Destra di Popolo.net

SCHLEIN ATTACCA MELONI: “GOVERNO DISUMANO, CON VOI LA SOLIDARIETA’ E’ REATO”

Agosto 23rd, 2023 Riccardo Fucile

ASSEGNARE IL PORTO PIU’ LONTANO ALLE ONG DOPO AVER LORO CHIESTO DI INTERVENIRE PER CARENZA DI MEZZI DELLA GUARDIA COSTIERA ITALIANA E’ CRUDELTA’… PER NON PARLARE DI FINANZIARE CON SOLDI DEI CONTRIBUENTI ITALIANI I TRAFFICANTI DELLA GUARDIA COSTIERA LIBICA

“Ricevere una multa e un fermo amministrativo per aver salvato più vite umane di quelle ‘autorizzate’: il decreto del governo Meloni costituisce il reato di solidarietà”. Parole dure che Schlein rivolge alla presidente del Consiglio in merito ai provvedimenti presi dal Viminale contro le Ong che hanno effettuato dei salvataggi a ridosso delle coste italiane. “È quello che è accaduto a Open Arms – spiega la leader dem – per aver soccorso alcune imbarcazioni in difficoltà durante la navigazione verso il porto di sbarco assegnato a Carrara (il più lontano possibile per crudeltà), per un precedente salvataggio.
È quello che sta succedendo anche alla nave di Sea-Eye a Salerno, multa e fermo per venti giorni”. E domanda alla premier: “Quelle persone in pericolo andavano forse abbandonate in mare?”.
Accuse precise, quelle di Schlein, a cui Meloni risponde raccontantdo balle: “Reato di solidarietà? Facciamo applicare leggi e principi che esistono da sempre in ogni Stato”
Peccato che l’Ue abbia criticato il decreto Cutro, ma evidentemente Meloni non lo ricorda.
Schlein ricorda che “ilparadosso è che sempre più spesso è la Guardia Costiera italiana a richiedere il loro intervento di supporto: in una missione precedente Open Arms si è trovata a effettuare 7 operazioni di soccorso nella stessa giornata, nell’ultimo mese hanno salvato 734 persone e fornito assistenza ad altre 540 sempre sotto coordinamento della Guardia Costiera italiana. Ma oggi quella nave, cui le stesse autorità italiane hanno chiesto supporto per i salvataggi, viene fermata per venti giorni per effetto del decreto approvato dal governo Meloni”. La dem aggiunge amareggiata: “Mi rifiuto di chiamarlo decreto Cutro, serve più rispetto per quei morti. È un decreto che vuole rendere più difficile salvare vite e viola il diritto internazionale del mare. Si chiede supporto alle Ong – è accaduto persino quando le motovedette della Guardia Costiera hanno finito il carburante – ma al loro arrivo le si sanziona e criminalizza, fermandole per 20 giorni”.
E conclude: “Si fa la guerra alle Ong che stanno solo sopperendo alla grave assenza di una missione istituzionale Ue di ricerca e soccorso nel Mediterraneo, una Mare Nostrum europea. E in Europa il governo muto. Non credo ci sia altro da aggiungere di fronte ad un governo che ritiene una colpa salvare vite e non un dovere morale. Forse solo una parola: disumano. La solidarietà non è reato”.
(da agenzie)

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L’ENNESIMO SCAZZO DEL GOVERNO SI STA CONSUMANDO PER IL BOARD DELLA BCE

Agosto 23rd, 2023 Riccardo Fucile

GIORGIA MELONI, INSIEME AL SUO COCCO FABIO PANETTA, PUNTA TUTTO SU PIERO CIPOLLONE, VICE DIRETTORE GENERALE DI BANKITALIA, MENTRE IL MINISTRO DELL’ECONOMIA, GIANCARLO GIORGETTI, METTE SUL TAVOLO IL SUO EX COLLEGA DRAGHIANO, DANIELE FRANCO, PER “RICOMPENSARLO” DELLA CANDIDATURA ALLA BANCA EUROPEA DEGLI INVESTIMENTI, CHE APPARE ORMAI SFUMATA

