Settembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
IL “CAPITONE” TEME LA RIVOLTA IN LOMBARDIA DOVE FRATELLI D’ITALIA, CON IL 27,6%, HA DOPPIATO LA LEGA, FERMA AL 13,8% … IN PIEMONTE PRIMA “PURGA SALVINIANA” CON LA DEFENESTRAZIONE DEL COMMISSARIO PROVINCIALE DI VERCELLI, L’EX DEPUTATO PAOLO TIRAMANI
Ieri sera, al Pirellone, c’è stata una riunione di tutti i consiglieri regionali lombardi della Lega che si sono autoconvocati e hanno deliberato con 22 voti a favore su 30 un documento in cui si avanzano essenzialmente tre richieste. La prima è che la priorità al governo è l’autonomia.
“A Salvini interessa tornare al Viminale perché ritiene che da lì sia più facile risalire la china, ma a noi interessa l’autonomia”, rimarcano più fonti del Carroccio. La seconda è la conferma della candidatura di Attilio Fontana a governatore della Lombardia. Il terzo punto riguarda il congresso regionale che, secondo i consiglieri lombardi, non deve tenersi a gennaio ma immediatamente per evitare che, come avvenuto per deputati e senatori, possano non essere ricandidati.
Oggi, il capogruppo Roberto Anelli farà sottoscrivere il documento, con adesione telefonica, a tutti i consiglieri, uno ad uno. Documento che consegnerà al segretario Matteo Salvini, sempre più mal nel corpaccione del partito, anche alla luce dei deludenti risultati ottenuti alle recenti elezioni. In Lombardia, infatti, Fratelli d’Italia, col 27,6%, ha praticamente più che doppiato la Lega, ferma al 13,8%.
Un crollo di consensi che, inevitabilmente, impone un congresso anticipato e che, a cascata, porterebbe anche le altre Regioni a porre una richiesta analoga.
Se, infatti, in Lombardia dovesse avere la meglio Letizia Moratti, che non ha alcuna intenzione di ritirare la candidatura e certamente può contare su solidi sostegni e coperture, allora la Lega potrebbe rivendicare per sé la poltrona su cui attualmente siede forzista Alberto Cirio.
E proprio in Piemonte è avvenuta la prima “purga salviniana” con la defenestrazione del commissario provinciale di Vercelli, il deputato uscente e non più ricandidato Paolo Tiramani, con Enrico Montani, senatore del Vco trombato lo scorso 25 settembre, che “vanta” nel suo palmares numerose sconfitte amministrative (Verbania, Domodossola, Omegna).
Tanti segnali che evidenziano il nervosismo del Capitano e della sua intendenza locale, sempre più preoccupati che i governatori del Nord si mettano alla testa del malcontento generalizzato guidando una fronda che, al momento, non ha ancora precisi e riconosciuti punti di riferimento. La rivolta della ciurma è sempre molto pericolosa.
(da Lo Spiffero)
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Settembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
ELLY PREVALE CON IL 26,1% DI CONSENSI, BONACCINI SI FERMA AL 22.9%… GLI ALTRI SU PERCENTUALI MINIME
Gli elettori dem vorrebbero come segretaria del partito Elly Schlein. È quanto risulta da un sondaggio realizzato da Euromedia Research (l’istituto guidato da Alessandra Ghisleri) e diffuso da Porta a Porta.
Se invece la domanda viene posta anche agli elettori di tutti i partiti prevale Bonaccini col 16,9% delle preferenze, seguito da Schlein con il 12%. Poi l’ex ministro Francesco Boccia al 6,4%, l’autocandidata Paola De Micheli al 4,7%, il sindaco di Firenze Dario Nardella al 3,1%. Infine i due vicesegretari, con Irene Tinagli al 2,1% e Peppe Provenzano all’1,6%, e il sindaco di Pesaro Matteo Ricci all’1,4%.
Il 4,7% dei gli intervistati indica altri nomi ancora, mentre quasi la metà (il 47,7%) dichiara di non avere un’opinione in merito.
