Destra di Popolo.net

IL PASSATO TI TRAPASSA

Settembre 21st, 2022 Riccardo Fucile

UN SECONDO DOPO AVER DETTO DI NON ESSERSI MAI DISSOCIATA DALLE FRASI DI GIANFRANCO FINI SUL “FASCISMO MALE ASSOLUTO”, RIEMERGE UN VECCHIO VIDEO DEL 2004 IN CUI GIORGIA MELONI, INTERVISTATA DA “LE IENE”, SOSTENEVA CHE “IL FASCISMO NON FU IL MALE ASSOLUTO”

Da un lato le dichiarazioni di questa campagna elettorale, dall’altro un’intervista del passato di senso opposto. Ieri Giorgia Meloni ha spiegato di non essersi dissociata dalle frasi di Gianfranco Fini pronunciate dopo la visita al memoriale Yad Vashem di Gerusalemme, quando definì il fascismo «male assoluto»: «Io ero dentro An quando ha fatto quelle dichiarazioni, non mi pare di essermi dissociata», ha detto la leader di Fratelli d’Italia.
In un’intervista del 2004 alla trasmissione Le Iene, però, una 27enne Giorgia Meloni (allora presidente dei Giovani di Alleanza nazionale) diceva senza mezzi termini «il fascismo non fu il male assoluto»
(da La Stampa)

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SE I NUMERI NON DOVESSERO GARANTIRE UNA MAGGIORANZA SOLIDA AL CENTRODESTRA, CAUSA LA DEFLAGRAZIONE DI LEGA E FORZA ITALIA, POTREBBE PRENDERE FORMA L’IPOTESI DI UN RASSEMBLEMENT POST-VOTO

Settembre 21st, 2022 Riccardo Fucile

UNA CHIAMATA ALLE ARMI CON DENTRO TUTTI I PARTITI ALTERNATIVI A SALVINI E MELONI, PER FORMARE UN GOVERNO DI EMERGENZA GUIDATO DA MARIO DRAGHI … AL QUIRINALE SONO CONVINTI CHE IL CENTRODESTRA ANDRÀ IN CRISI GIÀ AI PRIMI DUE PASSAGGI UFFICIALI: L’ELEZIONE DEI PRESIDENTI DI CAMERA E SENATO (SALVINI LI VUOLE TUTTE E DUE)

Oggi Nicola Fratoianni ha lanciato il sasso nello stagno: “La lista di Renzi e Calenda non è espressione della destra italiana, nonostante alcune posizioni. Quindi se si dovesse costruire un’alternativa alla destra… Del resto io mi ero battuto per un’alleanza più larga, anche con loro”. Un’apertura verso il detestatissimo “Churchill dei Parioli” che non è passata inosservata e ha spinto gli “addetti ai livori” a prendere il pallottoliere e a far di conto, a partire dal Quirinale (prima di dare l’incarico alla Meloni, Mattarella va a Lourdes).
Se i numeri non dovessero garantire una maggioranza solida al centrodestra, con la deflagrazione di Lega e Forza Italia, potrebbe prendere forma l’ipotesi di un rassemblement formato “gran mischione”, con dentro tutti i partiti da Sinistra Italiana a Forza Italia (Berlusconi è già pronto a sfilarsi), per riportare a Palazzo Chigi Mario Draghi a capo di un governo di emergenza nazionale (unico verso scudo per l’Italia agli occhi degli Stati Uniti ed Europoteri) e rintuzzare l’avanzata di Salvini e Meloni.
Il piano cozza con la puntuta presa di posizione di Conte che si è subito sfilato all’ipotesi: “Il M5s sarà fuori da governi di larghe intese, anche a guida Draghi”. Ma Conte è un camaleonte, anzi camaleConte, così abile da riuscire a farsi concavo e convesso, romanista e laziale, di bosco e di riviera, a seconda delle necessità.
Il suo “no” potrebbe diventare “nì” in un batter d’occhio, soprattutto se lo stallo politico e istituzionale dovesse avvitarsi a una crescente crisi economica e sociale a causa delle ripercussioni della guerra in Ucraina.
Lo scenario di una grande alleanza anti-sovranista da costruire dopo il voto (che sarebbe molto apprezzata a Bruxelles), sarebbe una manna dal cielo anche per Giorgia Meloni che potrebbe evitare di impelagarsi al governo nel peggiore scenario socio-economico possibile: la guerra in Ucraina in corso, il rischio di recrudescenza del Covid, l’inflazione alle stelle, incertezza economica e poverta’ crescente.
Tutto questo con un alleato fuori controllo come Salvini e un Berlusconi pià che riottoso ad accettare la leadership della Ducetta della Garbatella. Se Palazzo Chigi dovesse sfuggirle per qualche ragione, la Meloni dovrebbe andare in pellegrinaggio al santuario della Madonna del Divino Amore: governare, in questo scenario, significa bruciarsi.
E al Quirinale cosa pensano? Sono convinti che il centrodestra andrà in crisi già ai primi due passaggi ufficiali: l’elezione dei presidenti di Camera e Senato. Chi poserà le sue onorevoli chiappe sugli scranni più alti del Parlamento? La prassi vuole che la guida di Montecitorio venga lasciata all’opposizione ma Salvini vuole tenere entrambe le cariche a destra e non intende cedere nulla.
Ne vedremo delle belle.
(da Dagoreport)