La partita sulle candidature italiane alla Banca centrale europea e la Banca europea degli investimenti sembra riaperta. Ma si sta giocando molto più all’interno del governo Meloni di quanto non appaia. Prima di andare in vacanza, i ministri delle Finanze europei si erano incontrati un’ultima volta a luglio per l’Eurogruppo e avevano parlato della successione di Fabio Panetta nel comitato esecutivo della Bce. La riunione era andata liscia, raccontano fonti autorevoli, e Piero Cipollone era stato l’unico nome proposto dall’Italia.
Vista la tendenza del governo Meloni a occupare poltrone anche con personalità di scarsa competenza ma che sembrano avere l’unico requisito della fedeltà alla premier e al governo, i colleghi europei di Giancarlo Giorgetti avevano segnalato la necessità che anche l’erede di Panetta venisse, come lui, dalla Banca d’Italia.
E l’economista 62enne Cipollone sembrava a tutti la scelta giusta. Anche in Bce, ovvio, dove l’autonomia dalla politica è prerequisito imprescindibile per chi manovra i tassi e muove i mercati. E dove conta anche il fatto che Cipollone si sia occupato di temi più in linea con le deleghe di Panetta.
Quello delle deleghe non è un nodo secondario: Panetta si è occupato del più importante cantiere futuro della Bce, l’euro digitale. A ottobre è prevedibile che Lagarde deciderà una redistribuzione delle deleghe, e Cipollone è il candidato ideale per ereditare i compiti del prossimo governatore di Bankitalia.
La partita, comunque, sembrava chiusa. E la tradizione dei quattro posti nel board che dalla nascita della Bce vengono assegnati ai Paesi maggiori dell’eurozona, confermata. Ma poi, nel vuoto agostano, qualcuno ha cominciato ad agitarsi.
Con una certa irritazione, a Francoforte e in altre capitali europee, hanno preso nota che ora è spuntata una seconda candidatura per il posto di Panetta. Dagli uffici del ministro dell’Economia è emerso un nome alternativo a quello di Cipollone, quello dell’ex ministro dell’Economia del governo Draghi, Daniele Franco.
Anche lui ha un curriculum autorevolissimo, è passato dalla Banca d’Italia alla Ragioneria generale dello Stato prima di approdare a via XX Settembre. Ma proprio in virtù della sua ricchissima carriera, sarebbe il candidato ideale per la Bei, la Banca europea degli investimenti, meno per la Bce. Insomma, Franco sarebbe più adatto per la presidenza di un’istituzione europea piuttosto che per la poltrona nel board di Francoforte. In più, l’età non è un dettaglio: Franco assumerebbe quel ruolo quasi a 71 anni, e in Bce si va in pensione a 65. Concluderebbe il mandato a 79 anni.
Giorgetti sembra averlo candidato per entrambi i posti, creando una gran confusione. Ma, letto in filigrana, il messaggio sembra essere rivolto più a Giorgia Meloni che ai colleghi dell’Eurogruppo o alla Bce. Per conquistare la presidenza della Bei non basta il beneplacito del Mef: serve quello di Palazzo Chigi. E sulla poltrona della Bei pende un’altra candidatura di peso: quella dell’attuale vicepremier e ministra delle Finanze spagnola, Nadia Calviño, avanzata all’inizio di agosto.
La premier dovrebbe impegnarsi dunque personalmente per imporre un italiano per quella poltrona, e avrebbe qualche freccia al suo arco per scalzare la concorrente spagnola.
L’Italia può legittimamente aspirare, insomma, a candidare qualcuno sia alla presidenza della Bei sia alla successione di Panetta. Ma il problema è la perenne campagna elettorale mascherata da gestione della cosa pubblica. E il fatto che il leader della Lega Matteo Salvini stia sfidando ossessivamente Meloni in vista di un’importante elezione europea, o che la premier sia entrata in conflitto con il ministro leghista Giorgetti sulla tassa sugli extra profitti delle banche non aiuta a ricompattare il governo sull’unico obiettivo cui dovrebbe puntare. Ottenere entrambe quelle poltrone. Ed evitare lo spettacolo imbarazzante di ripresentarsi all’Eurogruppo decisivo per la successione di Panetta, a metà settembre, con un candidato diverso da quello di luglio.
(da Repubblica)

