Giugno 3rd, 2023 Riccardo Fucile NON ESISTE ALCUN NUOVO LICEO, VERRANNO SOLO AGGIUNTE ALCUNE MATERIA DAL TERZO ANNO DI SCIENZE UMANE… TANTO RUMORE PER IL NULLA
Mercoledì sera il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno
di legge con una serie di misure che avrebbero come obiettivo «la valorizzazione, la promozione e la tutela del Made in Italy». Tra queste ce n’è una di cui si è già discusso a più riprese negli ultimi mesi, soprattutto perché molto pubblicizzata dal governo, fin da prima del suo insediamento: introdurre un cosiddetto “liceo del Made in Italy”.
Viene chiamato così anche nei comunicati ufficiali del governo, che con questa iniziativa dice genericamente di voler «promuovere le conoscenze e le abilità connesse all’eccellenza dei prodotti e della tradizione italiana».
Il disegno di legge è la prima occasione in cui questa proposta assume qualche concretezza, anche se siamo ancora in una fase preliminare. Il testo dovrà essere approvato dalle due camere e potrebbero volerci mesi, ma nel frattempo la sua prima versione è circolata tra politici, funzionari e giornalisti. Alcuni giornali e siti specializzati ne hanno diffuso qualche dettaglio che permette almeno di capire le intenzioni del governo oltre gli annunci.
L’enfasi con cui è stata presentata in varie occasioni la proposta e il nome che le è stato dato potrebbero far pensare a un nuovo tipo di istituto; in realtà non dovrebbe nascere un nuovo indirizzo liceale al pari di quelli già esistenti, come il classico e lo scientifico, ma ci sarà più che altro una modifica all’indirizzo già esistente delle Scienze umane con “opzione economico sociale”.
Nella pratica sarà aggiunta qualche materia al corso di studi attuale, e solo per gli ultimi tre anni, mentre nei primi due non sono previste modifiche. Nella prima bozza del disegno di legge si parla di “economia e gestione delle imprese del Made in Italy”, “modelli di business nelle industrie dei settori della moda, dell’arte e dell’alimentare”, “Made in Italy e mercati internazionali”. Nel disegno di legge il governo prevede di far partire il corso di studi così modificato dall’anno scolastico 2024/2025.
Il disegno di legge prevede anche l’istituzione di una Fondazione denominata “imprese e competenze”, che dovrebbe avere il compito di promuovere la collaborazione tra le aziende e il cosiddetto liceo del Made in Italy, con l’obiettivo di favorire l’inserimento nel lavoro degli studenti che escono da quel corso di studi.
(da il Post)
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Giugno 3rd, 2023 Riccardo Fucile IN QUESTI MESI È STATO SILENTE, MA, QUALORA SI SENTISSE TIRATO TROPPO PER LA GIACCHETTA, POTREBBE SBOLOGNARE UNA TOSTA INTERVISTA AL “FINANCIAL TIMES”, IN CUI SI TOGLIEREBBE PIÙ DI UN MACIGNO DALLE SCARPE
Fate sapere a Giorgia Meloni che Mario Draghi inizia a infastidirsi per il comportamento della Ducetta. La premier, in mancanza di altri argomenti, per difendersi dall’attacco della Commissione europea sulla norma che limita i poteri di controllo della Corte dei Conti, si è trincerata dietro lo scudo del suo predecessore.
In pratica ha provato a giustificarsi ricordando una ”legge approvata dal governo” di MarioPio, che “affida alla Corte dei conti il controllo sui fondi Pnrr nella modalità del controllo successivo sulla gestione e non del controllo concomitante, con criteri di cooperazione e coordinamento con la Corte dei conti europea. Tale disciplina non solo resta in vigore, ma viene pienamente attuata”.
