Giugno 8th, 2023 Riccardo Fucile NON BASTA FINANZIARLI, ORA I TRAFFICANTI LI RICEVIAMO CON TUTTI GLI ONORI: EMAD TRABELSI E’ SCHEDATO DALLE NAZIONI UNITE E DAL TRIBUNALE PENALE INTERNAZIONALE COME UNO DEI PRINCIPALI CAPI DEL TRAFFICO DI ESSERI UMANI IN LIBIA… A MARZO ERA STATO ARRESTATO A PARIGI CON UNA VALIGETTA CON MEZZO MILIONE DI EURO IN CONTANTI
Il giorno prima Giorgia Meloni si complimenta con la Tunisia per il contrasto ai trafficanti. Il giorno dopo ne ospita uno a Palazzo Chigi.
A mettere in fila quanto è ormai noto su Emad Trabelsi, attuale ministro dell’Interno del governo di unità nazionale della Libia, verrebbe da non crederci.
E’Eppure, riporta l’agenzia Nova, insieme al resto della delegazione libica e al presidente Abdul Hamid Dbeibah (nella foto), Trabelsi risulta tra i presenti, ricevuti dalla premier Meloni e dal nostro governo. Che da un lato dice di voler dare la caccia ai trafficanti “lungo tutto il globo terracqueo”, parola di Meloni, e dall’altro li ospita in casa propria con tutti gli onori. Sì, perché Trabelsi è schedato dalle Nazioni Unite come uno dei principali capi del traffico di esseri umani in Libia.
Non solo: secondo gli esperti dell’Onu, il capomilizia Trabelsi avrebbe ottenuto illegalmente fondi derivanti dal traffico di petrolio che, per passare dai territori controllati dai suoi uomini ed entrare in Tunisia, gli fruttava “5.000 dinari libici (3.600 dollari) per ogni autocisterna”, per un giro d’affari di decine di milioni di euro l’anno, come ha rivelato il giornalista di Radio Radicale Sergio Scandura a gennaio di quest’anno. Prima di diventare ministro lo scorso 6 novembre, Trabelsi fu nominato sottosegretartio, e “Ahmed Hamza, capo della Commissione nazionale per i diritti umani in Libia (Nchrl), protestò con il premier Dbeibah affermando che l’uomo dei clan di Zintan «è uno dei peggiori violatori dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale in Libia»”, ha ricordato Nello Scavo su Avvenire.
Ancora: lo scorso marzo Trabelsi è stato arrestato, proprio così. “In data 3 marzo, il media Libya Review ha riportato che il ministro dell’Interno libico Emad Trabelsi è stato arrestato dalla polizia francese a Parigi, presso l’aeroporto Charles de Gaulle, mentre “trasportava un’ingente somma di denaro in contante” (in una valigetta, ndr), per essere rilasciato dopo poche ore”, ha scritto il deputato di Alleanza Verdi Sinistra Marco Grimaldi in un’interrogazione rivolta al nostro ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi.
E continua: “La notizia è stata poi riportata da altre fonti di stampa anche italiane nelle quali si fa riferimento a “mezzo milione di euro” su cui il Ministro non avrebbe saputo dare spiegazioni”.
Grimaldi cita inchieste che definiscono Trabelsi “legato al traffico di migranti da prima di diventare ministro”, e ricorda come “già in occasione della precedente nomina a sottosegretario, le organizzazioni per i diritti umani libiche e internazionali, fra cui Amnesty International, hanno indicato Trabelsi come “uno dei peggiori violatori di diritti umani e del diritto umanitario internazionale”.
Contattato da ilfattoquotidiano.it, Grimaldi riferisce che “all’interrogazione Piantedosi e il governo non hanno mai risposto”. Nulla di strano, purtroppo, visto che “questo è uno dei governi col più basso tasso di risposte di sempre”, spiega, e riflette sull’opportunità di ripresentare un’interrogazione urgente proprio in seguito alla nuova visita di Trablesi a Roma.