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IL GENERALE SCRIBA NON LA SMETTE PIÙ DI RILASCIARE INTERVISTE, E FA UNA PARZIALE RETROMARCIA SU PAOLA EGONU: “NON SOLO È BRAVISSIMA, MA È ANCHE MOLTO INTELLIGENTE PERCHÉ NON SI È LAMENTATA. E’ GIUSTISSIMO CHE GIOCHI CON L’ITALIA”

Agosto 23rd, 2023 Riccardo Fucile

POI PERÒ AFFONDA IL MOSCHETTO: “QUANDO VEDO UNA PERSONA CON LA PELLE SCURA NON LA IDENTIFICO SUBITO COME ITALIANA”… ANCHE NOI SE VEDIAMO UNO DI PELLE BIANCA NON LO IDENTIFICHIAMO SUBITO COME INTELLIGENTE

“Paola Egonu non solo è bravissima, ma è anche molto intelligente perché non si è lamentata. E’ giustissimo che giochi con l’Italia. Quando vedo una persona con la pelle scura non la identifico subito come italiana. L’italiano da 8mila anni è identificato con la pelle bianca. Se vede una persona dalla pelle scura non pensa ad un italiano. Ciò non toglie che possa essere italiano. Anche su Wikipedia viene specificato che Egonu sia nata da genitori nigeriani”.
Così a Tv play il generale Roberto Vannacci che nel suo libro ‘Il mondo al contrario’ ha affermato: ‘Anche se Paola Egonu è italiana di cittadinanza, è evidente che i suoi tratti somatici non rappresentano l’italianità’. “Le etnie sono tutte uguali, la presenza di Egonu in Nazionale non toglie e non aggiunge nulla”. Vannacci si esprime poi sul giocatore del Cagliari Jakub Jankto, uno dei primi calciatori ad aver fatto coming out dichiarandosi omosessuale. “Mi interessa solo che si gareggi con persone dello stesso sesso biologico. Non ho niente da ridire sul caso Jantko perché, da maschio, va a competere con dei maschi. Non conosco Jantko, se è bravo è giusto che giochi in Serie A”. Bontà sua..
(da agenzie)

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L’ETERNO RITORNO DI ALE-DANNO: IL SOVRANISTA GIANNI ALEMANNO STRAPARLA E PREPARA UNA “COSA” DI DESTRA-DESTRA PER LE EUROPEE

Agosto 23rd, 2023 Riccardo Fucile

L’ORDINE DI GIORGIA MELONI AI SUOI È DI IGNORARLO COMPLETAMENTE, PER EVITARGLI LA RIBALTA… GLI EX COLONNELLI DI AN: “HA PIÙ CITAZIONI SUI GIORNALI CHE VOTI”

