Settembre 15th, 2023 Riccardo Fucile LA CULTURA POLITICA DI “IO SONO GIORGIA” È DIVENTATA QUALCOSA DI SIMILE A UNO SKETCH SGUAIATO DI “GIGGI ER BULLO”… BRUXELLES, CHE HA BISOGNO DI COMPATTEZZA E NON SI PUÒ PERMETTERE DI SBANDARE VERSO L’ALA DESTRORSA DI AFD, VOX, ORBAN, LE PEN, HA INIZIATO A STRINGERE I BULLONI
Dopo un anno di governo, un fatto è chiaro: malgrado si attacchi a
Dio, Patria e Famiglia (perché poi non si sposa? boh!), Giorgia Meloni è un premier politico decisamente irrilevante, sia in casa che all’estero, cosa che la rende molto debole, quindi nervosissima, dunque pericolosa.
Se la sinistra si rifugia nella grotta di Elly, a destra va in onda Piedigrotta di Salvini. L’apocalisse di sbarchi a Lampedusa, per Matteo è stato pari a un’overdose di viagra. Quell’8 per cento alle elezioni politiche del 2022, la cocente sconfitta in Lombardia e la perdita del potere nella regione più importante e doviziosa d’Italia, oggi in mano a Fratelli d’Italia, non riesce a metabolizzarlo.
E se la Meloni del no-Mes e del Patto di Stabilità alla “come dico io” e dei video in gloria dei post-fascisti spagnoli di Vox, ha fatto incazzare vieppiù l’Unione Europea, volando a Budapest tra le braccia di quella peste della democrazia che inciucia con Putin e si chiama Orbán, olplà! subito Salvini la scavalca al volo invitando sul pratone di Pontida come guest-star Marine Le Pen, il nemico più intimo di Macron, mentre la di lei nipote Marion annuncia il suo arrivo fra i migranti Lampedusa.
Ah, la questione migranti. Sapete che fine ha fatto il decreto Sicurezza sull’immigrazione per favorire le espulsioni e i rimpatri dei migranti irregolari, con Salvini che chiede il ritorno ai vecchi decreti Sicurezza del governo gialloverde? E’ finito appallottolato nel cestino della Ducetta. Motivo? Non vuole dare il più forte e collaudato strumento di propaganda all’alleato leghista, ex ministro degli Interni, soprattutto in vista delle europee.
Basta? Non basta. In modalità Marchese del Grillo, con la consueta verve da mangiatore di fuoco, la Sora Giorgia ha pensato bene di “commissariare” il Viminale esautorando il ministro Piantedosi, ex capo di gabinetto di Salvini, dalla questione migranti affidando la gestione del dossier sbarchi al sottosegretario factotum Mantovano.
Meloni faccio-tutto-io però si è dimenticata l’atto più importante: di scodellare il decreto necessario per dargli i poteri di coordinatore. Così, quando i prefetti si trovano alle prese con le ondate migratorie, a chi si rivolgono, a chi rispondono, a Piantedosi o a Mantovano?
In tale marasma, mentre l’immigrazione clandestina, con oltre seimila profughi sbarcati a Lampedusa, si fa sempre più drammatica, l’irrilevanza della Ducetta sullo scenario internazionale diventa sempre lampante. Vedi il caso dell’accordo strombazzatissimo con lo scaltro Kais Saied, leader tunisino.
Doveva essere una lezione di alta diplomazia al Truce leghista fautore del “blocco navale” con i mezzi della Marina, e si è rivelato un disastro che ha incarognito ancor di più il rapporto di Giorgia con Ursula, proprio quando ha davanti una Legge di Bilancio da brividi e lividi. In cassa c’è il piattino della cieca, angosciante dato di debolezza che dovrebbe consigliarla a non fare il gradasso con Bruxelles.
Dopo aver abbindolato una recalcitrante Von der Leyen a volare a Tunisi per incontrare Saied e mettere fine all’”invasione”, l’accordo è finito come era previsto da tutti: a puttane.
Il leader tunisino infatti non si è accontentato di intascare (sulla carta) aiuti dall’Unione Europea per oltre 200 milioni ma, come condizione sine qua non, avrebbe fermato le partenze dei barchini solo dopo aver incassato dal Fondo Monetario Internazionale l’atteso finanziamento di circa due miliardi.
