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DICHIARAZIONI INFEDELI, OMESSO VERSAMENTO E SCUDO ALLE IMPRESE: IL GOVERNO MELONI PREMIA GLI EVASORI FISCALI

Marzo 17th, 2023 Riccardo Fucile

SONO I LORO ELETTORI PARASSITI, QUELLI CHE RUBANO AGLI ITALIANI ONESTI 100 MILIARDI L’ANNO, SOGGETTI CHE IN UN PAESE CIVILE SAREBBERO DIETRO LE SBARRE

Il vice ministro dell’Economia Maurizio Leo ci aveva provato già a dicembre in legge di bilancio, ma una durissima opposizione politica, anche nel centrodestra, lo aveva fermato.
Ma con il disegno di legge delega del fisco il suo progetto di attenuare e in alcuni casi cancellare le sanzioni per chi evade – c’è la depenalizzazione della dichiarazione infedele e dell’omesso versamento – è passato.
Il ministro Giancarlo Giorgetti parla di fisco che da «repressivo diventa preventivo», ma la neo segretaria del Pd Elly Schlein non fa sconti: «L’esecutivo favorisce chi sta meglio e ha i redditi più alti», attacca.
La dichiarazione infedele non è reato
Il governo chiama “Fisco Amico” il sistema che attenua e in alcuni casi cancella le sanzioni. Nel testo della riforma si legge che verranno individuate «specifiche misure di alleggerimento delle sanzioni penali tributarie, in particolare quelle connesse al reato di dichiarazione infedele».
Anche sul fronte amministrativo le sanzioni saranno ridotte perché «attualmente raggiungono livelli intollerabili».
Chi non ce la fa, non paghi
Si va verso lo stop alle sanzioni penali per la cosiddetta evasione di necessità: l’omesso versamento non è reato nel caso di «sopraggiunta impossibilità a far fronte al pagamento del tributo per fatti che non sono imputabili al soggetto inadempiente». Quali non si sa…
Inoltre il giudice dovrà tenere conto di eventuali accordi raggiunti in sede amministrativa o giudiziale che implicano «l’irrilevanza del fatto ai fini penali».
Lo scudo per le imprese
L’alleggerimento delle sanzioni penali connesse al reato di dichiarazione infedele è previsto anche per le imprese che aderiscono alla “cooperative compliance”, che hanno tenuto comportamenti non dolosi e lo comunicano tempestivamente al fisco.
E’ questo un effetto premiale a favore dei contribuenti che aderiscono all’adempimento spontaneo, un regime attualmente riservato ai soggetti che realizzano un volume di affari non inferiore a un miliardo di euro, soglia che il governo intende ridurre.
Lo stralcio automatico delle cartelle
La delega stabilisce «il discarico automatico» delle cartelle non riscosse dopo cinque anni. E per i vecchi debiti, dilazioni lunghe fino a 120 rate.
(da agenzie)

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“LA PENSO COME ELLY E SFILERO’ PER I DIRITTI GAY”: LA SFIDA DI FRANCESCA PASCALE, IN PIAZZA A MILANO

Marzo 17th, 2023 Riccardo Fucile

“LA MAGGIOR PARTE DEGLI OMOSESSUALI DI DESTRA LA DOMENICA LI INCONTRI A MESSA CON MOGLIE E FIGLI IN NOME DELLA FAMIGLIA TRADIZIONALE”

Ci sarà anche Francesca Pascale alla manifestazione di domani a Milano delle famiglie arcobaleno che protestano contro il divieto di registrare all’anagrafe i figli di coppie omogenitoriali imposto dal ministero dell’Interno a Palazzo Marino.
“La penso come Schlein e sfilerò per i diritti gay» ha detto a Repubblica l’ex fidanzata del leader di Forza Italia Silvio Berlusconi, dall’estate scorsa unita con un’unione civile alla cantane Paola Turci.
Pascale, che sfilerà accanto alla segretaria del Pd ma anche al Movimento Cinque Stelle, a + Europa e alle associazioni che hanno promosso il sit-in, ha avuto parole molto dure verso il centrodestra: «Abbiamo un governo che ci dice con la lama tra i denti come vivere la nostra vita coniugale quando nessuno di loro rappresenta la ‘teoria della famiglia tradizionale’ che rivendicano puntualmente con odio, violenza e populismo cercando di spaventare le persone meno informate».
E se appunto, nel groviglio della destra esistono molti omosessuali quanti al Gay Pride, la differenza sta nel fatto che «la maggior parte di quelli di destra la domenica li incontravi a messa con moglie e figli in nome della famiglia tradizionale».
(da agenzie)

