano e Pupo. La figlia di Denis Verdini, in canottiera e pantaloni con degli strappi, e Salvini, in camicia bianca e jeans, si presentarono agli invitati percorrendo la passerella all’aperto del locale lasciandosi andare a un lungo bacio. Il bis, per i trent’anni, sulle colline fiorentine.
(da La Repubblica)
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Luglio 31st, 2022 Riccardo Fucile
CONTE STA BLOCCANDO IL RITORNO DI DI BATTISTA. E NON SI È DISPERATO PER LO STOP AL DOPPIO MANDATO CHE IMPEDISCE L’AVANZATA DELLA RAGGI
Il rischio, sempre più concreto, è quello di trovarsi solo. Accerchiato. In mezzo a una ridotta di barricaderi che non è affatto sicuro di poter controllare. Soprattutto se in campo, come sembra sempre più probabile, ci sarà di nuovo lui, che è il più barricadero di tutti: Alessandro Di Battista.
Sono ore complicate, per Giuseppe Conte. Stretto tra alleanze che non decollano (il fronte alla Melenchon con Sinistra italiana sembra già morto prima di nascere), liste da compilare in un pugno di giorni e un Beppe Grillo di nuovo protagonista sulla scena. E un timore che cresce. Quello che nella prossima legislatura, gli eletti che l’avvocato riuscirà a riportare a Montecitorio e Palazzo Madama con ogni probabilità molti meno rispetto ai circa 160 di oggi non rispondano a lui.
Si legge così il tentativo, finora riuscito a metà, di stoppare il ritorno di figure pesanti, per il Movimento. Volti storici della prima ora, paladini del Vaffa. Come Dibba. I due non si sentono da tempo. Anche perché i rapporti, tra il presidente M5S «colpevole» di aver avallato il governo Draghi e l’ex deputato improvvisatosi autore di reportage dalla Russia, non sono mai stati affettuosi. Oggi meno che mai. «Se Di Battista ritornerà ha già messo in chiaro Conte troverà un nuovo corso. Dovrà accettare nuove regole».
Come a voler rimarcare chi è che, nonostante tutto, siede a capotavola.
Un posto che l’avvocato non è così sicuro di poter mantenere a lungo, in futuro. Chi lo conosce lo dice da tempo: «La parte del leader dell’opposizione dura e pura non gli si addice. Non è tagliato per il Vaffa».
Lui lo sa, ed è anche per questo che fino all’ultimo ha tentennato sulla scelta di dare il benservito a Draghi. Poi, quando le elezioni sono diventate una certezza, ha insistito a lungo con il Garante per riportare in parlamento almeno una parte della sua cerchia di fedelissimi.
Paola Taverna, Vito Crimi, magari un po’ di quei senatori che fino all’ultimo lo hanno seguito nelle giravolte sull’esecutivo. Niente da fare: tutti spazzati via dalla tagliola del no al terzo mandato imposta da Grillo. Puf. Tra i pochi che dovrebbero salvarsi: Stefano Patuanelli, posto che venga rieletto.
Ed ecco che per l’avvocato si è materializzato uno spettro. Quello di vedersi sfilare il partito dalle mani dall’unico zoccolo duro rimasto. Quello degli oltranzisti, dopo che la componente più moderata è passata con Di Maio, mentre l’emorragia sembra tutt’ altro che finita. Per questo Conte non si è disperato quando, applicando il niet di Beppe Grillo a qualunque deroga, è venuto fuori che neanche Virginia Raggi sarebbe potuta tornare in campo. «La regola deve valere per tutti», pare si sia tagliato corto a Campo Marzio. E Raggi, che un anno fa è stata rieletta in Campidoglio (dopo un mandato zero da consigliera e un altro da sindaca), è rimasta fuori.
Non così per Chiara Appendino, ex prima cittadina di Torino che ha già ricevuto il via libera per tentare la corsa al seggio. Lo stesso vale per Di Battista. La base lo reclama, Grillo vede in lui la speranza di risollevare quel 10% che i sondaggi attribuiscono ai 5stelle. E lui, dai social, già tuona contro «i politici professionisti che pensano solo alla poltrona». Come ai vecchi tempi. Conte, invece, ne farebbe volentieri a meno. Ed ecco che, dagli uffici pentastellati, emerge un cavillo per provare a fermarlo. Perché il nuovo regolamento del M5S prevede che, per candidarsi, si debba essere iscritti alla piattaforma Skyvote da almeno sei mesi.
