Novembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
IL PONTE DIANA DI OSCHIRI NON SORGE SOPRA UN FIUME… SALVINI SMENTITO PERSINO DALLA REGIONE A GUIDA SOVRANISTA: “I LAVORI SONO IN CORSO, NESSUN BLOCCO”
Dice e ribadisce di passare notti e giorni a studiare tutti i dossier rimasti nel cassetto del suo nuovo Ministero (quello delle Infrastrutture). Ma, evidentemente, i documenti consultati sono vecchi e le narrazioni che le accompagnano sono più figlie dei social che della realtà.
E così, dopo la “lezione di ornitologia” offerta in merito al Ponte sullo Stretto, Matteo Salvini riesce a inciampare anche sulla vicenda dei lavori di ristrutturazione di un ponte in Sardegna bloccato – a suo dire – per “colpa” delle trote.
La spiegazione delle dinamiche del volo degli uccelli era arrivata durante il suo intervento agli Stati Generali del Trasporto e della Logistica. Mentre quella sull’opera bloccata in Sardegna risale a qualche giorno fa, in occasione dell’evento “Lombardia 2030”:
“Il ponte deve essere abbattuto e ricostruito, ma tutto è fermo perché sotto al ponte ci sono le trote. Nei fiumi spesso ci sono le trote, però non penso che nessun Paese al mondo blocchi un ponte perché ci sono le trote. La trota è un animale spesso più intelligente dell’uomo, e se si rende conto che sta per crollargli il ponte in testa, fa quei 200 metri che ti mettono in salvo: tu ricostruisci il ponte, e poi la trota torna a fare la trota”.
Di che infrastruttura parla il Ministro delle Infrastrutture? Lo annuncia lui stesso (come si evince dal video): si tratta del Ponte Diana a Oschiri, in provincia di Sassari (in Sardegna).
L’opera è in attesa – e su questo ha ragione Salvini, ma il suo ragionamento è ricco di lacune – di una ristrutturazione integrale.
Ma non sorge sopra un fiume. Come spiega Pagella Politica, quell’infrastruttura non attraversa un corso fluviale, ma unisce due tratti della strada statale 392 che sono suddivise dalle sponde del lago artificiale del Colghinas, a Oschiri.
E già qui c’è il primo errore di Matteo Salvini. Ma la storia del Ponte Sardegna trote non finisce qui.
Perché la stessa amministrazione regionale sarda (la Regione, ricordiamola, è guidata dalla Lega e dal Centrodestra) ha immediatamente smentito – al quotidiano locale l’Unione Sarda – la narrazione fatta dal Ministro sull’impedimento ai lavori di ristrutturazione per colpa dei pesci presenti nella zona.
Il punto è che né all’assessorato all’Ambiente né a quello dei Lavori pubblici risulta alcun impedimento causato da specie anfibie o pesci. Per quell’opera o per altre. «Erano state chieste delle integrazioni», spiega il sindaco di Oschiri Roberto Carta, «anche riguardanti l’impatto sull’ecosistema. Sono state fornite». Nelle carte per la valutazione ambientale si parlava anche di trote. Ma il problema è stato superato.
Si era parlato, dunque, di valutazione dell’impatto ambientale sulla fauna ittica locale. Ma il problema era stato già superato.
E forse Salvini non è stato avvisato nonostante i suoi giorni e le sue notti passate tra i faldoni dei dossier delle infrastrutture. Perché quel Ponte Diana di Oschiri è stato chiuso dall’Anas – a scopo precauzionale – lo scorso 8 giugno, e il 22 novembre è stato dato il via libera ai lavori sull’opera. Dureranno 15 mesi per un costo totale di 9 milioni di euro. Senza tirare in ballo le trote.
(da NextQuotidiano)
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Novembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
BIAGIO PASSARO NEL PERIODO DEL LOCKDOWN ERA VICINO AI SOVRANISTI
È accusato di bancarotta fraudolenta, indebita percezione di erogazioni pubbliche e autoriciclaggio Biagio Passaro, uno dei leader del movimento “Io apro”, arrestato oggi 30 novembre dalla Guardia di Finanza, dopo essere finito in manette un anno fa per aver partecipato all’assalto della sede della Cgil di Roma nell’ottobre 2021, per poi essere prosciolto e scarcerato 18 giorni dopo dal Tribunale del Riesame. Imprenditore nel settore della ristorazione, Passaro è titolare del brand delle pizzerie Regina Margherita tra Modena e Bologna.