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SEI MOTIVI PR CUI LA MIA E’ PEGGIO DEL REDDITO DI CITTADINANZA ED E’ UNA BEFFA PER GLI INDIGENTI: SEI POVERO? PUOI CREPARE

Marzo 17th, 2023 Riccardo Fucile

TETTO ISEE ABBASSATO, ASSEGNO RIDOTTO, TAGLIATI I FONDI STANZIATI, MINORI NON CONTEGGIATI, RIDOTTA LA DURATA, SOLDI ALLE AGENZIE PRIVATE

L’operazione di smantellamento del Reddito di cittadinanza è iniziata. Il Governo guidato da Giorgia Meloni ha elaborato una prima versione dello strumento che andrà a sostituire l’assegno contro la povertà introdotto nel 2019 dal Movimento 5 Stelle: si chiama Mia, acronimo di Misura di inclusione attiva. E potrebbe entrare in vigore già a partire dal primo settembre di quest’anno.
Ci sono alcune novità rispetto al progetto di superamento del Rdc che il Governo aveva annunciato nei mesi scorsi.
Nella Legge di Bilancio di fine 2022 era stabilito infatti che per i percettori che sono “inoccupabili” il Reddito di cittadinanza sarebbe rimasto in vigore per l’intero 2023 e che a partire dal primo gennaio 2024 sarebbe stato sostituito da una nuova misura di assistenza.
Per gli “occupabili” era previsto invece che il Rdc sarebbe stato cancellato definitivamente dal 31 luglio senza essere rimpiazzato da nessun’altra forma di sostegno.
Con la Mia – almeno in base alle bozze ufficiose che circolano – questo scenario cambia: il Reddito dovrebbe essere abrogato per tutti a partire dal primo settembre, dopodiché avranno diritto alla Misura di inclusione attiva sia gli “inoccupabili” sia gli “occupabili”, ma con un trattamento differenziato sia in termini economici che di durata dell’assistenza.
Rispetto al Rdc ci sono alcuni aspetti migliorativi – ad esempio il requisito della residenza in Italia viene abbassato da 10 a 5 anni ed è consentita la cumulabilità del sostegno con il reddito da lavoro fino a 3mila euro all’anno senza decurtazioni sull’assegno – ma complessivamente la Mia rappresenta un passo indietro nelle politiche di contrasto alla povertà (ed è una beffa per i cittadini indigenti).
Di seguito vediamo perché.
1. Tetto Isee abbassato
Con la Mia viene abbassato il tetto Isee in base al quale un nucleo famigliare ha diritto all’aiuto dello Stato. Oggi tra i requisiti per poter percepire il Rdc c’è l’avere un’Isee non superiore ai 9.360 euro. Con la Mia la soglia viene abbassata a 7.200 euro. Così viene tagliata fuori dal sussidio una fetta enorme degli aventi diritto (secondo alcune stime, sarebbe escluso un terzo degli attuali percettori).
2. Importo dell’assegno ridotto
Oggi l’importo del Rdc oscilla intorno ai 500 euro al mese per ogni nucleo famigliare a cui va aggiunto un contributo di 280 euro per chi abita in una casa in affitto (la somma complessiva dell’assegno varia in base al numero di componenti della famiglia e alle condizioni economiche in cui si trova la stessa). Con la Mia il contributo base sarà differenziato a seconda che il nucleo famigliare sia considerato “occupabile” o “inoccupabile”: in questa seconda categoria rientrano le famiglie che hanno diritto all’assistenza e in cui vi sia almeno un minorenne o un over 60 o un disabile. Alle famiglie “inoccupabili” andranno 500 euro al mese, alle “occupabili” 375, mentre l’eventuale contributo per l’affitto andrà ricalibrato. Si noti che questa riduzione del sostegno arriva proprio in un momento in cui le famiglie già vedono il proprio potere d’acquisto eroso dall’inflazione.
3. Tagliati i fondi stanziati
Per effetto dell’abbassamento del tetto Isee e della riduzione dell’importo degli assegni, con la Mia il Governo Meloni punta a risparmiare circa 2/3 miliardi di euro all’anno rispetto ai 7/8 che attualmente vengono spesi per finanziare il Reddito di cittadinanza. Dunque si taglia sui fondi contro la povertà.
4. Minori non conteggiati nella scala di equivalenza
Oggi, con il Rdc, l’importo da destinare a ciascun nucleo famigliare viene calcolato in base al numero dei componenti della famiglia. Viene cioè applicata una scala di equivalenza che funziona così: il parametro base è pari a 1 per il primo componente adulto del nucleo ed è incrementato di 0,4 per ogni ulteriore componente maggiorenne e di 0,2 per ogni minorenne, fino a un massimo di 2,1 (o 2,2 se in famiglia c’è almeno un disabile grave). Con la Mia la scala di equivalenza non tiene conto dei minori: è solo previsto che l’importo dell’assegno venga aumentato di 50 euro per ogni figlio – minorenne o maggiorenne che sia – che già usufruisce dell’assegno unico e universale.
5. Ridotta la durata dell’assistenza
Oggi il Reddito di cittadinanza viene erogato per un periodo continuativo massimo di 18 mesi e può essere rinnovato, previa sospensione di un mese, di volta in volta per altri 18 mesi. Con la Mia la durata dell’assistenza si riduce drasticamente. Per i nuclei “inoccupabili, dopo i primi 18 mesi – sempre previa sospensione di un mese – la misura si potrà rinnovare per non più di 12 mesi per volta. Per gli “occupabili”, invece, la Mia scadrà dopo un anno e potrà essere rinnovata, previa sospensione di un mese, solo due volte per sei mesi ciascuna. Dopodiché, prima di poter presentare domanda di assistenza per la quarta volta, dovrà trascorrere almeno un anno e mezzo.
6. Soldi alle agenzie private
A fronte del taglio alle risorse stanziate per finanziare l’aiuto ai poveri, il Governo ha in programma di concedere un incentivo economico alle agenzie private del lavoro che troveranno un’occupazione ai percettori “occupabili”. Questi ultimi perderanno il sussidio appena rifiuteranno un’offerta di lavoro congrua (ossia in linea con le proprie competenze e proveniente dalla propria provincia di residenza o da una provincia confinante).
(da agenzie)

