Settembre 12th, 2023 Riccardo Fucile SINDROME DELIRANTE DI ACCERCHIAMENTO CHE L’HA PORTATA A RINCHIUDERSI A PALAZZO CHIGI IN UN TRIANGOLO AUTOCRATICO CON LA SORELLINA ARIANNA E LO SCUDIERO FAZZOLARI
Sul caso Vannacci, la Ducetta non ha aperto la boccuccia, nemmeno
per dare solidarietà al povero Crosetto. Come fa sempre quando si corre il rischio di irritare lo zoccolo duro post-fascista di Fratelli d’Italia. Secondo il sondaggista Nando Pagnoncelli, c’è un 4/5% di elettori di FdI che sospira: “Ah, se ci fosse Vannacci a Palazzo Chigi…”.
Nel suo travagliato percorso europeo per riverginarsi come leader conservatore, l’Evita Peron di Colle Oppio sarebbe ben felice di vedere Vannacci traslocare dall’esercito alla Lega, così si toglie dai piedi quella fronda interna di nostalgici della Giorgia col coltello tra i denti di ieri, quando dall’opposizione abbaiava di tutto e di più. Poi sarà un problema di Salvini far ingoiare il rospo Vannacci all’ala moderata dei governatori, a partire da Zaia.
Intanto oggi si gode l’uscita del suo libro-intervista con Sallusti a giornali unificati, ma tutti l’aspettano al varco quando scodellerà la ratifica del Mes in parlamento, visto che non ha avuto il coraggio di rimangiarsi il suo secco “no” di ieri. Alla fine sarà votato da quello che resta dell’opposizione e da Forza Italia, ma senza i voti di Lega e con la probabile astensione di FdI.
Tutto bene quello che finisce bene? Manco per il piffero: a Bruxelles, un Mes che passa senza avallo dell’intero governo, non farà altro che far incazzare quella “maggioranza Ursula” che ha in mano le percentuali del Patto di Stabilità e la cassa del Pnrr.
Ora la premier ha davanti una Legge di Bilancio da brividi e lividi. In cassa c’è una miseria, angosciante dato di debolezza che dovrebbe consigliarla a non fare il gradasso con Bruxelles. Dove i più recenti e autorevoli sondaggi (fatti dalle banche) confermano al comando della Commissione Europea, anche se con numeri più risicati, la “maggioranza Ursula”, cioè quell’”usato sicuro” composto da popolari, liberali e socialisti. E quindi dei voti europei di FdI portati dalla Meloni ne possono fare, per ora, a meno. E se resterà fuori dalla stanza dei bottoni di Bruxelles, gliela faranno pagare di brutto.
Ai devastanti effetti europei, occorre aggiungere la Via Crucis domestica. Ad esempio: dopo aver tanto strombazzato il taglio delle tasse, nella finanziaria il governo dovrà decidere se confermare, o meno, il taglio del cuneo fiscale che, a partire da luglio, è stato portato al 7% per redditi fino a 25.000 euro e al 6% per quelli fino a 35.000, comportando un aumento netto in busta paga tra i 70 e i 100 euro fino a dicembre. In caso di annullamento o riduzione dell’iniziativa, gli stipendi tornerebbero a diminuire in maniera considerevole.
E tanto per non farci mancare nulla, torna il Covid, ma la sanità italiana resta in ginocchio. Mentre il ministro Schillaci è alle prese coi medici in agitazione e chiede risorse, Meloni ha tagliato i fondi: ora cerca 4 miliardi ma il governo ma ancora non sa dove trovarli. E Schillaci sarebbe arrivato al punto di minacciare le dimissioni. Sventate solo per l’intervento del cognato Lollobrigida.
A questo punto, gli elettori meloniani si accontenteranno di gettare la croce su Gentiloni o l’abbandoneranno al suo destino famigliare?
Certo, la buona stella l’ha accompagnata nel primo anno di governo, avendo come miglior “alleati” due partiti allo sbando come Pd, guidato da una Elly Schlein che con la sua vocazione minoritaria non ci pensa a governare, e l’M5S di Conte che si ritrova senza la leva elettorale del Reddito di Cittadinanza e del Superbonus, da una parte.
Dall’altra, la Sora Giorgia si è trovata il nemico in casa: i due partiti alleati della maggioranza. Salvini che sfancula Tajani, Meloni che infinocchia Salvini, Tajani che infilza la Meloni. Tutti contro tutti. E da qui alle Europee del giugno 2024, liberi tutti di mandarsi a quel paese. Quanto può durare un governo così?
