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SALVATORE BAIARDO, L’UOMO CHE COPRÌ LA LATITANZA DEI FRATELLI GRAVIANO: “L’ARRESTO DI MATTEO MESSINA DENARO? LO SAPEVO DA DIECI GIORNI”

Gennaio 17th, 2023 Riccardo Fucile

“NON È UNA NOVITÀ PER ME. È DA 10 GIORNI CHE CE L’HANNO IN MANO. PENSAVO LO DICESSERO IERI CHE ERA L’ANNIVERSARIO DELLA CATTURA DI RIINA”

Salvatore Baiardo è un amante del gioco al rialzo. Negli anni Novanta accompagnava i fratelli Graviano in giro per i casinò, da Venezia a Campione, durante la dorata latitanza dei boss stragisti al Nord. Anche ora che parla davanti alle telecamere delle trasmissioni in prima serata di trattativa, arresti eccellenti in regalo e riforme penali in arrivo a favore dei detenuti, non capisci mai se abbia in mano un poker d’assi o se bluffi.
Così, quando lo chiamiamo pochi minuti dopo l’arresto, per sapere come si senta ora che Matteo Messina Denaro è stato catturato a causa della malattia come lui prevedeva qualche mese fa, risponde sornione: “Sì, lo sto guardando in diretta, ma non è una novità per me”.
Quando gli facciamo notare che lui lo aveva previsto, risponde con l’ennesima bomba buttata lì come per vedere l’effetto che fa: “Sì, ma è già dieci giorni che ce l’hanno in mano. Pensavo lo dicessero ieri che era la cattura di Riina (il 15 gennaio per chi legge, cioè l’anniversario della cattura dell’allora Capo dei Capi di Cosa Nostra a Palermo, ndr) e invece hanno aspettato un giorno in più”.
(da Il Fatto Quotidiano)

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IL PASTICCIO DELLA MELONI SUL CSM: FRATELLI D’ITALIA HA ELIMINATO IN CORSA GIUSEPPE VALENTINO DALLA LISTA DEI SUOI CANDIDATI A MEMBRO LAICO DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA

Gennaio 17th, 2023 Riccardo Fucile

L’EX SENATORE È INDAGATO IN UN’INCHIESTA SULLA ’NDRANGHETA… AL SUO POSTO È STATO INDICATO FELICE GIUFFRÈ, AVVOCATO A CATANIA

Il voto del Parlamento, in seduta comune, per scegliere i 10 membri laici da mandare al Consiglio superiore della magistratura, è cominciato alle ore 16.
All’inizio della prima chiama, tuttavia, l’intesa che era stata trovata tra maggioranza e opposizione è sembrata crollare: i senatori di Fratelli d’Italia non si sono presentati nei catafalchi allestiti per garantire la segretezza del voto.
Cosa è successo? Il Movimento 5 stelle si è tirato indietro dall’accordo complessivo, ritenendo di non poter votare Giuseppe Valentino, nome di Fdi a cui vengono imputate conoscenze personali con uomini di ‘ndrangheta, ed Ernesto Carbone, avvocato e politico molto vicino a Matteo Renzi.
Poi, i senatori che rispondono a Giorgia Meloni hanno iniziato a votare, dando il segnale che l’intesa avrebbe comunque retto con altre forze dell’opposizione. In Transatlantico, hanno fatto notare diversi esponenti della maggioranza, anche senza le preferenze dei grillini si raggiungono i tre quinti dei voti necessari all’elezione.
Esaurite le votazioni dei senatori, in prossimità dell’inizio della chiama dei deputati, è stato individuato un sostituto di Valentino.
In corsa, Fdi ha scelto di convergere sul nome del professore ordinario di Diritto costituzionale nell’Università di Catania, Felice Giuffrè, vicino in passato al Movimento sociale italiano.
Anche il Partito democratico, nel corso della votazione, si era affiancato ai dubbi dei 5 stelle su Valentino, chiedendo chiarimenti direttamente agli esponenti di Fdi in Transatlantico. Ai parlamentari della maggioranza è stato chiesto di aspettare la seconda chiama per avere la certezza che il nuovo nominativo sarebbe stato quello del professore di Catania. Bisognerà attendere la fine della votazione per sapere se, essendo stati già “sprecati” alcuni voti per Valentino, Giuffrè riuscirà a raggiungere il quorum.
(da Open)

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CAMBIO DI ROTTA DEL CHELSEA: LA CESSIONE DI MUDRYK AI BLUES FA FELICE TUTTA L’UCRAINA

Gennaio 17th, 2023 Riccardo Fucile

LO SHAKHTAR DONETSK HA ANNUNCIATO CHE VERSERÀ CIRCA UN QUARTO DEI 100 MILIONI DI EURO, INCASSATI DALLA VENDITA DELLA SUA STELLA AL CHELSEA, ALLE FAMIGLIE DEI SOLDATI DI MARIUPOL: “SE OGGI SIAMO ANCORA IN GRADO DI PARLARE DEL CALCIO UCRAINO È GRAZIE AL NOSTRO ESERCITO”