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CORTE PENALE INTERNAZIONALE SPICCA MANDATO DI ARRESTO PER VLADIMIR PUTIN

Marzo 17th, 2023 Riccardo Fucile

“RESPONSABILE DI DEPORTAZIONE ILLEGALE DI BAMBINI DALL’UCRAINA”… SE ESCE DALLA RUSSIA PUO’ ESSERE ARRESTATO E TRASFERITO IN CARCERE ALL’AJA

La Corte penale internazionale ha emesso un mandato di arresto per il presidente russo Vladimir Putin in relazione alla guerra in Ucraina. Secondo la Cpi, Putin sarebbe «responsabile del crimine di guerra di deportazione illegale di bambini e di trasferimento illegale di bambini dalle zone occupate dell’Ucraina alla Russia».
Oltre al presidente russo, la Corte penale internazionale ha emesso un altro mandato di arresto nei confronti di Maria Alekseyevna Lvova-Belova, commissaria per i diritti dei bambini presso il Cremlino.
I reati sarebbero stati commessi nel territorio occupato ucraino almeno a partire dal 24 febbraio 2022, giorno dell’invasione russa in Ucraina. Secondo la Corte, «vi sono fondati motivi per ritenere che Putin abbia la responsabilità penale individuale per i suddetti crimini, per averli commessi direttamente, insieme ad altri e/o per interposta persona, e per il suo mancato controllo sui subordinati civili e militari che hanno commesso quegli atti», prosegue il comunicato della Cpi. I mandati di arresto sono stati emessi dalla 2ª camera preliminare della Corte dopo le istanze di accusa presentate il 22 febbraio 2023, a un anno dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina. I documenti, però, sono rimasti segreti fino ad oggi «al fine di proteggere vittime e testimoni e anche per salvaguardare le indagini». La Cpi ha deciso ora di renderli pubblici nella speranza che questo possa «contribuire a prevenire l’ulteriore commissione di reati».
(da agenzie)

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IL RADUNO DEI FILO-PUTINIANI MEGLIO DEL BAR DI GUERRE STELLARI

Marzo 17th, 2023 Riccardo Fucile

AL MUSEO PUSHKIN DI MOSCA, PER IL PRIMO CONGRESSO DEL “MOVIMENTO INTERNAZIONALE DEI RUSSOFILI” SI SONO PRESENTATI TRA GLI ALTRI L’ATTORE AMERICANO STEVEN SEAGAL, IL NIPOTE DI DE GAULLE E LA PRINCIPESSA SICILIANA VITTORIA ALLIATA DI VILLAFRANCA

