Ottobre 24th, 2022 Riccardo Fucile “LE FORZE DI KIEV PROVERANNO A CONQUISTARE KHERSON PRIMA DELL’INVERNO”
“È possibile che a Kherson succeda quella che è successo già a Kharkiv: una
significativa e abbastanza rapida controffensiva ucraina. Le forze di Kiev credo vogliano almeno provarci prima dell’arrivo dell’inverno. La NATO? Gestisce le minacce russe senza arretramenti ma neppure senza farle crescere”.
Così Andrea Gilli, senior Researcher presso il NATO Defense College, ha commentato a Fanpage.it gli ultimi sviluppi della guerra in Ucraina, facendo anche delle previsioni, da un punto di vista strettamente personale, su cosa potrà succedere nel prossimo futuro.
Gli 007 inglesi e americani parlano di una ritirata dei russi da Kherson. Crede che se ciò avvenisse si potrebbe andare verso un nuovo corso della guerra in Ucraina?
“Le forze russe si stanno ritirando, anche se ovviamente è difficile valutare l’entità di questa ritirata: da tutto l’Oblast o solo dalla città? È possibile che anche a Kherson accada quanto abbiamo visto a Kharkiv a settembre: una significativa e abbastanza rapida controffensiva ucraina. Ritengo probabile che le forze di Kiev vogliano almeno provarci prima dell’arrivo dell’inverno. Non credo però che una tale controffensiva cambierebbe nettamente il corso della guerra: l’inverno probabilmente congelerà, in tutti i termini, le attuali linee di combattimento. Di sicuro, per le forze russe non sarà facile arrivare fino alla primavera tra freddo, assenza di rifornimenti, morale a pezzi e soprattutto anche le loro retrovie sempre più esposte all’artiglieria ucraina”.
Stoltenberg ha dichiarato nei giorni scorsi che “Putin sta fallendo”: quali sono gli elementi che possono far credere che effettivamente il conflitto stia andando nella direzione opposta a quella voluta da Mosca?
“Nel Donbass, le forze russe di Wagner sono oramai su linee difensive da cui si era partiti il 24 febbraio. Se guardiamo il territorio ancora sotto il controllo russo, questo continua a diminuire. Allo stesso modo, sappiamo che le truppe russe si trovano in condizioni abbastanza svantaggiose e, in alcuni casi, obiettivamente insostenibili: assenza di uniformi invernali, mancanza di medicine, tende non riscaldate. Quotidianamente arrivano notizie di incidenti o problemi che segnalano la difficoltà di far combattere persone né addestrate né motivate. Anche a livello di mezzi, la Russia sta affrontando problemi crescenti, dovuti sia alle enormi perdite sul terreno che alle sanzioni, che non permettono di ricostituire gli stock esistenti”.
Le minacce di una guerra nucleare sembrano essersi affievolite nel corso degli ultimi giorni. In ogni caso, l’Alleanza è pronta ad affrontare uno scenario simile?
“La NATO è un’alleanza votata alla sicurezza internazionale. Parte del suo mandato è garantire la sicurezza dei suoi alleati. La Russia, sventolando minacce nucleari, si rivela un attore inaffidabile e irresponsabile. L’obiettivo della NATO, fin dall’inizio del conflitto – e credo che questo sia stato raggiunto con successo – è stato proteggere gli alleati, e quindi evitare l’allargamento della guerra, supportare l’Ucraina nella sua difesa, e sanzionare Mosca per il suo comportamento. Immagino la direzione continuerà ad essere questa, gestendo le minacce russe senza arretramenti ma neppure senza farle crescere. Dalla loro, i Paesi NATO hanno il vantaggio tecnologico e organizzativo, che agisce in maniera efficace da deterrente”.
Sempre riguardo al nucleare, è in corso l’esercitazione Steadfast Noon, che era stata programmata prima della guerra in Ucraina. E sempre nel Mediterraneo sono comparse due navi da guerra russe. Cosa sta succedendo?
“La deterrenza richiede capacità. Le capacità vanno regolarmente verificate e migliorate. Queste esercitazioni servono a mantenere addestrate le nostre forze armate così da segnalare a qualsiasi attore la nostra capacità a rispondere. La Russia fa ciò che le riesce meglio: minacciare, far salire la tensione, con lo scopo di intimidire e intimorire le democrazie che vuole scardinare”.