Ma il maggior problema della Meloni resta la sua fragile tenuta psico-fisica. Come oggi ha rivelato parlando all’Assemblea di FdI. “In questi mesi si è visto di tutto”, ha tuonato, “Le continue campagne finto scandalistiche, i dossieraggi, le continue richieste di dimissioni di questo o quell’altro”, “fango gratuito perfino sui familiari”. Essì, il vittimismo di ieri, una volta salita a Palazzo Chigi, si sta trasformando in un disturbo paranoide di personalità (vedi l’uscita psicopatica: “Fazzolari cura la comunicazione, chi dovevamo metterci Formigli?”)-
Eccola sempre diffidente e sospettosa, dominata da pensieri fissi di persecuzione, timori di venir danneggiata, paura continua di subire un tradimento anche da persone amate. Le motivazioni degli altri, poi, sempre come odiose per la propria persona o per le persone a cui vuole bene (figli, genitori, famigliari…). Ed eccola lì, chiusa nella sua stanza, a leggere rapita i report dei Servizi Segreti e per poi prorompere come una martire cristiana: “Il dibattito politico sarà ancora più feroce, gli attacchi si moltiplicheranno, le trappole e i tentativi di disarcionarci anche”.
Una sindrome delirante di accerchiamento che fa ridere rispetto a ciò che ha subito Berlusconi negli anni e l’ha portata a rinchiudersi a Palazzo Chigi in un triangolo autocratico con la sorellina Arianna e lo scudiero “intelligentissimo” Fazzolari. I ministri e gli alleati non contano niente. Tanto meno il Quirinale: i poteri di Mattarella verranno svuotati con la riforma costituzionale del premierato.
In un angolo di Palazzo Chigi, impietrito, c’è il povero Alfredo Mantovano che, solo recentemente, ha dovuto accollarsi controvoglia i migranti di Piantedosi e ingoiare la comunicazione in mano al factotum Fazzolari. L’unica mossa che resta al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio è girare i tacchi e andarsene.
(da Dagoreport)
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Settembre 12th, 2023 Riccardo Fucile COME AI VECCHI TEMPI: QUANDO QUALCHE GIOVANE DI DESTRA FINIVA NEI CASINI E I VERTICI DICEVANO CHE “NON E’ ISCRITTO AL PARTITO” (ERI UTILE SOLO SE TI AMMAZZAVANO SOTTO CASA)
Ai vertici di Fondazione Fiera e della controllata Fiera spa nessuno commenta l’arresto di Massimo Hallecker, ex direttore dell’ufficio acquisti coinvolto nell’inchiesta sugli appalti truccati.
Del resto Hallecker era stato licenziato in tronco un anno fa, all’epoca dell’esposto presentato proprio alla magistratura dall’ad di Fiera spa Luca Palermo. “Il sistema dei controlli funziona – trapela dai vertici della società – . Quando c’è un dipendente infedele lo denunciamo e lo arrestano”. La denuncia infatti questa volta era partita proprio dai vertici di Fiera, società quotata in Borsa.
Hallecker era stato assunto come responsabile dell’ufficio acquisti nel 2017. Proveniva dal gruppo immobiliare Percassi dove aveva avuto lo stesso in carico. Era entrato dopo il terremoto delle dimissioni in massa del consiglio di amministrazione di Fiera spa, chiesto nel gennaio 2017 dall’allora presidente della fondazione di largo Domodossola, Giovanni Gorno Tempini, che aveva voluto “discontinuità con il passato”.
L’assunzione di Hallecker, che nel 2015 aveva provato a farsi eleggere senza successo nella lista di Fratelli d’Italia a Cologno Monzese, è stata fatta quando l’ad era diventato Fabrizio Curci. Nell’attuale inchiesta sono coinvolti altri due esponenti di FdI: Domenico Seidita, che si è dimesso dal consiglio comunale di Cologno Monzese nel 2019 per far posto a Marianna Tedesco, che risulta essere stata “attenzionata” dalla Digos perché vicina all’ultrà della Curva sud del Milan Luca Lucci.
E Silvestro, detto Franco, Riceputi già commissariato dal partito dopo la mancata approvazione a Cologno Monzese del bilancio del sindaco leghista Angelo Rocchi, che ha portato il comune dell’hinterland alle elezioni anticipate.
“Hallecker lo avrò visto un paio di volte, non lo conosco perché nel 2015 non era necessario essere iscritti al partito per candidarsi – taglia corto Sandro Sisler, commissario provinciale di FdI – . Riceputi era già stato sostituito a giugno dopo il commissariamento di Cologno dalla mia portavoce Gianfranca Tesauro. Comunque mi auguro che si risolva tutto per il meglio”. Anche il sindaco Rocchi non va molto oltre: “Hallecker lo avrò visto al massimo un paio di volte perché non è stato nemmeno eletto e poi si parla del 2015. Seidita invece ricordo che si dimise nel 2019 perché non voleva avere conflitti di interessi con altre due attività”.
