Luglio 20th, 2023 Riccardo Fucile
LUI INTERVIENE E CON UN DISCORSO MASSACRA IL REGIME PUTUNIANO: “LA RUSSIA STA SGUAZZANDO IN UNA POZZANGHERA DI FANGO E SANGUE, CON UNA GUERRA INSENSATA AVETE FATTO UCCIDERE DECINE DI MIGLIAIA DI GIOVANI RUSSI”
La pubblica accusa ha chiesto una condanna a 20 anni di reclusione per Alexey Navalny, imputato in un processo con diverse accuse di matrice politica, secondo i suoi collaboratori. Come riferisce su Telegram il socio dell’attivista russo, Ivan Zhdanov, Il pubblico ministero ha chiesto che Navalny sconti la sua pena in una colonia a regime speciale.
Per l’altro imputato nello stesso processo, Daniel Kholodny, il pm ha chiesto una condanna 10 anni in una colonia penale. La sentenza è prevista per il prossimo 4 agosto.
Come riporta il sito indipendente russo Meduza, quest’ultimo processo a carico di Navalny, considerato tra i principali oppositori di Vladimir Putin, lo vede accusato di aver creato una «comunità estremista» con cui ha incitato ad azioni estremiste, mettendo in piedi un’organizzazione senza scopo di lucro che avrebbe violato i diritti dei cittadini, finanziando l’estremismo e coinvolgendo anche minori in azioni pericolose. Tra le accuse, a Navalny viene anche contestato di aver riabilitato il nazismo.
L’attacco sulla guerra in Ucraina
Intervenuto in aula, Navalny ha duramente attaccato il Cremlino definendo la guerra in Ucraina «la più stupida e insensata del XXI secolo». Nel suo discorso davanti ai giudici, l’attivista ha spiegato: «Non volendo poggiare sulla gamba della coscienza, la mia Russia ha fatto alcuni grandi balzi, spingendo tutti attorno, ma poi è scivolata ed è crollata con fracasso, distruggendo tutto ciò che la circondava. E ora sta sguazzando in una pozzanghera di fango o di sangue, non si capisce, con le ossa rotte e la popolazione povera e derubata, circondata da decine di migliaia di morti della guerra più stupida e insensata del XXI secolo. Certo – ha concluso Navalny – prima o poi si rialzerà. E sta a noi determinare su cosa poggerà in futuro».
(da agenzie)
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Luglio 20th, 2023 Riccardo Fucile
DOPO L’ESPROPRIO PROLETARIO, PUTIN RISPOLVERA QUELLO OLIGARCHICO. L’IDEA È PRENDERE LE AZIENDE OCCIDENTALI CHE, PER UN’INGORDIGIA CIECA, O SEMPLICE LENTEZZA, SONO RIMASTE IN RUSSIA
Mettere il nipote di Kadyrov a capo di una grande azienda alimentare. Fatto. Mettere un tuo vecchio amico di judo a capo di una grande azienda di birra. Fatto. Regalare gli asset di colossi occidentali espropriati agli oligarchi rimasti fedeli, cioè a se stesso. Fatto.
Dopo l’esproprio proletario, Putin rispolvera l’esproprio oligarchico. Un suo grandissimo classico fin dai tempi dell’appropriazione indebita di Yukos (sottratta a Mikhail Khodorkovsky, messo in prigione, e venduta pezzo a pezzo in aste farlocche). Stavolta la nuova idea è espropriare principalmente (ma non solo) le aziende occidentali che – per un’ingordigia quanto mai cieca, o semplice lentezza – sono rimaste in Russia. In questo caso Danone e Carlsberg.
Che il nipote di Ramzan Kadyrov, Yakub Zakriev, venga nominato da Putin direttore generale di Danone Russia, appena espropriata, è una delle storie più ridicole di una dittatura sanguinaria eppure ridicola. Parallelamente, il co-fondatore del club di judo di Putin è stato nominato alla guida di un’azienda produttrice di birra sequestrata ai danesi. Taimuraz Bolloev ha guidato Baltika dal 1991 al 2004, ha soprattutto fatto judo con Putin (e con Arkady Rotenberg, uno dei suoi più grandi amici), e in una delle interviste ha detto lui stesso, serenamente, che il presidente era il «padrino» dell’azienda produttrice di birra.
E così il 16 luglio la danese Carlsberg è stata passata a Bolloev. Carlsberg aveva anche trovato un acquirente in Russia, ma ci ha messo troppo tempo. Aveva annunciato lo stop agli investimenti e la cessazione della produzione. Ma Putin è arrivato prima. «È una nuova redistribuzione della ricchezza per la cerchia di Putin», ha dichiarato al Financial Times un oligarca russo che conosce il presidente da decenni. Un’operazione alla quale, almeno nel caso di aziende alimentari, starebbe presiedendo Dmitry Patrushev, il figlio di Nikolay, il grande capo di tutti i servizi segreti russi.
