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LA PROCURA DI MILANO SEQUESTRA IL TELEFONO (MA NON LA SIM) DEL FIGLIO DI LA RUSSA

Luglio 14th, 2023 Riccardo Fucile

LA RICERCA ALL’INTERNO DEI DISPOSITIVO VERRA’ FATTA CON PRECISE PAROLE CHIAVE PER RICOSTRUIRE LE INTERAZIONI

La procura di Milano ha sequestrato il cellulare di Leonardo Apache La Russa, figlio del presidente del Senato Ignazio, indagato per violenza sessuale dopo la denuncia di un’ex compagna di liceo. Il decreto di sequestro riguarda il cellulare e la sim.
Da quanto si apprende da fonti investigative la ricerca all’interno del dispositivo verrà fatta dalla polizia giudiziaria con precise parole chiave per cercare di ricostruire le eventuali interazioni a partire dal 19 maggio scorso, quando ci sarebbe stata la presunta violenza.
Prima di procedere al sequestro, inquirenti e investigatori hanno lasciato la possibilità al giovane di consegnare autonomamente il suo smartphone.
(da agenzie)

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LE FORZE ARMATE RUSSE STANNO IMPLODENDO TRA LORO, UNA TRENTINA DI ALTI UFFICIALI SONO SOTTO INDAGINE, O ARRESTATI, O INTERROGATI E SOSPESI

Luglio 14th, 2023 Riccardo Fucile

L’ULTIMO È IVAN POPOV, LICENZIATO PER AVER DETTO LA VERITÀ, CHE STA FACENDO SALTARE IL TAPPO A CHI NON È D’ACCORDO CON “MAD VLAD”…LA MARETTA È FORTE ANCHE DENTRO L’FSB (L’EX KGB): C’È CHI IPOTIZZA NUOVE RIVOLTE SU LARGA SCALA

Purghe, delazioni, rimozioni e ricatti tra i dirigenti e dentro le altissime sfere. Le forze armate russe stanno implodendo tra loro, prima ancora che nello scontro con gli ucraini.
Secondo due fonti di intelligence occidentali a La Stampa, una trentina di alti ufficiali sono «sostanzialmente sotto indagine, o arrestati, o interrogati e sospesi»
Il Wall Street Journal, con altre fonti, stima che l’Fsb, il servizio segreto interno successore del Kgb, abbia arrestato 13 ufficiali militari di alto rango, e altri 15 sono stati sospesi o rimossi.
Tra loro il comandante delle forze aeronautiche (e vice comandante di tutte le forze in Ucraina) Sergei Surovikin, il generale Andrei Yudin, il primo vice capo del Gru (i servizi militari) Vladimir Alekseev (quello che si vede accanto, docile docile, a Prigozhin mentre Wagner s’impossessa del quartier generale militare di Rostov nel giorno del golpe) e Mikhail Mizintsev, che era stato destituito dalla carica di viceministro della Difesa ad aprile 2023, dopodiché è passato al Gruppo Wagner.
Ivan Popov, il generale che comandava la 58° armata, quella che difende la linea di terra verso la Crimea, sul mar Nero, è stato licenziato per aver detto la verità a Gerasimov, che «è emersa una situazione difficile con la leadership, e era una scelta tra rimanere silenziosi e timorosi e dire quello che volevano sentire, o chiamare le cose per quello che sono. In nome di tutti i compagni d’armi morti, non avevo il diritto di mentire. Quindi ho additato a gran voce tutti i problemi che esistono oggi nell’esercito, la mancanza di fuoco di controbatteria, la mancanza di stazioni di ricognizione dell’artiglieria, e le vittime di massa tra i nostri fratelli». A quel punto è stato rimosso.
Giusto il giorno prima il suo collega Oleg Tsokov, generale inferiore sempre nella 581 armata, era stato ucciso da un attacco missilistico nella base dei dirigenti a Berdyansk (il Dune Hotel, come nella fantascienza).
La faida interna è aspra anche a livello politico. L’audio di Popov […] è stato pubblicato da un deputato della Duma di Russia Unita, nazionalista ma molto fedele a Putin, e molto pompato sulle tv di regime, Andrey Gurulev, un ex generale che dal 2012 al 2016 è stato lui stesso comandante della 58a armata, e che Putin usa un po’ come testa d’ariete nel suo divide et impera.
Altri stanno prendendo le parti di Popov. Andrei Turchak, segretario del Consiglio generale di Russia Unita, ha anche attaccato Gurulev (che nel partito è il suo numero due) per aver fatto «uno show politico» pubblicando l’audio della riunione (in cui molti altri comandanti dicono le stesse cose).
Secondo Turchak, «la coscienza di Ivan è pulita» e «la Patria può essere orgogliosa» di comandanti come lui. Il canale telegram Rybar, tenuto da un ex dirigente del ministero della Difesa, definisce la rimozione di Popov una «caccia alle streghe», iniziata dopo la ribellione di Prigozhin.
La maretta è forte anche dentro l’Fsb, se è vero che il canale Telegram Cheka-Ogpu, vicino a una parte dei servizi critica con Putin, ipotizza vicine ribellioni su larga scala: «L’esercito dei quadri sta già crollando”
(da La Stampa)

