Destra di Popolo.net

L’ACCORDO FARSA TRA UE E TUNISIA: IL PAESE E’ IN DISSESTO, CON 300 MILIONI NON ARRIVA A FINE ANNO

Luglio 16th, 2023 Riccardo Fucile

IL POCO AFFIDABILE PRESIDENTE TUNISINO NON VUOLE ATTUARE LE RIFORME CHIESTE DAL FMI … IN CAMBIO DOVREBBE LIMITARE L’AFFLUSSO DI MIGRANTI, UNICA COSA CHE INTERESSA AL GOVERNO SOVRANISTA… MA GLI SBARCHI CONTINUANO: 802 IN 24 ORE

All’incirca 300 milioni di euro. A tanto ammonta il valore degli accordi compresi nel memorandum d’intesa in cinque pilastri, firmato oggi a Cartagine da Ursula von der Leyen, Giorgia Meloni, Mark Rutte e il presidente tunisino Kais Saied.
Restano esclusi i 900 milioni di assistenza macro-finanziaria promessi da Bruxelles, ma vincolati al raggiungimento di un’intesa tra Saied e il Fondo monetario internazionale per la concessione di un prestito di 1,9 miliardi di dollari in cambio di riforme.. Resta un piccolo accordo, da implementare. Il ‘team Europe’, come il trio si definisce sui social al netto di ben tre visite insieme in Tunisia, è disposto a tutto purchè Saied fermi i flussi dei migranti che dall’Africa subsahariana vogliono arrivare in Ue. Nelle dichiarazioni finali alla stampa, il presidente tunisino mette in mostra il suo potenziale sull’Unione: da oggi il suo potere contrattuale è aumentato tanto che si permette di contestare pubblicamente le richieste del Fondo monetario internazionale, rivelandosi ancora una volta un’incognita sul futuro del suo paese, con elementi certi di discriminazione verso i profughi che premono sulle frontiere.
Il presidente si sente forte del nuovo accordo con il ‘team Europe’, lo usa come leva per tirare la corda nel negoziato con il Fmi che chiede riforme, privatizzazioni e iniziative che lo costringerebbero a eliminare i sussidi per la popolazione. La giornata di oggi silenzia i suoi discorsi anti-immigrazione (l’ultimo ieri), che secondo le organizzazioni dei diritti umani sarebbero alla base dell’escalation di violenza contro i migranti in Tunisia.
Il memorandum firmato, su 5 pilastri, prevede 150 milioni di euro per un “sostegno al bilancio nel contesto di un’agenda di riforme” come assistenza bilaterale per il 2023.
Il documento prevede “un accordo globale sul trasporto aereo o ‘Open Sky Agreement’. “Il cavo digitale Medusa con connessione a banda larga ad alta velocità e il settore digitale potrebbero essere sostenuti attraverso programmi su misura, in particolare per gli istituti di ricerca e istruzione”, si legge nel Memorandum, che prevede anche: “Individuazione degli investimenti infrastrutturali chiave. Un possibile accordo di investimento sostenibile per facilitare gli investimenti in tecnologie pulite, la promozione delle energie rinnovabili e l’accesso alle reti energetiche. Un forum per gli investimenti con le istituzioni finanziarie internazionali e il settore privato”.
Si punta poi a rafforzare la cooperazione in ambito energetico sulle rinnovabili
Il capitolo immigrazione prende 105 milioni di euro. “Il nuovo consistente pacchetto di sostegno finanziario dell’Ue per il 2023 di 105 milioni di euro, che quasi triplica il finanziamento medio annuo per la migrazione degli ultimi due anni”, si legge.
L’accordo prevede: “lavoro congiunto sulla migrazione per combattere l’immigrazione irregolare da e verso la Tunisia e sulla prevenzione della perdita di vite umane in mare, compresa la lotta contro i trafficanti e trafficanti di esseri umani, rafforzando la gestione delle frontiere, la registrazione e il rimpatrio nel pieno rispetto dei diritti umani”.
È Mark Rutte infatti a sottolineare che “adesso tocca agli Stati membri dell’Ue approvare l’accordo raggiunto tra la Commissione Ue e la Tunisia, sono fiducioso che avrà un ampio supporto”.
Ma le Regioni non ci stanno e contestano la gestione dall’alto: “In merito alla collocazione dei migranti nei territori bisogna evitare decisioni calate dall’alto. C’è bisogno di una collaborazione che porti a scelte prese di comune accordo, tra governo e regioni”, fanno sapere i governatori, alla luce dell’aumento considerevole di sbarchi in Italia.
I governatori sarebbero divisi tra la linea di quelli del centrosinistra, che intendono gestire autonomamente le collocazioni, e quelli di centrodestra, in particolare la Lega, che lamenterebbero il malfunzionamento del sistema di accoglienza diffusa.
(da Huffingtonpost)