Perché di incontri ce ne sono stati altri. Già l’anno scorso la stampa libica riportava le foto di rappresentanti del nostro governo e di Trabelsi. Lo scorso 29 dicembre, poi, Piantedosi è stato ricevuto dal suo omonimo a Tripoli e ancora il 21 febbraio di quest’anno il nostro ministro ha ricambiato il favore con un incontro al Viminale.
Perché se si tratta di fermare l’invasione, chi meglio di Trabelsi? Per essere chiari, nelle carte ufficiali dell’Onu e del Tribunale penale internazionale lo si accusa chiaramente di “traffico di esseri umani, violenze, torture e sparizioni forzate ai danni di migliaia di migranti e rifugiati”.
Insomma, quando l’Italia cerca collaborazione per tenere i migranti lontani dalla sue coste, anche rispedendoli nelle carceri libiche, Trabelsi sa di cosa parliamo. E non a caso siede nel ministero chiave, che ha il potere di arrestare i flussi o di aumentarli.
Senza contare che il ministero ha a disposizione parte della cosiddetta guardia costiera libica, finanziata, armata e addestrata dall’Italia, e milizie per il controllo del territorio, dei lager in cui sono rinchiusi gli stranieri, migranti e non, e delle coste.
Tutto normale, fino ai tappeti rossi che Roma stende all’arrivo di personaggi i cui affari comprendono i ricatti all’Italia e all’Europa sulla pelle di migliaia di esseri umani.
La risposta? Altri accordi da firmare, altri contratti miliardari tra le rispettive aziende di Stato. Ieri all’incontro erano presenti anche la National Oil Corporation libica (Noc), e la compagnia delle telecomunicazioni nazionale della Libia. E tra le altre cose, è saltato fuori un nuovo accordo tra la nostra Eni, il principale produttore stranieri di energia in Libia, e la Noc. Del resto, nel 2022 l’Italia si è confermata primo partner commerciale della Libia, “con un’interscambio Italia-Libia che ha raggiunto quota 12,14 miliardi di euro con un +61,31 per cento rispetto al 2021 e una quota di mercato del 23,06 per cento davanti a Cina, Grecia, Spagna e Germania”, riporta l’agenzia Nova. Tanto vale trafficare col trafficante di esseri umani. E chiedere anche a lui, come ha fatto ieri la premier Meloni, di “intensificare gli sforzi in materia di contrasto al traffico di esseri umani”.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Giugno 8th, 2023 Riccardo Fucile PER IL 54,8% IL PNRR E’ UNA GRANDE OPPORTUNITA’, ENTUSIASTI I GIOVANI
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza nelle ultime due settimane
ha scalato a pieno titolo il ranking della classifica delle priorità dei cittadini rispetto alla loro quotidianità, entrando a metà della “Top 10”. Per il 54,8 per cento degli italiani è una reale opportunità, un cittadino su tre lo identifica come una «medicina amara». I veri entusiasti sono i giovani della generazione Z, con il 62,7 per cento di risposte positive sul tema
I ritardi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e la polemica attorno al sistema dei controlli della Corte dei Conti hanno prodotto in due settimane un calo di consensi per Fratelli d’Italia e una diminuzione negli indici di fiducia della presidente del Consiglio e del suo governo. Lo spiega la sondaggista Alessandra Ghisleri sulla Stampa, parlando di una flessione di mezzo punto percentuale sia per il partito di Giorgia Meloni, che passa dal 29,6% al 29,2%, sia per la stessa premier, scesa al 39,5 per cento (-0,6%). Anche il governo perde terreno fermandosi al 35,6% (-0,5%).
Un intervistato su tre (31,9%) condivide che le verifiche dei giudici contabili della Corte dei conti sul Pnrr siano possibili solo al termine dei lavori, con relazioni semestrali complete di valutazioni sulle spese dei fondi e sullo stato di avanzamento del Piano. Questa proposta vede schierarsi in maniera netta gli elettori di Fratelli d’Italia (67,9%) e quelli di Forza Italia (60%). Più freddi i sostenitori della Lega: se il 35% si è espresso a favore, ben il 49,2% non ha saputo dare una valutazione.