Il passaggio di Mykhailo Mudryk dallo Shakhtar Donetsk al Chelsea frutterà al club ucraino 100 milioni di euro tra parte fissa e bonus.
L’oligarca ucraino Rinat Akhmetov oggi, secondo quanto riferisce la Bbc, ha annunciato la donazione di circa 24 milioni di euro, provenienti dal Chelsea per «le forze armate nazionali e le famiglie dei soldati e delle vittime»
Una parte dei soldi del trasferimento «per la fornitura di cure mediche e protesiche e per il supporto psicologico necessario per il soddisfacimento di richieste specifiche». «Per garantire la trasparenza, il progetto avrà un team professionale indipendente che sarà in contatto con i difensori dell’Azovstal, le loro famiglie, gli operatori sanitari e i volontari», ha spiegato il patron dello Shakhtar.
Ha continuato Akhmetov : “se oggi siamo ancora in grado di parlare del calcio ucraino è grazie al nostro esercito, alla gente dell’Ucraina e al grande supporto che il mondo ci ha dato»
(da agenzie)

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LO STORICO SALVATORE LUPO: “MESSINA DENARO NON ERA IL CAPO DEI CAPI, NON ERA IL SUCCESSORE DI RIINA”

Gennaio 17th, 2023 Riccardo Fucile

“ERA UN MEDIATORE D’AFFARI, UN CAPO LOCALE. DIRE CHE SIA STATO IL SUCCESSORE DI RIINA È UN GROSSO ERRORE, LA STAGIONE DELLA MAFIA STRAGISTA SI E’ CHIUSA 30 ANNI FA”

«Giusto esprimere soddisfazione ma non carichiamo di enfasi questa giornata: Messina Denaro non era il capo dei capi, non era il successore di Riina». Salvatore Lupo, docente di Storia contemporanea all’Università di Palermo è uno dei più autorevoli studiosi del fenomeno mafioso: e va controcorrente, invitando a frenare l’euforia per la fine della latitanza del boss di Castelvetrano.
L’arresto di Matteo Messina Denaro è stato salutato come una festa della liberazione. E lei, professore, non condivide gli eccessi di entusiasmo.
«Una cosa che mi ha colpito è in effetti l’enfasi attorno a questa cattura, questo arresto chiude la stagione della mafia stragista solo davanti all’opinione pubblica, ma in realtà questa stagione è finita 30 anni fa».
Un altro grande latitante preso non lontano da casa, dopo Riina e Provenzano.
«Ma non sarebbe mai stato preso se fosse stato altrove: il mafioso che se ne va, d’altronde, smette di esercitare la propria funzione».
Ecco, che funzione esercitava Messina Denaro?
«Non quella del capo dei capi. La funzione del mafioso si svolge a piu livelli: può essere un mediatore d’affari e Messina Denaro lo era, può essere un capo locale, sicuramente lo era. Ma dire che sia stato il successore di Riina è un grosso errore”.
Perché, a suo avviso, l’ultimo superboss è stato Riina?
«Perché la mafia è una confederazione di gruppi. La puoi tenere insieme con il terrore. I morti sulle strade non ci sono più da decenni, dall’epoca di Riina. Anche Provenzano era solo un mediatore, dava qualche consiglio. La mafia di oggi non ha più bisogno di mettere le bombe. Il problema dei rapporti fra mafia e politica esiste. Non esiste un concetto di mafia del tutto immune da commistioni politiche».
(da La Repubblica)

