Febbraio 6th, 2023 Riccardo Fucile QUATTRO GIORNI FA, DA MOSCA È STATA DIRAMATA SU NOTI CANALI SOCIAL UNA LISTA DI POTENZIALI OBIETTIVI, UNA COSIDDETTA “KILL LIST”, INCITANDO I PIRATI INFORMATICI CHE SIMPATIZZANO PER LA RUSSIA A BLOCCARE LE INFRASTRUTTURE DEGLI AVVERSARI, COMPRESI I CENTRI PER I TRAPIANTI
Un allarme mai visto prima, quello della nostra Agenzia di
Cybersicurezza, che fa il paio con quello dell’Agenzia gemella francese. È in corso un attacco informatico mondiale. I Paesi più colpiti sono Francia, Italia, Finlandia, Stati Uniti, Canada. Salta agli occhi che gli obiettivi sono tutti occidentali. Gli addetti ai lavori sanno che quattro giorni fa, da Mosca era stata diramata su noti canali social una lista di potenziali obiettivi, una cosiddetta «kill list», incitando i pirati informatici che simpatizzano per la Russia a bloccare le infrastrutture degli avversari.
Da quel che si sa, la lista si concentra sulle strutture sanitarie, compresi i centri trapianti. Ci sono nella famigerata lista russa ospedali in Svezia come nel Maryland, il Michigan, il Missouri, New York e così via. Non manca un singolo stato degli Usa, ma anche dell’Europa.
In Italia questo attacco informatico coincide poi con il crollo delle linee telefoniche di Tim. Per tutto il giorno, migliaia di utenti sono rimasti con il telefono di casa ammutolito. Sono saltati anche i collegamenti internazionali.
L’allerta è massima. Ieri mattina l’Agenzia per la Cybersicurezza aveva «rilevato un massiccio attacco hacker tramite ransomware già in circolazione». In pratica, i pirati informatici hanno preso di mira i server VMware ESXi, e sarebbero stati «qualche migliaio i server compromessi». Si teme per l’efficienza di centinaia di enti pubblici, da università a ospedali, Regioni, Comuni. E il pericolo è che l’attacco di ieri sia solo l’antipasto di guai peggiori.
C’è la Russia dietro l’attacco? Può parlare più liberamente Federico Mollicone, responsabile Innovazione di FdI: «Che dietro l’attacco ci siano i russi, è materia di controspionaggio. Ma se guardiamo a chi sono gli obiettivi, tutti Paesi della Nato o della Ue, mi sembra chiaro il “cui prodest”. I russi ce l’avevano detto che avrebbero tentato un attacco non convenzionale e temo che ci siamo arrivati».
(da la Stampa)
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Febbraio 6th, 2023 Riccardo Fucile NEL 2022 L’ITALIA E’ STATO IL TERZO PAESE AL MONDO PIÙ COLPITO DA AGGRESSIONI “RANSOMWARE” (A DIMOSTRAZIONE CHE LA NOSTRA SICUREZZA DIGITALE FA ACQUA DA TUTTE LE PARTI)
I primi ad allertare gli altri paesi europei sono stati i francesi che – con la loro agenzia di cybersecurity ANSSI – hanno in mano un potentissimo strumento con esperienza ormai ventennale. Sono loro […] ad aver alzato il livello di allarme, nella seconda metà di gennaio, su una nuova ondata di attacchi ransomware provenienti da soggetti russi.
Il “ransomware” è una forma di software maligno utilizzato da bande criminali, che funziona criptando i dati delle aziende vittime, e offrendo loro una chiave in cambio di un pagamento. Un riscatto, gli hacker stanno entrando poi sui server: segno che le architetture di moltissime aziende (non solo italiane) sono a dir poco indietro. I gruppi di hacker ransomware non hanno legami statuali ma Putin concede benevolenza, una sorta di tacito accordo: se attaccate aziende occidentali, non vi faremo niente, e anzi magari vi premieremo. Non sono gli hacker “del” Cremlino (quelle sono unità ormai embeddate e leggendarie dei servizi russi, i giovani di Apt29, che è nei servizi esteri, o quelli di “Sandworm”, che è nel Gru), ma hacker utili al Cremlino.