L’Ucraina ha presentato richiesta formale per entrare nella NATO? Quali sono le tempistiche e gli step successivi?
“Molto difficile da dire. Ci sono tempi politici e amministrativi. A livello politico, serve l’assenso di tutti gli Alleati: non ho modo di sapere se ci sia un assenso e quanto eventualmente questo potrebbe metterci ad emergere: 1, 10 o 20 anni? Non lo so, né lo posso sapere, perché basta un cambio di governo in un Paese alleato per alterare la situazione. Ciò detto, fin quando la guerra sarà in corso, non credo che l’Ucraina possa entrare nella NATO, ma è un’opinione personale. I tempi amministrativi sono diversi e dipendono da una serie di parametri tecnici, tattici e operativi. Faccio un semplice esempio: essere nella NATO significa avere accesso a documenti secretati. E’ fondamentale che ogni Paese alleato sia in grado di rispettare e mantenere determinati standard di sicurezza. Questi standard devono essere adottati e verificati. Ciò richiede una serie di riforme. In alcuni Paesi può prendere pochi mesi in altri diversi anni”.
(da Fanpage)
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Ottobre 24th, 2022 Riccardo Fucile LA MELONI INTENDE METTERE DEI FORTI CONTRAPPESI A SALVINI, CHE INVECE VUOLE ALLE INFRASTRUTTURE IL SUO FEDELISSIMO RIXI. COSÌ QUELLO PENSA ALL’ORDINARIA AMMINISTRAZIONE, E LUI È LIBERO DI ANDARE A SPASSO A FARE CAMPAGNA ELETTORALE… BERLUSCONI PUNTA A PIAZZARE IL SUO FEDELISSIMO, IL FILO-RUSSO VALENTINO VALENTINI, ALLA FARNESINA
Una prima lista c’è. Il Consiglio dei Ministri d’avvio del governo Meloni ha nominato vicepresidenti Antonio Tajani e Matteo Salvini e sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Ma, di fatto, ha anche dato il via libera alla nuova trattativa sui sottosegretari.
Le posizioni sono al massimo 40, ma non è detto che saranno tutte assegnate. FdI vorrebbe Giovanbattista Fazzolari, alter ego politico di Giorgia Meloni, sottosegretario all’Attuazione del programma. Lui, ufficialmente, tenta di sottrarsi.
C’è in ballo anche la delega ai Servizi segreti che nei governi Berlusconi ricopriva il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Mantovano, magistrato ed ex viceministro dell’Interno, ha lo standing adeguato ma per ora la manterrà la premier.
Silvio Berlusconi è l’alleato più pressante. È lui che ha già stilato una prima lista di aspiranti. Dopo aver dovuto ingoiare di malavoglia il «no» alle sue due priorità – il ministero della Giustizia che aveva già annunciato a Maria Elisabetta Alberti Casellati e la titolarità del Mise, con competenza sulle emittenti televisive – ritiene di aver diritto a sottosegretari che possano rappresentarlo nei ministeri andati agli alleati. Con una particolare attenzione non solo alla Giustizia, dove il designato è il sottosegretario forzista uscente Francesco Paolo Sisto, ma soprattutto ai dicasteri economici. E non arretra neppure sulla richiesta di nominare sottosegretario Valentino Valentini.
Malgrado il coordinatore azzurro Antonio Tajani sia stato nominato ministro degli Esteri e vicepremier. La richiesta di Valentini alla Farnesina o alla Difesa provoca polemiche alla luce dell’audio di Berlusconi sui rapporti rinsaldati con Vladimir Putin, visto che Valentini è considerato l’uomo che ha tenuto per FI i rapporti con Mosca.
Nell’elenco dei desiderata Berlusconi include un ruolo di peso per un suo fedelissimo, al Mef e al Mise. Anche se non ha ancora fatto i nomi.Per Francesco Battistoni, sottosegretario uscente all’Agricoltura, chiede lo stesso incarico e anche la delega all’editoria. Per il capogruppo uscente azzurro Paolo Barelli, il leader forzista avrebbe pensato all’incarico di viceministro dell’Interno. Ruolo che era ricoperto finora da Nicola Molteni. Debora Bergamini la vorrebbe sottosegretario al ministero dei Rapporti con il Parlamento. Un ruolo che dovrebbe andare anche a Maurizio Lupi di Noi Moderati.
