Maggio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
IL VIRILE RAMPELLI OGGI NON È PIÙ NELLE GRAZIE DEL SUO EX GABBIANELLO LOLLOBRIGIDA VOLATO VIA VERSO ALTRI CAMPI, PIENI DI MELONI
Correva l’anno 1995. A Sanremo trionfava Giorgia con la canzone “Come Saprei”, la Juventus vinceva dopo 9 anni il suo 23esimo scudetto e Gianfranco Fini a Fiuggi tumulava il Movimento Sociale Italiano per traghettare i reduci della destra post-fascista in Alleanza Nazionale.
In quel tempo, nel ridente comune di Subiaco, brillava la stellina di un giovane e aitante attivista missino, Francesco Lollobrigida. Il 33enne “Lollo”, all’epoca assessore comunale, era in rampa di lancio verso magnifiche sorti e progressive. Le sue ambizioni si scontrarono, però, con le idee dell’allora braccio destro di Gianfranco Fini, “Checchino” Proietti, anche lui nativo di Subiaco e autoproclamatosi sovrintendente nella valle dell’Aniene.
Proietti, infatti, decise che Lollobrigida non andava più riconfermato come assessore. Il futuro ministro, all’epoca, era intruppato nello stormo di “Gabbiani” di Colle Oppio di cui era ed è capataz Fabio Rampelli, ai tempi coordinatore regionale del partito.
Quando al giovane “gabbiano” furono tarpate le ali, l’audace Rampelli non si tirò indietro e affrontò a brutto muso Checchino Proietti. Il botta e risposta tra i due fu rude: “Devi riconfermà Lollobrigida”, “No, a Subiaco comando io!”. La risposta di Rampelli non fu verbale ma frontale: assestò una craniata sul volto di Proietti. Un gestaccio che gli costò la poltrona di coordinatore regionale.
Oggi, nonostante una tale dimostrazione di fratellanza correntizia, con la fronte spavalda lanciata oltre gli ostacoli, il virile Rampelli non è più nelle grazie del suo ex gabbianello, volato via verso altri campi pieni di Meloni
(da Dagoreport)
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Maggio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
CHE COMICHE, NEGA CHE IL PRESIDENTE SI RIFERISSE A LUI
Il Presidente Mattarella, dicendo che bisogna smettere di parlare di etnie e tutelare tutte le persone, non si riferiva certo al ministro Lollobrigida e alle sue esternazioni degli ultimi mesi. Chiunque ha letto le parole del capo dello Stato ha pensato, inevitabilmente, alle frasi sulla sostituzione etnica pronunciate dal ministro della Sovranità Alimentare. Poi rettificate a più riprese: Lollobrigida prima ha detto che vuole tutelare l’etnia italiana, poi che vuole cancellare la parola razza dalla Costituzione. In ogni sua uscita pubblica, ormai, il braccio destro di Giorgia Meloni torna sull’argomento, difendendo gli ideali di Fratelli d’Italia e – allo stesso tempo – causando nuove polemiche.
“Ma no, credo che il Presidente, se avesse voluto riferirsi a me, avrebbe fatto in modo che lo sapessi prima”, ha detto Lollobrigida a Repubblica, negando che il capo dello Stato potesse riferirsi a lui dicendo che “è la persona, e non l’appartenenza a un gruppo etnico, a essere destinataria di diritti universali, di tutela e di protezione”. Considerando che il ministro, pochi giorni fa, ha detto che bisogna tutelare l’etnia italiana, è difficile pensare che Mattarella non si riferisse a lui.
Nella sua intervista il ministro dice che non bisogna ascoltare il Presidente Mattarella, e non interpretarlo. Il che non si sa bene cosa significhi. Ma così “si rischierebbe di strumentalizzarlo”. Poi Lollobrigida ha provato a mischiare ulteriormente le carte, citando Manzoni: “C’è stato un autore italiano, come colui che ha scritto i Promessi sposi, che più ha trasmesso il concetto di matrimonio e dunque di famiglia?”. Insomma, ogni occasione è buona per difendere la famosa famiglia tradizionale.