Dall’inizio della guerra, in Russia sono emersi più di 100 nuovi grandi proprietari. Mentre il 10% delle aziende straniere ha lasciato completamente la Russia, gli asset delle aziende occidentali acquistati a poco (in pratica rubati) hanno fatto guadagnare ai nuovi proprietari russi 223 miliardi di rubli (circa 2,3 miliardi di euro) di profitto netto l’anno scorso.
Secondo i calcoli di Novaya Gazeta, chi ne ha beneficiato di più è Vladimir Potanin, ormai l’uomo d’affari più ricco della Russia. Potanin ha largamente superato Abramovich e Mordashov, e ha ricevuto quasi la metà del suo patrimonio totale (1.600 miliardi di rubli, ossia 15 miliardi e 703 milioni di euro). Al secondo posto, molto staccato, c’è Ivan Tyryshkin, che ha acquistato la banca Home Credit, che era di proprietà del gruppo ceco PPF. La somma degli attivi netti delle sue ex società ammonta a 262 miliardi di rubli (2 miliardi e 570 mila euro).
(da la Stampa)
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Luglio 20th, 2023 Riccardo Fucile
SI TORNA ALLA PROMOZIONE DI BOXE E CORRIDE E PIU’ SPAZIO ANCHE “ALLE FESTE POPOLARI E AGLI EVENTI RELIGIOSI DELLA SPAGNA RURALE”, DA DIFENDERE “CONTRO GLI ATTACCHI DEL PROGRESSISMO E DEL GLOBALISMO”… L’IDEA DI VOX È SMANTELLARE LE POTENTISSIME TV REGIONALI PER CENTRALIZZARE IL CONTROLLO NELLA RETE PUBBLICA TVE PER “DIFFONDERE E PROTEGGERE L’IDENTITÀ NAZIONALE”
A Valdemorillo, 40 chilometri da Madrid, doveva andare in scena un’opera teatrale ispirata all’“Orlando” di Virginia Woolf. Tema scottante, a detta degli ultras di Vox: si parla di femminismo e transessualità. Cancellata e sostituita da un incontro di boxe. A Santa Cruz de Bezana, in Cantabria, era in programmazione il cartone animato di Disney Pixar “Lightyear”. Che, in una breve scena, mostra due donne che si baciano. Cancellato.
A Briviesca, in provincia di Burgos, regione della Castilla y León, il Comune aveva già firmato il contratto per la rappresentazione di un’opera di Alberto Conejero, “Il mare: visione di alcuni bambini che non l’hanno mai visto”, ispirata alla figura di Antonio Benaiges, un maestro repubblicano fucilato nel 1936. Cancellata dal nuovo sindaco del Pp, eletto con i voti di Vox, con il pretesto di «problemi tecnici e di bilancio». Il municipio di Burriana, nella provincia valenciana di Castellón, ha invece cancellato l’abbonamento alle riviste infantili Cavall Fort e Camacuc. La motivazione: «Promuovono il separatismo».
E non si salva neppure Lope de Vega, il geniale drammaturgo del Siglo de Oro spagnolo: a Getafe, periferia di Madrid, un consigliere comunale di Vox ha chiesto che venga interrotta la rappresentazione della sua opera “La villana de Getafe”, perché contiene «riferimenti sessuali espliciti».
Vox sperimenta già l’ebbrezza del pugno di ferro contro il mondo della cultura, succube dell’«ideologia marxista», secondo la narrazione del partito ultras. Tra attori, registi, scrittori e intellettuali è subito scattato l’allarme. L’hashtag #StopCensura è diventato in poche ore trending topic sui social . Ma l’ultradestra ha le idee chiare sugli obiettivi da raggiungere. Non un progetto politico definito ma un piano strategico per imporre il proprio rigido controllo sulla sfera culturale. Vox punta a evitare che, in un eventuale governo Feijóo, che venga abolito il Ministero della Cultura, come già era avvenuto nell’ultimo esecutivo di centrodestra guidato da Mariano Rajoy.
L’idea del partito di Santiago Abascal è quella di smantellare tutte le potentissime tv pubbliche regionali per centralizzare il controllo attraverso la rete pubblica Tve. Che secondo il leader di Vox ha il compito di «diffondere e proteggere l’identità nazionale e il contributo della Spagna alla civiltà e alla storia universale, con speciale attenzione alle imprese dei nostri eroi nazionali».