Gianni Alemanno è ovunque. E’ la sua estate. Accendi la tv. Apri i giornali. Scrolli i social network. C’è una polemica, e c’è lui. Scorta il folgorato generale scrittore Roberto Vannacci e dà lezioni di presunta destra sociale a Giorgia Meloni e di moralità a Guido Crosetto. E poi ricorre alla magistratura in favore degli “esodati” del Reddito di cittadinanza, ma difende anche l’amico, ex Terza posizione e poi parlamentare del Pdl, Marcello De Angelis quando sulla strage di Bologna dice ciò che tutta la destra pensa, ma non potrebbe più dire.
E’ poi il pacifismo, l’antiamericanismo sandinista (c’è chi se lo ricorda ancora ad Anzio a una manifestazione violentissima contro la guerra in Iraq di Bush padre). Trotskista di destra. Alemanno, Aledanno, Lupomanno: famiglia benestante pugliese, 65 anni, ingegnere, già leader in mimetica del Fronte della gioventù, sezione Somma Campagna, responsabile economia del Msi, colonnello finiano, ministro dell’Agricoltura, sindaco sventurato della capitale (con lunga coda giudiziaria terminata alla fine solo con una condanna a 22 mesi).
Fa ancora parte della fondazione di An. Ha una sorella, Gabriella, nominata dal governo commissaria della Consob, un’ex moglie Isabella Rauti (figlia di Pino) sottosegretario alla Difesa con passato come riservista alla Nato, una compagna Silvia Cirocchi portavoce del ministro Nello Musumeci, un nipote che lavora con il viceministro Maurizio Leo.
“Mi davate per morto eh?”. “Quando scoppiò la guerra in Ucraina e mi schierai su una posizione diversa da quella di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni mi disse: per te da noi non c’è spazio. E così alle politiche ho votato Italexit di Paragone”.
I colonnelli di An dicono che Gianni è sempre stato così irrequieto, ma che ora ha più citazioni sui giornali che voti. “Ma ha il virus della politica”, apre le braccia Maurizio Gasparri, big di Forza Italia. “Io faccio il giornalista e non sono in combutta con Gianni: domani lo scrivo sul mio giornale”, anticipa Francesco Storace, vicedirettore di Libero, già ministro e governatore del Lazio e soprattutto gemello di Alemanno .
Giorgia Meloni ha dato ordine ai suoi fedelissimi di “ignorare Alemanno”. Non dargli spago, non rispondergli. Per il cerchio magico meloniano è “pulviscolo extraparlamentare”. In Via della Scrofa, sede di FdI, nessuno crede che Salvini potrà candidarlo alle Europee, nonostante il pissi pissi, “altrimenti sarebbe guerra aperta”.
Lo scorso 30 luglio Alemanno ha riunito a Orvieto una trentina di sigle di destra-destra (anche un po’ filorusse e reduci da battaglie antivacciniste e no green pass) per il Forum dell’Indipendenza italiana, incubatore di una cosa rossobruna (o nera pece) che forse nascerà a ottobre.
L’istituto demoscopico Noto ha detto che c’è uno spazio del 10 per cento a destra di Meloni. “E pensa se entrassi anche io: arriveremmo al venti”, scherza Storace. “Io sono un pungolo, non mi sento il Fini della Meloni, non voglio che il governo cada”, dice Alemanno, prima di concedere un’altra intervista, andare in tv, fare un tweet. E’ la sua estate.
(da il Foglio)

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CALIFORNIA, UCCISA PER AVER ESPOSTO LA BANDIERA LGBT+: L’AGGRESSORE E’ UN COSPIRAZIONISTA DI ESTREMA DESTRA

Agosto 23rd, 2023 Riccardo Fucile

PAESE CHE VAI, CRIMINALE SOVRANISTA CHE TROVI

Nei giorni scorsi un uomo è entrato in un negozio della California e ha ucciso a colpi di arma da fuoco la proprietaria perché aveva esposto una bandiera arcobaleno in sostegno dei diritti Lgbtqia+.
L’aggressore sotto accusa si chiama Travis Ikeguchi, ha 27 anni ed è un teorico cospirazionista di estrema destra che condivideva in continuazione sui social contenuti di stampo omofobo.
Lo sceriffo della contea di San Bernardino, Shannon Dicus, in una conferenza stampa ha dichiarato che il giorno dell’omicidio il 27enne, prima di uccidere la donna, «ha urlato molti insulti omofobi». Le autorità stanno esaminando la possibilità che fosse affiliato a un gruppo d’odio.
I post sui social
Su X (ex Twitter), lo scorso 13 giugno, il 27enne ha condiviso un post con una bandiera arcobaleno in fiamme e ci ha scritto sopra: «Cosa fare con la bandiera LGBTQP». In un altro si legge: «L’aborto e il matrimonio tra persone dello stesso sesso sono entrambi immorali e sono progettati per distruggere l’umanità una dopo l’altra. Quindi, se qualcuno è pro-aborto e pro-LGBTQP, è in guerra contro il fondamento dei valori familiari». Sempre a giugno ha condiviso un meme in cui identifica come i cattivi del mondo persone quali Bill Gates – uno dei principali bersagli dei complottisti – o Re Carlo III. Le persone che segue su X sono davvero poche: 17 in tutto.
Seguiva Trump e persone vicine ad Alex Jones
Il 27enne segue solo 19 persone su X, tra cui One American News, l’ex presidente Donald Trump e il teorico della cospirazione David Knight, che una volta lavorava con Alex Jones, il complottista conosciuto per aver negato la strage di Sandy Hook. In diversi commenti social, Ikeguchi se la prende anche con le forze dell’ordine: «So che è controverso per me menzionare l’opzione di uccidere un agente di polizia, ma questi agenti di polizia non sono i servitori delle persone, sono i servitori delle leggi».
(da agenzie)

