Novembre 25th, 2022 Riccardo Fucile
SALVINI NEL 2014 PARTECIPÒ ALLO “SVAPO DAY” E FU RICAMBIATO DALLA “VAPORART”, SOCIETÀ LOMBARDA DI E-CIG, CHE HA FINANZIATO IL CARROCCIO CON 50MILA EURO
Dalla manovra del governo Meloni arriva lo sconto sulle aliquote delle sigarette elettroniche, nonostante la necessità di reperire risorse economiche.
Per la soddisfazione della Lega, che sul tema è sempre stata in prima linea, in asse con la lobby del settore. Così, mentre le sigarette tradizionali diventeranno un vizio sempre più costoso, con un balzello compreso tra 15-20 centesimi a pacchetto, i «prodotti succedanei da fumo» ottengono, stando al contenuto della prima bozza della Legge di Bilancio, dei benefici sulle accise, trasformandosi in un incentivo al consumo e quindi al passaggio dalla sigaretta tradizionale a quella elettronica, nelle sue varie forme.
Nell’articolo di legge della Manvora, dedicato ai tabacch,i viene definitivamente sterilizzato l’aumento della tassazione per i prodotti legati allo svapo.
Dal 1° gennaio l’accisa per le e-cig sarebbe salita al 25 per cento, mentre con l’eventuale via libera del testo della manovra resta al 15 per cento.
Stessa dinamica per i prodotti senza nicotina per i quali sarebbe scattato un incremento della tassazione fino al 20 per cento: con le nuove disposizioni non si sposterà, invece, dall’attuale 10 per cento.
Ma non è la prima volta che avvengono operazioni simili intorno alla tassazione sulle sigarette elettroniche. Con il decreto Sostegni bis, varato dal governo Draghi, era stato introdotto un taglio alle aliquote: dal’1° gennaio al 31 luglio 2021, infatti, erano al 10 e al 15 per cento, ma da agosto dello stesso anno sono state portate al 5 e al 10 per cento, immaginando un successivo, quanto graduale, aumento fino alla soglia del 25 e del 20 per cento, nel 2023 appunto, per dare il tempo al settore di organizzarsi.
L’esecutivo presieduto da Meloni è di nuovo intervenuto in senso ribassista. Discorso leggermente diverso per i «tabacchi da inalazione senza combustione», il cosiddetto tabacco riscaldato, con un trend di iniziale calo delle accise e di aumento per il futuro: dal nuovo anno era previsto il passaggio delle accise dal 35 al 40 per cento.
L’incremento è stato frenato: dal 2023 saliranno sì, ma solo al 36,5 per cento, per raggiungere il 38 per cento nel 2024 e il 39,5 per cento nel 2025. Stando a quanto si legge nella manovra, solo nel 2026 sarebbe raggiunta – e superata – la soglia attualmente prevista, toccando il 41 per cento. Certo, al vaglio resta la possibilità di incrementare, per tutti i prodotti relativi al tabacco, l’onere fiscale complessivo. Ma con una evidente discrepanza tra sigarette ed e-cig.
La misura così com’è, sempre ammesso che venga confermata nelle successive bozze, fa senz’altro felice la Lega, da sempre vicina a questo tipo di industria.
Salvini nel 2014, quando era ancora eurodeputato, sostenne lo svapo day, la mobilitazione avviata contro un progetto di legge che voleva portare la tassazione al 58 per cento.
E da allora il segretario federale leghista è stato sempre al fianco degli operatori del settore. Quando l’Organizzazione mondiale della sanità ha denunciato i pericoli per la salute provocati dalle e-cig, Salvini evocò addirittura possibili pressioni delle multinazionali del tabacco.
Così come a ogni tentativo di ritocco delle accise, la Lega ha fatto scudo. Il supporto politico del partito di Salvini è stato anche ricambiato sotto forma di donazioni, secondo quanto previsto dalla legge in vigore, di qualche azienda del comparto.