Originario di Napoli, nel periodo dei lockdown per la pandemia di Covid, aveva portato avanti le battaglie del movimento “Io apro” che contestavano le restrizioni imposte anche ai ristoratori. I fondatori del movimento, però, insieme agli oltre 80mila associati, ci hanno tenuto a prendere le distanze da Passaro, che – fanno sapere – da settimane non fa più parte della campagna.
«Le accuse vanno nettamente in contrasto con gli ideali del movimento che per due anni ha lottato per la sopravvivenza della categoria e delle imprese in generale. Certi che come sempre la giustizia farà il suo corso», hanno fatto sapere i fondatori di “Io Apro” in una nota.
Le indagini
Secondo la Procura di Bologna, Passaro e gli altri quattro indagati, tutti amministratori di una società dichiarata fallita nel settembre 2020, avrebbero sottratto alla disponibilità della procedura fallimentare i libri, i registri e le altre scritture contabili previste dalla legge. Non solo, secondo i pm Passaro e i colleghi avrebbero sottratto dalle casse aziendali oltre 660mila euro, in gran parte utilizzati per fini personali. Questo avrebbe causato a sua volta il dissesto della società e un passivo fallimentare di oltre 1,4 milioni di euro, accumulando debiti nei confronti di dipendenti, Erario e fornitori. Ai cinque indagati sono contestate anche alcune operazioni di autoriciclaggio per 150mila euro, attraverso reati fallimentari contestati in altre attività economiche. Infine i cinque avrebbero sistematicamente percepito contributi pubblici erogati durante la pandemia, mediante la formazione di documentazione e dati falsi. In totale, la Procura di Bologna stima che i cinque imprenditori avrebbero ottenuto indebitamente circa mezzo milione di euro. Oltre a ricevere la misura di custodia cautelare in carcere, a Passaro sono stati sequestrati beni – mobili ed immobili – pari a 900mila euro.
(da agenzie)
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Novembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
“EVGHENY PRIGOZHIN, FONDATORE DEL GRUPPO DI MERCENARI WAGNER, È STATO IN PRIGIONE, “FORNIVA SERVIZI SESSUALI” AD ALTRI PRIGIONIERI E PER QUESTO ERA FINITO PER OCCUPARE IL RANGO “SOCIALE” PIÙ BASSO NELLA GERARCHIA CARCERARIA”
Un ex detenuto russo, anche di un certo rilievo, di nome Sasha “Kurara”, ha postato un video su telegram nel quale sostiene che Evgheny Prigozhin – il celebre oligarca che ha ormai ammesso lui stesso di essere il fondatore del Gruppo di mercenari Wagner, uno dei sodali di Putin fin da quando gli apparecchiava la cena a San Pietroburgo (di qui il nomignolo di “cuoco di Putin”, ormai assolutamente riduttivo – è un «gallo”, ossia un ex detenuto anche lui, penetrato da uomini, forniva servizi sessuali ad altri prigionieri, e per questo aveva finito per occupare il rango “sociale” più basso nella ferrea gerarchia carceraria.
La storia, un mix cruento di omofobia, scontri tra gang carcerari, sommovimenti nel potere underground russo – che La Stampa non ha potuto verificare indipendentemente – getta una nuova luce su un proclama vergato da Prigozhin il 17 novembre, nel quale l’oligarca annunciava l’intenzione di creare dei battaglioni di “violentati nell’ano”, «non posso metterli assieme agli altri combattenti di Wagner, creerò una divisione apposita».
Prigozhin aveva scritto: «Tutte le società hanno determinate regole di vita. Per esempio, in America è consuetudine che gli uomini si penetrino a vicenda. Le regole del carcere, invece, dicono che non si può stringere la mano a persone di basso rango, “i galli”, “gli offesi”, “gli abbattuti”, “i crestati”». Ora, se fosse vero quanto dice “Kurara” la storia acquisterebbe un senso diverso.