Purtroppo, per il FMI, il Ras di Tunisi non corrisponde ai canoni della democrazia e dei diritti civili e il finanziamento è stato negato. La figura di merda è continuata sull’altra sponda dell’Atlantico. Quando Meloni è volata a Washington e si è inginocchiata ai piedi di nonno Biden, ci ha provato a salvarsi dalla bruciante sconfitta tunisina e ha provato a pietire al capo della Casa Bianca di intercedere presso il FMI per sbloccare i 2 miliardi per la Tunisia. E qui Biden, pur potendolo fare, ha fatto il pesce in barile: non posso interferire, intromettermi in certe questioni, vediamo…
Vi ricordate quando la Ducetta si gonfiava i polmoni e annunciava al popolo, a mo’ di invettiva: “Bruxelles avrà bisogno di Roma nei prossimi mesi”? Ancora: “Perché se pensano di prepararci imboscate in Europa, allora tanto vale che gli roviniamo il giocattolo, visto che noi siamo l’Italia e da noi non possono prescindere”. Ecco: la politica europea di “Io sono Giorgia” si è rivelata qualcosa di simile a uno sketch sguaiato di “Giggi er Bullo”.
Via via che si avvicinano le elezioni europee, l’establishment di Bruxelles ha bisogno di compattezza, non può sbandare con l’ala destrorsa di AFD, Vox, Orban, Le Pen e ha iniziato a stringere i bulloni. Così, a un anno dalla nascita, il governo Meloni rischia il crack. A partire dal determinante dossier sul Patto di Stabilità che non si schioda dal 3 per cento (e il deficit è volato al 7), la Bce che stronca la tassa sugli extraprofitti bancari, le future rate del Pnrr che diventano un quiz, il fondo salva-Stati da ratificare, la questione Ita, la polemica con Gentiloni “commissario traditore”, Francia e Germania che chiudono le frontiere: i temi sul tavolo sono grandi quanto l’irrilevanza della premier.
Una inconsistenza di cultura politica, abituata com’è a comandare anziché a negoziare, che ha portato la Gabbiana di Colle Oppio a inimicarsi pure Marina Berlusconi che ha preso a calci il mite Tajani per la tassa sugli extraprofitti bancari che mette le mani in tasca alla banca Mediolanum, di cui è proprietaria al 30 per cento la famiglia di Arcore.
Una guerra che vede in ballo soprattutto l’occupazione di quell’area di centro da parte della Meloni, inventatasi da “rivoluzionaria” a “conservatore”, che è sempre stata il luogo deputato di Forza Italia. Isolata a Bruxelles, presa in giro a Washington, la luna di miele finita nelle casse vuote del Mef e il consenso è crollato.
Il gradimento per il governo è passato dal 50% al 35% in un solo anno, secondo il sondaggio SWG, è in calo anche la fiducia espressa nei confronti della Ducetta che passa dal 43% al 39%. E subito sale il vittimismo: “La sinistra esulta contro l’Italia, stappa bottiglie se cala il Pil”, poi digrigna i denti e chiama a raccolta i Fratelli d’Italia annunciando “complotti” e “dossieraggi”, preconizzando che “Il dibattito politico sarà ancora più feroce, gli attacchi si moltiplicheranno, le trappole e i tentativi di disarcionarci anche”.
Così, a un anno dalla nascita, il governo Meloni rischia di finire come quello di Berlusconi del 2011 fatto fuori da Palazzo Chigi a colpi spread.
(da Dagoreport)
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Settembre 15th, 2023 Riccardo Fucile “GUIDA UN GRANDE PAESE DELL’UE E IN QUESTA VESTE LE È PRECLUSO IL MODELLO ADOTTATO DA BUDAPEST E VARSAVIA A MENO CHE NON VOGLIA FARE GRAVI DANNI ALL’ITALIA”
Professor Mario Monti, dal tema dell’immigrazione ai conti pubblici, la partita tra Italia ed Europa si fa dura. Lei è stato a Palazzo Chigi e alla Commissione europea. Sui flussi migratori, in particolare, che cosa può fare l’Italia?
«Dovrebbe puntare ad alleanze solide, da pari a pari, senza nervi a fior di pelle, con Francia e Germania. Creare con loro un clima di intesa responsabile per indirizzare l’Europa, in questo e altri campi. E non sbandierare, e possibilmente non avere, alleanze privilegiate con Paesi governati da leader nazionalisti come quelli di Ungheria e Polonia. Quei governi restano nazionalisti – in particolare sulle migrazioni – anche nei confronti di una leader come Giorgia Meloni, con la quale avevano intessuto comunanza di visione quando anche lei era spiccatamente nazionalista. Ma Meloni non era ancora capo di governo di un grande Paese europeo. In questa veste le è proprio precluso – a differenza, per esempio, di Orban – perseguire il nazionalismo. A meno che sia disposta a recare gravi danni al suo Paese».
