Destra di Popolo.net

L’INTERVISTA DELLA MELONI ALLO “SPECTATOR” RIVELA I LIMITI POLITICI E CULTURALI DEL SOVRANISMO SENZA RADICI

Agosto 18th, 2022 Riccardo Fucile

QUELLO CHE HA DETTO E QUELLO CHE NON HA DETTO (ANCOR PIU’ RILEVATORIO)

Il titolo di copertina dello Spectator è “Prima donna”, ma l’articolo spiega fin dalle prime righe il doppio senso: Giorgia Meloni non è solo una protagonista nel teatro della politica italiana, ma potrebbe presto diventare la prima donna a Palazzo Chigi nella storia italiana.
L’autore del pezzo, Nicholas Farrell, è un noto giornalista inglese che conosce bene il nostro Paese: ha sposato un’italiana, vive in Italia, ha scritto un libro giudicato “revisionista” su Benito Mussolini (apprezzando il “carisma” e il “fenomenale machiavellismo” del duce), collabora al quotidiano Libero.
Ma è anche il corrispondente da Roma dello Spectator, storico settimanale conservatore britannico, una rivista raffinata, letta per le sue rubriche culturali anche da chi non ne condivide le opinioni politiche. Proprio per lo Spectator, Farrell ha firmato anni fa la sua intervista più celebre, a Silvio Berlusconi. Quella alla leader di Fratelli d’Italia aspira a fare non meno rumore.
“Giorgia Meloni è la donna più pericolosa d’Europa?” è il titolo del servizio. La risposta è lasciata a lei stessa, che smentisce le accuse nei suoi confronti. Farrell osserva: “Minuta e amichevole, Meloni certamente non corrisponde alla mia idea di un fascista”.
Ma questo non lo trattiene dall’incalzarla con le sue domande. Perché viene sempre definita “di estrema destra”, un modo moderno di dire fascista? “Una campagna diffamatoria da parte dei miei oppositori politici che sono ben addentrati nei centri nevralgici del potere”, replica la leader di FdI. “Gli attacchi contro di me in rapida successione possono solo avere un singolo agente. La sinistra controlla la cultura, non soltanto in Italia”
Commento numero 1
Se la Sinistra ha egemonizzato la cultura è perchè la Destra della Cultura, salvo rare eccezioni, se ne è sempre fregata, salvo lamentarsi o tentare di farne un bacino elettorale negli ultimi anni. Quando il Centrodestra ha governato ha solo pensato a piazzare uomini in Rai e ad assegnare poltrone a mezze calzette devote. I pochi uomini di livello annoverabili a Destra sono sempre stati visti come “potenziali nemici” dagli amanti delle poltrone e spesso emarginati. Vecchia scuola della Destra italiana: mi permetto, per una volta, un esempio personale. Ho diretto per 10 anni un circolo culturale librario (uno dei più frequentati in Italia, in tempi pericolosi) e i padri nobili della Meloni “sconsigliavano” gli iscritti al partito dal visitarlo.
Sul minacciato blocco navale per fermare i migranti, Meloni nega ogni intento discriminatorio dal punto di vista razziale: “I razzisti sono dei cretini, okay? Ma questo non significa che l’Italia non debba coordinare i suoi flussi migratori”. La sua soluzione preferita, dice a Farrell, è che l’Unione Europea paghi la Libia per fermare gli imbarchi e si riprenda quelli che sono sbarcati in Italia. “I confini esistono solo se vengono difesi. L’Italia ha bisogno di una quota di migranti, ma la prima regola è che nessuno deve entrare in Italia illegalmente”.