Lockbit, un gruppo che secondo numerosi esperti di cybersicurezza ha membri per lo più in Russia, e che la società di analisti Trend Micro definisce «una delle bande criminali più professionalmente organizzate nell’underground criminale». Lockbit è conosciuto in Italia perché rivendicò un attacco all’Agenzia delle entrate (Sogei poi smentì), e colpì la Regione Lazio – sempre giovedì scorso un attacco ransomware ha colpito Acea e tutte le sue controllate nell’energia: qui il gruppo attaccante si chiama Black basta, anche loro sono russofoni.
L’Italia è stata il terzo paese più colpito nel mondo da attacchi ransomware, con 40 aziende e soggetti attaccati e ricattati, dopo Stati Uniti (con 289) e Regno Unito (48), e prima di grossi paesi come Germania (34), Canada (1), Francia (27).
E i primi due soggetti più pericolosi – scrive il report – sono le gang Conti e Lockbit. Conti, capaci di un’estorsione complessiva di 180 milioni di dollari nel 2021 e considerata la gang più pericolosa al mondo, ha perso il primato nel 2022, cedendolo appunto a Lockbit.
(da La Stampa)
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Febbraio 6th, 2023 Riccardo Fucile I MINISTRI DELL’ECONOMIA DI PARIGI E BERLINO, LE MAIRE E HABECK, VOLANO A WASHINGTON PER “DIFENDERE” GLI INTERESSI DELL’UE … I DUE PARLERANNO A NOME DI BRUXELLES DA UNA POSIZIONE DI FORZA, E LA MELONI, CHE AVEVA CHIESTO INUTILMENTE UN FONDO SOVRANO A URSULA, RESTA ALL’ANGOLO A RACCATTARE LE BRICIOLE
Missione franco-tedesca a Washington per accelerare i negoziati
europei intorno all’Inflation Reduction Act (Ira) degli Usa. Il ministro dell’Economia francese Bruno Le Maire e l’omologo tedesco Robert Habeck volano domani a Washington in una trasferta congiunta che è un segnale forte dell’intesa ritrovata tra Parigi-Berlino.
Francia e Germania lanciano l’offensiva dopo aver colto al balzo la proposta della Commissione europea di aprire i rubinetti degli aiuti di Stato per rispondere all’Ira. L’obiettivo del viaggio dei due ministri è «difendere condizioni paritarie tra Usa e Ue» dicono fonti governative a Parigi.
Il viaggio di Le Maire e Habeck è stato organizzato […] in pieno coordinamento con Bruxelles e con la task force che si occupa del piano di risposta all’Ira. I due ministri promettono di farsi portavoce a Washington delle “linee strategiche” della Commissione e Le Maire ha previsto di avere un nuovo scambio con il commissario Ue Valdis Dombrovskis prima della partenza. Di fatto però Francia e Germania avanzano come una coppia quasi esclusiva, lasciando da parte alcuni partner Ue, a cominciare dall’Italia.
Emmanuel Macron ha capito che Olaf Scholz non avrebbe mai accettato un Recovery 2, e ha deciso di allineare la posizione francese con quella di Berlino sulle deroghe ai vincoli europei sugli aiuti di Stato, di cui Francia e Germania hanno fatto abbondante utilizzo negli ultimi mesi.
Meloni è andata dal cancelliere tedesco Olaf Scholz senza ottenere la svolta auspicata, mentre il leader francese è andato all’Aja la settimana scorsa per coordinarsi con il premier olandese Mark Rutte, capofila dei frugali, che ha già detto di non volere nessun nuovo debito comune fino a quando non saranno spesi tutti i fondi esistenti di Next Generation Eu.
Dopo mesi di tensioni e incomprensioni, il “motore” franco-tedesco, come l’ha definito Scholz, ha ricominciato a girare. Il viaggio di Le Maire e Habeck è un primo segnale concreto, frutto del vertice bilaterale tra Macron e Scholz del 22 gennaio per coordinare le posizioni in vista del Consiglio europeo straordinario di febbraio.
Nel giro di colloqui previsti con i segretari al Commercio e al Tesoro degli Stati Uniti, Gina Raimondo e Janet Yellen, Le Maire e Habeck chiederanno che il governo americano condivida l’importo e i beneficiari degli aiuti in un «meccanismo di trasparenza reciproca». […] I due ministri di Parigi e Berlino vogliono insistere sull’importanza di una concorrenza leale tra Usa e Ue ma anche di una collaborazione stretta e rafforzata nello sviluppo della transizione energetica.