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PERCHE’ IL FRECCIAROSSA DA ROMA A POMPEI E’ SOLO L’ULTIMO SPOT ELETTORALE DEL GOVERNO MELONI

Luglio 16th, 2023 Riccardo Fucile

RIDICOLA UNA PARTENZA AL MESE, SERVE SOLO AD ALIMENTARE LA RETORICA TRIONFALISTICA DEL GOVERNO

Una promozione in pompa magna, quella del treno ad alta velocità che collega Roma direttamente a Pompei. Oggi Giorgia Meloni e il ministro Gennaro Sangiuliano sono partiti dalla stazione Termini per inaugurare la nuova tratta ad alta velocità che porta al famoso sito archeologico.
Ci vorranno meno di due ore per arrivare alla stazione di Pompei, dove sarà presente una navetta, il Pompei Link, per portare i turisti direttamente agli scavi. Ma il tanto atteso treno partirà una sola volta al mese.
E nel frattempo i collegamenti tra Pompei e Napoli, da dove normalmente partono i turisti per visitare il sito, rimangono precari tra mille malfunzionamenti e problematiche. In tutto questo i giornalisti, che volevano documentare la passerella di Meloni e Sangiuliano, sono stati tenuti a debita distanza, stipati in un vagone lontano da quello su cui viaggiavano la presidente del Consiglio e il ministro.
“È qualcosa che viene nello spirito dell’articolo 9 della Costituzione che ci impegna a tutelare e sviluppare il patrimonio artistico della Nazione, anche aumentandone l’accessibilità”, ha detto Sangiuliano.
Va però precisato, appunto, che il Frecciarossa Roma – Pompei, che impiega per la precisione un’ora e 47 minuti, partirà esclusivamente la terza domenica di ogni mese. Per gli altri 29 o 30 giorni sul calendario i turisti dovranno comunque affidarsi alle altre rotte e collegamenti, che già esistono.
“Quando c’era Lei i treni arrivavano… una volta al mese! Sembra una barzelletta: la tratta Roma-Pompei che Meloni e Sangiuliano stanno inaugurando tra gaffes e disorganizzazione fantozziana, già domani non sarà più attiva. Partirà una volta al mese, ogni terza domenica”, scrive il segretario di +Europa, Riccardo Magi, su Twitter.
E ancora: “In pratica, visto che siamo a luglio, il prossimo viaggio del “Meloni Express” partirà a fine agosto… a stagione estiva conclusa. Che dire? Un altro grande primato del Made in Italy del nostro governo di Patrioti della domenica. Anzi, Patrioti di ogni terza domenica del mese!”.
Da Roma ci si può recare a Pompei prendendo l’alta velocità fino a Napoli, per poi cambiare e salire su un treno regionale o sulla metropolitana dalla stessa stazione centrale di Piazza Garibaldi. Soluzioni che, a livello di tempistiche, non sono molto differenti: prendendo la Circumvesuviana dopo il Frecciarossa delle 10.35, ad esempio, ci si dovrebbe impiegare un’ora e 59 minuti. O due ore e 11 minuti con altri treni. Parola di Trenitalia.
Certo, spesso il servizio non funziona come dovrebbe e le tempistiche si allungano. Le linee ferroviarie della Circumvesuviana, che vengono utilizzate tanto dai turisti quanto dai residenti di Napoli e dintorni, spesso e volentieri registrano guasti e malfunzionamenti. C’è chi, allora, si chiede come mai il governo non abbia piuttosto deciso di investire per migliorare i collegamenti già esistenti, che continueranno ad essere utilizzati dalla stragrande maggioranza delle persone per tutto il mese, invece del nuovo Frecciarossa per solo 12 volte all’anno.
Sembra allora che il grande evento organizzato da Meloni e Sangiuliano, con tanto di sfilata per gli scavi, non sia stato più che altro uno spot elettorale, che però non faciliterà davvero l’accesso al sito di Pompei. Ma alimenta solo la retorica trionfalista del governo.
Tra le voci critiche anche quella del segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni. Che ha scritto su Twitter: “Ma per un viaggio al mese di un Frecciarossa a Pompei non avranno un poco esagerato Meloni e Sangiuliano? Solidarietà ai giornalisti al seguito, evidentemente Palazzo Chigi usa il protocollo Orban. Quando i potenti fanno così è perché hanno paura della realtà”.
Il riferimento è alle condizioni in cui si è trovata la stampa che ha cercato di documentare il tutto stamattina. Palesemente poco graditi, i giornalisti sono stati stipati e chiusi in un vagone prima dell’arrivo della delegazione del governo. Tra cui mancava, tra l’altro, la ministra del Turismo, Daniela Santanchè.
(da Fanpage)

