Agosto 31st, 2023 Riccardo Fucile
PARE CHE LA STESSA MELONI SI SIA FATTA SONORAMENTE SENTIRE SULL’OPPORTUNITÀ DI SPARARE CAZZATE DAVANTI A UNA TELECAMERA, DIMENTICANDO CHE TUTTI SI SENTIRANNO AUTORIZZATI A CREDERE CHE QUELLO SIA ANCHE IL PENSIERO DEL CAPO DEL GOVERNO
Le giambrunate di Mister Meloni cominciano a far girare le palle della pazienza non solo nel mondo della politica (Alessandra Mussolini) e dello spettacolo (Chiara Ferragni). Come riferisce sul “Fatto” Gianluca Roselli, l’irritazione di Piersilvio non poteva non manifestarsi sul groppone del conduttore di Rete4.
Il piano del rampollo berlusconiano di detrashizzare il Biscione (via la D’Urso, fuori la Blasi, a casa la sovreccitata Belen) ha subito nei mesi passati più di un contraccolpo dalle uscite a pene di segugio del fidanzato della Meloni. Ora a Mediaset sono solo in attesa sulla riva del fiume di un crollo di ascolti di “Sudario del giorno”, così hanno nomignolato il programma, concomitante con l’arrivo dei programmoni della stagione 2023/2024, per abbassare il sipario.
“A dire il vero, la storia di Andrea Giambruno ha avuto curve più tortuose”, sottolinea Simone Canettieri su “Il Foglio” del 4 maggio scorso. E racconta: “A ottobre, al momento della formazione del governo, quando per esempio il Cav. decise di non votare Ignazio La Russa presidente del Senato, quando Forza Italia era ostile, quando proprio Berlusconi ricordò al mondo che il compagno di Meloni era un suo dipendente, proprio in quei momenti Giambruno scomparì dalla conduzione dei tg. Messo a fare cucina redazionale”.
Acqua passata: fatta fuori Licia Ronzulli, il ciuffo di incerta origine dell’ex autore del programma “Kalinspera” di Alfonso Signorini, è ricicciato, più turgido che pria. E per far felice la Meloni Family, Piersilvio aveva trasferito la messa in onda del “Diario del giorno” a Roma e non più da Cologno Monzese. “È un favore personale che l’azienda mi fa”, aveva ammesso l’”umile giornalista”, così si definisce, con il ‘’Corriere della Sera’’.
Ora l’indiscrezione che trapela dai palazzi del potere è che la stessa Gggiorgia si è fatta sonoramente sentire con il tricologicamente variabile compagno, ormai in preda a un delirio da Marchese del Grillo.
Così, dismessi i panni amorevoli di fidanzata con prole, la Regina della Garbatella avrebbe messo in riga il vispo Meloncino, non tanto sul contenuto (il famigerato parallelismo tra alcool e violenza in corpo femminile), quanto sull’opportunità di sparare tali cazzate davanti a una telecamera, dimenticando che tutti si sentiranno autorizzati a credere che quello sia anche il pensiero del capo del governo.
Ma da quell’orecchio il pupone non ci sente: “La cronaca fa ascolti, ma ognuno ha la sua cifra. Io, preferisco la politica, ma tutto è politica, anche nella sparizione della piccola Kata c’è la responsabilità politica, come in tanti episodi di violenza: se releghi lo schifo in periferia, è ovvio che qualcosa di brutto succede. Io vorrei implementare il racconto della vita vera”
Un conflitto di interessi coniugale che lo stesso Giambruno non ha difficoltà ad ammettere: “Questa situazione per me ha anche dei vantaggi professionali”. E quali sono questi vantaggi?, incalza Canettieri. “Magari il decreto Lavoro ho chi me lo spiega se poi ne devo parlare in tv”.
Tu e Giorgia a cena che parlate dei voucher o del taglio del cuneo fiscale: che immagine. “Non fare lo spiritoso. Magari ho fonti tra i suoi collaboratori che a me, come immagino ad altri, possono dare delucidazioni o dritte”.
Andrea Giambruno osservato speciale. Dopo le parole sullo stupro di Palermo, mr. Meloni ci sarà una “sorveglianza speciale” da parte della dirigenza dell’informazione Mediaset. Dove si sarebbe consigliato al conduttore di Diario del giorno di tenersi lontano per un po’ dalla stretta attualità. Così nella puntata di ieri si è parlato di medici di famiglia. Insomma, meglio evitare altri guai, specie in vista della visita di Giorgia Meloni a Caivano.