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STANGATA SUL RIENTRO IN CLASSE: PER LIBRI, ASTUCCI, QUADERNI E ZAINI VA IN FUMO LO STIPENDIO DI UN MESE

Agosto 23rd, 2023 Riccardo Fucile

IL COSTO DEL PASSAGGIO ALLA PRIMA LICEO PUO’ SUPERARE I 1.000 EURO

Ogni alunno spenderà quest’anno 600 euro circa per tornare sui banchi di scuola. È il prezzo del materiale scolastico, che, rispetto allo scorso anno, ha subìto un medio aumento del 6,2 per cento. Lo rivela il monitoraggio effettuato dall’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori.
Dopo gli aumenti per le vacanze, quelli per la cultura. Così molti genitori stanno già facendo i conti con le spese da affrontare entro i primi di settembre. «Quella per la scuola – rileva l’O.N.F. – si conferma una voce di spesa estremamente onerosa per le famiglie». La soluzione a cui molti ricorreranno – deduce l’Osservatorio – è «il riutilizzo del materiale degli anni passati (zaini e astucci) o lo scambio/regalo di prodotti anche attraverso gruppi online e sui social network, fino all’acquisto di testi scolastici usati».
Il costo in crescita dei libri
In forte salita il costo dei libri: per ogni studente in media si spenderanno 502,10 euro per i testi obbligatori + 2 dizionari. La variazione rispetto al 2022 è del +4%: un calcolo effettuato prendendo in considerazione le adozioni di testi scolastici di diverse classi delle scuole medie inferiori, licei ed istituti tecnici. Costi in questo caso relativi ai libri nuovi. Acquistando libri usati si può risparmiare oltre il 26%.
Chi paga il prezzo più alto
Le spese sono particolarmente alte per gli alunni delle prime medie. Nel dettaglio: uno studente spenderà mediamente per i libri di testo + 2 dizionari 488,40 euro (+10% rispetto allo scorso anno), cifra a cui vanno aggiunti 606,80 euro per il corredo scolastico e i ricambi durante l’intero anno, per un totale di 1.095,20 euro. Un ragazzo di primo liceo spenderà per i libri + 4 dizionari 695,80 euro (+2% rispetto allo scorso anno) + il corredo scolastico ed i ricambi, per un totale di ben 1.302,60 euro. Importi che risultano proibitivi per molte famiglie, a cui si aggiungono i costi ancor più onerosi da sostenere per l’acquisto di un pc, dei programmi e dei dispositivi necessari per un utilizzo didattico di tale strumento, divenuto ormai indispensabile.
Cara tecnologia
Anche la tecnologia, ormai indispensabile, ha il suo prezzo: dallo studio dell’Osservatorio Nazionale Federconsumatori emerge che tra computer, webcam, microfono, antivirus e programmi base una famiglia – dovendosi dotare di tali dispositivi – arriva a spendere da 393,88 euro a 3.844,90 euro (considerando per antivirus e programmi i costi su base annua), con un rincaro del +2,3% rispetto al 2022. A questo va aggiunta la spesa per la connessione a internet. Acquistando prodotti tecnologici rigenerati, come emerge da uno studio della Federconsumatori, si può però risparmiare circa il 38%.
Gli aiuti possibili alle famiglie
Costi così elevati incidono significativamente sul diritto allo studio dei ragazzi – rileva l’Osservatorio – così come avvenuto purtroppo durante il lockdown. Per aiutare le famiglie ad affrontare tali spese esistono diverse misure, a livello comunale e regionale, che prevedono buoni, agevolazioni o gratuità dei testi scolastici per le famiglie con basso reddito. «Misure sicuramente positive, ma non ancora non sufficienti a dare un aiuto concreto a chi è in difficoltà, specialmente alla luce della grave situazione economica che le famiglie stanno vivendo a causa dei forti aumenti che si continuano a registrare».
(da agenzie)

