Luglio 31st, 2023 Riccardo Fucile NELL’EPOCA DEL MELONISMO IMPERANTE, GLI EX “NEMICI” INTERNI HANNO CAPITO CHE, SE CROLLA SALVINI, FINISCE MALE ANCHE PER LORO
Li divide il menu, e basta. Uno mangia pesce (tartare di tonno) e
l’altro no: carne, petto di pollo. Questione di gusti e dieta. Per il resto, il pranzo di Matteo Salvini e Massimiliano Fedriga è l’ennesima tappa di una pacificazione interna alla Lega. Un anno fa una roba del genere sarebbe stata quasi impensabile.
Nel melonismo imperante anche gli ex rivali interni hanno capito che se crolla “il Matteo” finisce male anche per loro. E dunque cin cin, si brinda alla svolta governista di Salvini.
Ora, tutto sembra cambiato nelle dinamiche interne: sicché il leader del Carroccio e vicepremier oggi si è incontrato con il governatore del Friuli Venezia Giulia.
Appuntamento allo stabilimento Sunset beach di Cervia, a discreta distanza di sicurezza dal Papeete da dove il ministro delle Infrastrutture si tiene sempre di più alla larga. Era un’altra stagione politica, quella dell’azzardo finito, come si sa, a schifio a colpi di mojito.
Altra fase. Adesso “l’ingegner Matteo” ci ha preso gusto con i cantieri e le grandi e piccole opere da sbloccare: vuole girare l’Italia per illustrare il lavoro svolto dal suo dicastero.
Sarà questa la mossa anti Meloni in vista delle Europee: a lei le polemiche e le grane di Palazzo Chigi, a lui i tagli dei nastri e i cronoprogrammi. “La svolta governista di Matteo mi piace”, dice Fedriga agli amici.
Salvini ha fatto di tutto per incontrare il governatore, per lungo tempo alternativa (solo giornalistica, a dire il vero) al leader. Si è parlato per mesi, anzi ormai anni, di un 25 Luglio con gran consigli della Lega pronti a mettere in minoranza il capo ammaccato, ma non è mai successo.
Così dopo aver fatto le ore piccole alla festa di compleanno in Toscana della fidanzata Francesca Verdini (presente anche il presidente della Camera Lorenzo Fontana) il segretario della Lega è tornato di nuovo qui a Cervia, sulla riviera romagnola, dove è atteso stasera per la festa della Lega.
Salvini si è presentato in costume e con la canotta gialla dei Lakers, in compagnia dell’amico Massimo Casanova, eurodeputato e sopratutto patron del Papeete. Un pranzo cordiale con Fedriga, che è anche presidente della conferenza stato regioni, pubblicamente è totalmente sulla linea di Salvini: addio distinguo. Ufficialmente i due avrebbero parlato di maltempo e Pnrr, ma vai a capire.
Dissidenti addio, inizia un’altra stagione.
E Luca Zaia? L’altro ex dolore intercostale del grande capo sembra ormai pensare solo al tris in Veneto, con una svolta molto centratata sui diritti. Lo chiamano il Doge radicale: suicidio assistito, diritti civili e nessuna velleità nazionale.
(da Il Foglio)
argomento: Politica | Commenta »
Luglio 31st, 2023 Riccardo Fucile IL SENATORE SEMPLICE DI RIAD SOSTIENE CHE “SE NON CI FOSSE STATO IL PRESUNTO SCANDALO OPEN, LA STORIA DI ITALIA VIVA SAREBBE STATA BEN DIVERSA”… MARCO TRAVAGLIO LO IMPALLINA: “ANZICHÉ AL 2 PER CENTO, SAREBBE ALL’1″
Se mio nonno avesse le ruote. “Se non ci fosse stato il presunto scandalo Open, la storia politica di Italia Viva sarebbe stata ben diversa” (Renzi, Libero, 28.7). Anzichè al 2 per cento, sarebbe all’1.