Ma non è finita. Berlusconi chiede un incarico anche per Gregorio Fontana e Matilde Siracusano. Li vorrebbe al Ministero per il Sud e il Mare andato a Nello Musumeci. Difficilmente sarà accettata la richiesta di piazzare Gianfranco Micciché,che aveva boicottato la rielezione a governatore di Musumeci, dando a lui, in alcune interviste, del «fascista» e accusando Giorgia Meloni di «essersi accodata a quell’anima nera di Ignazio La Russa», attuale presidente del Senato.
La Lega ha bisogno di riequilibrare le componenti, come quella veneta, dopo i molti lombardi sistemati. Si fa il nome di Edoardo Rixi, di Vannia Gava, di Nicola Molteni e di Freni. Le indiscrezioni parlano anche di Lucia Borgonzoni e di richieste per i siciliani Nino Minardo e Valeria Sudano, senatrice catanese, moglie del potente luogotenente di Salvini in Sicilia, Luca Sammartino.
FdI non ha liste precompilate. C’è però chi dà per scontato l’arrivo a sottosegretario al Mef di Maurizio Leo e di Alessio Butti in qualche posizione di rilievo. Marcello Gemmato potrebbe andare alla Salute. Si parla poi già delle commissioni Bilancio e c’è chi pensa a Giulio Tremonti per la Camera (si ricreerebbe, a parti invertite, il duo Tremonti-Giorgetti) e del forzista Dario Damiani al Senato.
(da agenzie)
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Ottobre 24th, 2022 Riccardo Fucile ORA LA MORATTI È PIÙ VICINA ALLA CORSA IN LOMBARDIA E PER FONTANA E SALVINI E’ UN DISASTRO
In molti avrebbero tirato un sospiro di sollievo. La Lega perché così blindava la
ricandidatura del suo governatore Attilio Fontana alle prossime Regionali. Fratelli d’Italia perché così sminava il campo da un possibile scontro con gli alleati.
La soluzione sembrava a portata di mano: nominare Letizia Moratti amministratrice delegata di Milano Cortina 2026. Due piccioni con una fava. Disinnescare la bomba dell’ex sindaca di Milano sempre più decisa a candidarsi presidente della Lombardia in contrapposizione a Fontana e rimettere in carreggiata la Fondazione che dovrà organizzare i Giochi invernali.
Restava un ultimo passaggio. Il neonato governo avrebbe dovuto informare gli altri soci di Milano Cortina, a partire dal sindaco di Milano, Beppe Sala e i governatori del Veneto e della Lombardia, Luca Zaia e Fontana. Ma qualcosa è andato storto.
Quello che ancora non aveva il crisma dell’ufficialità è comparso sui siti dei media come cosa fatta provocando un vero terremoto.
Il primo a reagire è stato Sala: «Leggo la notizia che Moratti sarebbe stata scelta come ad di Milano Cortina 2026. Non mi risulta. E in ogni caso non può essere fatta una scelta così delicata per risolvere i problemi del centrodestra in Lombardia.
Passano pochi minuti e arriva la seconda smentita. Questa volta è della stessa Moratti tramite il suo ufficio stampa: «La dottoressa Letizia Moratti smentisce la sussistenza della notizia sulla sua nomina come ad delle Olimpiadi Milano Cortina. Qualsiasi decisione di Letizia Moratti sarà comunicata esclusivamente dal suo ufficio stampa. Ogni altra notizia a lei inerente è destituita di fondamento». Infine arriva la terza smentita. Questa volta direttamente dalla presidenza del Consiglio: «Sulla nomina del nuovo ad della Fondazione Milano Cortina 2026, che ha carattere di urgenza, non ci sono ancora determinazioni della Presidenza del Consiglio. Determinazioni che una volta maturate saranno preventivamente portate a conoscenza dei soci della Fondazione stessa». Risultato? La riunione alla fine si è tenuta lo stesso.
Da una parte il neoministro dello Sport, Andrea Abodi, dall’altra i soci della Fondazione. Fumata nera su tutto. I convitati assicurano che non si è parlato neanche un secondo di Moratti, ma si è semplicemente fatto il punto della situazione. Sono in pochi a crederci. Parla però il presidente del Coni, Giovanni Malagò: «Per la governance siamo abbondantemente oltre i tempi regolamentari, siamo ai supplementari e non ci sono neanche i rigori».