Dell’ipotesi di un suo programma in prima serata a Mediaset non parla più nessuno. “Era un’idea circolata mesi fa, ma mai presa davvero in considerazione”, sussurra una fonte del Biscione.
Che non sia granché amato in azienda lo si era capito da certi tweet di fine luglio da parte di colleghi come Laura Cannavò e Lella Confalonieri (nipote di Fedele) in merito al negazionismo sul cambiamento climatico e all’invito al ministro tedesco a “restarsene nella Foresta Nera”.
Per ora Giambruno resterà blindato alla conduzione di Diario del giorno, anche perché una sua sostituzione sarebbe interpretata come uno sgarbo dei Berlusconi alla premier. Ma non sarà una cambiale in bianco: sarà tenuto d’occhio, più di prima. Anche se, si ragiona a Cologno, certi scivoloni “più che imbarazzare noi creano difficoltà a Palazzo Chigi”.
(da Dagoreport)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 31st, 2023 Riccardo Fucile
IL PARTITO DELLA MELONI CERCA DI TAMPONARE E ANNUNCIA PROVVEDIMENTI CONTRO IL SUO ESPONENTE: “NO SPAZIO PER RAZZISMO”
“Voglio vedere la maggioranza dei cittadini veneti di pelle bianca. Posso dirlo o no? E anche la gente la pensa così”. È la frase pronunciata durante una diretta televisiva dell’emittente ‘Rete Veneta’ dal consigliere regionale di FdI Joe Formaggio, ex sindaco di Albettone, già noto alle cronache per le esternazioni di stampa razzista.
Formaggio – divenuto famoso anni addietro per aver detto che dormiva “con il fucile sotto il cuscino” – stava partecipando alla trasmissione Focus, quando in uno scambio acceso con un esponente del Pd sul tema dei migranti – riferisce il Corriere del Veneto – se n’è uscito con la frase che ha fatto sobbalzare lo studio.
E mentre gli altri partecipanti al talk lo rimproveravano, l’esponente di Fratelli d’Italia ha tirato dritto: “Oggi – ha aggiunto – sono andato in viale Milano a Vicenza, ero l’unico bianco. Non mi piaceva e non piace nemmeno alla maggioranza delle persone. Non possiamo fare diventare l’Italia la seconda Africa, non voglio vedere il Veneto con la maggioranza di cittadini di colore scuro”.
La condanna di Donzelli
Immediata la reazione del partito di Giorgia Meloni, che ha deciso di adottare provvedimenti nei confronti di Formaggio. “In FdI non c’è spazio per il razzismo”, dice all’Adnkronos Giovanni Donzelli, braccio destro della leader Meloni e responsabile organizzazione di Via della Scrofa.
“Il colore della pelle – rimarca il parlamentare di Fdi – non indica la cultura o la correttezza di una persona. Pensare di valutare o peggio di discriminare le persone in base al colore pelle è incompatibile con i valori della nostra comunità”. Pertanto, annuncia Donzelli, “attiveremo gli organi competenti per l’analisi di quanto detto da Formaggio e per le dovute conseguenze”.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 31st, 2023 Riccardo Fucile
LE IPOTESI DI REATO SONO MINACCIA, OLTRAGGIO A PUBBLICO UFFICIALE E INTERRUZIONE DI PUBBLICO SERVIZIO
Dopo la rissa sfiorata del 28 agosto scorso nel consiglio comunale contro i consiglieri di minoranza di Fratelli d’Italia, il sindaco di Terni Stefano Bandecchi è stato iscritto oggi giovedì, 31 agosto nel registro degli indagati dalla locale Procura.
Lo riporta il Corriere dell’Umbria, specificando che si tratta di un atto dovuto.
Dopo la riunione in Municipio, le minoranze si erano infatti recate dal prefetto e carabinieri per segnalare quanto successo.
Mentre Verini e Ascani, parlamentari del Pd, hanno invece informato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.
Secondo quanto scrive quotidiano umbro, le ipotesi di reato sarebbero quelle di minaccia, oltraggio a pubblico ufficiale e di interruzione di pubblico servizio.
Tra gli elementi al vaglio degli inquirenti ci sarebbe anche la reazione del sindaco all’intervento di tre agenti della polizia locale presenti come prassi al Consiglio.
Durante una discussione in Consiglio comunale, l’esponente di Fratelli d’Italia Marco Celestino Cecconi aveva invitato Bandecchi ad abbassare i toni mentre discuteva con un altro consigliere, Orlando Masselli (al quale Bandecchi aveva promesso di far volare via «tutti i denti dalla bocca» se non avesse smesso di ridere).