L’ex premier, che in questi mesi è stato in silenzio, e si è visto poco, negli scorsi giorni è apparso alle considerazioni finali di Ignazio Visco, a Bankitalia, e al ricevimento del 2 giugno al Quirinale. E se la Meloni e i suoi pasdaran continueranno a tirarlo per la giacchetta, esagerando, sbolognerà una bella intervista al “Financial Times”, in cui si toglierà dalle scarpe più di un sassolino…
(da Dagoreport)
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Giugno 3rd, 2023 Riccardo Fucile GOVERNO SENZA VERGOGNA: LA “MARE GO” PER AVER SBARCATO I MIGRANTI A LAMPEDUSA INVECE CHE A TRAPANI, LA “SEA EVE 4” PER AVER EFFETTUATO DUE SALVATAGGI ANZICHE’ UNO
In un solo giorno sono arrivate due fermi amministrativi, con
annessa multa, per due navi di Ong dedicate al soccorso di persone migranti che tentano di attraversare il Mediterraneo e si trovano in pericolo di vita. Si tratta della Mare Go, legata all’omonima Ong tedesca, e della Sea Eye 4, della Ong Sea Eye, sempre tedesca. Le imbarcazioni dovranno restare ferme in porto per venti giorni.
La sanzione è uguale, perché entrambe hanno violato il decreto Ong del governo Meloni, diventato legge da febbraio. In particolare, la Mare Go ha rifiutato di andare al porto di Trapani, come le era stato indicato, e si è invece diretta a Lampedusa. Il motivo è che Lampedusa era il porto più vicino, mentre Trapani si trovava “a un minimo di 32 ore di distanza”, come detto immediatamente dalla Ong.
“Abbiamo comunicato alle autorità che Mare Go non è attrezzata per curare le persone soccorse per quel periodo di tempo”, quindi “è irragionevole continuare così tante ore di navigazione”. Una decisione di cui “la Capitaneria e la Guardia di finanza sono state informate”.
A bordo della Mare Go si trovavano 36 persone migranti soccorse in mare e, dato che la nave solitamente fa attività di monitoraggio e di assistenza a imbarcazioni in difficoltà, non aveva le attrezzature, né gli spazi o le strutture, necessarie per tenere a bordo quelle persone a lungo. “Abbiamo violato il decreto legge del governo postfascista di Meloni, che è un altro strumento per lasciare affogare la gente che emigra ed impedire a chi fa solidarietà di intervenire”, ha dichiarato la Ong.
La Sea Eye 4, invece, resterà bloccata in porto per venti giorni a Ortona, in Abruzzo, perché ha effettuato più di un salvataggio prima di arrivare all’approdo, oggi. In un primo momento, in una zona di mare tra Libia e Tunisia in area Sar libica, la nave aveva soccorso 17 persone. Ritornando verso l’Italia, invece di dirigersi immediatamente al porto indicato ha messo in atto un’altra operazione di soccorso, rivolta questa volta a 32 persone migranti in mare.
“Il Sea-Eye 4 ha interrotto il suo avvicinamento a Ortona martedì sera – ha risposto la Ong – perché c’era una chiamata di soccorso da una barca con più di 400 persone nella zona di ricerca e soccorso maltese. Poiché nessun attore statale ha confermato il coordinamento dell’emergenza marittima e Malta non ha coordinato per molti mesi le emergenze, la missione di salvataggio aggiuntiva per Sea Eye era senza alternative”.
È arrivata solidarietà dalla Ong Sea-Watch Italia: “Punite per aver salvato vite in mare. Dove lo Stato inventa leggi ingiuste per calpestare i propri doveri e criminalizzare la società civile, questa può e deve disobbedire per pretendere il rispetto dei diritti di chi fugge”, ha scritto l’organizzazione su Twitter.