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MODULI VUOTI E FIRME DI PERSONE MORTE DA ANNI: COSI’ ITALEXIT DI PARAGONE HA PROVATO A PRESENTARSI IN MOLISE

Settembre 21st, 2022 Riccardo Fucile

LA CORTE DI APPELLO DI CAMPOBASSO HA RICUSATO LA LISTA PER EVIDENTI IRREGOLARITA’

Italexit è uno dei partiti che sono stati obbligati a raccogliere le firme per presentare le liste alle prossime elezioni politiche, non potendo godere dell’esenzione riservata ai partiti, collegati a gruppi politici presenti nel parlamento uscente. La formazione fondata da Gianluigi Paragone ha quindi dovuto rastrellare le circa 56mila firme, 750 per ogni collegio plurinominale, necessarie a presentare le liste nelle diverse parti d’Italia.
Un’impresa non facile da realizzare in pieno agosto, con poco più di due settimane a disposizione. E resa tanto più ardua dal fatto che proprio in quello stesso periodo, in molte regioni una buona parte dei dirigenti e i militanti della prima ora hanno deciso di mollare Italexit, in polemica con la deriva verso l’estrema destra – che stava emergendo proprio in quei giorni – e con una gestione della candidature concentrata nelle mani di poche persone a Roma, con l’esclusione completa dei territori.
Eppure, Italexit ha fatto il miracolo e raccolto le firme in tutta Italia. Come ci è riuscita? Secondo diverse fonti a conoscenza dei fatti che abbiamo consultato, anche in questo caso Paragone si è messo nelle mani dei gruppi organizzati di estrema destra, che hanno colonizzato il partito, sotto la guida del senatore William De Vecchis e del suo consigliere politico Mauro Gonnelli.
“C’è stato uno svuotamento generale dei coordinamenti territoriali, anche in Regioni molto grandi”, spiega un dirigente, che proprio in quei giorni ha lasciato il partito. “Questi come potevano raccogliere le firme, se la base se n’è andata? Si sono rivolti a quelli di Casapound”. Aggiunge un altro responsabile locale, fresco di rottura: “In Lazio, per dire, i banchetti per la raccolta li ha fatti tutti Casapound”.
Molti militanti storici di Italexit di varie parti d’Italia hanno più di un dubbio sulla regolarità dei metodi utilizzati per riempire i moduli di sottoscrizioni, necessari a presentare le liste.
C’è da dire però che le firme sono state accettate da tutte le Corti d’Appello, che peraltro si limitano a verificare la correttezza formale della documentazione e non indagano sull’identità dei firmatari o l’autenticità delle sottoscrizioni.
Solo in due casi le firme valide sono state giudicate insufficienti dalle Corti d’Appello e dunque Italexit è stata esclusa dalla competizione: in Trentino Alto Adige – solo per il Senato – e nel Molise.
E proprio del Molise, Fanpage.it è riuscita a visionare tutti moduli con i nomi e le firme raccolte dal partito di Paragone. Ecco cosa abbiamo scoperto.
Il Caso Molise
In Molise, come altrove in Italia, i dirigenti e i militanti di Italexit, che all’inizio si erano incaricati di raccogliere le firme per presentare le liste decidono in gran parte di sfilarsi, a seguito dei contrasti con i vertici sulle scelte sulle candidature.
A complicare ancor più le cose, il banco salta definitivamente venerdì 19 agosto, a circa 48 ore dal termine ultimo per presentare i moduli.
E anche in Molise, a questo punto entra in campo Casapound. “Dovevano fare tutto in due giorni, all’inizio dicevano che era impossibile – racconta un diretto testimone della vicenda -, poi Mauro Gonnelli ha fatto sapere che avrebbe mandato un po’ dei suoi”.
Racconta un’altro ex militante: “Sono arrivati questi di Casapound dal Lazio. Ho trovato un banchetto in piazza di persone che non avevo mai visto e ho chiesto: da dove venite? Mi hanno risposto che erano di Rieti”.
I banchetti tirati su in fretta e furia però non sembrano dare grandi risultati, “in quello che ho visto io hanno raccolto al massimo venti firme”, spiega ancora l’ex militante. Eppure a un certo punto le cose accelerano, da Roma si precipita in Molise anche William De Vecchis che come senatore può fungere da pubblico ufficiale e autenticare i moduli, con il suo timbro di palazzo Madama.
Per il rush finale, arriva anche il leader di Italexit Gianluigi Paragone che la sera del 21 agosto con una diretta Facebook da Termoli annuncia: “Ce l’abbiamo fatta, domani andiamo in Corte d’Appello a portare tutte le firme”.
Il 23 agosto però arriva la doccia fredda. La Corte d’Appello di Campobasso ricusa la lista di Italexit, perché una parte delle sottoscrizioni non ha i requisiti richiesti, come la presenza del documento di iscrizione alle liste elettorali.
A questo punto, nella chat whatsapp dei candidati del Molise, qualcuno spinge per fare ricorso, Di fronte alla richiesta, da Roma arriva una risposta sorprendente. “Il partito non farà alcuna azione di nessun tipo in Molise, né ricorsi né altro”, scrive Mauro Gonnelli, prima di abbandonare frettolosamente il gruppo.
E quando un candidato, Giuseppe Del Giudice, decide di andare avanti comunque, da Italexit fanno sapere che non intendono neanche pagare le spese legali.
Perché i dirigenti di un partito rinunciano a usare tutte le armi a loro disposizione, per partecipare a una competizione elettorale? Una scelta poco comprensibile, tanto più che l’esclusione dalla corsa in Molise alza di conseguenza il quorum reale da raggiungere nel resto d’Italia, rendendo più difficile superare la soglia di sbarramento.
“Avevano paura che qualcuno si mettesse a analizzare troppo da vicino le firme”, sostiene Del Giudice. E dopo che abbiamo letto e verificato i documenti con le sottoscrizioni presentati, è difficile dargli torto.
Le firme delle persone morte