(da agenzie)
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Settembre 12th, 2023 Riccardo Fucile È STATO CANDIDATO A COLOGNO MONZESE NEL 2015 (SENZA ESSERE ELETTO). MA ADESSO NEL PARTITO TUTTI FANNO FINTA DI NON CONOSCERLO… NELL’INCHIESTA SONO INDAGATI ALTRI DUE ESPONENTI DI FDI
Un po’ responsabile dell’ufficio acquisti della Fiera di Milano spa dal
2017 all’autunno 2021 e un po’ imprenditore in proprio dietro lo schermo dei legami societari con due imprenditori e compagni di partito in Fratelli d’Italia: è questa figura di ircocervo, Massimo Hallecker, 56 anni, che secondo la Procura di Milano avrebbe compravenduto l’appalto da 8 milioni per la gestione dei servizi logistici a Lainate dei magazzini di Nolostand (controllata da Fiera Milano) in cambio del fatto che l’impresa Fabbro subappaltasse i lavori alla Idea Servizi srl amministrata di fatto da Domenico Seidita, legato a Hallecker e all’altro imprenditore Silvestro Riceputi da interessi economici, oltre che da comune militanza in Fratelli d’Italia a Cologno Monzese: Seidita, consigliere comunale fino al 2020; Riceputi, referente cittadino sino a poche settimane fa; Hallecker, candidato non eletto nella lista vincente del sindaco nel 2015.
Perquisito dal pm Paolo Storari il 30 giugno 2021, in un suo telefonino è stato trovato dalla Guardia di Finanza un foglio Excel dal quale Hallecker risulta detenere partecipazioni non dichiarate tra l’8 e il 12% in Bramì Building Management srl (gestione immobiliare), La Martesana srl (pompe funebri), Il Protagonista Comunication srl (consulenza) e Gruppo Lucia Service (catering): quattro società nelle quali la visura in Camera di Commercio mostrava tra i soci invece ufficiali (tra il 10 e il 25%) Marco Osnato, deputato di Fratelli d’Italia e genero del fratello del big di partito Ignazio La Russa.
Rimosso il 31 ottobre 2021 da Fiera Milano dopo la segnalazione interna di un collega protetta dalle procedure di whistleblowing , e dopo un esposto presentato in Procura a inizio 2021 dall’ad Luca Palermo con l’avvocato Antonio Bana, Hallecker si vede ora contestare non solo le proprie involontarie confessioni intercettate dalla Procura («quando ho affidato ai Fabbro l’appalto del magazzino, loro non erano i più competitivi, c’era un’offerta più competitiva»), ma anche i verbali appunto dei fratelli Massimiliano e William Fabbro: precipitatisi a confessare da Storari (e infatti ieri non arrestati) dopo che i pm Giovanna Cavalleri e Giovanni Polizzi li avevano fatti già arrestare tre mesi fa per tangenti sugli appalti delle mense in Comuni dell’hinterland milanese.
Anche Gabriele Della Venezia della Eletric srl ha ammesso di aver pagato 20 mila euro «chiesti da Hallecker come corrispettivo per avermi fatto entrare in Fiera». E il gip accenna ad altri accertamenti su una prassi «che pare ergersi quasi a regola del 5%» nell’«affidamento di un qualche appalto fra quelli gestiti da Fiera».
(da Il Corriere della Sera)
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Settembre 12th, 2023 Riccardo Fucile AL MOLO C’È LA FILA DI BARCHINI CARICHI DI MIGRANTI, SONO GIA’ OLTRE 2.000 GLI OSPITI NELL’HOTSPOT
Trentatré sbarchi, a partire dalla mezzanotte, a Lampedusa dove il conteggio del numero delle persone arrivate è ancora in corso. Con i primi 15 approdi, 9 dei quali direttamente sulla terraferma, fra la spiaggia dell’Isola dei Conigli, Cala Croce e Guitgia, ma anche direttamente a molo Favarolo, sono stati conteggiati dalla polizia 477 migranti.
Ma ci sono migranti che sono ancora in fase di recupero in varie parti dell’isola. Ieri, in 24 ore, sull’isola ci sono stati 51 approdi con complessive 1.993 persone arrivate.
Quasi tutti i barchini soccorsi o giunti direttamente sulla terraferma fra ieri, quando ci sono stati 51 approdi, e la notte appena trascorsa, quando ci sono stati 33 sbarchi, sono salpati da Sfax, in Tunisia. Solo un paio di barchini in metallo, secondo quanto raccontato dalle persone arrivate a Lampedusa, si sono messi in navigazione da Monastir e da Sidi Mansour. I migranti giunti hanno dichiarato, per la maggior parte, di essere originari di Nigeria, Sierra Leone, Sudan, Ciad, Tunisia, Guinea e Camerun e di aver pagato, per la traversata, da mille a 5mila dinari tunisini a testa.