“Esistono autori che hanno affermato e difeso l’identità italiana – ha concluso Lollobrigida – Si vuole discutere pure la tutela dell’identità? Ma quando mi soffermo su questi temi, ormai, c’è sempre un attacco”. Per chiosare mancava solo lui all’appello: un po’ di sano vittimismo.
(da Fanpage)
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Maggio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
SALE LE TENSIONE IN TRENTINO TRA ASSOCIAZIONI ANIMALISTE E LEGHISTI
Manca poco a una delle date più calde della storia recente del Trentino: il 25 maggio. E no, l’inizio della diciottesima edizione del Festival dell’Economia non centra nulla. Il motivo è legato a ciò che uscirà dalle stanze del Tar, in cui si deciderà del destino (e della vita) di JJ4.
Mentre si avvicina l’udienza, la tensione è davvero alta.
Giovedì 25, infatti, gli attivisti di StopCasteller, dopo la manifestazione dell’ultimo fine settimana per le strade di Trento, saranno in via Calepina, dove ha sede il tribunale di appello regionale. Una sentenza alla quale guardano con attenzione anche gli attivisti di Centopercentoanimalisti, che hanno affisso uno striscione che delimita la parte esterna del Casteller, dove è rinchiusa JJ4, con la scritta “Tar fai la cosa giusta” postando anche una foto in cui uno di loro, di spalle, teneva una tenaglia. Come a dire di essere pronti a fare qualcosa di estremo per liberare l’orsa ritenuta responsabile della morte del 26enne Andrea Papi.
Una sentenza che farà storia
Ma su cosa deciderà il Tar di Trento il prossimo 25 maggio? Il tribunale sarà chiamato ad esprimersi sulla soppressione dell’orsa JJ4, dopo la sospensione dell’ordinanza di abbattimento, datata 27 aprile. Il Tar trentino, infatti, in sede monocratica, aveva accolto il ricorso presentato dalle associazioni Enpa, Leidaa e Oipa sospendendo il decreto il cui Piazza Dante, con firma di Fugatti, disponeva l’uccisione dell’orsa JJ4. Comunque vada, in un modo o nell’altro, la sentenza farà storia. Impossibile fare previsioni sull’esito della stessa, tutti gli scenari sono aperti.
È di per sé evidente che la questione orsi ha creato una spaccatura (dirà il tempo se sarà sanabile) nella società trentina, tra i pro e i contro orsi. Lo ha dimostrato l’ultimo weekend a Trento: la manifestazione “Prima noi, poi i grandi carnivori” da un lato e quella di StopCasteller dall’altro, con anche momenti di forte tensione tra animalisti e sostenitori del presidente Fugatti.
Non solo, se si pensa che anche la competitor del governatore uscente per lo scranno più alto di Piazza Dante, Francesca Gerosa, si è dichiarata contraria all’abbattimento, così come pure il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, è logico che la politica sia sempre più cassa di risonanza di questa divisione. Come ne uscirà il protagonista della vicenda, Maurizio Fugatti?
(da agenzie)
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Maggio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
LA DITTA APPALTATRICE STAVA PER ANDARE IN BANCAROTTA, QUANDO IL MINISTERO DEI TRASPORTI HA EROGATO ALTRI 2 MILIONI E 370 MILA EURO PER FINIRE L’OPERA. MA QUESTI SOLDI SONO STATI PIGNORATI DA BANCA D’ITALIA. E I LAVORI SONO ANCORA FERMI
Mitologica quasi come la Salerno-Reggio Calabria, ma a differenza di quella non perché lenta e piena di interruzioni, bensì perché in più di mezzo secolo dal primo progetto ne è stata completata solo un terzo e il cantiere, dopo decine di fastose inaugurazioni con taglio del nastro, è sempre prossimo a bloccarsi.
Sembrava risolto l’ultimo inconveniente riguardo ai lavori della Siracusa-Gela, ma un pignoramento rischia di bloccare tutto di nuovo.