La Corte d’appello di Campobasso ricusa la lista di Italexit del Molise perché nonostante a sottoscriverla ci siano 818 firme, i certificati elettorali presentati sono appena 643, ben al di sotto del numero richiesto per legge, che è di 750. Il controllo del tribunale si ferma al dato oggettivo, senza indagare sul perché sia stato impossibile allegare alla documentazione gli altri certificati mancanti.
Tramite un controllo a campione sui moduli presentati per le liste della Camera, che Fanpage.it ha potuto visionare nella loro interezza, abbiamo individuato tre casi in cui i firmatari risultano deceduti, prima del giorno in cui avrebbero dovuto compilare il documento necessario per le elezioni.
Il primo caso è quello di un uomo morto il 31 luglio 2022; il secondo riguarda una persona deceduta il 19 aprile 2021; il terzo è quello di una signora venuta a mancare addirittura più di quattro anni fa, il primo di aprile 2018. Tutti e tre questi nominativi presentano delle firme, apposte nello spazio riservato, ma mancano dei certificati d’iscrizione alle liste elettorali.
I moduli che contengono le tre sottoscrizioni di persone decedute, come tutti gli altri presentati in Molise, sono autenticati con firma e timbro del Senato il 20 e il 21 agosto dal senatore William De Vecchis.
In qualità di parlamentare, secondo quanto previsto dalla legge, De Vecchis agisce in qualità di pubblico ufficiale. Nello specifico, la dicitura sottoscritta dal senatore sotto ogni modulo è la seguente: “Certifico che sono vere e autentiche le firme apposte IN MIA PRESENZA (maiuscolo nostro ndr) dagli elettori sopra indicati, da me identificati con il documento segnato a margine di ciascuno”. Per un pubblico ufficiale, la falsa attestazione di autenticità delle sottoscrizioni delle liste elettorali si configura come reato.
Quello dei firmatari deceduti, è il caso più eclatante, ma non l’unico indizio d’irregolarità all’interno degli elenchi presentati da Italexit in Molise. Abbiamo riscontrato più di dieci casi di persone che hanno firmato per due volte, in due moduli diversi, entrambi relativi alle liste per la Camera. Tra questi, nove identici nominativi, con corrispettivi dati anagrafici, si trovano sia nel fascicolo n. 57, sia nel n. 23. Le firme in calce ai nomi presenti nei due elenchi, inoltre, sono graficamente molto differenti tra di loro. Pure qui, il tutto è autenticato dal senatore De Vecchis.
E ancora il modulo numero 42, presenta 16 nomi e relativi dati, ma nessuna firma scritta negli spazi appositi per le sottoscrizioni, nonostante anche in questo caso il senatore De Vecchis certifichi che le firme (in realtà assenti) sono vere, autentiche e apposte in sua presenza. Ci sono poi altre anomalie, non sufficienti però a dire con certezza che si tratti di sottoscrizioni false: ad esempio, all’interno di una firma, il nome proprio è stato confuso con un altro, e corretto successivamente con una evidente cancellatura. In altri casi, nomi o date di nascita inserite negli elenchi non coincidono con quelli presenti sui relativi certificati elettorali. È quanto accade per esempio con un signore, che sul modulo e nella firma sottostante è identificato come Rino, ma da certificato elettorale risulta chiamarsi Remo. Non siamo in grado di dire se si tratti di un nome copiato male o di un raro caso di amnesia, che ha portato l’uomo a dimenticarsi come si chiamasse al momento di firmare.
I parenti dei tre sottoscrittori deceduti, contattati da Fanpage.it, lamentano le irregolarità di cui li mettiamo al corrente come delle ingiustizie inflitte a persone che non possono più difendersi: “Mio marito è morto da due anni – ci racconta un’anziana signora – in vita non si è mai occupato di politica”. La nipote di uno dei firmatari defunti annuncia un’azione legale contro i responsabili: “Mio nonno è morto il 31 luglio, era analfabeta, non sapeva nemmeno firmare. Voglio andare in questura e sporgere denuncia, perché è una truffa ai suoi danni”. “Mia madre è morta da quasi cinque anni – sottolinea la figlia di un’altra sottoscrittrice – Provvederò legalmente. Mi dà fastidio quando mi toccano i parenti morti, specialmente i genitori”.
Quando, a margine di un comizio a Roma, raggiungiamo Gianluigi Paragone per una replica, tra il microfono e il leader di Italexit si frappone subito Mauro Gonnelli, che senza presentarsi o qualificarsi dice brusco: “No, il Molise lasciamolo stare”. “Non ne voglio parlare”, glissa il senatore William De Vecchis, il cui timbro certifica le presunte firme irregolari.
“In Molise la vicenda è chiusa, in fase di presentazione ci hanno detto che le firme non erano sufficienti”, prova a spiegare Paragone. Davanti alle evidenze delle irregolarità, il leader di Italexit contrattacca, parlando di una diffida inviata da Italexit contro una persona sul territorio, che da delegato di lista del partito avrebbe provato ad alterare la liste dei candidati.
La difesa di Paragone però non regge. Intanto perché, come risulta dal verbale di consegna prodotto dalla cancelleria della Corte d’appello di Campobasso, il grande fascicolo con le liste in questione è stato presentato di persona da una candidata di Italexit, incaricata ufficialmente dal partito con comunicazione Pec alla Corte d’Appello. La delega a rappresentare il partito all’uomo a cui fa riferimento Paragone, invece, era già stata revocata dai vertici di Italexit il venerdì precedente, con comunicazione ufficiale alle autorità competenti. E in ogni caso, possibili problemi interni sulla formazione delle liste, nulla c’entrano con le eventuali irregolarità nella raccolta delle firme, autenticate dal senatore De Vecchis, numero due del partito. Di fronte a queste contestazioni, Paragone va via sbattendo la portiera dell’auto: “Fai il giornalista, io l’ho fatto per trent’anni, se vuoi ti do ripetizioni, te le dò gratis”.
(da Fanpage)