Ovviamente, si tornerebbe alla trasmissione in diretta televisiva delle corride, che hanno un ruolo centrale nella visione della cultura targata Vox. Ma si pensa di dare spazio anche «alle feste popolari e agli eventi religiosi propri della Spagna rurale», da difendere «contro gli attacchi del progressismo e del globalismo». E per completare la normalizzazione, c’è un piano revisionista sulla storia di Spagna. Esaltazione della Reconquista – i Reyes Católicos, Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia sono i veri eroi dell’ultradestra – e rivendicazione della Spagna imperiale.
(da la Repubblica)
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Luglio 20th, 2023 Riccardo Fucile
33 ANNI, CONSIGLIERE COMUNALE ELETTO NELLA LEGA E POI PASSATO CON LA MELONI
È un consigliere comunale di Mazara del Vallo con una decennale carriera politica Giorgio Randazzo, il 33enne arrestato nell’inchiesta sul furto di file riservati sulla cattura di Messina Denaro che vede coinvolto anche un carabiniere.
La documentazione doveva essere poi venduta a Fabrizio Corona. Mamma insegnante, padre agente d’affari, sposato con una imprenditrice vinicola, Randazzo siede in consiglio comunale dal 2009.
Eletto nelle liste del Pdl con il sindaco Nicola Cristaldi, il giovane passa al movimento dell’ex governatore Nello Musumeci Diventerà Bellissima, partito con cui nel 2017 si fa eleggere all’Ars.
Lascerà in polemica con le scelte dell’ex assessore alla Salute Ruggero Razza. Dopo l’esperienza di Diventerà Bellissima Randazzo crea un suo movimento civico e forma un gruppo in consiglio comunale.
Poi la nuova svolta e l’approdo alla Lega di Salvini Premier con cui tenta l’elezione a sindaco. Ma la città non lo segue e Randazzo deve accontentarsi ancora una volta del consiglio comunale. Nel 2021 la rottura con la Lega e il ritorno a Fdi.
(da agenzie)
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Luglio 20th, 2023 Riccardo Fucile
ROMA SI È IMPEGNATA A FORNIRE TRATTORI DI ULTIMA GENERAZIONE, SEMENTI E GRANO… I 431 MILIONI DI DOLLARI DI FONDI ALL’EGITTO DEL PROGRAMMA ALIMENTARE DELL’ONU… MA SU REGENI E’ CALATO IL SILENZIO
Ci sono anche i trattori “intelligenti” e il couscous dietro alla liberazione di Patrick Zaki. La scarcerazione dello studente è un risultato a cui il governo rivendica di essere arrivato «tappa dopo tappa». La più importante, quella della svolta secondo fonti della Farnesina, è il 14 marzo.
Quattro mesi fa il ministro degli Esteri Antonio Tajani compie la sua seconda missione in Egitto e stringe un importante accordo col governo del Cairo. L’Italia s’impegna a fornire macchinari, tra cui trattori d’ultima generazione, sementi e prodotti alimentari, dal grano al couscous, per consentire all’Egitto di sfamare la popolazione. In cambio, dietro le quinte, il regime di al-Sisi apre alla possibilità di concedere la grazia a Zaki.
Il primo viaggio di Giorgia Meloni in Egitto risale a novembre. «Ho trovato una disponibilità del presidente egiziano che stiamo verificando nei fatti», dice allora la premier. Poi tocca a Tajani volare al Cairo a gennaio, il 22. Qualcosa si muove, il ministro a microfoni aperti si dice «rassicurato da al-Sisi su Regeni e Zaki». Il presidente egiziano, in privato, promette aiuto sul caso Regeni (resteranno parole al vento) e chiede sostegno all’Italia nel settore agroalimentare.
È il viaggio di marzo che sblocca davvero la situazione. In quell’occasione con Tajani c’è la ministra dell’Università Anna Maria Bernini. E ci sono anche il ceo di Filiera Italia, Luigi Scordamaglia, e il segretario generale di Coldiretti, Vincenzo Gesmundo, oltre ai rappresentanti di numerosi enti, aziende italiane e organizzazioni internazionali impegnate nel settore della sicurezza alimentare.
Il regime di al-Sisi è ossessionato dal cibo: un Paese di oltre cento milioni di abitanti, di cui la metà vivono sotto la soglia della povertà.
La visita per il governo è fruttuosa: sviluppo e rafforzamento della filiera agroalimentare egiziana e cibo in cambio del contrasto alle migrazioni e dell’impegno su Zaki.