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LE TESTIMONIANZE DELL’EX COMANDANTE WAGNER FUGGITO IN NORVEGIA

Gennaio 17th, 2023 Riccardo Fucile

IL RACCONTO DELLE ESECUZIONI DEI MERCENARI CHE SI RIFIUTAVANO DI COMBATTERE IN UCRAINA

In questi giorni circola la notizia di un giovane ex Wagner, il gruppo paramilitare russo di Yevgeny Prigozhin, che ha chiesto asilo in Norvegia. La storia del 26enne Andrey Medvedev era già nota al pubblico da dicembre 2022, ma la novità riguarda la fuga e la conferma ufficiale della sua partecipazione attiva nel gruppo terroristico, per voce dello stesso Prigozhin.
Quest’ultimo, di fronte alla volontà di Medvedev di collaborare per denunciare i crimini di guerra commessi in Ucraina, lo ha descritto come «molto pericoloso» e di cui non fidarsi. Andrey non è un semplice ex Wagner.
Il suo nome in codice come mercenario era Dzhoga (Джога) ed era comandante di una divisione del gruppo paramilitare operante in Ucraina. Una volta deciso di non proseguire la collaborazione, iniziata il 6 luglio 2022 per un periodo di 4 mesi, la società di Prigozhin gli rinnovò il contratto senza il suo consenso. Consapevole delle conseguenze, Andrey si presentò presso la sede di San Pietroburgo per restituire il distintivo di fronte agli occhi increduli dei presenti.
In quanto disertore, Andrey si era messo in contatto con l’organizzazione per i diritti umani Gulag.net rilasciando un’intervista dove denuncia le attività illegali ad opera dei mercenari in Ucraina.
Ricercato dagli uomini di Prigozhin, aiutati dalle autorità russe, Andrey riesce a scappare in Norvegia dove viene arrestato al confine durante la notte tra il 12 e il 13 gennaio 2023. Una volta presentata la richiesta di asilo, venne condotto e interrogato a Oslo per rilasciare le sue prime dichiarazioni sui crimini di guerra condotti dal gruppo in Ucraina. La sua testimonianza non riguarda soltanto i crimini condotti contro gli ucraini, l’ex mercenario racconta di come gli stessi russi venivano uccisi se non eseguivano gli ordini o se tentavano di disertare.
Tra i casi riportati c’è l’esecuzione di Evgeny Nuzhin, di cui Andrey afferma di esserne stato il comandante. A The Insider dichiara di essere a conoscenza e di aver assistito a diverse esecuzioni di altri mercenari – che si erano rifiutati di combattere.
Sarebbe in possesso di un video relativo all’uccisione di due mercenari ad Alchevsk, cittadina sotto il controllo della autoproclamata Repubblica di Lugansk, ad opera di un reparto speciale del servizio di sicurezza Wagner chiamato “MED” (МЕД), presumibilmente legati all’FSB russo in quanto passavano il confine senza alcun controllo.
Contrariamente a quanto si racconta in Russia, le famiglie dei mercenari Wagner deceduti durante i combattimenti in Ucraina non vengono affatto risarciti.
Il trucco utilizzato dalla società di Prigozhin è quello di dichiararli come dispersi, evitando problemi con l’agenzia assicurativa di fronte al numero elevato di perdite sul campo.
Andrey racconta dell’arrivo dei detenuti russi e di come l’intero gruppo sembrava composto da kamikaze, citando un plotone dove erano sopravvissuti appena tre persone su trenta nel giro di pochi giorni. Prigozhin, contattato dal media norvegese Aftenposten, ha confermato la presenza tra le file di Wagner del 26enne Andrey Medvedev. Lo ha fatto tramite un post Telegram del canale ufficiale della sua azienda, sostenendo che l’ex mercenario sarebbe di origine norvegese e di essere ricercato dal servizio di sicurezza di Wagner in quanto lo ritengono responsabile di maltrattamenti nei confronti dei prigionieri. Nel post Telegram, Prigozhin conclude con quello che potrebbe essere un ulteriore tentativo di screditare Andrey: «Fate attenzione, è molto pericoloso».
(da Open)

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NORDIO SENZA VERGOGNA: “L’ARRESTO DI MESSINA DENARO SUCCESSO DEL CENTRODESTRA”