Durante la campagna elettorale, infatti, la società lombarda Vaporart ha finanziato con 50mila euro la Lega, come riportato dalla documentazione depositata in parlamento, secondo quanto prescritto dalla Spazzacorrotti.
La Vaporart è una società in crescita, gestita da Gianluca Giorgetti e Stefano Giorgetti (omonimi del ministro); quest’ultimo ricopre il ruolo di amministratore della società in cui c’è anche la partecipazione minoritaria dell’istituto bancario Unione fiduciaria e della Aromatika, altra società milanese.
Stefano Giorgetti è anche vicepresidente di Anafe, l’associazione nazionale produttori fumo elettronico aderente a Confindustria ed uno dei più attivi e riconosciuti rappresentanti del settore.
Il legame tra Vaporart e la Lega è peraltro di vecchia data: nel luglio 2020 era arrivata un’altra donazione da 20mila euro. Insomma, tutto legittimo e trasparente, ma anche una conferma che gli esponenti più importanti del settore abbiano individuato una sponda politica in Salvini.
Peraltro, sempre in campagna elettorale, nelle casse leghiste sono affluiti altri 5mila euro dalla bestbuying, sito di e-commerce che però sponsorizza principalmente portali che vendono prodotti legati allo “svapo”.
(da Domani)
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Novembre 25th, 2022 Riccardo Fucile
GLI INGLESI SI PENTONO DI AVER VOLUTO MOLLARE L’EUROPA: SOLO IL 32% CONTINUA A SOSTENERE LA SCELTA
Chi ha rubato il Natale degli inglesi? Qualcosa deve essere successo: perché se è vero che le luminarie scintillano a Londra da Oxford Street a Regent Street, il tono generale dell’umore è piuttosto spento. La riprova sta nelle pubblicità natalizie in tv: qui sono ogni anno un evento, le aziende investono budget importanti, gli spot vengono recensiti dai giornali e dibattuti.
Ma questa volta è tutto un coro triste e strappalacrime.
A cogliere lo Zeitgeist sono stati ancora una volta i grandi magazzini John Lewis. Nel loro commercial si vede un tipo di mezza età che prova goffamente a imparare ad andare sullo skateboard: cade, si fa male, investe i passanti, ma non desiste. Alla fine si scopre il perché di tanta tenacia: quando alla porta di casa arriva l’assistente sociale che accompagna una ragazzina spaurita – anche lei con lo skateboard sotto il braccio – che sarà data in affido alla famiglia in tempo per le feste.
Groppo in gola assicurato.
Non è da meno il supermercato Tesco, che lancia un finto spot politico in cui si annuncia che in questo Natale la gioia scarseggia: ma niente paura, perché ci sono loro con un programma di sconti e offerte. Invece la catena Argos mostra una coppia che si prepara a festeggiare solo con un pacchetto di patatine: ma poi arriva un’orda di i vicini a rinfrancarli con dolci e regali, per un Natale solidale.
Ma la realtà è che c’è davvero poco da stare allegri. Ci si è messa pure un’epidemia di influenza aviaria, che sta decimando i tacchini britannici: e che Natale sarà, senza l’agognato pennuto in tavola?
La preoccupazione maggiore però è come far quadrare i conti: tanto che un papà di Nottingham sta avendo grande successo dopo aver lanciato sui social un gruppo mirato a scovare gli sconti migliori nei supermarket. Pure il governo sta per lanciare una campagna per spiegare come risparmiare, abbassando il termostato e facendo la doccia invece di un bagno.
La ragione di tanta austerity è che l’economia britannica è l’unica del G7 a non essere tornata ai livelli pre-pandemia, mentre l’Ocse ha appena certificato che la crescita nei prossimi due anni sarà la peggiore di tutto il G20 (Russia a parte). Le cause? Il Covid, certo, poi la crisi energetica, ma c’è un fantasma innominabile che nessuno osa evocare: la Brexit, che pesa come una zavorra su investimenti, produttività e commerci. Alla gente però il sospetto sta venendo, visto che secondo un sondaggio ormai solo il 32% pensa che sia stata una buona idea lasciare la Ue, a fronte di un 57% convinto del contrario.