Il video di Sasha inizia così: «Buon giorno, detenuti. Pace e prosperità alle vostre case. Vorrei aggiungermi a quanto già detto da “Grisha” di Mosca, il mio nome è Sasha, mi conoscono come Sasha Kurara. Vorrei farvi sapere che assieme a Evgheny Prigozhin siamo stati in prigione nello stesso periodo. Prigozhin è un pederasta, Prigozhin è un “offeso” (ossia una delle categorie di quelli che hanno ranghi sociali abbassati, in carcere, a causa di inclinazioni sessuali o semplicemente per il loro esser diversi), che in carcere aveva il suo posto, stava al suo posto, e accettava il suo posto. E ora, voi che vi unite alla sua sua compagnia mercenaria, la Pmc Wagner, vi mettete sotto la scritta “froci”. Dunque, siete comandati e organizzati da un frocio, vi rendete uguali a un frocio, anzi, non uguali, di rango più basso dei froci, perché state sotto un frocio, che in persona mi fece del sesso orale, quando eravamo in prigione, ci divertivamo così. Ti ricordi, Zhenya? Ricòrdatelo, fottuto gallo p…, venivi s…»
In un secondo video lo stesso ex detenuto dice: «Sono qui, se non ci credete, incontriamoci. Mi trovo in Turchia, ad Alanya. Nessun problema a incontrarci. Se non vi taglio la gola, vi fotto in culo. Tutti voi che siete in Wagner, guardate qui, e qui e qui [nel video mostra tutta una serie di tatuaggi carcerari], sono passato attraverso un sacco di cose, nella mia vita, e sono responsabile per ogni singola mia parola. Prigozhin è un frocio, io personalmente l’ho s… in bocca».
Il contenuto di entrambe queste clip è stato rilanciato da diversi account che analizzano il mondo underground russo. Ma Kurara non è il solo che sta mandando messaggi minacciosi a Prigozhin su un suo presunto passato. Il “Grisha” a cui Kurara si riferisce è Grisha “Moskovskiy”, anche lui un bandito e detenuto russo che secomdo alcuni sarebbe a livelli alti nella gerarchia carceraria: anche lui ha minacciato tutti i detenuti russi che accettano di unirsi al Gruppo Wagner dicendo che un uomo che si rispetti non andrebbe in Ucraina a uccidere donne, bambini e anziani.
In questo coacervo di brutalità e tremenda omofobia, il bersaglio di questi video – che sono diventati subito a modo loro virali – ossia Evgheny Prigozhin, tace. Nonostante in questo periodo non si può dire che sia stato parco di esternazioni. Finora non c’è una sua risposta alle minacce e alle allusioni violente di cui questa volta è lui stesso vittima.
(da La Stampa)
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Novembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
GLI ORGANIZZATORI SONO PUNIBILI CON LA RECLUSIONE FINO A 6 ANNI
Il decreto sui rave sarà applicato solo ai raduni musicali non autorizzati. Escluse le feste, le manifestazioni e le occupazioni delle scuole. Perché la legge si applichi, oltre alla finalità di intrattenimento del raduno, deve essere concreto il pericolo per la salute o l’incolumità pubblica.
Devono essere presenti elementi specifici come la violazione delle norme di sicurezza o di igiene o la violazione delle norme sugli stupefacenti.
Gli organizzatori o i promotori del raduno sono punibili con la reclusione da 3 a 6 anni e la multa da mille a 10 mila euro e potranno essere intercettati.
Chi partecipa può essere punito solo per il reato di invasione di terreni o edifici che prevede la reclusione da uno a tre anni e una multa massima di circa mille euro. Riformulata la norma che prevedeva «la confisca obbligatoria delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, integrando la previsione con l’aggiunta anche della confisca obbligatoria delle cose che del reato dovessero essere il prodotto o il profitto».
La precisazione prevista dall’emendamento sgombra i dubbi sull’applicazione della norma a ogni tipo di raduno. La prima stesura aveva causato molte polemiche proprio per il timore che si trattasse di una legge liberticida in grado di colpire anche le occupazioni legate alle emergenze di tipo abitativo o ai sit-in di protesta.
Il decreto era stato concepito dopo lo sgombero del rave party di Modena. La festa abusiva in un capannone abbandonato si era conclusa con la denuncia di 14 organizzatori e il sequestro di un sistema audio del valore di 150 mila euro.