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IL CALO DEL “CORRIERE”, IL BOOM DEL “CORRIERE DELLO SPORT” (+18%) E QUELLO DI “LIBERO” (+14%)

Luglio 16th, 2023 Riccardo Fucile

NESSUN EFFETTO CURIOSITA’ PER “IL RIFORMISTA”, IL GIORNALE DIRETTO DA MATTEO RENZI MALGRADO LA CAMPAGNA PUBBLICITARIA INSISTENTE E LE OSPITATE

A maggio 2023, come da rapporto Ads – Accertamenti Diffusione Stampa – pubblicato qualche giorno fa da Prima Online, Il Corriere della Sera domina ancora una volta la classifica relativa alla diffusione dei quotidiani cartacei + digitali, subendo però un calo del 3.89% rispetto al maggio 2022.
Crescono invece dall’anno scorso, fra gli altri, La Gazzetta dello Sport (+ 53.23%), La Repubblica (+ 14.20%), Avvenire (+ 0.08%), Il Fatto Quotidiano (+ 1.58%) e Il Corriere dello Sport (+ 18.00%).
Perdono terreno, fra gli altri, Il Sole 24 Ore (- 6.63%), La Stampa (- 10.42%), Il Messaggero (- 5.21%).
Nella classifica che riguarda soltanto le vendite individuali cartacee, come si evince nelle tabelle elaborate da Prima Online, si registra invece l’exploit di Libero che cresce del 14.49% rispetto al maggio dello scorso anno, unico dei tre quotidiani assieme al Corriere dello Sport (+ 12.10%) e al Mattino (+ 8.64%) ad aumentare le proprie vendite in edicola.
Grandi assenti dalla classifica come nel 2022, i quotidiani Il Foglio, il Domani e Il Riformista da qualche mese diretto da Matteo Renzi. Per quest’ultimo si attendevano per l’appunto i dati relativi al maggio 2023, mese in cui il leader di Italia Viva ha preso le redini del quotidiano.
Purtroppo per Renzi, malgrado la campagna pubblicitaria e promozionale inusitata (e finanche televisiva su Rai1 nel momento di maggior ascolto nei Cinque Minuti di Bruno Vespa dopo il Tg1) e malgrado il cambio al vertice, Il Riformista non sfrutta neppure “l’effetto curiosità” e continua come l’anno scorso a non essere rilevato – né rilevante.
(da Dagoreport)

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NON SAREBBE ORA DI AMMETTERE CHE IL VATICANO NON HA MAI AVUTO NULLA A CHE FARE CON EMANUELA ORLANDI?