L’ultimo in ordine di tempo è stato Pietrangelo Buttafuoco. Alla presentazione del suo libro “Beato lui” dedicato a Silvio Berlusconi, il giornalista-scrittore ha chiamato come relatore Matteo Renzi e lo ha incoronato coram populo “erede del Cavaliere”.
Un epiteto che lo accompagna fin dai tempi del patto del Nazareno nel 2014, e che – con la scomparsa effettiva di Berlusconi – trova ulteriore conferma nella linea politica, ora divenuta finanche editoriale, del rignanese.
Nei suoi articoli da direttore del Riformista, Matteonzo esprime infatti quotidianamente l’obiettivo più o meno palese di convogliare sul suo partito Italia Viva, finora mai decollato, i voti di presunti transfughi da Forza Italia, puntando adesso su una possibile disgregazione di quest’ultima dopo la morte del suo fondatore.
Una strategia che non è mai stata occulta, dal momento che Italia Viva è stata fin dalla sua nascita, nel settembre 2019, apostrofata neanche troppo ironicamente come “Forza Italia Viva”. A suggellare il tutto, Renzi si è perfino scelto come condirettore del Riformista Andrea Ruggieri, già deputato azzurro.
Ma come procede la conquista renziana delle tanto vagheggiate “praterie” di voti moderati e di consensi dei delusi di FI o orfani di Berlusconi? Malissimo, a giudicare dai sondaggi. Se il tentativo di appropriarsene tramite il Terzo Polo attraverso l’unione fallimentare con Azione di Carlo Calenda è inesorabilmente naufragato, la missione solitaria di Italia Viva si sta rivelando impossibile.
Dando retta alle rilevazioni, la percentuale di consensi perduti da Forza Italia pare di fatto confluire in maniera del tutto infinitesimale su IV. Confrontiamo, dati alla mano, la Supermedia di tutti i sondaggi stilata da YouTrend nelle ultime tre settimane.
Nella rilevazione di YT del 13 luglio, Forza Italia perdeva lo 0.7% rispetto a due settimane prima e Italia Viva si assestava sul 3% di share, invariata. Il 20 luglio, Fi perdeva lo 0.2% rispetto a 14 giorni prima e Italia Viva si manteneva al 3%. Il 27 luglio gli azzurri perdevano invece lo 0.6% rispetto a un mese prima e Iv restava sempre inchiodata al 3%, ottava in classifica e scavalcata perfino dall’alleanza Verdi/Sinistra.
Anche l’ultimo sondaggio di SWG per il TGLa7 di Enrico Mentana pare offrirci lo stesso spaccato. Gli orientamenti di voto dello scorso 24 luglio vedevano infatti Forza Italia perdere lo 0.3% rispetto alla settimana precedente, percentuale che tuttavia non sembra travasarsi su Italia Viva, che sempre nel sondaggio del 24/7 perdeva a sua volta lo 0.2% rispetto a sette giorni prima, calando addirittura al 2.9%.
Qualche giorno fa, commentando le elezioni spagnole, lo stesso Renzi ha smontato la veridicità dei sondaggi. Eppure in questi anni, nel caso della crescita di Fratelli d’Italia a discapito della Lega, il travaso di voti da un partito all’altro risultava del tutto evidente in ogni rilevazione.
E se tutti questi mitologici elettori “moderati” da conquistare non avessero la benché minima intenzione di farsi accalappiare da Renzi?