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DOMANI MATTINA ALL’HOTEL PARCO DEI PRINCIPI DI ROMA IL CONSIGLIO NAZIONALE DI FORZA ITALIA VOTERA’ IL SUPERFLUO ANTONIO TAJANI ALLA PRESIDENZA DEL PARTITO

Luglio 14th, 2023 Riccardo Fucile

FORZA ITALIA COSTA UN PACCO DI SOLDI AL DUO MARINA-PIER SILVIO MA FINO ALLE ELEZIONI EUROPEE DEL 2024 DEVE RESTARE IN VITA (ANCHE PER PUNTELLARE IL GOVERNO MELONI)…. AL CONGRESSO DEL PROSSIMO ANNO, LA CORRENTE DI LICIA RONZULLI, CHE STA GUADAGNANDO CONSENSI, PREPARA IL TRAPPOLONE

«Forza Italia sarà un punto di riferimento per i delusi anche dal centro e dal centrosinistra: noi siamo attrattivi». E poi: «Ci sarà anche qualche ingresso significativo nei prossimi giorni».
Parola di Antonio Tajani, che nei giorni scorsi lanciò il sasso, agitando le acque di tre partiti su tutti: Azione, Italia viva e Movimento 5 Stelle.
Chi saranno i possibili nuovi acquisti del partito fondato da Berlusconi? Così è iniziato il tam tam di «radio Parlamento».
Il primo nome in cima alla lista è quello del deputato Ettore Rosato di Italia viva, fu fedelissimo di Matteo Renzi e da tempo in rotta con l’ex premier, perché non avrebbe affatto gradito che il timone del partito sia stato affidato alla senatrice Raffaella Paita. Rosato, che proprio Renzi, ai tempi d’oro, volle capogruppo del Pd alla Camera, sarebbe un gran colpo per gli azzurri, proprio per la sua storia.
E sempre l’esponente di Italia viva, che vanta un ottimo rapporto proprio con Tajani, in privato avrebbe strizzato l’occhio a quello che sarebbe un clamoroso cambio di casacca, in vista delle Europee. Ma quando dai rumors si è passati agli articoli di giornale, Rosato ha chiesto al partito di diramare un comunicato stampa: «Notizie prive di fondamento». Una nota firmata assieme all’ex ministra Elena Bonetti, che le indiscrezioni davano invece in procinto di traslocare in Azione o addirittura nel Pd.
Sabato mattina, all’hotel Parco dei Principi di Roma, si riuniranno i 213 consiglieri, chiamati appunto ad eleggere, a porte chiuse, il «reggente» che traghetterà il partito verso il congresso del 2024.
Tajani è il super favorito per assumere la carica di presidente «pro tempore». Se l’accordo unitario non dovesse incepparsi, l’ex numero uno del Parlamento Ue potrebbe essere eletto all’unanimità dal consiglio, organo di cui fanno parte tutto lo stato maggiore e buona parte degli eletti azzurri. La successiva tappa chiave per la ripartenza è fissata per il 29 settembre, giorno della nascita del Cavaliere, quando a Paestum si celebrerà il «Berlusconi day», passaggio che sancirà l’inizio della campagna elettorale in vista delle elezioni europee .
(da agenzie)

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I SIGILLI AL GUARDIASIGILLI

Luglio 14th, 2023 Riccardo Fucile

NORDIO SCONFESSATO PLATEALMENTE: “LA LINEA SU QUESTE COSE LA DETTA MANTOVANO”