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TRA MEME E IMMAGINI MACHISTE, LA CULTURA DELLO STUPRO E’ ANCHE NELLE CHAT DEI RAGAZZI “NORMALI”

Agosto 23rd, 2023 Riccardo Fucile

STARE DENTRO QUEI GRUPPI SIGNIFICA ACCETTARNE I MODELLI: E’ QUESTA LA NUOVA EGEMONIA CULTURALE POSTULATA DAI SOVRANISTI OMOFOBI?

Il caso dello stupro di gruppo agito da 7 giovani uomini ai danni di una loro coetanea a Palermo sta suscitando reazioni estreme nell’opinione pubblica. Le ragioni non sono difficili da capire: non solo si tratta di una violenza inaudita, ma le chat divulgate, i frammenti video e le dichiarazioni degli indagati (e dei loro genitori) mostrano un retroterra culturale di brutalità, prepotenza e indifferenza che sembra estraneo da ogni umanità. Forse in pochi casi come questo l’espressione “cultura dello stupro” si manifesta con così tanta eloquenza, perché stavolta abbiamo le prove che questa violenza è figlia di un problema collettivo che va al di là della responsabilità dei singoli indagati, coinvolgendo l’educazione di genere, la pornografia, la dinamica del gruppo, l’esibizionismo dei social, il senso di impunità.
In realtà questo accade in ogni singolo caso di violenza di genere, anche se non sempre così alla luce del sole. Questa potrebbe essere un’ottima occasione per aprire finalmente un dibattito sulle reali cause dell’abuso, per analizzare i modelli di mascolinità a cui guardano gli adolescenti, per introdurre finalmente l’educazione sessuale e affettiva nelle scuole, e invece quello che sta succedendo è la ripetizione della violenza, seppur con altri modi. I nomi, le foto e i profili social degli indagati spiattellati in ogni angolo di Internet, la ricerca dell’identità dei genitori (specie delle madri, perché fa sempre comodo dare la colpa a una donna), gli auguri che una volta in carcere subiscano le stesse cose che hanno fatto patire alla ragazza.
La rabbia, di fronte a un caso come questo, è un sentimento più che giustificato. Ma la rabbia che si trasforma in vendetta forcaiola non spezzerà mai il ciclo della violenza. La “mostrificazione” dei sette uomini serve solo ad allontanarli dal perimetro della nostra coscienza, a creare una distanza tra “noi” e “loro”. Gli studi sulla deumanizzazione, come quelli della psicologa sociale Chiara Volpato, mostrano come il primo passo della violenza sia sempre la riduzione di una persona (o un gruppo) a una bestia, un mostro o un oggetto. La deumanizzazione funge da giustificazione alla violenza, perché riduce la nostra capacità di empatia verso qualcosa che percepiamo come non-umano, e ci consente di sollevarci dalle nostre colpe. I sette indagati hanno deumanizzato la propria vittima, come è evidente dalle dichiarazioni che sono state divulgate, e ora noi mettiamo in atto lo stesso meccanismo nei loro confronti. Questo ci dà il permesso di chiederne la morte, la tortura o la punizione più crudele che ci possa venire in mente, e ci rassicura di essere dalla parte giusta.
