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IL GOVERNATORE DELL’ABRUZZO MARSILIO (FDI) E GLI INSULTI SESSISTI A CARFAGNA E GELMINI:”DAI FESTINI DI ARCORE A GRANDI STATISTE”

Luglio 29th, 2022 Riccardo Fucile

CALENDA: “PICCOLO TROGLODITA”… SERRACCHIANI: “PAROLE IGNOBILI”… BELLANOVA: “PAROLE SCHIFOSE”… DI MAIO: “MELONI PRENDA LE DISTANZE”

«A me dispiace vedere due care amiche come Mariastella Gelmini e Mara Carfagna fare quella scelta. Due persone che fino a ieri erano considerate delle poco di buono oggi sono due nobildonne e due grandi statiste che salvano il mondo e l’Europa dalla cattiva destra sovranista». Marco Marsilio (Fdi), presidente della Regione Abruzzo, ha commentato così il passaggio delle due ormai ex forziste ad Azione, ufficializzato nelle scorse ore.
Marsilio ha prima parlato delle due ministre come «frequentatrici dei salotti e dei festini di Arcore»
Immediata è stata la risposta dal nuovo partito di Gelmini e Carfagna. Prima il leader Carlo Calenda ha detto a proposito di Marsilio: «Dimostra di essere un piccolo troglodita. Mi spiace per la Regione Abruzzo. Meriterebbe di meglio».
Poi anche Matteo Richetti, presidente di Azione, ha invitato la presidente di FdI Giorgia Meloni a esporsi sull’accaduto: «Spero che dica qualcosa su questo modo di offendere due donne impegnate nelle istituzioni».
Una ferma condanna è arrivata anche dal Pd. «Parole ignobili», ha detto Debora Serracchiani, capogruppo alla Camera: «Mi auguro che uomini e donne della destra prendano le distanze da tanta inciviltà».
Poi anche la sua omologa al Senato, Simona Malpezzi, si è detta «basita» per queste «parole che confermano tristemente l’opinione che la destra ha delle donne». Infine, Michele Fina, segretario del Pd abruzzese, ha chiarito che «questa grettezza non appartiene all’Abruzzo e agli abruzzesi».
Elena Bonetti, ministra per le Pari opportunità e la famiglia, ha attaccato: «Che vergogna, Marsilio. Che volgarità e che bassezza». Sempre da Italia Viva è arrivato il commento dell’ex ministra Teresa Bellanova: «Parole davvero intollerabili, anzi schifose». E
anche il fondatore di Insieme per il futuro, Luigi Di Maio, ha espresso «solidarietà a Mariastella Gelmini e Mara Carfagna» chiedendo che «Giorgia Meloni si scusi immediatamente e prenda le distanze».
(da Open)

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IL VIDEO CHOC DALL’UCRAINA: SI VEDE UN SOLDATO RUSSO CHE EVIRA UN PRIGIONIERO UCRAINO CON UN TAGLIERINO

Luglio 29th, 2022 Riccardo Fucile

IL CRIMINALE RUSSO FAREBBE PARTE DEL BATTAGLIONE CECENO “AKHMAT”… E IN ITALIA CI SONO POLITICI CHE “TRATTANO PER LA PACE” CON GLI EMISSARI DI QUESTI PENDAGLI DA FORCA

