Aprile 18th, 2023 Riccardo Fucile
AD ALZARE DI PIÙ IL GOMITO SONO I PISCHELLI TRA I 18 E I 24 ANNI NEL NORD ITALIA (UNO SU TRE ECCEDE CON IL CONSUMO DI ALCOL)…IL 54% DI CHI HA PROBLEMI AL FEGATO CONTINUA A TRACANNARE
In Italia sono quasi nove milioni – 8,7 per l’esattezza – le persone che hanno problemi con l’alcol. Secondo i dati dell’Istat relativi al biennio 2020-2021 (quelli che riguardano il 2022 saranno elaborati il prossimo anno insieme ai dati del 2023) il 15% degli adulti compresi tra i 18 e 69 anni consuma alcolici in modalità o quantità ritenute «a maggior rischio» per la salute.
Con questa definizione si classifica l’utilizzo abituale elevato, cioè superiore a due unità alcoliche (UA, che corrisponde a 12 grammi di etanolo, quantità contenuta per esempio in una lattina di birra da 33 cl, in un calice di vino o in un bicchierino di liquore) giornaliere per gli uomini e una UA giornaliera per le donne.
Il consumo «a maggior rischio» è più frequente fra i giovani e i giovanissimi (tra i 18-24 anni) con una quota che raggiunge il 30%. Tra gli uomini questa percentuale è del 19% mentre tra le donne del 12%. Sull’uso più o meno «responsabile» sembra non incidere la condizione socio-economica, anzi: il 17% delle persone socialmente avvantaggiate o con livello d’istruzione alto assume alcol in maniera pericolosa a fronte del 13% di quelle che hanno molte difficoltà economiche.
Il costo dei prodotti alcolici, talvolta elevato, è dunque in minima parte un deterrente per le fasce sociali svantaggiate. Le aree del Paese in cui il «consumo a rischio» è più frequente sono le regioni del Nord – i trend prevedono un aumento nei prossimi anni – con picchi nella Provincia autonoma di Bolzano. Seguono la provincia autonoma di Trento, la Valle d’Aosta e il Friuli Venezia Giulia.
Preoccupante, nel quadro complessivo nazionale, che tra gli intervistati, il 54% di pazienti con malattie del fegato, il 12% di donne in gravidanza e il 30% di quelle che allattano abbia consumato alcol nell’ultimo mese precedente all’indagine statistica. Nell’anno 2020, poi, circa 29.300 accessi in Pronto soccorso sono stati caratterizzati da una diagnosi principale o secondaria attribuibile all’alcol: il 66% di questi in codice verde e solo il 2% in codice rosso, cioè massimo regime d’urgenza.
(da La Stampa)
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Aprile 18th, 2023 Riccardo Fucile
“NOI UMANI NON SIAMO UNA SUA PREDA”: L’INTERVISTA AL DIVULGATORE SCIENTIFICO E SCRITTORE
L’orsa JJ4 è stata catturata. Ora cosa accade? Il suo destino, secondo l’ordinanza del presidente della Provincia Autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, è di essere abbattuta. Ma, lo scorso 14 aprile, il Tar di Trento ha emanato un decreto di sospensione dell’ordinanza di abbattimento. L’esemplare verrà trasferito nel centro faunistico del Casteller (dove è rinchiuso anche l’orso M49), in attesa della decisione del Tar.
Mario Tozzi cosa pensa dell’ordinanza di abbattimento dell’orso?
«L’abbattimento è una soluzione sbagliata in generale. In questo caso particolare quale significato avrebbe? Un valore di monito presso la popolazione degli orsi? Francamente non si capisce. Se non è una vendetta, una rappresaglia, sentimenti che non ci dovrebbero appartenere, quello che succede è che basterebbe mettere l’orsa in condizioni di non nuocere. Come? Portarla in un luogo opportunamente recintato, come si fa in tanti casi di reazioni da parte degli animali, e poi sorvegliarla con un radiocollare che funzioni, non come quello che aveva quest’orsa, che pare si fosse scaricato. Abbatterla è una scelta difficile da comprendere. È una scelta politica? Gli hanno detto devi ammazzarla, e lui (il presidente Fugatti, ndr) pensa di fare giustizia come se si potessero attuare i concetti di giustizia dei sapiens agli altri viventi».
Quindi come giudica la decisione del presidente della Provincia autonoma di Trento?
«Probabilmente non sa nulla di storia naturale, pensa a una rappresaglia, cerca un tornaconto politico. Non ha alcun senso l’ipotesi di abbatterlo. La Lega antivivisezione ha chiesto che potessero adottare questi orsi, diciamo “problematici”, in strutture loro, non certamente in un zoo. Anche in Abruzzo esistono una specie di valli recintate molto ampie in cui ci sono, per esempio, a Campoli due orsi bruni di un circo che sono stati liberati e vengono tenuti lì, e dall’altro due orsi marsicani che avevano avuto dei contatti con la popolazione e sono stati portati sempre lì. Non si capisce perché in Abruzzo si riesce, dove, tra l’altro, c’è una pastorizia forse anche più sviluppata, i pastori da tempo convivono con l’orso senza problemi. In Trentino no. Non capisco il perché».