Il risultato è non solo l’umore nero diffuso, ma anche un livello di conflittualità sociale che non si vedeva dagli anni 70. I ferrovieri hanno appena annunciato una raffica di scioperi a cavallo delle feste, tanto che il capo del loro sindacato è stato paragonato al Grinch, l’elfo che ruba il Natale. Lui ha smentito ufficialmente: «Non sono io il Grinch», ha assicurato. Ma allora, chi ha rubato il Natale?
(da il Corriere della Sera)
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Novembre 25th, 2022 Riccardo Fucile
NELLA CLASSIFICA DEI PRODOTTI PIÙ “TAGLIATI” GLI ALCOLICI, I DOLCI, I SALUMI, IL PESCE E LA CARNE
Più della metà degli italiani è costretto a tirare la cinghia sul cibo. E quando va al ristorante si porta a casa gli avanzi o la gavetta in ufficio. La fotografia di un’Italia che fa i conti con i morsi dell’inflazione la restituisce Coldiretti insieme a Censis nel rapporto “Gli italiani e il cibo nella crisi e oltre”.
Secondo la ricerca, presentata ieri a Roma al XX Forum Internazionale dell’agricoltura e dell’alimentazione, il 52% degli italiani ha tagliato il cibo a tavola in quantità o in qualità, con un effetto dirompente che grava soprattutto sulle famiglie a basso reddito a causa del caro prezzi. Se si considera la fascia di popolazione a basso reddito, la percentuale della riduzione delle quantità sale addirittura al 60%, mentre per i redditi alti si scende al 24%.
Accanto a chi è stato costretto a mettere meno cibo nel carrello per far quadrare i bilanci familiari, c’è poi un 37% di italiani che ha preferito risparmiare sulla qualità (il 46% nel caso dei bassi redditi, ma appena il 22% per quelli alti). Le rinunce sono dunque socialmente differenziate secondo una logica di gap tra fasce sociali con gli adulti e i giovani che tagliano molto più degli anziani, e i bassi redditi più che i benestanti.
Peraltro, oltre sei italiani su dieci tra coloro che riducono gli acquisti sono convinti che questa situazione durerà almeno per tutto il 2023. Nella classifica dei prodotti più colpiti dalla scure dei consumatori ci sono al primo posto gli alcolici ai quali sono stati costretti a dire addio, del tutto o anche solo parzialmente, il 44% degli italiani. Al secondo posto i dolci che vengono tagliati in quantità dal 44%, mentre al terzo ci sono i salumi ai quali ha rinunciato il 38,7% dei cittadini, subito davanti al pesce (38%) e alla carne (37%).
Ma il carovita porta addirittura a ridurre gli acquisti di alimenti per bambini, con il 31% di persone che ne acquista di meno. Il 41% degli italiani dichiara di coltivare frutta, verdura, erbe aromatiche in casa sul balcone, negli orti urbani o in piccoli orti di proprietà.
La volontà delle famiglie di non arrendersi al caro prezzi si sposta poi dagli orti ai ristoranti, dove ben il 49% di clienti si dice pronto a chiedere la doggy bag per portarsi via gli avanzi, con una percentuale che nei giovani sale addirittura al 58 per cento. Il riutilizzo degli avanzi si sposta poi dalla casa all’ufficio, con il 52% dei lavoratori che dichiara di portarsi al lavoro la gavetta con il cibo, magari preparato utilizzando quanto rimasto di pasti precedenti.
(da il Giornale)
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Novembre 25th, 2022 Riccardo Fucile
“COMPLIMENTI, INSOMMA…”… MA SE NON CONOSCI L’INGLESE EVITA DI FAR FARE ALL’ITALIA UNA FIGURA DI MERDA
Il volto spaurito di chi non ha capito una domanda – piuttosto semplice e immediata visto il tema alla base della riunione europea – e la risposta di chi dimostra di avere poca confidenza con il vocabolario inglese.