La questione delle partenze in nave è ineludibile per palazzo Chigi: il 20% dei migranti che arrivano in Italia sono egiziani. Tajani stringe un buon rapporto col ministro degli Esteri Sameh Shoukry, prenderanno a sentirsi spesso. In quell’occasione al-Sisi promette di lavorare ai casi di Regeni e Zaki: «Vedrà che arriveranno i frutti evidenti del nostro impegno», dice a al nostro ministro degli Esteri.
Sull’omicidio di Regeni, però, non ci sono passi avanti. Dalla Farnesina giurano che il governo ha posto la questione ogni volta che ha incontrato al-Sisi, ma è un dossier «molto più complicato».
(da La Stampa)
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Luglio 20th, 2023 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE ATTACCA BIG PHARMA, POI OSPITANO LO STAND DEL GRUPPO CHE COMPRA CARNE ITALIANA
Pensavo che la più grande barzelletta sul sovranismo alimentare l’avesse raccontata il ministro Lollobrigida quando spiegò che la vitellina Mary, qui in Italia dove la filiera è virtuosa, “viene trattata con affetto, certo poi viene macellata ma produce carne di qualità”.
Come se la piccola Mary fosse lieta dello sgozzamento a tre mesi di vita perché la sua carne fa felice gli amanti del vitel tonnè, certo.
E invece, dal 14 al 16 luglio, è arrivato a san Benedetto del Tronto il villaggio Coldiretti con una trovata ancora più esilarante in tema di sovranismo alimentare: lo stand di McDonald’s con tanto di cappellino e gadget vari regalati ai visitatori. Questa potente dimostrazione di sovranismo alimentare, per la verità, era già avvenuta nei villaggi Coldiretti di Palermo e Cosenza, località in cui ben presto vedremo sostituiti i panini con la soppressata e quello con la milza con il più tipicamente italiano “McBacon”.
Del resto, il presidente di Coldiretti Ettore Prandini è parte stessa della filiera della supecazzola: da una parte demonizza la cosiddetta carne sintetica perché “fa male alla salute e all’economia” e “Big Pharma vuole imporre una dieta unica a tutta l’umanità”, dall’altra, siccome il colosso americano compra carne italiana, promuove McDonald’s affermando che “rappresenta l’italianità, le nostre eccellenze, la nostra biodiversità”.
Ora, se esiste un’idea di dieta unica in ogni luogo del mondo è quella di McDonald’s, i cui panini sono gli stessi da Tokyo a Cinisello Balsamo.
E se esiste un pericolo per la salute dei cittadini è la dieta a base di hamburger e patatine fritte, visto e considerato che in Italia la metà degli adulti e il 26% dei bambini sono obesi o in sovrappeso.
Basta però che McDonald’s entri in filiera Italia e acquisti tonnellate di carne da Cremonini e improvvisamente il menu più squilibrato da un punto di vista nutrizionale e standardizzato del mondo, diventa per il sovranista elastico Prandini “non più un fast food ma un vero e proprio ristorante che rappresenta l’italianità, le nostre eccellenze e la nostra biodiversità”.
Attendiamo con trepidazione che Shein diventi rappresentante della filiera tessile Made in Italy e che Amazon venga invitata al mercatino delle pulci di Cormano per valorizzare l’artigianato locale. Dall’intransigente sovranismo meloniano ci aspettiamo questo ed altro.
(da ilfattoquotidiano.it)
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Luglio 20th, 2023 Riccardo Fucile
L’ULTIMO ACQUISTO PER LA FAMIGLIA L’HA FATTO GERONIMO
Giornali e caffè in piazzetta, i limoni da raccogliere nel giardino di casa, il profilo del Monte di Portofino a fare da quinta sul mare. Anche in queste settimane di burrasca, passate tra Roma e Milano a seguire i passi dell’inchiesta sul presunto caso di stupro di cui è accusato Leonardo Apache, il terzogenito e più giovane della dinastia, per la famiglia La Russa la piccola Zoagli parrebbe essere rimasta il rifugio dorato di sempre.
Il presidente del Senato ha passato qui lo scorso weekend, «di sicuro — c’è chi garantisce in paese — tornerà per il prossimo». Questo porto sicuro di riviera, meta delle vacanze di altri villeggianti illustri, il sindaco di Milano Beppe Sala tra i tanti, per il clan La Russa rischia però di trasformarsi in paradiso sfiorito.
Con l’inchiesta milanese a fare più ingombrante la famiglia, e i rapporti con la nuova amministrazione comunale a rendere il borgo un po’ meno ospitale. Niente politica di mezzo, però: in ballo ci sarebbe più che altro una vecchia questione di appartamenti e immobili in vendita, che non lo sono più.