Dopo essere stato catturato dai soldati russi un militare ucraino prigioniero è stato torturato e castrato con un taglierino.
È quanto emerge da un video che sta circolando da ore sui social network e che in un primo momento era stato pubblicato su un canale Telegram filorusso: il filmato mostra quello che sembra essere un soldato o un mercenario russo che indossa un caratteristico cappello nero con le frange, mentre taglia i testicoli di un prigioniero che sembra essere un soldato ucraino catturato, circostanza che si deduce da una tuta mimetica in uso alle forze armate di Kiev.
Dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina sono state formulate diverse accuse di crimini di guerra contro i soldati russi.
Il governo di Vladimir Putin ha finora negato categoricamente ogni addebito, ma in un recente rapporto Amnesty International parla di “prove inconfutabili”. Nel dossier, in particolare, si parla degli attacchi aerei illegali sulla città Borodyanka, come delle esecuzioni di massa a Bucha, Andriivka, Zdvyzhivka e Vorzel.
La segretaria generale di Amnesty, Agnès Callamard, ha dichiarato: “Il modello di crimini commessi dalle forze russe che abbiamo documentato include sia attacchi illegali sia l’uccisione volontarie di civili. Abbiamo incontrato famiglie i cui cari sono stati uccisi in attacchi orribili e le cui vite sono cambiate per sempre a causa dell’invasione russa”. L’organizzazione ha affermato di sostenere le richieste di giustizia delle famiglie colpite dalla guerra “e invitiamo le autorità ucraine, la Corte penale internazionale e altri a garantire la conservazione delle prove che potrebbero supportare futuri procedimenti penali per crimini di guerra”.
Il prigioniero giace inerme sul pavimento ed ha le mani legate dietro alla schiena mentre un uomo in uniforme russa, con una scritta “Z”, usa un taglierino per tagliargli prima i vestiti e poi castrarlo. Nel video, che non pubblichiamo data la crudezza delle immagini, si possono vedere altri due uomini, anche loro probabilmente militari russi.
In un post pubblicato all’epoca sul canale Telegram RIA Novosti, l’agenzia di stampa russa ha identificato l’uomo come parte del battaglione ceceno “Akhmat” dell’esercito russo.
(da agenzie)

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“SOSTERRÒ CON CONVINZIONE ATTILIO FONTANA”: “DON ABBONDIO” GIORGETTI NON HA INTENZIONE DI SCENDERE IN CAMPO IN LOMBARDIA

Luglio 29th, 2022 Riccardo Fucile

NON AVEVAMO DUBBI: QUEL CUOR DI STRACCHINO DEL VICESEGRETARIO DELLA LEGA, CHE NON È RIUSCITO A EVITARE LA CADUTA DEL GOVERNO DRAGHI, NON HA IL CORAGGIO DI CANDIDARSI E RISCHIARE DI PERDERE

Sulla stampa emerge la suggestiva ipotesi di una candidatura di Giancarlo Giorgetti alla presidenza della Regione Lombardia. Ma il rumour non trova riscontro nei piani alti di palazzo Lombardia. “Il nostro candidato è Attilio Fontana“, ribadiscono infatti fonti qualificate della Lega, commentando i retroscena su una possibile candidatura del ministro dello Sviluppo economico per le prossime regionali.
Secondo quanto riportato questa mattina dalla stampa, la questione delle candidature per le elezioni regionali sarebbe stata affrontata nel vertice di centrodestra che si è tenuto ieri a Montecitorio tra i leader dei partiti della coalizione. Il nome di Giorgetti sarebbe emerso per superare lo stallo dovuto allo scontro tra il presidente uscente Attilio Fontana e la sua vice, Letizia Moratti.
In seguito, arriva la smentita dello stesso Giorgetti, il quale “pur ringraziando per l’iniziativa che ha appreso oggi da alcuni quotidiani”, stando a quanto apprende la ‘Dire’ ai suoi più stretti collaboratori ha confidato di “non essere disponibile a una eventuale candidatura per la presidenza della Lombardia” e che “sosterrà con convinzione Attilio Fontana“. Peraltro, Giorgetti fa sapere di essere stato “il primo a esprimersi in favore del rinnovo dell’attuale governatore, al quale lo lega un rapporto di stima politica e amicizia personale”.
(da Dire)

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CALENDA VUOLE CORRERE DA SOLO, TENSIONI CON EMMA BONINO CHE MINACCIA DI TOGLIERGLI IL SIMBOLO