Tra gli elettori Pd, invece, Schlein (che pure non si è mai riscritta al partito, dopo averlo abbandonato nel 2015 raggiunge la prima posizione con il 26,1% dei consensi. Bonaccini si ferma al 22,9%, mentre gli altri contendenti sono staccatissimi: De Micheli al 5,7%, Boccia al 4,6%, Tinagli al 2,1%, Provenzano all’1,4%, Nardella all’1%, Ricci allo 0,5%. L’1,3% indica altri nomi: qui la quota di chi non ha un’opinione scende al 34,5%.
Tutti numeri che presto potrebbero tradursi in voti, se – come annunciato dal segretario uscente Enrico Letta – il prossimo capo dem verrà scelto tramite primarie aperte.
(da agenzie)
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Settembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
LA LEGA SPINGE PER GIULIA BONGIORNO CHE PERO’ E’ AVVOCATO DIFENSORE DI MATTEO SALVINI: I DUE RUOLI SAREBBERO INCONCILIABILI
Il dicastero di via Arenula è poco citato dalle ricostruzioni giornalistiche sulla composizione del nuovo governo, eppure è centrale nell’organigramma dei ministeri “pesanti” su cui è necessaria la concertazione del Quirinale. Bongiorno potrebbe ottenerlo solo se Salvini non andrà al Viminale, e gli azzurri rimangono in attesa
Sono ore delicate per la composizione della squadra del prossimo governo. Il lavorio è ancora tutto sottotraccia: la macchina parlamentare e le audizioni al Quirinale sono attese per le prossime settimane, ma Giorgia Meloni non può permettersi di arrivare impreparata.
Per questo la composizione della squadra di ministri con cui si presenterà davanti a Sergio Mattarella per governare è delicata e fondamentale.
Una delle caselle chiave è quella del ministero della Giustizia, che insieme a Interni, Esteri, Difesa ed Economia sono considerati dalla prassi quelli di peso, su cui l’esame del Colle è più attento e la cui distribuzione va pesata tra gli alleati. Il nome più gettonato è quello anche più scontato: il magistrato veneto Carlo Nordio, voluto fortemente da Meloni in lista ed eletto in un seggio sicuro alla Camera nella sua Treviso.
Notissimo tra le toghe, soprattutto per le sue posizioni molto critiche nei confronti della sua stessa categoria di appartenenza, è tuttavia un uomo molto considerato e ascoltato nel panorama della destra. Il suo sarebbe il profilo perfetto sulla carta, nella pratica però i suoi detrattori ne sottolineano i limiti concreti.
Il primo: è un ex magistrato non particolarmente amato dalla sua stessa categoria e a via Arenula lavorano circa un centinaio di magistrati fuori ruolo. Tradotto: i ministeri sono macchine complesse e avere contro una parte della struttura interna potrebbe portare alla paralisi.
Il secondo: è un indipendente, difficilmente controllabile anche dalla stessa Meloni. Basti pensare alle numerose interviste rilasciate in campagna elettorale, in cui ha parlato della necessità di reintrodurre l’immunità parlamentare, che poi ha richiesto una frenata da parte del diretto interessato e da Fratelli d’Italia, visto che il tema non è mai stato concordato con gli alleati.
Per tutta la vita Nordio è stato un battitore libero, quindi dargli il timone del ministero della Giustizia vorrebbe dire sì avere un giurista abile e con un disegno preciso su come riformarla – a partire dalla separazione della carriere – ma anche un ministro difficilmente piegabile a esigenze politiche contingenti.
L’altro nome che circola nei gruppi ristretti è quello dell’avvocata Giulia Bongiorno. Il suo nome viene più spesso collocato nella casella del ministero senza portafoglio della Pubblica amministrazione, dove già è stata durante il governo giallo-verde.
Tuttavia, l’ambizione della penalista sarebbe quella di approdare a via Arenula, in un dicastero di peso in cui saprebbe muoversi con la concreta conoscenza della materia.