Luglio 16th, 2023 Riccardo Fucile

TRA MAGGIO E GIUGNO 1983, NEI QUARTIERI LIMITROFI ALLA BASILICA DI SAN PIETRO, SONO SCOMPARSE 16 RAGAZZE, TRA LE QUALI LA ORLANDI, CON UN’ETÀ TRA I 14 E I 18 ANNI. NESSUNA È MAI STATA RITROVATA

Prendete come centro la Basilica di San Pietro, tracciatevi intorno una circonferenza di un chilometro e mezzo: tra maggio e giugno del 1983, da dentro quel perimetro, sono scomparse sedici ragazze, tra le quali Emanuela Orlandi, con un’età tra i quattordici ed i diciotto anni. Nessuna di loro è mai stata ritrovata, ammesso che qualcuno le abbia cercate per davvero.
Se appena appena si allarga il cerchio, ma neanche più di tanto, e vi si aggiunge due o tre quartieri limitrofi, dal 1982 al 1983, lo studio accerta che “nell’area geografica presa in considerazione sono stati identificati i casi salgono a 34, tutte ragazze con una età media di 15,7 anni. Nessuna è mai stata ritrovata.
I dati sono stati verificati di recente da uno studio dell’agenzia specializzata NeuroIntelligence e condotta dai criminologi Franco Posa e Jessica Leone su incarico dell’avvocato penalista Valter Biscotti.
I dati sono pubblici e sono stati riportati da servizi dell’Ansa, ma i giornali hanno preferito seguire la sacra rappresentazione del “daje all’infame Vaticano” messa in scena nella sala dell’Associazione della Stampa Estera con la gentile collabo-razione dalla giornalista turca (e filo Erdogan) Esma Cakir.
Poi sui giornali arrivano anche le opinioni dei poliziotti che avrebbero indagato (indagato?) sul caso, gettano accuse sulla pedofilia dei preti, e accusano il Vaticano di reticenza. Nel 1983 la Gendarmeria Vaticana non esisteva: l’aveva abolita Paolo VI nel 1964 e sostituita con una guardiania giurata chiamata Servizio di Vigilanza Vaticana e il Tribunale esisteva solo sull’Annuario Pontificio.
La gendarmeria sarà ristrutturata anni dopo, quando il commendator Cibin fu sostituito dal “comandante” Domenico Giani. Il crimine della Orlandi è stato commesso fuori le sacre mura, e in Italia vige il principio del “locus commissi delicti”: indagano gli organi competenti sul territorio.
E la Procura di Roma per tre volte ha indagato e archiviato il caso perché le ipotesi ventilate non hanno trovato alcun riscontro nei fatti. E figuriamoci se gli scalcagnati vigilantes apri portone del Vaticano avrebbero potuto fare meglio di carabinieri, polizia, servizi e magistrati italiani.
Inoltre, 1 agosto 1983 sul settimanale Panorama uscì un articolo a firma Marina Bussoletti e Bruno Ruggiero dal titolo “Emanuela e le altre” nel quale, partendo dal caso Orlandi che aveva già conquistato la ribalta mediatica, ci si soffermava sui duemila minorenni spariti in Italia, quell’anno, fino a quel momento, “in maggioranza ragazze”.
Sono state tutte ritrovate? Morale della storia, commissione parlamentare, famigliari, avvocati, giornalisti, amici e benefattori compresi?
Quando la merda è tanta, le mosche accorrono numerose…
(da Dagoreport)

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TAJANI È STATO APPENA ELETTO SEGRETARIO E GIÀ PENSANO A COME FARGLI LE SCARPE