(da Dagoreport)
argomento: Politica | Commenta »
Luglio 31st, 2023 Riccardo Fucile SONDAGGIO NYT: TRUMP STACCA DI 37 PUNTI DESANTIS, L’ALTRO FUORI DI TESTA CHE RIMPIANGE LA SCHIAVITU’
Chi voleva una prova dei benefici della “persecuzione” giudiziaria
di Donald Trump leggerà con poca sorpresa il primo sondaggio ufficiale della campagna elettorale 2024 commissionato e pubblicato oggi, 31 luglio, dal New York Times. Secondo i dati raccolti dal quotidiano liberal insieme al Siena College poll, l’ex presidente degli Stati Uniti alle prese con tre incriminazioni raccoglie il 57% delle preferenze dell’elettorato repubblicano staccando di ben 37 punti percentuali il rivale Ron De Santis, il governatore della Florida considerato al momento – e nonostante numerosi passi falsi – l’unico sfidante possibile del tycoon. Gli altri candidati alla nomination repubblicana – dall’ex vicepresidente Mike Pence all’ex ambasciatrice Usa presso le Nazioni Unite Nikki Haley – non superano la soglia del 3%. Il consenso nei confronti di Trump – raggiunto da nuove accuse nell’indagine federale sui documenti riservati del governo ritrovati nella sua villa di Mar-a-Lago – sarebbe piuttosto omogeneo. Donne, uomini, giovani, anziani, persone con un titoli di studio così come cittadini con scarsa scolarizzazione, moderati ed estremisti, cittadini di sobborghi, di aree metropolitane e di aree rurali: non ci sarebbe alcuna fascia demografica e sociale che supera le altre, a dispetto di analisi del voto che negli anni precedenti hanno attribuito a un elettorato meno colto e delle aree rurali la preferenza per Trump.
Il confronto con il governatore della Florida
Nel confronto con De Santis emergono tuttavia alcune differenze: i repubblicani che si descrivono come molto conservatori propendono al 65% per l’ex presidente contro un 15% che si posiziona a favore del governatore conosciuto per le sue crociate anti-woke (termine con cui i repubblicani identificano temi e militanti del politicamente corretto). Tra i repubblicani con la laurea solo il 13% voterebbe per DeSantis, una percentuale che scende ancora di più nell’elettorato over 65 dove il consenso per il governatore si ferma al 9%. Curioso come, fa notare il Nyt, a domanda diretta sui due, quasi tutti gli intervistati hanno dichiarato di «avere simpatia per DeSantis ma di amare Trump».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Luglio 31st, 2023 Riccardo Fucile IL GOVERNATORE DELLA FLORIDA HA INSERITO NEL PROGRAMMA SCOLASTICO DEL SUO STATO LA FRASE: “GLI SCHIAVI TRASSERO BENEFICI PERSONALI DAL LORO STATUS, SVILUPPANDO PARTICOLARI ABILITÀ”… MA CINQUE PARLAMENTARI NERI REPUBBLICANI S’INCAZZANO E ATTACCANO
La questione razziale irrompe nella campagna elettorale. Fa infuriare insegnanti, storici e ora pure alcuni deputati afroamericani l’affermazione secondo cui «gli schiavi trassero benefici personali dal loro status, sviluppando particolari abilità», inserita nel nuovo programma scolastico per gli alunni delle medie approvato una settimana fa dal Florida Board of Education su pressione di quel governatore Ron DeSantis (candidato alle presidenziali) che un anno fa proibì nel Sunshine State l’insegnamento della “teoria critica della razza” – la dottrina secondo cui il pregiudizio razziale ha influenzato la storia della nazione – chiedendo più “obiettività” sulla questione.
Ma il riferimento ai presunti “lati positivi della schiavitù” ha portato a un duro rimprovero da parte della vicepresidente Kamala Harris («Vuol sostituire la Storia con bugie») e ora fa arrabbiare pure i cinque legislatori afroamericani eletti tra i repubblicani.
Il primo a criticare i nuovi standard è stato il deputato della Florida Byron Donalds, che dopo aver chiesto al Dipartimento scolastico di correggere l’affermazione è stato duramente attaccato da De-Santis: «Stai con Kamala e i media liberal».
Ma Donalds non è solo. John James, deputato del Michigan, ha scritto su Twitter: «Come discendente di schiavi non comprendo la posizione di DeSantis».