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PANICO IN RUSSIA DOPO IL DISCORSO DI PUTIN: ESAURITI I BIGLIETTI AEREI PER ISTANBUL E YEREVAN

Settembre 21st, 2022 Riccardo Fucile

IN POCHE ORE BIGLIETTI INTROVABILI E PREZZI ALLE STELLE

In Russia è scoppiato il panico dopo che il presidente Vladimir Putin nel suo discorso andato in onda questa mattina alle 8, ora di Mosca, ha annunciato la mobilitazione parziale e minacciato di usare la bomba atomica contro i nemici dell’Occidente.
Ne è una conferma il fatto che pochi minuti dopo la trasmissione delle sue dichiarazioni, siano andati esauriti tutti i biglietti aerei dalla Capitale russa verso Yerevan in Armenia e Istanbul in Turchia (tra le poche destinazioni con volo diretto). Terminati anche quelli per Tbilisi, in Georgia. Stessa situazione per domani.
Lo scrive su Telegram il giornale indipendente Meduza.
La preoccupazione per la mobilitazione e la conseguente chiusura dei confini sono evidentemente un timore palpabile tra i russi ora che Putin ha fatto il primo passo.
Già ieri sera, quando si era diffusa la voce di un possibile discorso di Putin sui referendum nelle quattro regioni ucraine sotto il controllo russo per l’annessione alla Federazione, poi rimandato a questa mattina, le ricerche su Google della frase “Come lasciare la Russia” sono aumentate in maniera esponenziale.
E sempre da ieri il prezzo dei biglietti aerei è salito alle stelle. Da Mosca a Istanbul il biglietto per un bambino, fino a quando erano disponibili, è arrivato a costare oltre 1300 euro nelle scorse ore.
I prezzi dei voli di venerdì sono più o meno gli stessi. Per sabato per Istanbul sono stati venduti biglietti a partire da 60.000 rubli per i voli diretti (pari a 1.003,86 euro) e da 30.000 rubli per i voli con coincidenza (501,93 euro).
Anche i biglietti per Baku, capitale dell’Azerbaigian, si sono esauriti per il 21 settembre. Per giovedì i biglietti sono in vendita a 23.000-25.000 rubli. Venerdì il volo diretto più economico è di 75.000 rubli (1.241,44 euro).
Su Telegram in russo dalle scorse ore circolano anche gli elenchi delle organizzazioni che offrono consulenza per la tutela dei diritti del personale militare.
(da Fanpage)

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“NON VOGLIAMO ESSERE MANDATI A MORIRE IN TRINCEA”: IN RUSSIA I GIOVANI CERCANO DI FUGGIRE DOPO LA MOBILITAZIONE DEI VENTENNI ANNUNCIATA DA PUTIN

Settembre 21st, 2022 Riccardo Fucile

PER I RENITENTI SONO ORA PREVISTI ANNI DI CARCERE… AD ESULTARE È INVECE LA COMPAGINE DEI NAZIONALISTI CHE CHE PER MESI HANNO INVOCATO LA “GUERRA TOTALE” ALL’UCRAINA