Tremila anime che in estate neanche raddoppiano, Zoagli fa da placido buen ritiro della famiglia della seconda carica dello Stato da quasi sessant’anni. Dalla mattonata che sale dalla piazza del municipio sono passate tre generazioni di La Russa: i genitori di Ignazio ci portavano i figli in albergo, oggi “tengono casa” in tre, lui in particolare ne ha fatto un quartier generale per i tempi di ferie e non solo.
Non è un caso, del resto, se un amico fraterno come Augusto Sartori, fedelissimo dai tempi del Fronte della gioventù a Milano e ristoratore di successo a Santa Margherita, a due passi da qui, è diventato il nuovo assessore al Turismo della Regione Liguria. Al governatore Giovanni Toti, si sa in Fdi, «la telefonata è arrivata dal presidente». Del paese, si dice, «La Russa ha fatto un feudo». Un piccolo regno da colonizzare, anche acquistando appartamenti per sistemare una famiglia che nel frattempo si è allargata. E sfruttando, in passato è successo, i buoni rapporti con i sindaci amici.
A far mormorare il paese, anche in questi giorni quasi più della brutta storia che ha coinvolto «il piccolo di famiglia, che qua noi abbiamo visto più che altro bambino» — si sente raccontare di Leonardo al mercato comunale, dove l’imbarazzo per la vicenda si misura in tutte le domande evitate sul tema — è infatti ancora l’ultimo investimento della famiglia, risalente a quasi quattro anni fa.
Un appartamento di cento metri quadrati circa all’ultimo piano di un’antica villetta sulla spiaggia del paese, acquistato dal primogenito Geronimo dal Comune per poco più di 330mila euro. Una cessione tramite asta pubblica, certificata da tutte le perizie tecniche del caso, che però l’attuale vicesindaco Cesare Macciò definisce «quantomeno un ottimo prezzo, se non un regalo, per una casa con la vista più bella della riviera». Un regalo del vecchio sindaco di centrodestra, l’allora primo cittadino Franco Rocca, dicono i maligni. E forse, non l’unico a rientrare tra le ambizioni della famiglia.
A fare gola a molti, a Zoagli, da circa 15 anni sono infatti le decine di “pezzi” del lascito Vicini, ricca eredità lasciata all’amministrazione pubblica da un noto avvocato del paese. Ville, appartamenti, terreni. Un patrimonio di cui faceva parte l’ultimo investimento di Geronimo, e che la gestione Rocca ha utilizzato per anni «evidentemente in modo poco saggio, senza arricchire più di tanto la comunità» — fa notare l’attuale sindaco, Fabio De Ponti, civico di centrosinistra — per coprire i disavanzi del bilancio comunale.
Ma soprattutto, nei confronti del quale la famiglia del presidente del Senato, si fa capire in Comune, aveva dichiarato interesse «in termini di nuove acquisizioni». Dopo l’acquisto a ottimo prezzo della casa in passeggiata, insomma, la tentazione di un bis. Una possibilità, però, che con il passaggio di consegne in municipio non pare più praticabile.
«Non venderemo più nulla delle nostre proprietà», si conferma in Comune. «Una scelta di campo», la definisce il vicesindaco: «gli immobili saranno valorizzati e destinati a spazi e attività di carattere pubblico e sociale». Oppure, come pensano i più, un’ultima forma di resistenza all’idea di un paese fatto feudo di una famiglia. Più o meno ingombrante che sia.
(da La Repubblica)
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Luglio 20th, 2023 Riccardo Fucile
LOLLOBRIGIDA IL MINISTRO CHE NON C’E’
In quella che può sembrare una gara tra membri del governo a chi la spara più grossa, lui è sicuramente nel gruppo di testa. Non ha perso tempo, cominciando subito dopo la vittoria elettorale: «La Costituzione è bella, ma va cambiata». Lancia il sasso, poi nasconde la mano. Anche da ministro ha continuato, senza sosta. Come ad aprile: «Non possiamo arrenderci alla sostituzione etnica». Citazione di una teoria suprematista? Macché: «Non sono razzista, ma ignorante».
È facile ricordarsi sparate e arrampicate sugli specchi, un po’ meno avere a mente qualche misura che ha caratterizzato i primi nove mesi di attività di Francesco Lollobrigida. Chi frequenta il ministero dell’Agricoltura della sovranità alimentare e delle foreste lo descrive come un «ministro distratto, che vorrebbe occuparsi di altra e di “alta” politica». Anche per questo il dicastero è gestito «da una zarina e un triumvirato». Ma soprattutto è l’uomo che ha spalancato le porte a Coldiretti, e riempito gli uffici di consulenti e collaboratori, arrivando a spendere quasi 1,2 milioni di euro di stipendi.
