Agosto 7th, 2023 Riccardo Fucile
POI VI LAMENTATE PERCHE’ GLI ITALIANI PREFERISCONO L’ESTERO? FANNO BENE
Dopo i due euro chiesti a dei turisti in un bar a Como solo per aver chiesto di tagliare a metà un toast ecco che scoppia una polemica per un servizio, accessorio, che spunta sul conto di un ristorante a Finale Ligure. Due euro per un piattino in più, chiesto da una mamma che ha deciso di far assaggiare le sue trofie al pesto alla figlioletta di tre anni.
A denunciare il curioso sovraprezzo è Selvaggia Lucarelli sul suo profilo Instagram. «Liguria. Un piatto di trofie al pesto 18 euro, la mamma chiede un piattino per farne assaggiare un po’ anche alla bambina di tre anni che ha già mangiato. Sul conto le mettono due euro per il piattino. Tra l’altro avendole già messo in conto il coperto», racconta Selvaggia.
Abbiamo contattato l’osteria. A rispondere è il figlio dei titolari, Ida e Aldo. È al corrente di quello che sta succedendo sui social.
«Siamo un locale piccolo, con cinque tavoli. Spesso capita che si siedano in tre o più persone per condividere le portate», spiega, difendendo l’opzione piattino. Sostiene che il sovrapprezzo per la richiesta «è specificato sul menù» in modo chiaro. Anche se non ricorda l’episodio citato dalla Lucarelli. Ma siete dispiaciuti della cattiva pubblicità? «Ci sarebbe dispiaciuto di più se avessero scritto che avevano mangiato male. Ecco, quello ci sarebbe dispiaciuto – risponde il figlio dei titolari – mia madre si alza ogni giorno alle sei del mattino per curare la cucina. Sa come si dice? L’importante è che nel bene e nel male se ne parli».
(da agenzie)
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Agosto 7th, 2023 Riccardo Fucile
LA GUERRA AL GRANCHIO BLU, LE LICENZE DEI TAXI, IL TETTO A 240MILA EURO DI STIPENDIO PER I MANAGER, I CHIP E GLI INCENDI
Il governo dichiara guerra al granchio blu, che nel
Mediterraneo divora cozze, vongole, ostriche. E lo fa all’interno di un decreto legge “salsiccia” di 34 articoli, battezzato Asset, che mischia licenze taxi e abolizione del tetto di 240mila euro per i manager della società Ponte dello Stretto, stop agli algoritmi che drogano i prezzi per le rotte nazionali dei voli con le isole e il credito d’imposta per i semiconduttori.
Un mischione omnibus. Un wurstel che questo pomeriggio approderà in Consiglio dei ministri. Insieme a un altro decreto, chiamato Giustizia, che spazia dal Covid agli incendi boschivi, fino alle intercettazioni, passando per la nuova organizzazione al ministero della Cultura. Cosa hanno in comune le nuove regole sui positivi al Sars-CoV-2 con la riforma di Gennaro Sangiuliano?
Al Colle li stanno esaminando con lenti attente. Il presidente Mattarella ha più volte espresso la propria contrarietà ai decreti legge disomogenei, e non è scontato che per effetto della moral suasion qualche comma eccentrico alla fine possa saltare.
«Ciascuno faccia il proprio mestiere», aveva ammonito il Capo dello Stato alla cerimonia del Ventaglio, il 27 luglio. Si riferiva anche all’eccesso della decretazione d’urgenza, con cui il governo, non da ora in verità, scavalca le Camere: i decreti godono in Parlamento di una corsia preferenziale.
In questa legislatura ne sono stati presentati già 33, il primo sui rave party. In media uno ogni otto giorni . C’è poi un’ulteriore degenerazione, su cui al Quirinale hanno molto insistito: ovvero l’andazzo di presentare un decreto e di aggiungervi un gran numero di commi aggiuntivi. È stato il caso del Milleproroghe, che dagli originari 149 commi è lievitato di altri 205. Mattarella in quell’occasione, il 29 dicembre, scrisse una lettera alla premier Giorgia Meloni e ai presidenti delle Camere facendo notare lo snaturamento.
L’invito era di ricondurre la decretazione d’urgenza entro limiti costituzionali e di favorire una valutazione più rigorosa degli emendamenti. L’andazzo però è continuato. A quanto pare è più facile sconfiggere il granchio blu che i decreti salsiccia.