«Sinceramente ho abbastanza paura», ammette Vasily, uno studente della facoltà di Storia all’Università di San Pietroburgo. Pur non essendo un sostenitore dell'”operazione speciale” in Ucraina, Vasily non ha intenzione di sottrarsi nel caso venga chiamato a combattere. Mesi prima si era persino comprato un kit del pronto soccorso nel caso di chiamata alle armi. «Si tratta del mio Paese e come cittadino è mio dovere andare». Concorda il suo amico, Anton, 22 anni, caporale in riserva. In caso di mobilitazione, potrebbe essere tra i primi a finire al fronte. «Se mi chiamano vado, ma sinceramente preferirei evitare», aggiunge il giovane con tono fatalista.
Fino a ieri, per la maggior parte dei Russi il conflitto in Ucraina sembrava qualcosa di lontano. La maggior parte si era infatti scontrata solo con i suoi effetti collaterali: i viaggi per l’Europa cancellati, i marchi occidentali che scompaiono dai negozi e la necessità di scaricare un Vpn per usare Instagram e Facebook.
D’altro canto, per molti non si trattava neppure di una vera guerra, ma di un'”operazione militare speciale”, che fino ad oggi ha coinvolto qualche decine di migliaia di militari professionisti e volontari. La situazione ora potrebbe cambiare drasticamente: sembra solo questione di giorni prima che la Russia annetta i territori occupati dell’Ucraina tramite referendum, portando formalmente il conflitto sul proprio territorio, con tutte le drammatiche conseguenze.
In quel caso, la guerra vera potrebbe irrompere nelle vite di milioni di cittadini russi.
Le parole “mobilitazione” e “leggi marziale”, fino a ieri poco più che spauracchi per il russo comune, sono state incluse ieri nel codice penale dai parlamentari della Duma, assumendo una connotazione ben più reale. È comunque ancora presto per dire se e in che modalità verrà attuata la mobilitazione. Secondo la legge russa, una mobilitazione parziale potrebbe riguardare solo alcune regioni del Paese.
«Bisogna prepararsi al peggio», dice Pavel, 30 anni, video editor di San Pietroburgo. Fortemente contrario alla guerra, Pavel sta ora cercando biglietti aerei a buon mercato per la Turchia e per l’Armenia. Non ha nessuna intenzione di combattere in Ucraina. In caso di mobilitazione, giovani russi come lui potrebbero non poter lasciare il Paese e per i renitenti sono ora previsti anni di carcere.
Ad esultare è invece la compagine dei nazionalisti, che per mesi hanno invocato la mobilitazione e la “guerra totale” all’Ucraina. Dopo i recenti insuccessi incassati dall’esercito russi durante la recente controffensiva ucraina, le loro voci si erano fatte sempre più frustrate. Alla fine, sembra che il Cremlino li abbia ascoltati.
«Meglio tardi che mai», si legge in un post sul canale Telegram di nazionalisti radicali Govorit Topaz. «L’inizio dello scannamento totale e spietato dei maiali è qualcosa di fantastico», si legge in un altro post. Una sete di sangue, quella dei nazionalisti, ben lontana dal riflettere l’umore della maggioranza dei russi, in gran parte indifferenti alla politica.
Nei prossimi giorni la Russia potrebbe entrare in terra incognita. Il regime di Vladimir Putin si è infatti sempre fondato su un patto tacito tra i cittadini e lo Stato: i primi non si immischiano nella politica, mentre il secondo non interferisce nelle loro vite private. Nel caso di una mobilitazione della società, totale o parziale, il patto potrebbe incrinarsi con conseguenze imprevedibili per il sistema.
(da agenzie)

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I SOLDI FINISCONO SEMPRE A CHI LI HA GIÀ: NEL 2021 LA RICCHEZZA GLOBALE È CRESCIUTA, RAGGIUNGENDO A FINE ANNO 463.600 MILIARDI DI DOLLARI, CON UN INCREMENTO DEL 9,8% RISPETTO AL 2020

Settembre 21st, 2022 Riccardo Fucile

MA SI TRATTA DI DENARI CONCENTRATI NELLE MANI DELL’1% DELLA POPOLAZIONE CHE DIVENTA SEMPRE PIÙ RICCA… IL 45,6% DEI PATRIMONI PRIVATI È NELLE TASCHE APPENA 62,5 MILIONI DI “PAPERONI” MILIONARI