Nuovi atti di pirateria nelle acque della Tunisia. Dei migranti, rintracciati nella tarda serata di ieri nella strada di ponente di Lampedusa, dove erano sbarcati da soli, hanno raccontato ai militari della tenenza della Guardia di finanza di avere subito il furto dei motori dei barchini mentre erano in navigazione verso Lampedusa.
Trenta tunisini, tra loro cinque minorenni e sette donne, hanno riferito che lo scafista del natante di legno di 7 metri su cui erano in viaggio, dopo 4 o 5 ore di navigazione, è stato prelevato dall’equipaggio di un motoscafo che ha rubato uno dei due motori, quello più potente, del loro barchino. I migranti verranno riascoltati dalla Squadra Mobile della Questura di Agrigento, in servizio all’hotspot di contrada Imbriacola, che assieme ai militari delle Fiamme gialle indagheranno sul caso.
Sono oltre 2mila, anche se il conteggio della polizia è ancora in corso, gli ospiti presenti all’hotspot di Lampedusa che, appena lunedì aveva 19 persone al suo interno.
La Prefettura di Agrigento, per alleggerire la struttura di contrada Imbriacola, ha disposto il trasferimento di circa 600 persone con il traghetto di linea che in serata giungerà a Porto Empedocle. Ma è in arrivo anche la nave Diciotti della Guardia costiera che servirà per aumentare e accelerare i trasferimenti verso altri centri d’accoglienza. Ieri, con i due traghetti di linea, erano state già spostate 503 persone.
Non si arrestano gli arrivi di migranti a Lampedusa, con una decina di barchini che stanno raggiungendo l’isola, mentre altri sono in ‘fila’ davanti al molo Favaloro in attesa di potere sbarcare. Al momento è difficile contare gli approdi e quante persone sono già arrivate, mentre all’orizzonte si vedono altre imbarcazioni dirigersi a Lampedusa.
“Da settimane continuo a dire che ormai si tratta di un fenomeno epocale, con numeri non più sostenibili per la nostra isola”. Lo ha detto il sindaco di Lampedusa, Filippo Mannino, sugli sbarchi nella maggiore delle isole Pelagie: da mezzanotte ci sono stati 58 approdi.
“Oggi probabilmente arriveremo a 100 sbarchi, non sono più numeri sostenibili da quest’isola – ha sottolineato Mannino – “non si era mai vista una cosa simile con decine e decine di barchini scortati o agganciati dalle unità di soccorso davanti al porto. E con i tantissimi che sono riusciti ad arrivare direttamente a Cala Croce o alla Guitgia”.
Le decine e decine di barchini, tutti in metallo arrugginito e mal saldato, potrebbero essere state lasciate al largo da più “navi madre”. E’ questa una delle ipotesi, vista la contemporaneità di arrivi, è al vaglio degli investigatori. Il mare nei prossimi giorni dovrebbe tornare a peggiorare, non è quindi escluso che nelle ultime 48 ore i trafficanti stiano cercando di ‘velocizzare’ i viaggi della speranza di uomini, donne e minori originari di Burkina Faso, Camerun, Costa d’Avorio, Guinea, Somalia, Liberia, Mali, Siria, Sudan, Gambia e Sierra Leone.
(da agenzie)
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Settembre 12th, 2023 Riccardo Fucile LA LETTERA AL TRIBUNALE DI MILANO: “PROSEGUE LA DOLOSA MANIPOLAZIONE DELLE VOCI DI BILANCIO. LO STATO PATRIMONIALE SAREBBE È IN ASSOLUTO DISSESTO” – E CHIEDONO AI GIUDICI DI NOMINARE UN AMMINISTRATORE GIUDIZIARIO
Nessun rilancio di Visibilia Editore, nessuna «netta cesura tra il
vecchio organo gestorio e quello in carica». La governance attuale – che fino al misterioso suicidio faceva capo a Luca Giuseppe Reale Ruffino – di fatto opererebbe «in continuità» con la precedente, proseguendo anche nella «dolosa manipolazione delle voci di bilancio» che ha fatto finire indagata la ministra al Turismo Daniela Santanchè.
A rilanciare la battaglia sono gli azionisti di minoranza che, in vista della discussione della causa civile nell’udienza del 14 settembre, hanno depositato una nota al Tribunale di Milano, chiedendo non solo di «ordinare l’ispezione dell’amministrazione al fine di verificare la sussistenza delle irregolarità denunciate», ma anche di «revocare amministratori e sindaci e nominare un amministratore giudiziario della società».