A posteriori le ricostruzioni del giallo che ha impegnato mondo dello sport e della politica si moltiplicano. C’è chi ritiene che sia stata un’esca buttata lì per saggiare le reazioni pro o contro la candidatura dell’ex sindaca di Milano alla poltrona di presidente della Regione.
Altri ancora per mettere in difficoltà Moratti con i suoi compagni di viaggio, ossia la lista civica a cui sta lavorando da mesi. Sarebbero state molte le telefonate che chiedevano se fosse vera la rinuncia alla corsa per la Regione.
Tante versioni che però non tengono conto della spiegazione più semplice: togliere dal campo regionale la mina Moratti avrebbe eliminato un bel problema al centrodestra, con la Lega che si teneva la Lombardia e FdI che puntava sul Lazio. Adesso il tema Moratti torna ancora più pesantemente sul piatto della politica nazionale.
Anche perché siamo alle puntate finali. L’ex presidente della Rai aveva chiesto una risposta del centrodestra non appena si fosse formato il governo. Dopodiché come ha detto lei stessa si sentirà sciolta dal vincolo di lealtà.
(da La Repubblica)
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Ottobre 24th, 2022 Riccardo Fucile I DUE, IN REALTÀ, SI ERANO GIÀ VISTI. IN GRAN SEGRETO, NEI GIORNI SCORSI
La scrivania di Mario Draghi è immacolata. Ha portato via anche l’unico faldone rimasto. È pesante come la crisi all’orizzonte. Contiene i dossier che il capo dell’esecutivo mostra a Giorgia Meloni, poco prima di consegnarle la campanella che segna il passaggio di consegne: energia, guerra in Ucraina, inflazione, recessione, il caos della trattativa su Ita, rapporti con le Cancellerie europee. Novanta minuti di paura a Palazzo Chigi. Un’ora e mezza che racchiude una sfida gigantesca.
Condensata in una confidenza che l’ex banchiere concede alla leader, quando la conversazione volge al termine: «Eravamo in piena pandemia quando ho iniziato il mio lavoro da premier. C’erano manifestazioni proprio qui sotto. Ho temuto per la coesione sociale. E ho fatto di tutto per non far arrivare le tensioni nelle piazze».
E’ lo stesso, identico allarme che agita la nuova presidente del Consiglio. «Alcuni segnali non mi lasciano tranquilla». Per questo, durante il discorso previsto domani alla Camera per la fiducia, Meloni sceglierà una traccia “draghiana”, invitando la politica e il Paese alla «massima unità per affrontare la più grave crisi economica degli ultimi anni»
I due, in realtà, si erano già visti.
In gran segreto, nei giorni scorsi, attraverso tunnel profondi che collegano la Camera alla sede dell’esecutivo. Stavolta però Draghi può prendersi tutto il tempo di cui ha bisogno. E parlare a chi le succederà con una franchezza che graffia. Non per acrimonia, astio, anzi: il presidente uscente rompe il protocollo, attende Meloni sulle scale del primo piano, è caloroso come poche volte si è mostrato.
Soltanto che ha voglia di mettere in guardia dalle nubi che incombono. Una prospettiva a cui la leader dà una veste politica, parlando al Consiglio dei ministri riunito subito dopo: «Molti scommettono sul nostro fallimento, dobbiamo far ricredere i troppi uccelli del malaugurio ». Non si riferisce a Draghi, ma ai problemi apparentemente insormontabili che la attendono.
L’energia è ovviamente il cuore delle riflessioni, lo specchio dell’angoscia di queste ore. Certo, Draghi fa notare che il prezzo fissato al Ttf – il mercato in cui si regola il costo del gas – è più che dimezzato rispetto a qualche settimana fa. Se la tendenza venisse confermata, si potrebbe contenere lo spettro della recessione. Ma esiste il nodo dell’approvvigionamento.
E poi c’è da implementare le decisioni politiche prese nell’ultimo Consiglio europeo già nel corso del Consiglio dei ministri Ue dell’energia, in agenda per domani. Nei dettagli normativi messi nero su bianco si misurerà la distanza tra fallimento e successo. «E’ importante non isolarsi in Europa – è il consiglio di Draghi – giocare di sponda».