Gennaio 17th, 2023 Riccardo Fucile

UN MINISTRO CHE OFFENDE IL LAVORO DI POLIZIA E MAGISTRATURA E’ GIUSTO DEGNO DI QUESTO GOVERNO

Ai microfoni di Radio24, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha commentato l’arresto di Matteo Messina Denaro, latitante da 30 anni. Nello specifico, si parlava dei «sibili di rancore» riportati dai giornali da parte di chi «non si rassegna al fatto che questa grandissima operazione sia stata operata da un governo di centrodestra. Dopo aver lamentato un’inerzia di questo governo nei confronti della lotta alla mafia, arriva un successo straordinario».
L’attribuire alla maggioranza i meriti della cattura del boss di Cosa Nostra ha fatto insorgere le opposizioni.
In particolare, è il Movimento 5 stelle, per bocca della senatrice Anna Bilotti, componente della commissione Giustizia di Palazzo Madama, a criticare il Guardasigilli: «Le affermazioni sbagliate del ministro Nordio ormai sono all’ordine del giorno. Oggi una sua esternazione offende le nostre istituzioni. Dire che l’arresto di Matteo Messina Denaro sia una “grandissima operazione del governo di centrodestra” è una sciocchezza».
«Siamo veramente all’abc del senso delle istituzioni – ha continuato la senatrice grillina -. L’arresto è stato fatto dalle forze dell’ordine che hanno lavorato con la magistratura. Come sappiamo, l’operazione andava avanti da diversi mesi. Le parole sono importanti e queste, in bocca ad un ministro, tradiscono l’approccio propagandistico che la maggioranza sta dando ad un fatto di una così grande rilevanza».
Sempre nella mattinata del 17 gennaio, il confronto su Radio24 del titolare di via Arenula ha fornito altro materiale per gli attacchi delle opposizioni. Il ministro della Giustizia ha ripreso la sua posizione sulle intercettazioni, ribadendo che «i mafiosi non parlano per telefono dei loro programmi criminosi».
«Sono passate poche settimane da quando il ministro diceva con assoluta sicumera che “i mafiosi non parlano al telefono“, per giustificare l’attacco alle intercettazioni. Oggi invece lo stesso Nordio fa sapere che “le intercettazioni sono indispensabili per il terrorismo e la mafia“.
È questo il livello del governo targato Giorgia Meloni: su argomenti decisivi per la vita dei cittadini e del Paese cambiano idea come le stagioni, fino a smentire addirittura se stessi». A dichiararlo è la capogruppo del Movimento al Senato, Barbara Floridia.
Sul tema è intervenuto, sempre in mattinata, l’Ordine del giornalisti. Il suo presidente, Carlo Bartoli, audito dalla commissione Giustizia di Palazzo Madama nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle intercettazioni, ha usato toni molto duri: «Sarebbe paradossale inasprire le pene contro i giornalisti che pubblicano intercettazioni quando queste sono atti pubblici. Sarebbe una censura in piena regola. Noi ci auguriamo che il parlamento non voglia restringere ulteriormente l’accesso alle informazioni necessarie all’opinione pubblica. Introdurre ulteriori limitazioni alla conoscibilità degli atti che sono comunque pubblici e già filtrati, vorrebbe dire sottrarre informazioni preziose per ricostruire vicende di importanza pubblica anche rilevante – ha concluso Bartoli -. Sarebbe difficile spiegare ai cittadini per quale motivo su casi di rilievo possa essere posto il totale silenzio. Sicuramente in passato si sono verificati degli eccessi, ma comportamenti di questo tipo sono quasi del tutto scomparsi, avendo ormai disponibili solo gli stralci di intercettazioni selezionati come di interesse pubblico».
(da agenzie)

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ONG CHIEDONO ABROGAZIONE DL SICUREZZA, ALIAS “DECRETO MENZOGNA”