Ma nella perdita dei consensi è necessario mettere nel conto anche il peso dei ritardi e delle lacune informative dell’intero Pnrr, rispetto al quale il governo di Mario Draghi viene identificato come l’esecutivo che lo ha reso un’opportunità per il Paese (25,7%) superando Giorgia Meloni (20,5%) e Giuseppe Conte (15,5%).
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza nelle ultime due settimane ha scalato a pieno titolo il ranking della classifica che mette in ordine tutte le priorità dei cittadini rispetto alla loro quotidianità, entrando di diritto a metà della “Top 10”. Dopo l’alluvione in Emilia-Romagna e l’annuncio della riforma sui controlli del piano, confermata alla Camera con il voto di fiducia del 6 giugno sul decreto pubblica amministrazione, l’argomento è tornato caldo sui media con tutte le valutazioni inerenti gli obiettivi degli investimenti previsti per possibili infrastrutture e messa in sicurezza del territorio.
Ad oggi, per il 54,8% degli italiani il Pnrr rimane una reale opportunità, mentre un cittadino su tre (30,2%) lo identifica come una «medicina amara» che si trasformerà in ulteriore debito per tutti.
I giudizi più severi, seppur minoritari, si concentrano tra i sostenitori del centrodestra. Emerge infatti la diffidenza degli elettori di Fratelli d’Italia con il 39,1% (8,9% sopra la media nazionale); di quelli di Forza Italia con il 35,5%, (+5,3% rispetto al dato nazionale) e della Lega con il 31,6%, (+1,4% rispetto al dato nazionale).
I veri entusiasti del progetto sono coloro che appartengono alla generazione Z (tra i 18 e i 28 anni) che si distinguono con il 62,7% di risposte positive sul tema. Del resto in origine il Pnrr si chiamava Next Generation Eu, ricorda Ghisleri.
La maggioranza degli italiani (51,9%) sarebbe favorevole ad una gestione speciale del piano, magari sotto l’occhio vigile di un Commissario come avvenuto, per esempio, per il Ponte Morandi di Genova. Su questo tema solo gli elettori del Pd si spaccano a metà tra i favorevoli (42,4%) e coloro che vorrebbero garantiti tutti i controlli concomitanti con l’attuazione del Piano (40,6%).
Quello che gli italiani si augurano, nel complesso, è che il sistema politico sappia sfruttare al meglio l’occasione senza metterne a repentaglio l’esito per contrapposizioni partitiche.
(da agenzie)
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Giugno 8th, 2023 Riccardo Fucile A DISPOSIZIONE C’E’ MENO DI 1 MILIARDO: MENO DELLA META’ DEI 2,2 MILIARDI PROMESSI NEL DECRETO PER LA RICOSTRUZIONE
Una cosa sola hanno capito, sindaci e governatori, quando la larga riunione di Palazzo Chigi è finita: che per il post-alluvione Giorgia Meloni vuole procedere in splendida solitudine. Le decisioni verranno accentrate a Palazzo Chigi, tagliando fuori tutti, alleati e non, ministri e possibili commissari straordinari.
La premier è stata accorta. I suoi toni, collaborativi e istituzionali. Ma il senso del discorso è chiaro. Annunciando l’istituzione a Roma di un Tavolo di consultazione permanente sotto la guida del ministro per la Protezione Civile, Nello Musumeci, che farà da «collettore» alle istanze degli enti locali, in pratica la ricostruzione resta in mano a lei.
E infatti non solo mugugnano i sindaci delle città alluvionate, che da quelle parti sono quasi tutti del Pd, ma anche la Lega, presa in contropiede. A Matteo Salvini non resta che fare buon viso. Pensare che la sera prima, come rivelato dal sito Dagospia, il vicepremier leghista era a cena a Trastevere con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Ma mica lo avevano informato del colpo di scena.