Al grido d’allarme della ditta appaltatrice dell’opera, la Cosedil, che rischiava di fermarsi per mancanza di fondi, aveva risposto il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti confermando l’erogazione di 2 milioni e 370mila euro al Cas (Consorzio autostrade siciliane) . Sarebbe toccato al Cas trasferire tutto alla ditta appaltatrice che avrebbe potuto, così, pagare i fornitori e i lavoratori. E invece queste somme se l’è prese la Banca d’Italia.
(da La Sicilia)
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Maggio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
LA DONNA ERA A TBILISI PER IL MATRIMONIO DEL COGNATO MA, IL MINIBUS CON GLI OSPITI È STATO PRESO DI MIRA DA UN CENTINAIO DI MANIFESTANTI: ALLA FINE LA FESTA DI NOZZE È SALTATA E LA LAVROVA E IL MARITO SONO STATI SCORTATI FUORI DAL PAESE IN PIENA NOTTE
Una festa di nozze rovinata per le proteste anti Russia. A sposarsi non erano due persone qualsiasi ma il fratello di Aleksandr Vinokurov, il marito di Ekaterina Lavrova, figlia del tanto contestato ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov
La cerimonia era stata celebrata venerdì scorso nel comune di Tbilisi davanti ad almeno un deputato russo mentre il ricevimento era previsto sabato in un resort di montagna a est della capitale.
Ma l’arrivo di Ekaterina Lavrova non è passato inosservato e un raduno di protesta si era tenuto davanti all’hotel. La figlia del capo della diplomazia russa è sottoposta alle sanzioni internazionali ma non ha voluto rinunciare a partecipare all’evento nonostante sapesse bene di correre dei rischi. Sabato quando i minibus con gli ospiti lasciavano l’albergo per recarsi alla festa gli attivisti si sono messi a lanciare uova gridando: «Russi, non c’è posto per voi in Georgia».
La protesta è degenerata in scontri con la polizia e sedici persone sono state arrestate. In seguito la festa di nozze è stata annullata con grande soddisfazione della presidente georgiana Salome Zurabishvili: «Ho ricevuto una promessa dal ministero degli Interni secondo cui la famiglia, gli ospiti che avrebbero dovuto festeggiare il matrimonio sabato, hanno lasciato il Paese. La festa non c’è stata. È una vittoria per la nostra società».
Secondo il canale Tv Mtavari , vicino all’opposizione, Lavrova e il marito sarebbero stati scortati al confine sabato notte mentre i novelli sposi ed alcuni invitati sarebbero rimasti nel Kvareli Lake Resort hotel.
(da agenzie)
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Maggio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
LO “CHEF DI PUTIN” SI È ANCHE RIVOLTO ALLA CASA BIANCA PER UNIRE LE FORZE E GARANTIRE LA “SICUREZZA E STABILITÀ” IN AFRICA IN CAMBIO DI CONCESSIONI MINERARIE
Il capo dei mercenari del gruppo Wagner, Prigozhin, signore della guerra e sedicente conquistatore di Bakhmut, sa benissimo di non poter apparire come un trionfatore, davanti alle fosse delle migliaia e migliaia di suoi miliziani mandati al macello per un pugno di macerie.
I generali ucraini gli avevano profetizzato un futuro da topo in trappola, che non può avanzare e neppure arretrare: davanti ci sono le forze riorganizzate di Kiev, alle spalle i “fratelli coltelli” del ministero della Difesa russo. E allora, secondo un’analisi di Foreign Affairs, non gli resta che tornare al “mal d’Africa”.
Al lavoro che gli è riuscito meglio: le operazioni di sicurezza (anche personale) in una sfilza di Stati africani a rischio di terrorismo jihadista e di rivoluzione interna: dal Mali al Burkina Faso, dal Sudan alla Repubblica centrafricana, ma anche in Mozambico e Zimbabwe, e se non armati di Kalashnikov, quanto meno di computer e hacker per indirizzare il voto nelle elezioni. Sempre in chiave antieuropea e antiamericana.
Prigozhin è stato abbastanza spregiudicato negli ultimi mesi, quando già sentiva odore di mancata vittoria a Bakhmut, da rivolgersi in più occasioni direttamente, con lettere pubbliche, alla Casa Bianca e proporre di unire le forze per la «sicurezza e la stabilità» del continente.