(da La Repubblica)
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Febbraio 6th, 2023 Riccardo Fucile I SISTEMI SOTTO ATTACCO NON ERANO STATI AGGIORNATI, NONOSTANTE I PRODUTTORI AVESSERO RILASCIATO LE “PATCH”… IL DIRETTORE DELLA POLIZIA POSTALE, IVANO GABRIELLI: “L’ATTACCO SFRUTTA QUELLA VULNERABILITÀ. IL DOWN DI TIM? SONO DUE FATTI DISTINTI”
In una giornata di confusione, allarme hacker e servizi telefonici di Tim in tilt, gli investigatori della polizia postale sono stati tutti mobilitati. I diciotto centri regionali sono in campo. E a sera, pare chiaro che si tratta di due storie diverse. «Teniamo questi fatti distinti», avverte il direttore della polizia postale, Ivano Gabrielli.
La polizia postale ha subito detto che Tim non era sotto l’attacco di pirati informatici. Sono stati così determinati perché sapevano che si trattava di un grave problema tecnico all’interconessione, come poi ha comunicato l’azienda stessa, non causato da chissà quale virus. E il problema – garantiva Tim – era in corso di risoluzione.
Resta il fatto che non è normale che un numero enorme di clienti Tim sia rimasto senza linea telefonica. E ci sono stati enormi problemi anche con il roaming dei dati all’estero. «Sembra che fosse una falla nei sistemi di un fornitore», spiega Gabrielli. C’entra ugualmente un software, però. «Sapete, le reti ormai sono diventate una cosa talmente complessa che tutto è software, anche se poi gli effetti si sentono anche sulla rete fissa».
Altra cosa è il gigantesco attacco mondiale su cui è arrivato l’allarme dell’Agenzia di cyber-sicurezza. Materia più di controspionaggio informatico che di polizia. Eppure i tecnici che rispondono a Ivano Gabrielli sono chiamati in causa anche su questo versante.
Risulta comunque che si stia correndo ai ripari dopo l’allarme dell’Agenzia. È stato necessario suonare le campane a stormo, anche se chi di dovere avrebbe dovuto sapere per tempo che c’era un problema in un tipo particolare di server e che andavano aggiornati i sistemi antivirus.
Riconosce Gabrielli: «C’era l’evidenza di una falla e sarebbe stato necessario ripararla subito. Comunque ora si stanno avvertendo i singoli responsabili informatici. L’attacco, come segnalato dalla Francia, sfrutta quella vulnerabilità di cui dicevo. Nei prossimi giorni andremo a verificare quello che è successo anche da noi».
Certo, c’è da tremare. I sistemi sotto attacco in tutta evidenza non erano stati aggiornati e le vulnerabilità sono rimaste nonostante i produttori avessero rilasciato gli aggiornamenti. Venerdì 3 febbraio alle ore 19 l’Agenzia francese per la Cybersicurezza aveva diramato un allarme per le società d’Oltralpe e quantomeno anche in Italia i responsabili della sicurezza informatica, sia di enti pubblici sia di società private, avrebbero dovuto risvegliarsi dal torpore e verificare se i loro sistemi erano pronti a contrastare l’attacco oppure no. Ora tocca alla polizia postale con i suoi tecnici provare a metterci una pezza.
(da La Stampa)
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Febbraio 6th, 2023 Riccardo Fucile FORZA ITALIA RISCHIA DI SPARIRE IN LOMBARDIA E LA LEGA PURE… POI FORZA ITALIA SMENTISCE: “PAROLE MAI PRONUNCIATE”
La confidenza risale a martedì scorso, poche ore dopo l’esplosione del
caso Donzelli. E descrive la faglia che rischia di aprirsi già martedì 12 febbraio nel centrodestra. Silvio Berlusconi si confronta con uno storico consigliere che gli è rimasto vicino e consegna tutta la frustrazione, l’amarezza, l’ossessione che lo turba da settimane. «Per colpa di Fratelli d’Italia stiamo andando troppo a destra. Non si vince senza un centro moderato. Fosse per me, in Lombardia voterei Moratti».
Il Cavaliere non ce l’ha con l’uscente Attilio Fontana, ovviamente, né sosterrà la candidata del Terzo Polo a scapito della coalizione di cui fa parte. Ma lo sfogo rivela altro, che è anche peggio: ha paura che le Regionali possano sancire la polverizzazione di Lega e Forza Italia, la cannibalizzazione dei due partiti da parte di FdI. Il rischio è che la premier mortifichi gli alleati proprio in terra lombarda, culla del leghismo e del berlusconismo.