La Meloni vuole fare a meno (per ora) di un commissario alla ricostruzione, evitare un infinito dibattito sul ruolo di Bonaccini, centralizzare a Palazzo Chigi il coordinamento sulle risorse e la pianificazione degli interventi, prendere tempo sull’erogazione delle risorse perché i soldi non sono abbastanza e non sono quelli inizialmente promessi.
I sindaci capiscono subito che il nodo principale, su chi sarà il commissario alla ricostruzione, in quali tempi sarà scelto, e con quali risorse, non verrà minimamente affrontato. È palpabile il fastidio della premier ogni volta che qualcuno tenterà di introdurre il tema. […] C’è l’impressione che il governo sia tentato di non nominare alcun commissario.
I sindaci, specie quelli romagnoli, hanno un sospetto: che Meloni voglia prendere tempo, allungare il più possibile l’attesa, perché l’amara realtà del bilancio fa emergere che le risorse sono pochissime. Secondo l’analisi degli amministratori, a disposizione dell’esecutivo c’è meno di 1 miliardo, e cioè meno della metà dei 2,2 miliardi promessi nel decreto per la ricostruzione.
Meloni e i sindaci si punzecchiano. La premier spiega come intende muoversi: «Non possiamo mettere risorse senza prima avere una chiara determinazione dei danni». Poi insinua, con una punta di sfiducia verso gli amministratori: «Ci siamo detti che l’obiettivo sono i risarcimenti al 100%, ma più si allarga la platea più è difficile raggiungerlo. Non possiamo far rientrare danni pregressi che nulla c’entrano con l’alluvione».
È una precisazione che non piace ai sindaci. Il punto però è quando e quanti soldi arriveranno. Si parla di strade da ricostruire, argini da tirare su, manutenzione idraulica da fare. «Non possiamo andare avanti con la “somma urgenza”. E se ci affidiamo alle procedure ordinarie, ci vorranno anni», incalza il sindaco di Ravenna, Michele De Pascale.
La stima definitiva su cui punta Meloni rischia di trascinare il problema per mesi, e intanto agli sfollati andrà comunque garantita una casa e servizi adeguati, a spese dello Stato. La dotazione prevista dal governo è già meno del previsto. Qualche giorno fa era stato il sito Pagella Politica a svelare che la realtà dei numeri era diversa da quella annunciata da Meloni a fine maggio.
Sommando le voci, l’importo si ferma a 1,6 miliardi. Di questi, 423 milioni sono finalizzazioni di fondi già esistenti e altri 300 sono «contributi per imprese esportatrici», in carico al ministero degli Esteri. In tutto sono 723 milioni da sottrarre a 1,6 miliardi, anche perché come gli amministratori hanno spiegato all’altro vicepremier, Antonio Tajani le imprese esportatrici sono meno del previsto e comunque quei soldi andrebbero destinati alla ricostruzione.
Di fatto, sottolineano i sindaci, c’è un sovraccarico di risorse su ammortizzatori sociali, export e altre voci, che fa scendere a circa 500 milioni le risorse realmente destinate all’emergenza (di cui 200 milioni per il fondo emergenze, e altri 45 milioni di incremento). Una cifra che è molto vicina a quei 300 milioni che il governo aveva annunciato all’indomani della tragedia in Romagna, prima di rendersi conto che appariva troppo bassa
(da La Stampa).
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Giugno 8th, 2023 Riccardo Fucile “E’ LA SOLITA COMMEDIA ALL’ITALIANA. C’ERANO LE ELEZIONI, C’È STATA UNA STRUMENTALIZZAZIONE POLITICA. MA ORA LA COSA SI STA SGONFIANDO”… I CITTADINI DIFENDONO IL SINDACO DEM CARLETTI, A PROCESSO PER ABUSO D’UFFICIO: “SE C’È UNA PERSONA SERIA È LUI”
Ai bar di Bibbiano, il paese dei mostri divenuto sinonimo delle
nefandezze della sinistra con uno slogan coniato per l’occasione, «Parlateci di Bibbiano», si gioca a carte come sempre e si parla d’altro.