(da La Repubblica)
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Agosto 7th, 2023 Riccardo Fucile
IL 70% DEI PAZIENTI ITALIANI È COSTRETTO A RIVOLGERSI A DELLE STRUTTURE PRIVATE PER ACCERTAMENTI VISTA L’ATTESA INFINITA A CUI SI E’ OBBLIGATI DALLE STRUTTURE PUBBLICHE… UN’ECOGRAFIA COSTA IL 25% IN PIÙ, IL DENTISTA È PIÙ CARO DEL 30-40%
La pandemia ha allungato le liste d’attesa e prosciugato il portafoglio di due italiani su tre, che per aggirarle si sono dovuti a rivolgere al privato, dove l’inflazione sanitaria galoppa, anche se con grandi differenze da una struttura all’altra.
Solo che per la sanità privata in Rete non ci sono siti che con un click ti dicano dove andare e spendere di meno per una tac o una visita dal cardiologo, ragion per cui per molti assistiti il post-Covid si è rapidamente trasformato in una stangata. Che non ha risparmiato nemmeno le visite specialistiche fatte in regime di «intramoenia», ossia quelle effettuate dai medici ospedalieri pubblici in forma privata dentro gli stessi ospedali. Qui gli aumenti hanno oscillato tra il 10 e il 20% a seconda della specialità medica.
I farmaci a pagamento più diffusi hanno fatto a loro volta un balzo in avanti di oltre il 10% a inizio anno, il prezzario per visite mediche e accertamenti diagnostici, come tac, risonanze o ecografie in alcuni grandi gruppi sanitari privati è andato su in media del 25%, mentre la poltrona del dentista è diventata più costosa in un 30-40% dei casi per compensare i rincari del 9% del materiale odontoiatrico, come capsule o impianti, oltre a quelli del caro bollette che non hanno risparmiato nessuna struttura sanitaria.
Eppure a guardare le statistiche dell’Istat, mai pubblicate, alla voce «servizi sanitari e spese per la salute» nel triennio 2020-22 corrisponde un aumento dei prezzi del 2,5%, più accentuato per i servizi ambulatoriali, dove l’inflazione è stata del 3,3% e per i ricoveri, dove si è al più 3%. «Ma il problema – spiega Alessandro Solipaca, ricercatore Istat e direttore scientifico di “Osservasalute” della Cattolica di Roma – Inoltre dietro quegli incrementi contenuti si nasconde una grande differenza nell’andamento dei prezzi da una struttura all’altra e a seconda dell’area geografica del Paese dove il dato è rilevato».
«La medesima prestazione può lievitare di oltre il 500% da una struttura sanitaria all’altra», conferma Laura Filippucci, economista e consulente di Altroconsumo, l’associazione che in una fotografia scattata di recente ha rilevato come le liste di attesa abbiano costretto il 70% di chi necessitava di una visita medica e il 60% di chi doveva sottoporsi a un esame diagnostico a rivolgersi a una struttura privata.
«A Torino, ad esempio – racconta Filippucci – una gastroscopia può costare dagli 800 ai 1.320 euro, a seconda del centro privato scelto. A Milano si passa dai 95 ai 620 euro per una risonanza magnetica alla colonna vertebrale.
A Napoli, una visita ginecologica può costare da 30 a 150 euro, con una differenza pari al 400%. Ancora, a Genova, per l’ecografia addome completo si spendono dai 47 ai 140 euro (+198%). Le differenze di prezzo sono molto elevate anche per esami generalmente poco costosi come l’elettrocardiogramma: a Bari si va dai 15 ai 60 euro
(da la Stampa)
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Agosto 7th, 2023 Riccardo Fucile
“CI VIENE CONSEGNATA DELLA CARNE, APRIAMO LE BUSTE, ODORE DI MARCIO. C’ERANO I RESPONSABILI PRESENTI. NOI CI RIFIUTIAMO DI USARLA, MA CI VIENE DETTO: ‘O LE FATE O NON VI FACCIO PIÙ LAVORARE’. PAGAVAMO CIFRE ESAGERATE GLI ALIMENTI. UN GAMBO DI SEDANO, UNA CIPOLLA E PREZZEMOLO CI COSTAVANO 2 EURO”
Detenuti costretti a preparare polpette con carne marcia, ad
acquistare salsicce da cui usciva schiuma viola. Prezzi esagerati per una qualità del cibo a dir poco scadente. Dalle lettere dei detenuti nel carcere di Rebibbia, emerge un racconto degli orrori. Scrivono pagine e pagine, le inviano all’allora garante dei detenuti Gabriella Stramaccioni che denuncia tutto. Oggi, a carico di due responsabili della ditta che si occupava del vitto e del sopravvitto nell’istituto penitenziario, la Ventura, c’è un’indagine in corso.