(da agenzie)
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Novembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
IL RETROSCENA: “LE DIMISSIONI? AGNELLI E IL CDA RISCHIAVANO L’ARRESTO”
La procura di Torino si prepara a chiedere il rinvio a giudizio per i componenti del consiglio di amministrazione della Juventus. Ma le dimissioni hanno un primo effetto: i pubblici ministeri potrebbero rinunciare all’appello contro la decisione del giudice per le indagini preliminari. Che lo scorso 12 ottobre ha respinto la richiesta di misure cautelari nei confronti di Andrea Agnelli. Il Gip aveva sentenziato che nei confronti di Agnelli non sussisteva il pericolo di reiterazione del reato. Ma il CdA avrebbe dovuto approvare l’ultimo bilancio. E soltanto questo avrebbe messo a rischio i componenti. Intanto, mentre Exor volta pagina con la nomina del commercialista Gianluca Ferrero alla presidenza, altri contratti nascosti e debiti fuori bilancio rischiano di aggravare la posizione del club bianconero. “Ballano” in totale 34 milioni di euro. Che potrebbero portare ad altre contestazioni.
L’inchiesta
L’indagine della procura è appannaggio di Ciro Santoriello, Mario Bendoni e Marco Gianoglio. Le ipotesi di reato sono falso in bilancio e false comunicazione. Inizia dalle presunte plusvalenze gonfiate che nel novembre 2021 portarono al blitz della Guardia di Finanza nella sede della Juventus. Attualmente gli indagati sono 15 oltre alla società. Secondo l’accusa sarebbero stati alterati bilanci di tre annualità: il 2018 (approvato il 24 ottobre 2019), il 2019 (approvato il 15 ottobre 2020) e il 2020 (approvato il 29 ottobre). Ad alcuni indagati è stato contestato anche il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni insistenti. L’atto d’accusa finale segue le contestazioni della Consob. Secondo l’autorità di vigilanza della Borsa il patrimonio netto avrebbe subito alterazioni tra il 2020 e 2022 per complessivi 177,3 milioni di euro. Mentre gli artifici contabili avrebbero prodotto utili cumulati per circa 27 milioni. Per la Procura, che prende di mira i bilanci 2019, 2020 e 2021 – in parziale sovrapposizione con quelli contestati da Consob – la Juventus non avrebbe appostato perdite complessive per 204 milioni e avrebbe movimentato per quasi 450 milioni il patrimonio netto nell’arco del triennio.
Gli altri debiti
Ma, scrive oggi Repubblica, altri contratti nascosti e debiti fuori bilancio potrebbero aggravare sensibilmente la situazione. Il quotidiano parla di un extradebito totale di 34 milioni e delle intercettazioni dei protagonisti della vicenda. «Ci sono sette milioni di debito con l’Atalanta mai messi a bilancio», ha detto il dirigente sportivo Federico Cherubini davanti ai pm. Mentre in un’intercettazione l’amministratore delegato Maurizio Arrivabene confermava: «Sappiamo quanto dobbiamo all’Atalanta». Tra questi ci sono anche i 19 milioni per Cristiano Ronaldo. Che i pm volevano interrogare tramite rogatoria. Ma lui non ha voluto. Un’altra storia è quella di Alberto Cerri. Venduto al Cagliari con una plusvalenza di 8 milioni nel luglio 2018. Ma senza far sapere nulla della side letter con cui la Juventus indicava un’opzione di riacquisto. Tutte manovre che sindaci e revisori hanno fatto sapere di non conoscere. E che riapriranno il contenzioso con la giustizia sportiva. Come sappiamo, la Juventus rischia multe, penalizzazioni e squalifiche.
Gli arresti scongiurati
Intanto Il Fatto Quotidiano oggi spiega che la mossa delle dimissioni era necessaria per scongiurare il rischio di un arresto o quello di interdizioni. «Considerata la centralità e rilevanza delle questioni legali e tecnico-contabili pendenti» si legge nel comunicato, è stato ritenuto «conforme al miglior interesse sociale raccomandare che Juventus si doti di un nuovo Cda che affronti questi temi». E questo perché se il CdA avesse approvato il bilancio senza modifiche avrebbe potuto reiterare il reato di cui sono accusati i componenti. Se invece avesse approvato le modifiche, questo avrebbe potuto essere considerato un’ammissione di colpa. Non solo: l’ultima contestazione degli inquirenti riguarda un reato presuntamente commesso sei mesi fa.
(da Open)
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Novembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
LE OPPOSIZIONI: “LAVORATORI TRADITI”
No all’introduzione del salario minimo. Il governo dovrà invece “raggiungere l’obiettivo della tutela dei diritti dei lavoratori” attraverso una serie di iniziative.