(da agenzie)
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Giugno 3rd, 2023 Riccardo Fucile LE STRADE PER LA LEGA SONO DUE: ENTRARE NEI CONSERVATORI E RIFORMISTI DELLA MELONI (DA SOCIO MINORITARIO) O PROSEGUIRE CON GLI EURO-REIETTI, ALIENANDOSI QUALSIASI POSSIBILITÀ DI ALLEANZA NEL NUOVO ORDINE EUROPEO
Un incontro con Marine Le Pen, una strizzata d’occhio all’ultradestra portoghese, ma anche i messaggi a popolari e conservatori e interviste ai grandi giornali europei. Matteo Salvini vuole uscire dall’isolamento nell’Ue. Quello che ha vissuto in questi quattro anni e soprattutto quello ancora maggiore che rischia di arrivare con un eventuale patto tra Conservatori (Ecr) e Popolari per spostare a destra l’asse della Commissione Ue, un’operazione che lascerebbe fuori il gruppo parlamentare della Lega, Identità e democrazia.
Il leader leghista ha fretta e sta pensando alle prossime mosse. La prima è mandare segnali al centrodestra, sperando di essere incluso in questa difficile operazione politica per escludere la sinistra dalla guida del governo comunitario, condotta da Giorgia Meloni e il leader dei popolari Manfred Weber con l’appoggio di Antonio Tajani.
Salvini vuole rafforzare la sua rete europea: la settimana prossima incontrerà il leader di Chega André Ventura, l’ultradestra portoghese in grande ascesa nei sondaggi, e nel corso del mese di giugno in calendario c’è un viaggio a Parigi per incontrare Marine Le Pen e forse un altro a Madrid per cercare interlocutori in Spagna, che al momento non ci sono (Vox è alleato di Meloni e il Pp di Forza Italia).
Se l’urgenza è chiara a Salvini l’approdo molto meno. Le ipotesi in questo momento sono due: o avvicinarsi, se non aderire, ai Conservatori come socio minoritario oppure proseguire in solitudine la strada sovranista. Il Carroccio al momento esclude qualsiasi ipotesi di ingresso nel Ppe (anche tra i popolari i veti sarebbero molti).
Entrambe le strade portano con sé delle controindicazioni pesanti. Meloni ha già fermato un anno fa la fusione tra il suo gruppo e quello di Salvini e Le Pen e oggi Ecr appare più interessato ad allargarsi al centro che alla sua destra.
Il gesto che Salvini è disposto a fare è sacrificare alcuni dei suoi alleati, in particolare i tedeschi dell’Alternative für Deutschland, AfD, che al suo interno conserva ancora tracce di neonazismo. I compagni di viaggio imprescindibili restano gli austriaci di Fpo e ovviamente Le Pen.
La leader del Rassemblement National ha ribadito di recente la sua vicinanza a Salvini, piuttosto che a Meloni, la sua presenza è fondamentale in termini numerici, ma ingombrante in termini politici.
In particolare i polacchi del Pis, il partito di governo non accettano i suoi legami con la Russia e così anche i cechi del Partito democratico civico del premier Petr Fiala. La strada dell’isolamento, però, ha una controindicazione ancora maggiore: Meloni non può accettare di vedere una Lega alleata a Roma e nemica a Bruxelles di un eventuale commissione di centrodestra.
Che il momento di Salvini sia cruciale lo dimostra la sua strategia comunicativa. Da quando il leader leghista è tornato ministro concede pochissime interviste. Parla praticamente solo nei capannelli pieni di microfoni e telecamere, poche domande tra la calca, risposte secche e poi via.
Succede però che in un giorno solo Salvini ne rilasci due: una sul quotidiano spagnolo el País e un’altra sul francese Le Figaro. Le uscite sulla stampa continentale fanno parte di un disegno: cercare un profilo internazionale per uscire dall’angolo. I messaggi che Salvini lancia alle testate di due Paesi strategici, come Spagna e Francia, sono chiari.
«Gli eletti della Lega devono essere decisivi per costituire una maggioranza di centrodestra al Parlamento europeo e per rompere l’alleanza tra popolari e socialisti – ha risposto a Le Figaro – vogliamo fare in Europa quello che siamo riusciti a fare in Italia, costruendo un’alleanza tra popolari, conservatori, identitari e liberali». E quando gli si fa notare che in Europa pesano dei veti sul suo gruppo la risposta è: «Anche Vox fino all’anno scorso era percepito così. Ora però sono pronti a entrare in molti governi locali». Il cordone sanitario è duro da sciogliere.