Invito a cui il sindaco di Terni aveva reagito scagliandosi contro di lui e facendo cadere a terra alcune sedie, prima di essere placcato da alcuni agenti di polizia presenti alla seduta.
«Mi devono chiedere scusa, perché quando parla un consigliere e a maggior ragione il sindaco, tutti gli altri devono stare zitti», aveva, fra l’altro, commentato Bandecchi dopo l’accaduto.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 31st, 2023 Riccardo Fucile
HA CAPITO CHE È MEGLIO NON SOTTOPORSI AL GIUDIZIO DELLA PLATEA DI ECONOMISTI, BANCHIERI, MANAGER E IMPRENDITORI CHE IN MENO DI UN MESE È MUTATO E SI È IRRIGIDITO … L’ULTIMO AFFONDO DEL “FINANCIAL TIMES”: “L’ITALIA RISCHIA DI SPRECARE LA CHANCE DEL PNRR”
Per qualche giorno ha lasciato in sospeso gli organizzatori del Forum, incerta se andare o meno. Alla fine, ha deciso di evitare. Giorgia Meloni non sarà a Cernobbio, al meeting della comunità finanziaria che ogni anno, a inizi settembre, si ritrova a Villa d’Este, sul lago di Como. La presidente del Consiglio era stata invitata ma, confermano da Palazzo Chigi, non andrà per altri non precisati impegni.
Lo spazio previsto per l’intervento di Meloni era sabato sera, prima dell’ora di cena. Ma la leader ha preferito non sottoporsi al giudizio della platea di economisti, banchieri, manager e imprenditori che in meno di un mese è mutato e si è irrigidito. Qualcosa si è rotto nelle ultime settimane, nella fiducia che il mondo della finanza e dell’impresa le aveva accordato, per quella buona dose di realismo con cui, arrivata a Palazzo Chigi, ha subito dismesso promesse e tesi sovraniste di sempre.
Fatale è stata la tassa sugli extraprofitti delle banche. Un’improvvisata di inizio agosto di cui nessuno era stato avvertito. Meloni è consapevole di cosa ha scatenato nel mondo finanziario sin dal primo giorno, quando in modo un po’pasticciato il governo, dopo la protesta delle banche, ha fatto un passo indietro e di fatto sterilizzato la portata iniziale del prelievo. La premier, però, non ha sconfessato la misura. Anzi.
Se n’è fatta portavoce solitaria, anche a costo di litigare con il vicepremier di Forza Italia Antonio Tajani, tenuto totalmente all’oscuro del provvedimento. Ancora ieri, in un’intervista a Il Sole 24 Ore, Meloni ribadiva di essersi «assunta la responsabilità politica della decisione» e «di non aver coinvolto gli alleati perché quando si interviene su queste materie bisogna farlo e basta».
La premier non indietreggia, nei toni e nella considerazione che ha del ruolo dei soci di governo. Giustifica la tassa, sostenendo che non intende colpire il «legittimo profitto imprenditoriale» ma comunque di «non voler difendere le rendite di posizione».
C’è certamente un rigurgito delle antiche pulsioni di Fratelli d’Italia contro il sistema finanziario e bancario. Ma c’è anche la convinzione che l’Italia sia la principale vittima – come più volte ha espresso il ministro della Difesa Guido Crosetto – dell’innalzamento dei tassi decretato dalla Banca centrale europea. Per Meloni l’imposta è un ritorno alle battaglie di un tempo, Perfetta per dare il via alla lunga campagna elettorale per le Europee.
Ma un costo politico comunque ce l’ha: perché le ha subito alienato una comunità globale che da domani si ritroverà a Cernobbio e che per tre giorni sarà il centro di interesse per gli investitori internazionali. Le banche non hanno apprezzato il metodo, soprattutto. Né i più importanti istituti di credito né la Banca d’Italia erano stati preallertati.
Le lamentele sono arrivate fin nella stanza di Meloni: a differenza di tassisti e balneari, la categoria non è stata convocata a Palazzo Chigi ed è stata completamente snobbata, creando un precedente di cui al Forum le potrebbero facilmente chiedere conto. Anche se le premier non parteciperà, come gli organizzatori pensavano e speravano.
Pure Mario Draghi l’anno scorso disertò Cernobbio ma lo fece sapere subito. Mentre Meloni si presentò: lo fece da vincitrice annunciata delle elezioni che si sarebbero tenute da lì a poche settimane.