Luglio 29th, 2022 Riccardo Fucile

IN CASO DI STRAPPO IL LEADER DI AZIONE SAREBBE COSTRETTO A RACCOGLIERE LE FIRME PER PRESENTARSI ALLE ELEZIONI E IL TEMPO E’ POCO

Carlo Calenda sta pensando di correre da solo alle prossime elezioni politiche. La scelta di non allearsi con il Pd, però, potrebbe avere ripercussioni pesanti sul leader di Azione: secondo quanto ricostruito da Luca Romano su Il Giornale, Emma Bonino sarebbe pronta a togliergli il simbolo, costringendolo a raccogliere le firme per partecipare alle elezioni.
Azione, infatti, non avendo un gruppo in parlamento e non essendo presente alle ultime elezioni deve ricorrere al simbolo di +Europa, che Bonino ha messo a disposizione, a condizione che Calenda si allei con il Pd e con il resto del centrosinistra.
L’ex ministro dello Sviluppo economico, però, non vede di buon occhio l’idea di fare campagna elettorale con Roberto Speranza, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli. In caso di strappo, Calenda avrebbe poco tempo per raccogliere le firme necessarie (36.750 per la Camera e 19.500 per il Senato, 750 per ogni collegio): la deadline per consegnarle è fissata a un mese prima del voto. Azione ha così commissionato un sondaggio a uso interno, nella speranza che il risultato supporti l’idea di una corsa in solitaria
(da agenzie)

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CONFINDUSTRIA, LA CADUTA DEL GOVERNO HA FATTO VENIRE A GALLA IL DISSENSO STRISCIANTE PER LA GESTIONE DI BONOMI

Luglio 29th, 2022 Riccardo Fucile

ACQUIESCENTE CON LA DESTRA PER LA PROMESSA DELLA MELONI DI NOMINARLO MINISTRO DELL’INDUSTRIA? LA BATTAGLIA PER LA SUCCESSIONE È GIÀ PARTITA, CON IL VENETO ENRICO CARRARO CHE È GIÀ USCITO ALLO SCOPERTO