Gennaio 17th, 2023 Riccardo Fucile

SERVE UNA COMMISSIONE DI INCHIESTA SU ACCORDI ITALIA-LIBIA … L’INIZIATIVA DEL DEPUTATO RADICALE RICCARDO MAGI

L’istituzione di una commissione d’inchiesta sull’attuazione degli accordi Italia-Libia è il primo passo per smontare le basi su cui poggia il decreto Sicurezza messo nero su bianco dal governo Meloni, con lo scopo di ostacolare il soccorso in mare da parte delle navi private.
Ne è convinto il deputato dei Radicali Riccardo Magi, che ha ripresentato il mese scorso una proposta di legge – la prima volta era stata depositata nella scorsa legislatura – che aspetta di essere calendarizzata, per chiedere la creazione della commissione ad hoc. Al fine di motivare il decreto che contiene la stretta anti Ong, il governo ha infatti riesumato tutto il repertorio di una narrazione criminalizzante contro le organizzazioni umanitarie che effettuano i salvataggi dei migranti, narrazione che sembrava superata, a partire dal costrutto delle Ong come pull-factor, fattore di attrazione. In realtà l’obiettivo malcelato dell’esecutivo è eliminare l’ingombrante presenza delle navi, che documentano quello che avviene nel Mediterraneo centrale, intralciando l’attività della cosiddetta Guardia costiera libica che l’Italia continua a finanziare.
Il disegno del governo è ben chiaro agli occhi delle navi della società civile, ed è per questo che per contrastare un decreto come quello che presto dovrebbe essere convertito in legge si deve necessariamente passare da un resoconto puntuale degli interessi che l’Italia ha in campo in quel braccio di mare, tema che può essere affrontato solo con l’istituzione di una commissione per approfondire il Memorandum del 2017, mai ratificato dal Parlamento. Il decreto si cui parliamo non è emendabile, secondo il parlamentare Riccardo Magi e secondo le Ong che hanno partecipato alla conferenza stampa ‘Gli ostacoli al salvataggio in mare introdotti dal Dl sicurezza’, che si è tenuta oggi alla Camera: il provvedimento può essere solo abrogato.
Magi ha illustrato a Fanpage.it la sua proposta: “Il decreto Sicurezza andrebbe ribattezzato ‘decreto Menzogna’, perché si basa su una bugia che il ministro dell’Interno Piantedosi ha rilanciato nelle ultime settimane, e cioè che le Ong in realtà fanno un’attività illegale, e che favoriscono l’immigrazione irregolare. La verità è che compiono un’attività non solo in linea con le convenzioni internazionali, ma anche meritevole, perché salvano vite in mare. Per smontare questa menzogna bisognerebbe fare qualcosa che torniamo a proporre ora, e cioè istituire una commissione parlamentare d’inchiesta sull’attuazione degli accordi Italia-Libia. Serve perché nell’attuazione di quegli accordi sono state spese ingenti risorse italiane, con il coinvolgimento di personale militare italiano, nell’assistenza e nella formazione alla Guardia costiera libica, nel fornire alle milizie degli assetti navali per fa sì che compiano continue violazioni dei diritti umani”, ha detto il deputato ai nostri microfoni.
“Le persone vengono riportate indietro, rinchiuse in modo arbitrario e illegale, e vengono commesse violenze e torture di ogni tipo. Ristabilire la verità su quel piano – ha sottolineato Magi – ci consentirebbe di vedere in tutta la loro valenza anticostituzionale e illegittima provvedimenti come il decreto Sicurezza. La speranza è che diventi una proposta comune di tutte le opposizioni, che ne chiedano la calendarizzazione, l’esame in aula e quindi l’approvazione”.
Il lavoro delle Ong può davvero essere bloccato dal decreto Sicurezza voluto dal governo Meloni? Dopo l’approvazione del nuovo regolamento il numero di migranti salvati potrebbe diminuire, perché in teoria il nuovo codice prevede che le Ong raggiungano il porto di sbarco indicato dalle autorità senza ritardi, per completare il soccorso sulla terraferma nel più breve tempo possibile, pur in presenza di altre segnalazioni di barche in distress. Quindi, pur avendo imbarcazioni capienti, in grado si ospitare molto più di un centinaio di migranti, le Ong devono fermarsi al primo soccorso.
Una sola Ong può arrivare a salvare in un anno anche 3850 persone. Se si fermasse al primo soccorso e si dirigesse verso il porto assegnato senza fare altre tappe, significherebbe riuscire a portare in salvo solo un migliaio di migranti, appena un terzo.
Nel testo si specifica che nel caso si verificassero plurime operazioni di soccorso, quelle successive non dovrebbero impedire il raggiungimento immediato del porto assegnato. In pratica il governo sta chiedendo senza mezzi termini meno salvataggi e meno migranti recuperati mare, con il rischio che sempre più persone perdano la vita durante la traversata, visto che la Guardia costiera italiana da sola evidentemente non riesce a impedire che si verifichino tragedie. È il caso per esempio dei cadaveri dei migranti recuperati vicino alle coste di Lampedusa nei primi giorni del 2023.
Ma il diritto internazionale impone comunque al comandante di una nave di dirigersi verso il luogo in cui si è verificato un naufragio, non è contemplato dalle leggi del mare che un’imbarcazione non presti soccorso. “Il governo dichiara nella relazione che accompagna il decreto che quest’ultimo serve a conformare l’attività di salvataggio in mare alle convenzioni internazionali. Poi, leggendo il testo, si capisce che è tutto un tentativo di forzare quelle convenzioni, che parlano molto chiaramente – ha spiegato ancora Magi a Fanpage.it – Dicono che in ogni caso il salvataggio delle vite umane in mare, in una situazione di pericolo, è un obbligo di legge. Il reato non è compiere il salvataggio, ma omettere quel salvataggio. Questa cosa è talmente chiara da un punto di vista giuridico che per quanto il decreto si sforzi di creare nuovi ostacoli di tipo amministrativo, tecnico o burocratico, non riuscirà a farlo. E se un domani un capitano di una nave dovesse trovarsi nella condizione di scegliere tra compiere un salvataggio multiplo, cosa che in teoria è impedita dal decreto, e rispettare il nuovo codice, e scegliesse la prima opzione, a violare la legge sarebbe il decreto non il capitano”.