Non c’è stato chiarimento alcuno. Non una telefonata, non un incontro, tra Carlo Nordio e i vertici di Palazzo Chigi, dopo che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio ed ex toga, Alfredo Mantovano, ha demolito il Nordio pensiero dalle colonne del Fatto Quotidiano. Il Guardasigilli aveva sostenuto la necessità di rivedere il concorso esterno in associazione mafiosa, definito “evanescente”, e Mantovano gli ha mandato a dire che non se ne parla nemmeno. “Neanche ci sarebbe bisogno di un confronto tra i due, la linea su queste cose la detta Mantovano”, è quello che trapela dalla sede di lavoro di Giorgia Meloni. Più che un tentativo di liquidare la questione che sta logorando il governo in questi giorni di mezza estate, è l’enunciazione di un principio: sulla giustizia la prima e l’ultima parola spetta a Palazzo Chigi. E, nello specifico, all’altro magistrato del governo, quello che – a differenza di Nordio – pesa col bilancino le parole. E quando ne pronuncia è perché ha condiviso ogni sillaba con la premier.
La linea, insomma è chiara. Al di là delle parole in libertà di un ministro che spesso si esprime più da fine teorico che da membro dell’esecutivo – parole che a Giorgia Meloni danno sempre più fastidio – a via Arenula non sono consentite fughe in avanti. Nè un ruolo di primo piano, che sarebbe naturale, nei dossier in tema di giustizia.
Se la parola commissariamento non piace, possiamo usarne un’altra. La sostanza, però, non cambia.. Era già successo all’inizio del governo che Palazzo Chigi prendesse in mano dossier che in teoria spettavano al ministero della Giustizia. La prima volta è accaduto la stretta sull’ergastolo ostativo. Pochi mesi dopo, è capitato con la sortita del Guardasigilli sul giro di vite sulle intercettazioni, lanciata qualche giorno dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro. C’era un problema di merito, ma pure di tempismo. È risuccesso, in forma minore, quando si doveva decidere se restringere l’abuso d’ufficio o cancellarlo del tutto. Ma mai era successo che a intervenire per frenare Nordio fosse Mantovano. E, cioè, colui che sussurra alla premier. Dalle parole di Mantovano, trapela dal ministero, Nordio è rimasto sorpreso. “Il suo era un ragionamento tecnico.Gli hanno fatto una domanda e lui ha risposto. Lo sa che tipizzare il concorso esterno non è nel programma del governo”, dicono i suoi.
Ma il problema sta proprio lì, in questa tendenza del Guardasigilli a ragionare da tecnico, non curandosi del fatto che con le sue esternazioni – giuste o sbagliete che siano – espone un governo. Ed espone il partito con cui è stato candidato, Fratelli d’Italia. Tra i patrioti c’è maretta nei confronti di un ministro che non hanno mai percepito come parte del clan. E così Meloni, tramite Mantovano, ci ha dovuto mettere una pezza. Parziale, bisogna dire, perché il cortocircuito tra Palazzo Chigi e via Arenula è evidente. E il timing della giornata del 13 luglio lo dimostra lo dimostra: “Ai parenti delle vittime di mafia dico che modificare il reato di concorso esterno in associazione mafiosa non è un tema in discussione, il governo non farà alcun passo indietro nella lotta alla criminalità organizzata. Ci sono altre priorità”, ha dichiarato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio al Fatto quotidiano. L’articolo è stato lanciato sul sito alle 16.35. Neanche mezzora prima che Giorgia Meloni salisse al Colle per riferire del vertice di Vilnius ma anche per parlare con il Capo dello Stato dello scontro aperto tra governo e magistratura. Proprio in quello stesso lasso di tempo, mentre la premier e il presiedente della Repubblica si confrontavano sul dossier che agita l’esecutivo, il ministro Nordio parlava al Corriere della Sera, per un’intervista che sarebbe uscita sul giornale di oggi, 14 luglio. Nessun cenno alle parole di Mantovano. Che pure, erano state pronunciate e ben in evidenza sui media.
Il Guardasigilli non torna sull’ammonimento di Palazzo Chigi neanche oggi mentre, intervenendo a Torino, ribadisce la volontà di separare le carriere dei magistrati: “Ne parleremo nella prossima riunione di maggioranza dice”, ma gli uffici ancora non sono al lavoro. Non arretra di un millimetro neanche sul concorso esterno: “Non c’è alcun cedimento sulla lotta alla mafia. Anzi. Ma la stessa parola concorso esterno è un ossimoro. Perché o si è dentro o si sta fuori e concorrere dal latino vuole dire stare dentro. Non significa non punire alcune attività, ma ciò va fatto in una norma certa ad hoc”. Fedele alla sua idea, nonostante questo atteggiamento faccia saltare i nervi a Palazzo Chigi, ma anche un po’ a chi ci lavora gomito a gomito al ministero. Da via Arenula trapela il nervosismo anche di chi solitamente ostenta una calma serafica. La sensazione, diffusa, è che il ministro sia sempre più solo. A FdI, sempre più fredda nei suoi confronti, si aggiunge la Lega che, mentre sulle altre questioni della Giustizia ha taciuto, ora si sbraccia per difendere il concorso esterno: “Questa non è la priorità – ha detto Matteo Salvini a chi gli chiedeva un’opinione a Maratea, in Basilicata – serve una riforma della Giustizia urgente, efficace e condivisa, non contro nessuno, ma coinvolgendo tutti, magistrati compresi, sperando che nessuno sia bloccato dall’ideologia”.
A difendere il Guardasigilli resta Forza Italia. Gli azzurri sono seriamente preoccupati per ciò che è trapelato ieri dal Quirinale: la premier si sarebbe impegnata a evitare la cancellazione dell’abuso d’ufficio, prevista nella riforma che sta per approdare in Senato. Una tegola per i forzisti che hanno sempre avuto come obiettivo la cancellazione dell’articolo 323 del codice penale. “Noi siamo decisi a portare in fondo la nostra proposta e il ministro Nordio da questo punto di vista non farà sconti – ha dichiarato il viceministro alla Giustizia ed esponente di Forza Italia Francesco Paolo Sisto – se il Parlamento dovesse modificare è benvenuto, questa è la democrazia parlamentare”:
Nei prossimi giorni Nordio e Mantovano dovrebbero vedersi: “Sarà un incontro su questioni tecniche”, si affrettano a precisare dal ministero Ma nessuno dei due potrà far finta che non sia successo niente. Perché la crepa che si è aperta è finto troppo evidente. E racconta di divergenze su temi cruciali, tra la premier e il suo entourage e il ministro che lei ha fortemente voluto. Salvo poi scoprire quanto complicato fosse tenere insieme le tesi di un partito fortemente securitario, come FdI, e quelle di un garantista di ferro, come Nordio.
E a dimostrazione del fatto che Palazzo Chigi vuole accentrarsi, ancora, il dossier Giustizia, ecco pronto un provvedimento che va incontro alle preoccupazioni dei familiari delle vittime di mafia. Come anticipato dall’Ansa, è in arrivo un decreto legge per intervenire sulla legislazione antimafia, dopo che una sentenza della Cassazione, come sostiene Mantovano, “ha rivisto il concetto stesso di criminalità organizzata”, mettendo in discussione “le aggravanti speciali, i benefici penitenziari”. Si tratta di un provvedimento che sta a cuore a Mantovano, e che dal suo ufficio sarà mandato avanti. A Nordio toccherà accontentarsi di un ruolo marginale.
(da Huffingtonpost)