Un po’ come se quelle vicende infamanti per cui è stato appena assolto in appello Claudio Foti, il terapeuta della onlus Hansel e Gretel al centro dell’inchiesta, fossero accadute altrove. Quasi tutti però, se glielo vai a chiedere, giurano sull’estraneità ai fatti del sindaco Andrea Carletti, tuttora sotto processo per abuso d’ufficio:
«È la solita commedia all’italiana – dice Giorgio Bartoli, 84 anni, davanti al circolo parrocchiale Giovanni XXIII –, una storia politica, c’erano le elezioni regionali, è venuta pure la Meloni e in tv non si sentiva che Bibbiano, Bibbiano, Bibbiano. La maggior parte qui, però, ha difeso il sindaco, che per noi non aveva colpe: se c’è una persona seria è lui. Quelli intorno a lui, magari, ma comunque la cosa si sta sgonfiando».
Quanto al sindaco Carletti, ha valutato positivamente la sentenza di Foti. Le accuse rivoltegli non hanno niente a che fare con la persona che è, e questo i cittadini di Bibbiano lo sanno bene. C’è stata una strumentalizzazione politica di questo caso».
Quel che non si coglie a Bibbiano invece è il sollievo per un sistema presentato a tutta Italia come malato, o peggio, e che l’assoluzione di Foti sembra invece riscattare nella sua immagine ferita: «Qui la gente in effetti non ci pensava più – concorda il signor Bartoli –, difficile dire se è perché le accuse sono state percepite come inverosimili fin dall’inizio, o se le persone sono indifferenti a questa questione».
Quanto al coinvolgimento del resto dell’amministrazione, a cominciare dalla dirigente dei servizi sociali Federica Anghinolfi, il titolare di un locale nella piazza centrale ricorda che «qui in paese tutti sparavano addosso al Comune, senza sapere niente, fra l’altro. Io ho sempre pensato che il sindaco non c’entri niente, al punto che ho voluto farmi sposare da lui, quando è tornato in carica dopo che si era autosospeso per l’inchiesta. Poi può aver sbagliato, nel senso che non si mette una firma se non si è sicuri».
Ma c’è chi racconta invece di una Bibbiano spaccata fra colpevolisti e innocentisti, come questo artigiano sui quarant’anni: «La gente qui ha gli occhi con le fette di prosciutto sopra. Ho appena rivisto Peppone e Don Camillo, qui siano ancora a quei livelli… La gente si scontra fra chi pensa siano tutti innocenti e chi siano tutti colpevoli, ma senza saperne veramente niente, per sentito dire».
(da la Stampa)
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Giugno 8th, 2023 Riccardo Fucile IL CASO ALLA STAZIONE DI PAVIA: “GAY DI M…, VEDI COME TI AMMAZZO”
«Gay di m.., vuoi vedere come ti ammazzo?». Queste le frasi choc, registrate da un cellulare, e pronunciate da un uomo che insegue un giovane davanti alla stazione ferroviaria di Pavia.
Il filmato è stato postato dalla vittima, Luca Wegan, su Instagram. «Scappa gay di m****, fr*** di m***, scappa», e ancora «Femminaaa? Metti la minigonna?», sono solo alcune delle frasi che l’uomo rivolge al ragazzo nel video.
«Oggi ho deciso di fare un giro a Pavia con il mio ragazzo e questo è stato il benvenuto», scrive l’autore delle immagini con la scritta ‘Pride month’.
Il filmato sta diventando virale sui social. Colpisce, nei due minuti scarsi del video, l’indifferenza della gente sul piazzale antistante la stazione e mentre sta in attesa dei mezzi pubblici. Luca è un creator, nelle sue stories, fa vedere come è vestito, una t shirt, dei pantaloni.
«Sono stufo – spiega – di sentirmi urlare fr***, r*** di m***. Quasi come a dover scappare dalle persone, quando si è semplicemente sé stessi. E sono francamente anche un po’ stufo delle persone che dicono che non serve a nulla il Pride month, che non serve manifestare. No, serve. Oggi più che mai».