E aggiungendo un astuto riferimento alle missioni umanitarie, ha varato il progetto “Wagner save Africa”. Ovvio, niente si fa per nulla. Tanto meno Prigozhin, che si fa “pagare” con le concessioni minerarie e lo sfruttamento dei ricchi giacimenti d’oro.
Scrive Foreign Affairs che dal Sahel al Corno d’Africa e a Maputo, quello offerto da Wagner è un vero “ricatto faustiano”. Un pezzo d’anima in cambio di sicurezza. Prigozhin potrebbe spostare le sue unità mercenarie dal Donbass al Sahel, là da dove molti dei suoi “assoldati” provenivano.
Per dirla con l’editorialista del “Telegraph”, Dominic Nicholls, una delle ragioni per cui i miliziani di Prigozhin non hanno sfondato a Bakhmut è che «sono abituati a usare i fucili nella guerriglia urbana», il tipo di guerra che si fa in Africa, mentre «in Ucraina bisogna saper combattere coi carri armati in campo aperto».
Per questo, le truppe di Wagner avevano il disperato bisogno di una copertura efficace sui fianchi, venuta meno nel momento in cui il loro capo si è intestardito a scagliare invettive contro il ministro della Difesa, Shoigu.
Argomenta l’Institute for the study of war che i mercenari si erano resi conto di essere al culmine della loro azione già a fine dicembre. «E adesso è improbabile che continuino a combattere oltre Bakhmut nello stato di degrado delle forze in cui si trovano».
Niente più operazioni all’attacco. È l’ora di mettersi sulla difensiva, una guerra che non fa per i mercenari forgiati dal corpo a corpo aggressivo in Africa.
L’ambizione di Prigozhin non ha limiti o confini, lambisce addirittura l’America puntando a Haiti. Lo scenario ucraino si è rivelato una trappola mortale, la lotta per il Cremlino un miraggio. La multinazionale dell’orrore, “l’orchestra” come amano chiamarsi, si rintana nei luoghi del “primo amore”. L’Africa.
(da Messaggero)
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Maggio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
RICHARD DANNAT PARLA DELL’ARMATA LESSA
Richard Dannatt, ex capo dello Stato Maggiore delle forze armate britanniche, è apparso su Sky News nel Regno Unito. Ha detto ai telespettatori che secondo lui c’è una buona possibilità che il morale russo nell’esercito possa crollare se una controffensiva ucraina inizia con dei guadagni.
Ha detto Dannatt: “Non dovrebbero lanciarla prima di essere pronti. Giustamente, stanno integrando le armi, i consigli, le attrezzature e l’addestramento che l’Occidente ha fornito loro”.
“Ma sono abbastanza certo che al momento della loro scelta, e penso che il momento si stia avvicinando, e in un luogo di loro scelta, e questo dipende interamente da loro, penso che abbiano la possibilità, se riescono a sferrare alcuni colpi decisivi ai russi, di avere un effetto significativo”, ha proseguito.
Ha concluso il generale: “Ora, questo non significa che la guerra finirà in pochi giorni o settimane. Il D-day del 6 giugno 1944 è stato l’inizio della campagna di Normandia, ma è durata parecchio”.
“Ma credo che assisteremo ad alcuni attacchi decisivi, che potrebbero avere un successo spettacolare. Perché, pensateci dal punto di vista dei soldati russi. La maggior parte di loro non vuole essere lì. Sono male addestrati, male equipaggiati, male vestiti, male guidati. Francamente il loro morale potrebbe crollare, e questo è ciò che gli ucraini hanno davvero bisogno di ottenere. Perché una volta che un soldato, una volta che un esercito pensa di essere sconfitto, francamente è sconfitto”
(da Globalist)
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Maggio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
IL GIORNALISTA DISSIDENTE SMENTISCE LA VERSIONE DEL CREMLINO
Ancora una morte avvolta nel mistero ai vertici delle istituzioni russe. Il viceministro alla Scienza Pyotr Kucherenko, 46 anni, è deceduto per cause ancora sconosciute dopo essere rientrato in Russia da Cuba: aveva accusato un grave malore – seconda la versione ufficiale del Cremlino – sul volo partito sabato dall’Avana.