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LA MADRE DI CAROL MALTESI, TORTURATA E UCCISA DA DAVIDE FONTANA: “IL PROCESSO E’ STATO FATTO A MIA FIGLIA, QUELLA SENTENZA E’ VERGOGNOSA”

Luglio 14th, 2023 Riccardo Fucile

NIENTE ERGASTOLO, SOLO 30 ANNI PERCHE’ ERA UNA “RAGAZZA DISINIBITA” E “NON CE’ STATA CRUDELTA'”… TAGLIARLE LA GOLA, FARE A PEZZI CON UNA SEGA IL CORPO E BUTTARLI DA UNA SCARPATA DOPO AVER TENTATO DI BRUCIARLO SARA’ UNA MANIFESTAZIONE “NON CRUDELE”?… IL MAGISTRATO SI DICE PURE “ALLIBITO” PER LE POLEMICHE: “NON TUTTI GLI OMICIDI FINISCONO CON UN ERGASTOLO” (MA SE NON LO DAI PER QUESTO, CHE COSA DEVE FARE UNO PER MERITARLO?)

“Il processo è stato fatto a mia figlia Carol, non a chi l’ha uccisa”: la madre di Carol Maltesi, Giuseppina, è sconvolta da quello che i suoi avvocati le hanno riferito, ovvero le motivazioni, appena depositate, della condanna a 30 anni e non all’ergastolo per Davide Fontana, il vicino di casa ed ex fidanzato della 26enne che lui ha ucciso e fatto a pezzi a Rescaldina alla fine di gennaio del 2022, nascondendone il corpo in alcuni sacchi neri gettati nei boschi e ritrovati dopo tre mesi.
La corte d’assise di Milano ha scritto nelle motivazioni che Fontana, nel commettere l’omicidio, “si è reso conto che la giovane e disinibita Carol Maltesi si era in qualche misura servita di lui per meglio perseguire i propri interessi personali e professionali e che lo aveva usato e ciò ha scatenato l’azione omicida”. Parole che hanno sollevato molte polemiche per i termini usati e anche per la ricostruzione fatta dai giudici.
“Sono veramente distrutta per questa decisione”, ha detto la donna, assistita dall’avvocato Franco Ettore Zannini, a Bresciaoggi. “Non ci sono parole, è una sentenza vergognosa, davvero scandalosa: Carol era una ragazza normale, una mamma bravissima con suo figlio ed era molto presente anche con me. Io soffro di una grave malattia e lei si prendeva sempre cura di me, mi portava in ospedale per le terapie. Ora, dopo tutto ciò che è successo, dopo il suo omicidio, dopo questo processo, le mie condizioni si sono molto aggravate. Si è parlato tanto di Carol, ma qui il mostro è chi l’ha uccisa”.
Carol Maltesi, l’avvocata del figlio: “Se fosse stata una commessa non avrebbe avuto questo trattamento”
Quando a giugno c’era stata la sentenza, che non aveva accolto la richiesta di ergastolo fatta dalla procura, il padre della 26enne aveva commentato amaramente: “Solo 30 anni per un mostro”. Parole che adesso ritornano anche nel dolore dell’ex moglie (i due sono separati da tempo, Fabio Maltesi abita in Olanda) e nella riflessione di Annamaria Rago, l’avvocata che ha rappresentato nel processo l’ex compagno e il figlio – un bambino ancora piccolo – di Carol Maltesi: “Se Carol avesse continuato a svolgere l’attività di commessa, come svolgeva prima della pandemia, a mio avviso, a parità di circostanze, al Fontana sarebbe stato comminato l’ergastolo”.
Perché la ragazza aveva aperto un profilo su OnlyFans e con lo stesso Fontana aveva realizzato diversi video hard: ma a gennaio 2022 aveva deciso di cambiare vita, di trasferirsi in Veneto per crescere suo figlio stando più vicino all’ex compagno. E forse anche per questo aveva comunicato a Fontana la fine del loro rapporto.