(da agenzie)
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Giugno 3rd, 2023 Riccardo Fucile SALVINI TIENE NEL CASSETTO UN PIANO CHE CONSENTIREBBE, GIA’ DA ORA, DI TRAGHETTARE I VAGONI IN UN’ORA ANZICHE’ LE OLTRE DUE CHE SERVONO OGGI
I riflettori devono restare puntati sul ponte. O sull’idea di ponte,
poiché al momento manca il progetto e pure i soldi per finanziarlo. Al contrario stanno venendo a galla i nodi incagliati da 54 anni di discussioni, fra costi di gestione stellari, mancate autorizzazioni ambientali e tecniche e il piano a campata unica, vecchio di vent’anni, che già nel 2012 costava 8,5 miliardi di euro: questioni che hanno fatto dell’attraversamento di Messina una storia infinita. Anzi, una storia mai iniziata.
Ma dicevamo, ciò che conta è non spostare le luci della ribalta dal ponte sullo Stretto, facendo ombra, tra le altre cose, anche a un progetto del ministero delle Infrastrutture che risale al 2021 e punta a dimezzare i tempi di traghettamento dei treni fra Messina e Reggio Calabria: da due ore e un quarto a un’ora. Ma andiamo con ordine e riavvolgiamo il nastro: nel 2020 la ministra Paola De Micheli dà il via alla commissione tecnica per il ponte sullo Stretto, ma l’esito dell’indagine arriva a governo Conte II già tramontato. Il successore, Enrico Giovannini, presenta l’esito della commissione: il ritardo economico di Sicilia e Calabria è gravissimo e migliorare i collegamenti fra le due regioni consentirebbe un aumento del traffico merci, del turismo, della connessione con il resto d’Europa, un aumento demografico e un miglioramento delle condizioni economiche della popolazione. Il problema è la tempistica: il ponte arriverà (se arriverà) fra decenni, mentre il gap va risolto subito. Dev’essere per questo che nell’estate del 2021, in audizione alle commissioni riunite Ambiente e Trasporti, Giovannini fa sapere di aver affidato a Rfi la redazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica per il ponte a una o più campate, e di aver deciso di intraprendere «una serie di azioni per aiutare cittadini e imprese a migliorare benessere e competitività». L’idea è: in attesa del ponte, proviamo a velocizzare i viaggi in treno. Del resto i dati della commissione De Micheli farebbero arrossire qualsiasi amministratore o manager locale e nazionale (ovviamente di un altro Paese, perché in Italia non si vergogna mai nessuno): per andare da Palermo a Napoli ci vogliono nove ore di treno, mentre da Torino a Roma ne bastano cinque. Siciliani e calabresi hanno un’accessibilità ferroviaria del 51 per cento inferiore rispetto a chi vive al Nord.
Giovannini presenta in commissione un progetto «che potrebbe essere operativo dall’estate 2022 e consiste nell’inserimento di batterie su 16 locomotive per velocizzare le manovre di carico e scarico treni e l’eliminazione della trazione diesel così da ridurre i tempi di trasbordo fino a un’ora, ma anche per l’acquisto di 12 treni Intercity elettrici di ultima generazione». Costo dell’operazione: 80 milioni. A causa della carenza di microchip il piano è stato prima rimandato all’autunno 2022 e poi è svanito nel nulla. A quanto risulta a L’Espresso, l’amministratore delegato di Trenitalia, il ligure Luigi Corradi, avrebbe nel frattempo portato a termine il progetto e 10 locomotori sarebbero pronti. Trenitalia spiega di «essere in fase di test, che proseguirà fino a settembre su tutti i dieci locomotori». I ritardi sul cronoprogramma derivano dalla mancata modifica degli orari dei treni in Sicilia da parte del Mit oggi a trazione leghista con Matteo Salvini.