Ma siamo davvero dalla parte giusta? La responsabilità di quanto è accaduto non si esaurisce né nelle sette persone coinvolte, né nelle loro famiglie, ma si estende a chi ha cercato il video su Google, a chi ha pensato di dare la colpa alla vittima, a chi voleva conoscerne l’identità, a chi ha voluto rimarcare che non tutti gli uomini sono così, a chi ha partecipato alle chat senza porsi il problema che divulgare il video di uno stupro sia qualcosa di terribile, oltre che un reato
Le chat e lo scambio di materiale intimo non consensuale
Il tema delle chat richiede un discorso a parte, perché oltre alle chat private degli indagati, in queste ore stanno emergendo screenshot da diversi gruppi Telegram di scambio di materiale intimo non consensuale in cui persone del tutto estranee alla vicenda chiedono di ricevere il video della violenza. Il fenomeno è molto diffuso: secondo il report dell’associazione PermessoNegato, in Italia esisterebbero almeno 230 gruppi Telegram dediti a questo scopo, con il più numeroso che conta oltre 450mila utenti, per un totale di utenti non unici di oltre 13 milioni di italiani. In molti casi, le foto e i video divulgati sono anche a carattere pedopornografico. Sebbene il revenge porn sia reato dal 2019, questi gruppi continuano a esistere indisturbati e le piattaforme digitali che li ospitano non hanno alcun tipo di responsabilità penale. Anzi, i fruitori sono in crescita: nel 2020, il report di PermessoNegato contava meno della metà degli utenti.
Queste chat sono solo la punta dell’iceberg, perché come hanno mostrato diverse inchieste, questi fenomeni si estendono anche a gruppi informali di ogni tipo, dai gruppi dei colleghi a quelli del fantacalcio, dove tra meme, battute e discussioni c’è spazio anche per la condivisione di immagini intime di fidanzate e conoscenti. Non tutti gli utenti delle chat partecipano a questi rituali di violenza, ma molti esitano a lasciarle o, soprattutto, a prendere le distanze o condannare quanto avviene al loro interno. Questo accade perché, come scrivono Lucia Bainotti e Silvia Semenzin nel loro libro Donne tutte puttane. Revenge porn e maschilità egemone, questi gruppi servono a costruire e rafforzare la mascolinità soprattutto attraverso la competizione sessuale e l’oggettivazione femminile. Stare dentro quei gruppi, anche passivamente, significa accettare quel modello di mascolinità, accettare che le cose funzionano così e basta, che non ci sono modi alternativi di essere uomini.
Oggi tutti si affrettano a rimarcare la distanza da sette persone: noi, gli uomini che non farebbero mai del male a una donna; loro, le bestie e i mostri. Fino a sette è facile, ma tredici milioni? E chissà quanti ancora, nelle chat fra amici e colleghi e tra quelli che hanno cercato il video su Google e sui siti porno “per curiosità”. Forse questa distanza non è così vasta come vogliamo credere. Forse loro non sono i mostri che dipingiamo, ma fino a un mese fa erano soltanto dei ragazzi “normali”, che nel gruppo del calcetto ridevano delle battute degli amici e chiedevano se per caso qualcuno avesse qualche video da mandare.
(da Fanpage)

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ROMA, 400MILA LAVORATORI SU 1,3 MILIONI GUADAGNANO MENO DI 15MILA EURO L’ANNO E VIVONO AL LIMITE DELLA POVERTÀ