Ci sono Steven Seagal, un nipote di De Gaulle e una principessa siciliana. No, non è l’incipit di una barzelletta: sono tre dei 90 delegati invitati al primo congresso del «Movimento internazionale dei Russofili» organizzato al museo Pushkin di Mosca
L’imprimatur ufficiale (e una parvenza di serietà) alla manifestazione l’ha data Sergej Lavrov in persona, che ha aperto i lavori con la lettura di una breve discorso firmato da Vladimir Putin: «Siamo testimoni non solo di forme di neo-nazismo, ma direttamente di nazismo vero e proprio, che si sta diffondendo ogni giorno in più Paesi europei».
Sceso dal palco l’arcigno ministro degli Esteri, ecco a turno i russofili dichiarati: l’ex parlamentare bulgaro Nikolay Malinov, secondo il quale «è ora che le forze della luce sconfiggano le forze delle tenebre», poi Aleksandr Dugin, il filosofo ultranazionalista che molti definiscono «l’ideologo di Putin».
Poi c’è la principessa Vittoria Alliata di Villafranca, che ha lasciato le sontuose stanze del palazzo di famiglia a Bagheria – «per riaverlo ho dovuto vedermela con la mafia e l’Opus Dei», ha poi raccontato al Guardian – per volare nella città del Cremlino in qualità di presidente dell’Associazione araba tedesca e consegnare il suo «messaggio di pace».
Dal palco della kermesse si è rivolta a una platea composta anche di un buon numero di complottisti per denunciare la «creazione della russofobia come nuova forma di colonizzazione» voluta dagli americani già colpevoli di aver invaso la sua amata isola nell’estate del 1943. Ma anche per dirsi soddisfatta di poter condividere «le proprie opinioni» con altre persone, lei che è «la signora di un villaggio siciliano che guarda con un po’ di sgomento suo figlio che vuole sposare una vacca (e qui non si capisce se stesse parlando di un animale da pascolo o di una poco gradita futura nuora, ndr)».
Altre connessioni (di certo non zariste) con il mondo moscovita ha l’ex star dei film d’azione hollywoodiani Steven Seagal, da anni divenuto un ambasciatore semiufficiale della Russia all’estero: «Sono russofilo al 100 percento e russo ad un milione percento». Mentre Pierre de Gaulle, nipote del grande generale, più che la Russia gradisce i soldi dei russi. Lo ha ammesso lui stesso, che quando non vola a Mosca fa il banchiere: alla convention cercava sì persone con cui «condividere una visione per la pace», ma anche con cui siglare «contratti finanziari e d’investimento
(da il Corriere della Sera)

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LE TRE MOSSE CON CUI ELLY SCHLEIN HA CAMBIATO TUTTO SENZA AVER ANCORA CAMBIATO NULLA