Commento numero 2
Sostenere che “i razzisti sono cretini, ok?” è come volersi liberare del problema che invece investe profondamente la società italiana. E’ una frase da bar non degna di un leader politico. I razzisti non sono cretini, sono soggetti che violano la Costituzione e spesso commettono reati penali, impazzano sui social e veicolano idee criminali.
E passiamo alla “soluzione preferita” dalla Meloni per fermare gli imbarchi: “l’Unione Europea paghi la Libia per fermare gli imbarchi e si riprenda quelli che sono sbarcati in Italia”. Un cazzaro da osteria avrebbe detto qualcosa di più sensato.
a) la Libia si fa già pagare per “fermare per gli imbarchi” dai Paesi Ue e dall’Italia, peccato che la Guardia Costiera libica (nota associazione a delinquere) si faccia pagare anche dai trafficanti libici per far passare i barconi
b) La Meloni ora demanda il compito alla Ue, quando fino a ieri voleva schierare la Marina militare italiana.
c) L’80% degli arrivi è formato da barchini che partono non solo dalla Libia, ma anche dalla Tunisia, difficilmente controllabili. Si parla di 3.000 km di coste.
d) “la Libia si riprenda quelli che sono sbarcati in Italia” è la esilarante proposta finale della Meloni. La Libia è un “porto non sicuro” , è vietato restituire richiedenti asilo a un Paese criminale. Senza contare un piccolo dettaglio: i rimpatri si fanno per nazionalità, i profughi libici si contano sulle dita di una mano, quindi la Libia ha diritto a non riprendersi in ogni caso nessuno. I non aventi diritto all’asilo vanno rimpatriati attraverso accordi con i Paesi di origine. Santa ignoranza
Ma l’Italia, domanda l’intervistatore, non avrebbe bisogno di migranti per risolvere il suo spaventoso calo demografico? “Bisogna risolvere il problema a casa nostra, mettendo gli italiani in una posizione che li spinga ad avere più figli”
Commento numero 3
La manodopera serve alle imprese italiane adesso, la Meloni come Putin ipotizza madri con dieci figli? Ma dove vive? Nel mondo dei sogni? Nella società moderna una donna ha diritto ad affermarsi anche nella società e nel lavoro, non è una fattrice. E parla la Meloni che si è fermata a una sola figlia? Perchè non ne fa dieci, visto che puo’ permettersi tante baby sitter?
Farrell cita il recente video in tre lingue in cui la leader di Fratelli d’Italia afferma di non avere alcuna nostalgia per il fascismo, poi le chiede: e allora che dice dei membri del suo partito che fanno il saluto fascista?
“Sono una piccola minoranza”, risponde Meloni. “Ho sempre detto ai miei dirigenti di partito di esercitare massima severità contro ogni manifestazione di una nostalgia da imbecilli, perché non siamo noi quelli che hanno nostalgia del fascismo. Lo sono soltanto gli utili idioti della sinistra”.
Commento numero 4
Risposta sbagliata. Se non vuoi avere legami con certi soggetti “nostalgici” non gli dai la tessera, non puoi dire che “sono una piccola minoranza”, perchè è come ammettere che lo sai e che li tolleri per convenienza, come loro tollerano te per lo stesso motivo.