Significa di lasciar perdere con i leader dell’Est e concentrarsi soprattutto sulla Francia. l’unico possibile alleato per superare le resistenze tedesche. Non a caso poche ore dopo, a sera, Meloni incontra Emmanuel Macron in un hotel romano.
I timori della nuova premier per gli ostacoli da dribblare sono insieme prudenza, senso del limite, preoccupazione per alcuni possibili preconcetti che le Cancellerie europee potrebbero opporle. Ne parla con Draghi. Sul punto, l’ex banchiere è cauto, ma non ostile: ai partner, confida, «ho chiesto di giudicare le azioni, i fatti». Un approccio insieme rassicurante e sfidante.
Novanta minuti di paura, perché i dossier non permettono una luna di miele, soffocano i margini politici, producono esigenze tra loro in conflitto. Sul caro energia e sulla crisi del potere d’acquisto delle famiglie, ad esempio, la necessità di aiuti dello Stato rischia di aprire voragini nel bilancio dello Stato: «Attenzione al debito – è il senso dei ragionamenti di Draghi è il momento di tenere i conti in ordine».
Meloni ascolta, prende nota, si allarma ancora di più. Sa che i mercati potrebbero punire ogni passo falso, ha negli occhi l’esempio di Liz Truss, appena consumata dalla morsa degli investitori. L’effetto è stato privare la premier italiana di una sponda su cui aveva deciso di investire per i prossimi mesi.
Quando l’incontro termina, la campanella passa di mano. Meloni spende parole di apprezzamento per l’atteggiamento di Draghi, lo ringrazia per l’attenzione istituzionale che ha reso possibile una transizione ordinata. In un’altra stanza, il sottosegretario alla Presidenza uscente, Roberto Garofoli, chiude la riunione parallela con il suo successore, Alfredo Mantovano. Poi Meloni riunisce i suoi ministri.
(da Repubblica)
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Ottobre 24th, 2022 Riccardo Fucile L’IRAN FORNISCE DRONI ALLA RUSSIA E ISRAELE NON LA LASCIA PASSARE, SAPENDO CHE UN DOMANI SARANNO LORO L’OBIETTIVO
Lo Stato di Israele ha fornito al governo di Kiev «informazioni di intelligence utili
per colpire i droni iraniani» usati dalle forze russe in Ucraina. Lo ha detto un funzionario ucraino che ha voluto mantenere l’anonimato, secondo quanto riporta il New York Times in un articolo firmato da Andrew E. Kramer.
Il portavoce del ministero della Difesa ucraino, Yuriy Sak, ha affermato che i droni kamikaze iraniani «sono stati sviluppati come capacità di massa per colpire Israele», non l’Ucraina.
Gli iraniani «stanno usando l’Ucraina come terreno di prova, per vedere i punti deboli, per perfezionarli e prima o poi li useranno contro Israele», ha aggiunto.
L’ex primo ministro russo Dmitry Medvedev aveva minacciato l’interruzione delle relazioni diplomatiche di Mosca con Tel Aviv se Israele avesse fornito armi a Kiev. L’intervento dell’Iran nella guerra in Ucraina è stato documentato dalla Cnn fin dallo scorso luglio.
Il canale americano aveva mostrato alcune immagini in cui erano ritratti militari russi in visita all’aeroporto di Kashan. A partire da settembre un’azienda israeliana ha cominciato a vendere alla Polonia armi anti-drone, capaci di interferire con il volo dei droni iraniani, che poi sono state trasferite all’Ucraina.
Intanto l’intelligence britannica scrive nel suo report quotidiano che gli sforzi della difesa ucraina per abbattere i droni Shahed-136 di fabbricazione iraniana utilizzati dai russi hanno sempre più successo. Il presidente Zelensky ha detto che fino all’85% degli attacchi viene intercettato.
(da agenzie)
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Ottobre 24th, 2022 Riccardo Fucile “L’UCRAINA NON DEVE ESISTERE E CHI SI OPPONE ALLA RUSSIA DOVREBBE ESSERE FUCILATO”… LA TV SI DISSOCIA
L’anchorman Anton Krasovsky dell’emittente televisiva Russia Today ha incitato alla violenza nei confronti degli ucraini.
Dopo aver suggerito in diritta tv di annegare o bruciare i bambini ucraini e giustificato gli stupri da parte dei soldati russi nei confronti delle donne ucraine, Krasovsky ha chiuso il suo intervento affermando che l’Ucraina non dovrebbe esistere e che tutte le persone che si oppongono alla Russia dovrebbero essere fucilate.