Altro punto molto controverso del nuovo decreto è l’obbligo, da parte dell’equipaggio che ha effettuato il salvataggio, di raccogliere tempestivamente le intenzioni di richiedere la protezione internazionale, cosa che non spetta affatto ai mercantili o alle navi private, che tra l’altro battono bandiera straniera.
“Questa è un’altra assurdità del decreto, è contro le leggi perché negli ultimi decenni nel diritto d’asilo europeo è stato chiarito in modo definitivo che la protezione si chiede nel territorio dello stato presso cui si fa domanda, o alla frontiera, rivolgendosi però a un personale appositamente individuato dalle leggi dei singoli stati. È un’attività che non può fare chiunque, come un medico o il comandante della nave. Anche in questo caso si tratta di una forzatura, che non creerà un blocco totale dell’attività delle Ong, ma servirà a ostacolarle. Un punto veramente basso per la vita istituzionale del nostro Paese. Lo avevamo già visto con i decreti Salvini, ma abbiamo poi osservato anche come i tribunali abbiano reagito. Ad esempio con il caso Rackete è stato stabilito che la ragione e il diritto stavano dalla parte della comandante che aveva addirittura disatteso l’ordine di non entrare in porto”, ha ricordato Magi.
Ciononostante il governo sta adottando una prassi che in realtà non compare tra le regole del nuovo codice, e cioè sta assegnando porti sempre più lontani dai luoghi dei naufragi, come Ancona o Livorno (dove ad esempio è stata mandata la Life Support di Emergency prima di Natale). Anche se poi quando sbarcano i naufraghi vengono redistribuiti in tutta Italia, sebbene venga cavalcata dal governo la retorica sulla Sicilia congestionata dagli sbarchi. Una pratica, quella dell’assegnazione dei porti distanti, che mette di fatto in difficoltà le organizzazioni, che devono tra l’altro già fare i conti con i rialzi dei prezzi del carburante.
Quello che è cambiato negli ultimi tempi nell’atteggiamento da parte del governo – a dire la verità è successo già prima dell’emanazione del decreto – è che ora l’assegnazione del Pos avviene più rapidamente rispetto al passato.
Le missioni delle navi Ong continuano
Le Ong, che oggi sono state anche audite dalle commissioni Affari Costituzionali e e Trasporti della Camera in merito al nuovo decreto legge, non hanno subito variazioni nella loro tabella di marcia. Sea Watch riprenderà a giorni la sua attività di perlustrazione in mare effettuata attraverso i velivoli Sea Bird 1 e Sea Bird 2, mentre la Life Support di Emergency salperà a breve per una nuova missione, come annunciato in precedenza.
La presidente di Emergency Rossella Miccio ha confermato a Fanpage.it la partenza imminente: “Quello che ci preoccupa di più del decreto è quello che non c’è scritto nel testo, e cioè nella pratica l’assegnazione di porti molto distanti, con l’obiettivo di tenerci il più lontano possibile dal mare. È un problema economico per noi, senza dubbio, ma soprattutto è un problema dal punto di vista operativo, perché sappiamo benissimo che in nostra assenza non solo non ci sono testimoni, ma non c’è nessuno realmente interessato a salvare la vita dei migranti, che o muoiono in mare o vengono ricatturati dalla Guardia Costiera libica e riportati indietro nell’inferno delle carceri. Più di una persona ci ha detto a bordo, quando lavoravano anche con Open Arms, ‘piuttosto preferisco morire annegato’. Vogliamo riportare il focus sulle persone, ricordando l’importanza di parlare piuttosto dei push-factors, ribadendo che per noi questo decreto non è emendabile, deve essere abrogato”.
“Attraverso le nostre operazioni di monitoraggio aereo arriveremo a testimoniare ancora di più pratiche di ritardi nei soccorsi, omissioni di soccorso e facilitazioni di respingimenti coatti verso la Libia. Riprenderemo a breve anche l’attività di soccorso in mare”, ha detto a Fanpage.it Giorgia Linardi (Sea Watch), che in audizione alla Camera dei deputati questo pomeriggio ha aggiunto: “Questo nuovo decreto prosegue la criminalizzazione dell’obbligo di soccorso, istituzionalizza l’omissione di soccorso e la facilitazione del respingimento coatto delle persone in Libia. Un decreto contro le persone che fuggono dalla Libia. Per questo ne chiediamo l’abrogazione”.
“A noi sembra che il messaggio importante che questo decreto vuole inviare è che senza questo strumento le Ong stavano operando al di fuori di una cornice legale. Ovviamente non è così. Noi, tutti insieme, dal 2015 abbiamo tratto in salvo oltre 230mila persone, un numero enorme. In questi anni siamo andati incontro però a oltre 20 procedimenti giudiziari, penali o amministrativi. Alla fine abbiamo sempre dimostrato che il nostro unico scopo era trarre in salvo delle persone in una rotta migratoria percorsa da circa 100mila persone ogni anno, in cui le vittime sono almeno 2mila. Eppure il primo provvedimento che il governo decide di fare su questo fronte è quello di impedire la nostra operatività, invece di mettere a punto nuovi strumenti, come poteva essere nel 2015 Mare Nostrum, che ha salvato 150mila persone”, ha detto Valentina Brinis (Open Arms).
(da Fanpage)