Ma per i giudici “non vi fu premeditazione e nemmeno le aggravanti dei motivi futili o abietti e della crudeltà”. Il movente di Fontana – queste le motivazioni – non fu la gelosia (la ragazza aveva anche altri rapporti che l’uomo accettava e insieme realizzavano video hard postati su OnlyFans) ma è da ricercarsi nel fatto che l’uomo “si rese conto che ormai, dopo averlo in qualche misura usato, Maltesi si stava allontanando da lui, scaricandolo” e andando a vivere altrove
“Carol Maltesi disinibita”, le associazioni: “Indignate, è ulteriore violenza”
Ma il termine ‘disinibita’ utilizzato nella sentenza, ha scatenato un mare di polemiche. Simona Lanzoni, vicepresidente della Fondazione Pangea Onlus e coordinatrice della Rete Reama, parla di “stereotipi di genere che colpevolizzano una donna uccisa e giustificano il femminicidio tanto da diminuire la pena e rigettare la richiesta di ergastolo. Una sentenza che non rende giustizia a Carol e a tutte le donne vittime di violenza anzi, perpetra una ulteriore violazione da parte della magistratura che rappresenta lo Stato Italiano e la sua giustizia”.
L’Italia è già condannata dalla Corte europea dei Diritti umani di Strasburgo per giudizi stereotipati su una vittima di violenza il 27 maggio 2021. “Siamo profondamente indignate da questa sentenza – conclude Lanzoni – frutto di una cultura sessista che permea così profondamente la magistratura italiana. Ancora oggi chiediamo giustizia, che sia certa e scevra da ogni stereotipo di genere contro le donne”.
A protestare è anche Stefania Ascari, deputata del Movimento 5 Stelle e membro della Commissione Giustizia. “Carol Maltesi, ragazza di 26 anni – osserva la parlamentare – è stata massacrata, torturata, ammazzata in maniera atroce, nascosta in un congelatore e poi gettata dentro alcuni sacchi in un dirupo: i giudici negano l’ergastolo al suo assassino perché ‘Lei era disinibita, lui si sentì usato, era innamorato perdutamente’ e dunque agì senza premeditazione”.
Sentenza Carol Maltesi, il giudice Fazio: “Allibito dalle polemiche, stessa decisione se fosse stata una suora e non una attrice”
“Stereotipi di genere? Vittimizzazione secondaria? Sono allibito, è il contrario di quello che abbiamo scritto nelle motivazioni. Ora capisco come si poteva sentire un pediatra ai tempi di Erode”. Lo dice in una intervista al Corriere della Sera Giuseppe Fazio, presidente della Corte d’assise di Busto Arsizio, in merito alle motivazione della condanna a 30 anni di Davide Fontana, che ha ucciso e fatto a pezzi Carol Maltesi, e il mancato ergastolo al 44enne. “Sono convinto di non aver mancato di rispetto a nessuno, e non sarebbe stato diverso se la ragazza avesse fatto la suora anziché l’attrice. Non è che ogni processo per un grave delitto debba finire con un ergastolo. Qui abbiano fissato la pena base nel massimo dell’omicidio semplice, 24 anni; e aggiunto il massimo della pena per lo scempio del cadavere, 7 anni più 3 di continuazione. Fanno 34 anni, ma il tetto massimo di legge è 30. Però faccia fare a me ora una domanda: con quale spirito tra pochi giorni la mia Corte d’Assise affronterà un altro processo per un fatto altrettanto cruento? Il giudice non è qui apposta per valutare le circostanze? Se no, ci dicano che possono fare a meno del giudice. E, al suo posto, metterci un juke-box”, aggiunge.
(da La Repubblica)

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LA RAGAZZA PICCHIATA PER STRADA A NAPOLI DAL FIDANZATO: GRAZIE AL VIDEO. IDENTIFICATO E DENUNCIATO