Tutto ciò ha prodotto una gaffe che vede come protagonista il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica del governo Meloni, Gilberto Pichetto Fratin, diventata virale.
E il video della sua risposta è l’emblema della situazione che si era venuta a creare nel punto stampa di Bruxelles, a margine di un incontro straordinario per fare il punto sul “price cap” energetico.
A margine del Consiglio Straordinario Trasporti, Telecomunicazioni ed Energia (Energia) che si è tenuto ieri pomeriggio, giovedì 24 novembre, a Bruxelles il Ministro Pichetto Fratin (già protagonista di altre gaffe fin dal suo insediamento) è stato raggiunto da cronisti italiani e internazionali per capire la posizione dell’Italia in merito al price cap europeo sul prezzo del gas.
Già rispondendo alle prime domande in italiano il Ministro aveva replicato con risposte molto poco concrete ed evasive, poi l’inciampo sulla lingua inglese. Un cronista, infatti, si era limitato a chiedere: “Do you think is possibile to find a compromise?” (“Pensa sia possibile trovare un compromesso?”). Ma, invece di “compromise” (compromesso) il Ministro italiano ha pensato si stesse parlando di complimenti. “Complimenti, beh… insomma…”.
Una non risposta a una domanda mai posta. Pichetto Fratin volta lo sguardo – un po’ sperduto – verso un’altra cronista che gli stava ponendo una domanda in italiano. Ma quel momento di impasse che ha generato la gaffe è stato comunque immortalato dalle telecamere presenti. Comprese quelle degli organi di stampa ufficiali dell’Unione Europea.
(da agenzie)
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Novembre 25th, 2022 Riccardo Fucile
AVEVA DETTO: “L’UMILIAZIONE E’ FATTORE DI CRESCITA FONDAMENTALE PER I RAGAZZI”… E QUESTO SAREBBE UN MINISTRO DELL’ISTRUZIONE
Aveva definito l’umiliazione come un “fattore di crescita fondamentale per i ragazzi”. Aveva anche detto “evviva l’umiliazione”. Poi, dopo le polemiche, il Ministro Giuseppe Valditara ha provato a correggere il tiro, cospargendosi la testa di cenere per il termine utilizzato e sostenendo, ma ribadendo lo stesso concetto. Questa volta declinandolo attorno alla parole “umiltà”.
Così il capo del dicastero dell’Istruzione si è prodotto nella classica e rumorosa arrampicata sugli specchi per cercare – non riuscendoci – di spegnere le critiche che gli erano state mosse dopo il suo intervento all’evento a Milano “Direzione Nord, una nuova stagione”.
Parole che apparivano piuttosto chiare e che non potevano essere né travisate né interpretate in modo differente rispetto a quello che ha prodotto una forte indignazione:
“Quel ragazzo deve essere seguito: noi dobbiamo ripristinare non solo la scuola dei diritti, ma anche dei doveri. Deve fare lavori socialmente utili: perché soltanto lavorando per la collettività, per la comunità scolastica, umiliandosi anche — evviva l’umiliazione, che è un fattore fondamentale nella crescita e nella costruzione della personalità – è lui lì che si prende la responsabilità dei propri atti e fa lavori per la collettività. Da lì nasce il riscatto, la maturazione, la responsabilizzazione”.
Il riferimento è a un episodio accaduto in una scuola, dove uno studente ha colpito con dei pugni una professoressa. Da qui l’idea di introdurre dei “lavori socialmente utili” per redimere il ragazzo (ma, in linea più generale, chiunque si prodighi in comportamenti “da bullo” a scuola) ed espiare la propria pena. Umiliazione, che, però, doveva essere – secondo la nuova versione di Valditara – “umiltà”:
“Ho usato un termine sicuramente inadeguato, confermo il messaggio: imparare l’umiltà di chiedere scusa. Nel video del convegno di Direzione Nord a Milano ho utilizzato un termine che non spiega affatto il senso del mio ragionamento. Stavo intervenendo su un episodio oggettivamente intollerabile, quello di uno studente che ha preso a pugni una professoressa. Ho affermato che sospendere per un anno quel ragazzo non ha molto senso, molto meglio responsabilizzarlo facendogli svolgere lavori socialmente utili alla comunità scolastica”.