Già nell’estate del 2022, era stato il gruppo di soci, che rappresentano più del 5 per cento del capitale, con gli avvocati Antonio Piantadosi e Dario Cantoro, a denunciare le presunte gravi irregolarità dando il via anche all’inchiesta su Santanchè, finita nel registro degli indagati per falso in bilancio e bancarotta fraudolenta. La pm Maria Giuseppina Gravina e l’aggiunta Laura Pedio, titolari del fascicolo, si sono costituite nel giudizio civile.
E il 22 giugno hanno depositato le consulenze del professore Nicola Pecchiari che dimostrano – sottolineano i soci di minoranza – che «laddove i nuovi amministratori avessero proceduto a una seria revisione delle voci di bilancio, lo stato patrimoniale sarebbe evidentemente di assoluto dissesto», nonostante «la più che rosea rappresentazione fornita dall’organo gestorio» dopo l’approvazione anticipata della semestrale.
Le voci di bilancio alterate «quantomeno a partire dal 2016 – quando secondo le valutazioni Pecchiari, tra svalutazione degli avviamenti e dei crediti, il patrimonio netto negativo era di fatto pari a 4 milioni di euro – non sono infatti mai state modificate dagli attuali amministratori».
Soprattutto si sottolinea che il contratto di accollo sottoscritto da Santanchè rispetto al debito da oltre un milione e 800 mila euro di Visibilia in liquidazione Srl, salvata dal fallimento grazie a un accordo con l’Agenzia delle entrate, «era stato condizionalmente sospeso all’accoglimento da parte del Tribunale della domanda di omologa degli accordi di ristrutturazione».
E questo non solo «non risponde a un’utilità della società, ma è chiaro indice del permanere di rapporti e interessi coltivati con la vecchia controllante, il cui capitale sociale è detenuto al 95 per cento ancora da Santanchè». Del resto, anche «il compianto Ruffino, aveva già in passato detenuto una partecipazione rilevante in Visibilia Editore, concorrendo ad approvare il bilancio di esercizio del 2019», tra quelli finiti sotto la lente dei pm. Ancora, i soci denunciano la mancata trasparenza nel recesso del contratto col fondo Negma e soprattutto «delle verifiche effettuate in merito alla provenienza dei fondi versati nelle casse di Visibilia». Per non parlare della «irregolare» scalata di Ruffino in Visibilia, che ha superato il 70 per cento del capitale senza promuovere l’Opa, rendendo necessario il recente intervento della Consob.
(da agenzie)
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Settembre 12th, 2023 Riccardo Fucile “LO STATO TERRA’ LE MANI IN MOLTE TORTE”
L’idea di avviare una fase di privatizzazioni delle partecipate dello Stato, lanciata dal ministro Giancarlo Giorgetti nei giorni scorsi, rischia di essere «un granello, piuttosto che una montagna» secondo il Financial Times. È scettico il quotidiano economico britannico che le offerte che il governo Meloni si prepara a mettere sul mercato possano rivelarsi buoni affari. Scetticismo che già emerge dal titolo “Svendite italiane: lo Stato terrà le mani in molte torte”. Laddove palazzo Chigi dovesse rinunciare a pezzi di qualche «cimelio nella sua soffitta», difficilmente un esecutivo come quello guidato da Giorgia Meloni deciderà di rinunciare a tenere un piede dentro le grandi aziende di Stato, quindi a mantenerne il sostanziale controllo. Gli esempi più evidenti vengono da casi come Telecom, dove il governo è pronto a investire almeno 2 miliardi per partecipare all’acquisizione della rete da parte del fondo Kkr. Un’infrastruttura strategica che per il governo non può finire in mani straniere. E di certo il governo Meloni non ha dimostrato particolari simpatie per il libero mercato, spiega ancora il Financial Times. Almeno dopo i casi con relative polemiche sulla tassa sugli extra-profitti delle banche. Senza dimenticare il decreto voluto dal ministro Adolfo Urso che punta a imporre un tetto alle tariffe delle compagnie aeree.
Il governo non sarebbe neanche più di tanto incentivato a vendere davvero i proprio gioielli di famiglia, da Eni a Enel, passando per Poste italiane, Leonardo, per citarne alcuni, considerando le regole di bilancio. Il Financial Times ricorda che le eventuali vendite di quote delle partecipate statali aiuterebbero a ridurre il comunque enorme debito pubblico italiano, che ormai supera il 140% del Pil. I possibili incassi dalle privatizzazioni sarebbero comunque «una goccia nell’oceano», spiega il Financial Times. Per questo il governo potrebbe limitarsi a quelle vendite «necessarie o facili da realizzare». Tra queste la vendita del 41% di Ita Airways a Lufthansa, Commissione Ue permettendo. C’è poi Monte dei Paschi, capitalizzata sul mercato a 3,2 miliardi di euro, di cui lo Stato detiene oggi il 64% e dovrebbe accelerarne la vendita. Infine potrebbero essere cedute quote di Poste e di Eni, ma sempre mantenendone il controllo. Nessuna di quelle sul tavolo «sono cattive idee», conclude il Financial Times che, alludendo a Nerone, scrive: «Ci troviamo più davanti al suonare la lira, mentre Roma brucia».