Lo prevede la mozione di maggioranza approvata dall’Aula della Camera con 163 voti a favore, 121 no (M5S, Pd e AVS) e 19 astenuti (i deputati del Terzo Polo).
Respinti i testi delle opposizioni, a prima firma di Andrea Orlando (Pd), Giuseppe Conte (M5S), Matteo Richetti (Azione-Iv) e Marco Grimaldi (Avs).
Il documento, sul quale il governo aveva espresso parere favorevole, impegna l’esecutivo “a raggiungere l’obiettivo della tutela dei diritti dei lavoratori non con l’introduzione del salario minimo, ma attraverso le seguenti iniziative: attivare percorsi interlocutori tra le parti non coinvolte nella contrattazione collettiva, con l’obiettivo di monitorare e comprendere, attraverso l’analisi puntuale dei dati, motivi e cause della non applicazione”.
Nella mozione si sollecita inoltre il governo a “estendere l’efficacia dei contratti collettivi nazionali comparativamente più rappresentativi, avvalendosi dei dati emersi attraverso le indagini conoscitive preventivamente svolte a livello nazionale, alle categorie di lavoratori non comprese nella contrattazione nazionale” e ad “avviare un percorso di analisi rispetto alla contrattazione collettiva nazionale, che, soprattutto in certi ambiti, coinvolge un gran numero di lavoratori, alla luce della frequente aggiudicazione di gare che recano in loro seno il concetto della ‘migliore offerta economica”.
Viene quindi auspicato il ricorso il contrasto ai cosiddetti contratti pirata “in favore dell’applicazione più ampia dei contratti collettivi, con particolare riguardo alla contrattazione di secondo livello ed ai cosiddetti contratti di prossimità”. Si chiede, infine, di avviare il confronto “sulla riduzione del costo del lavoro e del cuneo fiscale” e di “implementare una serie di politiche attive volte a garantire una più veloce collocazione dei giovani nel mondo del lavoro (ad esempio, alternanza scuola lavoro)”.
Le reazioni
“Il no alla nostra mozione per l’introduzione del salario minimo dimostra la distanza della maggioranza di governo a una questione cruciale per la nostra società – si legge in una nota del gruppo Pd-Idp della Camera – Dicono infatti no a una scelta in grado di restituire dignità al lavoro, di combattere inaccettabili disuguaglianze e che darebbe vita a una competitività capace di dare impulso a uno sviluppo reale e non basato sulla contrazione del costo del lavoro. La nostra battaglia per un tema fondamentale per il futuro del nostro Paese non si ferma certo qui”.
Per il deputato dem ed ex ministro del Lavoro, Andrea Orlando, “noi vogliamo una legge che non contrapponga il salario minimo alla contrattazione, che faccia derivare i minimi dalla migliore contrattazione per ogni settore, ma che fissi per tutti un salario, una quota oraria, sotto la quale non si può lavorare. E vedete è stato detto ‘è uno specchietto per le allodole, il salario minimo’, io non vorrei che questa affermazione suoni in qualche modo collegata alla ricetta che il governo sta mettendo in campo con la manovra”, ha detto in dichiarazione di voto alla Camera sulla mozione dem presentata a sua prima firma.
Il leader M5S, Giuseppe Conte, commenta in un post i voti della maggioranza sulle mozioni sull’Ucraina e sul salario minimo: “La maggioranza di governo cala la maschera e mostra il suo vero volto agli italiani. In poche ore prima gira le spalle a chi ha stipendi da fame, votando contro il salario minimo a 9 euro l’ora proposto dal M5S; poi – non contenta – approva una mozione a favore della corsa al riarmo e dell’aumento delle spese militari. Il Governo Meloni abbandona i lavoratori in difficoltà e ingrassa la lobby delle armi: un Paese alla rovescia”.