Luglio 14th, 2023 Riccardo Fucile

COSA E’ ACCADUTO A POSILLIPO E PERCHE’ LE DONNE DEVONO DENUNCIARE SENZA SE E SENZA MA, BASTA GIUSTIFICARE I VIOLENTI

C’è voluta una notte per capire come procedere e contro chi.
I carabinieri di Casoria e la quarta sezione della Procura di Napoli, specializzata in violenza di genere, hanno identificato l’uomo di 36 anni che la notte di sabato 8 luglio, in via Orazio, quartiere Posillipo, ha selvaggiamente picchiato una donna di 28 anni e ha poi ha litigato con chi voleva difenderla.
Sono stati analizzati non solo i filmati pubblicati sui social network ma pure quelli delle videosorveglianze di zona. Da lì si è arrivati a identificare auto e targa. Altrimenti sarebbe finito tutto nel nulla.
Cosa sappiamo di questa vicenda? Fanpage.it ha parlato con chi conosce la giovane donna. Il rapporto si sviluppa ad Afragola, i due sono nati nell’hinterland Nord di Napoli e stanno insieme.
Lui sui social network si mostra convinto ed estroso. Ha tante foto con outfit diversi, scrive del tifo per il Napoli, dell’amore per la musica techno, si fa selfie in costume, fa gli auguri alle donne per l’8 marzo. Le forze dell’ordine riferiscono che ha precedenti per spaccio di droga.
Di lei sappiamo che ha 28 anni e lunghi capelli chiari. Lo apprendiamo dal video: la folta chioma letteralmente vola quando lui assesta un potentissimo ceffone che le fa torcere il collo. Lei sui social ha foto in posa, sono scatti ai matrimoni o in un giorno di festa. Ha occhi dolci, nelle immagini è ritratta sorridente, pubblicizza la sua piccola attività artigianale.
Quella dell’8 luglio sarebbe dovuta essere la sera di un “chiarimento” fra i due giovani. Avevano scelto Posillipo per vedersi, avevano l’auto parcheggiata in una zona via Orazio non molto frequentata.
Chi riprende la scena decide di farlo perché è notte, sente le urla dalla strada, si sveglia e capisce che qualcosa di orribile sta accadendo. Se ne deduce che lo scontro fra i due non sarebbe iniziato quando è partita la registrazione del filmato, ma almeno 4-5 minuti prima. Poi c’è il veemente intervento di un gruppo di ragazzi, viene presa a calci la Smart dell’aggressore. Ma non cambia granché nella storia.
Una volta andati via in auto, apprende Fanpage.it, le tensioni fra i due sarebbero continuate, non è chiaro come. Lei sarebbe ricorsa a cure dopo l’aggressione. Sappiamo che la famiglia della donna, dopo l’uscita del video, è letteralmente cascata dalle nuvole. Sappiamo anche vi è un sospetto legittimo: le violenze di quella sera potrebbero non essere un caso isolato.
Lei non ha denunciato inizialmente il suo aggressore. Aveva ancora tempo per farlo e lo ha fatto praticamente una settimana dopo, esploso il bubbone mediatico, convinta da un parente. Alcune delle persone con cui Fanpage.it ha parlato spiegano che la vittima avrebbe promesso a chi esprimeva legittima preoccupazione: «valuterò di lasciarlo». Ora la speranza è riposta negli inquirenti: con le parole giuste, quelle necessarie in questi casi, forse sapranno farle capire quanto ha rischiato e quanto rischia ancora.
Francesco Borrelli ha diffuso il video: grazie al deputato napoletano questa storia non è finita nel dimenticatoio. Borrelli, raggiunto telefonicamente, spiega di aver parlato con i familiari della donna picchiata, sconvolti per l’accaduto.
Ed è a lei che ora il parlamentare si appella, chiedendole di denunciare:
“Lei è restia a denunciare ma quel suo pseudo-fidanzato che è un soggetto violento e pericoloso e non può passarla liscia, deve essere denunciato. Noi abbiamo fatto in ogni caso segnalazione alla Questura ma non basta. Ovviamente lei va aiutata e non bisogna gettarle addosso la croce, si ricordi che la vittima è lei, ma è appunto per questo che deve trovare in sé la forza di reagire e sporgere denuncia e i suoi familiari, amici e conoscenti devono sostenerla in questo. Tutti dobbiamo farlo. Il confine tra uno schiaffo e qualcosa di più violento e drammatico a volte è molto sottile e noi non permetteremo che questa vicenda si concluda così e finisca nel dimenticatoio. È il momento di dare davvero un segnale forte contro la violenza sulle donne. Le facciamo un appello pubblico: denuncia. Fallo per te e per aiutare anche la persona che ti ha fatto del male che deve pagare ed essere fermato”
(da Fanpage)

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LA CASTA SI RIPRENDE TUTTO: NON SOLO L’ABOLIZIONE DEL TAGLIO DEI VITALIZI AL SENATO E L’AUMENTO DELLE INDENNITÀ DEI CAPIGRUPPO ALLA CAMERA, DAL FRIULI ALLA SICILIA SI MOLTIPLICANO LE NORME PER AUMENTARE I COMPENSI DEGLI AMMINISTRATORI