Lo dice mentre Meloni e Orban riaffermano assieme i valori della destra e chiedono una politica europea comune sull’immigrazione. Pensa davvero che Francia e Germania abbiano interesse a una politica comune su questo tema?
«Penso che, proprio a cominciare da Francia e Germania, andrebbero moltiplicati gli sforzi di persuasione, magari cambiando la chiave e il messaggio. Martellarli al suono di “Così lasciate sola l’Italia!” potrà far guadagnare voti in Italia, ma difficilmente sposterà le coscienze altrui. Oggi in Europa la politica deve farsi con la pedagogia in casa d’altri, ad esempio andando a Budapest, Varsavia, Vienna, Parigi e spiegare là, nei media, nelle università, nei loro parlamenti, in dibattiti popolari, quanto i loro Paesi avrebbero da guadagnare da un’efficace politica comune sulle migrazioni».
Non sarà che la “underdog” Meloni ha qualche motivo quando lamenta l’ostilità delle strutture della Commissione?
«Come in passato, anche oggi l’Italia ha un governo rispettato a Bruxelles. Ma è un governo composto anche da forze politiche e personalità per le quali il rispetto verso l’Europa è molto recente e intermittente. Questo determina a volte difficoltà di dialogo e qualche dubbio su quanto gli impegni assunti siano attendibili. Consiglierei perciò ai nuovi rappresentanti dell’Italia di dismettere la postura mentale dei “pugni sul tavolo”, di negoziare tenacemente sulla sostanza, di ricordarsi che se ritengono davvero di aver subito un torto la via maestra è di denunciarlo alla Corte di giustizia europea. E, se vogliono seguire la logica del negoziare “a pacchetto”, che a volte è preziosa, occorre molta accortezza per evitare esiti rovinosi».
Al di là delle polemiche, ci sono le riforme. Quella del Patto di stabilità e di crescita, presentata dalla Commissione, non convince l’Italia. Anche qui, che cosa consiglia?
«Più il dibattito procede, più mi convinco di una cosa. Un nuovo Patto di stabilità e di crescita, più ancora che da regole minuziose che, come in passato, non verranno fatte rispettare, dovrebbe fondarsi su alcuni principi semplici, di buon senso economico, comprensibili ai cittadini.
E che portino ad una ragionevole disciplina di bilancio azzerando il balletto, un po’ patetico, che è ancora in corso tra i Paesi con radicata propensione al disavanzo e la Germania, la quale è ancora considerata da se stessa e dagli altri il campione della disciplina di bilancio, pur non essendolo più».
(da La Repubblica)
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Settembre 15th, 2023 Riccardo Fucile WAGNER, MEMORANDUM E REATI: SI SGRETOLA L’ANNUNCITE SOVRANISTA
Sui migranti “il cambio di passo è vicino”, l’Europa ha raggiunto
“un’intesa memorabile” e il governo è pronto a cercare gli scafisti “su tutto il globo terracqueo”, spezzando le reni ai mercenari della Wagner. A mettere in fila tutte le ricette, gli annunci e le promesse di Giorgia Meloni e dei suoi ministri in tema di immigrazione non ci si spiega come mai ogni due settimane ci si ritrovi al punto di partenza. Record di sbarchi – 126 mila da inizio anno, il doppio rispetto al 2022 – e continui scontri con Paesi Ue accusati di non fare la propria parte, per non dire dei complotti internazionali (“una guerra in atto”) lamentati dai leghisti.
Archiviate le sparate sul blocco navale, irrealizzabile, Meloni ha impostato la propaganda sulle parole magiche del “Piano Mattei”, un ambizioso progetto di accordi coi Paesi africani sui temi energetici, economici e dunque migratori. Il ragionamento – di per sé legittimo, se non ci fosse il problema di metterlo a terra – è che se l’Europa stringe intese con gli Stati di partenza e di transito dei migranti, favorendo lo sviluppo sociale di quei territori, farà sì che meno persone vogliano lasciare l’Africa.
È giugno quando Meloni lascia il Consiglio europeo entusiasta, assicurando che mesi di lavoro hanno finalmente portato a una svolta: “C’è un cambio di passo, un nuovo punto di vista sul tema dell’immigrazione in Europa. Era impensabile fino a pochi mesi fa”. La premier parla di “un’intesa memorabile” – quella, tutta astratta, su alcuni aiuti alla Tunisia – e garantisce che le cose cambieranno. A luglio arriva il memorandum d’intesa tra l’Ue e Tunisi (peraltro non ancora operativo), in cui i buoni propositi si mischiano con soluzioni ancora molto deboli: per fermare le partenza l’Europa mette a disposizione 105 milioni (non certo risolutivi), promettendone altri 900 per lo sviluppo economico vincolati però all’esito della trattativa tra la Tunisia di Kais Saied e il Fondo monetario internazionale per un pacchetto da oltre un miliardo per il quale il Fmi pretende progressi nel percorso democratico del Paese.