In realtà, sostituendo con il termine “umiltà” la parola “umiliazione” nel discorso originale di Giuseppe Valditara il discorso non avrebbe alcun senso. Perché l’umiliazione è un qualcosa che avviene davanti agli occhi di un pubblico terzo, mentre l’umiltà è un atteggiamento proprio di ogni singolo soggetto.
(da NextQuotidiano)
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Novembre 25th, 2022 Riccardo Fucile
FDI S’IMPUNTA E DICE NO, LA LEGA MEDIA… FORZA ITALIA: “ELIMINARE NORME LIBERTICIDE DA STATO DI POLIZIA”
Doveva essere il primo fiore all’occhiello del nuovo governo. La premier Meloni, nel presentarlo a palazzo Chigi, annunciò che “lo Stato non si fa mettere i piedi in testa”, e parlava dei boss all’ergastolo e di chi prendeva parte ai rave party.
Non fu da meno Salvini con il suo “indietro non si torna, l’illegalità non sarà più tollerata”. E toccò a Matteo Piantedosi, il ministro dell’Interno, quattro giorni dopo, ammorbidire il tiro e annunciare che “in sede parlamentare” avrebbe “appoggiato qualsiasi modifica indirizzata a meglio precisare, qualora lo si ritenga necessario, i confini della nuova fattispecie penale”.
“Meglio precisare, se necessario”. Peccato che adesso la patata bollente sia finita nelle mani della commissione Giustizia del Senato e della sua neo presidente, l’avvocato Giulia Bongiorno. E Forza Italia, con Pierantonio Zanettin, ha annunciato con estrema chiarezza che non si tratta certo di ritocchi, né tantomeno di “precisazioni”, ma di un intervento drastico per cambiare un testo che ai berlusconiani non piace affatto e che sono ben decisi a non votare.
E passino le bocciature amplissime registrate in due giorni di audizioni. Dal procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Gianni Melillo – “Il decreto è scritto male” – al presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia – “Norma troppo vaga che rischia di non raggiungere il fine” – al giurista Vittorio Manes – “è una norma che di fatto non serve” – per giungere al presidente delle Camere penali Gian Domenico Caiazza – “il testo parla di tutto fuorché dei rave party”.
Ma adesso, a presentare un bell’elenco di modifiche è Zanettin, avvocato, ex consigliere del Csm, e già deputato prima e dopo la sua esperienza a palazzo dei Marescialli. Con parole pronunciate davanti ai colleghi della commissione Giustizia e che suonano durissime: “Occorrerà modificare la norma di cui al nuovo articolo 434-bis del codice penale per evitare di essere accusati dell’introduzione di norme liberticide, da Stato di polizia”. Non lo sta dicendo un esponete di M5S, ma di Forza Italia.
E le richieste di Zanettin sono tombali rispetto al testo licenziato dal consiglio dei ministri. Eccole. Innanzitutto il nuovo articolo 434-bis del codice penale, nato dopo un rave party a Modena, va tolto dal codice antimafia. E poi va eliminata l’estensione ai reati contro la pubblica amministrazione. E ancora bisogna ridurre la pena, se a palazzo Chigi hanno messo l’asticella tra 3 e 6 anni, lui vuole abbassarla sotto i 4 anni. Il che significa che non si potranno più fare le intercettazioni, possibili solo per i reati puniti fino a 5 anni.