Nel 2021 la ricchezza globale è cresciuta a un ritmo sostenuto, raggiungendo a fine anno 463.600 miliardi di dollari, con un incremento del 9,8% rispetto al2020. Ed è concentrata nell’1% della popolazione che diventa sempre più ricca: 62,5 milioni di “paperoni” milionari.
Sono i risultati del tredicesimo Global Wealth Report del Credit Suisse Research Institute (CSRI). Potrebbe però essere solo una fiammata perché – evidenzia il report – elementi quali inflazione, aumento dei tassi di interesse, tendenza alla diminuzione dei valori degli asset reali, tensioni geopolitiche e volatilità sui mercati, nel 2022/2023 potrebbero arrestare la crescita della ricchezza e invertire la notevole crescita del 2021, visto che diversi Paesi affrontano una crescita più lenta o una recessione.
I Paesi a basso e medio reddito rappresentano attualmente il24% della ricchezza, ma contribuiranno in misura del 42% alla crescita della ricchezza nei prossimi cinque anni quando, secondo le previsioni, il benessere economico dovrebbe tornare a galoppare. Tanto che, secondo le indicazioni che arrivano dal Wealth Report 2022, si prevede che nel 2024, in media, la ricchezza per adulto dovrebbe raggiungere nel mondo i 100 mila dollari Usa e il numero di milionari superare quota 87 milioni di individui.
Difficilmente per alcuni anni assisteremo alla crescita della ricchezza che si è vista nel 2021, spinta quasi ovunque nel mondo grazie all’apprezzamento delle azioni. L’ lndia è il Paese che ha registrato il maggiore incremento: 31%, seguita da Francia (28%), USA (23%), Italia (23%) e Canada (22%). In Austria, Svezia, Arabia Saudita, Vietnam e Israele le azioni si sono rivalutate di oltre il 30%, mentre in Romania, Repubblica Ceca e negli Emirati Arabi Uniti di oltre il 40%.
L’1% di popolazione più ricca del mondo ha aumentato per il secondo anno la propria quota di ricchezza fino a raggiungere il 45,6% nel 2021 rispetto al 43,9% registrato nel 2019. Nel 2021 ai milionari in dollari statunitensi si sono aggiunti 5,2 milioni di membri extra, per un totale a fine anno di 62,5 milioni di membri (milionari) in tutto il mondo. Il numero di individui “Ultra High” (Ultra High Net Worth Individuals chi ha solo ricchezze finanziarie sopra i 30milioni di dollari) è aumentato a un ritmo molto più rapido, con il 21% nuovi membri in più nel 2021.
Gli Stati Uniti (30.470) sono stati il Paese che ha guadagnato il maggior numero di membri UNHW, seguiti dalla Cina (5.200). Il numero di individui UHNW è aumentato di oltre un migliaio anche in Germania (1.750), Canada (1.610) e Australia (1.350). I paperoni sono invece diminuiti in Svizzera (-120), RAS di Hong Kong (-130), Turchia (-330) e Regno Unito (- 1.130).
Nel mondo tutte le aree hanno contribuito all’aumento della ricchezza globale, con il dominio di Nord America e Cina; il Nord America rappresenta poco più 50% del totale globale e la Cina aggiunge un altro 25%. Per contro, Africa, Europa, India e America Latina rappresentano insieme appena l’11,1% della crescita della ricchezza globale. Il Nord America e la Cina hanno registrato i tassi di crescita più alti (circa il 15% ciascuno), mentre la crescita dell’1,5% in Europa è stata di gran lunga la più bassa tra le diverse aree geografiche.
“L’inflazione a livello mondiale e la guerra Russia-Ucraina ostacoleranno la creazione di ricchezza reale nel corso dei prossimi anni. Ciò nonostante, la ricchezza globale in dollari statunitensi nominali dovrebbe aumentare di169.000 miliardi entro il 2026, pari a un aumento del 36%”, prosegue il report.
(da agenzie)

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L’AMERICA SI VENDICHERÀ CON “UN ATTACCO DEVASTANTE” CONTRO LA FLOTTA RUSSA DEL MAR NERO O LE BASI IN CRIMEA SE PUTIN SEGUIRÀ LA MINACCIA DI USARE ARMI NUCLEARI IN UCRAINA

Settembre 21st, 2022 Riccardo Fucile

L’AVVERTIMENTO USA

L’America si vendicherà con “un attacco devastante” contro l’esercito russo se Vladimir Putin utilizzerà armi nucleari in Ucraina, ha avvertito l’ex comandante europeo dell’esercito degli Stati Uniti.
Il tenente generale in pensione Ben Hodges oggi ha affermato che qualsiasi risposta dell’America “potrebbe non essere nucleare”, ma ha avvertito che se Putin dovesse usare armi nucleari in Ucraina, gli Stati Uniti potrebbero cercare di “distruggere la flotta del Mar Nero o distruggere le basi russe in Crimea”.
I suoi commenti arrivano dopo che il premier russo ha annunciato che avrebbe usato “tutti i mezzi” necessari per difendere aree di territorio sequestrate o destinate ad essere annesse dalle forze del Cremlino prima di minacciare di usare armi nucleari.
“Se c’è una minaccia per l’integrità territoriale del nostro paese e per proteggere il nostro popolo useremo sicuramente tutti i mezzi per noi – e non sto bluffando”, ha poi aggiunto durante il suo discorso televisivo al popolo russo mercoledì mattina .
Il generale Hodges, che ha comandato l’esercito americano in Europa tra il 2014 e il 2018, ha sottolineato che la “possibilità” di Putin di ordinare un attacco nucleare contro l’Ucraina era “molto improbabile”
Ma ha detto che l’uso di qualsiasi arma strategica di distruzione di massa sarebbe stata accolta con una reazione rapida e severa da parte del presidente Joe Biden.
“Lui [Putin] sa che gli Stati Uniti dovranno rispondere se la Russia usa un’arma nucleare”, ha detto Gen Hodges a MailOnline.
“La risposta degli Stati Uniti potrebbe non essere nucleare… ma potrebbe benissimo essere un attacco devastante che potrebbe, ad esempio, distruggere la flotta del Mar Nero o distruggere le basi russe in Crimea.
“Quindi, penso che il presidente Putin e coloro che lo circondano saranno riluttanti a coinvolgere direttamente gli Stati Uniti nel conflitto”.
Le potenziali aree di attacco per gli Stati Uniti, se la Russia dovesse lanciare un attacco nucleare, potrebbero includere il porto navale di Sebastopoli sulla costa occidentale della Crimea, che è stata occupata dalle forze del Cremlino da quando la penisola è stata annessa nel 2014.
Preoccupata, Mosca ha già spostato alcuni dei suoi sottomarini d’attacco di classe Kilo dalla penisola di Crimea alla Russia meridionale per paura che vengano colpiti dal fuoco ucraino a lungo raggio, secondo l’intelligence britannica.
In un briefing quotidiano martedì, il Ministero della Difesa del Regno Unito ha affermato che quei sottomarini erano stati “quasi certamente” spostati a Krasnodar Krai, nella Russia continentale, invece di una base navale a Sebastopoli, nella penisola di Crimea.
La mossa arriva mentre Putin affronta il possibile collasso della sua cosiddetta “operazione militare speciale” dopo uno straordinario contrattacco ucraino la scorsa settimana che ha visto le forze russe nel nord-ovest respinte oltre il confine ucraino.
Con una grave carenza di equipaggiamento militare, Putin ha raddoppiato il suo assalto all’Ucraina, annunciando la “mobilitazione parziale” di 300.000 riservisti militari – la prima in Russia dalla seconda guerra mondiale – e referendum nelle aree occupate dell’Ucraina per renderli parte della Russia.
Tuttavia, esperti e analisti affermano che farà ben poco per invertire le sorti della guerra a suo favore.
Ci vorranno almeno settimane, forse mesi, per radunare, equipaggiare, addestrare e trasportare centinaia di migliaia di uomini in prima linea, tempo che la Russia non ha.
Quando arriveranno i rinforzi, l’inverno inizierà quando le operazioni di combattimento saranno considerevolmente più difficili, aggravando i problemi che l’esercito russo deve già affrontare.
E mobilitare più uomini non servirà a risolvere la cronica mancanza di attrezzature e rifornimenti tra i ranghi della Russia, o risolvere i problemi logistici che hanno ostacolato i suoi attacchi.
Alcuni hanno fatto paragoni con la disastrosa Guerra d’Inverno che l’Unione Sovietica ha combattuto contro la Finlandia, che si è conclusa con centinaia di migliaia di soldati dell’Armata Rossa morti o feriti a circa 25.000 finlandesi.
(da agenzie)