Il suo nome, però, è strettamente legato a quello del suo assistito più noto, Matteo Salvini. Prassi istituzionale vuole che Giustizia e Interni non siano mai assegnati allo stesso partito per una ragione precisa: «Governandoli entrambi, una sola forza politica controllerebbe il novanta per cento delle forze di polizia», spiega una fonte interna al ministero.
Salvini non ha mai fatto mistero di voler tornare al Viminale e sta provando a imporlo all’alleata Meloni, dunque tutto dipenderà da questo braccio di ferro: se la premier in pectore terrà duro sul no – ben sapendo che portare davanti a Mattarella un ex ministro ancora sotto processo per la sua passata gestione del ministero – qualcosa alla Lega dovrà restituire. E una ipotesi sarebbe proprio quella della Giustizia.
Tuttavia, anche sul nome di Bongiorno lo scetticismo c’è: certamente è una penalista di fama e preparata, tuttavia proprio il fatto che in questa fase è il difensore di Salvini potrebbe giocare contro di lei in una valutazione complessiva.
Pur non circolando nomi, gli azzurri rimangono in attesa di vedere l’evoluzione della situazione. Una fonte ex democrisitiana interna al partito ha spiegato la strategia: «Facciamo come nella prima repubblica, non dobbiamo assolutamente muoverci in questa fase. Nessuna telefonata e nessun nome deve essere fatto prima del tempo. Non è ancora il tempo delle decisioni vere e proprie: la corsa ai ministeri è una maratona, non i cento metri».
La speranza è quella che i nomi attualmente usciti vengano bruciati nel tempo necessario per comporre il governo e che Forza Italia possa puntare ad acquisire questo dicastero così centrale. Anche perchè l’aspettativa, visto che tra FI e Lega corre solo qualche decimale di differenza nei voti, è che Meloni redistribuisca equamente gli incarichi.
(da il Corriere della Sera)
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Settembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
MA PIU’ CHE PUNIRE BERLUSCONI, SODER HA VOLUTO COLPIRE IL RIVALE MANFRED WEBER, L’ATTUALE PRESIDENTE DEL PPE E GARANTE DI FORZA ITALIA IN EUROPA
Il premier cristiano-sociale bavarese Markus Söder ha proposto in una riunione della direzione della Csu di lanciare un’azione per mettere Forza Italia fuori dal Partito popolare europeo. In apparenza dettata dalla preoccupazione di Söder di non essere associati con partiti che entrano in coalizioni di governo con forze di estrema destra, come sta per fare quello di Silvio Berlusconi in Italia, la mossa del ministro-presidente della Baviera è parte della lotta interna che da anni lo vede opposto a Manfred Weber, presidente del Partito popolare europeo e di fatto garante delle credenziali europeiste di Forza Italia.
Anche così tuttavia, la presa di posizione di Söder potrebbe rivelarsi una mina vagante nella famiglia cristiano-democratica europea, dove una parte dei membri, soprattutto quelli del Nord, ha sempre accettato con disagio la convivenza con Forza Italia.
Ma andiamo con ordine. Secondo la ricostruzione fattaci da fonti interne, lunedì scorso, a risultati italiani già conosciuti, la direzione della Csu, sorella bavarese della Cdu, ha discusso animatamente sulla posizione da prendere nei confronti della nuova situazione politica nel nostro Paese. Nel dibattito Söder, il capo dei deputati cristiano-sociali al Bundestag Alexandr Dobrindt e il responsabile di politica estera del partito Florian Hahn, si sono scagliati contro Weber, accusandolo di aver fatto campagna elettorale per Berlusconi.
La linea della Csu, secondo loro, dev’essere quella di una chiara demarcazione a destra, estesa anche a quei partiti che permettono la formazione di governi guidati da forze di estrema destra. L’argomento usato da Dobrindt è quello antico, scritto nel Dna dei cristiano-sociali bavaresi: nessuna forza a destra della Csu. Detto altrimenti, bisogna sbarrare lo spazio a destra, altrimenti questa crescerebbe a scapito dei partiti conservatori moderati. Forza Italia e i suoi cattivi risultati elettorali ne sono, secondo Dobrindt, la dimostrazione.