Per Alleanza Verdi Sinistra è intervenuto il vice-capogruppo Marco Grimaldi: “Salario minimo legale di 10 euro all’ora al lordo degli oneri contributivi e previdenziali, da rivalutare annualmente sulla base della variazione dell’indice dei prezzi. Ne trarrebbero beneficio circa 2,6 milioni di lavoratori e lavoratrici. In un Paese in cui i working poor sono 2,9 milioni e oltre 5 milioni guadagnano meno di 10mila l’anno, ossia 830 euro al mese, dovrebbe essere la priorità del governo, che invece non ha perso l’occasione di accanirsi contro chi andrebbe più tutelato. Registriamo con soddisfazione – prosegue il parlamentare dei Verdi Sinistra – l’appoggio da parte di Pd e Movimento 5 Stelle, che finalmente abbiamo visto uniti, insieme a noi, nella difesa di una legge non certo alternativa alla contrattazione collettiva, ma necessaria. Perchè i contratti collettivi pirata sono sempre più diffusi, i tanti Ccln sovente sono in concorrenza fra loro e non abbiamo una legge sulla rappresentanza e la rappresentatività sindacale. Continueremo a batterci, spero tutti insieme”, ha concluso Grimaldi.
(da agenzie)
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Novembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
È AUMENTATO VERTIGINOSAMENTE IL NUMERO DEGLI ATEI, CHE TOCCA QUOTA 37,2%, MA CRESCONO ANCHE I MUSULMANI, ORMAI SOPRA QUOTA 3,9 MILIONI IN TUTTO IL REGNO UNITO
Per la prima volta sotto il 50% della popolazione. Aumentano gli islamici Londra Inghilterra e Galles non sono più Paesi a maggioranza cristiana. Per la prima volta infatti, i nuovi dati del censimento 2021 rivelano una riduzione del 17% nel numero di persone che si definiscono cristiane, pari a 5.5 milioni di abitanti. Aumenta invece il numero dei credenti islamici, che va dal 4,9% al 6,5%, portando la popolazione musulmana a 3.9 milioni.
Nelle due Nazioni del Regno, che costituiscono circa il 90% della popolazione pari a 67 milioni di soggetti, i cristiani osservanti raggiungono ora il 46,2% degli abitanti rispetto al 59,2 rilevato dieci anni fa. Il 37,2% dei soggetti dichiara infine di non avere religione facendo registrare un aumento del 22% nell’ultimo decennio. Un risultato che fotografa una società da una parte sempre più multietnica e multiculturale e dall’altra sempre più distante dalle pratiche religiose.
«Questi ultimi dati ci invitano a fare la nostra parte nel far conoscere Cristo – ha commentato ieri l’arcivescovo di York, Stephen Cottrell – ci siamo lasciati alle spalle l’era in cui la maggioranza delle persone si definivano automaticamente come Cristiani, ma altri studi mostrano in modo consistente come queste stesse persone siano ancora alla ricerca di un verità una saggezza spirituale e di una serie di valori a cui ispirarsi e secondo cui vivere».
«Uno degli aspetti più eclatanti che emergono dal censimento – ha sottolineato il direttore esecutivo di Humanist UK, Andrew Copson – è quanto siano in contrasto i dati con il nostro Stato. Nessuno stato in Europa ha un’impostazione religiosa come la nostra in termini di legislazione eppure allo stesso tempo abbiamo un rilevante fetta di popolazione non religiosa».
Una seconda analisi fatta dal quotidiano Guardian mostra come le aree con una proporzione più alta di minoranze etniche risultano essere anche quelle più religiose mentre le zone dove la popolazione bianca è la maggioranza hanno anche una prevalenza di atei e si trovano tutte nel sud del Galles e, per quanto riguarda l’Inghilterra, nelle aree di Brighton, Hove e Norwich.
In luoghi come Bristol e Hastings più della metà della popolazione dichiara di non essere religiosa e le zone dove si concentra la maggior parte dei credenti, con una percentuale vicina ai due terzi della popolazione appartenente alle minoranze etniche, sono Harrow,Redbridge e Slow.
L’ultimo censimento prende in considerazione differenti gruppi di età, combina indici diversi (fertilità, mortalità, migrazione) e indica un serie di fattori possibili che possono aver contribuito all’inversione di tendenza nel profilo religioso del Paese. In Inghilterra e in Galles, attualmente la popolazione di maggioranza bianca, anche quella non britannica, appare in leggera discesa mentre risultano in aumento le minoranze etniche che in alcune grandi città inglesi hanno ormai preso il sopravvento.
Ne è un esempio Leicester, dove il 59,1% della popolazione appartiene a gruppi di minoranza etnica, un cambiamento enorme rispetto al 1991 quando questi gruppi costituivano appena un quarto dei residenti.
La stessa cosa accade anche a Luton e a Birmingham dove le percentuali si sono rovesciate e le minoranze sono divenute maggioranze.