Non una, ma due campagne elettorali.
Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, rischia di ricordare l’estate 2022 come un brutto sogno: da una parte lo scossone della politica, che terremota il governo Draghi e fa inferocire una base di imprenditori che accusano il loro leader di essere stato troppo tiepido nella difesa del governo; dall’altra la campagna elettorale, strisciante ma non per questo meno insidiosa, che ben due anni prima della scadenza del presidente si è già scatenata per la successione a viale dell’Astronomia.
Ironia della sorte, a dar fuoco alle polveri delle contestazione sono prima di tutto i confindustriali veneti e friulani – gente tutta azienda e Lega – che questa volta vedono messo a rischio non solo un presidente del Consiglio con cui si sentivano in piena sintonia, ma i loro stessi bilanci.
L’incubo dell’ingovernabilità, o più semplicemente di un governo che non sia all’altezza di tempi così complessi, si traduce a queste latitudini nel terrore per una crisi economica che potrebbe spingere l’Italia ai margini dell’Europa e colpire le aziende esportatrici. Così – racconta chi ogni giorno tasta il polso di quel mondo, a cui ieri ha dato voce con un’intervista a La Stampa il presidente di Confindustria Veneto Enrico Carraro – non si contano le telefonate e i messaggi che gli imprenditori del Nord Est hanno mandato direttamente a Matteo Salvini, tacciato di avventurismo, o ai due governatori leghisti di veneto e Friuli Venezia Giulia, con toni tra il preoccupato e l’irridente per i risultati della loro azione.
E non che le preoccupazioni siano concentrate solo in quello spicchio del Paese: dall’Emilia Romagna a quei cinquanta chilometri di Lombardia manifatturiera sulla linea Bergamo- Brescia, i ragionamenti sono simili, uniti alla voglia di lanciare inziative a favore di Draghi e alla crescente insopportazione per il silenzio di Bonomi e dei vice.
Anche per questo, martedì scorso, il presidente ha fatto partire le convocazioni per un consiglio generale straordinario di Confindustria che si è riunito ieri mattina. Il “Parlamentone” – 180 persone – degli industriali ha risposto compatto, sebbene quasi tutto in teleconferenza, magari dal mare o dalle valli alpine, ed ha approvato un documento in diciassette punti, con tanto di preambolo, che di fatto ribadisce le linee guida dell’associazione.
E dunque vincolo indissolubile alla costruzione europea, necessità di mantenere l’equilibrio delle finanze pubbliche, responsabilità per le sfide economiche che attendono l’Italia; fondamentale proseguire con la messa a terra del Pnrr… In pratica un’Agenda Draghi nella quale manca però proprio quel Draghi, poco difeso – è l’accusa – dai vertici confindustriali.
Dopo l’incontro di ieri è probabile che viale dell’Astronomia ritrovi la voce: del resto il ragionamento di Bonomi è stato che il sostegno a Draghi era cosa già nota e che di fronte alle contorsioni della politica era meglio riunire il massimo organo assembleare degli industriali; magari sottolineando – come hanno fatto ieri gli ex presidenti Abete e Boccia – che interviste come quella di Carraro non fanno bene al sistema.
Basterà questo per sopire i dissensi, quando già da tempo c’è chi cerca di trasformare i mal di pancia della base confindustriale in alternativa al vertice? L’alternativa, o le alternative, per ora non si palesano; in compenso i mal di pancia sono abbondantissimi e assai pronti a manifestarsi, sotto forma di un catalogo di nefandezze attribuite a Bonomi financo esagerato.
Si va dalla presa di possesso “per usucapione” del Sole 24 Ore, attraverso il ricambio quasi totale del cda, alla creazione di una Luiss Business School con la natura di società per azioni, che si ipotizza destinata a un “buen retiro” del presidente, passando per le più note vicende della proposta avanzata da Bonomi (e prontamente rintuzzata) di una proroga delle cariche organizzative a causa del Covid e finendo con l’inedito spettacolo di un presidente degli industriali candidato anche al posto di numero uno della Lega Calcio.
Proprio quel fallo di mano in campo confindustriale apre adesso la strada alle illazioni più maliziose, in testa quella che vorrebbe un Bonomi acquiescente con la destra perché già baciato dalla promessa meloniana di un posto da ministro dell’Industria. Illazioni alimentate da alcune uscite improvvide della stessa Meloni che molti considerebbero ingiuriose, ma che il presidente di Confindustria non si è sentito finora di dover rigettare pubblicamente.
Due campagne elettorali, un’estate difficile e un autunno che sarà tutt’ altro che facile. Sarà anche in previsione di questo tour de force necessariamente secolare e profano, che il presidente ha già programmato di celebrare la prossima assemblea generale di Confindustria non nelle solite sedi istituzionali, ma con un incontro in Vaticano alla presenza di Papa Francesco. Un messaggio di pace? Di sicuro non per i suoi avversari interni, che con spirito goliardico e mirate allusioni al Ventennio, parlano già dei Patti Lateranensi di Bonomi.
(da “la Repubblica”)

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A CHE PUNTO SIAMO CON L’INVASIONE? BASTA FARE I CONTI PER SMENTIRE LA RETORICA DEI SOVRANISTI SUGLI IMMIGRATI

Luglio 29th, 2022 Riccardo Fucile

“NEL 2019, SOLO LO 0.40 PER CENTO DEGLI STRANIERI RESIDENTI IN ITALIA ERA IN PRIGIONE, DUE ANNI FA ERAVAMO ALLO 0.35, L’ANNO SCORSO ALLO 0.34, QUEST’ ANNO ALLO 0.33. ECCO, LE COSE VANNO SEMPRE MEGLIO, LO DICONO I NUMERI”