(da agenzie)
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Giugno 8th, 2023 Riccardo Fucile L’AUTORITA’ ANTI-CORRUZIONE: “AI PRIVATI I GUADAGNI, AL PUBBLICO I RISCHI”
Giusto, anzi “decisivo”, rinegoziare alcune misure del Pnrr; ma quello
del Piano di ripresa e resilienza, sostiene il presidente dell’Autorità anticorruzione Giuseppe Busia, deve essere “un terreno condiviso, sottratto alla dialettica di corto respiro, di fronte al quale essere capaci di andare oltre le pur legittime rivendicazioni di meriti, o le accuse per le innegabili mancanze e, invece, incentrato su condivisione e collaborazione”.
Secondo la relazione al Parlamento del presidente dell’Anac, illustrata questa mattina alla Camera, per quanto riguarda il Pnrr occorre innanzitutto “riconoscere che, mentre le diverse riforme previste dal Pnrr sono indispensabili ed esigono un rapido completamento, non tutti gli investimenti hanno la medesima urgenza. Per questo possono essere utilmente spostati su altri finanziamenti europei, per i quali pure il nostro Paese registra da sempre ritardi e sprechi inaccettabili, guardando così ad un orizzonte più ampio rispetto al 2026”. Precondizione di tutto, nel campo degli appalti, è la massima trasparenza e controllabilità dei progetti e dello stato degli investimenti, ha rimarcato Busia, che quindi è tornato a criticare l’eccessivo utilizzo di deroghe e soglie alte nel nuovo Codice appalti (“scorciatoie meno efficienti e foriere di rischi”), a segnalare i pericoli del subappalto a cascata, lo svuotamento di fatto dell’ingresso di donne e giovani negli appalti Pnrr, lo squilibrio del trasferimento del rischio al privato per il Ponte sullo Stretto “a danno del pubblico”, e la non introduzione nel Codice dell’obbligo di dichiarare il titolare effettivo, come richiesto da Anac.
In particolare sul nuovo Codice appalti il presidente dell’Anac ha ripetuto che “la deroga non può diventare regola, senza smarrire il suo significato e senza aprire a rischi ulteriori. Nel tempo in cui, grazie all’impiego delle piattaforme di approvvigionamento digitale ed all’uso di procedure automatizzate, è possibile ottenere rilevantissime semplificazioni e notevoli risparmi di tempo, accrescendo anche trasparenza e concorrenza, sorprende che per velocizzare le procedure si ricorra a scorciatoie certamente meno efficienti, e foriere di rischi. Tra queste, l’innalzamento delle soglie per gli affidamenti diretti, specie per servizi e forniture, o l’eliminazione di avvisi e bandi per i lavori fino a cinque milioni di euro”.
Forte anche il richiamo alla qualificazione delle stazioni appaltanti, indispensabile per la modernizzazione dell’Italia e raggiungere standard europei. “Solo le amministrazioni in grado di utilizzare le più evolute tecnologie possono gestire le gare più complesse e procedure quali project financing e dialogo competitivo”. “Le potenzialità insite nella riforma – ha aggiunto il presidente Anac – sono state, tuttavia, limitate innalzando a 500.000 euro la soglia oltre la quale è obbligatoria la qualificazione per l’affidamento di lavori pubblici, col risultato di escludere dal sistema di qualificazione quasi il 90% delle gare espletate”. Secondo Busia, invece, “non possiamo più sostenere un’architettura istituzionale in cui tutte le 26.500 stazioni appaltanti registrate possano svolgere qualunque tipo di acquisto, a prescindere dalle loro capacità. Occorre una drastica riduzione del loro numero, unitamente alla concentrazione delle procedure di affidamento in alcune decine di centrali di committenza specializzate, diffuse sul territorio, che diventino centri di competenza al servizio delle altre stazioni appaltanti. Si tratta di una necessità, non solo per rispondere all’obiettivo posto dal Pnrr, ma anche per assicurare procedure rapide, selezionare i migliori operatori e garantire maggiori risparmi nell’interesse generale”.