Ma è stato Söder, raccontano le fonti, ad andare oltre, lanciando la proposta, ancora riservata, di muoversi nel Ppe per cercare di escludere Forza Italia, colpevole di allearsi con FdI di Giorgia Meloni, sul modello di quanto è già avvenuto con il Fidesz dell’ungherese Viktor Orbán.
Weber ha argomentato contro l’idea, sostenendo che Forza Italia è un partito europeista e che il suo impegno personale nelle elezioni italiane era mirato anche a rafforzare questo profilo. Secondo il presidente del Ppe, occorre legare più saldamente il futuro governo italiano all’Europa, invece di marginalizzarlo con prese di posizione moralistiche.
«Bisogna rispettare il risultato elettorale – avrebbe detto Weber secondo alcuni partecipanti -, dare un giudizio più equilibrato e soprattutto ricordare che l’economia italiana è fondamentale per la Germania e soprattutto per la Baviera».
Che si tratti in primo luogo di una partita interna alla Csu è evidente. Come scrive la Frankfurter Allgemeine Zeitung , «le elezioni italiane hanno offerto a Söder un’opportunità per mettere a posto Weber», il suo principale oppositore interno. Ma questo non toglie che, se sostenuta e portata avanti, la posizione bavarese rischia di creare problemi a Forza Italia dentro il Partito popolare europeo. Tanto più che potrebbe trovare alcune sponde, soprattutto nei partiti fratelli del Nord Europa.
(da Corriere della Sera)
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Settembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
WASHINGTON NON VUOLE IL FILO-PUTIN SALVINI NEL RUOLO DI “VICE”PREMIER E C’E’ SEMPRE L’INCHIESTA A MILANO SUGLI INCONTRI DEL 2018 AL METROPOL DI MOSCA
«Posate i telefonini e non parlate con i giornalisti. Non dovete credere a quello che scrivono i giornali, il clima è ottimo nel centrodestra e anche nella Lega». Comincia così con una riunione convocata a Roma ieri pomeriggio nella sala Umberto a due passi da palazzo Chigi il nuovo corso di Salvini. «Blindato».
Perché il Capitano ha varato liste in cui hanno trovato spazio i fedelissimi. Insomma un’unica linea. Nessuna fronda. «Governeremo 5 anni. Con la Meloni c’è piena sintonia», il mantra. Anche se fuori dalla portata delle telecamere in molti non nascondono i dubbi per l’inizio di questa legislatura. «Il nodo osserva uno dei big è il rapporto tra Matteo e Giorgia. Deve esserci un patto. Devono governare senza fraintendimenti, altrimenti ci si va a schiantare».
Evitare fraintendimenti vuol dire riportare «Matteo al Viminale ad occuparsi di sicurezza e immigrazione». È il grido che si alza dalla sala, insieme alle urla di incitamento per il Capitano.
La spinta è insomma univoca, tutti chiedono che sia il leader a tornare al governo. E non nel ruolo di vicepremier. «Giorgia deve difenderlo. Altro che caso Savona, bisogna che siano i vertici istituzionali ad opporsi all’ipotesi di Salvini ministro. Altrimenti viene meno il rapporto di fiducia. Non si può accettare una umiliazione di questo tipo», sussurra un altro ex lumbard.
La decisione di non candidare al governo Giorgetti come segnale di discontinuità con l’esecutivo Draghi («Allora mi riposo e mi curo», ha detto il ministro dello Sviluppo che soffre di un problema alla schiena e che ieri comunque ha perorato la causa di Salvini ministro) e le tensioni con i governatori. Mentre il segretario del partito di via Bellerio vara l’operazione compattezza riunendo i deputati e i senatori nel teatro Sala Umberto di Roma, a due passi da palazzo Chigi, a chilometri di distanza Fedriga e Zaia partecipano (a Trieste) ad un convegno.
Nessuna parola contro il leader del partito, in verità, ma «neanche un segnale di difesa a Matteo e soprattutto di volontà di fare squadra», si lamentano i fedelissimi del Capitano.