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L’ARRESTO DI MESSINA DENARO NON POTRA’ FERMARE LE SINERGIE TRA MAFIA E ‘NDRANGHETA

Gennaio 17th, 2023 Riccardo Fucile

L’ORGANIZZAZIONE CALABRESE OGGI E’ PIU’ POTENTE

Con l’arresto di Matteo Messina Denaro cade l’ultimo dei corleonesi, la mente economica di Cosa nostra, un predestinato che aveva avuto come compare di battesimo Antonino Marotta, uno dei componenti della banda di Salvatore Giuliano. Figlio di don Ciccio, boss di Castelvetrano, cresce nell’agiatezza.
Già a vent’anni frequenta i salotti buoni di Palermo, partecipando a feste con signore dell’alta borghesia o con «tardone piacenti» come le chiamano i ragazzi che in quegli anni si danno alla bella vita. Molti ricordano la sua relazione sentimentale con una giovane donna austriaca.
Sono gli anni in cui Matteo Messina Denaro è conosciuto come il playboy, ma anche come Diabolik, il noto personaggio dei fumetti. È diverso, insomma, dai boss cresciuti a cicoria e ricotta. Col tempo, diventa sempre più potente, sempre più «ammanicato» non solo nella sua Castelvetrano, ma anche nel resto della Sicilia, soprattutto a Palermo dove, dopo l’arresto di Riina e Provenzano, riesce a coniugare il rispetto della tradizione e l’attenzione per il nuovo, violenza, efficienza, pragmatismo politico, produttività e capacità relazionali.
I corleonesi, di cui incarnava lo spirito, hanno rappresentato un unicum nella storia di Cosa nostra, un’organizzazione criminale che ha sempre preferito confrontarsi, senza scontrarsi con i poteri dello Stato. I Corleonesi hanno imboccato una strada diversa, tanto che Messina Denaro, con i tanti morti che aveva sulla coscienza, si vantava di poter riempire di croci un intero cimitero.
Quello di ieri è indubbiamente un arresto importante: il figlio di don Ciccio non solo aveva preso in mano le redini di Cosa nostra, dopo l’arresto di Bernardo Provenzano, ma aveva dimostrato carattere e determinazione, tratti che lo avvicinavano più a Stefano Bontade che a Totò Riina. Di lui si ricorda l’oculato uso dei pizzini, ma soprattutto la capacità di costruire attorno a sé il consenso dell’area grigia, quella che da sempre costituisce l’ossatura del potere mafioso.
L’IPOTESI COLLABORAZIONE
Era anche l’ultimo dei Corleonesi – vale la pena ribadirlo – Uno di quelli che aveva pianificato le stragi di Palermo, gli attentati del 1993. Conosce i segreti più reconditi di quelle vicende che hanno insanguinato il paese e saprebbe certamente indicare i referenti istituzionali di Cosa nostra, quelli che hanno depistato le indagini sulla strage di Via D’Amelio e sottratto l’agenda rossa di Paolo Borsellino dall’auto del magistrato dilaniata dall’esplosione.
Ma non è facile ipotizzare una sua collaborazione, anche se lui non è stato mai in carcere e difficilmente sopporterebbe are i rigori del 41 bis. I prossimi giorni saranno importanti per capire come si è arrivati al suo arresto e per valutare lo stato della sua malattia. Lo hanno infatti trovato nei pressi di una clinica privata, nella quale avrebbe dovuto sottoporsi ad un ciclo di chemioterapia.
I MISTERI DELLA LATITANZA
Sarebbe interessante capire come sia riuscito a sottrarsi all’arresto per oltre trent’anni, senza mai lasciare – da boss vero – il suo territorio, quella fascia di terra che da Trapani si spinge fino a Palermo. Chi lo ha protetto? E perché soltanto adesso è stato arrestato?
Va dato comunque merito al lavoro degli investigatori che, come ha spiegato il comandante del Ros, il generale Pasquale Angelosanto, hanno lavorato senza mai fermarsi, anche durante le recenti feste natalizie. Per decenni attorno al figlio di don Ciccio era stato fatto terreno bruciato. Gli avevano sottratto un patrimonio immenso, arrestato familiari e amici.
Ma non è stato facile stanarlo dal suo territorio, caratterizzato da una forte presenza di logge deviate della massoneria e da intrecci inconfessabili, spesso all’ombra delle istituzioni. Non bisogna però illudersi. La mafia non è stata sconfitta.
Una delle sue grandi caratteristiche è quella di adattarsi alle nuove situazioni, a riemergere quando sembra ormai con le spalle al muro. Bisogna diffidare di chi pensa di scriverne il necrologio. L’attenzione dello Stato deve essere costante, continua. Non bisogna dare tregua a chi vive grazie ai proventi della droga e alle coperture istituzionali. È importante stanare quel grumo di potere che distingue le mafie da altre forme di criminalità organizzata.
I RAPPORTI CON LA ‘NDRANGHETA
Purtroppo non c’è solo Cosa nostra. Oggi è la ‘ndrangheta la mafia più potente. La mafia siciliana da tempo ha perso il primato internazionale nel traffico di sostanze stupefacenti, rispetto ai tempi in cui controllava le rotte che dalla Sicilia portavano l’eroina negli Stati Uniti e nel Canada.
I rapporti tra le mafie in Italia sono sempre stati funzionali a logiche di collaborazione. E quelle sinergie espresse nella gestione comune di attività illecite, non verranno meno con l’arresto dell’ultimo boss dei Corleonesi.
Neanch’io credo che ci sia un archivio segreto, come ha messo in evidenza il capitano Ultimo, proprio durante un’intervista di Antonio Anastasi pubblicata da questo giornale. I mafiosi sanno che chi lascia prove scritte, non solo rischia la galera ma anche la faccia. E di Messina Denaro dicono che ha sempre avuto buona memoria. Quella che serve per imbastire trattative, potendo contare su una storia che non ha mai conosciuto defezioni.
(da Quotidiano del Sud)