Ma leggendo “le lettere dal carcere” ci si rende conto che l’ingiustizia ai danni dei carcerati si perpetrava da anni. «Nel 2015, dopo la scadenza dell’appalto con una cooperativa, torna la gestione del vitto da parte dell’Amministrazione e della Ventura», racconta un detenuto che lavora in cucina e a cui è rimasto impresso anche questo episodio: «Ci viene consegnata della carne, apriamo le buste, odore di marcio. Strano, c’erano i responsabili presenti. Ci rifiutiamo di lavorarla, ma ci costringono a fare le polpette con uova, pane e prezzemolo, così si copre l’odore». La minaccia, racconta il detenuto, era: «O le fate o non vi faccio più lavorare». E allora i detenuti non si ribellano, eseguono sotto ricatto. Ma poi scrivono.
Denunciano di aver dovuto versare «30 – 40 litri di acqua ogni 100 di latte» , raccontano degli «scatoloni di piselli, fagioli, ceci, tutto scaduto». Ma andavano usati lo stesso. Come la frutta: «se le pesche quel giorno costavano troppo, allora venivano lasciate le mele marce di giorni prima». […] Il tutto è sempre in mano alla Ventura e i prezzi, scrivono ancora i detenuti, sono altissimi.
«Il costo di un chilogrammo di pomodorini è di circa 4,30 euro, quello di un chilo d’aglio 9 mentre il costo degli odori è di circa 2 euro con una costa di sedano, una cipolla e un po’ di prezzemolo». Addirittura anche il gas che serve a cucinarlo, quel cibo scadente, viene fatto pagare caro. Tutte queste lettere, testimonianze di un degrado inflitto a chi è sotto la custodia dello Stato, sono state raccolte da Stramaccioni che nel 2021 denunciò tutto in Procura.
(da agenzie)
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Agosto 7th, 2023 Riccardo Fucile
PER GLI 007, IL PARTITO DI ULTRA-DESTRA PORTA AVANTI TEORIE COMPLOTTISTE COME QUELLA DELLA “SOSTITUZIONE ETNICA”
Durante il congresso dell’ultra-destra tedesca Alternative fuer Deutschland in preparazione delle elezioni europee, è emersa in alcune dichiarazioni “una comprensione etnica del popolo”, ad esempio parlando della “grande sostituzione”, parole che indicano che viene “messa in discussione la garanzia costituzionale della dignità umana per alcuni gruppi della popolazione”.
Lo ha detto oggi in esclusiva ad Ard Thomas Haldenwang, presidente del Bfv, l’Ufficio federale tedesco per la protezione della costituzione. Una nuova forte critica da parte del capo dell’intelligence interna della Germania, dopo quella già espressa lunedì scorso. Proprio venerdì era emerso che il Bfv aveva temporaneamente accettato di non commentare il congresso di Afd a Magdeburgo mentre era in corso, in rispetto di un reclamo legale presso il tribunale di Colonia della dirigenza dello stesso partito di ultra-destra. Appena terminato il congresso, tuttavia, Haldenwang ha detto che la sua posizione è “immutata”.
Il presidente dei servizi segreti interni tedeschi ha anche spiegato di adempiere al suo mandato legale con le sue valutazioni: “si tratta di uno strumento di una democrazia combattiva per informare l’opinione pubblica sulle aspirazioni e sui comportamenti che sono diretti contro il libero ordine democratico. In questo modo, tali tentativi possono essere affrontati tempestivamente attraverso il dibattito sociale e politico”, ha dichiarato Haldenwang. In precedenza il presidente del Bfv aveva già dichiarato che tra i membri di Alternative fuer Deutschland che puntano al prossimo parlamento europeo ci sono profili non democratici, che portano avanti “teorie complottiste ed estremiste di destra”.