La Lega è impegnata nella partita del governo ma anche con la grana congressi. E Zaia e Fedriga vengono additati sempre più come coloro che si stanno preparando a scalare il partito.
Poi la distanza tra il segretario e Giorgetti apre un altro fronte nel Carroccio in quanto il numero due della Lega è sempre stato considerato un punto di riferimento degli imprenditori. «Ma sono proprio loro che sono venuti a mancare», il ragionamento di chi ritiene comunque ben salda la leadership di Matteo.
Sarà così? In realtà c’è chi dice che i presidenti di Regione di Friuli e Veneto (ieri è stato Maroni a lanciare la proposta di Zaia come sostituto di Salvini) stiano aspettando le prossime Regionali prima di lanciare l’assalto.
Fedriga in particolar modo viene considerato sempre più da una parte della Lega come l’uomo che potrebbe rianimare i militanti. «Ma qui in Parlamento – obietta un big ex lumbard – i due non hanno nessuno. Se avessero voluto veramente la Lega avrebbero potuto impegnarsi di più in campagna elettorale…».
Dietro le quinte dunque c’è chi non nasconde l’insofferenza nei confronti di entrambi i governatori e si ritiene che pure Fontana non sia al sicuro in Lombardia, con l’eventualità che possa essere lui stesso a fare un passo indietro alla vigilia delle prossime amministrative.
«Fedriga – la linea che avanza sempre più nel partito di via Bellerio – se vuole essere confermato deve allinearsi. Altrimenti Salvini potrebbe anche decidere di puntare su qualcun altro oppure di disimpegnarsi come ha fatto lui a queste Politiche».
(da agenzie)
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Settembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
DENTRO FORZA ITALIA È INIZIATA UNA FAIDA VIOLENTA, UNA PARTE DEI DIRIGENTI CONTRO IL COORDINATORE, ACCUSATO DI TRATTARE PER SÉ, IN SOLITARIA… BERLUSCONI HA CHIAMATO LA MELONI: “DA ADESSO IN POI TRATTA CON ME”
Va bene il “governo dei migliori” in salsa sovranista, basta che i migliori siano politici. È questo, ridotto all’osso, il messaggio recapitato a Giorgia Meloni dai soci di centrodestra. Il timore che la premier in pectore voglia affidare le caselle principali dell’esecutivo ai tecnici e, di conseguenza, relegare nelle seconde fasce leader e altri esponenti di partito, sta agitando, e non poco, Lega e Forza Italia.
Sono preoccupazioni confermate da diverse fonti messe a conoscenza delle trattative che la presidente di Fratelli d’Italia sta tenendo in queste ore dal suo ufficio alla Camera. Tanto che il coordinatore nazionale di Forza Italia Antonio Tajani – dopo aver letto il tweet di Meloni che assicurava di essere al lavoro «per una squadra di livello che non vi deluderà» – ha sentito la necessità di precisare che il governo sarà «politico e di qualità», e se poi ci sarà «qualche» tecnico di alto livello, «perché no».
È a questa pretesa, politicamente legittima, che Meloni dovrà rispondere. Perché dare alla squadra una coloritura troppo tecnica scontenterebbe i politici, che hanno l’esigenza di avere più poltrone possibili per soddisfare le tante richieste e le tante aspettative interne. Dei quattro ministeri di prima fascia, esclusa l’Economia, ogni partito ne vorrebbe uno.
Tajani gli Esteri e Matteo Salvini l’Interno.
La destinazione del secondo è il cuore dell’impasse che sta complicando le giornate di Meloni. Il leghista insiste a chiedere il Viminale, pur sapendo, come gli ha spiegato l’alleata, che c’è un veto quirinalizio e che anche il processo in corso su Open Arms a suo carico è un grosso macigno. Il problema è: dove metterlo?
Se reggerà lo schema di Tajani-Salvini vicepremier, il capo della Lega accetterà di finire in un ministero minore come l’Agricoltura, magari sommata al Turismo, mentre l’ex presidente dell’Europarlamento porterà i prestigiosi galloni della Farnesina in giro per il mondo?