Del resto è l’intero piano di velocizzazione della linea ferroviaria tra Reggio Calabria e Messina a essere cascato in un gigantesco buco nero con l’arrivo di Salvini, così come afferma una relazione della Corte dei Conti, che chiede conto dei 510 milioni di euro, provenienti da Pnrr e fondo complementare, investiti non solo per dotare di batterie i treni, ma anche per l’acquisto di tre nuove navi meno inquinanti (che ridurrebbero i tempi di trasbordo a 35 minuti) e di un’altra imbarcazione più lunga che accorcerebbe ulteriormente i tempi. La Corte dei Conti ritiene che, visti i ritardi nell’aggiudicazione dei bandi di gara e la lentezza nella realizzazione di questo piano, sarebbe utile rivedere gli investimenti alla luce dell’intenzione di realizzare il ponte. La gara d’appalto per le nuove navi, che è stata bandita a giugno 2022, è ancora in corso e, spiega Trenitalia «si stanno conducendo i necessari approfondimenti correlati all’eventuale aggiudicazione».
Ricapitolando: i treni da e per la Sicilia potrebbero impiegare un’ora in meno per il traghettamento, ma senza fretta. Mentre le gare d’appalto e l’intero piano da mezzo miliardo, già finanziato dall’Europa e dallo Stato, per ridurre i tempi di viaggio in treno, è sospeso su un ponte mai visto, che ci è già costato un miliardo e che potrebbe, forse, iniziare ad essere costruito fra due anni. Il risultato è la paralisi perenne per un territorio fra i più arretrati d’Europa. Del resto, dicevamo, l’obiettivo deve essere quello di non spostare le luci della ribalta dal ponte sullo Stretto. Perché è questo ciò che conta, non certo la possibilità per chi vive a Messina di poter raggiungere Reggio Calabria nel più breve tempo possibile, senza dover aspettare il ponte che verrà.
(da L’Espresso)
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Giugno 3rd, 2023 Riccardo Fucile MA IN UNA SCUOLA INTITOLATA A UNA MAESTRA PARTIGIANA COSA DOVREBBERO CANTARE? “COME PUZZANO I NAPOLETANI?” COME CANTAVANO I LEGHISTI TEMPO FA?
Cantano “Bella ciao” le soldatesse ucraine al fronte tra i colpi di mortaio e le raffiche di mitra, la cantano le combattenti curde contro cui Erdogan schiera le truppe. Questo canto delle mondine italiane però, preso a simbolo dalla Resistenza antifascista, resta nel nostro paese un pericoloso “indottrinamento”, “un inno della sinistra”.
A deciderlo Silvia Sardone, europarlamentare e commissario cittadino del Carroccio, e Vanessa Ragazzoni, consigliere municipale leghista in Zona 2, che in una nota lanciano l’allarme: «Apprendiamo che nella scuola media di via Adriano, in occasione dei festeggiamenti per la fine dell’anno, sarà suonata e cantata dai bambini di una classe ‘Bella ciao’. Non è la prima volta che a Milano, ma anche in altre parti d’Italia, la politica si fa largo tra i banchi degli istituti. Guarda caso con un orientamento sempre di sinistra. Chiediamo un pronto intervento del Comune di Milano per fermare questa propaganda, specie perché si tratta di bambini delle scuole elementari».
Una presa di posizione che entra in sintonia con lo spirito del tempo: era stata proprio l’attuale premier Giorgia Meloni a bollare come «scandaloso» l’iniziativa dei commissari del gruppo dell’Alleanza progressista dei socialisti e dei democratici (S&D) di cantare “Bella Ciao”, nel 2019, al Parlamento europeo dopo aver ottenuto il via libera dell’assemblea.
Eppure la nota della Lega contro degli studenti di prima media, stona. Oltre a essere intrecciata con la storia italiana, la scelta di intonare “Bella Ciao” a fine anno viene presa nella scuola media intitolata a Adele Delponte, maestra partigiana. Una decisione che arriva alla fine di un percorso degli studenti di prima media che dopo un anno passato a ricercare, studiare e imparare la storia della maestra partigiana, hanno scelto a fine anno di cantare la canzone simbolo della liberazione italiana.