(da agenzie)
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Agosto 7th, 2023 Riccardo Fucile
LE PALLE CHE RACCONTANO ALBERGATORI E RISTORATORI
Sant’Alfonso Maria de’ Liguori potrebbe diventare il
protettore di ristoratori e albergatori. Pare infatti che il 1° agosto, data in cui si celebra il santo, si sia compiuto un miracolo: il ritorno dei lavoratori stagionali. Da cinque giorni – dopo aver parlato per anni di carenza di personale – le imprese del turismo dicono che stanno arrivando candidati. E, guarda un po’, sarebbero proprio quelli che hanno appena perso il Reddito di cittadinanza. Nella nuova fantastica storia delle associazioni di categoria – prontamente ripresa dalla stampa – la situazione si è rovesciata. Prima era impossibile trovare camerieri, ora c’è la fila.
Come sempre, è un’invenzione, anche perché è impossibile stabilire un trend in così pochi giorni: le associazioni che ne parlano non spiegano che indagine hanno compiuto, su quale campione e con quale metodo. Semplice diceria utile solo ad applaudire il governo per il taglio al Reddito di cittadinanza.
Basti pensare che lo strumento anti-povertà, in questi anni è stato accusato di aver creato la fuga degli stagionali. E anche questa narrazione era falsa, dicono i dati. Nel 2018, ultimo anno senza Rdc, le assunzioni di stagionali furono 660mila; nel 2019 è arrivato il sussidio e sono state 732mila. Scese nel 2020 per la pandemia, nel 2021 sono schizzate a 921mila, per poi superare il milione nel 2022. L’unica volta che l’Anpal ha pubblicato i settori nei quali i beneficiari Rdc hanno lavorato, “alloggio e ristorazione” è risultato ai primi posti. La difficoltà di trovare addetti non è dovuta al Rdc, ma ad altro: la crescita del turismo che ha richiesto sempre maggiore personale, il calo demografico che ha ridotto i giovani e le condizioni di lavoro nel settore. Insomma, ogni storia è buona per la campagna della stampa di destra contro i percettori Rdc. E ieri si è arricchita di una nuova: a Roma 1.234 beneficiari hanno dichiarato di vivere tutti nella stessa via e numero civico. Verissimo. Peccato che via Modesta Valenti 61 è l’indirizzo dei senza fissa dimora.
(da agenzie)
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Agosto 7th, 2023 Riccardo Fucile
“LORO BEVONO E DEVONO PAGARE I CITTADINI?”
Il primo weekend dei taxi gratis fuori dalle discoteche è passato. L’iniziativa voluta dal vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, ha fatto il suo esordio a Jesolo, nella discoteca “Il Muretto”. Uno dei sei locali selezionati dal governo per testare l’iniziativa (che durerà fino a metà settembre) di offrire un servizio navetta gratuito a chiunque abbia un tasso alcolemico superiore ai limiti di legge. Basta sottoporsi al test uscendo dal locale e scatta il voucher per montare sul taxi e farsi portare comodamente a casa. Solo loro però. Per tutti gli altri, la corsa si paga.
Un distinguo che da giorni ha scatenato le polemiche, diventate argomento di critiche feroci sotto al post Twitter del vicepremier che lodava la sua iniziativa: «Bene così, ogni potenziale incidente evitato e ogni vita salvata sono una vittoria». Da lì una pioggia di commenti. «Loro bevono e noi cittadini paghiamo?». Centinaia di critiche tutte dello stesso tenore. Inaccettabile per i più che vengano stanziati soldi pubblici per spesare il divertimento serale di chi vuole eccedere con l’alcol. «E gli anziani? E le donne sole? No, loro devono pagare», alcuni dei paragoni più in voga. Ma se il contraltare etico è spesso il fil rouge dei detrattori del vicepremier, è la piega sociale di questa iniziativa a preoccupare: «Con questa iniziativa si incentivano i giovani a bere, invece che dissuaderli».
Ma vuoi la novità e il poco tempo per assorbire l’informativa, i taxi gratis sono stati disponibili sono nella discoteca di Jesolo. Con numeri risibili rispetto al clamore mediatico scaturito. Per 4000 biglietti staccati in discoteca sono state effettuate sette corse in totale, con circa 20 ragazzi riaccompagnati. Neanche a casa, ma alla più vicina stazione autobus. Il questa prima fase, le linee del provvedimento prevedono che i taxi non superino tragitti di 20-30 chilometri all’interno del Comune in cui si trova il locale. Che poi il cliente riprenda la propria auto o utilizzi un altro mezzo per tornare a casa, non è dato sapere.