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BERLUSCONI, UN DISCO ROTTO DA VENT’ANNI: IL CAV TORNA AD ACCUSARE LA MAGISTRATURA POLITICIZZATA MA NEI SUOI ANNI A PALAZZO CHIGI NON HA SFORNATO MEZZA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA

Agosto 18th, 2022 Riccardo Fucile

E’ STATO GARANTISTA CON SE STESSO, MA NON CON GLI ITALIANI, PRODUCENDO UNA SERIE DI LEGGE “AD PERSONAM” CHE LO HANNO PROTETTO DAI PROCESSI, MA NE HANNO AFFIEVOLITO IL PRESTIGIO

La sua vita è questa: un’eterna replica. Oramai Silvio Berlusconi è un replay tenace – quasi compulsivo – delle stesse immagini e degli stessi refrain, da decenni sempre uguali a se stessi.
E infatti rieccolo apparire in video il 17 agosto 2022: alle sue spalle riappaiono la stessa libreria, gli stessi libri, le stesse foto-ricordo che facevano da fondale alla video-cassetta di ventotto anni fa, quando il Cavaliere annunciò la sua discesa in campo. Stavolta Berlusconi parla di giustizia, un tema col quale ha una grande confidenza.
Da quando lui è entrato in politica nel 1994, i magistrati hanno setacciato incessantemente ogni sua attività. Non che mancasse mai la “materia”, ma a nessun altro imprenditore o politico italiano sono state dedicate le stesse cure. E le contromisure di Berlusconi hanno segnato la sua carriera politica: da capo del governo ha prodotto una serie di legge “ad personam” che lo hanno protetto dai processi, ma ne hanno affievolito il prestigio.
Con un paradosso: Berlusconi denuncia da sempre la magistratura politicizzata ma nel suo quasi decennio a palazzo Chigi non è riuscito a produrre neppure mezza riforma del sistema-Giustizia. Certo, per il suo avvocato Niccolò Ghedini (scomparso ieri sera) le leggine personalizzate servirono «a dare maggiori garanzie ai cittadini, perché a nessun altro succedesse quello che è accaduto a Silvio Berlusconi».
Ma il paradosso resta ed è grande: Berlusconi è stato garantista con sé stesso, ma non con gli italiani.
Nel suo video agostano di queste ore c’è una piccola novità: Berlusconi non parla di sé ma di quelle «migliaia di italiani ogni anno processati e arrestati pur essendo innocenti», vessati davanti alle loro «famiglie, agli amici, sul lavoro». È a quegli elettori che si rivolge: alle milioni di persone lambite o colpite da un processo civile, amministrativo, penale.
Ma non è la prima volta. La sua “carriera” di sedicente vittima, di pluri-processato è una storia infinita e originalissima, anzi si può dire che tutta la carriera politica di Berlusconi sia iniziata e sembrava finita con la questione giustizia.
Quando la Prima Repubblica sprofonda, tra l’estate 1992 e la primavera del 1993, Silvio Berlusconi intuisce che la magistratura potrebbe presto occuparsi di lui. Prima di buttarsi in politica, appoggia con le sue tv le indagini di Mani pulite: in tal senso le telecronache “tifose” di Paolo Brosio per Rete 4 restano memorabili. Nella primavera del 1994, alla guida di Forza Italia, vince le elezioni e appena sei mesi più tardi viene raggiunto da un invito a comparire presso la Procura di Milano: Umberto Bossi ritira la fiducia della Lega e il governo entra in crisi. Passano sette anni prima che Berlusconi rivinca le elezioni.
Riecco le inchieste: tra il 2001 e il 2006 il governo di centrodestra approva una sfilza di norme che aiutano il presidente del Consiglio a proteggersi dai processi. Una striscia mozzafiato. La legge sulle rogatorie internazionali, sul diritto societario, sul legittimo sospetto, sulla protezione dai processi delle alte cariche dello Stato in carica, sulla riduzione della prescrizione, sul legittimo impedimento. Silvio si salva ma perde prestigio e l’eterogenea Unione di Prodi riesce a vincere le elezioni del 2006.§
Ma la giustizia non “lascia” Berlusconi. Nel 2013 il Cavaliere viene condannato in via definitiva a quattro anni di reclusione e all’interdizione ai pubblici uffici per due anni per frode fiscale decadendo quindi da senatore. Dopo ben 20 procedimenti – schivati nei modi più diversi o anche archiviati – quella per frode fiscale è stata la prima condanna in via definitiva. All’origine di tanta, decennale attenzione da parte dei Pm c’è forse il suo ingresso in politica? Mamma Rossella, che conosceva bene il suo Silvio, nel 1997 disse: «La politica? Che cosa terribile. Io non volevo. Ma lui mi rispose che sentiva una forte spinta dentro di sé. Comunque, se non fosse andato in politica sarebbe stato meglio».
(da agenzie)

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LA RUSSIA SAREBBE PRONTA AD APRIRE UN NEGOZIATO DIRETTO TRA PUTIN E ZELENSKY: I RUSSI TEMONO LA CONTROFFENSIVA UCRAINA E CERCANO DI CRISTALLIZZARE LE CONQUISTE

Agosto 18th, 2022 Riccardo Fucile

A STRETTO GIRO RISPONDE SZELENSKY: “NESSUNA PACE O TRATTATIVA PRIMA DEL RITIRO DELLE TRUPPE RUSSE DAL NOSTRO TERRITORIO”