Accanto a questo senso di impotenza dell’anziano leader, si fa strada in queste ore un altro scenario di cui si parla ormai apertamente ai vertici della coalizione: un collasso elettorale del Carroccio, l’apertura di una fase di profonda instabilità a via Bellerio, il rischio di un ribaltone interno a danno di Matteo Salvini. Il Cavaliere non nasconde privatamente la rabbia per «l’ingratitudine» dell’alleata.
La verità è che da giorni girano sondaggi riservati clamorosi, che hanno agitato le segreterie della maggioranza.
Nel Lazio, Fratelli d’Italia sarebbe da sola quattro volte più forte della somma dei voti di Lega e Forza Italia. In Lombardia, triplicherebbe il consenso del Carroccio. Politicamente, i meloniani sopra la soglia del 30% potrebbero vantare un predominio totale sull’area di maggioranza. Se poi Salvini non riuscisse a superare il 10% in terra lombarda l’effetto sarebbe imprevedibile.
Quanto alla Lega ha concesso la bandiera dell’autonomia a Salvini, provando a tutelare un segretario a rischio ribaltone. Resta però il fatto che volerà domani a Milano per chiudere di persona la campagna elettorale di Fontana. Dopo alcune ore di tribolazione a ridosso della missione a Berlino, ha sposato la linea dei falchi, quella incarnata a Palazzo Chigi dal sottosegretario Giovanbattista Fazzolari.
E questo perché le rilevazioni riservate in mano al partito indicherebbero che gli italiani hanno capito poco dello scandalo. E che, in questa nebbia, a guadagnare consensi sarebbe la destra.
(da La Repubblica)
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Febbraio 6th, 2023 Riccardo Fucile IL 44% CRITICA LA DIFFUSIONE DI INFORMAZIONI RISERVATE, MA IL 42% DICE CHE E’ COLPA DELLE SINISTRE
Il 41% degli italiani è convinto che il 41 bis, il cosiddetto carcere duro,
sia una legge giusta da mantenere così com’è. E il pensiero è politicamente trasversale nei partiti che sostengono la maggioranza da Forza Italia (56,7%) a Fratelli d’Italia (52,3%), fino agli elettori della Lega (32%), che si dividono tra questa opzione e la possibilità di inasprire questo provvedimento ed estenderlo anche ad altri reati (28,8%).
Su queste due posizioni si allineano anche gli elettori del Movimento 5 Stelle, dove il 43,7% la ritiene corretta così, mentre il 31,2 desidererebbe – addirittura- renderla più dura. Per i sostenitori del Partito Democratico il 41 bis è giusto così (42,2%).
Tuttavia, nell’area delle opposizioni emerge anche uno spiraglio di riforma che riguarda la possibilità di limitare il carcere duro solo a quei detenuti considerati – agli atti – più pericolosi. La pensa così 1 elettore su 3 di Azione e 1 su 4 del Pd e di +Europa.
Le posizioni così nette sul 41 bis appaiono ancora più divisive nel caso che ha coinvolto le parole del deputato Donzelli e del sottosegretario Delmastro.
In questa vicenda il Paese si divide tra chi pensa che queste dichiarazioni abbiano portato alla conoscenza del grande pubblico la visita della delegazione con importanti rappresentanti del Partito Democratico in carcere ad Alfredo Cospito e ad altri detenuti sottoposti al 41 bis e chi è convinto che queste siano state solo strategie politiche usate a scopo politico per screditare il centro sinistra.
Ovviamente sulla prima posizione si schierano tutti gli elettori dei partiti del centro destra; viceversa, sulla seconda si trovano schierati i partiti delle opposizioni.
Sembra di assistere ad uno scontro tra tifoserie. Andando sui numeri il 42,2% ritiene che gli incontri tra i parlamentari del Partito Democratico e Alfredo Cospito siano gravi, mentre il 44,1% ritiene che sia più grave l’utilizzo e la diffusione di documenti e informazioni riservate nelle parole di accusa del deputato Giovanni Donzelli.