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IL DECRETO PER LA “MOBILITAZIONE MILITARE PARZIALE” DI PUTIN IN OTTO PUNTI MA IL SETTIMO PUNTO E’ SEGRETO

Settembre 21st, 2022 Riccardo Fucile

RIDICOLI: SI SALTA DAL PUNTO 6 AL PUNTO 8 PER NON FAR SAPERE AI RUSSI CHE I RISERVISTI RICHIAMATI SARANNO 300.000

Oggi la Russia si è svegliata mentre il presidente Vladimir Putin pronunciava il suo atteso discorso alla nazione con il quale ha annunciato la «mobilitazione militare parziale» con la quale lo zar spera di invertire l’inerzia della «operazione speciale» in Ucraina.
Com’è ormai noto, il decreto che istituisce la mobilitazione prevede che vengano richiamati i militari di riserva e la possibilità di chiamare la popolazione generale alle armi in maniera obbligatoria.
Putin, inoltre, ha reso noto che non esclude il dispiego di armi nucleari. Nel testo, che consentirebbe la discesa in campo di altri 300 mila uomini, c’è molto di più.
La coscrizione militare obbligatoria
All’articolo due si legge che il presidente si riserva il diritto di «reclutare al servizio militare i cittadini russi nell’ambito della mobilitazione delle forze armate russe», anche se il ministro della difesa del Cremlino Sergei Shoigu ha fatto sapere che al momento i cittadini coscritti al servizio non verranno impiegati in Ucraina.
Nell’articolo 3, inoltre, viene inoltre stabilito che il salario di chi verrà arruolato in questo modo, sarà lo stesso dei membri regolari dell’esercito, mentre al punto 4 si legge che contratti di coscrizione rimarranno validi fino alla fine della mobilitazione.
La chiamata potrà essere rifiutata – secondo l’articolo 5 – nei seguenti casi: il raggiungimento dell’età di servizio massima; per ragioni di salute che la Commissione militare consideri non idonee alla prestazione di servizio militare; e per verdetti che incriminino i soggetti interessati.
Gli obblighi dello Stato e degli ufficiali
Il punto 6 si riferisce al governo della federazione, che dovrà «finanziare le attività della mobilitazione e adottare misure adeguate a soddisfare i bisogni delle Forze Armate della Federazione Russa e dei corpi militari durante il periodo della mobilitazione parziale».
Nella versione pubblicata nella gazzetta presidenziale manca il punto 7, che nelle scansioni della versione cartacea recitava uno stringato: «Per uso ufficiale». Questo perchè si sarebbe dovuto indicare in 300.000 i soggetti interessati
Si arriva poi al punto 8, che indica come «gli ufficiali anziani» e le «entità costituenti» della Russia debbano assicurare la «coscrizione dei cittadini chiamati al servizio militare».
Le leggi della Duma per incriminare i disertori
Il decreto arriva a un giorno di distanza da una risoluzione del parlamento russo, effettuata con una procedura espressa che prevede sanzioni penali ai soldati che disertano, si arrendono o si rifiutano di seguire gli ordini loro impartiti. Come evidenzia la testata russa indipendente Meduza, le pene per questi reati possono arrivare fino a 15 anni e partono da un minimo di due. Inoltre, al di fuori del codice penale, la Duma ha approvato una legge che semplifica l’ottenimento della cittadinanza russa per gli stranieri che decidono di arruolarsi e combattere.
Lo status della guerra
Lo status della guerra, ufficialmente, non è cambiato, ha fatto sapere il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. La Russia, quindi, continuerà a riferirsi all’invasione dell’Ucraina in termini di «operazione militare speciale». Per il momento, inoltre, non verrà imposta la legge marziale nel Paese, ha dichiarato Peskov. Le dichiarazioni vanno di pari passo con il tentativo di Mosca di mantenere una situazione in patria quanto più possibile normale, come fanno notare molti analisti. Anche per questo – suggeriscono – la mobilitazione viene definita «parziale» e la guerra non viene ufficialmente dichiarata. Nonostante gli sforzi, però, la popolazione russa sta iniziando a temere che la situazione precipiti, tanto che le ricerche Google su come lasciare la Russia sono aumentate a dismisura, e tutti i voli diretti verso l’estero previsti per oggi sono stati prenotati.
La guerra camuffata e la debolezza di Putin
Il discorso di oggi viene considerato da alcuni un segno di debolezza del presidente russo. La Russia, infatti, ha già speso moltissimi soldi e dispiegato migliaia di soldati in Ucraina, incagliandosi in un conflitto che, anche quando volgeva a favore di Mosca, procedeva a rilento. L’annuncio della mobilitazione arriva poche ore dopo quello dei referendum per la russificazione dei territori occupati, che potrebbero consentire l’annessione del Lugansk, del Donetsk e di Cherson prima che la controffensiva ucraina conquisti potenzialmente ancor più territorio. Gli esperti, poi, fanno notare come probabilmente la mobilitazione non avrà effetti clamorosi sul conflitto.
La Russia, infatti, ha già dispiegato i suoi militari più esperti. Anche se attualmente si prevede che solo i militari con esperienza pregressa verranno richiamati dalla riserva, la tattica che ha finora dato pochi frutti rimane invariata. Vengono poi sollevati dubbi sulla possibilità di mandare a combattere persone che non hanno mai frequentato ambienti militari, soprattutto quando solo il 3% della popolazione russa si dice disponibile ad andare al fronte.
(da agenzie)