Lui è il cognato d’Italia, marito di Arianna Meloni, sorella della premier. Cinquantaduenne di Tivoli, ha una lunghissima carriera politica: Fronte della gioventù, Msi, An, Pdl e Fratelli d’Italia. Prima di entrare in parlamento nel 2018, e di diventare capogruppo dei deputati di FdI, è stato consigliere comunale a Subiaco, poi alla provincia di Roma, assessore allo Sport ad Ardea, consigliere e assessore regionale.
Quando Giorgia Meloni ha fondato il partito ne è diventato il responsabile nazionale “organizzazione”. Ha due figlie adolescenti con Arianna. Cognato di premier, e parente di diva: il nonno del padre del ministro e quello di Gina Lollobrigida, l’attrice scomparsa lo scorso gennaio, erano fratelli. E come le star, anche lui investito da veleni e falsi gossip: come quello che ha costretto la deputata Rachele Silvestri, di Fratelli d’Italia e prima donna nel plurinominale in Abruzzo, con un passato nei Cinque stelle, a esporsi pubblicamente e a sottoporre il figlio a un test di paternità.
LA ZARINA E IL TRIUMVIRATO
Nella scorsa legislatura Lollobrigida era il potentissimo capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia. Un ruolo che gli piaceva e che – racconta chi gli è vicino – non solo avrebbe lasciato con dispiacere, ma a cui tornerebbe volentieri.
A capo della sua segreteria c’era Maria Modaffari, avvocata, 42 anni. Collabora con il ministro dal 2010, ai tempi in cui era assessore alla Mobilità della regione Lazio nella giunta Polverini. Ha un ruolo anche nel partito, dove è componente della commissione di disciplina e garanzia. A fine ottobre ha seguito il neo ministro a via XX settembre. Ruolo: segretaria particolare. Compenso: 84.772 euro l’anno. Al ministero tutto passa da lei, tanto che viene chiamata la “zarina”.
Ma il «ministro distratto» si affida anche a un triumvirato. C’è Giacomo La Pietra, senatore toscano di Fratelli d’Italia, nominato sottosegretario con delega alle filiere di olive, vivai, tabacco e caccia. E poi ci sono due deputati. Uno è Angelo Rossi, consigliere a titolo gratuito del ministro, membro del Copasir, della commissione Bilancio, della giunta per il regolamento, già funzionario della regione Lazio, alla prima legislatura ma tesoriere del gruppo di FdI alla Camera.
L’altro è Marco Cerreto, anche lui per la prima volta in parlamento, è stato eletto in Campania, ed è membro della commissione Agricoltura: il ministero lo conosce bene, essendone stato funzionario. Cerreto è entrato in FdI nel 2019, con la federazione del suo Movimento nazionale per la sovranità, di cui era da poco diventato segretario al posto del fondatore Gianni Alemanno. I triumviri, insieme a Modaffari, hanno un ruolo centrale sia nella gestione del ministero, sia come cinghia di trasmissione con il parlamento.
L’UOMO DI URSO
A gestire il giorno per giorno ci sono due importanti funzionari: il capo di gabinetto Giacomo Aiello e il responsabile della segreteria tecnica Sergio Marchi. Aiello, avvocato dello stato, ricopre il ruolo a titolo gratuito. Ha un curriculum lunghissimo: tra gli ultimi incarichi ci sono la presidenza del Consiglio di vigilanza di Open Fiber, il ruolo di consulente di una società di infrastrutture che lavora per le Olimpiadi di Milano-Cortina 2026, e anche per Cassa depositi e prestiti. Tra il 2011 e il 2013 è stato membro del collegio difensivo dei due marò Salvatore Girone e Massimilano La Torre. Lavora per la politica dalla Prima repubblica: consulente giuridico per il ministero del Turismo nel biennio 1992-1993. L’ultimo ruolo è stato quello di capo di gabinetto della ministra per il Sud Marta Carfagna nel governo Draghi.
Il responsabile della segreteria tecnica Marchi è invece un uomo di Adolfo Urso, di cui è stato capo della segreteria politica nella scorsa legislatura, quando era presidente del Copasir. Tra il 2013 e il 2019, Marchi è stato anche nel cda di Farefuturo, fondazione dell’attuale ministro del Made in Italy. Tra il 2008 e il 2013 è stato presidente dell’Osservatorio parlamentare, fondato sempre da Urso. Nel suo curriculum Marchi vanta anche una collaborazione con Area, il mensile diretto Marcello De Angelis, l’ex estremista di Terza posizione e senatore di An.