Marzo 17th, 2023 Riccardo Fucile

HA PARLATO POCO, HA SCELTO I TEMI GIUSTI E HA LANCIATO MESSAGGI D’UNIONE A UNA OPPOSIZIONE DIVISA

Parafrasando Tomasi di Lampedusa a volte basta non fare nulla perché attorno a noi tutto cambi. E a ben vedere, la “piccola rivoluzione” di Elly Schlein sembra essere iniziata così: con lei ferma, o quasi. E il mondo che le cambia attorno.
Tradotto: il Partito Democratico è sempre lo stesso, la sua nomenklatura e i suoi problemi sono sempre lì, Giorgia Meloni è sempre salda al governo, e l’opposizione è sempre divisa in partes tres, come la Gallia ai tempi di Giulio Cesare.
Però, in sole due settimane, e senza che apparentemente nulla sia successo, il Pd è risalito nei sondaggi e ha staccato il Movimento Cinque Stelle, mentre il consenso per Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia ha cominciato, per la prima volta da anni, a scendere.
E nella giornata di ieri abbiamo per la prima volta assistito a una foto di gruppo dei leader dell’opposizione – Calenda, Schlein, Fratoianni e Conte – sorridenti e abbracciati sul palco del congresso della Cgil a Rimini, mentre parlavano di dar vita a un coordinamento delle opposizioni, dopo mesi passati ad attaccarsi tra loro anziché opporsi alla destra al governo.
Apparentemente nulla sembra essere successo, dicevamo. Eppure, sebbene la sua lunga marcia non sembra nemmeno essere cominciata, Elly Schlein ha già mosso tre passi nella giusta direzione, riuscendo in un colpo solo a far crescere e a ridare centralità al suo partito, a mettere in difficoltà la destra al governo e a dissodare il terreno per una futuribile alleanza tra opposizioni che potrebbe rendere contenibile la poltrona di palazzo Chigi alle prossime elezioni, anche con questa legge elettorale.
La prima mossa azzeccata di Elly Schlein è stata quella di parlare pochissimo, e di scegliere accuratamente i momenti in cui farlo: l’’assemblea del Partito Democratico che l’ha eletta segretaria e il question time con Giorgia Meloni. Ha lasciato che il suo collega Giuseppe Provenzano parlasse nel dibattito sui fatti di Cutro.
Ha ridotto al minimo le presenze nei talk show, non ha praticamente concesso interviste ai giornali.
Ha ignorato ogni critica e ogni insulto sessista, omofobo e antisemita che ha ricevuto, rifiutando il ruolo della vittima. Ha lasciato che gli altri parlassero di lei, che il suo personaggio prendesse la scena suo malgrado. Niente di più e niente di meno rispetto a quanto abbia fatto Enrico Letta sino a ora. Ma la sua reticenza, nel momento di massima attenzione nei suoi confronti, ha concorso ad alimentarne l’aura di diversità che la circonda.
E a sottolineare la discontinuità con il passato e con competitor politici alla spasmodica ricerca di visibilità costante. E che oggi, ancor più di due settimane fa, appaiono ancor più vecchi e fuori del tempo.
La seconda mossa azzeccata è stata quella di scegliere bene il tema da cui cominciare la sua battaglia d’opposizione. Avrebbe potuto battere forte sui migranti, o sui diritti delle coppie omogenitoriali, dopo i fatti degli ultimi giorni.
Ha scelto il salario minimo, invece: che è un tema legato a quel mondo del lavoro che il Pd ha colpevolmente dimenticato per anni, se non per erodere i diritti dei lavoratori. E che, tangenzialmente, ma nemmeno troppo, è l’unico punto su cui convergono le opinioni di Carlo Calenda e Giuseppe Conte, i recalcitranti leader degli altri due pezzi di opposizione al governo.
Non è una scelta casuale, insomma, ma un messaggio chiaro. Che non a caso è stato esplicitato davanti a una platea sindacale, con la proposta di un coordinamento permanente delle opposizioni a Giorgia Meloni che assomiglia molto all’embrione di una futuribile – per ora molto molto molto futuribile – alleanza elettorale. Proposta accolta, peraltro.
La terza mossa azzeccata è stata quella di lanciare solo messaggi di unione, e non di rottura.
È scesa In piazza con gli insegnanti, che sono un pezzo storico dell’elettorato democratico, anch’esso maltrattato per anni. Ha aperto la sua avventura nel Pd offrendo la presidenza del partito al suo sfidante Stefano Bonaccini, evitando (per il momento) ogni proposito di fuga o di scissione dei suoi oppositori interni.
Non ha mai rivolto critiche agli altri pezzi dell’opposizione, nonostante loro – soprattutto Calenda – non gliele abbiamo fatte mancare. E ha ricucito il rapporto con la Cgil e con il mondo sindacale, un’altra delle grandi ferite aperte della stagione renziana.
Ribadiamolo, che è meglio: sono i primi tre passi di una lunghissima e difficilissima traversata, ricca di ostacoli e potenziali inciampi, a partire dal modo in cui affrontare la transizione ecologica sino al sostegno all’Ucraina nella sua resistenza contro l’invasore russo.
Ma se non saranno smentiti dai fatti e se davvero daranno il senso della leadership di Schlein, possono davvero diventare i prodromi di una stagione diversa. In cui il Pd torna a essere la chiesa al centro del villaggio del centrosinistra italiano. In cui i potenziali alleati tornano a essere tali, e non avversari desiderosi solo di dividersene le spoglie. In cui il centro-sinistra, soprattutto, smette di infettare le sue antiche ferite e prova a cicatrizzarle, per costruire un’alternativa credibile alla destra al governo.
Le rivoluzioni – grandi o piccole che siano – si fanno senza che nessuno se ne accorga, diceva Bruno Munari. Soprattutto se vuoi che nessuno le veda arrivare.
(da Fanpage)

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RENZI VA A MIAMI PER BIN SALMAN