Subito dopo le dichiarazioni del presentatore russo, il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha esortato i governi a bandire l’emittente russa, pubblicando sul suo profilo Twitter un estratto della trasmissione. Per Kuleba si tratta di «Un’aggressiva istigazione al genocidio (per cui questa persona sarà processata), che non ha nulla a che fare con la libertà di parola. Vietate RT in tutto il mondo!», ha scritto il ministro ucraino ritwittando un post del Russian media monitor.
Nel frattempo la caporedattrice di Rt Margarita Simonyan ha fatto sapere – citata da Nexta – che il canale televisivo ha deciso di sospendere qualsiasi tipo di collaborazione con Anton Krasovsky. Lui con una dichiarazione su Telegram si è scusato per le parole dette in diretta televisiva. «Sono davvero imbarazzato, spero che mi perdonerete», ha scritto.
(da agenzie)
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Ottobre 24th, 2022 Riccardo Fucile L’ANSA CITA FONTI DELL’ELISEO, LA MELONI SI AFFRETTA A NEGARE
L’incontro tra la premier Giorgia Meloni e il presidente della Francia Emmanuel
Macron non farà desistere Parigi dalla «vigilanza» nei confronti dell’Italia.
Questo è il senso di una nota citata dall’agenzia di stampa Ansa che la attribuisce a «fonti dell’Eliseo».
Sui diritti umani, «giudicheremo dagli atti del governo Meloni, in modo concreto, e vedremo come reagire tema per tema. Nell’incontro di oggi a Roma fra Emmanuel Macron e Giorgia Meloni, il presidente francese ha ribadito che da parte di Parigi continueranno vigilanza e atteggiamento esigente».
«Sullo stato di diritto e sui valori», hanno fatto sapere le fonti dell’Eliseo, «guarderemo agli atti in modo concreto».
All’inizio di ottobre la ministra francese degli Affari Europei Laurence Boone aveva fatto sapere che la Francia aveva intenzione di vigilare sul rispetto dei diritti dell’Italia, citando le diatribe Ue con Ungheria e Polonia. Meloni aveva replicato parlando di un’inaccettabile minaccia di ingerenza nei confronti di uno stato sovrano. Lo staff della ministra aveva a sua volta controreplicato parlando di un fraintendimento delle parole di Boone. Successivamente era intervenuto anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ribadendo che l’Italia «sa badare a sé stessa». Ieri Macron ha twittato una foto dell’incontro con Meloni auspicando dialogo e collaborazione con il nuovo governo. Subito dopo il presidente francese ha salutato Mario Draghi.
Successivamente, una nota di Palazzo Chigi ripresa dall’agenzia di stampa AdnKronos ha fatto sapere che nell’incontro di ieri tra Macron e Meloni «non c’è stato riferimento alcuno a ipotesi di vigilanza straniera sulla democrazia italiana, come invece riportato da alcuni organi di stampa”
(da agenzie)
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Ottobre 24th, 2022 Riccardo Fucile “IL PALIO È FINITO, ORA RILANCIAMO L’AZIONE DI FORZA ITALIA ELIMINANDO I DOPPI INCARICHI. TAJANI DOVRÀ FARE UN RAGIONAMENTO SULAL COMPATIBILITÀ TRA IL RUOLO DI COORDINATORE NAZIONALE, MINISTRO, VICEPREMIER E CAPODELEGAZIONE”
«Il palio è finito, ora rilanciamo l’azione di Forza Italia. Eliminando i doppi incarichi: chi ne ha uno di governo, lasci quello nel partito».
Dalla disfida interna degli azzurri, Giorgio Mulè si è tirato fuori grazie a un incarico istituzionale, quello di vicepresidente della Camera. Ma, nel giorno del decollo dell’esecutivo Meloni, accetta di parlare del futuro di una forza politica che, dietro il ciclone Berlusconi, si è ritrovata divisa. Non rinunciando a pungolare il coordinatore Antonio Tajani.
Le trattative per il governo sono state una via crucis per Forza Italia, che si è vista bocciare da Meloni molte proprie richieste, a partire dal ministero della Giustizia.