E ancora, anche se il 35,7% non ha saputo offrire una sua interpretazione sulla violazione nella diffusione di documentazione riservata, a questo quesito il 33,1% del campione di italiani intervistati ritiene che ci sia stata un’infrazione nella diffusione di documenti – comunque – riservati, mentre il 31,2% è convinto che in questa vicenda non si sia rivelato nulla di riservato.
In tema di dimissioni, 1 elettore su 3 indica i deputati del Pd chiamati in causa da Donzelli come coloro che si dovrebbero dimettere, mentre il 34,8% punta il dito sullo stesso Giovanni Donzelli e sul sottosegretario Andrea Delmastro per delle possibili dimissioni.
In questo caso un elettore su due di Forza Italia (46,7%) si distingue dal resto essendo convinto che questi non siano fatti rilevanti.
La miccia è stata innescata, volente o nolente, ed è chiaro che la spinta emozionale di appartenenza ad un partito prevalga sulla possibilità di essere imparziali e consapevoli. L’appello del presidente del Consiglio alla prudenza e alla cautela deve comprendere la responsabilità di tutti a partire da chi accende il cerino, perché il rischio è che tutto possa essere strumentalizzato e utilizzato per meri scopi elettorali.
(da La Stampa)
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Febbraio 6th, 2023 Riccardo Fucile IL QUESTORE: “CRITERIO ILLEGITTIMO”
«Al Piper club di Fontanafredda l’entrata è riservata a persone di oltre 40 anni e NATIVI (scritto in maiuscolo, ndr.) della zona».
Recita così il regolamento della discoteca in provincia di Pordenone pubblicato sui profili social e che nelle ultime ore ha creato non poche polemiche.
Soprattutto dopo che nei giorni scorsi una coppia si è avvicinata all’entrata del locale trovando l’alt della sicurezza per la donna di colore. «Mi dispiace, la signora non può entrare»: è stata la frase pronunciata all’ingresso e che l’uomo della coppia ha raccontato sui social, destando in un secondo momento anche l’interesse della Questura di Pordenone. L’accesso vietato al locale ha fatto subito parlare di una discriminazione di natura razziale, anche in riferimento al regolamento messo in chiaro dalla discoteca.
Mentre la Questura cerca di capire se ci siano effettivamente gli estremi per le accuse avanzate dalla coppia, a parlare è il titolare del club Piper, Edward Giacomini. «Sono amico di persone di razze e religioni diverse, le più disparate. Sinceramente non capisco proprio tutto questo chiasso. Qui non c’è davvero alcun problema di razzismo».
Il questore: «Un criterio illegittimo
Resta però il dato di un regolamento che ha suscitato non pochi dubbi sulla natura razzista dei criteri di ingresso: «L’entrata è riservata a persone di oltre 40 anni e NATIVI della zona per poter garantire un pubblico adulto con cui si vuole rivivere la magica atmosfera del revival al “Mitico Piper di Fontanafredda”, locale storico del Friuli Venezia Giulia e del Veneto orientale per i cinquantenni».
A questo proposito il questore spiega: «In un club è senza dubbio possibile far entrare le persone subordinando l’ingresso all’esibizione di una tessera ma la scelta non deve essere assolutamente legata a discriminazioni razziali». E ancora: «Questo non significa solo “se sei nero non entri”, ma resti fuori anche se sei nato a Napoli o a Milano. Quindi quel “nativi della zona”, per di più in maiuscolo, che si legge come lasciapassare al Piper club è illegittimo».
Nei prossimi giorni sarà la questura a prendere una decisione sul da farsi. Il locale potrebbe essere soggetto a controlli o addirittura a una chiusura per diversi giorni, con modifica del regolamento annessa.
La difesa del proprietario
«Il nostro club ha delle regole dettate dai soci. Noi non siamo una discoteca. Ma un club che propone delle feste private», ha continuato nella difesa il gestore. «Ogni due settimane circa, viene proposto un evento, ma è riservato. E la prima regola è quella di non voler arrivare alla capienza massima del locale. E poi le feste sono spesso a tema. Può esserci la serata dove vige la regola di vestire scarpe blu, se uno si presenta con scarpe gialle o bianche, non entra».