E pure il senatore della Carolina del Sud Tim Scott, l’afroamericano repubblicano di più alto profilo anche lui candidato alle primarie, ha stigmatizzato il piano: «Non ci sono lati positivi della schiavitù. Separò famiglie, mutilò esseri umani, stuprò donne. Fu devastante»
DeSantis non sembra però intenzionato a tornare sui suoi passi. Indietro nei sondaggi (si posiziona secondo con il 15,5%, quasi 40 punti sotto Trump che è al 52,54), secondo gli analisti tenta di competere con l’estremismo del tycoon, senza successo.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Luglio 31st, 2023 Riccardo Fucile FRENA L’INDUSTRIA E L’EXPORT TRADISCE LE ATTESE… NEL TRIMESTRE CALO DELLO 0,3%… ROMA FA PEGGIO DI PARIGI E BERLINO
E’ andata peggio del previsto. Solo sabato il Centro studi di
Confindustria aveva pronosticato un rallentamento della nostra economia, mentre i dati del “consensus” alla vigilia ipotizzavano una crescita pari a zero: in realtà, stando ai dati preliminari diffusi dall’Istat, nel secondo trimestre dell’anno a nostra economia ha innestato la marcia indietro: il Pil infatti è calato dello 0,3% e, soprattutto, il fatto che uno dei nostri partner più importanti, la Germania, sia da mesi in recessione.
«La variazione congiunturale è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto sia nel comparto dell’agricoltura, silvicoltura e pesca sia in quello dell’industria, mentre il valore aggiunto dei servizi ha registrato un lieve aumento» spiega l’Istat, segnalando che «dal lato della domanda, vi è un contributo negativo della componente nazionale (al lordo delle scorte) e un apporto nullo della componente estera netta». Insomma anche l’export, uno dei tradizionali motori della crescita del Paese, si è fermato. Scontiamo il rallentamento del commercio mondiale.
A fronte di un aumento del Pil dello 0,6% registrato nel primo trimestre a questo punto la variazione acquisita per il 2023 è pari allo 0,8% in leggera rispetto al valore del primo trimestre, che era stato pari allo 0,9%.
Il confronto europeo
In base alle tabelle diffuse da Eurostat a luglio peggio dell’Italia hanno solo Svezia (-1,5%), Lettonia (-0,6%) e Austria (-0,4%). Ma noi a nostra volta andiamo peggio della Germania (0,0%), della Francia (+0,5%) e della Spagna (+0,4%). Meglio di tutti hanno fatto l’Irlanda (+3,3% rispetto al trimestre precedente) e la Lituania (+2,8%).
Su base annua, i tassi di crescita sono stati positivi per sette Paesi, con i valori più elevati osservati in Irlanda (+2,8%), Portogallo (+2,3%) e Spagna (+1,8%), la Francia si attesta a +0,9%, mentre la Germania è in territorio negativo con -0,1%.
Le reazioni
Dall’Istat «pessima notizia!», commenta il presidente dell’Unione consumatori Massimiliano Dona. «Il governo, invece di continuare a cantare vittoria per la crescita superiore a quella di altri Paesi europei, farebbe bene a preoccuparsi di questo calo, e mettere in campo misure urgenti per evitare che la riduzione venga confermata anche nel terzo trimestre, facendo così entrare l’Italia in recessione tecnica». Se non ci entreremo, secondo l’Unc, «sarà, con tutta probabilità, per la ripresa dei servizi, grazie al turismo dei mesi estivi, non per niente anche oggi unico comparto a segnare un lieve aumento del valore aggiunto. Insomma, se ci salveremo sarà solo grazie al Bel Paese».
I prezzi
Segnali positivi, invece, dall’inflazione, che si attesta al +6% dal +6,4% di giugno, tornando allo stesso livello di aprile 2022. A luglio 2023 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (Nic), al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,1% su base mensile. Lieve rallentamento a luglio dei prezzi del cosiddetto ‘carrello della spesa’ che continua a registrare rialzi a due cifre: i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona passano in termini tendenziale dal +10,5% a +10,4%.