Critiche, ma anche consensi. Soprattutto dei ragazzi, liberi di bere senza limiti e rischi: «È un’idea valida. — ha commentato Marco fuori dalla discoteca “Il Muretto” — . La gente va a ballare, e beve, si sa. Questo esperimento potrebbe finalmente arginare il problema incidenti in macchina». Non evitare di bere. Mentre la corsa in taxi verrà rimborsata direttamente dal governo alle discoteche. Ai ragazzi viene dato il voucher, lo consegnano al tassista che a fine serata lo rende al proprietario del locale.
Un entusiasmo, quello di alcuni, che non sembra aver contagiato chi in discoteca non va o se ci va non si mette alla guida con un tasso alcolemico superiore a 0,5 grammi per litro. Questo diceva la legge, prima del “reddito di alcolismo”, come lo hanno soprannominato i più severi detrattori dell’iniziativa.
Un cortocircuito tra due posizioni molto distanti e destinato a continuare. Tra chi vede il taxi gratis come la soluzione per evitare le stragi del sabato sera e chi la bolla come «l’ennesima iniziativa senza senso dell’attuale governo».
(da agenzie)
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Agosto 7th, 2023 Riccardo Fucile
LA CARICA DEI RICICLATI NEL CDA DELLE PARTECIPATE
Dall’Istituto poligrafico, in cui figura l’ex sindaco di Lecce, il
fittiano Perrone, al Gse, che ha nominato presidente il leghista Arrigoni, passando per l’Acquirente unico dove è spuntato l’ex sottosegretario Moles: la mappa dei politici ricollocati nei consigli di amministrazione delle partecipate statali offre uno spaccato dell’assalto al potere del centrodestra. L’ultimo atto alla Sogin, dove sono approdati l’ex senatrice di Forza Italia Modena e il segretario della Lega a Pavia Vignati
Ex parlamentari che hanno mancato l’elezione, sacrificati sull’altare dei pochi posti a disposizione, ma anche ex sindaci e consiglieri comunali. La mappa dei politici ricollocati nei consigli di amministrazione delle partecipate del ministero dell’Economia offre uno spaccato dell’assalto al potere del centrodestra.
Con la Lega più famelica di posti, a causa del deludente risultato elettorale alle ultime politiche e Forza Italia che segue a ruota. L’ultimo esempio arriva dalla Sogin – società responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi – che ha nominato il cda a inizio agosto.
Nel cda è stata indicata Fiammetta Modena, ex senatrice di Forza Italia, entrata in parlamento nel 2018 dopo aver mancato l’obiettivo per due volte, nel 2006 e nel 2008. Nel 2022 si è ripresentata, fallendo il bis a palazzo Madama. Così era stata chiamata dal viceministro alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto, come capo della segreteria.
Poi il salto alla Sogin: il compenso non è ancora noto, ma gli ultimi componenti prendevano 19.500 euro all’anno. Nella stessa società ha trovato posto Jacopo Vignati, segretario provinciale della Lega a Pavia e uomo di fiducia del senatore Gian Marco Centinaio.
QUOTA FITTO
Ma se Lega e Forza Italia fanno la parte del leone, Fratelli d’Italia non disdegna la ricerca di qualche spazio. La testimonianza arriva dall’Istituto poligrafico e zecca dello stato (Ipzs), altra società del Mef che si occupa, tra le varie cose, di sicurezza, tutela della salute, tracciabilità e anti-contraffazione.
Su 5 componenti del consiglio di amministrazione, la maggioranza ha un’estrazione politica con una significativa influenza del partito di Giorgia Meloni. Il presidente dell’Ipzs è Paolo Perrone, sindaco di Lecce dal 2007 al 2017, con una carriera legata al ministro del Pnrr, Raffaele Fitto, salvo una parentesi di tensione: nel 2018 Perrone ha lasciato Direzione Italia, il piccolo partito fittiano, per aderire a Fratelli d’Italia.