Le immagini da Lampedusa – duemila migranti ricoverati dove se ne potrebbero ricoverare trecentocinquanta – sono un giudizio divino sul lavoro del nostro ministero dell’Interno.
Però adesso a mettere a posto le cose arrivano i sovranisti con le loro erculee dottrine: blocchi navali ed estrosi decreti sicurezza, necessari alla sensibilità patriottica, toccata dall’invasione di stranieri e dalla criminalità che si portano appresso.
E allora mi sono chiesto, come va questa famosa invasione? Come siamo messi con la sostituzione etnica? Eh, insomma. Attualmente in Italia risiedono cinque milioni e 193 mila stranieri. L’anno scorso erano cinque milioni e 171 mila. In un anno sono aumentati di ventiduemila.
Per essere una sostituzione etnica, per di più nel tempo del governo delle élite radical chic, non va alla grande. Sette anni fa, nel 2015, gli stranieri residenti erano 5 milioni e 14 mila. Poco più di cinque milioni erano e poco più di cinque milioni sono. L’invasione mi batte un po’ la fiacca, ma c’è pur sempre l’emergenza criminalità.
Bene, a che punto siamo con l’emergenza criminalità di questi extracomunitari che non si integrano?
Secondo il rapporto Antigone uscito ieri, la percentuale di stranieri fra i detenuti è del 31.3 per cento.
Alta, ma più bassa dell’anno scorso, che era del 32.3 e molto più bassa del 2019, quando era al 33.4. Allora, nel 2019, lo 0.40 per cento degli stranieri residenti in Italia era in prigione, due anni fa eravamo allo 0.35, l’anno scorso allo 0.34, quest’ anno allo 0.33. Ecco, le cose vanno sempre meglio, dicono i numeri.
Mattia Feltri
(da “la Stampa”)

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GIULIANO URBANI, TRA I FONDATORI DI FORZA ITALIA E EX MINISTRO DI BERLUSCONI: ” FAR CADERE DRAGHI È STATO UN ERRORE STORICO. ORA LO STESSO PNRR È A RISCHIO”

Luglio 29th, 2022 Riccardo Fucile

“SALVINI COLTIVA VELLEITÀ INVECE CHE DISEGNI STRATEGICI. BRUNETTA, GELMINI E CARFAGNA SE NE SONO ANDATI E HANNO FATTO BENE: FORZA ITALIA E’ IL PASSATO”

“Mi vuol fare parlare del centrodestra? E io le dico che provo rancore, perché non mi convince”, risponde Giuliano Urbani, 85 anni, politologo liberale, ex ministro nei governi
Berlusconi, “un’esperienza a cui ormai guardo con malinconia”.
“Mi asterrò. E non è bello, perché in questa fase del Paese bisognerebbe costruire, e ogni contributo, anche il voto di ognuno di noi, è utile”.
Cosa pensa di Meloni premier?
“Sarebbe debole, debolissima. Ma tra tutti gli attori in campo mi sembra quella con il programma più chiaro: ne apprezzo la franchezza”.
Non è sorprendente questo suo giudizio?
“Sì, è ai miei antipodi, ma è riconoscibile, si sa cos’è”.
Su cosa?
“Sui migranti. È vero che l’Italia ha bisogno di immigrati, ma non di tutti. Servono figure qualificate. Siamo in condizione di operare questa selezione?”
Però ha appena detto che sarebbe un premier debole.
“Sì, perché alla fine nemmeno lei sa spiegare in cosa consisterebbe la sua rivoluzione conservatrice”.
Giuliano Ferrara dice che Meloni e Letta dovrebbero correre da soli.
“È una battuta. La campagna elettorale s’incattiverebbe ancora di più”.
Rino Formica vede rischi per la democrazia parlamentare.
“Io no. Per cambiare la Costituzione servono alleanze ampie, non le avranno, grazie al cielo”.
Non teme che trasformeranno l’Italia nell’Ungheria?
“Nemmeno questo. Penso che Salvini e Berlusconi non glielo consentiranno”.
Veramente Salvini è il più orbaniano di tutti.
“Sì, ma staranno dentro una coalizione con dei partiti di centro che non lo permetteranno”.
Lei si sarebbe tenuto Draghi?
“Assolutamente! Farlo cadere è stato un errore storico. Ora lo stesso Pnrr è a rischio”.
Perché?
“Per portarlo avanti servono chiare competenze. Draghi le aveva, chi andrà al governo non credo”.
Il centrosinistra non la convince?
“Sta insieme solo in funzione anti-Meloni. È un poco per pensare di vincere le elezioni”.
I moderati per chi voteranno?
“Si sparpaglieranno. Staranno un po’ di qua un po’ di là”.
Berlusconi spera di fare il presidente del Senato?
“Berlusconi è ancora convinto di essere forte, di arrivare prima della Meloni”.
Dice sul serio?
“Lui ci proverà, è nella sua natura. Ma è una speranza fondata sul nulla. Forza Italia rappresenta il passato”.
Brunetta, Gelmini e Carfagna, se ne sono andati
“Hanno fatto bene. Hanno difeso fino all’ultimo con coraggio le ragioni originarie di Forza Italia”.
Come giudica Salvini?
“È un altro che coltiva velleità invece che disegni strategici. Andremo incontro ad altre delusioni”.
(da La Repubblica)