Ma gli esperti l’hanno giudicata, anche in passato, come un esemplare “problematico e aggressivo”.
«Cosa vuol dire “aggressivo”? Per gli animali questo aggettivo ha poco senso. L’orso diventa aggressivo e reagisce quando vede il sapiens come un nemico o una minaccia. Noi potremmo non comprendere perché vede minacciose certe situazioni, ma sappiamo quali sono le pratiche che funzionano: farsi sentire segnalando la propria presenza, magari mettendo un campanello attaccato allo zaino o alla caviglia, è un modo per annunciarsi, così l’orso scappa. Non siamo una sua preda, non cerca di ingaggiare una colluttazione con noi perché non facciamo parte del suo target alimentare».
Questa scelta la considera anche “diseducativa”, ha detto.
«Certo. Profondamente diseducativa. Cosa stiamo dimostrando: noi li abbiamo reintrodotti, però, quando si ripopolano, ed è quello l’obiettivo, li facciamo fuori? Che senso ha? Soprattutto per una specie come l’orso che è una “specie ombrello”. Anche da un punto di vista simbolico l’uccisione di un animale di una specie protetta non è mai una buona cosa, lascia pensare che gli uomini proteggono natura e animali solo quando stanno alle proprie regole, ma questo, nel caso della fauna selvatica, è difficilmente fattibile».
Insomma cosa necessiterebbe fare?
«Incidenti simili a quello avvenuto in Trentino sono molto limitati e sono tutti determinati dai nostri comportamenti. Non sono determinati dal fatto che l’orso è una specie aggressiva o che quell’orso è particolarmente aggressivo, casomai può essere particolarmente confidente, cioè avere meno paura dei sapiens perché li ha già incontrati. A quel punto basta metterlo in condizione di non nuocere. Ricordiamoci che l’orso per l’80% è vegetariano, mangia bacche, radici, frutta, verdura, miele, insetti e, occasionalmente, ha come preda un piccolo di un cinghiale, o un animale malato, morente o appena morto. Viene chiamato il più grosso carnivoro dell’emisfero boreale ma è una definizione sbagliata. Di carnivoro c’è molto poca carne».
Quindi la morte del giovane runner come la considera?
«Dolorosa. Un evento sfortunato determinato da qualche comportamento strano. Non dal fatto che l’orso fosse in agguato. Magari se l’è trovato davanti improvvisamente. Non sono in grado di stabilire la dinamica dell’accaduto. Ma abbiamo anche visto il video di un bambino che incontra un orso: il bimbo si gira e se ne va lentamente. L’orso si alza, lo segue per un po’ e poi lascia perdere. Vale lo stesso per i lupi. Ripeto, i sapiens non sono una loro preda».
Se c’è stato un errore di valutazione della popolazione degli orsi in Val di Sole, da dove parte, secondo lei?
«Quando si fanno progetti di ripopolamento, che non è nemmeno questo il caso perché l’orso c’era, si sa che la popolazione non la stabilisci tu per legge ma la relazione che esiste tra la pressione demografica della specie e l’ambiente. Arrivati al di sopra delle risorse ambientali gli orsi non si riproducono più. Se sono arrivati al doppio dei 50 che si prevedevano è perché qualcuno sbaglia i conti nel pensare che possa essere così. L’orso per definizione non rimane nei confini del parco perché è nomade e, se ha territorio e possibilità, si riproduce. Non è che noi possiamo aiutare lupi e orsi perché devono rimanere nei parchi. Non è possibile. Come dicevo prima è una «specie ombrello», significa che difendendo l’orso si difende anche l’habitat, ed è questo che ci interessa».
Perché?
«È importante che l’habitat sia poco contaminato. Poi è ovvio che l’orso cerca anche altre fonti di cibo, diciamo, artificiale, ma questo dipende dai nostri comportamenti. Bisogna tenere tutti i rifiuti lontani, si fa attenzione e, magari, si fa anche un passo indietro perché, alla fine, è importante che quell’habitat sia conservato soprattutto per noi. Lo si vede in tutti i posti in cui la convivenza con l’orso c’è da tempo e non succede niente».
Per capire meglio ci faccia un esempio.
«In certi luoghi dove l’orso è molto aggressivo perché è un’altra specie, parlo dell’orso polare nei villaggi delle isole Svalbard dove sono stato, si lasciano appositamente le porte aperte dei piani inferiori di tutte le case in modo che se tu lo incontri, riesci a rifugiarti dentro. Ma non è che si spara all’orso per strada. Quelli entrano e cercano. Rifiuti non gliene lasci, piano piano non avranno più l’abitudine di avvicinarsi. E parliamo dell’orso bianco che è solo carnivoro e per la sua mole è disposto alla predazione. Qui parliamo dell’orso bruno europeo che non ha niente a che vedere con questi».
Importanti, quindi, sono i nostri atteggiamenti nei confronti di questi animali?