(da agenzie)
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Settembre 12th, 2023 Riccardo Fucile SMASCHERATO IL POLTRONIFICIO DI FRATELLI D’ITALIA: “NESSUNA NORMA CONTRO PERSONAM”
Il Tribunale di Napoli ha ordinato l’immediata reintegrazione del
Maestro Stéphane Lissner nell’incarico di sovrintendente (e, di conseguenza, anche di direttore artistico) del Teatro San Carlo di Napoli.
Lo si legge in una comunicazione del maestro Stéphane Lissner e del collegio difensivo composto dal giuslavorista Claudio Morpurgo (studio Morpurgo e Associati), dal costituzionalista prof. Giulio Enea Vigevani (università Milano-Bicocca e studio ACCMS) e dall’esperto di governance Pietro Fioruzzi (studio Cleary Gottlieb)
Norma «contra personam»
«L’ordinanza cautelare odierna del Giudice del Lavoro Dott.ssa Clara Ruggiero – si legge nel comunicato – ha deciso, infatti, che il decreto Legge 10 maggio 2023, n. 51 che era stato utilizzato per anticipare la risoluzione del rapporto di lavoro debba interpretarsi nell’unico senso che lo rende compatibile con i principi costituzionali e la previgente disciplina nell’ambito del quale suddetto decreto si colloca.
Ciò vale ovviamente anche per quella disposizione “contra personam”, che avrebbe trovato applicazione solo per il Maestro Lissner, che prevedeva la cessazione immediata per i sovrintendenti con più di settant’anni, indipendentemente dalla data di scadenza dei contratti in corso. Il tutto, come noto, per liberare il posto di sovrintendente del teatro per il dottor Fuortes e ottenere le sue dimissioni da amministratore delegato della Rai».
Dunque, con le parole del Giudice: «La revoca ante tempus, rispetto alla naturale scadenza, del contratto di lavoro in corso del Maestro Lissner avente ad oggetto l’incarico di sovrintendente e direttore artistico del Teatro San Carlo deve ritenersi illegittima non rientrando il suo caso nello spettro di applicazione della norma. L’ordinanza aggiunge che, qualora la disposizione fosse stata applicabile al maestro Lissner, sussistevano i requisiti per sollevare una questione di legittimità costituzionale del decreto legge del Governo».
Soddisfatto Stéphane Lissner: «Un atto di giustizia, dopo mesi trascorsi in un “limbo” che non meritavo io ma soprattutto non meritavano il Teatro San Carlo e la città di Napoli. Oggi, il Tribunale di Napoli ha dato il primo segnale, fondamentale, di come il mio licenziamento sia stato un atto illegittimo e ad personam, privo di quei contenuti di “civiltà giuridica” che devono guidare ogni ordinamento democratico. Vedo in questa decisione un legame inscindibile con la dimensione europea di cui l’Italia, Napoli e lo stesso Teatro San Carlo sono espressioni autentiche e costitutive. Ora, sono a disposizione per svolgere il mio incarico insieme alle straordinarie persone che lavorano nel Teatro».
Tutto nasce dalla vicenda che ha avuto come culmine il sollevamento del maestro Lissner dall’incarico di sovrintendente del Teatro San Carlo di Napoli, casella andata poi a essere ricoperto dall’ex ad della Rai Carlo Fuortes. Il quale, a sua volta, alla fine è come se avesse avuto quel posto come contropartita per la sua uscita dalla Rai con un anno di anticipo rispetto alla fine del mandato. Ma per far quadrare il cerchio il Governo ha utilizzato lo strumento del decreto legge, con cui è stata stabilita la decadenza dei sovrintendenti stranieri che abbiano compiuto 70 anni. La norma ha così messo fuori gioco Stéphane Lissner, che a gennaio ha raggiunto quei 70 anni che per decreto del 4 maggio rappresentano il limite di età per i direttori delle fondazioni lirico-sinfoniche. Un limite, va detto, che vale già per i colleghi italiani. Lissner però ha da subito evidenziato i suoi buoni risultati. E il contratto fino al 2025.