Ora invece il sospetto tra i partecipanti del Forum è che queste settimane di agosto abbiano surriscaldato troppo la tensione. Lo provano anche le reazioni molto critiche delle principali testate finanziarie. Agenzie (Bloomberg), settimanali (The Economist), tv (Cnbc), e soprattutto il Financial Times hanno stigmatizzato come le mosse economiche del governo italiano su banche e compagnie aeree possano provocare un circolo vizioso di sfiducia tra gli investitori.
Nel giro di pochi giorni il quotidiano di Londra ha attaccato, in più articoli, le ricette di Meloni. L’ultima volta ieri, mettendo in dubbio la capacità di Roma di spendere i 200 miliardi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. «L’Italia sprecherà l’opportunità» data dalle enormi risorse del Pnrr? «La risposta a questa domanda –scrive il FT – avrà ripercussioni ben oltre i confini italiani e di tutta l’Unione europea».
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 31st, 2023 Riccardo Fucile
A DIMOSTRAZIONE CHE AVER TOLTO IL REDDITO DI CITTADINANZA A CHI VORREBBE LAVORARE E’ STATA UNA PRESA PER I FONDELLI: IL LAVORO NON C’E’
La ministra del Lavoro e delle Politiche sociali, Marina Elvira Calderone, ha presentato oggi nella sede dell’Inps, la nuova piattaforma rivolta agli ex percettori del reddito di cittadinanza – gli ‘occupabili’ – e non solo per raggiungere requisiti formativi e un posto di lavoro.
La piattaforma sarà attiva dal 1 settembre e alla domanda se tra un anno tutti i 112mila ‘occupabili’ troveranno un posto di lavoro, la ministra dichiara: “Non ho la bacchetta magica”.
Da venerdì primo settembre sarà possibile fare la domanda per il Supporto per la formazione e il lavoro (Sfl), il nuovo strumento per gli occupabili che escono dal Reddito di cittadinanza, che partirà insieme alla nuova piattaforma Siisl, e “non sarà un click day”.
La procedura, ha spiegato la ministra, “sarà attiva dalla mezzanotte e un secondo di domani sera, non è un click day e non c’è un problema di esaurimento delle risorse”, evidenzia la ministra, “le persone potranno fare domanda e si attiveranno i processi. Il 60% dei soggetti usciti, in quanto occupabili, dalla platea del Reddito di cittadinanza tra luglio e agosto hanno già una politica attiva in corso”, rimarca Calderone sottolineando anche che “i corsi indicati in piattaforma in termini di numeri di posti disponibili sono ampiamente capienti rispetto a quella che è la platea che stiamo osservando”.
(da agenzie)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 31st, 2023 Riccardo Fucile
A UN ANNO DAL SUO INSEDIAMENTO, ECCO COSA NON TORNA
Quali sono le promesse elettorali che ancora non sono state mantenute dal governo Meloni? Quasi un anno dopo il suo insediamento a seguito della larga vittoria alle elezioni politiche del 25 settembre 2022, l’esecutivo si appresta a imbastire la sua seconda legge di Bilancio.
Se la prima è stata varata e approvata in fretta e furia, mantenendo sostanzialmente quelli che sono stati i paletti lasciati in eredità dal governo Draghi, la legge di Bilancio 2024 sarà la prima manovra interamente targata centrodestra.
In mezzo ci sono stati una serie di decreti approvati dal Consiglio dei ministri, che ormai ha sostituito in tutto il Parlamento chiamato poi solo a ratificare – con il voto di fiducia il cui ricorso in questa legislatura è già da record – le scelte fatte in sede di Cdm.
C’è da dire che Giorgia Meloni fin da subito ha spiegato che il suo lavoro andrà giudicato nell’arco temporale di cinque anni ovvero dell’intera legislatura, un concetto che è stato ribadito anche durante l’ultimo Consiglio dei ministri quando, finite le ferie, il governo ha iniziato a discutere della Finanziaria.
I soldi a disposizione nella legge di Bilancio 2024 però non saranno molti, anche perché con ogni probabilità a gennaio tornerà a essere in auge il Patto di Stabilità senza che prima sia stata approvata la sua riforma.
Appare improbabile di conseguenza che nel 2024 il governo Meloni possa realizzare alcune delle grandi riforme inserite nel suo programma elettorale, ma anche diverse altre promesse fatte soprattutto dal ministro e vicepremier Matteo Salvini finora sono state disattese.