Il duo leghista però non è convinto e procede a spallate: «L’indottrinamento dei più piccoli, in aula, non è mai la scelta migliore: su certi temi le singole famiglie non possono essere scavalcate. Ingerenze politiche negli istituti non sono ammissibili».
Un canto partigiano dovrebbe far parte, almeno in teoria, del tessuto connettivo repubblicano e nazionale (come accade in Francia), ma con il Governo della fiamma in carica, questo tessuto è stato bruciato dall’egemonia culturale di destra.
A rispondere, sulle pagine de La Stampa, la preside Antonella Caleffi: «Non ci vuole essere nulla di fazioso o di parte, non c’è un substrato politico: il brano viene fatto cantare perché legato alla mostra in corso sulla figura della partigiana Delponte a cui è stato da poco intitolato l’istituto comprensivo impedire agli alunni di cantarla sarebbe fare politica».
(da L’Espresso)
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Giugno 3rd, 2023 Riccardo Fucile PUNITE LE CRITICHE ALLA LINEA DI SALVINI
Per ora le purghe decise dalla Lega in Veneto nei confronti di
propri aderenti ribelli sono 11, ma altre potrebbero arrivarne in futuro, quando dovessero concludersi procedure ancora aperte. Minacciate da oltre un anno, ma rimaste in frigorifero per paura di contraccolpi elettorali, le espulsioni si sono adesso materializzate in almeno quattro province venete, Venezia, Padova, Treviso e Verona. Sono l’effetto sia delle critiche piovute sulla gestione delle candidature nelle comunali del 2022 (in particolare Padova e Verona), sia delle liste preparate alle politiche dello scorso settembre, che hanno registrato l’esplosione di Fratelli d’Italia, i quali ha praticamente doppiato la Lega per numero di voti in tutta la regione, anche nelle roccaforti leghiste, diventando la forza trainante del centrodestra.
L’espulsione più importante è quella di Fabrizio Boron, 52 anni, padovano, che cominciò a fare il consigliere di quartiere leghista nel lontanissimo 1995, quando aveva appena 24 anni. Nel 2014 e 2015 è stato assessore all’edilizia privata del comune di Padova. Nel 2015 è entrato in consiglio regionale (dove ha presieduto la commissione Sanità) ed è stato rieletto nel 2020 con la lista Zaia Presidente. Un fedelissimo, quindi, una vita all’ombra del Carroccio, anche se la sua posizione è da tempo quella di un eretico.
Ad esempio, da quando la Lega è stata commissariata da Matteo Salvini, che ha designato a dirigerla il giovane Alberto Stefani, Boron non sarebbe in regola con i contributi che ogni rappresentante leghista eletto è tenuto a versare nelle casse del partito.
La decisione del comitato di disciplina e garanzia della segreteria federale della Lega ha quindi una giustificazione ufficiale legata a questioni di rispetto delle regole interne, a cui si aggiunge l’appoggio che avrebbe dato a Mestrino, in provincia di Padova, all’ex vicesindaco che ha corso contro il sindaco leghista uscente.
Ma questa è un’accusa che Boron respinge. Ha infatti dichiarato al Gazzettino: “Io non ho sostenuto alcun candidato contro la Lega, sono andato una sera su invito di alcuni militanti espulsi a sentire le loro ragioni, ma non c’è un solo atto contro. La verità è che se perdiamo Vicenza, Padova e Verona e chi porta il partito a questi livelli viene promosso, non ci siamo. Ma c’è dell’altro. Se osserviamo bene, gli espulsi sono delegati al congresso regionale, Michele Rettore è addirittura nel direttivo provinciale. La manovra secondo me è togliere voti a chi vuole contrastare Stefani-Bitonci-Ostellari”. Con queste parole, Boron ha rincarato la dose nei confronti della dirigenza salviniana del partito. È la sostanza di quello che aveva detto quando il candidato leghista a Padova, nel 2022, era stato sonoramente sconfitto al primo turno dal rieletto Sergio Giordani. Allora Boron aveva dichiarato: “Tre persone a Roma hanno deciso il candidato Peghin e l’hanno calato dall’alto senza ascoltare quelli che in città ci vivono. Sapevo che ci saremmo schiantati e l’avevo detto”. Lo ha ribadito adesso visto che il centrodestra ha perso Piove di Sacco: “Scelte calate dall’alto. Non siamo più il partito dei militanti, ma un club privato”.