I conti in tasca
Secondo l’Unc per una coppia con due figli, l’inflazione a +6% significa una mazzata pari a 1725 euro su base annua, di questi ben 838 servono solo per far fronte ai rialzi del 10,9% di cibo e bevande. Per una coppia con 1 figlio, la spesa aggiuntiva è pari a 1571 euro, 757 per mangiare e bere. In media per una famiglia la sberla è di 1307 euro, 615 per prodotti alimentari e bevande analcoliche. Il primato alle famiglie numerose con più di 3 figli con un esborso aggiuntivo pari a 1947 euro, oltre mille euro la stangata per nutrirsi e dissetarsi, 1001 euro.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Luglio 31st, 2023 Riccardo Fucile “PER ME QUELL’ASSEGNO E’ VITALE”
«Se potessi scegliere, sceglierei un lavoro stabile e dignitoso non certamente il Reddito di cittadinanza. Ma la vita reale non sempre è come la desideriamo. Ho delle competenze, ho seguito dei corsi per perfezionarmi, ma per via della mia età sono praticamente fuori dal mercato del lavoro. Poi sono pure donna, quindi ho zero chance. E adesso senza Reddito sono condannata alla miseria».
Simona, napoletana e figlia di due professori universitari, guarda al mese di settembre con preoccupazione e scoramento.
Il Reddito di cittadinanza che percepiva da non più di 90 giorni (dopo due anni di trafila per ottenerlo per via di intoppi burocratici) le è stato sospeso in ossequio ai nuovi criteri disposti dal Governo. Non ha figli, è sotto i 60 anni e non ha disabilità: per lo Stato è “occupabile” e quindi dovrà trovarsi un lavoro.
«Magari fosse così facile come la fanno i politici – obietta Simona – Io ho delle competenze nel digitale: ho frequentato l’istituto d’arte con indirizzo grafico, poi negli anni ho fatto diversi corsi, tra i quali uno multimediale con indirizzo grafico-pubblicitario. E tutto quello che ho trovato è un part-time da 300 euro al mese come assistente di un consulente di banca: inserisco pratiche a pc per lui».
Obbligata a reinventarsi dopo un matrimonio naufragato e l’assenza di un mantenimento da parte dell’ex coniuge, Simona indica l’ostacolo in cui si è imbattuta e che rischia, col passare del tempo, di diventare insormontabile: «Il problema per me oggi è l’età: ho 50 anni. Le offerte di lavoro sono tutte per una fascia di età massimo di 35 anni. Finanche gli incentivi alle imprese per assumere favoriscono gli under 35. Quelli della mia età sono ignorati, dimenticati».
Così il Reddito di cittadinanza, che le spettava nella misura di 480 al mese, è diventato una misura di sostegno vitale: «Pago 700 euro al mese di affitto, senza Reddito non ce la farei. Mia madre, pensionata, mi dà anche una mano perché comunque non arrivo a fine mese da sola».
Da settembre lo Stato avvierà corsi di formazione retribuiti per gli ‘occupabili’ allo scopo di incanalarli verso un lavoro, ma Simona è scettica: «Questi corsi non consentiranno di svolgere attività lavorativa. Quindi, nel mio caso, dovrò lasciare il mio certo part-time, e poi alla fine del corso cercare un lavoro che non arriverà perché ho 50 anni e nessuno mi vuole per la mia età. Quindi alla fine sarò senza lavoro e avrò perso pure quel poco che avevo».