Marzo 17th, 2023 Riccardo Fucile

L’EX PREMIER SARA’ TRA GLI SPEAKER NEL “BOARD OF TRUSTEES” DELL’ENTE LEGATO ALLA FAMOGLIA REALE SAUDITA

C’è un cosiddetto “Terzo polo” per ogni riviera. Bisogna prendersi i fischi al congresso della Cgil di Rimini? Ci pensa Carlo Calenda, a cui toccano oneri e onori del leader.
C’è da esportare il Rinascimento (inteso quello saudita) nella ben più glamour Miami? Ecco Matteo Renzi, molto più interessato ai convegni del cerchio magico del principe Bin Salman rispetto ai paludati dibattiti sindacali.
Mentre in Italia si parla di salario minimo, l’ex premier prepara la valigia per sudare il suo, di salario: a fine mese (30 e 31 marzo) sarà tra le palme della Florida per partecipare a “Priority – A roadmap for humanity in challenging time”. A organizzare la kermesse, che da poco ha confermato la presenza del senatore tra gli speaker, è il solito FII Institute, ovvero l’ente legato a un fondo sovrano saudita nel cui board of trustees siede lo stesso Renzi, con un compenso che può arrivare fino a 80 mila dollari l’anno.
Il programma dell’evento è ancora in via di definizione, ma l’ex premier è tra i primissimi relatori annunciati. Con lui ci saranno soprattutto manager e grandi investitori, tra cui Jenny Johnson (numero 1 di Franklin Templeton) e Barry Sternlicht (amministratore delegato di Starwood Capital Group).
Pochi i politici, visto che – a parte il sindaco di Miami, Francis Suarez, a fare gli onori di casa – per il momento è previsto solo l’intervento della ex premier danese Helle Thorning-Schmidt, che però, a differenza di Renzi, ha lasciato la politica nel 2015 (per davvero). Renzi invece continua ad alternare il lavoro in Senato con quello da conferenziere e consulente, particolarmente florido soprattutto grazie ai committenti sauditi.
L’evento di fine mese è previsto al Faena Forum di Miami Beach, a dieci minuti di lungomare dalla celebre villa dove nel 1997 fu assassinato Gianni Versace. Come detto, l’agenda della due giorni è ancora in evoluzione. Ma già dai primi panel organizzati dal FII Institute si percepisce una certa sensibilità per i temi sociali, pur declinati alla maniera di sceicchi e magnati della finanza.
Qualche esempio? Durante la prima sessione è previsto un dibattito “sulla più grande crisi del costo della vita del 21esimo secolo”. A seguire, un confronto sull’istruzione e su “come ridurre la povertà di apprendimento”.
Ma di certo Renzi potrebbe dare il suo contributo anche al panel sul lavoro, a proposito di congressi della Cgil: “Alcuni Paesi sembrano aver trovato il modo di creare lavoro, altri stanno fallendo. Quali sono le strategie per creare nuovo lavoro e come cambiano in giro per il mondo?”.
Chissà che non sia l’occasione per un omaggio al jobs act. Quel che di sicuro non mancheranno saranno gli elogi all’Arabia Saudita e alla famiglia di Bin Salman, come lasciano intuire altri appuntamenti già infilati nel programma, come quello intitolati “Un Regno in movimento”. Sinossi del panel: “Con il piano Vision 2030 (una serie di enormi investimenti urbanistici e sociali voluti dal governo, ndr) la qualità della vita è diventata la priorità per l’Arabia Saudita. Quali passi sta compiendo il Regno per sostenere la qualità della vita dei suoi cittadini? Quali obiettivi ha già raggiunto?”. Presto le risposte.
(da IL Fatto Quotidiano)

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QUEI 30.000 EURO AL MESE DA BERLUSCONI A DELL’UTRI. LA DIA: IL PREZZO DEL SILENZIO

Marzo 17th, 2023 Riccardo Fucile

“UN COMPENSO PER LA DETENZIONE SUBITA E PER AVERLO COPERTO”