Di lì a poco i due percorsi si sono di nuovo uniti. Fino al 2025 l’ex primo cittadino leccese si è garantito un posto di prestigio e un compenso annuo di 31mila euro. Nel cda dell’Istituto c’è una corregionale di Perrone, accomunata dal rapporto con il ministro del governo Meloni: è la consigliera comunale di Barletta, Stella Mele, diventata negli anni dirigente nazionale di FdI e ora nel cda dell’Ipzs per 16mila euro annui. A completare il tris di politici c’è Stefano Corti, ex senatore della Lega, partito cui ha aderito fin da giovanissimo, a 17 anni. È entrato a palazzo Madama al posto di Edoardo Patriarca, grazie al riconteggio delle schede che ha ribaltato il risultato. Nel 2022 è stato candidato come capolista nella circoscrizione Emilia-Romagna, il seggio non è scattato. Almeno c’è stato il premio di consolazione.
LE MANI SULL’ENERGIA
Anche a Leonardo, una delle partecipate più desiderate, c’è stata un’operazione di ricollocamento: nel cda sono finiti l’ex ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, diventato amministratore delegato e direttore generale della società, e Trifone – detto Nuccio – Altieri, già presidente di Invimit (che gestisce fondi comuni di investimento immobiliare per conto del ministero dell’Economia), ex deputato di Forza Italia subentrato ad Antonio Leone, approdato al Csm. Altieri è poi passato con la Lega, ma alle politiche del 2018 è stato sconfitto nel collegio uninominale della Camera di Monopoli. Nello stesso organismo di Leonardo siede poi Francesco Macrì, già capogruppo di Fratelli d’Italia nel consiglio comunale di Arezzo.
Al vertice del Gestore servizi energetici (Gse), che ha come mission la promozione e lo sviluppo delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica, è finito Paolo Arrigoni, senatore della Lega per nove anni, dal 2013 al 2022. Dopo l’esperienza di questore a palazzo Madama nell’ultima legislatura, ambiva al terzo mandato. L’operazione è fallita per il risultato negativo del suo partito. Per lui è arrivata la nomina alla presidenza del Gse, con un compenso di 27mila euro all’anno. Nel cda ha ritrovato una collega, l’ex senatrice di Forza Italia, Roberta Toffanin, che da componente semplice ha diritto a una retribuzione di 13.500 euro. Un altro forzista, Giuseppe Moles, è stato indicato come amministratore delegato del braccio operativo del Gse, la società Acquirente unico, che ha come obiettivo statutario la fornitura di energia elettrica ai consumatori domestici e alle piccole imprese.
Moles ha due legislature alle spalle (una alla Camera e una al Senato) e nel curriculum vanta l’esperienza di sottosegretario all’editoria del governo Draghi. Alle politiche del 2022 non è stato candidato per lasciare spazio, nel suo collegio, a Elisabetta Alberti Casellati. Dopo è arrivata la nomina di ad di Acquirente unico con uno stipendio di 120mila euro annui. Destino simile al presidente del collegio sindacale della società (per 16mila euro annui), Tullio Patassini, eletto con la Lega nel 2018, ma che ha rinunciato a correre nel 2022.
ASSALTO LEGA-FI
L’asse forzaleghista ha piazzato un doppio colpo anche alla Consap, la società del Mef che è chiamata a sovrintendere i servizi assicurativi pubblici. Nel cda – per 16mila euro all’anno – siede Antonio Zennaro. Nel 2018 è stato eletto nel Movimento 5 stelle, ma nell’aprile del 2020 ha dato l’addio ai pentastellati per «i costanti dissidi verso le scelte in materia economica». Dopo aver cercato fortuna in formazioni minori, è approdato alla corte di Matteo Salvini. Alle politiche del 2022 ha ottenuto un posto in lista che non gli ha consentito la rielezione.
Alla Consap incrocia di nuovo Sestino Giacomoni, nominato presidente della società, ex parlamentare di lungo corso di Forza Italia (a cui spetta 29mila euro per la carica più un’altra parte variabile). Alla Sogesid, società che mette in campo le competenze ingegneristiche per uno sviluppo sostenibile, c’è il caso, già raccontato da Domani, di Massimiliano Panero, candidato alle Europee nella lista di CasaPound, indicato nel cda.