Ma non basta. Bisogna specificare, parlando di raduni, che ci si riferisce a quelli “musicali”. Così finisce l’equivoco che in realtà il ministero dell’Interno voleva una norma per mettere il naso in tutte le manifestazioni. E con tanto di intercettazioni. Invece niente da fare. Forza Italia pone il verto. E per essere ancora più chiari ecco la necessità di parlare esplicitamente di spaccio di droga.
Che succede a questo punto? La maggioranza è in panne, perché Fratelli d’Italia, con il sottosegretario alla Giustizia, nonché responsabile Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove, vorrebbe solo limature minime. La Lega si attesta su una possibile mediazione. E la palla passa nelle mani della presidente Bongiorno, mentre slitta la settimana in cui il decreto dovrebbe approvare in aula. Si parla del 12 dicembre anziché dell’inizio del mese. Tant’è che anche il termine per gli emendamenti, fissato per lunedì 28, è destinato a slittare in avanti.
(da agenzie)
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Novembre 25th, 2022 Riccardo Fucile
VARESE DIVENTA LUOGO OSTILE AL SEGRETARIO CHE NON VUOLE TOGLIERE IL DISTURBO
A Varese e dintorni nacque l’epopea del Carroccio, antico cuore leghista, quando i sindaci li chiamavano ‘borgomastri’; ma il mondo cambia, così quando Giorgia Meloni arriva in piazza San Vittore per rendere omaggio a Roberto Maroni si prende qualche applauso.
Dopo pochi minuti entra in chiesta Matteo Salvini con la spilla di ordinanza di Alberto Da Giussano sulla giacca e per lui invece no.
Per il segretario federale accompagnato da Roberto Calderoli l’accoglienza è fredda com’è fredda la giornata. L’ultimo leghista e entrare prima del feretro passando dalla passerella obbligata è invece il ministro Giancarlo Giorgetti, ministro che viene da queste parti, e anche per lui qualcuno applaude.
I primi ad arrivare in chiesa erano stati quelli della vecchia guardia maroniana, dall’assessore regionale Guido Guidesi a uno dei teorici dell’autonomia, Stefano Bruno Galli, l’ex ministro Roberto Castelli che pure rimase sempre leale a Umberto Bossi, costretto in ospedale dopo un’operazione. Poi anche quelli ormai fuori dalla Lega, Gianluca Pini, Gianni Fava, Giacomo Stucchi. Gente che non ha mai accettato la conversione nazionalista salviniana.
Qui Salvini, che pure fu designato da Maroni, è in terra ostile. I rapporti tra i due erano conflittuali da tempo e lo sapevano anche i muri. Invece era rimasto un legame umano e politico con gli altri governatori, che infatti sono voluti entrare in Chiesa assieme: Attilio Fontana – due volte sindaco di Varese -, Luca Zaia e Massimiliano Fedriga.
Si sono aspettati all’ingresso della piazza, un ingresso a tre che ha un forte sapore politico. Sono idealmente gli eredi del leghismo pragmatico e istituzionale di Maroni, lontano dagli eccessi del movimentismo sovranista del segretario.
Dentro, durante la cerimonia, in prima fila c’erano Meloni, Salvini, Antonio Tajani, Gianmarco Centinaio, Attilio Fontana, il presidente del Senato Ignazio La Russa e il presidente della Camera Lorenzo Fontana, un altro leghista ma di osservanza veneta, cattolica e salviniana (il giorno in cui dovevano eleggerlo presidente, Salvini lo portò a “presentarsi” a Umberto Bossi nel cortile di Montecitorio).
In piazza dagli altoparlanti per qualche minuto è risuonata la musica gospel, omaggio al ‘Bobo’ musicista, un leghista a sé, con qualche vezzo anticonformista ma anche “uno di noi che non hai mai rinnegato le sue origini umili”, parola dell’officiante le esequie.