Ora la pronuncia del giudice del lavoro di Napoli che ha accolto in via cautelare il ricorso dell’ex sovrintendente e direttore artistico Stephane Lissner, che ha impugnato il “pensionamento” a 70 anni per effetto delle nuove norme varate dal Governo in anticipo rispetto alla scadenza naturale del contratto. In attesa di una decisione nel merito, Lissner risulterebbe quindi reintegrato nelle sue funzioni che però sono state già affidate all’ex amministratore delegato della Rai, Carlo Fuortes, nominato sovrintendente a inizio agosto.
(da Il Sole24ore)
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Settembre 12th, 2023 Riccardo Fucile DAL PASTO DIMEZZATO ALLA CACCIA ALL’OFFERTA: RIEMPIRE IL CARRELLO IN TEMPO DI CRISI
La stagione gastropolitica si annuncia prodiga di ricette a ridotto contenuto calorico per tener testa all’esuberante incedere dei prezzi. “Tu cliente mi chiedi le vongole. Io allora ti rispondo: con un chilo cucino al massimo tre piatti. Ma un chilo me costa almeno 15 euro. La verità è che tu cliente vuoi smezzare, metà porzione a te e metà alla tua signora. Lo puoi fare ma su questa strada io ristoratore non ti seguo. Da me – per fare un altro esempio – se magna una buonissima frittura di calamari e gamberi. La questione è che da qualche mese se smezzano anche il secondo. Prima del Covid facevo 40 euro a cliente. Oggi arriviamo ai 40 se sono in due. I tavoli sono occupati, la gente vuole uscire ma s’accontenta di poco (a volte pochissimo). Io però sono già sotto di trentamila euro con l’Ama (l’azienda della nettezza urbana, ndr) perché i due anni di fermo mica mi sono stati retribuiti!”.
I tavoli di Ilario Mascia, da vent’anni sono all’angolo tra via Merulana, e qui c’è Roma e la penna di Carlo Emilio Gadda, appena sotto il teatro Brancaccio, e i sapori del melting pot culinario di Piazza Vittorio. “Prima aprivo le danze così: il cliente s’accomodava e io dicevo a voce c’è questo, c’è quello. E lui: porta, porta. Oggi scandaglia il menu come un palombaro”. Anche le mance, segno indiscutibile della crisi che morde, si fanno pigre. Vincenzo, cameriere anziano del ristorante mette a verbale: “Prima della guerra e del Covid facevo anche 200 euro al sabato. Ora è l’incasso fuori busta di una settimana, se va bene”.
Settembre è il mese dei supersconti per l’Italia in bolletta: da Carrefour fino al giorno dieci, da Lidl invece fino al trenta. I nativi digitali ritrovano sull’app Too good to go (“troppo buono per essere buttato”) l’indirizzo dei negozi che offrono sconti, la merce che si vende a prezzo di favore e l’ora in cui l’offerta è disponibile.
L’Italia infatti scivola lentamente, ma inesorabilmente, verso i discount. Il discount è l’acqua bassa dove nuotano non solo i cinque milioni di poveri e poverissimi, ma anche la lunghissima lista di chi non arriva ai mille per professioni che qualche anno fa garantivano il doppio e il triplo della remunerazione. Stagisti appiedati, tirocinanti fasulli, apprendisti abusivi. Il lavoro intellettuale, retrocesso a impegno quasi gratuito, codifica una nuova povertà che trova impossibile sfamarsi presso le catene dei supermercati d’élite.
“Elite” infatti, e siamo nella ztl metropolitana, è il più prestigioso e tra i più cari supermercati. Il Pam fa per i turisti. Poi si scende. Ecco Conad, media borghesia, un pit stop all’angolo della carne: “I primi dieci giorni del mese vendo bene il filetto, qualità premium. Arriva anche a 36,90 1euro al chilo”. Col passare dei giorni le tasche si fanno più leggere. E come i tassisti notano più auto ferme ai box, così Mimmo, titolare dell’angolo Conad più pregiato, annota: “A metà mese proseguiamo col macinato da 16 euro e poi scendiamo con le offerte fino agli 8,90 euro al chilo quando si è lì lì per arrivare al giorno 31”.
E allora la questione da gastronomica si fa politica perché, per esempio, Federico Petrucciani, titolare di un avviatissimo bar in piazza Carracci, quartiere Flaminio, ha deciso da lunedì 4 settembre di ridurre il costo del caffè e del cappuccino. “Sono il segno della nostra italianità, la cifra identitaria. Mi sono accorto che il costo della luce è ritornato normale e perciò ho voluto dare il mio piccolo contributo”. Federico, prima berlusconiano, poi supporter di Renzi e oggi nei paraggi di Giorgia Meloni. “Riduco il costo di caffè e cappuccino mica dello Spritz! Me lo posso permettere e lo faccio anche per un minimo dovere civico”. Il caffè da lui torna a 1 euro, tolti i 10 centesimi dell’ultimo rincaro. Cappuccino a 1,20 euro. Venti centesimi in meno. E c’è da dire che siamo al Flaminio, quartiere romano dove la conta dei benestanti è in netta superiorità numerica.