Alla presidenza della controllata Mef (per 27mila euro annui) c’è Roberto Mantovanelli, leghista di ferro, vicino al presidente della Camera, Lorenzo Fontana. Mantovanelli puntava a diventare vicesindaco di Verona, ma il ko di Federico Sboarina contro Damiano Tommasi ha cambiato le carte in tavola.
Alla presidenza di Equitalia Giustizia, che gestisce il fondo giustizia alimentato principalmente dai sequestri, è invece approdata Francesca Brianza, altra leghista, ex consigliera regionale in Lombardia e con un’esperienza da consigliere comunale a Varese.
C’È VITA OLTRE IL MEF
Non solo nelle società del Mef c’è movimento. Al Formez, il centro servizi, assistenza, studi e formazione per l’ammodernamento delle Pa, è stata inserita nel consiglio di amministrazione Monica Cecchi, capo della segreteria tecnica del ministro della Pa, Paolo Zangrillo, e figlia del sindaco di Marino di centrodestra, Stefano Cecchi.
Salvini ha poi indicato Giovanni Battista Tombolato, come rappresentante del ministero dei Trasporti all’Aci. Un buon premio di consolazione per l’ex parlamentare, anche lui non eletto, con la passione dei motori: a Montecitorio è stato, dal 2021, presidente dell’Intergruppo veicoli storici.
Nel cda della Società italiana per il traforo, di proprietà dell’Anas, la presidente è diventata Rini Emily Marinella, coordinatrice aostana di Forza Italia e già consigliera a palazzo Chigi di Antonio Tajani, sconfitta alle ultime elezioni nell’uninominale della Valle d’Aosta da Franco Manes. Nel board è stato poi nominato Matteo Luigi Bianchi, ex sindaco di Morazzone (comune di 4mila abitanti in provincia di Varese), diventato successivamente vicepresidente Anci ed eletto alla Camera, nelle liste della Lega, nel 2018.
Sembrava uno dei nomi in rampa di lancio, grazie alla sponsorizzazione di Giancarlo Giorgetti, ma alle politiche è stato messo in una posizione ineleggibile. Con Bianchi c’è infine Roberto Togni, consigliere comunale leghista ad Aosta.
(da agenzie)
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Agosto 7th, 2023 Riccardo Fucile
LE SOCIETA’ DI BED AND BREAKFAST E I SOCI ATTENZIONATI DALL’AUTORITA’ GIUDIZIARIA
L’indagine della Procura di Perugia sul cinquantasettenne tenente della Guardia di finanza Pasquale Striano e sui suoi presunti accessi abusivi alle banche dati delle forze dell’ordine e dell’Agenzia delle entrate ha avuto come effetto collaterale l’accensione di un faro sui soci del ministro Guido Crosetto in tre società che offrono servizi di bed and breakfast: la Apollinare Srl, la Torsanguigna Srl e la Zanardelli Srl.
Striano, a proposito dei fratelli Giovanni e Gaetano Mangione, ha lavorato per diverse settimane, stilando un report di 13 pagine consegnato alla Procura della Repubblica (quella ordinaria non la Dda) e alla Procura nazionale antimafia, a cui l’annotazione è stata inviata in busta sigillata.
Ma oltre all’appunto ci sono anche diverse segnalazioni di operazione sospette che riguardano uno dei due fratelli e che sollevano dubbi sull’opportunità che un ministro della Repubblica sia in affari con soggetti già attenzionati dall’autorità giudiziaria e con frequentazioni poco limpide. L’alert più recente risale al 7 settembre del 2022 e riguarda «i bonifici ricevuti negli ultimi mesi da Gaetano Mangione».
Erano i giorni decisivi dell’ultima campagna elettorale, ma non ci risulta che qualcuno abbia informato il ministro e la sua maggioranza di queste Sos riguardanti un socio del fondatore del partito che si apprestava a vincere le elezioni.
È anche vero che sono in pochi ad aver accesso alle Sos: l’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia, le fiamme gialle, la Direzione investigativa antimafia e la Direzione nazionale antimafia.
I risk manager nel documento evidenziano come Mangione sia stato «destinatario di una richiesta di accertamenti da parte dell’autorità giudiziaria nell’aprile del 2018 e di un provvedimento di sequestro preventivo di somme (poi revocato)».