Ma sono tantissimi, trentatré, i nuovi collaboratori e consulenti al ministero. Guardando i profili, spiccano in tre: Marina Tucci, ultime esperienze come «scrutatrice alle elezioni europee del 2019» e commessa; Sofia Cerqua, ancora iscritta all’università, e come unico lavoro un anno e mezzo nella segreteria di Lollobrigida nella scorsa legislatura; e Karin Lynn Walls, docente di inglese per ministeri ed enti pubblici, al ministero per migliorare lo “speaking” dello staff del ministro. Tutte e tre sono pagate 30mila euro l’anno.
IL MINISTERO COLDIRETTI
Mentre il ministro pensa ad altro, sul dicastero ha messo le mani Coldiretti. Chi frequenta le sue stanze parla di «definitiva consacrazione di quello che è rimasto l’unico vero partito italiano per capillarità e radicamento territoriale». Potere però è responsabilità: «Anche loro, dietro le quinte, si lamentano dell’inazione del ministro». L’associazione avrebbe accesso a ogni dossier, «però evita che ci sia una deriva, soprattutto sulle nomine: gli agricoltori sono persone pragmatiche, non permetterebbero impresentabili o non qualificati». Non tutti sono contenti: Cia, Copagri e Confagricoltura storcono il naso, ma la loro opposizione è al momento silente. Tocca palla solo Coldiretti, che ha sussurrato al ministro le recenti nomine di Livio Proietti, commissario di Ismea, e di Mario Pezzotti, commissario di Crea.
In molti criticano i ritardi sulla gestione degli aiuti per l’alluvione in Emilia-Romagna, soprattutto sull’attivazione della riserva di crisi della politica agricola comune europea. O la lentezza dei decreti attuativi delle misure della legge di Bilancio di sette mesi fa: tra queste c’è la social card da 382 euro presentata in pompa magna la scorsa settimana.
Ma le grandi paure sono soprattutto per i ritardi dei progetti del Pnrr. Su questi inciderebbe anche la gestione dell’unità di missione all’interno del ministero. Il direttore generale è Marco Lupo, dal 2014 direttore generale di Arpa Lazio. Lupo si è insediato lo scorso 24 gennaio al posto di Paolo Casalino, funzionario molto conosciuto a Bruxelles, che per il governo Conte ha seguito le trattative per il Recovery fund come dirigente di collegamento del ministero dello Sviluppo nelle istituzioni europee.
Nel 2022 ha lasciato il Mise ed è stato chiamato all’Agricoltura dall’allora ministro Stefano Patuanelli. Lollobrigida però ha deciso di sostituirlo con un fedelissimo. Ne ha approfittato il ministro Urso, che lo ha ripreso molto volentieri al dicastero del Made in Italy, sempre per l’attuazione del Pnrr. Nei corridoi del ministero sembra però che in molti si siano pentiti di questa scelta.
PANICO TOTALE
C’è un’altra iniziativa che ha portato il panico a via XX settembrei: il 19 maggio il ministero è diventato il «primo palazzo istituzionale in Europa» a ospitare un apiario sul proprio tetto. Presentazione in pompa magna, photo opportunity, tanta retorica. Lollobrigida: «L’ape pur vivendo poco produce miele sin dal primo giorno, vive in comunità, produce cera, è operosa e sente il senso della appartenenza».
Il sottosegretario D’Eramo: «Bisogna proteggere e tutelare le api italiane». Risultato: fa troppo caldo, il tetto del ministero è rovente e le api scappano. Invadono i cortili del palazzo in cerca di ombra, spaventano i dipendenti, che vedono api muoversi in sciami, invadere le pareti del cortile, e così non possono aprire nemmeno le finestre.
Sui cellulari di chi lavora a via XX settembre girano foto che fanno impressione. Nemmeno un mese dopo il lancio dell’iniziativa, nei primi giorni di giugno, inondato dalle email di reclamo, un direttore generale ha scritto una circolare in cui ha invitato tutti a non preoccuparsi, che la situazione è sotto controllo, e che un’associazione apicola presto arriverà a risolvere la situazione. Chissà se il «ministro distratto» se n’è accorto.
(da editorialedomani.it)
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Luglio 20th, 2023 Riccardo Fucile
VIVE TRA PARIGI E L’INGHILTERRA… IL SUO SOCIO ITALIANO E L’AVVISO DI GARANZIA ANCORA NON CONSEGNATO
Tommaso Gilardoni, il dj accusato con Leonardo La Russa di stupro, a Londra è una vera star. Di origini comasche, ha scelto la capitale della Gran Bretagna come residenza. E qui il 15 novembre scorso ha costituito due società. Una di queste insieme a Luigi Spitalieri.