Resta tutto per aria, insomma, eppure parecchi giornali esaltano il nuovo corso (Libero: “Tam Tam tra i migranti in Libia: ‘Ora c’è Meloni, non partiamo più’”; Il Giornale: “C’è il piano: più rimpatri e partenze bloccate”, “L’azione del governo sta invertendo il trend degli sbarchi”; Il Messaggero, aprendo con un’intervista a Matteo Piantedosi: “Velocizziamo i rimpatri; Scafisti, reato di pirateria”). E la settimana successiva il governo vende come un successo pure la Conferenza sulle migrazioni organizzata a Roma, alla quale partecipano rappresentanti di diversi Paesi africani e del Sud Europa (non la Francia, che si indispettisce). “La conferenza ha superato le nostre aspettative”, esulta Meloni. “L’Italia è tornata grande in politica estera”, gongola il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli.
Come naturale che sia, per vedere qualche effetto sull’economia e sulle società di un intero continente ci vogliono anni. Il problema è che la destra ha fatto spesso intendere il contrario e non soltanto sul piano degli accordi internazionali. Dopo la tragedia di Cutro, quasi 200 migranti morti in mare nella notte del 25 febbraio, il governo decide di mostrare i muscoli con un decreto approvato proprio nel paese della Calabria al largo del quale è avvenuto il naufragio. La destra s’inventa un nuovo reato per punire i trafficanti, da cercare “su tutto il globo terracqueo” e aumenta le quote di ingressi regolari in Italia: “L’unico modo per far sì che le stragi non accadano più è fermare gli scafisti”, assicura Meloni. Concetto un po’ riduttivo, ma tant’è. Nel frattempo sparisce l’ennesimo ritorno del “decreto Sicurezza” sui rimpatri degli irregolari promesso ad agosto su ispirazione di Matteo Salvini, mentre se non altro sembra archiviata la teoria esposta dal ministro Guido Crosetto a marzo, quando aveva ricondotto il boom di partenza a un preciso disegno dei mercenari russi della Wagner: “L’aumento esponenziale delle partenze è, in misura non indifferente, parte di una strategia chiara di guerra ibrida che la divisione Wagner sta attuando”. Tesi dimenticata in fretta, come quasi tutto il resto.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Settembre 15th, 2023 Riccardo Fucile CHE STATO È QUELLO IN CUI UN GENERALE DELL’ESERCITO PUBBLICA UN LIBRO PER RIVENDICARE IL PROPRIO DIRITTO DI ODIARE TUTTI COLORO CHE NON RITIENE NORMALI?
Fino a quando un generale dell’esercito del mio Paese dirà di avere il diritto di odiare coloro che definisce “non normali”, io innocentemente potrò dire di odiare lui. Non perché ne senta il diritto, ma perché ne sento il dovere. Brutta storia, questa.
E il nostro caro presidente Sergio Mattarella lo ha detto subito: che cos’è una società nella quale si può rivendicare il diritto all’odio? Che società, che Stato possono essere quelli in cui un generale dell’esercito pubblica un libro per rivendicare il proprio diritto di odiare tutti coloro che non ritiene normali?
Ma allora del diritto di ogni singolo soldato di esprimere il suo odio per il generale e tutti i suoi superiori che cosa ne facciamo? E con il cristianesimo, come la mettiamo? Al comandamento “ama il prossimo tuo come te stesso” il generale sostituisce “odia il prossimo tuo” ogni volta che ne senti il diritto?
Ha rovesciato il diritto di critica nel diritto di odio. Il ministro della Difesa Crosetto ha detto subito l’altra cosa essenziale: il generale Vannacci non ha il senso dello Stato, al cui servizio ha il dovere di dedicarsi. Quale Stato può ammettere come legittimo l’odio fra i cittadini?
Ma la questione non è logica o morale, è “squisitamente politica”.
Il nostro generale ha solo fatto il furbo con l’intento di sollevare un polverone per incoraggiare l’istinto all’odio del “diverso” che cova non solo nella peggiore destra ma anche nella aggressività e nel sadismo che sono in crescita nella società e nei social.
Ma ci si può anche chiedere: perché per esempio il generale non ha detto di odiare i mafiosi, i camorristi, la ’ndrangheta e ogni individuo impegnato nel crimine organizzato?