Il punto però è la parte di regolamento riferita ai “nativi”. «Qui vengono persone native della zona e di altre località limitrofe, persone che si frequentavano quando erano giovani nelle discoteche che oggi non ci sono più e che vogliono ritrovarsi da adulti, per ascoltare la musica della loro giovinezza», spiega Giacomini. «Noi cerchiamo di ricreare quell’atmosfera. Per questo limitiamo l’accesso ai nativi. Non certo per questioni di razza». A portare il caso del Piper club anche in Senato sarà la deputata eletta in Friuli Tatiana Rojc. «Alla prima seduta utile del Senato depositerò un’interrogazione al ministro della Giustizia e al ministro dell’Interno affinché sia fatta chiarezza sul comportamento posto in atto dal club Piper», ha annunciato.
(da Open)
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Febbraio 6th, 2023 Riccardo Fucile PER MESI ESPONENTI DEL CLAN HANNO INCASSATO TRUFFANDO L’INPS
Un sistema ben organizzato al fine di frodare l’Inps per quasi mezzo
milione di euro e incassare ogni mese il massimo previsto dal reddito di cittadinanza. Una truffa che per mesi ha fatto ricevere una media di 700 euro a testa a un gruppo di 61 persone, tra cui anche uomini e donne della famiglia Spada e dei Casamonica. Tutti esponenti della gerarchia criminale dei clan che arrotondavano così il guadagno delle attività illecite, con il sostegno economico dello stato. Il meccanismo consisteva nell’aggirare la normativa sul reddito con false dichiarazioni dei redditi o di omettere comunicazioni agli enti preposti, per un totale di 500 persone denunciate a piede libero dai carabinieri del nucleo Nucleo Operativo della Compagnia Roma Piazza Dante dal 2022 ad oggi. L’accusa per Casamonica, Spada e il resto del gruppo è quella di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Gli inquirenti che continuano a indagare hanno eseguito una prima ricostruzione dei fatti: le 61 persone avrebbero percepito illecitamente ogni mese cifre dai 400 ai 900 euro, per una somma complessiva di 430mila euro.
«Famiglia di dieci persone riceveva 7mila euro a testa»
A far emergere il sistema truffaldino un controllo incrociato tra l’anagrafe, la banca dati della motorizzazione e l’Inps. In alcuni casi molti degli accusati avevano simulato dei veri e propri nuclei familiari inesistenti per ampliare la somma percepita, nonostante vivessero in due distinte famiglie. In altre situazioni invece i soggetti hanno frammentato la famiglia esistente per massimizzare il guadagno. Come nel caso dei dieci membri di una famiglia di Morena, composta tutta da uomini e donne dei Casamonica e degli Spada. Tutti sotto lo stesso tetto, in un complesso immobiliare tra Morena e Anagnina, ognuno di loro, tra cui ragazzi di 18, 20 anni e 30 anni, aveva costituito un nucleo familiare autonomo, ricevendo ogni anno oltre 7mila euro a testa. Tre di loro però non avevano denunciato di essere sottoposti a misure cautelari, due si trovavano ai domiciliari e uno con l’obbligo di firma. In più non avevano segnalato il possesso di immobili e autovetture di lusso.
«Uomo con una duplice identità otteneva cifra massima del reddito per due volte»
Un altro dei casi limiti scoperti dalle indagini riguarda anche la storia di un rom che vive all’interno del campo nomadi di via Salone, nell’area est della città. L’uomo aveva una duplice identità grazie a due distinti codici fiscali che riportavano date e luoghi di nascita differenti, una in Bosnia e l’altra in Italia. Per lo stato italiano quindi erano due persone differenti. In questo modo ogni mese riusciva a prendere la cifra massima del reddito moltiplicata per due.
(da Open)
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Febbraio 6th, 2023 Riccardo Fucile “E’ IL PIU’ GRANDE TERREMOTO NEGLI ULTIMI 24 ANNI”
Un’altra scossa di terremoto, di magnitudo 7,5, ha colpito il sudest della Turchia alle 11.24 ora italiana. Mentre la terra continua a tremare, si stima che il bilancio della scossa di terremoto di magnitudo 7,7, che ha colpito nella notte la Turchia centrale e la Siria la scorsa notte, potrebbe raggiungere fino a 10mila vittime.