Ecco perché Meloni vorrebbe risolverla con una scelta tecnica. Un prefetto (Giuseppe Pecoraro o Matteo Piantedosi) all’Interno, e un diplomatico (gira molto il nome di Stefano Pontecorvo) agli Esteri.
Oppure concedere a Tajani il ministero che chiede (o, in alternativa, la Difesa) e lasciare alla Lega la Giustizia (a Giulia Bongiorno, per esempio), sempre che Salvini accetti il sacrificio.
Sono bastate 72 ore di incertezze sulle trattative, e il panico di rimanere esclusi dal governo si è diffuso tra i partiti. Con contraccolpi immediati dentro Forza Italia.
Il partito è in preda a una faida violenta. Una parte dei dirigenti del partito si è rivoltata contro Tajani, accusato di trattare per sé, in solitaria, con Meloni. Secondo queste ricostruzioni, il coordinatore nazionale in asse con la leader di FdI lavora per isolare Salvini e frustrarne le ambizioni sul Viminale, perché in realtà – dicono – punterebbe lui a quel ruolo. I malumori, nati nei giorni della compilazione delle liste elettorali, sono deflagrati dal momento in cui Tajani avrebbe declinato altre possibili caselle per Fi: in un colloquio con Berlusconi, ha rifiutato la presidenza della Camera.
I veleni sono arrivati fino ad Arcore: ieri pomeriggio, Meloni ha telefonato al Cavaliere per gli auguri di compleanno, e nel corso della conversazione Berlusconi le ha chiesto conto dell’incontro di martedì con Tajani, del quale non sarebbe stato avvisato («ma è stato lui a chiedermi un appuntamento», la risposta).
Circostanza inaccettabile per il leader: «Da adesso in poi tratta con me», avrebbe aggiunto Berlusconi, frase che viene smentita dallo staff della presidente di FdI. Anche Tajani nega: «Con Giorgia non abbiamo parlato di nomi, ma solo di contenuti politici», spiega a La Stampa: «E i ministri li indicherà Berlusconi, non certo io».
Polemiche a cui sembra non prestare attenzione Meloni, mentre prosegue incontri e telefonate. Ieri è toccato al presidente del Coni Giovanni Malagò e a quello del Cio Thomas Bach, rassicurati sull’organizzazione delle Olimpiadi invernali del 2026.
Anche Salvini resta insoddisfatto. E vuole alzare la posta, insistendo sul Viminale. Ieri il leader della Lega ha riunito i suoi 95 parlamentari in un teatro vicino a Montecitorio. Il clima era da assedio. Prima di entrare in sala, deputati e senatori sono stati costretti a consegnare i telefoni per evitare che, come successo in passato, qualcuno potesse registrare e diffondere le parole del capo.
Salvini ha insistito molto sul rapporto con i giornalisti, invitando gli eletti alla cautela: «Attenti quando andate a cena, potrebbero ascoltare le vostre frasi e manipolarle». Poi è passato alla politica: «Questo governo durerà cinque anni». E la sconfitta della Lega? «Mentre noi dovevamo fare lunghe spiegazioni sul perché eravamo al governo, era molto più semplice dire vaffa da fuori».
(da agenzie)
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Settembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
MIGLIAIA DI RAGAZZI CONTINUANO A SUPERARE LA FRONTIERA DI UPPER LARS, TRA LE MONTAGNE DEL CAUCASO CHE DIVIDONO RUSSIA E GEORGIA, USANDO SKATEBOARD, BLABLACAR, MONOPATTINI, AUTOSTOP, BICICLETTE E I PIEDI
Gli strateghi della repressione putiniana hanno sottovalutato le armi non convenzionali più potenti. La meglio gioventù russa, dopo il via al reclutamento di massa, può così usarle per fuggire dalla guerra del Cremlino contro l’Ucraina. Decine di migliaia di ragazzi continuano a superare la frontiera di Upper Lars, tra le montagne del Caucaso che dividono Russia e Georgia, usando biga elettrica, skateboard, blablacar, monopattino, autostop, bicicletta e prima di tutto i piedi.