E poi: odia come generico individuo o odia come generale? Probabilmente odia anche gli islamici, perché in Italia non sono “normali”. Ma perché li odierebbe, se non perché in Italia è normale, invece, essere cristiani, cosa che lui evidentemente non è?
Sì, la questione è invece “squisitamente politica”. Il governo di Giorgia Meloni ha dei nemici, alla sua destra. Dopo essere stata eletta, dovendo sensatamente governare in un’Italia che fa parte dell’Unione europea e della Nato, si è lasciata di fatto alla sua destra qualche eredità del passato.
E una parte della destra elettorale che l’ha portata al governo ora si risente, non si trattiene e sbotta usando come megafono un generale tanto furbo quanto sprovveduto, che togliendosi l’implicita e doverosa maschera liberaldemocratica, mostra i denti.
Questo è anche utile, perché ci fa sapere che quella destra che Giorgia Meloni politicamente si è lasciata a destra, ora cova, tra l’altro, negli alti gradi dell’esercito. Duole dirlo, ma è utile ricordare che nella vita militare per la liberaldemocrazia non c’è molto posto. Le gerarchie militari, lo stile di vita militare (lo sanno anche i bambini) non trovano normale la sensibilità liberaldemocratica, perché altrimenti la loro macchina organizzativa non potrebbe funzionare.
Ma facciamo un passo più in là. Che cosa sono, che cosa sono stati i totalitarismi e le dittature se non la militarizzazione di tutta la società? Cioè la formale e sostanziale applicazione dello stato di guerra in tempo di pace
E’ la ragione per cui l’estensione del diritto all’uso privato delle armi da fuoco introduce uno spirito di guerra nella vita sociale.
Proprio così. E se è vero che il mestiere di militari è quello di saper passare a vie di fatto, traducendo prontamente il pensiero in azione, ecco che i pensieri di “odio giustificato” diventano l’anticamera della violenza.
Se il generale Vannacci afferma furbescamente di essere lui stesso un essere umano “non normale” come pensa che siano gli omosessuali, i protestanti, i socialisti, gli ebrei, gli africani, gli intellettuali, allora si prepari a essere odiato da tutti coloro che sono oggetto del suo odio.
Anche lui, in quanto militare e generale, fa parte di una poco normale minoranza. Evviva! E tanti auguri a tutti! In effetti io, quando ho davanti a me un generale, per qualche ragione non mi sento al sicuro.
(da Il Foglio)
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Settembre 15th, 2023 Riccardo Fucile DOPO ESSERE ENTRATA NEL 2021 NEL BOARD DI ROSNEFT, GIGANTE DEL PETROLIO RUSSO, HA MOLLATO L’AUSTRIA PER TRASFERIRSI A SAN PIETROBURGO… A VIENNA IL SUO PARTITO, L’ULTRADESTRA DELL’FPÖ, È ACCUSATO DI ESSERE COLLUSO CON MOSCA
Da ministra degli Esteri austriaca, nominata dalla destra
ultranazionalista della Fpö, Karin Kneissl ebbe il suo momento di celebrità nel 2018, durante la sua festa di nozze, immortalata mentre ballava con Vladimir Putin, prima di profondersi come una debuttante in un vezzoso inchino davanti all’ospite d’onore venuto da Mosca. Fu il prologo di una lunga affinità elettiva.
Lasciata la poltrona un anno dopo, Kneissl aveva collezionato una serie di incarichi profumatamente retribuiti dal Cremlino: prima editorialista di Russia Today , punta di lancia della propaganda putiniana, poi nel 2021 membro del board di Rosneft, gigante del petrolio russo, che abbandonò un anno dopo quando l’Europarlamento minacciò di sanzionarla.
Ma non c’è due senza tre e da qualche mese l’ex capa della diplomazia viennese ha preso la guida di G.O.R.K.Y., «think tank» nuova di zecca dedicata al Medio-Oriente, finanziata dal Cremlino e affiliata all’Università di San Pietroburgo.
Solo che questa volta Kneissl ha pensato bene di trasferirsi armi e bagagli nella città fondata da Pietro il Grande. Una scelta che pare definitiva, visto che, lasciatosi dietro il marito dal quale è separata, l’appassionata animalista si è portata dietro anche due cani boxer e due meravigliosi pony.
I cavalli in verità glieli ha recapitati, direttamente dalla Siria dove sono stati acquistati, l’aviazione militare russa, a bordo di un Ilyushin-76, normalmente usato per il trasporto dei soldati. Una concessione criticata perfino da Fighterbomber ,canale russo di Telegram che appoggia la guerra contro l’Ucraina, secondo il quale «dalle basi in Siria bisognerebbe trasportare eroi e non equini».