La Russia è pronta a lavorare a un incontro tra il presidente russo Vladimir Putin e quello ucraino Volodymyr Zelensky, che potrebbero così negoziare direttamente un accordo di pace.
Lo riferisce la Cnn turca citando fonti del governo di Ankara. Secondo le stesse fonti Mosca avrebbe cambiato posizione in merito a un incontro tra i due leader e ammorbidito le condizioni.
“I leader possono discutere e definire una road map. Le delegazioni possono successivamente lavorare per mettere in pratica questa road map”, hanno affermato le fonti citate dalla Cnn turca. In precedenza la Russia aveva parlato di un possibile incontro tra Putin e Zelensky solo dopo che i due team di negoziatori avessero messo a punto una road map per la pace.
E proprio in queste ore è in corso a Leopoli l’incontro tra il presidente ucraino Zelensky e quello turco Recep Tayyip Erdogan, riporta il canale televisivo turco A Haber. Al centro dell’incontro i recenti progressi ottenuti con l’accordo del 22 luglio a Istanbul sui corridoi del grano, ma anche un possibile incontro tra Zelensky e Putin in Turchia.
L’Ucraina non accetterà mai nessuna pace con Mosca prima del ritiro delle truppe russe dal proprio territorio. Lo ha ribadito il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, dopo aver incontrato a Leopoli il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan.
(da agenzie)

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MELONI LO VOLEVA MINISTRO ALL’ECONOMIA, MA FABIO PANETTA HA DETTO NO

Agosto 18th, 2022 Riccardo Fucile

L’EX DG DI BANKITALIA NON SI MUOVERA’ DALLA BANCA CENTRALE EUROPEA

Niente da fare: Fabio Panetta non si muoverà dalla BCE. L’economista cercato da Giorgia Meloni per entrare a fare parte del prossimo governo di centrodestra da portare al Mef (Ministero Economia e Finanze), secondo quanto ricostruito da Il Giornale d’Italia sembra intenzionato a declinare e ad andare avanti col suo incarico di membro del Comitato esecutivo della Banca centrale europea.
Un invito quello di Meloni neanche troppo convinto a dire la verità, dato che secondo i rumours sarebbe stato Mario Draghi a proporlo alla leader di Fdi in modo che la scelta non ricadesse su un profilo non inviso all’Ue.
La ricerca di Meloni e del centrodestra per le prossime elezioni politiche dovrà quindi continuare.
Fabio Panetta rinomato economista e banchiere non farà parte della prossima compagine di governo del centrodestra. Quello del ministro delle Finanze non è un ruolo secondario infatti: quattro anni fa infatti scoppiò il caos perchè il nome proposto dal governo gialloverde (Paolo Savona) si scontrò contro il presidente della Repubblica Sergio Mattarella che costrinse Lega e M5s al passo indietro. Fino alla scelta del brunettiano Giovanni Tria.
Da qui si può capire come probabilmente un profilo non inviso all’Ue possa fare la differenza ed evitare ulteriori perdite di tempo come successo nel 2018. Meloni dal canto suo sembra intenzionato a fare suo il ministero del Tesoro e Cdp: nei giorni passati circolava anche il nome dell’ex ministro Giulio Tremonti, ma è soltanto un’ipotesi. La leader di Fdi dovrà ora sfogliare la margherita, provando magari a non fidarsi di chi cerca di consigliarle nomi
Fabio Panetta, 62enne romano, è un economista e banchiere italiano che già in passato ha ottenuto ruoli di rilievo come quello di Direttore generale della Banca d’Italia e Presidente dell’Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni (IVASS). Dal 1 gennaio 2020 invece ha spostato la residenza a Francoforte dato che è diventato membro del Comitato esecutivo della Banca Centrale Europea. Panetta si è laureato alla Luiss di Roma nel 1982 in Economia e Commercio. Dopodiché ha spostato i suoi studi a Londra.
Il suo rapporto con Banca d’Italia inizia subito, nel 1985. Per sette anni invece (2012-2019) è vice direttore della Banca d’Italia, prima di diventarne direttore per una breve parentesi (maggio-dicembre 2019)
(da agenzie)

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IL MEDICO AGGREDITO DA UN PAZIENTE PER IL COLORE DELLA PELLE: “SEI NERO NON TOCCARMI, MI ATTACCHI MALATTIE”