C’è una storia di “ricatto” e di “silenzio pagato a peso d’oro” attorno al buco nero della vita imprenditoriale di Silvio Berlusconi tra febbraio 1977 e dicembre 1980.
Su questi 37 mesi si concentra l’esame dei magistrati di Firenze che stanno analizzando gli “innesti finanziari”, senza una paternità, nelle società che hanno dato vita alla Fininvest.
In oltre 500 pagine di nuova relazione tecnica vengono riesaminate le operazioni “anomale” già rilevate nella prima consulenza fatta a Palermo e prodotta nel processo a Marcello Dell’Utri, perché ci sono nuovi documenti che la procura di Firenze ha acquisito a gennaio dell’anno scorso.
L’attenzione dei magistrati Luca Tescaroli e Luca Turco, che coordinano l’inchiesta sui mandanti delle stragi del 1993 in cui Dell’Utri e Berlusconi sono indagati, riguarda anche il flusso finanziario che intercorre fra l’ex cavaliere e il suo braccio destro: l’uomo che di fatto conosce l’origine dell’impero del biscione e il dietro le quinte della discesa in campo del patron della Fininvest.
Dell’Utri è il perno della storia e su di lui nella relazione c’è un capitolo molto ampio, in cui si riassume il continuo rapporto economico con Berlusconi.
La continuità nel tempo dei versamenti, per decine di milioni di euro, a favore di Dell’Utri, di cui non si conoscono le vere motivazioni, come si legge in una nota della Direzione investigativa antimafia confluita nella relazione, è “sicuramente connessa a un riconoscimento anche morale, l’assolvimento di un debito non scritto, la riconoscenza, per quanto riguarda l’ultimo periodo”, dovuta all’ex senatore “per aver pagato un prezzo connesso alla carcerazione, senza lasciarsi andare a coinvolgimenti di terzi”. Insomma, perché non ha tradito. E così, negli atti che accompagnano la consulenza tecnica, si citano le parole “ricatto”, “copertura”, “colpa” e “danno”.
Gli investigatori intercettano Miranda Ratti, moglie di Dell’Utri. La donna “ritiene di essere portatrice, e titolare, di veri e propri diritti economici verso Berlusconi”, per cui insiste nel far capire alla sua interlocutrice “che il debito verso di loro è ancora aperto” e afferma: “È un fatto di principio, l’obiettivo va portato fino in fondo, io non mollo”. Alla base vi è “una storia nostra”, e per la Dia c’è “la consapevolezza che tutte le loro richieste, assecondate da Berlusconi, trovano fondamento in una sorta di risarcimento di quanto hanno patito nel tempo per colpa sua, per averlo, probabilmente, coperto”. Gli investigatori della Dia di Firenze scrivono: “In quest’ottica scatta il ricatto”.
C’è una conversazione fra la moglie di Dell’Utri e quella di Denis Verdini, Simonetta Fossombroni, che gli inquirenti riportano, perché Ratti si lamenta che Berlusconi sta pagando chiunque mentre non ha ancora pagato i loro avvocati. La conclusione cui le due donne giungono è “certamente indicativa di cosa possa stare alla base delle continue dazioni economiche e tramite cosa continuare ad ottenerle”. “E, ma se uno non lo ricatta figlia mia…” dice Simonetta Fossombroni, e Miranda Ratti risponde: “È quello il punto”.
Emerge che le spese legali per i processi a Dell’Utri vengono sostenute da Berlusconi. Sono somme elevate. Fanno notare gli investigatori nella nota alla procura: “La difesa dell’ex senatore (Dell’Utri) dev’essere attenta e puntuale in quanto è anche la difesa di Forza Italia e di Silvio Berlusconi e pertanto se ne deve fare carico lui. Neanche concorrere nelle spese, ma proprio accollarsele tutte”.
A luglio 2021, Dell’Utri parla con il senatore Alfredo Messina, tesoriere di Forza Italia, e dalla conversazione traspare come “le richieste di Dell’Utri abbiano anche velatamente la funzione di ricordare, ad esempio, che pagare i suoi difensori è pagare anche la difesa di Berlusconi e di Forza Italia, quasi a significare che, al contrario, potrebbero esserci pericoli per l’ex premier”.
Sia l’affermazione di Ratti sia quelle del marito, riporta la Dia, ma soprattutto le somme elevate versate nel tempo da Berlusconi ai Dell’Utri “fanno ben considerare che alla base vi sia effettivamente una sorta di ricatto non espresso, ma ben conosciuto da tutti, e idoneo al persistere delle dazioni”. E tra i flussi di denaro che dall’ex cavaliere arrivano all’ex senatore c’è, dal maggio 2021, pure un vitalizio da 30mila euro al mese che Dell’Utri ha chiesto e ottenuto. Cifra che si somma all’altro vitalizio che Dell’Utri sta ripristinando dal Senato.
Se è facile per gli investigatori ipotizzare che in passato il flusso di denaro avesse come causa l’aiuto fornito dall’ex senatore all’ex premier per la costituzione del suo impero economico, a fine anni 70, prima nel settore edile e poi in quello della tv, per arrivare a favorirne la discesa in campo, negli ultimi anni è probabile che la motivazione “risieda nel compenso per quanto patito da Dell’Utri a seguito delle vicende processuali in cui è rimasto coinvolto e per aver coperto Berlusconi”. D’altro canto la difesa di Dell’Utri, nei vari processi, è la difesa di Berlusconi e di Forza Italia, concetto quanto mai chiaro e idoneo a suscitare le apprensioni del tesoriere di Forza Italia e il suo timore, “stati d’animo che generano paure più che idonee a determinarsi per il pagamento delle notule – elevate – dei difensori di Dell’Utri”. Che non perde occasione per ricordare che “questa difesa non è solo mia, effettivamente, sai che c’è dietro”. In quanto, si legge nella nota della Dia, “sia il presidente sia Forza Italia sono immischiati in questa storia”, perché Dell’Utri ha vissuto il periodo del buco nero su cui i magistrati di FIrenze indagano.
(da La Repubblica)