Le espulsioni ufficiali sono quattro nel padovano e sette a Vedelago (Treviso), altre due sarebbero in arrivo a Sona (Verona) mentre a Motta di Livenza undici militanti si sono dimessi per aver appoggiato un candidato sindaco contrario a quello della Lega. Sullo sfondo c’è però il congresso regionale, atteso da anni che ora dovrebbe essere celebrato dopo l’elezione di 420 candidati. Lo scontro sarà feroce. Il commissario Alberto Stefani si presenta appoggiato da Salvini. L’assessore regionale Roberto Marcato, fedele a Luca Zaia (che in apparenza resta alla finestra), è il principale sfidante in netta antitesi al segretario federale, visto che le espressioni usate da Boron sono molto simili alle critiche che ha formulato nei confronti dei vertici della Lega. Come terzo incomodo potrebbe spuntare l’ex assessore Franco Manzato, trevigiano, appoggiato dalla vecchia guardia composta dall’ex segretario regionale Gian Paolo Gobbo e da un altro eretico, l’eurodeputato Gianantonio Da Re che è l’ultimo segretario eletto del partito in Veneto.
(da agenzie)
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Giugno 3rd, 2023 Riccardo Fucile LA DECISIONE È STATA ANNUNCIATA CON UN COMUNICATO FIRMATO BERLUSCONI, MA DIETRO C’È LADY MARTA, CHE HA IL CONTROLLO DEL PARTITO E ORA PUNTA A ESTROMETTERE (DEFINITIVAMENTE) LICIA RONZULLI… A QUEL PUNTO, PER IL CONTROLLO DEFINITIVO, L’UNICO OSTACOLO SAREBBE ANTONIO TAJANI, CON CUI ORMAI È GUERRA
L’operazione di Marta Fascina per mettere le mani su Forza Italia non si ferma. L’obiettivo della compagna di Silvio Berlusconi non è solo quello di piazzare i propri fedelissimi nei posti di responsabilità del partito, ma anche di silenziare ogni (presunta) voce fuori dal verbo di Arcore. Così ieri ha deciso di fare un salto di qualità nella militarizzazione di Forza Italia: sostituire il responsabile comunicazione di Berlusconi, Paolo Emilio Russo, con Danila Subranni, già responsabile dei rapporti con le tv.
La decisione di sostituire Russo (deputato e capogruppo in commissione Affari costituzionali, vicino a Licia Ronzulli) con Subranni è stata annunciata con un comunicato firmato Berlusconi, ma a volerlo è stata Fascina che ormai ha il controllo sul partito.
Secondo due dirigenti di FI, la decisione era già presa da tempo, ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la notizia, rivelata dal Fatto, della volontà di Fascina di prendere il simbolo di FI con atto notarile di Berlusconi.
La compagna dell’ex premier ieri ha replicato al Fatto definendo l’articolo “fantasioso e menzognero” . Poi ha fatto pubblicare la smentita al Giornale berlusconiano con tanto di intervista a tutta pagina. Ieri la decisione di sostituire Russo con Subranni. Raggiunto al telefono, Russo parla così della sua sostituzione: “Non ci vedo nulla di strano: da qualche mese sono deputato e in un ruolo piuttosto impegnativo”.