Agosto 18th, 2022 Riccardo Fucile

L’ENNESIMO EPISODIO DI FECCIA RAZZISTA IN VENETO

Un nuovo e gravissimo episodio di razzismo ha avuto luogo la scorsa notte al Punto di Primo Intervento di Lignano Sabbiadoro, dove Andi Nganso, medico 32enne di origini camerunensi e referente Public Health per la Croce Rossa Italiana, è stato aggredito da un paziente che gli ha rivolto pesanti insulti a sfondo razziale.
L’episodio è stato denunciato dal medico stesso attraverso un post pubblicato sui suoi profili social in cui si legge: “Ho subito la violenza verbale razzista più feroce della mia vita e ho deciso, di concerto con il mio legale, di sporgere denuncia”.
Tutto è partito quando il dottor Andi Nganso, laureato in Medicina a Varese, ha preso in cura il paziente di 60 anni che era appena arrivato in ospedale a causa di alcune lesioni rimediate durante una rissa.
L’uomo, dopo aver rivolto commenti sessisti a un’infermiera, se l’è presa pure con il medico, rivolgendogli decine di insulti, tutti in riferimento al colore della pelle del sanitario: “Negro bastardo schifoso, pezzo di m***, che schifo. Preferivo due costole rotte in più piuttosto che un dottore negro. (…) Mi viene da vomitare, se lo sa Zaia… Croce Rossa Lignano, i negri all’arrembaggio. La laurea da voi costa 500 dollari, pezzente. Non toccarmi, che mi attacchi le malattie”
Il dottor Nganso ha messo l’accento sui numerosi riferimenti del paziente al presidente di Regione leghista Luca Zaia e ha scritto: “Voglio poter condividere che la necessità di denunciare non è legata al desiderio di una giustizia unicamente personale, ma è l’esigenza di manifestare un atto di resistenza ad un odio e ad un razzismo che non solo esistono in questo Paese. Le istituzioni non possono permettere che il loro linguaggio possa rassicurare la violenza del pensiero razzista”
Poi, Nganso ha concluso: “Non c’è niente di sporco e di schifoso nel coraggio del 19enne che sono stato di decidere di voler venire a studiare in Italia. Non c’è niente di sporco o di schifoso nella mia laurea in medicina e chirurgia, nei miei anni passati a lavorare in Croce Rossa Internazionale al fianco al Presidente Rocca. Non c’è niente di sporco e di schifoso nella scelta di voler proseguire il mio percorso professionale nel salvare vite nonostante la delicata complessità della medicina d’urgenza. È tutto limpido e tutto splendido nella mia nerazza e nelle mie radici Bamileke di cui sono profondamente orgoglioso”.
(da agenzie)

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LO STATO, IL PEGGIORE PAGATORE: GLI EX DIPENDENTI PUBBLICI ASPETTANO FINO A 46 MESI PER AVERE LA LIQUIDAZIONE

Agosto 18th, 2022 Riccardo Fucile

CI SONO LAVORATORI ANDATI IN PENSIONE NEL 2018 CHE ANCORA NON HANNO VISTO UN CENTESIMO

Roberto Martinelli è un ex dipendente del ministero della Giustizia. È andato in pensione il primo ottobre del 2018 e a ben 46 mesi dal suo pensionamento, non ha ancora ricevuto nemmeno un euro della sua liquidazione. E non è un caso isolato. Anzi. I sindacati sono subissati di richieste di aiuto.
«Una dirigente scolastica nostra iscritta», racconta Marco Carlomagno, segretario generale di Fpl, «attende la liquidazione ormai da 36 mesi. L’ultima che si sono inventati all’Inps è che prima di pagarla la pensione deve diventare definitiva». E qui si apre un altro capitolo. Ai dipendenti pubblici la pensione viene liquidata in «via provvisoria» fin quando non vengono completate tutte le pratiche e i conteggi.
«Per i dipendenti pubblici questi ritardi», dice Massimo Battaglia, segretario generale di Unsa-Confsal, «sono un danno economico enorme. Quando si lascia il lavoro, i soldi della liquidazione servono in genere per aiutare un figlio a sposarsi o a comprare casa, chiudere un mutuo, attrezzarsi insomma, per una vecchiaia serena dopo decenni passati al servizio dello Stato».
Le regole di pagamento del Tfr, il trattamento di fine rapporto, e del Tfs, il trattamento di fine servizio, per gli statali, prevedono che i primi 50 mila euro della liquidazione siano versati dopo 12 mesi dal pensionamento. Poi è prevista una seconda tranche dopo altri dodici mesi, sempre fino a un massimo di 50 mila euro e, nel caso ci sia ancora un importo residuo, il pagamento di quest’ ultimo dopo altri dodici mesi.
E questo sempre che il dipendente vada in pensione di vecchiaia, ossia al compimento dei 67 anni.
Perché se anticipa la pensione con Quota 100, Quota 102 o Opzione Donna, deve attendere comunque i 68 anni per ottenere la prima tranche della liquidazione. Questa rateizzazione fu decisa dieci anni fa come contributo al risanamento dei conti pubblici.
(da agenzie)