E aggiungono: «Il signor Mangione è noto alle cronache per il coinvolgimento, proprio nel 2018, nell’indagine sulla presunta evasione delle tasse di soggiorno da parte dei gestori di alcune strutture ricettive di Roma: in particolare costui, nella propria veste di titolare della Giuliet Srl (società di gestione di strutture alberghiere), non avrebbe versato al Comune quanto percepito dai clienti a titolo di corrispettivo per il pagamento delle tasse di soggiorno».
Una cifra che si aggirava intorno ai 170.000 euro. I bonifici sospetti segnalati nella Sos di un anno fa riguardano emolumenti percepiti tra dicembre 2021 e settembre 2022 da una società lombarda di macchinari per la ristorazione per un importo complessivo di oltre 135.000 euro. Secondo gli 007 della banca, «l’utilizzo delle somme in parola appare sintomatico dell’intento di voler dissimulare il reale andamento dei flussi finanziari».
Un timore rafforzato da una «precedente segnalazione» e «dai provvedimenti dell’autorità giudiziaria che in passato hanno interessato Mangione».
I risk manager, nel 2018, si erano concentrati sulla «Yep communication company Srl» società di consulenza riconducibile ai Mangione e «sostanzialmente cessata a partire da luglio 2018, quando è stato addebitato l’importo 1.938,82 euro a seguito di pignoramento mobiliare da parte dell’Agenzia delle entrate». Il testo prosegue: «A carico dell’impresa e di un titolare effettivo (Gaetano Mangione) si evidenziano, inoltre, protesti per cambiali e assegni, mentre l’amministratore unico, Franco Narducci, era socio unico della Prado tre Srl».
I funzionari collegano a quest’ultima anche Giovanni Mangione e scrivono che la ditta è «stata oggetto di un ordine di esibizione e consegna di documentazione bancaria emanato dalla Procura della Repubblica di Roma il 30 maggio 2018» nell’ambito di un procedimento penale.
Il racconto prosegue: «La Prado tre Srl, dichiarata fallita nel novembre 2017, gestiva un noto ristorante a Ponte Milvio (il Met, ndr) oggetto delle cronache giudiziarie sia per le frequentazioni malavitose, sia per le diverse multe comminate per utilizzo di lavoratori in nero e per altre violazioni».
I funzionari a proposito della Yep aggiungono: «Per quanto di nostra conoscenza, sembra che la società venga di fatto gestita da Gaetano Mangione e Marcello Nicotra, mentre Narducci dovrebbe risiedere all’estero (Marbella)». Da dove farebbe prelevamenti con il Pos. Il conto sarebbe stato alimentato da flussi provenienti da quattro società e le «fatture fornite dall’azienda a supporto di tali operazioni riportano come motivazione diciture alquanto vaghe quali “consulenza” o “sviluppo strategia di marketing”».
Dopo alcuni esempi si legge: «Risulta anomala e poco trasparente l’operatività registrata sul conto corrente intestato, in particolare se considerata alla luce del fatto che gli esponenti aziendali dell’impresa sono stati indicati dagli organi di stampa come vicini al boss di “Mafia Capitale” Giovanni De Carlo, in quanto gestori di locali nella zona di Ponte Milvio a Roma dallo stesso assiduamente frequentati». In realtà De Carlo, nel celebre processo, è stato assolto in Cassazione, mentre ha scontato per intero la sorveglianza speciale.
Infine viene evidenziato che sul conto sarebbero «stati accreditati bonifici per importi a cifra tonda a pagamento di fatture, la cui veridicità appare dubbia».
La Direzione nazionale antimafia, grazie al servizio Segnalazioni operazioni sospette, era diventata una sorta di super Procura dove, però, al contrario che nelle Procure normali, non era necessario formalizzare tutti i passaggi dell’indagine. […] Al punto che viene la tentazione di paragonare la Dna, quanto meno sino a novembre del 2022, quando Striano è stato trasferito ad altra sede, in una sorta di quarta agenzia di intelligence, seppure a gestione artigianale e quasi famigliare.
Adesso la Procura di Perugia, l’ufficio competente per i reati delle toghe capitoline, dovrà verificare se dietro alla gestione allegra di notizie sensibili ci fosse pressapochismo o metodo. Per questo è al vaglio la posizione di Antonio Laudati (non indagato), il magistrato che per diverso tempo è stato il responsabile del servizio Sos della Dna e interlocutore principe di Striano.
(da agenzie)
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