Luglio 14th, 2023 Riccardo Fucile

A ROMA I CONSIGLIERI COMUNALI LO SCORSO APRILE HANNO APPROVATO UNA DELIBERA CHE PREVEDE QUASI IL RADDOPPIO DELLO STIPENDIO… E IN SICILIA L’AUMENTO DI 850 EURO È RIMASTO NELLE BUSTE PAGA DEI 70 DEPUTATI

L’abolizione del taglio dei vitalizi al Senato e l’aumento delle indennità dei capigruppo alla Camera sono soltanto l’epilogo di un movimento in corso e da mesi in tutto il Paese, dai consigli regionali ai Comuni.
Un movimento politico trasversale che dopo gli anni del grande vento dell’anticasta, dei tagli “ai privilegi” rispetto al mondo reale, si sta riprendendo “tutto quello che era suo”.
Dal Friuli Venezia Giulia alla Sicilia, da Verona a Roma, in questi ultimi tempi è tutto un florilegio di norme per aumentare gli stipendi di governatori, consiglieri regionali, sindaci, assessori e consiglieri comunali. In alcuni casi con cifre fuori da qualsiasi paragone con qualsiasi altro comparto del mondo reale.
L’ultimo aumento in ordine di tempo è stato varato in Friuli Venezia Giulia, dove è stato adeguato all’inflazione l’assegno dei vitalizi per gli ex componenti del consiglio regionale. A protestare la capogruppo del Movimento 5 stelle che ha chiesto, invano, l’approvazione di una norma per evitare questi aumenti repentini: «Nel giro di pochi mesi gli ex consiglieri regionali si sono visti aumentare la propria quota di assegno mensile dell’8,1 per cento», ha detto Rosaria Capozzi.
In Toscana l’aumento dei vitalizi e dello stipendio dei consiglieri regionali è stato bloccato in extremis con una norma non impugnata dal governo Meloni: segnale che quindi, se si vuole, certi automatismi si possono bloccare.
In Sicilia, infatti, li hanno bloccati: ma per finta. Lo scorso gennaio, approvando il bilancio interno dell’Assemblea regionale, i 70 deputati non si erano accorti, dicono i più, che era scattato un adeguamento legato all’inflazione corrente con un incremento di 850 euro al mese del loro già “discreto” assegno pari a 9 mila euro netti al mese (tra diaria e indennità).
Dopo le polemiche, qualcuno ci ha messo la faccia: «Questo Parlamento subisce attacchi ingiustificati per un automatismo previsto da una legge di nove anni fa – ha detto Antonello Cracolici del Partito democratico – sono un uomo libero e difendo l’autonomia di questa Assemblea ».
Il presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno di Fratelli d’Italia, anche su spinta della leader del partito Giorgia Meloni, attacca la Casta (sic) proponendo il voto di una norma riparatrice: «Abbiamo congelato l’adeguamento Istat per 4 anni», dice soddisfatto dopo il voto. Peccato però che il ”congelamento” non riguarda l’aumento di 850 euro che è rimasto nelle buste paga dei 70 deputati. Ma solo adeguamenti futuri.
Alcuni consigli regionali si sono aumentati lo stipendio di “soli” 300 euro, come in Sardegna. Altri hanno legato l’aumento futuro “a un analogo adeguamento degli stipendi dei dipendenti regionali”, come in Trentino Alto Adige, dove comunque i vitalizi sono stati incrementati del 3,8 per cento per tre anni.
In alcune Regioni ci si era portati avanti per tempo: come nel consiglio regionale della Puglia, che già lo scorso anno aveva votato all’unanimità il ripristino di una indennità abolita nel 2013: l’assegno di fine mandato. Stesso discorso sta avvenendo in decine di Comuni, comunque, come previsto da una norma generale dello Stato del 2021. Ma spesso senza badare davvero alla reale situazione economica degli enti locali.
A Roma i consiglieri comunali lo scorso aprile hanno approvato una delibera che prevede quasi il raddoppio dello stipendio (fino a 3.500 euro), dopo che in un primo tentativo era stato bocciato dalla Corte dei conti perché “mancava la previsione della spesa”. A Verona con una determina del segretario generale hanno stabilito le nuove indennità: lo stipendio del sindaco è aumentato da 6.767 euro a 9.672 al mese. A Palermo i consiglieri i comunali hanno fatto una sorta di sciopero bianco e per diverse settimane non si è raggiunto il numero legale delle sedute.
Adesso è arrivata la promessa che almeno il 50 per cento dell’aumento dell’indennità sarà garantito grazie ai fondi stanziati dalla Regione (che, per inciso ha un debito di 5 miliardi di euro). Sì, il vento è cambiato dopo qualche anno di tagli e adesso la politica avvia la lotta all’inflazione: ma per se stessa innanzitutto.
(da La Repubblica)

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I PM DI MILANO STANNO VALUTANDO DI CHIEDERE AL SENATO IL SEQUESTRO DEL CELLULARE DI LEONARDO LA RUSSA, MA SPERANO CHE SIA LUI A CONSEGNARLO PER PRIMO

Luglio 14th, 2023 Riccardo Fucile

MA SE NON SI HA NULLA DA NASCONDERE PERCHE’ NON LO SI CONSEGNA SENZA TANTE PALLE? E’ NORMALE CHE UN 22ENNE CON DISPONIBILITA’ ECONOMICHE USI UNA SIM INTESTATA AL PADRE?