Busia ha poi messo in guardia sui rischi del “subappalto a cascata”. “Il nuovo Codice – ha detto – ha eliminato il divieto del “subappalto a cascata”. Non possiamo dimenticare che tale istituto, per poter conservare una ragione economica, quasi sempre porta con sé, in ogni passaggio da un contraente a quello successivo, una progressiva riduzione del prezzo della prestazione. E questa necessariamente si scarica o sulla minore qualità delle opere, o sulle deteriori condizioni di lavoro del personale impiegato. Quando il ricorso al subappalto non è giustificato dalla specificità delle prestazioni da realizzare, mentre può risultare vantaggioso per il primo aggiudicatario, si rivela il più delle volte poco conveniente per la stazione appaltante, per i lavoratori e per le stesse imprese subappaltatrici, che vedono via via compressi i propri margini di profitto, rispetto a quanto avrebbero ottenuto come aggiudicatarie dirette”.
Quanto all’obbligo di dichiarare il titolare effettivo nelle gare pubbliche, il presidente dell’Anac ha rimarcato che “purtroppo, si è persa l’occasione di introdurre nel Codice, nonostante i numerosi solleciti, l’obbligo per gli operatori economici di dichiarare il titolare effettivo dell’impresa, rafforzandolo con adeguate sanzioni per l’omessa o la falsa dichiarazione. Gli enti pubblici devono conoscere i soggetti con cui intrattengono rapporti contrattuali, al di là degli schermi societari. Speriamo che il legislatore voglia presto colmare tale mancanza, in linea con quanto richiesto dalla normativa internazionale, anche in materia di antiriciclaggio”.
Un’altra alcuna lacuna relativa al Pnrr che denuncia Busia riguarda l’impiego di donne e giovani negli appalti del paino. “Ci siamo impegnati per la migliore implementazione della disciplina sulla parità generazionale e di genere nei contratti pubblici, che mira a garantire migliori prospettive occupazionali alle donne e ai giovani in settori del mercato altrimenti difficilmente accessibili – spiega – . Tuttavia, i dati confermano che quasi nel 60% degli appalti sopra i 40.000 euro e nel 44% di quelli sopra i 150.000 euro, le stazioni appaltanti non hanno inserito, nei bandi, le relative clausole.
Infine per quanto riguarda il decreto sul Ponte dello Stretto, Busìa è tornato a segnalare lo “squilibrio nel rapporto tra il concedente pubblico e la parte privata, a danno del pubblico, sul quale finisce per essere trasferita la maggior parte dei rischi. Il recente decreto-legge, sulla base di un progetto elaborato oltre dieci anni fa, ha riavviato l’iter di realizzazione del ponte tra Sicilia e Calabria. Sono stati, da parte di Anac, proposti alcuni interventi emendativi volti a rafforzare le garanzie della parte pubblica, non accolti, tuttavia, dal governo in sede di conversione del decreto”.
(da agenzie)
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Giugno 8th, 2023 Riccardo Fucile ADDIO AI VOLI LOW COST
Sono scomparsi i voli low cost. Da settimane le compagnie aree offrono solo biglietti a prezzi più alti del 2022 e del 2021.
Siamo agli sgoccioli delle vacanze estive e la domanda sembra non scarseggiare e, anzi, si stima che supererà quella del 2019, l’ultimo anno prima del Covid. Tutto questo, però, a fronte di posti a bordo che sono stati limitati nel tempo.
E il mix tra una domanda alta e un’offerta a bordo ridotta provoca un aumento dei prezzi.
Ma questo non scoraggia le persone e lo conferma uno studio di Standard&Poor’s, riportato da Repubblica, che ieri ha blindato l’estate di alcune delle principali compagnie europee. Ovvero Ryanair, easyJet, Iberia, British, e Lufthansa. Ma dietro la salita dei costi c’è la perdita di 217 miliardi di dollari durante la pandemia (stima l’osservatorio Cirium). Pertanto, dobbiamo prepararci a dire addio alle tariffe low cost: volare costerà. Molto.