Le promesse finora non mantenute dal governo Meloni
Fermo restando che il centrodestra avrà altri quattro anni di tempo per realizzare i vari punti inseriti nel suo programma elettorale, oppure annunciati dalla premier o dai suoi ministri, queste sono state le principali dieci promesse finora disattese dal governo Meloni.
Pieno utilizzo delle risorse del PNRR, colmando gli attuali ritardi di attuazione.
Abolire il superbollo auto.
Aggiornamento dei piani pandemici e di emergenza, revisione del Piano sanitario nazionale.
Quota 41
Flat tax incrementale.
Soglia minima dei pagamenti con il Pos innalzata a 60 euro.
Estensione prestazioni medico sanitarie esenti da ticket.
Interventi sull’Iva per calmierare i prezzi dei beni di prima necessità e ampliamento della platea dei beni di prima necessità con Iva ridotta. Riduzione Iva sui prodotti energetici.
Elezione diretta del Presidente della Repubblica.
Difesa dei confini nazionali ed europei come richiesto dall’Ue con il nuovo Patto per la migrazione e l’asilo, con controllo delle frontiere e blocco degli sbarchi per fermare, in accordo con le autorità del nord Africa, la tratta degli esseri umani.
Molti di questi punti sono presenti nel programma elettorale che il centrodestra ha presentato alle elezioni politiche 2022, altre invece sono promesse che sono state fatte da Matteo Salvini in questi mesi di governo.
“Ci siamo presentati in campagna elettorale con un programma quadro di Governo della coalizione e con programmi più articolati dei singoli partiti – ha spiegato Giorgia Meloni quando ha fatto le sue dichiarazioni programmatiche -. Gli elettori hanno scelto il centrodestra e, all’interno della coalizione, hanno premiato maggiormente determinate proposte rispetto ad altre. Manterremo quegli impegni, perché il vincolo tra rappresentante e rappresentato è l’essenza stessa della democrazia”.
Meloni e Salvini hanno davanti a loro altri quattro anni per realizzare le loro promesse elettorali, con la sfida più grande che sarà quella di trovare i fondi necessari per passare dalle parole ai fatti.
(da money.it)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 31st, 2023 Riccardo Fucile
“IN ISRAELE FECERO UNA RIFORMA ANALOGA, MA NON FUNZIONO'”
Prima di ragionare sull’ipotetica riforma costituzionale, ci tiene a premetterlo: “Io cerco di avere un atteggiamento laico, non mi piacciono le tifoserie incrociate”.
Michele Ainis, docente di Istituzioni di Diritto pubblico presso l’Università Roma Tre, soppesa i giudizi. E avverte: “Nei testi è importante anche quanto non c’è scritto”.
La bozza di riforma prevede un presidente del Consiglio eletto direttamente dai cittadini, con una soglia minima del 40 per cento, che potrebbe sciogliere le Camere e revocare i ministri. Così i poteri del presidente della Repubblica verrebbero svuotati, giusto?
Le istituzioni sono vasi comunicanti: se muovi qualcosa da una parte, cambi tutto il flusso. Il premierato è una delle tre varianti del presidenzialismo: una è l’elezione diretta del capo dello Stato, come negli Stati Uniti, e un’altra il semipresidenzialismo, come in Francia. Oppure si può eleggere direttamente il presidente del Consiglio, come prevede la bozza di cui avete scritto. Questi tre modelli sono uniti dal fatto che gli elettori scelgono chi ha il potere di governo. Ma così viene intaccata la figura del presidente della Repubblica, così come prevista dal nostro sistema parlamentare, con il suo ruolo di garanzia. Certo, il premierato cerca di mantenere il ruolo del capo dello Stato italiano, che non esiste nei primi due casi. Però il presidente della Repubblica ha i suoi poteri più penetranti nella nomina del presidente del Consiglio e nello scioglimento delle Camere. Se la bozza divenisse realtà, li perderebbe entrambi.
In Europa il premierato non esiste in nessun Paese.
Sarebbe un brevetto, anche se un precedente a livello internazionale esiste. Venne sperimentato in Israele, con Yitzhak Rabin, e non funzionò. Loro hanno una legge elettorale iper-proporzionale; senza l’incentivo a scegliere uno fra i partiti principali – in modo che il suo leader diventasse poi primo ministro – gli israeliani furono più inclini a premiare le liste marginali, dividendo il proprio voto. Il risultato fu un Parlamento frammentato, che divenne ingestibile.