(da Il Giornale)
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Novembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
È UNA FAKE NEWS: QUEL BLINDATO NON È UN “LINCE” DONATO DALL’ITALIA MA È UN ALTRO MODELLO ACQUISTATO DALL’ESERCITO UCRAINO NEL NOSTRO PAESE
L’ambasciata della Federazione russa a Roma ha condiviso sui suoi account social la foto di un blindato distrutto. Nella didascalia si sostiene che si tratti di un «Lince MLV Shield» inviato dall’Italia a Kiev. E nel tentativo di innescare polemiche, i diplomatici russi in Italia scrivono: «Tutti i contribuenti italiani sono felici di tale destinazione dei loro soldi?».
E però, a ben guardare l’immagine condivisa dall’account dell’ambasciata russa, si scopre che si tratta di un veicolo della Tekne. Il blindato è stato effettivamente prodotto in Italia da un’azienda di Ortona, in provincia di Chieti, ma acquistato dall’ex precedessore dell’attuale presidente ucraino Zelensky, ossia dall’ex presidente Petro Poroshenko.
Per chi ha fretta
L’ambasciata russa in Italia provoca gli italiani mostrando un mezzo blindato distrutto sostenendo che sia stato regalato all’Ucraina con i soldi dei contribuenti. L’ambasciata cita una fonte, un canale Telegram che smentisce la loro stessa narrazione. Il canale Telegram afferma che si tratta di un altro modello rispetto a quello citato dall’ambasciata. Il mezzo non è stato regalato dall’Italia, ma acquistato dagli Ucraini.
Analisi
Il contenuto del tweet è stato condiviso anche via Facebook, sotto forma di screenshot, con testi come quello sotto riportato: “UCRAINA, AMBASCIATA RUSSIA IN ITALIA: “VOSTRO LINCE DISTRUTTO, ECCO DOVE FINISCONO I VOSTRI SOLDI”…“Made in Italy… L’auto blindata Lince Mlv consegnata all’esercito ucraino vicino ad Artiomovsk (Bakhmut)… Tutti i contribuenti italiani sono felici di tale destinazione dei loro soldi?”…
E’ il post sull’account di Twitter dell’ambasciata russa in Italia che accompagna la foto di un Lince tra le macerie in Ucraina…
In altri casi, alcuni post contengono il testo dell’ambasciata – senza citarla – con ulteriori commenti: “L’auto blindata Lince MLV consegnata all’esercito ucraino vicino ad Artiomovsk (Bakhmut). Tutti i contribuenti italiani sono felici con tale destinazione dei loro soldi ??? L’Italia invia armi, munizioni e artiglieria pesante. Non hanno soldi per la sanità, non ha soldi per la messa in sicurezza del territorio e delle infrastrutture, non ha soldi per riattivare i posti letto tagliati negli ospedali, non ha soldi per aiutare le famiglie e i lavoratori che devono affrontare il caro bollette e il costo della vita. Non trovano i soldi versati dai cittadini con le tasse ma trovano miliardi di euro per fomentare la guerra. Governi criminali, popolo complice e parassita…”
La fonte dell’ambasciata russa
L’ambasciata russa in Italia riporta non solo la foto, ma la fonte di quest’ultima. Si tratta di un canale Telegram @milinfolive.
La fonte smentisce l’ambasciata
L’ambasciata russa in Italia pubblica il suo tweet il 29 novembre 2022, mentre troviamo la foto in un post del canale Telegram pubblicato il 28 novembre, un giorno prima. Nel post, contrariamente al tweet pubblicato da Roma, leggiamo che il mezzo viene identificato con il nome TEKNE, non un Lince MLV, e che è stato acquistato in Italia:
Non è l’unica foto di un TEKNE pubblicato dal canale. Nello stesso post viene citato un altro precedente del 13 novembre. Anche questo post del 13 novembre condivide uno precedente, quello dell’8 luglio 2022 dove riportano l’acquisto dei mezzi da parte dell’Ucraina avvenuto in Italia.
L’acquisto in Italia
Come possiamo riscontrare, il 7 luglio 2022 i media italiani, come Repubblica, riportano la notizia dell’acquisto dei mezzi prodotti dall’azienda TEKNE di Ortona, in provincia di Chieti (Abruzzo). A presenziare l’acquisto c’era l’ex presidente ucraino Petro Poroshenko. Nello stesso periodo, come riportato da RaiNews il 5 luglio 2022, l’Italia aveva donato degli IVECO Lince con blindatura anti-mine all’Ucraina.