Tant’è. Kneissl dell’Austria non vuole più saperne: «Schizofrenico», ha definito il comportamento di Vienna verso la Russia, parlando martedì al Forum di Vladivostok, dove si è intrattenuta anche con Putin. Da un lato, infatti, politici e opinione pubblica «non si stancano di condannare Mosca».
Dall’altro l’Austria continua a importare gas dalla Russia, con cui mantiene anche forti rapporti commerciali: «Chi lo fa viene accusato di guadagnare soldi insanguinati», ha detto l’ex ministra, riferendosi alle parole dell’ambasciatore dell’Ue a Vienna, Martin Selmayr, per questo poi convocato e redarguito al ministero degli Esteri austriaco.
La grottesca vicenda dell’ex diplomatica si dipana su uno sfondo molto più inquietante, al centro del quale sta la Fpö, il partito estremista che l’aveva nominata ministra e poi emarginata per aver rifiutato di dimettersi quando era esploso il celebre «scandalo Ibiza», che aveva posto fine alla coalizione di centro-destra con Sebastian Kurz.
Tornata in forze, sotto la guida del più estremista dei suoi esponenti, l’ex ministro degli Interni Herbert Kickl, la Fpö è da mesi in testa a tutti i sondaggi, a un anno dalle elezioni dell’ottobre 2024. C’è un problema tuttavia: il partito continua ad avere rapporti solidi, sia pure sottotraccia, con Mosca.
(da il Corriere della Sera)
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Settembre 15th, 2023 Riccardo Fucile LA CORTE PENALE DELL’AJA HA EMESSO SEI MANDATI DI CATTURA CHE TIRANO IN BALLO PERSONE VICINE AI VERTICI DEL GOVERNO “UFFICIALE” DI TRIPOLI E QUELLO DI HAFTAR
L’ultima tegola per il governo di Giorgia Meloni arriva da Frontex. Nelle stesse ore in cui «l’interlocutore privilegiato» Kais Saied, chiude le porte della sua Tunisia ad una delegazione del Parlamento Ue, l’agenzia non solo certifica un aumento del 96 per cento degli arrivi, oggi a quota 114mila, ma avverte: «la pressione migratoria nei prossimi mesi potrebbe non esaurirsi».
Motivo? Una guerra al ribasso «fra gruppi criminali» sulla pelle di chi fugge dalla sponda Sud, con «i trafficanti che offrono prezzi più bassi per i migranti in partenza dalla Libia e dalla Tunisia». Pirati autonomi o corsari autorizzati? È nodo investigativo su cui lavora da tempo il procuratore aggiunto di Agrigento Salvatore Vella, che indaga su naufragi e traversate sulla rotta tunisina.
In Libia invece, per tratta e torture la Corte penale dell’Aja, ha spiccato mesi fa sei mandati di cattura, ancora coperti da segreto, ma che tirerebbero in ballo personaggi vicini ai vertici tanto del governo “ufficiale” di Tripoli, come di quello di Haftar. Nel Mediterraneo, tutti interlocutori per il governo
Intanto si contano i morti, che nel Mediterraneo — afferma Frontex — sono arrivati a quota 2.235, di cui più di 1.800 — dice l’Oim — sono spariti fra le onde lungo la rotta del Mediterraneo centrale. A Lampedusa, che nella sua camera mortuaria ancora ospita l’ultima vittima conosciuta, Traore Mama, una bimba di soli cinque mesi, gli scomparsi fra le onde si piangono con una fiaccolata che attraversa il paese, spegne per un momento la movida e fa abbassare le saracinesche, lista a lutto le bandiere. Centinaia di lampedusani si incolonnano dietro parroco e sindaco, insieme ai due lati della croce.
L’hotspot continua a essere una gabbia satura di gente, manca persino lo spazio per far stare tutti seduti, mentre c’è chi arriva. Ancora. Ottocento nella giornata di ieri, altri 84 salvati da Aurora di Sea Watch. Brandine blu sono state montate in fretta persino davanti alla struttura. A presidiarla, un vistoso cordone di polizia. Ma non c’è niente che possa bloccare chi ha fame.
Centinaia di ragazzi si sono riversati per le vie del paese, si sono accoccolati accanto a forni e supermercati, chiedendo pane, chiedendo aiuto, hanno incollato il naso alle vetrine di bar e rosticcerie ipnotizzati dal cibo che non vedevano da giorni. E i lampedusani hanno aperto braccia e porte. «Vogliamo solo mangiare — implorano — vogliamo solo andare via».