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MAKSYM KRYSHTAFOR, BAMBINO PRODIGIO DI 8 ANNI UCRAINO FUGGITO DA ODESSA CON LA MADRE VERSO IL REGNO UNITO, POTREBBE DIVENTARE IL PIÙ GIOVANE GRAN MAESTRO DI SCACCHI

Agosto 18th, 2022 Riccardo Fucile

IN INGHILTERRA HA VINTO TORNEI E FATTO INCETTA DI PREMI – “RICORDA I MIGLIORI GIOCATORI DI TUTTI I TEMPI QUANDO ERANO BAMBINI. KASPAROV, FISCHER. È SPECIALE”

Si chiama Maksym Kryshtafor e il suo nome sta diventando noto come il titolo che gli è stato assegnato – boy wonder , bambino prodigio – e la sua storia.
Ucraino, otto anni, Maksym ha lasciato la città di Odessa a fine febbraio. Dopo diverse settimane in Romania ha raggiunto la Gran Bretagna assieme alla madre Iryna: un piccolo profugo con poche parole di inglese che ora gira il Paese facendo incetta di premi. È un genio della scacchiera: chi lo ha visto giocare lo paragona alle leggende del passato.
Gli esperti sostengono che potrebbe diventare il più giovane «grande maestro» di scacchi della storia. Il record è 12 anni e 4 mesi. Per ora, con lo sguardo serio di chi ha già visto troppo e una concentrazione che gli permette di prevedere le mosse degli avversari, si gode ogni vittoria.
Se serviva la prova che ogni tanto determinazione e talento possono superare gli orrori della guerra, lo sono Maksym e una mamma che lo segue da torneo a torneo e siede silenziosa a pochi passi da lui: sono una coppia ormai celebre sul circuito britannico, tanto che anche il New York Times ha voluto raccontare la loro storia. In un Paese che tende a chiudere le frontiere, gli scacchi hanno segnato la riscossa dell’inclusione e della generosità della gente comune.
I Kryshtafor hanno raggiunto l’Inghilterra grazie soprattutto a Paul Townsend, avvocato in pensione che è diventato il loro sponsor: ha cioè completato i tanti moduli richiesti dal governo di Londra e si è personalmente recato a Bucarest per assicurarsi che riuscissero a partire. Due giorni dopo il suo arrivo, Maksym ha lasciato la nuova abitazione dello Yorkshire meridionale per raggiungere Durham e vincere il suo primo titolo in Inghilterra.
«Per Maksym gli scacchi sono come l’aria», ha raccontato Iryna. «Ne ha bisogno per sopravvivere, per quello gioca sempre. Sono la sua vita, ora sono anche la mia».
Mick Riding, organizzatore del torneo di Durham, ha sottolineato che assistere alla vittoria di Maksym è stato meraviglioso, un attimo di magia: come guardare un evento che potrebbe entrare nella storia.
«È bravissimo, sono felice per lui. È serissimo mentre gioca ma alla fine, quando vince, gli si illuminano gli occhi. Mi considero fortunato che le nostre strade si siano incrociate». Maksym, spiega Riding, ha un talento raro. «Si vede dalla concentrazione e il modo in cui legge la scacchiera. Mi ricorda i migliori giocatori di tutti i tempi quando erano bambini. Kasparov, Fischer. Credetemi, è speciale».
La federazione ucraina lo sa ed è in contatto con Maksym e la madre per assicurarsi che il bambino torni presto in patria e continui ad allenarsi. Non c’è pericolo che smetta. Se ha cominciato a frequentare la scuola elementare del paesino dove abita, si alza alle 5 per allenarsi prima. È questa passione ad aver fatto da passepartout: di fronte all’inevitabilità della guerra, Iryna si era rivolta alla federazione inglese chiedendo aiuto. Voleva che il figlio potesse continuare a studiare e a giocare. La federazione ha individuato Townsend, lui stesso un ottimo scacchista, e quest’ ultimo non si è fatto pregare. Quando Maksym è a casa spesso si allena con lui.
(da il Corriere della Sera)