I fautori del premierato potrebbero obiettarle che con la riforma si avrebbe un governo più forte, no?
Parto da un paradosso: se questa riforma andrà in porto, è perché avremo avuto un governo di legislatura, quindi duraturo e stabile. Detto questo, Costantino Mortati nell’Assemblea costituente sostenne che la stabilità non deriva dal comando solitario, bensì da quella del quadro politico. Durante la Prima Repubblica i governi giravano, ma l’indirizzo politico era sempre quello, e lo esprimeva la Dc.
I tempi cambiano…
Per certi versi il governo ora è troppo forte, e di presidenzialismo ne abbiamo sin troppo. L’esecutivo si è impadronito della funzione legislativa, ed è un fenomeno che peggiora sempre di più. Ricordo che Biden non può fare decreti legge e non può sciogliere il Congresso.
Il premierato non la convince.
Gliel’ho detto, ho un atteggiamento laico, e prima di giudicare voglio sempre leggere i testi. Dopodiché noi abbiamo due grossi guai, che sono forse gli unici argomenti a favore della riforma. Il primo è che gli italiani non vanno più a votare, e accontentarsi di una soglia del 40 per cento è un modo per fare i conti con questa disaffezione. Il secondo problema è lo scarto tra la Costituzione scritta e quella materiale. Ovvero, il governo è già troppo forte, come le dicevo prima.
Come fece nel 2016 Matteo Renzi, Giorgia Meloni dovrebbe giocarsela in un referendum sulla riforma. Che mossa sarebbe, politicamente?
Un referendum costituzionale diventa inevitabilmente un voto su se stessi. Renzi caricò quello sulla sua riforma di elementi personalistici, ma anche Silvio Berlusconi perse il referendum costituzionale nel 2006. In entrambi i casi, le due riforme cambiavano una cinquantina di articoli della Carta. Se quella a cui lavora l’attuale governo si limitasse a pochissimi articoli, come sembra, sarebbe di più facile percezione.
(da Il Fatto Quotidiano)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 31st, 2023 Riccardo Fucile
“L’OBIETTIVO E’ RAGGIUNGERE IL MAR D’AZOV, I PROSSIMI GIORNI SARANNO DETERMINANTI”
“Dopo circa due mesi e mezzo di controffensiva gli ucraini si sono resi conto che dovevano dare una svolta e una maggiore energia nel condurre questi attacchi prima che inizi il periodo delle piogge autunnali. Bisognerà aspettare i prossimi giorni per capire se riusciranno a trasformare il successo tattico ottenuto nell’oblast di Zaporizhzhia con la conquista del villaggio di Robotyne in successo operativo, per potersi spingere fino al Mar d’Azov”.
Così il generale Giorgio Battisti, ex comandante del Corpo d’Armata Italiano di Reazione Rapida della NATO (NRDC-ITA), ha commentato a Fanpage.it gli sviluppi della controffensiva ucraina che, dopo settimane di stallo, sembra aver avuto una accelerazione negli ultimi giorni, quando gli uomini di Kiev sono avanzati di diversi chilometri verso Tokmak, nell’oblast di Zaporizhzhia, puntando con decisione verso Melitopol.
Generale Battisti, a cosa è dovuto questo cambio di passo?
“Ritengo preliminarmente che dopo oltre 2 mesi e mezzo di controffensiva, che – ricordiamo – è iniziata il 4 giugno, gli ucraini si siano resi conto che dovevano dare una svolta e una maggiore impulso nel condurre questi attacchi perché tra circa un mese e mezzo inizierà la stagione delle piogge autunnali, per cui il movimento fuori strada diventerebbe quasi impraticabile per i mezzi pesanti, in particolare per i carri armati. Quindi credo che abbiano valutato questa necessità di ottenere evidenti risultati prima della pausa autunnale. A ciò penso che abbia contribuito molto anche l’incontro che, pur essendo dichiarato riservato, è avvenuto qualche giorno fa in una località al confine con la Polonia tra alcuni vertici militari della Nato e quelli ucraini. Un meeting durato 5 ore. Sulla base dello stato della situazione fino a quel momento, è probabile che i rappresentanti dell’Alleanza atlantica abbiano fornito alcune indicazioni per cambiare il metodo e l’approccio della controffensiva che fino ad allora, dicevano i critici, vedeva gli ucraini disperdere le principali forze su tutto il fronte di circa 1000 km senza focalizzarsi sulla zona principale e più importante che è quella dell’oblast di Zaporizhzhia”.