«Aerei e treni sono controllati dalla polizia – dice Jurij, 31 anni, ingegnere meccanico di San Pietroburgo – la colonna di auto in Ossezia del Nord è ferma da tre giorni. Per salvarsi, prima che chiudano il confine, servono mezzi che gli agenti non intercettano».
Il rastrellamento degli arruolabili, da inviare negli occupati territori ucraini dopo i referendum- farsa, segna per la Russia un passaggio senza precedenti: l’esodo di massa di maschi giovani, laureati, in carriera e con risparmi per molti mesi, pronti a licenziarsi, o a lavorare a distanza in un luogo qualsiasi del mondo, in fuga con cuffie sulle orecchie, telefonino in mano e computer nello zaino. Dieci giorni fa le autorità avevano definito l’inizio di questa migrazione anti-reclutamento “reazione isterica e emotiva”, destinata ad esaurirsi “in poche ore”.
Oltre 300 mila ragazzi, formati per assicurare un futuro alla nazione, sono invece già riusciti a rifugiarsi all’estero. Altre decine di migliaia premono oggi in particolare contro la frontiera con la Georgia. Il timore del rimpatrio, grazie ad accordi speciali tra governi, frena le fughe in Kazakhstan e Mongolia. Chiuso invece il confine con la Finlandia.
Per frenare un esodo socialmente più imbarazzante di proteste in piazza e attentati ai centri di reclutamento, il Cremlino da ieri vieta di entrare in Ossezia del Nord alle auto con targhe registrate nel resto del Paese. Le marce di chi diserta a piedi, certo di rifarsi una vita lontano dalla patria, si allungano così a 4 giorni.
«Non sappiamo se potremo mai tornare a casa – dice Anton, 36 anni, avvocato di Mosca – è una catastrofe. Con Putin al potere resta la guerra, o l’esilio. Questa diserzione popolare è però la prima crepa nell’onnipotenza del regime». La meglio gioventù russa ricomincia a vivere solo grazie a un addio.
(da la Repubblica)
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Settembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
SARA’ GIA’ STATO UBRIACO
I media ucraini hanno scovato alcuni tra i fedelissimi di Vladimir Putin alle prese con reazioni inconsuete, quantomeno in relazione ai personaggi in questione, durante il discorso del presidente russo sull’annessione delle quattro regioni ucraine tenuto oggi al Cremlino.
Tra i più coinvolti e toccati dalle parole del presidente russo c’è stato il leader ceceno Ramzan Kadyrov, che ha sempre promosso di sé l’immagine del combattente imperturbabile.
Al Cremlino è stato invece immortalato in un breve video mentre si commuove a calde lacrime tanta è l’emozione per il momento che sta vivendo.
Sui social poi sono circolati alcuni scatti imbarazzanti per il vicepresidente del Consiglio di sicurezza di Mosca, Dmitri Medvedev. Proprio uno degli uomini considerati più vicini al presidente russo è stato immortalato in più momento mentre chiudeva gli occhi e abbassava la testa.
Secondo il sito indipendente bielorusso Nexta, non ci sarebbero dubbi: Medvedev dormiva mentre lo zar teneva il suo storico discorso.
(da agenzie)
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Settembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
ANNULLATI TUTTI GLI IMPEGNI IN AGENDA
Avrebbe manifestato sintomi gravi il patriarca di Mosca Kirill, risultato positivo al Coronavirus oggi 30 settembre.
Come spiega una nota del Patriarcato moscovita della Chiesa Ortodossa, Kirill ha dovuto annullare tutti i suoi impegni, dagli incontri di persona ai viaggi che aveva in agenda.
Alla luce delle sue condizioni, il sedicente religioso di 75 anni (ex agente del Kgb) dovrà restare in isolamento per i prossimi giorni. .
La sua ultima apparizione in pubblico risale a martedì 27 settembre quando durante la liturgia nella cattedrale di Mosca ha dedicato una preghiera alla Russia e ai «difensori della patria».
(da agenzie)
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