«Non ci sentiamo sfregiati né umiliati. Ma ha provocato disappunto l’atteggiamento di Giorgia Meloni. Un disappunto esternato dallo stesso Berlusconi, quando ha posto la questione del condizionale e non dell’imperativo da usare nel dialogo fra alleati».
«Ci sono state frizioni […] ma non è più il tempo di recriminare, né di cercare vendette. Rilanciamo l’azione del partito, invece, ricollocandoci sul territorio».
Come?
«Una giusta riflessione l’ha avviata Paolo Zangrillo, ponendosi il problema della compatibilità fra il ruolo di ministro e quello di coordinatore in Piemonte. Credo che analogo ragionamento non potrà che fare Tajani, che al ruolo di coordinatore nazionale somma quelli di ministro, vicepremier e probabilmente di capodelegazione di FI. E lo stesso vale per la neo-ministra Bernini, che è vicecoordinatrice del partito».
Insomma, è il caso che Tajani e Bernini scelgano.
«È una riflessione che devono fare e risolvere. Ci sono interventi sulla spina dorsale del partito ormai indefettibili. Berlusconi è il primo a saperlo».
«I gruppi di FI saranno i guardiani dell’attuazione di un programma che costringe sì a dare risposta alle emergenze – bollette e inflazione – ma che deve muoversi subito anche su un binario riformista. Non ci esimeremo dal sollecitare la riforma della giustizia civile e penale, la separazione delle carriere, nuove norme del Csm, delegificazione. Non sono priorità di FI, ma di tutto il centrodestra: è giusto tenerlo a mente».
Restano i dubbi sulla postura internazionale del governo, dopo gli audio di Berlusconi con le “lettere dolci” e i regali di Putin.
«Berlusconi soffre nel vedere un Putin diverso da quello conosciuto 20 anni fa. Ma vedrete, sarà uno dei protagonisti nel trovare la via della pace, partendo dai diritti ucraini».
Ma vuole il filo-russo Valentini come sottosegretario agli Esteri.
«Valentini è apprezzato dagli Usa a Israele, dalla Russia al Medio Oriente. Aveva rapporti con l’ambasciata di Mosca, è vero, ce li ha ancora? Io so solo che ha qualità e cultura per svolgere un eccellente compito alla Farnesina».
(da La Repubblica)
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Ottobre 24th, 2022 Riccardo Fucile IL VICEPRESIDENTE DELLA CAMERA GIORGIO MULE’: “IL PARTITO VA RIFONDATO”
Il deputato di Forza Italia e vicepresidente della Camera Giorgio Mulè
all’attacco del (suo) governo. In un’intervista rilasciata a Repubblica Mulè dice che il partito non si sente «sfregiato» o umiliato, ma «ha provocato disappunto l’atteggiamento di Giorgia Meloni. Un disappunto esternato dallo stesso Berlusconi, quando ha posto la questione del condizionale e non dell’imperativo da usare nel dialogo con gli alleati». Il deputato è uno di quelli attivi nella caccia alla talpa degli audio del Cavaliere.
Nel colloquio con Emanuele Lauria parla delle divisioni tra la fazione di Licia Ronzulli e quella di Antonio Tajani: «Ci sono state frizioni fra chi si riteneva iscritto a una fazione e chi all’altra. Ma qui non c’è da fare un dibattito, un congresso alla maniera del Pd. Io credo che durante la formazione del governo molti abbiano messo sul tavolo esperienze, storie personali, legittime aspirazioni che sono state trascurate. Ma non è più il tempo di recriminare, né di cercare vendette. Rilanciamo l’azione del partito, invece, ricollocandoci sul territorio».
Il primo obiettivo di Mulè sono adesso le dimissioni di Tajani e di Anna Maria Bernini dalle cariche nel partito: «È una riflessione che devono fare e risolvere. Ci sono interventi sulla spina dorsale del partito ormai indefettibili. Berlusconi è il primo a saperlo».
Se non le daranno, è il ragionamento, interverrà il Cavaliere: «Lui indicherà la nuova formula di Forza Italia». E nel giorno della fiducia in Senato sarà lui a parlare a nome del partito: «Farà un discorso alto e nobile, come quelli sempre pronunciati in sedi istituzionali, da non confondere con gli spezzoni rubati altrove. Berlusconi è quello dell’omaggio al cimitero di Nettuno e dell’intervento al Congresso americano».
(da agenzie)
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