(da agenzie)
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Giugno 8th, 2023 Riccardo Fucile MENTRE SI SCAGLIAVA CONTRO I BIMBI AVREBBE URLATO “IN NOME DI GESÙ”, MOSTRANDO IL CROCIFISSO CHE AVEVA AL COLLO
Abdalmasih H, l’attentatore che oggi ha accoltellato alcuni bambini e
un anziano ad Annecy, si dichiara “cristiano di Siria”.
E’ questa anche la sua appartenenza religiosa secondo quanto emerge dai documenti di richiesta di asilo in Francia. Fonti vicine all’inchiesta fanno sapere che al momento dell’arresto aveva con sé una croce cristiana.
Abdalmasih H, l’attentatore che questa mattina a Annecy si è lanciato contro bambini di 3 anni ferendone 4, è lui stesso padre di una bambina, avuta dalla sua ex compagna, in Svezia, tre anni fa.
La tv BFM ha contattato la donna, che ha raccontato di aver incontrato Abdalmasih – in Svezia dal 2013 – cinque anni fa in Turchia.
L’uomo è originario della città di Hassake, in Siria, dove c’era una grossa comunità cristiana fino al 2011 e poi è stata teatro di violenti conflitti.
La coppia, ha riferito la donna, ha abitato a Trollhattan, in Svezia, ed ha avuto una bambina che oggi ha 3 anni. Sia lei, sia Abdalmasih seguivano dei corsi a distanza per una formazione da infermieri.
Si sono separati, ha raccontato la donna, circa 8 mesi fa e da circa quattro non aveva più notizie dell’ex compagno. Sapeva soltanto che aveva lasciato la Svezia per trasferirsi in Francia, ad Annecy. La ex compagna lo descrive come una “persona gentile”, che si è sempre occupata della loro bambina.
I più gravi fra i 4 bambini feriti dalle coltellate del siriano Abdal sono fratello e sorella, rispettivamente di 2 e 3 anni: lo si apprende da fonti dell’inchiesta, secondo le quali i piccoli sono entrambi in condizioni molto gravi. Gli altri due bambini sono un bimbo tedesco di 22 mesi e un bambino inglese di 2 anni. Due adulti sono fra i feriti, entrambi uomini. Uno ha 78 anni ed è grave.
(da agenzie)
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Giugno 8th, 2023 Riccardo Fucile NON E’ UNA BARZELLETTA, ANCHE SE FA SCOMPISCIARE DAL RIDERE… I SOVRANISTI HANNO SERI PROBLEMI
L’exploit delle squadre italiane nelle competizioni europee ha riportato il movimento calcistico italiano al centro dell’attenzione mediatica degli altri paesi. Luigi De Siervo, ad di Lega Serie A, ha rilasciato un’intervista al quotidiano spagnolo AS rivelando imminenti novità.
“Stiamo creando un prodotto più interessante, – confessa De Siervo – stiamo lavorando sulla sua qualità, il tempo effettivo delle partite è cresciuto e oggi arriva al 66%, va valorizzato il restante 33% che deve essere più attrattivo. I fondi internazionali hanno iniziato a negoziare con l’Italia perché siamo il campionato con più potenziale, visto che per decenni siamo stati i migliori. Dobbiamo migliorare negli stadi, ma la bellezza delle nostre città e la storia che portano è unica”.
Le novità della Lega Serie A
“Puntiamo a ottenere tra i 1.150 ei 1.380 milioni di euro a stagione per l’Italia – sottolinea l’ad Luigi De Siervo – vogliamo far crescere i ricavi che arrivano dall’estero, stiamo trattando con intermediari e e fondi per commercializzare e distribuire il canale della Serie A, che in tal caso sarebbe pronto entro un anno. Inoltre, abbiamo chiuso un accordo da 10 milioni a stagione con il Governo: il nostro campionato fuori dall’Italia si chiamerà Serie A Made in Italy”.
(da agenzie)
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