Agosto 23rd, 2023 Riccardo Fucile

POVERO UN LAVORATORE SU QUATTRO

Un lavoratore romano su quattro è povero. I contratti precari che spesso sono anche pirata e nascondono lavoro in nero o sottopagato; il gap salariale che a parità di mansioni colpisce le donne e i part time involontari; l’inflazione che diminuisce il potere d’acquisto soprattutto di chi ha già scarse entrate.
Tutto questo crea una platea di 400 mila persone che pur lavorando guadagnano meno di 15 mila euro all’anno. Novecento euro netti a cui sottrarre i costi di un affitto, della spesa alimentare, delle visite mediche, dei libri e del materiale scolastico per chi si prende il lusso di avere uno o più figli.
Nella Capitale il numero di lavoratori raggiunge quota 1 milione e 300 mila persone e a trovarsi in questa situazione, secondo i dati della Cgil Roma e Lazio è il 25% degli occupati. Allargando l’orizzonte a tutto il territorio regionale, la situazione non migliora, anzi: su 2 milioni e 600 mila persone occupate il 28% è un lavoratore povero. Scendendo più nel dettaglio, oltre 744 mila tra lavoratori e lavoratrici del settore privato non agricolo guadagnano meno di 15 mila euro l’anno: il 45%.
Ad essere particolarmente colpiti dalle basse retribuzioni sono le donne (53%) e gli under 35 (41%). Il paradosso è che di questi 744 mila occupati la maggior parte, ovvero più della metà, ha un contratto a tempo indeterminato. Che però viene pagato poco: circa 100 mila lavoratori nonostante il full time prendono uno stipendio annuo inferiore ai 15 mila euro. Oppure si tratta di part-time involontari che in molti casi nascondono anche lavoro grigio: ore che vengono svolte ma non compaiono nel contratto e non vengono pagate o sono retribuite in nero.
L’altro enorme problema che hanno la Capitale e la regione Lazio è quello dei contratti che durano solo un giorno. Non si tratta di voucher, ma di veri e propri tempi determinati che durano 24 ore. Se ne abusa, ad esempio, nel settore dello spettacolo. Quattro contratti su 10 sono così ed è un record nostrano visto che in italia la media di un contratto di un giorno su 10.
Le conseguenze di questa precarizzazione del lavoro è che «le persone rinunciano ad alcuni diritti fondamentali come le cure e i controlli medici — commenta il segretario generale della Cgil Roma e Lazio Natale Di Cola — Con stipendi da fame risparmiano anche sul cibo, abbando la qualità dei prodotti che comprano, all’attività fisica al tempo libero, ai viaggi».
(da La Repubblica)

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PRIGOZHIN UCCISO, IL SUO AEREO “ABBATTUTO DA CONTRAEREA RUSSA”, MANCA LA CONFERMA UFFICIALE

Agosto 23rd, 2023 Riccardo Fucile

PRECIPITA L’AEREO DEL CAPO DELLA WAGNER CON 10 PASSEGGERI A BORDO, PRIGOZHIN ERA NELLA LISTA DEI PASSEGGERI

Ci sarebbe stato anche il fondatore del Gruppo Wagner Yevgeny Prigozhin a bordo dell’aereo precipitato oggi nella regione di Tver in Russia.
Secondo l’agenzia del trasporto aereo russo Rosaviatsiya a bordo del velivolo schiantatosi tra Mosca e San Pietroburgo c’erano 10 passeggeri, tra cui l’ex «chef di Putin», caduto in disgrazia agli occhi del Cremlino dopo la clamorosa insurrezione (fallita) dello scorso 24 giugno.
Il canale Telegram Grey Zone, considerato vicino alla milizia filo-russa, sostiene che «il business jet Embraer Legacy 600 con numero di registrazione RA-02795» apparteneva a Prigozhin ed «è stato abbattuto dal fuoco della difesa aerea del ministero della Difesa russo». «Inizialmente a bordo c’erano sette persone. Prima che l’aereo si schiantasse, i residenti locali hanno sentito due tipiche raffiche di contraerea, e ciò è confermato dalle scie di condensazione nel cielo in uno dei video, così come dalle parole di testimoni oculari diretti», scrive Grey Zone nel messaggio pubblicando alcune immagini e video dell’aereo che cade e dei rottami in fiamme.
Altri canali Telegram russi invitano tuttavia al momento alla prudenza sulla notizia della presenza a bordo dell’aereo di Prigozhin. Ma non è un mistero che il destino del capo della Wagner sia (fosse?) appeso a un filo dopo aver sfidato apertamente il potere di Vladimir Putin, come mai accaduto dalla sua salita al potere in Russia, oltre 20 anni fa.
(da agenzie)

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