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ANCORA OMBRE SUL PASSATO DEL CANDIDATO DEL CENTRODESTRA ALLE REGIONALI DEL LAZIO

Gennaio 17th, 2023 Riccardo Fucile

ROCCA CITATO NELL’INCHIESTA MONDO DI MEZZO, NEL MIRINO LA GESTIONE DEI MIGRANTI AFFIDATI ALLLA CROCE ROSSA

Ancora ombre sul passato del candidato del centrodestra alle regionali del Lazio Francesco Rocca. L’aspirante governatore era a capo della Croce Rossa prima come commissario straordinario (con compenso di oltre 200mila euro l’anno e circa 120mila euro per le missioni) e poi come presidente (senza retribuzione), ma impiegato nella sanità pubblica nel Lazio e in Campania in ruoli dirigenziali.
Tutti incarichi di prestigio su cui il suo passato non sembrerebbe aver pesato. Infatti Rocca oltre ad avere alle spalle una condanna per spaccio di eroina (era il tramite tra un un gruppo criminale nigeriano e uno spacciatore romano), compare nelle carte dell’inchiesta sul “Mondo di mezzo”.
In particolare si fa riferimento – come hanno scritto in un’interrogazione parlamentare del 2016 i Cinque Stelle – ad una cena in cui tra i commensali, insieme a Gianni Alemanno, all’epoca sindaco di Roma, erano presenti i rappresentanti di cooperative alle quali era stata affidata la gestione dei campi nomadi della Capitale e lo stesso Rocca che, per conto e alla guida della Croce Rossa, si era aggiudicato l’appalto in associazione temporanea di imprese insieme ad altre associazioni tra cui la Cascina Global Service Srl (coinvolta nell’inchiesta Mondo di Mezzo).
A destare le preoccupazione maggiori, però, non è stata tanto la cena in sé quanto le dichiarazioni di Franco Gabrielli a cui era stato affidato il controllo della Protezione civile e di Luca Odevaine, indagato in Mondo di Mezzo, che faceva parte del Tavolo di coordinamento nazionale presso il ministero dell’Interno per l’emergenza immigrazione. Odevaine afferma che, quando il centro veniva gestito dalla Croce Rossa, “gli pagavano 6 milioni di euro l’anno d’affitto”.
Gabrielli all’epoca capo della Protezione civile si stupì per la cifra “abnorme” di spesa al Cara di Mineo
Mentre durante il processo di Mondo di Mezzo il prefetto Gabrielli ha dichiarato: “La gestione della struttura di Mineo viene affidata alla Croce Rossa Italiana che gestisce la struttura con fondi propri. Quando io assumo la responsabilità della gestione dell’emergenza nordafrica, l’allora avvocato Francesco Rocca mi dice che non erano più in grado di gestire la struttura di Mineo con fondi propri così gli chiesi di presentarci un preventivo che fu addirittura superiore rispetto a quello che si riconosceva alle altre strutture. Ricordo – spiega Gabrielli – che era una cifra abnorme per il combinato disposto che lì la struttura la pagava già lo Stato. Mi colpì il fatto che fosse superiore a quella che noi pagavamo, laddove le strutture che ospitavano i migranti si dovevano accollare anche i costi della struttura”.
Dichiarazioni di un certo peso soprattutto dopo la famosa frase di Buzzi: “Con gli immigrati si fanno molti più soldi che con la droga”. Rocca aveva poi assunto, all’interno della sua segreteria, Paolo Pizzonia, ex membro dei Nar dello stesso gruppo di estrema destra di Massimo Carminati. Ma se la gestione del Cara ha sollevato delle perplessità, anche nella Croce Rossa c’è stato qualche problema nel corso degli anni con numerose agitazioni sindacali dei lavoratori che in diverse occasioni hanno lamentato ritardi nella corresponsione delle retribuzioni.
A questo si aggiungono le criticità segnalate nell’ultima relazione della Corte dei Conti sulla Cri. I revisori hanno evidenziato dei ritardi relativi nella sottoscrizione delle convenzioni e nell’erogazione delle relative provviste finanziarie, nonché al connesso prelievo dei fondi vincolati. “Sia i precedenti esercizi finanziari, sia quelli presi in esame sono stati caratterizzati dal censurabile prelievo dei fondi vincolati per sopperire esigenze di cassa, foriero di pregiudizi in termini economici e reputazionali ai danni dell’Associazione”.
(da La Notizia)

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