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ESPORTIAMO LAUREATI E IMPORTIAMO BRACCIANTI

Marzo 17th, 2023 Riccardo Fucile

COSI’ VINCE LA MINORANZA DEI RICCHI CHE SPERPERA

Nel corso della mia carriera cinquantennale di studente prima, e di docente universitario poi, ho assistito a molte riforme, ognuna peggio della precedente, attuate in base a logiche bislacche.
I laureati sono pochi, rispetto a quelli di altri paesi avanzati. Soluzione: numero chiuso per limitare gli studenti universitari.
I nostri laureati non seguono percorsi di formazione che trovano riscontro nell’offerta lavorativa e non sono competitivi.
Risposta del mercato: a decine di migliaia i nostri laureati emigrano verso paesi che sanno che farsene di loro, e che li pagano in modo molto diverso dalle offerte italiche.
Se gli altri paesi li prendono, significa che la loro formazione è adeguata alle richieste lavorative. Se noi non li sappiamo assorbire e li paghiamo poco è colpa loro, della loro formazione? Direi di no, visto che all’estero li assorbono e li pagano. I sistemi produttivi italiani non hanno bisogno di laureati o, se ne hanno bisogno, non sono disposti a pagarli adeguatamente.
Il valore di una cosa è determinato dalla volontà di pagare per essa da parte di chi la vuole; se la volontà di pagare è scarsa, si attribuisce scarso valore a quel che si chiede. Se offro 10 per qualcosa, e un altro offre 30, viene soddisfatto chi offre 30: le aste funzionano così.
Pare che ogni laureato costi allo stato circa 250mila euro. I laureati che emigrano, però, non sono “venduti” ai paesi che li “usano”: sono regalati. Anzi, entrano in sistemi produttivi che competono con i nostri: al costo della loro formazione dobbiamo aggiungere le perdite economiche dovute a scarsa competitività rispetto a paesi che usano manodopera qualificata (quella prodotta da noi).
A questo punto la logica governativa (di tutti i governi) diventa chiara: perché spendere tutti questi soldi per produrre laureati che non utilizziamo e che gli altri si prendono senza pagare? Tanto vale smettere di produrne.
Ora è chiara la logica del numero chiuso, delle riduzioni dell’organico, della diminuzione di investimenti in ricerca e formazione.
Si comincia con le elementari: le ho fatte negli anni Cinquanta. Eravamo trenta per classe, c’era il baby boom. Oggi c’è denatalità (tutti se ne lamentano) ma le classi sono sempre di trenta alunni. Se il numero di alunni diminuisce, si accorpano le classi. In modo da spender meno in stipendi dei docenti (stipendi miseri rispetto agli altri paesi) e in edilizia scolastica. La burocratizzazione della funzione docente mortifica ulteriormente chi insegna, già umiliato dall’ammontare dello stipendio.
Di che ha bisogno l’Italia? Ce lo dice il ministro Lollobrigida: 500mila extracomunitari da utilizzare nei campi come braccianti. Esportiamo laureati e importiamo braccianti.
I giovani fannulloni non hanno voglia di spaccarsi la schiena in campagna, vogliono laurearsi e avere giusti riconoscimenti per il loro valore. Scandalo!!!! Il bello è che all’estero i riconoscimenti li trovano. Magari i raccomandati con lauree taroccate restano qui: una chiave inglese nell’ingranaggio.
Non contenti di importare schiavi, i nostri sistemi produttivi delocalizzano le fabbriche in paesi dove la manodopera costa poco e non ci sono leggi severe sulla tutela dell’ambiente e della salute umana: la disoccupazione aumenta. Quello che non si può delocalizzare (la produzione di cibo) viene prodotto con manodopera a basso costo, a volte proprio con gli schiavi.
Risultato: qualcuno diventa ricchissimo (gli extraprofitti), ma in media la popolazione si impoverisce.
Noi siamo rassegnati ad essere il paese con i salari più bassi d’Europa, i francesi mettono a soqquadro il paese per un aumento dell’età pensionabile che noi abbiamo “assorbito” e in misura maggiore, senza battere ciglio.
Il vecchio detto chiede: a chi giova? Chi ha tratto vantaggi da queste politiche scellerate? Ovvio: quelli che hanno incamerato profitti stratosferici. E chi ne è stato danneggiato? Ovvio: quelli che si sono impoveriti o che sono scappati dal paese. Soprattutto i giovani.
Se in democrazia vince la maggioranza, in teoria dovrebbero vincere gli interessi della porzione più numerosa del paese. E invece vincono gli interessi della minoranza (che si arricchisce), contro gli interessi della maggioranza (che si impoverisce e che emigra): una democrazia irrazionale. In effetti il partito che avrebbe la maggioranza è quello dei non votanti: gli elettori sono rassegnati a non essere rappresentati. La minoranza vince, il paese si impoverisce e esporta il suo migliore capitale umano.
Qualcuno ha provato a lenire i disagi dei più poveri, ma ha regalato pesci e non canne da pesca. Ci sarebbe bisogno di un new deal, magari di una transizione ecologica che costerebbe centinaia di miliardi. Ah, ci sono? Temo che saranno sperperati, come i nostri giovani.
(da IL Fatto Quotidiano)

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