Gli stessi due dirigenti di FI parlano di una “strategia del terrore” messa in piedi da Fascina per allontanare tutti coloro che la pensano diversamente.
Le prossime mosse di Fascina prevedono di sostituire anche la capogruppo al Senato Licia Ronzulli con uno tra Mario Occhiuto e Roberto Rosso.
La compagna di Berlusconi vuole allontanare tutti i coordinatori locali ronzulliani con la scusa che hanno un doppio incarico (tra presidenti di commissioni e membri del governo): i prossimi epurati saranno Giuseppe Mangialavori in Calabria, Ugo Cappellacci in Sardegna, Nazario Pagano in Abruzzo ma anche Francesco Paolo Sisto a Bari, Paolo Zangrillo in Piemonte e Sandra Savino in Friuli. Poi dovrebbe nominare tre responsabili per Nord, Centro e Sud Italia (Alessandro Benigni, Alessandro Sorte e Tullio Ferrante). Il controllo di Marta è capillare: diverse fonti riferiscono di sms assidui con la premier Giorgia Meloni.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Giugno 3rd, 2023 Riccardo Fucile GLI ATTACCHI CON I DRONI A MOSCA SPAVENTANO ANCHE I RICCHI DELLA CAPITALE RUSSA: CHI PUÒ SI COSTRUISCE UN BUNKER, MENTRE PUTIN STA COSTRUENDO UN RIFUGIO ANTIAEREO NELL’OSPEDALE DI MOSCA, RISERVATO A FUNZIONARI E POLITICI DI RANGO
Anche i ricchi e i potenti di Mosca ora hanno paura. Pensavano
che il conflitto in Ucraina fosse lontano. Ma gli attacchi coi droni che hanno colpito la cupola del Palazzo del Senato del Cremlino prima e sfiorato il quartiere dell’élite Rublyovka dopo […] hanno scalfito il mito dell’inviolabilità della capitale e portato la linea del fronte nel cuore del Paese.
L’amministrazione presidenziale è subito corsa ai ripari. Per far sentire la nomenklatura al sicuro ha ordinato la costruzione in tempi rapidi di un rifugio antiaereo nell’ospedale di Mosca riservato ai funzionari e politici di alto rango.
La gara d’appalto si è conclusa in poco più di una settimana e il progetto sarà completato entro fine anno. Il rifugio sarà dotato di strutture sanitarie per permettere interventi chirurgici e di speciali sistemi di comunicazione che consentiranno la “protezione da fughe di informazioni classificate”.
Ma non basta. “Molte persone sembrano spaventate e stanno chiedendo abitazioni con un bunker o almeno uno scantinato”, ha detto al quotidiano britannico Financial Times Evgenja Jurgeneva, agente specializzata in immobili di lusso, che tra le sue proposte ha incluso un appartamento dotato di un bunker in cemento armato di 200 metri quadri che permetterà ai futuri proprietari di “superare qualsiasi evento imprevisto in sicurezza e persino abbastanza confortevolmente”.
Jurgeneva stessa è una dei residenti nel prestigioso quartiere Rublyovka che, all’alba del 30 maggio, è stata svegliata dal boato dei sistemi di difesa antiaerea entrati in funzione per abbattere lo sciame di droni che volava verso la cittadella dell’élite. “Rublyovka non è più un’isola inviolabile di assoluta prosperità, è prima linea come Donbass o Belgorod”, aveva commentato su Telegram il filosofo nazionalista Aleksandr Dugin che pure vive in quel quartiere e che poco meno di un anno fa aveva perso la figlia Daria in un attentato
Secondo un sondaggio della scorsa settimana dell’istituto statistico filogovernativo Fom, la paura inizia a diffondersi. Poco più della metà della popolazione, il 52 per cento, ha detto che amici e famiglie sono “ansiosi” piuttosto che “calmi”; un dato superato solo lo scorso settembre dopo che Putin aveva decretato la “mobilitazione parziale” e che può precedere una nuova spirale di incertezza e bisogno di garantire sicurezza.
(da agenzie)
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