«Kucherenko si è sentito male mentre era a bordo del volo con una delegazione russa di ritorno da un viaggio di lavoro a Cuba», ha fatto sapere in una nota il ministero della Scienza: «L’aereo è atterrato nella città di Mineralnye Vody, dove i medici hanno tentato di soccorrerlo», ma non ci sarebbe stato nulla da fare.
Gli stessi famigliari di Kucherenko hanno parlato di un arresto cardiaco, mentre è attesa per oggi l’autopsia sul corpo del politico. Ma dietro la “fatalità” emerge un’altra versione.
Il giornalista Roman Super, fuggito dalla Russia poco dopo l’invasione dell’Ucraina, ha dichiarato infatti su Telegram – come riporta la Cnn – di aver parlato con Kucherenko pochi giorni prima della sua fuga, a febbraio 2022: questi gli avrebbe confessato apertamente di temere per la sua sicurezza. «Metti in salvo te stesso e la tua famiglia: scappa prima che puoi. Non puoi immaginare il grado di brutalità del nostro Stato. Tra un anno non riconoscerai più del tutto la Russia. Scappa: stai facendo la cosa giusta», gli disse in quell’ultima conversazione Kucherenko.
Il politico gli disse anche che stava prendendo tranquillanti e antidepressivi per combattere lo stato di angoscia in cui viveva: «Sto malissimo, riesco a malapena a dormire. Siamo tutti presi in ostaggio, nessuno può dire nulla», gli disse il viceministro, precisando che lui non aveva ormai più modo di scappare: «Non è più possibile: dopo questa invasione fascista (dell’Ucraina, ndr) ci hanno tolto i passaporti».
(da agenzie)
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Maggio 23rd, 2023 Riccardo Fucile
DOVER SUBIRE ATTACCHI SUL PROPRIO TERRITORIO METTE IN ALLARME LA POPOLAZIONE
La regione di Belgorod, al confine tra Ucraina e Russia, è da ieri sotto attacco. A confermarlo è il governatore, Vyacheslav Gladkov, che – citato dal media russo Ostrazhno Novosti – ha sottolineato come numerosi villaggi della regione abbiano subito pensanti bombardamenti «con fuochi di mortaio e artiglieria».
Tra i villaggi colpiti ci sarebbero Golovchino, Antonovka, Kozinka, Spodaryushenoe Glotovo. Mentre i residenti di nove centri abitati sono stati evacuati a causa dei combattimenti.
«Hanno sparato su edifici residenziali e civili e sono stati lanciati ordigni esplosivi da un drone», ha affermato Gladkov sottolineando che 12 civili sono rimasti feriti e 29 case e tre auto sono state danneggiate.
Per il Cremlino, che tramite il suo portavoce Dmitry Peskov si è detto «preoccupato» e ha avviato un’indagine per «terrorismo», si tratterebbe di un’operazione di «sabotatori» proveniente dall’Ucraina. Per questo motivo, la Russia – continua il funzionario russo – continua la sua «operazione militare speciale in Ucraina anche per impedire che si verifichino ancora episodi come l’incursione dal territorio ucraino nella regione di Belgorod».
Kiev, dal canto suo, ha invece negato ogni responsabilità attribuendo l’attacco alla «resistenza violenta» della Russia.
«La situazione nella regione di Belgorod è una prevedibile crisi interna russa che si stava preparando anche prima dell’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia», ha scritto sul suo canale Telegram la vice ministra della Difesa ucraina, Hanna Malyar. «Per quanto ne sappiamo, si tratta di patrioti russi. Persone che si sono ribellate al regime di Putin. Perché quello che Putin sta facendo alla Federazione Russa facendoci la guerra è una fonte di malcontento per tutti i russi consapevoli – prosegue la vice ministra -. E il fatto che ora si vergognino di tirare fuori il passaporto, che si vergognino di mostrare al mondo che sono cittadini russi, prima o poi doveva portare proprio a quello che sta accadendo nella regione di Belgorod», ha concluso.
(da agenzie)
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