E Dibba dal Movimento è uscito oltre un anno fa. Dunque, si ragiona a Campo Marzio, avrebbe bisogno di una deroga, che dovrebbe fornirgli il Garante. Che però sulle deroghe di qualunque sorta è già stato chiaro. Roba da azzeccagarbugli, insomma. O, più semplicemente, da avvocati.
(da Il Messaggero)
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Luglio 31st, 2022 Riccardo Fucile
E LANCIA UNA COMMISSIONE D’INCHIESTA SUI RAPPORTI TRA PARTITI E RUSSIA
“In vista della presentazione del nuovo progetto politico, che avverrà domani, posso dirvi il nome: si chiamerà Impegno Civico e rappresenta il principio di responsabilità civica evocato ieri da Papa Francesco”.
Lo ha detto Luigi Di Maio a Mezz’ora in più su Rai3. “Lancio un appello a tutti leader – ha proseguito Di Maio – Propongo di sottoscrivere una lettera alla commissione europea per sostenere il governo Draghi, al di là delle differenze politiche, nella battaglia sul tetto al prezzo del gas nei negoziati europei. Per dargli forza serve che le forze politiche si uniscano. Con il tetto passeremmo da 216 a 80 euro a megawatt/ora”.
“Ci sono pettegolezzi su un collegio sicuro per lei a Modena”, ha detto Lucia Annunziata ricevendo immediata replica dal ministro degli esteri: “Prima di tutto smentisco. Aggiungo poi una cosa tecnica: entro il 14 agosto si devono presentare simboli e coalizione, poi le liste. E se non esiste una coalizione come si fa a trattare per i collegi?”.
Sul rapporto con il Partito democratico, Di Maio ha aggiunto: “Abbiamo governato insieme e condiviso progetti negli ultimi anni. Con Letta c’è un rapporto di stima reciproca. Dopo la caduta del governo Draghi, è nato un fronte draghiano che pensa che quelle politiche si debbano portare avanti. Se questo fronte è disunito vincono gli altri”, quelli che hanno aperto la crisi.
A proposito dei presunti rapporti intrattenuti da esponenti politici nostrani col Cremlino, il titolare della Farnesina ha detto che “ci sono più ombre che luci. I legami tra forze politiche e leader italiani e mondi politici ed economico-finanziari russi sono da accertare. Faccio una proposta: quando inizia la nuova legislatura, istituiamo una commissione di inchiesta che accerti i legami fra leader e partiti politici italiani e mondi politici economici e finanziari russi. Mi auguro ci possa essere l’unanimità su una legge per istituirla”.
Il Movimento 5 Stelle? “Conte ha accentrato tutti i poteri, ha smantellato il M5S e ne ha fatto un partito autoreferenziale e padronale. Ne ha fatto il suo partito. Grillo se ne sta accorgendo e, anche se in ritardo, sta provando a intervenire”, ha detto Di Maio. Ancora: “Conte è stato presidente del consiglio e si pensava che alla guida del Movimento avrebbe intrapreso un percorso istituzionale. E invece l’ha radicalizzato. La radicalizzazione lo ha isolato”.
Tornando sul progetto politico condiviso con Tabacci, il ministro degli esteri ha detto: “Tutti dobbiamo sentire la responsabilità di partecipare. È un momento storico importante”. Il progetto coinvolgerà tanti amministratori locali, “gli eroi dei nostri territori che senza strumenti e fondi hanno trovato soluzioni per migliorare la qualità della vita degli italiani”. Domani saranno presentati il simbolo e il programma del partito, che Di Maio ha descritto come “una forza politica riformatrice con una grande attenzione alla transizione ecologica e digitale, gli assi portanti del Pnrr italiano”. Sarà una forza il più plurale possibile, che aggreghi quei mondi dei territori che spesso sono ignorati. Il terzo settore, lo sport, il mondo dell’ecologia. Domani, alla presentazione, ci saranno tante sorprese”. I numeri? “Lo decideranno i cittadini”.