Luglio 16th, 2023 Riccardo Fucile

LA CORRENTONA DI LICIA RONZULLI PREPARA UNA CANDIDATURA ALTERNATIVA AL CONGRESSO DEL PROSSIMO ANNO… AL CONSIGLIO NAZIONALE ERA ASSENTE MARTA FASCINA, MA I SUOI “BOYS” SI MUOVEVANO COME UNA FALANGE

Nella sala dove si consuma il pranzo, si vedono plasticamente i rapporti di forza del congresso venturo, straordinariamente sbilanciati a favore di Tajani, che ha il sostegno della famiglia Berlusconi e che ha portato a casa il primo round sui tempi della contesa («Prima delle Europee»), che l’ala Ronzulli-Mulè-Cattaneo avrebbe volentieri dilatato fino a dopo il voto.
Da quest’ultimo fronte verrà fuori una candidatura alternativa, probabilmente una donna, che sia la stessa Ronzulli o una carta da pescare nella società civile; in ogni caso si paleserà nelle prossime settimane, comunque prima della fine dell’estate.
I giovani leoni segnati dal marchio «area Fascina» — Alessandro Sorte, Stefano Benigni, Tullio Ferrante — si muovono come una falange e discettano di tessere, delegati ai congressi, del loro peso specifico nel fronte Tajani, dove puntano a unire le forze di Lombardia e Campania.
«Non lasceremo nessun pezzo per strada», dicono. Un pezzo di delegati del Centro-Sud in realtà si era perso, all’inizio della giornata, ritardando l’inizio del consiglio nazionale.
Qualche anonimo bontempone forzista, forse come omaggio alla predilezione di Berlusconi per le barzellette, ne aveva creato una vivente, scambiando le etichette adesive dell’ascensore dell’albergo.
E così più d’uno era finito suo malgrado a cercare il consiglio nazionale sull’uscio della rinomata sala massaggi dell’hotel, prima di venire spedito dagli inservienti due piani più sotto.
(da Il Corriere della Sera)

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MARCO TRAVAGLIO: “È POSSIBILE CHE IL SENATO, PRESIEDUTO DAL PADRE DELL’INDAGATO, DEBBA PRESTO VOTARE SU UNA O PIÙ RICHIESTE DEI PM CHE INDAGANO SUL FIGLIO”

Luglio 16th, 2023 Riccardo Fucile

SARÀ DURA INTONARE IL CORETTO DELLA PERSECUZIONE GIUDIZIARIA. CHE FARÀ IL PARTITO CHE FINO ALL’ALTROIERI INVOCAVA PER GLI STUPRATORI 40 ANNI DI GALERA E LA CASTRAZIONE CHIMICA? RIUSCIRANNO I NOSTRI EROI A METTERSI NEI GUAI DA SOLI UN’ALTRA VOLTA?