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SIAMO ALLE BATTUTE FINALI NEL CENTRODESTRA PER LA COMPOSIZIONE DELLE LISTE: LA FARÀ DA PADRONA LA MELONI, A CUI SPETTANO 98 COLLEGI

Agosto 18th, 2022 Riccardo Fucile

PER LA LEGA SI PENSA ALLA CHIRICO E ALLA MAGLIE, MENTRE BRIATORE HA DECLINATO L’INVITO… IN FORZA ITALIA SARÀ UN BAGNO DI SANGUE

Il colpo (si fa per dire) di portare Flavio Briatore in Parlamento, è sfumato. Il patron del Billionaire ha annunciato che non scenderà in campo.
Matteo Salvini invece ha già prenotato un seggio a Milano. Ma si candiderà anche in Puglia e in Calabria. L’ha detto ieri alla Versiliana, dove si è presentato in bicicletta insieme alla sua compagna, Francesca Verdini. Umberto Bossi – che il 19 settembre compirà 81 anni – sarà messo in lista alla Camera. Scontata la candidatura in Lombardia di Giancarlo Giorgetti e di Roberto Calderoli. In regione si candidano anche il capogruppo al Senato, Massimiliano Romeo – suo il discorso che a metà luglio diede lo sfratto a Mario Draghi – e altri parlamentari uscenti come Igor Iezzi, Alessandro Morelli, Nicola Molteni.
Torna in pista Claudio Durigon. Giusto un anno fa fu costretto a dimettersi da sottosegretario all’Economia perché proponeva di tornare a intitolare il parco di Latina al fratello di Mussolini, cancellando così l’intitolazione a Falcone e Borsellino. Data quasi per certa l’ex magistrato Simonetta Matone, consigliere comunale a Roma. In Sicilia spazio a Giulia Bongiorno.
Il centrodestra chiuderà le sue liste entro sabato, in ritardo spetto al centrosinistra. Restano due giorni di trattative.
Alla Lega spettano 70 collegi. La parte del leone, secondo gli accordi, tocca a Fratelli d’Italia: 98. Formalmente le liste vengono confezionate da un quartetto composto da Giorgia Meloni, Ignazio La Russa, Francesco Lollobrigida, Giovanni Donzelli. Di fatto decide Meloni.
Conosce il partito come le sue tasche: perciò intende costituirsi una compagine parlamentare di fedelissimi «che saprà reggere al maltempo», come spiega una fonte.
Guido Crosetto, l’ideologo del nuovo corso, continua a ripetere che non si candiderà. Raffaele Fitto sarà schierato alla Camera nella sua Puglia. Gli altri big sono l’ex ministro del Tesoro Giulio Tremonti, l’ex presidente del Senato Marcello Pera, l’ex ministro Giulio Terzi, il docente Maurizio Leo, esperto di flat tax.
Per lo scalpitante Tremonti si tratta di un grande ritorno in Parlamento, undici anni dopo l’uscita di scena, anche se il borsino non lo indica come futuro ministro. Chi ha chance concrete di fare il ministro della giustizia è invece Carlo Nordio, l’altro asso nella manica di Fratelli d’Italia.
Confermatissima Daniela Santanché. Forse torna a Roma anche Riccardo De Corato, attuale assessore alla Sicurezza in Lombardia. E Meloni, dove corre? Ci sarebbe l’uninominale Latina 1, dove è stata eletta la volta scorsa, oppure un altro collegio romano. All’estero scalda i motori l’ex pilota di Formula Uno, Emerson Fittipaldi.
E poi c’è Forza Italia. Qui i collegi sono 42. I posti sono quindi pochi e in tanti rischiano di non entrare nemmeno in lista. Secondo alcuni analisti Forza Italia non andrà oltre il 5 per cento: la prospettiva acuisce le tensioni interne. Tutti guardano a Villa Certosa, dove forse si terrà un vertice oggi.
Le candidature vengono decise, di fatto, da un trumvirato: Licia Ronzulli, Antonio Tajani, Marta Fascina. Quest’ ultima è la compagna di Silvio Berlusconi e sarà schierata nel listino proporzionale in Campania, proprio dietro al Cavaliere.
Chi è inviso al cerchio magico è fuorigioco. Sarebbero in bilico esponenti storici come Simone Baldelli, Valentino Valentini, Sestino Giacomoni, Andrea Ruggeri. Deborah Bergamini è accusata di avere trattato il suo passaggio con Italia viva. Sicura del posto nelle Marche è l’ex olimpionica Valentina Vezzali. Capolista in Sicilia sarà Gianfranco Micciché. In Lombardia ecco l’ex assessore alla Sanità Giulio Gallera, divenuto un volto noto nella prima ondata della pandemia. Nel Lazio corrono il capogruppo Paolo Barelli e la deputata Annagrazia Calabria, mentre in Senato è certa la candidatura di Claudio Fazzone attuale senatore e coordinatore regionale del Lazio.
Posti sicuri per l’attuale senatrice Gabriella Giammanco – dovrebbe avere un seggio nella circoscrizione Sicilia Occidentale – mentre la deputata Matilde Siracusano potrebbe essere confermata alla Camera a Messina. Claudio Lotito ci tiene. Ma nulla è certo nemmeno per il presidente della Lazio.
(da agenzie)