Un circolo vizioso. «Il sistema è tutto sbagliato – osserva Simona – Io capisco che in troppi ci hanno lucrato su, ma si sarebbe dovuto intervenire rafforzando i controlli, non togliendo il Reddito. Questa misura aiuta per davvero persone che loro malgrado si ritrovano in una situazione complicata. Io so solo che da oggi lo Stato mi condanna alla miseria, perché da settembre non saprò nemmeno come pagare l’affitto».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Luglio 31st, 2023 Riccardo Fucile SOFFIANO SUL RANCORE, CREANO NEMICI E DIFFONDONO LA SUA RETORICA
Il secondo binario del melonismo, il lato che Giorgia delega ai suoi ventriloqui, è quel vocabolario bellicoso che sazia l’affamato sentimento popolare.
Le parole, anche quelle triviali, anche quelle cruente, sono adeguate al registro elettorale della sua parte. Ha di fronte un’opposizione anemica, la “coalizione Pisolo”.
Così la pensa Gennaro Carillo, filosofo della politica, studioso della democrazia antica (con scritti su Platone, Sofocle, Euripide, Erodoto).
Ma davvero Giorgia Meloni ha bisogno della colluttazione con l’avversario per tenere in alto la sua stella?
C’è un “melonismo” interno che ha disperato bisogno di tenere accesa la fiamma del conflitto politico, a partire dalla costruzione sistematica del nemico. Qui la retorica cambia radicalmente, nel segno dell’incontinenza verbale e dell’inasprimento dei toni. A ragion veduta, perché il consenso a Meloni si fonda in ampia misura su questa retorica, non sulla professione di atlantismo, e ha beneficiato di un rancore e di una rabbia fomentati ad arte nei due anni di pandemia.
Esiste quindi un secondo binario che attiva e polarizza lo scontro, e i suoi ventriloqui, che paiono agli estranei del sentimento meloniano delle macchiette, sono invece i salariati – anche nella tv di Stato – della fabbrica del consenso della destra.
L’esibizione triviale dissimula una strategia comunicativa precisa. Il cospirazionismo, il negazionismo, le prese di posizione antiscientifiche, in un Paese nel quale la consapevolezza pubblica della scienza è bassissima, non hanno niente di naif. Non dimentichiamo che Trump ci ha costruito un impero, basato su un’onda montante di risentimento e rancore. E che anche l’Italia, con l’assalto alla Cgil, ha avuto la sua Capitol Hill. Mi domando: hanno fatto più morti i distorsori sistematici della realtà, quelli che quotidianamente hanno bombardato i più deboli di messaggi falsi, o le misure anti Covid adottate dai governi Conte e Draghi?
Lei pensa che procedere allo stop del reddito di cittadinanza in modo così cruento, sia una scelta ponderatamente aggressiva? Il secondo binario aspetta la ciliegina sulla torta dello scontro perfetto tra chi suda e chi spreca: gli scontri di piazza, magari a Napoli. Eccoli i veri lanzichenecchi! È così?
Il percettore del reddito di cittadinanza non è che l’ultimo nemico pubblico in ordine di apparizione. Basta identificarlo con un parassita, specie se meridionale, e il gioco è fatto. E per qualche giorno i migranti, i rom, Greta e Zaki potranno stare tranquilli. Intanto, i sussidi vengono sospesi e solo in Campania vengono tagliati 600 milioni del Pnrr.
I giornali, La Verità in testa, e Rete 4, sono i motori del melonismo. C’è poi il compagno della premier e il suo nuovo ruolo di portavoce. Quel che dice lo concerta con la compagna?
Mario Giordano e compagni sono stati le levatrici del melonismo e Rete 4 è stata l’incubatrice e ora il nido amorevole che ne alimenta il consenso, peraltro condannando Forza Italia all’irrilevanza. Ignoro se le sparate di Giambruno siano concordate. Sul momento potranno anche suonare imbarazzanti ma titillano quelle corde negazioniste e antitedesche che sono tra le basi culturali della versione più becera – ma vincente – del melonismo, col cambiamento climatico che ha preso il posto del Covid.