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DOPO MESI A CIANCIARE DI ALLEANZE CON RENZI E CALENDA, GIOVANNI TOTI RITORNA NEL CENTRODESTRA

Luglio 29th, 2022 Riccardo Fucile

HA SBRAITATO CONTRO LEGA E FORZA ITALIA PER LA CADUTA DI DRAGHI MA IN LIGURIA GOVERNA CON LORO

FI resta fredda, Berlusconi non è certamente entusiasta del ritorno del figliol prodigo nel perimetro del centrodestra ma oggi Toti chiuderà la porta al centrosinistra.
Chiusa la fase del dialogo con Renzi, allontanate le sirene di Calenda, non c’è la possibilità di un centro che faccia da ago della bilancia
Due giorni fa al tavolo che ha deciso la distribuzione dei collegi Toti non è stato neanche invitato mentre c’era il sindaco di Venezia Brugnaro. A pesare sono state anche le sue affermazioni dopo la decisione del centrodestra di governo di non votare la fiducia a Draghi.
Il governatore aveva accarezzato l’idea di un fronte che portasse avanti l’agenda dell’ex numero uno della Bce e aveva lanciato accuse dure nei confronti di Lega e FI.
Per Toti che ieri ha visto la Lega c’è la priorità di non terremotare il governo della Regione, un eventuale suo passaggio nello schieramento avverso avrebbe portato al passo indietro di almeno tre assessori.
Anche se Salvini e Meloni pongono le loro condizioni: Toti torni, ma il suo percorso deve essere chiaro, basta oscillazioni di qua e di là.
Ma il rientro di Toti è interesse di tutti. In Liguria ci sono 4 collegi uninominali per la Camera e 2 per il Senato, e lì in passato il centrodestra ha perso le elezioni per una manciata di voti. Quindi la mano tesa: Toti è il ragionamento può fare la differenza. E si cercherà di venire incontro pure al malessere dell’Udc. Al tavolo infatti è stato deciso che sarà Forza Italia a farsi carico del partito di Cesa ma solo se non presenterà il simbolo dello scudocrociato e correrà nella formazione di Berlusconi.
Martedì ci sarà un nuovo vertice di centrodestra (al quale potrebbe partecipare anche Toti) è quello legato ai programmi. Si è formato un gruppo di lavoro (per la Lega i senatori Romeo e Armando Siri, per Forza Italia Cattaneo e Mandelli, per Fdi Fazzolari e Fitto e per Noi con l’Italia Samorì e Foti) che dovrà preparare entro la prossima settimana un documento comune. Fdi rilancerà sul presidenzialismo, la Lega sull’autonomia.
(da il Messaggero)