Come mai?
“L’obiettivo della controffensiva ucraina era e rimane raggiungere il Mar d’Azov superando le varie linee difensive russe. Nella visione ucraina le forze, anche quelle addestrate dalla Nato, venivano disperse in diversi tentativi di attacco ma senza esercitare una pressione maggiore in un punto particolare che era ed è nell’area di Zaporizhzhia. Dopo l’incontro dei giorni scorsi si è notato questo cambio repentino nella condotta degli attacchi, dunque una maggiore gravitazione nella zona di Zaporizhzhia. Ciò gli ha permesso agli ucraini, stando a quanto affermano i vertici militari, di riconquistare dopo intensi combattimenti il villaggio di Robotyne che, se si guarda alla carta topografica, permetterebbe proseguendo oltre di arrivare alla conquista del nodo stradale di Tokmak, da cui dipartono due rotabili principali in direzione Mar d’Azov, che sono verso Melitopol a sud e verso Berdiansk a sud-est”.
Cosa rappresenterebbe la conquista di Tokmok?
“Se gli ucraini riusciranno a sfruttare di questo successo tattico, ci saranno buone possibilità che la controffensiva possa procedere verso il Mar d’Azov. Si dovrà vedere cosa succede nei prossimi giorni: i russi al momento continuano a condurre azioni offensive e attacchi nella zona di Kharkiv, gli ucraini attaccano con successo in questi ultimi giorni a Sud e conducono anche attacchi a Bakhmut, dove riescono ad avanzare anche se di poco. Si tratterà adesso di vedere chi subisce maggiormente il logoramento, dei materiali e del personale”
Cosa servirebbe agli ucraini per continuare la controffensiva?
“Agli ucraini per poter tramutare il successo tattico in successo operativo, che permetterebbe loro di arrivare fino al Mar d’Azov, che dista circa 80 chilometri dalla zona in cui sono arrivati, oltre a concentrare le forze principali, quindi a fare massa per travolgere le difese russe, che restano comunque sempre ben articolate con successive linee di trincee, ostacoli anticarro e campi minati, servirebbe disporre della superiorità aerea, anche locale nella zona di Zaporizhzhia per evitare che i vettori aerei russi continuino a colpire le proprie truppe. Potrebbe essere un condizionamento per la controffensiva che può creare rallentamenti nell’azione. Ripeto, ritengo che i prossimi giorni saranno significativi e determinanti per capire l’esito di questo sfondamento. Credo che ci siano le premesse per un successo di Kiev anche perché la conquista del villaggio di Robotyne è servita pure a risollevare il morale delle truppe ucraine”.
(da Fanpage)
argomento: Politica | Commenta »
Agosto 31st, 2023 Riccardo Fucile
AL SUO POSTO, PROBABILMENTE, ARRIVERÀ UN FRANCESE. MA I FRATELLI D’ITALIA, SEMPRE PRONTI A SFERZARE IL COLONIALISTA MACRON, STANNO MUTI…IN AFRICA LA SORA GIORGIA STA SBAGLIANDO TUTTO
Sarà pure, come dice Enrico Borghi, che “un desiderio non fa politica, e che nello iato incolmabile che caratterizza il Piano Mattei tra velleità e capacità si rischia di fare danni”. Però quello che succede a Tripoli, per l’Italia, è forse qualcosa più d’un errore. Con lessico patriottico si direbbe quasi: un’onta. E non solo per il pastrocchio diplomatico tra libici e israeliani che ha visto Roma come teatro del misfatto. C’è anche altro, ed è qualcosa di clamoroso, che si muove in questi giorni, a segnalare una certa distanza tra le ambizioni di Giorgia Meloni e la realtà africana.
Succede infatti che un qualificato diplomatico italiano, Nicola Orlando, dopo aver vinto un concorso continentale ed essere stato scelto da Bruxelles come ambasciatore dell’Ue in Libia, si veda negato il gradimento dal governo di Abdulhamid Dabaiba, quello peraltro che l’Italia continua a sostenere con ostinata lealtà. Una bocciatura che ha del clamoroso, nella grammatica delle feluche.
E che però dal governo patriottico, quello che vuole affermare la nuova centralità dell’Italia in Africa, viene accolta con un’alzata di spalle. E sì che ad avvantaggiarsi di questa bizzarria è, a quanto pare, un diplomatico francese. Che verrebbe spontaneo da dire: Vuoi che a Palazzo Chigi, ai vertici di FdI nessuno utilizzi la propria autorevolezza diplomatica per chiedere spiegazioni a Tripoli del perché di una simile umiliazione?