A fare la stima è il Usgs, il sito americano sul monitoraggio sismico. Il terremoto della scorsa notte è avvenuto a una profondità di 10 km alle 3:17 ora locale (le 2:17 in Italia) nel sud della Turchia. Il sisma ha avuto ipocentro a circa 25 km di profondità ed epicentro nella provincia di Gaziantep. Questa mattina, la Protezione Civile ha diramato l’allerta Tsunami per l’Italia e ha raccomandato «di allontanarsi dalle zone costiere, di raggiungere l’area vicina più elevata e di seguire le indicazioni delle autorità locali». L’allarme è stato successivamente «ridimensionato» e poi è del tutto rientrato. Haluk Özener, direttore dell’istituto di ricerca turco Kandilli, ha detto che quello della scorsa notte è «il più grande terremoto che abbiamo visto in 24 anni in questa regione». Secondo le stime di Özener, nel Paese sono state avvertite 100 scosse di assestamento – di cui circa la metà sopra i 4 gradi della scala Richter – e «possiamo dire che questi terremoti continueranno nei prossimi giorni».
Il bilancio
In un’intervento pubblico di questa mattina, il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha detto che il bilancio provvisorio è di «almeno 912» morti solo in Turchia. Mentre sono almeno 5.385 le persone rimaste ferite e 2.818 gli edifici crollati. Al bilancio turco si aggiunge poi quello delle vittime registrate in Siria, che secondo l’agenzia di stampa turca Anadolu, sarebbero «almeno 326». La Reuters riporta la dichiarazione del governo della provincia di Osmaniye: 34 edifici sarebbero crollati. Ci sarebbero cinque morti. Dieci persone sono invece morte nella provincia di Urfa, ha detto il suo governatore Salih Ayhan alla televisione turca NTV. Il governatore della regione di Malatya parla invece di 23 morti, 420 feriti e 130 edifici crollati. 42 sarebbero i morti nelle regioni di Aleppo, Hama e Latakia.
Numerose scosse di assestamento hanno seguito la prima. La più forte 11 minuti dopo, di magnitudo 6,7. L’Ufficio di gestione dei disastri e delle emergenze di Ankara, che dipende dal ministero dell’Interno, ha reso noto che il sisma è stato registrato nella provincia di Kahramanmaras, ad una profondità di sette chilometri. Il terremoto è stato avvertito anche in Libano, Grecia Israele e Cipro.
Le autorità turche non hanno al momento dato notizie di vittime. Ma alcuni video diffusi sui social media mostrano palazzi crollati in molte città della regione. Secondo la Bbc, a Dyarbakir, nel sudest del Paese, sarebbe crollato un centro commerciale
Cos’è l’allerta tsunami
Il maremoto consiste in una serie di onde marine prodotte dal rapido spostamento di una grande massa d’acqua. L’allerta indica la possibilità di un pericolo reale per le persone che si trovano vicino alla costa. Specialmente se in zone poco alte, o addirittura più basse, rispetto al livello del mare. Anche un’onda di solo 0,5 metri di altezza può generare pericolose inondazioni e fortissime correnti. L’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia ha registrato le tre maggiori scosse alle 2:28, 2:36 e 2:58 ora italiana con magnitudo rispettivamente 5.6 (rivista al ribasso da 6.7), 5.2 e 5. Ancora non si hanno notizie ufficiali di vittime, ma i media locali parlano di diversi edifici danneggiati e di crolli in alcune città del sud del Paese.
L’onda dello tsunami in Sicilia
È stato revocato in mattinata l’allarme tsunami che avrebbe dovuto interessare la costa siciliana tra le 6.35 e le 6.40. Il Dipartimento regionale Protezione civile (Drpc) della Sicilia aveva invitato i cittadini «ad allontanarsi dal litorale basso‚ da zone portuali‚ e di avvisare la popolazione e porre la massima attenzione». «L’allarme è scattato in tutto il Mediterraneo per una eventuale onda di tsunami a partire da Sicilia e Calabria», ha confermato il direttore operativo della Protezione Civile Luigi D’Angelo a Rai Radio 1. L’onda, però, si è rivelata molto più bassa del previsto e ha permesso alla protezione civile di revocare l’allarme e far riprendere la circolazione dei treni.
Gli Usa: «Pronti ad aiutare»
Gli Stati Uniti sono «profondamente preoccupati per il terremoto distruttivo» che ha colpito Siria e Turchia e sono pronti a fornire «tutta la necessaria assistenza», fa sapere in una nota il consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jack Sullivan. Il presidente Joe Biden ha dato istruzioni all’agenzia per gli aiuti Usaid e agli altri partner del governo federale per valutare la risposta degli Stati Uniti per aiutare quanti sono più colpiti.
(da Open)
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