Gilardoni è direttore dal 2022 della “Artful Inc Limited”. Che si trova in Seymour Place. Lo stesso indirizzo dell’altra, ovvero la “Spitalieri e Gilardoni entertainment limited”. Intanto l’inchiesta sulla violenza sessuale nella notte tra il 18 e il 19 maggio scorsi è a un bivio. Gli inquirenti devono consegnare l’avviso di garanzia a Gilardoni. Che però finora non ha ancora nominato un avvocato. Si attende anche il sequestro del suo telefonino. O la consegna, come è capitato nel caso del figlio di La Russa.
Parigi, Londra, le società e le comunità
La Repubblica racconta oggi che Dj Tommy, 24 anni, è molto a suo agio nel jet set internazionale. Ha una rete di contatti che va da Londra a Parigi. Nella capitale della Francia ha partecipato il 3 marzo scorso alla campagna di lancio dei prodotti Isamaya. A fianco a lui il creativo Tom Burkitt. A Parigi invece ha fatto il deejay insieme al collega Wolfram Amadeus, star austriaca dell’elettronica. Spesso si è fatto fotografare insieme alla modella Jordan Grant. È anche tra i testimonial di Onda, una comunità globale che vuole «promuovere connessioni significative e contribuire al bene superiore». La società è stata fondata dall’imprenditore Luca Del Bono. L’ultima partecipazione agli eventi di Onda risale alla fine dello scorso giugno. Ovvero proprio quando intanto la ragazza che lo accusa di stupro inviava la sua denuncia ai magistrati.
Il playboy e il socio italiano
Nato a Como nel 1999, Gilardoni secondo il padre è un playboy. Il figlio è rimasto in Italia fino alla settimana scorsa. E il 5 luglio ha partecipato alla sua festa di compleanno. Ma quando due giorni dopo è uscita la notizia dell’accusa di stupro non ne hanno parlato: «Lo siamo andati a prendere noi all’aeroporto alle 6 o alle 7 di sera e ci siamo fermati a Cernobbio in un ristorante di loro amici. Non abbiamo discusso di questi argomenti».
Lo scatto di Repubblica lo ritrae durante una serata a Londra. La Verità invece ne pubblica un altro che lo ritrae con un Hoverboard. Il socio Spitalieri si è diplomato all’Istituto Maria Consolatrice di Milano. Ha continuato gli studi all’Hult International Business School nel campus di Cambridge. Sul suo profilo Linkedin si presenta anche come produttore di film. Tra questi c’è Proxy di Ravenwood Film. Ma è stato anche scrittore e produttore di Hustle&Heels, short branded film sulla nascita di una startup.
I social network di Tommy
I social network di Gilardoni invece sono congelati dal 2018. Il sindaco di San Fedele Claudio Pozzi dice di non conoscerlo. Il titolare di uno studio fotografico invece sì ma non vuole parlare con i giornalisti. La centralinista di un’azienda agricola di zona, che produce vini, dice qualcosa in più: «Sì, lo conosciamo. Ma che io sappia non ha mai suonato da noi». Lo zio Marco invece la pensa come papà Massimo: «Mio nipote è un ragazzo bravo, più che bravo. Questa vicenda è tutta una balla». La madre e il padre sono lavoratori del settore agrario in pensione. La ragazza, ex compagna di liceo di La Russa, aveva fatto riferimento nella querela a un certo “Nico“. Perché così lo aveva chiamato Leonardo. Anche per questo investigatori e inquirenti hanno avuto problemi per giorni ad identificarlo.
L’indagine
Intanto ieri accusa e difesa hanno organizzato la tempistica per l’effettuazione della copia forense del telefono, senza Sim, sequestrato venerdì scorso a La Russa junior. Ci vorranno, a quanto pare, altri due, tre giorni per completare l’invio degli avvisi necessari per l’accertamento irripetibile, che dovranno arrivare oltre che a Leonardo e alla sua difesa, alla ragazza e al suo legale Stefano Benvenuto, anche a Gilardoni.
Gli inquirenti puntano a rintracciare elementi utili, come foto, video, messaggi e telefonate sui social, nel cellulare del 21enne, ma anche in quello della ragazza. Importanti saranno anche alcune testimonianze di amici e partecipanti alla serata nel club esclusivo raccolte in questi giorni, con le audizioni che stanno andando avanti a partire da un elenco di un centinaio di ragazzi individuati.
La chiusura indagini dopo l’estate
Conclusa tutta la fase degli accertamenti, per la quale serviranno ancora settimane, anche dopo la pausa estiva, la Procura dovrà valutare i dati raccolti per eventualmente decidere, poi, se risentire la ragazza con la formula dell’incidente probatorio in vista della chiusura indagini e di una richiesta di processo. Un quadro tutto ancora da definire.
(da Open)
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