Eppure, niente. Benché Orlando avesse tutti i titoli per rivestire l’incarico di inviato speciale per l’Ue in Libia. Già impegnato a Riad, in Afghanistan e a Tel Aviv, poi ambasciatore in Kosovo, quindi designato dall’allora ministro degli Esteri Luigi Di Maio come inviato speciale italiano a Tripoli, non a caso era stato lui a vincere il concorso bandito dall’Ue: e così, ad aprile scorso, l’Alto rappresentante dell’Unione, Josep Borrell, sceglie lui.
Lì, però, qualcosa s’inceppa. Quella che dovrebbe essere una mera formalità – l’espressione del gradimento ufficiale da parte del governo Dabaiba – viene prima sospesa, poi negata. E così, dalla settimana scorsa, con la scadenza del mandato del diplomatico spagnolo José Sabadall, in Libia non c’è un ambasciatore dell’Ue
Se si dovesse davvero dare credito ai pettegolezzi della Farnesina, secondo cui nello staff di Antonio Tajani c’è stato chi, dopo aver già dovuto accettare con fastidio la sgradita nomina di Di Maio come inviato speciale europeo nel Golfo, avrebbe gradito ancor meno la promozione di un diplomatico che proprio dai collaboratori del ministro grillino era stato indirizzato verso Tripoli, ci sarebbe da concludere con tristezza che c’è chi, ai vertici del governo, ricorre al masochismo istituzionale come a un’arma di supposta furbizia.
Forse allora per questo tocca accogliere come più concreta l’altra ipotesi. E cioè che siano stati gli apparati francesi a brigare con Dabaiba per propiziare la bocciatura di Orlando, favorendo così un diplomatico transalpino che, arrivato secondo nella graduatoria, si vedrà ora promosso. E certo, se così fosse, ci sarebbe di che lamentarsi per questa concorrenza sleale operata ai danni dell’Italia dai dirimpettai francesi.
Se non fosse, però, che un po’ tutta la strategia diplomatica del governo Meloni in Nord Africa, in questi mesi, e in definitiva buona parte dello spirito del Piano Mattei, “tradiscono una critica esplicita al modello di cooperazione francese”, osserva il renziano Borghi.
E certo a Parigi non devono essere parsi apprezzabilissimi gli attestati di onorabilità dati da mezzo governo italiano a quei golpisti nigerini (“Gente affidabile, con cui si può parlare”) che nel frattempo bruciavano la bandiera francese e intimavano all’ambasciatore di Macron di abbandonare il paese. E a colpire, in ogni caso, è la passività di Farnesina e Palazzo Chigi di fronte allo sgarbo senza precedenti di Dabaiba.
Tanto più che proprio l’Italia è, se non l’unico, il più tetragono sostenitore del traballante governo di Tripoli. Che poi quell’“our motherfucker” (citando Roosevelt) sia lo stesso che umilia il nostro governo negando il gradimento a un diplomatico di lungo corso, dà il senso del paradosso africano in cui Meloni annaspa. Che è lo stesso che genera incidenti diplomatici come quello tra libici e israeliani (su cui Tajani sarà verosimilmente chiamato a riferire in Senato, alla ripresa dei lavori)
D’altronde, quanto quelle aspirazioni poggiassero su basi ancora tutte da costruire, lo si è capito poche settimane fa. Quando, appena dieci giorni dopo la pretenziosa “Conferenza di Roma” su migrazioni e Mediterraneo, il governo filooccidentale del Niger (ospitato con tutti gli onori del caso nella capitale italiana) è finito vittima dei golpisti che inneggiavano a Putin.
Con un atto che rischia ora, peraltro, di innescare una miccia che potrà, come dimostra il caso del Gabon di queste ore, generare tensioni un po’ in tutta l’area subsahariana. Torna insomma alla mente quella raccomandazione che Mario Monti, alla vigilia del primo Consiglio europeo di Meloni, nel dicembre scorso, rivolse alla premier nell’Aula del Senato: “A me piace molto la sua idea del Piano Mattei: ma non è che converrà forse all’Italia cercare di mettersi in una posizione il più possibile efficace e autorevole nei tanti progetti che già l’Ue ha per l’Africa? Lo dico perché denominare in modo troppo nostro nuovi progetti può dare ai nostri partner un tranquillizzante stato d’animo del tipo: sì, fate voi”.
(da il Foglio)
argomento: Politica | Commenta »