(da Huffingtonpost)
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Luglio 31st, 2022 Riccardo Fucile
APPRODO DA PARAGONE PER IL PORTUALE NO VAX
Stefano Puzzer si candida alle elezioni. Il leader della protesta dei lavoratori portuali di Trieste, diventato poi leader delle manifestazioni No Green pass nella città, correrà nelle liste di Italexit, il partito di Gianluigi Paragone dalle note posizioni No vax.
Con lui saranno in lista anche Andrea Donaggio e Franco Zonta, gli altri due fondatori del Comitato “La gente come noi”.
A darne notizia è il sito Trieste Cafè. «Abbiamo preso quei ragazzi che alcuni mesi fa si sono ritrovati con il getto degli idranti addosso», ha detto Paragone annunciando l’ingresso dei tre nel partito. Lo stesso Puzzer lo ha poi confermato all’agenzia di stampa Ansa. «Il programma politico è battaglia contro il vaccino obbligatorio, contro il Green pass e contro l’invio di armi all’Ucraina, con una particolare attenzione ai problemi finanziari dell’Italia, che sembra tutti sottovalutino», ha detto Puzzer.
(da agenzie)
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Luglio 31st, 2022 Riccardo Fucile
ACCORDO CON IL TANDEM MSC-LUFTHANSA PER L’ACQUISIZIONE RISPETTIVAMENTE DEL 60% E DEL 20% (IL RESTO RIMANE PER ORA AL TESORO) DI ITA… CONVIENE INCASSARE ADESSO I I 900 MILIONI OFFERTI DA MSC-LUFTHANSA PRIMA CHE IL PASSIVO AUMENTI
La sorte di Ita Airways è tutta nelle mani di Mario Draghi. Il premier, dopo averci riflettuto a lungo, dovrebbe dare il via libera alla privatizzazione la prossima settimana.
Per la verità in molti si aspettavano un ok già giovedì scorso in Cdm, ma il premier ha preferito prendersi altro tempo, mettendo in fila i passi fatti nella lunga procedura di vendita. E, sopratutto, analizzando i rischi non piccoli legati ad un ulteriore allungamento delle scadenze.
Il presidente del Consiglio vuole mantenere gli impegni presi con Bruxelles che, come noto, ha consentito la nascita di Ita dalle ceneri di Alitalia a patto che poi la nuova compagnia potesse volare da sola, senza aiuti statali.
Da qui, di là di altri cavilli procedurali e del fuoco di sbarramento di alcune frange politiche che non vedono di buon occhio la cessione, la scelta di andare avanti, facendo lo slalom tra gli slogan dei partiti ora impegnati a far campagna elettorale, alcuni dissensi all’interno dello stesso ministero dell’Economia e le spinte che vengono dall’estero a favore di questa o quella cordata: gli Usa a favore di Certares-Air France-Delta e Berlino che tifa per Msc-Lufthansa. Ma per Palazzo Chigi il dado sembra ormai tratto. Non si torna indietro. Visto che il via libera, dopo una serie di verifiche e controlli, rientra negli ampi poteri concessi al premier dimissionario. Al primo Cdm utile sarà disco verde.
Del resto, l’accordo con il tandem Msc-Lufthansa per l’acquisizione rispettivamente del 60 per cento e del 20 per cento (il resto rimane per ora al Tesoro) di Ita sarebbe già nelle cose, con l’offerta scritta nero su bianco sul tavolo del capo del governo.
Un documento corposo con le sinergie delineate nel settore cargo e trasporto passeggeri, l’incremento della flotta e delle rotte, le garanzie occupazionali e su Fiumicino, gli equilibri sul fronte della governance con le tutele per l’azionista Tesoro.
La vendita – e su questo tema l’Europa è particolarmente attenta – è incastonata in un Dpcm pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dal 2 marzo, che segna i passaggi e i paletti da rispettare anche se non sono fissati limiti di tempo precisi. Un dettaglio non da poco ma che va superato, anche perché il consigliere del premier, l’economista Francesco Giavazzi, non ha dubbi sul fatto che bisogna chiudere il dossier subito, certamente non sotto la data delle elezioni, quando il tema potrebbe sollevare gli appetiti dei partiti e far naufragare l’operazione ad un passo dal traguardo.