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LA BLOGGER RUSSA YULIA PROKHOROVA E’ ANDATA A VIENNA PER FILMARSI MENTRE INSULTA LE RAGAZZE UCRAINE

Agosto 18th, 2022 Riccardo Fucile

BOOKING LE HA CHIUSO L’ACCOUNT, CANCELLANDO LA PRENOTAZIONE DELL’ALBERGO…PUO’ RINGRAZIARE CHE E’ FINITA COSI, SE INCONTRAVA QUALCUN ALTRO TROVAVA OSPITALITA’ A TRAUMATOLOGIA

«Viva la Russia! L’Ucraina fa schifo! Dillo, dillo, Kherson è russa!»: Yulia Prokhorova, una blogger russa di Samara, si è filmata mentre insultava ragazze ucraine a Vienna.
Il giorno dopo, ha postato un video in cui in lacrime annunciava che Booking le aveva chiuso l’account e cancellato la prenotazione del suo albergo, e che le «avevano rovinato le vacanze».
Yulia è una putinista convinta, che aveva già disturbato manifestazioni per l’Ucraina in Germania, e non è l’unica: aggressioni e insulti di russi contro ucraini si sono verificati a Berlino, a Milano, a Helsinki, gettando benzina sul fuoco del dibattito sul diritto dei russi a fare turismo in Europa in tempo di guerra.
In attesa di discutere il settimo pacchetto di sanzioni europee, alcuni Paesi hanno deciso di procedere in ordine sparso: la Finlandia ha annunciato che dal 1 settembre ridurrà di 10 volte l’emissione di visti turistici, mantenendo invariato gli ingressi per motivi umanitari, studio e lavoro.
La premier finlandese Sanna Marin ha formulato molto chiaramente il problema etico: «Non sono stati i russi comuni a iniziare la guerra, ma molti di loro la appoggiano». La premier estone Kaja Kallas sostiene che «viaggiare in Europa è un privilegio, non un diritto», e Tallinn ha già sospeso l’erogazione dei visti Schengen, mentre la Lettonia revoca anche permessi di soggiorno di russi accusati di sostenere il putinismo.
Anche il ministro degli Esteri danese Jeppe Kofod dichiara che «i russi non possono prendere il sole e condurre una vita lussuosa in Europa del Sud, mentre le città ucraine vengono rase al suolo».
Diversi Paesi, tra cui la Repubblica Ceca e la Bulgaria, hanno sospeso o limitato i visti già dai primi giorni della guerra, ma il ministro degli Esteri lituano Gabrielus Landsbergis auspica una soluzione paneuropea.
(da agenzie)

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