Scendere dal bus, salire sul tram, ridiscendere e attendere di nuovo il bus. La periferia è lontana e per arrivarci si fatica. Glory, nigeriana trentasettenne, vive alla Borghesiana. Prepara e vende in casa dolci africani. Una pasticceria alla buona, “arrivo a guadagnare 600 euro, e mi serve trovare il miglior prezzo possibile per la farina, le uova. Io qui al Casilino trovo la margarina a 85 centesimi per 250 grammi. Che è sempre conveniente ma sono 20 centesimi in più rispetto all’anno scorso. E il latte? Era 79 centesimi, ora 1 euro e 90 centesimi per un litro”.
Si arriva al discount affamati, perché è sera e si è stanchi, ma anche allertati per le offerte disponibili. Giordana, commessa di 32 anni (“Guadagno 1.200 euro al mese”) illustra le offerte last minute: “Tutti i prodotti con scadenza inferiore a due giorni costano il 30 per cento in meno. Quelli con scadenza ancor più ravvicinata il 50 per cento”.
È una corsa senza freni e soprattutto un tuffo nella piccola fortuna quotidiana: bisogna trovarsi al momento giusto. Quando le banane un po’ annerite prendono la via dello sconto, e così gli ortaggi, la frutta, i detersivi. Arrivare a quel che costa troppo nell’ora in cui costa finalmente di meno.
Delizioso marketing per il popolo in difficoltà. Le porzioni si fanno più piccole ma la spesa al supermercato è salva: anguria baby, mini fuscello di fagiolini, scamorzetta, robioletta, chicchi di mozzarella.
Più poveri ma col colesterolo finalmente a posto.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Settembre 12th, 2023 Riccardo Fucile NON SI E’ NEANCHE PRESENTATO ALLE URNE PER IL VOTO A GENOVA… E ORA IL SUO COMPENSO ANIMA LE DISCUSSIONE INTERNE
Giuseppe Conte l’aveva promesso e, parlando alla festa del Fatto ieri,
spiega di aver mantenuta la parola: il contratto di Beppe Grillo con il Movimento 5 Stelle è stato rinnovato. Il garante e fondatore del partito dalla primavera del 2022 ha una consulenza proprio con il ‘suo’ M5S; una cifra attorno ai 300 mila euro per “aiutarci nelle campagne elettorali, per quanto riguarda suggerimenti nella comunicazione, per elaborare proposte e progetti comunicativi”, parola dello stesso ex presidente del Consiglio.
Attorno a questo contratto sin dall’inizio si discute molto, dietro le quinte e non solo: in chiaro però c’è il lavoro stesso del comico per il suo Movimento, come visto ampiamente remunerato. E se si va a vedere ciò che produce in termini di contenuti beppegrillo.it, cioè la principale vetrina comunicativa di Grillo, il M5S di fatto non esiste. Ci sono alcuni temi e personaggi vicini al Movimento, questo sì: salario minimo, tutela ambientale, mobilità sostenibile, lotta alla povertà. Ma del simbolo dei 5 Stelle, o di inviti al voto in occasione di passaggi elettorali, non ce n’è traccia.
Anche la partecipazione di Grillo a eventi pubblici del partito è rarefatta, ridotta a minuscoli spot non sempre utilissimi, come quando ad esempio le sue parole sulle ‘brigate di cittadinanza’ lo scorso giugno alla manifestazione di Roma in difesa del reddito fecero più baccano che altro. E nel suo ultimo spettacolo, Io sono il peggiore? Anche lì il M5S viene citato solo per sbaglio. Una disaffezione plateale, come quando nella sua Genova al voto per il Comune, l’anno scorso, il comico disertò addirittura le urne. Il disamore sarebbe anche normalissimo, non ci fossero i soldi di mezzo.
Così la domanda ricorrente è una: cosa viene pagato davvero a fare Grillo? Se l’apporto è solo in termini di idee, di sicuro come visto sono costosissime. Oppure – e questa è la versione più gettonata dall’interno, ovviamente detta a bassa voce – la cifra è più che altro un sistema per tenersi buono lo scomodo garante. Il fondatore è assai ingombrante e imprevedibile, ancora oggi ogni sua esternazione fa notizia; con Conte è sempre stato un rapporto fatto di alti e bassi, se non di reciproco sospetto. Le Europee sono dietro l’angolo e avere Grillo a ruota libera non è un buon affare per nessuno. Meglio insomma rinnovare il contratto. I soldi dopotutto al M5S non mancano: il bilancio del 2022 si è chiuso con attivo di 126 mila euro.
(da La Repubblica)
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