Insomma, meglio evitare strumentalizzazioni e aderire al pressing dei sindacati che chiedono di aprire la fase nuova. A rischio ci sono molti posti di lavoro, partendo dagli accordi con le società per la gestione dell’handling e della manutenzione legate al futuro di Ita, per finire a quelli della stessa compagnia e al bacino in Cig degli ex Alitalia.
A ciò si deve aggiungere che sotto il profilo dei numeri questo è il momento ideale per una trattativa non subìta, visti i numeri lusinghieri che Ita sta sfornando in questi mesi e che superata l’estate potrebbero non essere più così esaltanti. E senza un socio forte, in grado di fare gli investimenti necessari, il destino di Ita – non ha caso il cda ha chiesto una iniezione da 400 milioni al Tesoro – sarebbe nelle mani dell’imprevisto. Draghi, dicono i suoi collaboratori, non vuole lasciare il lavoro a metà, proprio lui che fu protagonista e garante delle privatizzazioni.
A Ita del resto serve una prospettiva certa e più soldi in cassa in vista della stagione autunnale quando i ricavi tendono a ridursi.
In sostanza i 400 milioni chiesti al Tesoro – autorizzati dagli accordi con l’Antitrust Ue che si aggiungono ai 720 milioni già erogati, sono un salvagente che potrebbe sgonfiarsi a fine anno. Meglio quindi porre fine al supporto di Stato e incassare i 900 milioni offerti da Msc-Lufthansa. Anche perché tra rincaro dei carburanti, concorrenza in aumento e turbolenze internazionali, il naturale rallentamento delle vendite di biglietti rischia di costare caro alla casse pubbliche. Ben oltre il miliardo e 200 milioni già pianificato.
(da Il Messaggero)
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Luglio 31st, 2022 Riccardo Fucile
2% DI ADEGUAMENTO INFLAZIONE PER I PENSIONATI
Raddoppio dell’esonero contributivo, anticipo della rivalutazione della pensione e la conferma delle misure già applicate dell’azzeramento degli oneri di sistema sulle bollette e dell’estensione almeno fino a tutto settembre dello sconto di 30 centesimi sui carburanti.
Questi i provvedimenti contenuti nel prossimo Dl aiuti del governo, in preparazione per la prossima settimana.
Alla fine l’esecutivo ha deciso di abbandonare la strada della replica del bonus 200, inserito nel precedente decreto legge, e di puntare invece su un’ulteriore riduzione del costo del lavoro dipendente per le retribuzioni fino a 35 mila euro l’anno (2.692 mensili).
L’esonero contributivo
Attualmente, la riduzione del versamento dei contributi, che si traduce in un incremento in busta paga, è dello 0,8 per cento. A questa si vorrebbe aggiungere un ulteriore taglio dell’1 per cento, per cui l’aliquota contributiva a carico del lavoratore scenderebbe temporaneamente al 7,39 per cento, portando a un incremento mensile, nel caso del livello più alto di reddito, di 75 euro. La misura dovrebbe avere un effetto retroattivo e applicarsi anche al mese già concluso di luglio, per poi durare almeno fino a dicembre. Successivamente potrebbe diventare strutturale, se il prossimo governo volesse accogliere la richiesta dei sindacati.
Le pensioni
Da settembre, i pensionati avranno un anticipo della rivalutazione della pensione, in una misura intorno al 2 per cento. Un provvedimento pensato per adeguare gli assegni pensionistici, che solitamente vengono calcolati sulla base dell’andamento dell’inflazione nell’anno precedente, alla brusca accelerazione dei prezzi del 2022, che hanno superato di molto la percentuale dell’1,7 per cento (poi aumentata in questi mesi all’1,9 per cento) calcolata sul 2021.
Dal prossimo gennaio dovrebbe poi scattare un aumento definitivo su un andamento medio superiore e vicino all’8 per cento.
Gli altri interventi
Per il resto il decreto dovrebbe contenere la conferma dell’azzeramento degli oneri di sistema sulle bollette anche per il quarto trimestre dell’anno e l’estensione, almeno fino a tutto settembre, dello sconto di 30 centesimi sui carburanti, che al momento si applica fino al 21 agosto. Per quanto riguarda la possibile riduzione dell’Iva sui beni di prima necessità, questa ipotesi è ancora nel menù, ma se ne stanno valutando con attenzione gli effetti e la possibile durata.
(da agenzie)
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