(da La Repubblica)
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Novembre 25th, 2022 Riccardo Fucile
I TRE FIGLI: “HA SALVATO TANTI ALTRI COME NOI E SI E’ PRESA RESPONSABILITA’ DECLINATE DALLO STATO”
“Mamma ha fatto bene a uccidere il pedofilo che aveva abusato di noi”. Il caso di Sarah Sands e dei suoi tre bambini molestati sessualmente dal 77enne Michael Pleasted a Silvertown, periferia est di Londra, ha fatto molto discutere negli ultimi anni. Ora è tornato di attualità.
La signora Sands ha sempre detto di aver commesso l’atroce delitto “per difendere i miei figli e quelli degli altri genitori”. È il 2014 quando con i tre ragazzini si trasferisce nel quartiere dove però vive anche Michael Pleasted, in apparenza un vecchietto molto apprezzato dalla comunità e che lavora nell’edicola locale.
Sarah si fida di lui, addirittura gli cucina spesso e gli permette di passare del tempo con i propri figli: Bradley, allora 12 anni, e i fratellini gemelli Alfie e Reece, 11 anni.
Un’esistenza tranquilla che si trasforma presto in incubo. Perché Michael Pleasted è in realtà un falso nome. Quello vero è Robin Moult, pedofilo seriale con 24 condanne alle spalle per molestie sessuali nei confronti di minorenni in Inghilterra.
Ma nessuno a Silvertown lo sa, perché Moult è riuscito a cambiare la sua identità prima di trasferirsi a est di Londra. E così, un giorno, attrae Bradley, Alfie e Reece nel suo appartamento e li abusa sessualmente. La signora Sands lo viene a sapere dai suoi ragazzi. Affronta l’uomo, chiede spiegazioni ma lui smentisce tutto accusando i tre minorenni di “essersi inventati questa storia”. Pleasted viene comunque incriminato dalla polizia, ma rilasciato su cauzione nel suo domicilio.
Allora Sarah prende un coltello dalla sua cucina, raggiunge l’uomo nel suo appartamento – come dimostrano alcune immagini di sorveglianza – e lo uccide.
In primo grado, la donna verrà condannata a soli tre anni e mezzo di carcere perché il suo omicidio non viene considerato premeditato ma preterintenzionale. Ciò poiché, secondo i giudici, l’uomo è stato ucciso dopo aver tentato di strappare di mano il coltello a Sands. La quale però in appello riceve altri quattro anni di carcere addizionali per non aver soccorso Pleasted, dopo averlo accoltellato.
Ma perché ora si riparla di questa brutta storia? Perché Sands è uscita di galera qualche mese fa e sta facendo campagna affinché i condannati per pedofilia siano costantemente controllati dalle autorità e non possano cambiare così facilmente nome come Pleasted/Moult.
Un problema spinoso nel Regno Unito, dove l’approccio delle autorità ha come obiettivo la riabilitazione dei criminali. Ora però hanno parlato per la prima volta anche i figli della donna, Bradley, Alfie e Reece, in un’intervista alla Bbc che sta facendo discutere.
I tre ragazzi infatti, oggi ventenni o quasi, hanno apprezzato pubblicamente il gesto omicida della madre, che ha partecipato anch’ella all’intervista collettiva. “Ha fatto bene”, ha dichiarato per esempio Reece, “grazie a lei è stata salvata la vita di molti altri bambini della comunità. Mamma si è dovuta prendere delle responsabilità che lo Stato aveva abbandonato”. Bradley ha aggiunto: “Quando ho saputo che mamma aveva ucciso Pleasted non nego di aver subito pensato… tanto di cappello, ha fatto bene. Perché quell’uomo era già stato liberato su cauzione e avrebbe potuto fare altre vittime, visto che la giustizia non lo fermava”.
Allo stesso tempo, i ragazzi hanno ammesso che il disperato gesto della signora Sands non li ha “liberati dagli incubi, anche perché mamma non è più stata con noi e siamo rimasti soli”. Scotland Yard ha ribadito oggi che “non bisogna farsi giustizia da soli” e che anche in casi drammatici del genere “bisogna sempre affidarsi alle forze dell’ordine e alla giustizia”.
(da agenzie)
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