La procura di Milano starebbe valutando una eventuale richiesta alla Giunta per l’autorizzazione a procedere del Senato per poter sequestrare il cellulare di Leonardo Apache La Russa, la cui sim è intestata al padre Ignazio, presidente del Senato.
Secondo quanto si è appreso la necessità di effettuare accertamenti sullo smartphone del 21enne, indagato per violenza sessuale in seguito alla denuncia di una sua ex compagna di scuola, non è immediata.
Prima di rivolgersi al Parlamento inquirenti e investigatori stanno dando possibilità al giovane di consegnare autonomamente il suo cellulare.
Se la difesa che Ignazio La Russa ha fatto del figlio (“l’ho interrogato, sono certo che non ha compiuto atti penalmente rilevanti”, la ragazza invece…) aveva indignato molti, il fatto che la seconda carica della Repubblica, capo dello Stato quando Mattarella non c’è, regali Sim “protette” alla prole e chissà se anche ad altri è di una leggerezza imperdonabile e di una gravità enorme.
Qualcuno si riempie la bocca di parole come Nazione, Patriota, Onore, Legge, Ordine, in realtà ha zero virgola di senso dello Stato e rispetto delle istituzioni e della democrazia.
(da agenzie)

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MUORE IL KILLER MAFIOSO DI LEA GAROFALO, IL SINDACO FA I MANIFESTI A LUTTO PER LA FAMIGLIA

Luglio 14th, 2023 Riccardo Fucile

LA VITTIMA SI E’ SUICIDATO IN CARCERE DOVE SCONTAVA L’ERGASTOLO

Rosario Curcio, uno degli autori dell’omicidio di Lea Garofalo, si è suicidato in carcere lo scorso 30 giugno.
Il sindaco di Petilla Policastro, il paese di origine delle sua famiglia in provincia di Crotone, ha deciso di far stampare i manifesti funebri per “partecipare al dolore che ha colpito la famiglia per la perdita del caro congiunto”. Subito è scoppiata la polemica, visto che si tratta di un condannato in via definita all’ergastolo per uno dei più famosi femminicidio, maturato per di più nell’ambito mafioso.
Rosario Curcio stava scontando la pena dell’ergastolo nel carcere di Opera, in provinicia di Milano. Lo scorso 30 giugno, però, è stato trovato impiccato nella sua cella. E il 12 giugno, espletate tutte le formalità necessarie dopo un suicidio in carcere, si sono svolti i funerali nel suo paese di origine: a Camellino, frazione di Petilla Policastro, in provincia di Crotone.
Per l’occasione il Comune di Petilla ha fatto stampare e affiggere i manifesti funebri: “Il sindaco Simone Saporito e l’Amministrazione comunale partecipano al dolore che ha colpito la famiglia Curcio per la perdita del caro congiunto”, si legge. E subito è scoppiata la polemica.
Curcio nel 2014 era stato condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio di Lea Garofalo, in quanto era stato riconosciuto come la persona che ha materialmente sciolto nell’acido il corpo della donna. Inoltre quel femminicidio è maturato nell’ambito mafioso, in quanto Lea Garofalo aveva deciso di separarsi del boss Carlo Cosco e denunciarlo.
La risposta del sindaco
La sezione provinciale del Partito democratico ha immediatamente chiesto le dimissioni di Simone Saporito, che è esponente di una lista civica vicina alla destra. “Esprimere vicinanza e dolore per la scomparsa di un soggetto già condannato per efferati crimini che hanno recato sdegno nell’intera comunità nazionale è inaccettabile. La provincia di Crotone non merita amministratori che gettano discredito sull’intera Regione”, ha detto il segretario di federazione dem Leo Barberi.
Ma il sindaco minimizza l’accaduto: “Lo facciamo per tutti i nostri concittadini”. “Da quando è scoppiata la pandemia – spiega Saporito – come Amministrazione comunale abbiamo fatto un accordo con le agenzie di pompe funebri per fare i manifesti di vicinanza per tutti i funerali che si celebrano in città. L’opportunità di fare il manifesto è in effetti opinabile, ma noi abbiamo fatto il manifesto a tutti. Perché a lui no? Davanti alla morte si è tutti uguali. Sarebbe stata una discriminazione al contrario non farlo”.
(da Fanpage)

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