Differenza tra Lince MLV e TEKNE MLS
Come possiamo notare dal sito del produttore abruzzese, la foto pubblicata dal canale Telegram e dall’ambasciata russa in Italia riporta proprio un TEKNE. Il modello IVECO Lince LMV è decisamente diverso.
Conclusioni
L’ambasciata russa in Italia pubblica il 29 novembre 2022 una foto per sostenere che un blindato IVECO Lince, donato dall’Italia all’Ucraina, sia stato distrutto. L’obiettivo è quello di provocare l’ira degli italiani, ma a smentire la narrazione è la fonte da dove l’ambasciata trae la foto: un post del giorno prima pubblicato da un canale Telegram dove riportano che il mezzo era un modello diverso e acquistato in Italia.
(da Open)
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Novembre 30th, 2022 Riccardo Fucile
LA COMMISSIONE EUROPEA HA APPROVATO IL CONGELAMENTO DEL 65% DEI FONDI DI COESIONE PER L’UNGHERIA, ORA SARÀ IL CONSIGLIO UE, CIOÈ AI CAPI DI STATO E DI GOVERNO, A DOVERSI ESPRIMERE
La Commissione Ue, constatando che l’Ungheria «non ha fatto i progressi necessari sulle riforme», ha deciso «di mantenere la sua proposta iniziale del 18 settembre di sospendere il 65% degli impegni per tre programmi operativi nell’ambito della politica di coesione, per un importo di 7,5 miliardi di euro». È quanto annuncia l’esecutivo europeo. La proposta deve essere votata ora dal Consiglio Ue, che ha tempo fino al 19 dicembre per esprimersi.
«Sebbene siano state intraprese o siano in corso numerose riforme, l’Ungheria non è riuscita ad attuare adeguatamente gli aspetti centrali delle necessarie 17 misure correttive concordate nell’ambito del meccanismo di condizionalità generale entro la scadenza del 19 novembre, come si era impegnata a fare.
Questi riguardano, in particolare, l’efficacia della neonata Autorità per l’integrità e la procedura per il controllo giurisdizionale delle decisioni dell’accusa». Lo scrive la Commissione europea in una nota. «La Commissione ha concluso che sussistono le condizioni per l’applicazione del regolamento e che saranno necessarie ulteriori misure essenziali per eliminare i rischi rimanenti per il bilancio dell’Ue in Ungheria.
Di conseguenza, la Commissione ha deciso di mantenere la sua proposta iniziale del 18 settembre di sospendere il 65% degli impegni per tre programmi operativi nell’ambito della politica di coesione, per un importo di 7,5 miliardi di euro. La Commissione mantiene altresì la sua proposta secondo cui non si possono assumere impegni giuridici con alcun fondo di interesse pubblico». Il Consiglio avrà ora tempo fino al 19 dicembre per votare sulla questione, richiedendo la maggioranza qualificata per l’entrata in vigore della sospensione dei fondi.
Misure per rafforzare l’indipendenza della magistratura, mediante: aumentare i poteri del Consiglio giudiziario nazionale indipendente, per limitare l’influenza indebita e le decisioni discrezionali e garantire un’amministrazione più obiettiva e trasparente dei tribunali; riformare il funzionamento della Corte Suprema per limitare i rischi di influenza politica; eliminare il ruolo della Corte costituzionale nel riesaminare le decisioni definitive dei giudici su richiesta delle autorità pubbliche; ed eliminando la possibilità per la Corte Suprema di riesaminare le questioni che i giudici intendono deferire alla Corte di giustizia europea.
Misure standard di audit e controllo, simili a quanto richiesto anche per i Prr di alcuni altri Stati membri: sistema nazionale pienamente funzionante per monitorare l’attuazione del piano; strategia che stabilisce come l’autorità di audit ungherese verificherà i fondi Rrf, in linea con gli standard di audit internazionali. La Commissione ritiene inoltre che le misure di audit e controllo previste dall’Ungheria, che coprono tutte le misure di cui sopra, siano adeguate a tutelare gli interessi finanziari dell’Unione, se attuate integralmente prima dell’erogazione dei fondi Rrf.
(da La Stampa)
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