(da La Repubblica)
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Settembre 15th, 2023 Riccardo Fucile “LA DESTRA PRIMA VUOLE BATISTUTA, ORA IL DIRETTORE DEGLI UFFIZI SCHMIDT. MA NON ERANO SOVRANISTI?”
Mancano ancora lunghi mesi alla prossima tornata di elezioni
amministrative, che vedranno andare alle urne, tra gli altri, anche i cittadini di Firenze.
Ma tutti gli schieramenti, complice la prevista uscita di scena di Dario Nardella che si avvia a concludere i suoi due mandati (e pensa al salto al Parlamento europeo), sono già alla ricerca del nome «giusto» capace di sedurre i fiorentini e raccoglierne l’eredità. I partiti lavorano a fari spenti, certo.
Ma come spesso accade i profili su cui stanno lavorando in un modo o in un altro finiscono sui giornali. Col rischio di bruciare nomi promettenti, anche se non sempre realmente spendibili.
Prima era stato il turno dell’ex goleador della Fiorentina Gabriel Batistuta, costretto a smentire pubblicamente di essere interessato alla corsa che, sembra, il centrodestra fosse pronto a proporgli.
Quindi, nei giorni scorsi, il nuovo nome uscito dal cappello del centrodestra, di tutt’altra provenienza: Il direttore degli Uffizi, Eike Schmidt, anche lui, come Nardella, a fine mandato dopo otto anni di onorato servizio.
La notizia è stata rivelata nei giorni scorsi dall’edizione fiorentina di Repubblica, e sin qui non smentita. Lo stesso interessato si è trincerato per ora dietro un infrangibile “no comment”.
Chi commenta eccome invece oggi l’indiscrezione è Matteo Renzi, che nella sua e-news di oggi, venerdì 15 settembre, affonda il colpo per gli apparenti zig-zag del centrodestra toscano: «Per la candidatura a Sindaco di Firenze la destra sta dando spettacolo. Prima propone il mitico centravanti argentino Batistuta. Quando il grande Batigol rifiuta, la destra sonda il direttore degli Uffizi, il tedesco Schmidt», ricapitola l’ex premier ed ex sindaco di Firenze. Per poi assestare il colpo ironico ai presunti orgogliosi difensori della “nazione”: «In 24 ore sono passati dal calciatore allo storico dell’arte: non hanno classe dirigente e soprattutto non hanno chiara quale idea di città proporre. Però guardiamo il positivo: per Firenze pensano a un argentino o un tedesco. Ah, non ci sono più i sovranisti di una volta…».
(da agenzie)
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Settembre 15th, 2023 Riccardo Fucile LA RIVISTA AMERICANA: “POTREBBE TRATTARSI DI UNA SVISTA DOVUTA A TRASCURATEZZA MA ANCHE DI UN ERRORE INTENZIONALE”
Il caso delle presunte immagini duplicate in alcuni articoli scientifici firmati dal ministro della Salute Orazio Schillaci, sollevato da un’inchiesta del Manifesto, arriva anche sulle pagine della rivista americana Science.
Secondo la consulente per l’integrità scientifica del settimanale, Elisabeth Bik (intervistata dal Manifesto), potrebbe trattarsi sia di una svista che di un errore intenzionale. Ad ogni modo, sostiene Bik, il caso metterebbe in dubbio l’accuratezza dei risultati sperimentali
Le anomalie: foto riciclate da altri studi e attribuzioni sbagliate
A sollevare il caso è stato un articolo di ieri sul Manifesto in cui vengono analizzate le immagini usate in alcuni studi scientifici pubblicati tra il 2018 e il 2022 che vedono tra gli autori Schillaci, nel periodo in cui l’attuale ministro è stato preside della facoltà di Medicina di Tor Vergata e poi rettore dell’università.
Analizzate con un software per rilevare eventuali duplicazioni, le immagini hanno mostrato evidenti anomalie, come attribuzioni erronee e duplicazioni da studi precedenti: “Potrebbe essere trascuratezza nel tenere traccia delle immagini, o intenzionalità, perché le immagini si adattano sempre alla narrazione [dell’articolo]”, ha commentato Bik. “In ogni caso – ha aggiunto – questo mette in dubbio l’accuratezza di altri risultati sperimentali di questo laboratorio”.
Autore di circa 400 articoli scientifici, Schillaci – ricorda Science – ha continuato a pubblicare anche dopo la nomina a ministro della Salute nel 2022. Secondo Mike Rossner, presidente della società di consulenza Image Data Integrity, le duplicazioni potrebbero anche essere state involontarie: “È possibile – aggiunge su Science – che l’autore abbia semplicemente preso il file sbagliato”. Ma anche se si tratta di errori semplici, spiega Byrne, “quando un gruppo sembra commettere tali errori ripetutamente, ciò potrebbe indicare che i loro processi di gestione dei dati potrebbero essere difettosi”.