Un minuscolo rettangolino di plastica rischia di incenerire il pochissimo che resta di uno dei rarissimi pregi della destra postfascista: quello che i fessi chiamano “giustizialismo” e che invece è (anzi era) solo legalitarismo. Quello che portò il giovane Borsellino a iscriversi al Fronte della Gioventù e a frequentarne le feste fino al 1990.
Quello che nel 1992 portò il Msi dalla parte del pool Mani Pulite e contro l’immunità parlamentare (abolita nel ’93 a furor di popolo su pressione soprattutto di Lega e Msi). Quello che, dopo troppi compromessi, tornò in mente a Fini nel 2010, quando ruppe con B. sulla lotta alla mafia e all’impunità.
Il rettangolino di plastica è la scheda sim dello smartphone consegnato l’altroieri da Leonardo Apache La Russa ai pm milanesi. La sim è intestata alla società che controlla lo studio legale La Russa, di cui il presidente del Senato è azionista.
Con un’interpretazione molto generosa dell’articolo 68 della Costituzione, la Procura ha ritenuto che la sim non potesse essere sequestrata senza il permesso del Senato, anche se la usava solo Leonardo.
E anche se l’immunità rimasta copre solo i parlamentari e solo per intercettazioni, misure cautelari e processi per opinioni e voti espressi nell’esercizio delle funzioni: non gli oggetti a essi riferibili in uso ad altri. Altrimenti che si fa se un eletto compra un’auto e la presta a qualcuno che investe un passante e lo ammazza o fa una rapina in banca?
Ma ora, se scopriranno che sullo smartphone manca qualcosa di utile all’indagine che può essere memorizzato solo sulla sim, chiederanno al Senato l’autorizzazione a sequestrarla. E ad acquisire chat su (o con) Ignazio e tabulati telefonici.
Quindi è possibile che il Senato, trasformato in Fort Apache e presieduto dal padre dell’indagato, debba presto votare su una o più richieste dei pm che indagano sul figlio. Con lunga scia di imbarazzi per Meloni e FdI, ma anche per Lega e FI. Sarà dura intonare il coretto della persecuzione giudiziaria, trattandosi di verificare la denuncia di una ragazza che sostiene di essere stata stuprata. Non da un parlamentare sacro e inviolabile, ma da un cittadino comune.
Che farà a quel punto il partito che fino all’altroieri, per bocca di Meloni, Santanchè e pure La Russa, invocava per gli stupratori 40 anni di galera e la castrazione chimica?
Riusciranno i nostri eroi a mettersi nei guai da soli un’altra volta, o già oggi La Russa padre e figlio correranno in Procura per cacciare la sim?
Marco Travaglio
(da il Fatto Quotidiano)

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LA SURREALE GIORNATA VISSUTA OGGI DAI GIORNALISTI CHE HANNO DOVUTO SEGUIRE GIORGIA MELONI A POMPEI: TRATTATI COME COMPARSE, MANCO FOSSIMO NELLA CINECITTÀ DEL DOPOGUERRA

Luglio 16th, 2023 Riccardo Fucile

L’EFFETTO È QUELLO DEL CINEGIORNALE LUCE: ENTRANO SOLO QUELLI CHE LAVORANO PER LE VELINE DI REGIME, GLI ALTRI (TG1 COMPRESO) POSSONO ASPETTARE FUORI, DOVE FANNO 40 GRADI