«Ognuno deve prendere le misure dell’altro. L’orso non rimane solitario ma non viene a “sfruguliare”, e tu non devi “sfruguliare” lui, anche inconsapevolmente.
I comportamenti idonei sono: segnalare la propria presenza, non lasciare mai rifiuti, nel caso in cui ci fosse l’incontro restare fermi. Qualcuno dice “fingersi morto”, ma non so se si è in grado di fare questo. Utile anche allargare le braccia per mostrare una presenza fisica maggiore di quella che hai, restando in piedi, fermo. Poi basterebbe avere anche la deroga che ti permette di avere degli spray urticanti a lunga gettata o una scacciacani. Se il rumore è forte l’orso se ne va. O un teaser di quelli elettrici, ma in questo caso vuol dire che c’è già una colluttazione in corso».
Quale futuro scenario vogliamo per i nostri territori?
«Se decidiamo che queste situazioni non vanno bene è inutile che continuiamo a fare progetti di riqualificazione ambientale, di rewilding e renaturalizzazione, lasciamo perdere e sterminiamoli tutti. Se, invece, pensiamo che questi progetti sono importanti, soprattutto, per noi, perché un ecosistema sano significa sapiens più sani, perché più natura vuol dire più salute, meno pandemie, epidemie, meno morti per inquinamento, andiamo avanti. Se non ci crediamo facciamo un passo indietro. Ma ricordiamoci anche che in tanti paesi questi animali possono essere anche un motore turistico in cui si va volentieri per l’habitat intatto. A me è successo diverse volte di incontrare orsi negli Stati Uniti e in Canada, e non mi è successo mai niente».
(da La Stampa)
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Aprile 18th, 2023 Riccardo Fucile
“PENSEREMO NOI A TRASFERIRLA ALL’ESTERO IN UN SANTUARIO PER ANIMALI, MA VOGLIAMO VEDERE LE CONDIZIONI DI DETENZIONE DELL’ANIMALE AL CASTELLER, LI’ TROVARONO ORSI SOTTOPOSTI A MASSICCE DOSI DI PSICOFARMACI”
“Stiamo raccogliendo ancora tutte le informazioni necessarie, ma ciò che è certo è che al momento l’orsa è stata catturata, per cui decadono tutte le motivazioni per cui il presidente Fugatti aveva chiesto di anticipare a domani l’udienza del Tar prevista per l’11 maggio prossimo relativa al suo abbattimento, adducendo come pretesto la sicurezza dei cittadini”.
Sono queste le prime parole di Massimo Vitturi, responsabile Area Animali Selvatici di Lav (Lega Anti Vivisezione), che a Fanpage.it ha commentato la notizia della cattura dell’orsa JJ4, un esemplare di 17 anni che nei giorni scorsi è stata ricercata in tutto il Trentino dopo aver attaccato il runner Andrea Papi, morto a 26 anni mentre faceva un allenamento nei boschi sopra Caldes, nella Val di Sole.
Secondo Vitturi, ora che il plantigrado è stato catturato “non c’è nessuna giustificazione per anticipare l’udienza del Tar, che noi chiediamo si tenga l’11 maggio così come inizialmente stabilito, in modo da poter depositare tutta la documentazione richiesta”.
Ed infatti, poco fa proprio il Tar ha fatto sapere di aver rigettato l’istanza di revoca, per cui l’udienza resta fissata all’11 maggio.
“Anche noi domani depositeremo il nostro atto di opposizione redatto dai legali e consulenti tecnici per rispondere alle istanze presentate dalla Provincia, che sostiene di uccidere l’orsa. Ma adesso la sicurezza non è più messa a rischio come sosteneva Fugatti”, ha proseguito Vetturi.
L’orsa JJ4, ha fatto sapere sempre il presidente della provincia autonoma, è stata trasferita presso il Centro di recupero fauna alpina Casteller, dove già si trova M49.
“Noi come Lav abbiamo depositato alla Procura una denuncia per maltrattamento in relazione a una ispezione che fecero i carabinieri forestali nel 2021 in questa struttura – ha aggiunto Vetturi -. In quella occasione trovarono gli orsi sottoposti a massicce dosi di psicofarmaci, che avevano comportamenti stereotipati e andavano a battere contro le pareti proprio perché era una situazione di stress che a nostro avviso configura un maltrattamento. La Procura aveva chiesto l’archiviazione e il 4 aprile si è tenuta l’udienza con la nostra di opposizione. Siamo ancora in attesa dell’esito, per cui Fugatti può ancora essere incriminato per maltrattamenti al Casteller”.
Cosa chiede la Lav, dunque? “Domani andremo a Trento, chiederemo di incontrare Fugatti per parlare del trasferimento di quest’orsa come già annunciato nei giorni scorsi. Abbiamo trovato dei santuari all’estero disposti ad accoglierla ma chiederemo anche di andare a vedere le condizioni di detenzione dell’animale mentre è al Casteller. Ora che la Provincia l’ha catturata, potremo pensare noi a trovare un luogo sicuro dove ne venga garantito il fine vita nelle migliori condizioni possibili”, ha concluso Vitturi.
(da Fanpage)
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