Lei dice: senza il Covid e senza Rete 4 Meloni sarebbe ancora a fare la nipotina dell’Msi.
In tempo di pandemia Meloni ha accumulato un capitale simbolico notevole. L’opposizione solitaria ha pagato, oltre alla bravura come comiziante. Il teatro degli orrori allestito da Rete 4 e dai giornali compiacenti ha giocato un ruolo di non secondaria importanza. Far passare la disinformazione per controinformazione si è rivelata una trovata efficace, com’era già successo in America con Q Anon (l’attivista americano della cospirazione dell’all right, ndr)
Il centrosinistra sembra la coalizione della cattiva coscienza: svogliata, senza grinta, senza idee.
Se l’opposizione feroce paga, governare appaga.
La chiamerebbe “coalizione Pisolo”.
E logora.
Sazia per i tanti anni di governo.
L’entusiasmo successivo all’elezione di Schlein si è esaurito. Come sempre, il centrosinistra è impegnato più sul fronte del conflitto interno che su quello di un’opposizione credibile. Amen.
(da Il Fatto Quotidiano)
argomento: Politica | Commenta »
Luglio 31st, 2023 Riccardo Fucile DAI 13 CONDONI IN MANOVRA ALLA DELEGA FISCALE PIENA DI SANATORIE, CONCORDATI PREVENTIVI, ADEMPIMENTI COLLABORATIVI. E POI LA BATTAGLIA SULLA SOGLIA DEL CONTANTE E LA NON OBBLIGATORIETÀ DEL POS ALLA LOTTA ALL’EVASIONE CHE MELONI HA DEFINITO “PIZZO DI STATO”
Appena 18 righe per chiedere all’Europa di rinunciare alla lotta
all’evasione. Almeno nelle modalità concordate nel Pnrr all’epoca del governo Draghi: ridurre di 2,7 punti il tax gap, la propensione all’evasione in Italia misurata dalla differenza tra imposte incassate e imposte attese. Si tratta di 10-15 miliardi per passare dal 18,5% del 2019 – tra le percentuali più alte in Ue – al 15,8% alla fine del prossimo anno.
Questo era scritto nel Pnrr. Ma il governo Meloni ferma tutto. E infila la richiesta di stop tra le 144 modifiche al Pnrr ufficializzate dal ministro Raffaele Fitto il 27 luglio. Mettendo così in salita il confronto con Bruxelles. Perché la lotta all’evasione era stata aggiunta all’ultimo, dietro pressione della Commissione, come clausola di garanzia per la buona riuscita del Piano.
Quasi un’assicurazione che l’Italia – al top per evasione dell’Iva in Europa, 100 miliardi di tasse non riscosse all’anno, 1.153 miliardi di cartelle nel magazzino fiscale di cui appena 114 miliardi recuperabili – fa sul serio. Un test di affidabilità. E invece ora Palazzo Chigi cambia a sorpresa strada. E in quelle 18 righe scrive che «vi sono alcune ragioni oggettive che suggeriscono la modifica del target».