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E’ INIZIATA L’OFFENSIVA UCRAINA PER RIPRENDERE KHERSON, IL PRIMO OBIETTIVO DI KIEV È QUELLO DI ISOLARE I RUSSI DISTRUGGENDO PONTI STRADALI E FERROVIARI

Luglio 29th, 2022 Riccardo Fucile

LE NOTIZIE SUL CONTINGENTE DI MOSCA IN DIFFICOLTÀ SONO BILANCIATE DALLE LAMENTELE DEGLI UFFICIALI DI ZELENSKY VERSO L’OCCIDENTE PER IL RITARDO NEI RIFORNIMENTI

I piani devono superare la prova del campo. È quello che si augura lo Stato Maggiore ucraino per l’offensiva su Kherson, per ora alle prime mosse. La narrazione, la propaganda interna e internazionale, una serie di attacchi degli ucraini pongono la città meridionale al centro dell’attenzione.
Londra, con l’ormai abituale enfasi, sostiene che la spinta ha «preso slancio». Alti funzionari di Kiev mostrano cautela sulla tabella di marcia, ma c’è chi parla di un’operazione di liberazione di Kherson ormai «iniziata». Le dichiarazioni vanno giudicate con grande prudenza, visto che ognuno prova a trasmettere fiducia ai rispettivi schieramenti e non mancano neppure contraddizioni nei report.
Il primo obiettivo dell’Ucraina, evidenziato dai media locali, è quello di isolare gli invasori distruggendo ponti stradali e ferroviari, strutture danneggiate in queste ultime ore. I russi hanno manovrato creando un pontone mobile sul Dnipro, ma questo – sostengono gli esperti – potrebbe aggravare la logistica creando degli imbottigliamenti.
L’arrivo dei rinforzi segnalato ripetutamente potrebbe avere inoltre un doppio risultato: da un lato puntella unità stanche dopo settimane di scontri, dall’altro comporta un maggiore impegno per rifornirle. La mossa ucraina è sempre la stessa: allungare i percorsi per i camion, eliminare i depositi, ostacolare la ferrovia.
Il Kiev Independent , giorni fa, ha descritto i punti a favore della resistenza. Il fronte di 200 chilometri è poroso, gli ucraini possono infiltrarsi mentre i lanciarazzi a lungo raggio tengono a bada l’artiglieria e i sistemi antiaerei.
Le postazioni create dall’Armata – è la tesi – non sarebbero sufficienti. L’esercito di Zelensky cercherebbe di assicurarsi il controllo dell’asse stradale M14/R74 e bloccare il nemico sulla riva occidentale del fiume, isolando anche un paio di basi importanti.
A quel punto – sempre secondo lo scenario – le truppe di Putin sarebbero chiuse alle spalle dallo sbarramento naturale del corso d’acqua e bersagliate dalla distanza. Le notizie sul contingente russo in difficoltà sono bilanciate però dalle note lamentele degli ufficiali della resistenza verso l’Occidente per il ritardo nei rifornimenti di bombe e sistemi, ma anche sul fatto che l’avversario ha avuto mesi per trincerarsi.
È comunque evidente che Mosca ha adottato misure di risposta: invio di mezzi (non importa la qualità) e soldati; fuoco di sbarramento intenso; potenziamento delle linee difensive; prosecuzione dei raid missilistici sul resto del Paese; contro-narrazione per riaffermare i successi piccoli o grandi a Oriente dove, a loro volta, i filorussi parlano di «liberazione».
Proprio gli sviluppi lenti nel Donbass costituiscono la prova di come i cambiamenti siano minimi, con gli schieramenti avvinghiati nella logorante guerra d’attrito.
(da il Corriere della Sera)

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