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GAS, L’ALGERIA RASSICURA L’ITALIA: “AVRA’ ALTRI 10 MILIARDI DI METRI CUBI AGGIUNTIVI NEI PROSSIMI MESI”

Settembre 21st, 2022 Riccardo Fucile

“CON L’ITALIA UN RAPPORTO PRIVILEGIATO, NOI ONORIAMO GLI IMPEGNI”

L’Algeria rassicura l’Italia sulle forniture aggiuntive di gas, mentre i governi in giro per l’Europa si adoperano con nuovi interventi per affrontare il caro-energia di imprese e famiglie e la Commissione europea si appresta a rilasciare una nuova comunicazione sul dossier energia.
L’Algeria “onora gli impegni presi con l’Italia”, che “riceverà altri 10 miliardi di metri cubi di gas nei prossimi mesi”: lo afferma in un comunicato il ministero dell’Energia algerino rilanciato oggi in sintesi dall’agenzia di stampa ufficiale Aps.
Risponde così ai dubbi sul fatto che la compagnia Sonatrach fosse in grado di aumentare il ritmo delle forniture verso il Belpaese, come da accordi sugellati in vari incontri di altissimo livello tra le due diplomazie. “L’Algeria, che intrattiene relazioni ‘privilegiate’ con l’Italia, garantisce l’approvvigionamento di gas all’Italia e conta di aumentare le proprie forniture a oltre 25 miliardi di m3 da adesso alla fine dell’anno”, scrive l’Aps sul proprio sito sintetizzando il comunicato.
Qualcosa si muove anche a Bruxelles, dove – riportano le agenzie – la Commissione si appresta a mettere sul tavolo una nuova comunicazione sul dossier energia, mercoledì 28 settembre. L’intenzione di tornare sulla crisi del gas è stata anticipata anche alla riunione dei Rappresentanti dei 27 (Coreper). Si tratterebbe, secondo l’ipotesi che circola a Bruxelles, di una duplice comunicazione – che non ha valore legislativo – che andrebbe a coinvolgere sia il mercato del gas sia la questione del tetto ai prezzi. La proposta dell’esecutivo Ue dovrebbe quindi entrare in agenda nel Consiglio Affari Energia straordinario convocato per il 30 settembre. In quell’occasione si discuterà anche delle misure per tagliare i consumi di elettricità, sul quale i governi Ue vogliono una posizione più morbida: chiedono che il target obbligatorio (10%) di riduzione della domanda non sia calcolato su base mensile, ma sull’intero periodo “tra il 1° dicembre 2022 e il 31 marzo 2023”, emerge da una prima bozza di compromesso del Consiglio Ue, di cui l’Ansa ha preso visione, sulle proposte per fare fronte al caro energia. Il testo, su cui sono al lavoro gli ambasciatori dei Ventisette, sarà discusso dai ministri dell’Energia Ue alla riunione straordinaria di venerdì 30 settembre.
(da agenzie)

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