Ne cita solo una: «La crisi di liquidità delle imprese» che «può incidere negativamente sulla regolarità dei versamenti tributari». Lo stesso governo che esalta i numeri dell’economia italiana ora invece dice di non essere in grado di abbassare di tre punti scarsi il tax gap portandolo al 15,8% nel 2024, ovvero di recuperare 10-15 miliardi di tasse, perché la stessa economia zoppica. Lo fa senza peraltro indicare una chiara e plausibile alternativa
E’ evidente che la richiesta di cambio dell’indice a Bruxelles dovrà essere motivata con ben più di 18 righe. Il confronto alla fine sarà molto più politico che tecnico. Il governo Meloni sin dalla sua prima legge di Bilancio non ha fatto altro che occhieggiare all’evasione
Dai dodici condoni in manovra, poi diventati tredici, alla delega fiscale piena di sanatorie, concordati preventivi, adempimenti collabora tivi. Dalla battaglia sulla soglia del contante e la non obbligatorietà del Pos alla lotta all’evasione verso i piccoli letta dalla premier come «pizzo di Stato» . Con Salvini, che non perde occasione per invocare stralci, rottamazioni, pulizie tombali delle cartelle
(da La Repubblica)
argomento: Politica | Commenta »
Luglio 31st, 2023 Riccardo Fucile L’ULTIMO RIGUARDA IL MINISTRO DEGLI AFFARI ECONOMICI, WILLE RYDMAN: IN MESSAGGI DEL 2016 ALLA FIDANZATA SI DEFINIVA “NAZISTA”, SE LA PRENDEVA CON GLI IMMIGRATI SOMALI (“SONO COME ERBACCE”) E CON I MUSULMANI (“SCIMMIE”)…IL PREDECESSORE DI RYDMAN S’ERA DIMESSO IL 30 GIUGNO PER APPREZZAMENTI POSITIVI VERSO IL TERZO REICH
Il nuovo governo finlandese di centrodestra guidato da Petteri Orpo è entrato in carica il 20 giugno. Sono stati sufficienti 42 giorni perché collezionasse la bellezza di tre scandali per razzismo.
Al centro della polemica questa volta è finito il 37enne Wille Rydman, eletto con i «Finlandesi» e titolare degli Affari economici da tre settimane.
A metterlo nei guai è una serie di messaggi che scambiò con la sua ex compagna nel 2016 — quando era già parlamentare e membro della commissione per gli Affari costituzionali — e che ora il quotidiano Helsingin Sanomat ha pubblicato integralmente. Rydman, nell’ordine: si lamenta dei «somali che si moltiplicano come erbacce»; cita una canzone «adatta per essere suonata alle feste studentesche» in cui si narra di un «musulmano pazzo» che ha «violentato una ragazza in un parco»; si felicita del fatto che un imprenditore belga abbia vietato alle proprie dipendenti di portare il velo pur precisando che «per me sarebbe meglio vietare direttamente chi lo indossa»; e definisce le persone di origine mediorientale «scimmie incomprensibili» prima, e «scimmie del deserto che mi fanno schifo» dopo.
Infine, si improvvisa anche genetista e, parlando della possibilità di avere un figlio, sottolinea: «Se anche mi accoppiassi con una negra nigeriana, il bambino avrebbe il 26 per cento di probabilità di avere gli occhi verdi». E quando la fidanzata suggerisce il nome ebraico Immanuel, taglia corto: «Questa spazzatura non piace a noi nazisti».
E dire che il ministro da cui ha ereditato il dicastero, l’altro «Finlandese» Vilhelm Junnila, è stato dimissionato il 30 giugno proprio per alcuni commenti con riferimenti razzisti e di simpatia verso il Terzo Reich.
Per esempio, in un discorso del 2019 Junnila propose di «garantire più aborti alle donne africane» per frenare il cambiamento climatico. Lo stesso anno, a un congresso di estrema destra, aveva ironizzato sul numero 88, un riferimento caro ai neonazisti perché l’ottava lettera dell’alfabeto è la «H»: due 8 significano «HH», ovvero «Heil Hitler» nella galassia dell’estremismo nero.
Altri dodici giorni, ed ecco il secondo scandalo. Scatenato questa volta dal ritrovamento sul web una serie di articoli pubblicati su un blog dalla stessa Purra e risalenti al 2008. La vicepremier, che è anche ministra delle Finanze, scrisse che avrebbe risolto il «problema» dei giovani di origine straniera sui treni «con le armi: datemele e ci saranno dei cadaveri sui vagoni, ve lo assicuro».
E anche lei utilizzava il termine «scimmie» per denigrare i cittadini della Turchia. Immediate le scuse, ma nessuna rinuncia alle cariche da parte sua.
(da il Corriere della Sera)
argomento: Politica | Commenta »