Sarà stato un modo, davvero singolare, di festeggiare i 40 anni del film di Renzo Arbore “F.F.S.S. Cioè che mi hai portato fare sopra a Posillipo se non mi vuoi più bene?” oppure quella del ministro Genny Sangiuliano andata in scena domenica è una semplice cafonata da intitolare “F.F.S.S. Cioè che mi hai portato a fare a Pompei se non mi fai vedere gli scavi?”
Già, perché con un treno graziosamente concesso da Luigi Ferraris, il numero uno di Ferrovie, da Roma Termini a Pompei, facendo una sosta a Napoli, sono stati condotti all’area archeologica tantissimi giornalisti, attirati dalla possibilità di vedere gli scavi e i più recenti restauri, quelli tanto propagandati da Massimo Osanna, “il direttorissimo dei musei italiani”.
Già alla partenza ecco i primi problemi: c’è Giorgia Meloni, presenza anticipata dal quotidiano “Il Mattino”, e la sicurezza è stata aumentata a livelli esponenziali. Qualcuno prega: “Mi sembra di tornare ai tempi di Mario Sechi, quando non funzionava nulla, come all’esordio con la conferenza di Cutro, in Calabria”.
Esortazione inutile: Sechi appare all’improvviso, c’è, si fa notare, sta sempre accanto alla premier e, dicono i bene informati, “deve parlare con Arianna Meloni”. I maligni subito dilagano: “Mi sa che con gli Angelucci gli è andata male e torna all’ovile di Palazzo Chigi”, è l’affermazione più gettonata.
Non c’è Daniela Santanché, e i più astuti dicono: “Giorgia, con questa mossa, si presenta nei fatti come ministro ‘ad interim’ del turismo, Danielona ce la siamo giocata, è stato un dis-piacere”.
Giornalisti trattati come comparse, della serie “nun te move, fermate lì che sinnò te corco, ce sta er nastro che non devi oltrepassà”, manco fossimo nella Cinecittà del dopoguerra.
Viaggio sul filo dei 300 km/h, tranne dopo Napoli quando si deve marciare a passo d’uomo passando per Torre Annunziata, fino a quando il treno è stato parcheggiato nella stazione, con le ovvie proteste della popolazione indigena che è stata costretta ad aspettare il passaggio dei vip con i pullman fino agli scavi.
La promessa di visitare Pompei? Totalmente rimangiata: solo i vip entrano, con Gennarino o’ministro che scorta, dal suo piccolo, la Meloni, e poi Osanna, il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, l’ex presidente di Confindustria Antonio D’Amato, l’ex numero uno di Federterme Costanzo Jannotti Pecci (quello che appena insediato all’Unione Industriali di Napoli ha visto scappare i migliori associati, tra tutti Nicola Arnone di Acqua Lete) e varia umanità, utile per le prossime elezioni alle quali si presenterà Sangiuliano.
Da Roma erano arrivati alcuni decani del giornalismo, come Wolfgang Achtner per la stampa estera, e Mimmo Frassineti, gigante della fotografia dedicata all’arte. Niente da fare: tutti fuori, in attesa dell’uscita delle autorità, tra le sfogliatelle De Vivo e bottiglie d’acqua.
Nemmeno il Tg1 viene fatto entrare: Massimo Mignanelli attende con ansia e nel frattempo si disseta. Altri tirano giù tutti i santi del paradiso. L’effetto è quello del Cinegiornale Luce: entrano solo quelli che lavorano per Palazzo Chigi e per il ministero, per le veline di regime, gli altri possono aspettare fuori, dove fanno 40 gradi. Alcuni progettano di attraversare la strada per entrare nel Carrefour, “almeno lì farà fresco”.
Il tour melonian-sangiulianesco è lungo: gli operatori tv e i fotografi travolgono le transenne e si scatena il putiferio.
Brevi dichiarazioni, i politici scappano a bordo di auto blu sotto gli occhi compiaciuti della cerimoniera di Ferrovie, Olivia Tassara. A proposito, molti chiedono “chi è quel signore alto sempre accanto a Gennarino, che non lo molla un attimo e sale in auto con lui?” La risposta ve la diamo noi, è Gianmarco Mazzi, sottosegretario alla Cultura. La vogliamo fare o no una stagione di grandi concerti a Pompei?
(da Dagoreport)

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CONTE ATTACCA: “GRAVE CHE LA MELONI ALZI LA CONFLITTUALITA’ CON LA MAGISTRATURA”

Luglio 16th, 2023 Riccardo Fucile

“VUOLE GARANTIRE L’IMPUNITA’ ALLA SUA CRICCA”

“Meloni ci ha precipitato nell’ennesima conflittualità con la magistratura. Vuole garantire l’impunità ai suoi sodali e alla sua cricca”.
Ad accusare la premier è Giuseppe Conte che, intervenendo a SkyTg24, si inserisce nelle polemiche suscitate dal ministro Carlo Nordio e dalla sua riforma della giustizia, nonché dalle accuse contro le toghe sulle inchieste in corso riguardanti esponenti del governo che ha suscitato l’immediata e sdegnata reazione dell’Anm. Per non parlare della nota di Palazzo Chigi (rivendicata nei giorni scorsi da Meloni e dallo stesso Guardasigilli) contro i magistrati che indagano sui casi Santanchè e Delmastro, accusati di “di svolgere un ruolo attivo di opposizione” con le loro inchieste.
“Qualcuno si è illuso che ci fosse una svolta, che si potesse impostare un discorso nuovo, di corretta ripartizione di poteri tra legislativo, esecutivo, giudiziario, superato il conflitto d’interessi che faceva capo”, spiega il leader del Movimento 5 Stelle.
“Meloni – ha proseguito – ci ha precipitato nell’era di massima conflittualitàcon la magistratura. La magistratura che sta indagando su Santanchè e Delmastro è stata tacciata di fare le indagini perchè si sarebbe aperta la campagna per le Europee”. Parole, quelle della premier, che per Conte sono inaccettabili, così come “è inaccettabile la presidente alzi questa soglia di conflittualità massima per garantire un regime di impunità ai suoi sodali e alla sua cricca”.
Poi attacca Nordio rispetto alla sua volontà di rimodulare il reato di concorso esterno in associazione mafiosa: Il ministro – dice – va a smantellare i regimi di legalità e di contrasto alla mafia. Addirittura, vuole cancellare il concorso esterno. Ma stiamo scherzando?”.
Salario minimo
Conte, che ieri non ha partecipato all’iniziativa del Pd a Napoli sul salario minimo, ha poi parlato della proposta di legge delle opposizioni per la retribuzione di 9 euro l’euro che la maggioranza in settimana si prepara ad archiviare. “Al governo non daremo mai tregua sul salario minimo legale – avverte il 5S – E se adesso si macchieranno di questa grave responsabilità, noi persevereremo e ne faremo un cavallo di battaglia per il futuro del nostro Paese”. Il leader dei pentastellati ha manifestato il suo “rimpianto per non essere riuscito a fare approvare la norma sul salario minimo” nei due governi di cui è stato premier. “Non c’è stato mai il consenso necessario in Parlamento, e oggi che le opposizioni su questa battaglia ci sono, non c’è il governo, che avrebbe la prima responsabilità’ di rispondere alle esigenze del Paese e invece taglia il reddito di cittadinanza per poi introdurre una social card, a lavoratori sottopagati che hanno buste paga di due, tre, quattro euro lordi l’ora risponde che vuole ragionare sulla contrattazione collettiva e vedere il welfare nel suo complesso. Li prende in giro”.
(da agenzie)

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NON C’E’ PACE PER IL COLOSSEO: UN ALTRO TURISTA SORPRESO A GRATTARE IL LATERIZIO

Luglio 16th, 2023 Riccardo Fucile

E’ IL TERZO IMBECILLE IN UN MESE, SI TRATTA DI UNO STUDENTE TEDESCO

Non c’è due senza tre. Dopo il 27enne inglese e la ragazza svizzera, ieri pomeriggio un altro turista è stato denunciato dai carabinieri del comando di piazza Venezia, a Roma, per deturpamento al Colosseo.
Si tratta di uno studente tedesco di 17 anni, in visita nella Capitale accompagnato da un insegnante. I militari sono intervenuti su richiesta del personale di vigilanza del Parco Archeologico del Colosseo, denunciando e sanzionando il giovane turista tedesco.
Il ragazzo era stato sorpreso pochi minuti prima mentre grattava una parete del piano terra del Colosseo, deteriorando una parte del laterizio. Si tratta del terzo caso in poche settimane.
Il primo, risalente al 26 giugno scorso, ha avuto come protagonista Ivan Dimitrov, un 27enne di origini bulgare ma residente in Gran Bretagna che è stato filmato mentre incideva sul monumento il suo nome e quello della fidanzata. «Ammetto con profondissimo imbarazzo che solo in seguito a quanto incresciosamente accaduto ho appreso dell’antichità del monumento», si è giustificato l’uomo in una lettera di scuse inviata al sindaco di Roma Roberto Gualtieri. Il 14 luglio è toccato poi a una 17enne svizzera, sorpresa in video mentre incide le sue iniziali sul laterizio. In quel caso, a fermare la giovane è stato David Battaglino, una guida turistica, che ha raccontato: «È la prima volta che sono riuscito a filmare un atto vandalico al Colosseo ma in sei anni ne ho visti a decine, c’è anche chi stacca parti del muro».
(da agenzie)

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