Il ministro: “Non ho manipolato nulla, sono tranquillo”
Schillaci, sullo stesso articolo del Manifesto, aveva replicato: “Apprendo da voi la notizia, non ne avevo conoscenza. Non sono esperto di microscopia elettronica, mi sono fidato di chi ha fornito quelle immagini. Verificheremo se effettivamente ci sono degli errori”.
(da agenzie)
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Settembre 15th, 2023 Riccardo Fucile “IN QUESTO MODO POTEVANO PRESTARE SOCCORSO PRIMA CHE ARRIVASSERO A LAMPEDUSA E PORTARLI IN ALTRI CENTRI”
“La situazione è drammatica. Le persone arrivano soprattutto al molo
Favarolo, intercettate dalla Guardia costiera o direttamente con i barchini e vengono lasciate lì, a migliaia, per ore e ore, senza ombra e senza acqua, se non le bottigliette che vengono lanciate dalla Croce Rossa. Dentro al centro sono arrivati a essere 6 mila, anche se è difficile avere numeri certi”.
È il racconto dell’ex sindaca di Lampedusa, Giuseppina Nicolini, affidato a Fanpage.it. “Ci sono moltissime persone ammassate al porto e ovviamente ogni volta che si distribuisce acqua e cibo, in quelle condizioni, si sfocia nella tragedia – ci racconta – Perché poi ci sono le azioni di contenimento della polizia, ho visto anche usare manganelli”.
E queste, sottolinea l’ex sindaca, “danno un’impronta militare e securitaria all’accoglienza, che invece dovrebbe essere umanitaria”. Secondo Nicolini, ci sarebbe una strategia precisa di una parte politica per dipingere l’immigrazione come un fenomeno pericoloso: “È tutto voluto. Quello che sta succedendo in questi giorni non era inevitabile. Non parlo degli arrivi, perché quelli non li può fermare nessuno, nemmeno Giorgia Meloni. Però è possibile gestirli con misure intelligenti – come canali legali che diano accesso per lavorare – che rendano gli sbarchi un fenomeno fisiologico, ma contenuto e non di queste dimensioni drammatiche, con un altissimo costo di vite umane e con un grande stress delle popolazioni che si devono occupare della prima accoglienza”
Quello che sta accadendo a Lampedusa non era inevitabile
Se non è possibile fermare le partenze e gli spostamenti umani, però, si può evitare di arrivare alla situazione in cui si trova in queste ore l’isola di Lampedusa. “Che il trend degli sbarchi fosse in crescita esponenziale, lo sapevamo. Come sapevamo della situazione disperata Tunisia – con il fallimento del viaggio di Meloni, che ha fatto perdere la faccia pure alla presidente Ursula von der Leyen – del terremoto in Marocco e dell’ecatombe della Libia: tutto questo avrebbe dovuto mettere fortemente in guardia il governo”, afferma Nicolini. In altre parole, che la destabilizzazione di buona parte del Nord Africa – così come la rinnovata esplosione di conflitti nella regione subsahariana – portasse a un aumento delle partenze, era cosa nota. Ma nulla è stato fatto: “Di fronte a situazioni di questo tipo il governo avrebbe dovuto agire in prevenzione, mandando le navi della Marina militare molto più a Sud di Lampedusa, a fare monitoraggio e soccorso. Navi che poi avrebbero potuto fare anche la traversata fino ad altre destinazioni, bypassando Lampedusa”.
Secondo l’ex sindaca ci sono due cose da tenere a mente: “La priorità è soccorrere, perché i numeri dei morti in mare sono insostenibili. E poi bisognerebbe avere chiaro una volta per tutte che Lampedusa è estesa appena 22 chilometri quadrati, è abitata da 6 mila persone, e ha risorse limitate. Si deve capire che non si possono lasciare arrivare oltre 7 mila persone in un’isola come questa, perché non ci sono gli spazi, gli operatori e i servizi per poter gestire la situazione”
Perché le navi della Marina non sono andate al largo?
In queste condizioni, sottolinea ancora Nicolini, anche solo distribuire l’acqua diventa complicatissimo: “Sono persone che arrivano dalla Tunisia. Le persone con cui ho parlato hanno una sete storica, che non so quando passerà. Vengono da condizioni che non sono tanto diverse da quelle che conoscevamo in Libia. Si sono imbarcate con una sola bottiglia d’acqua, che doveva durare chissà quanto. Erano già assetate quando sono partite”.
Insomma, sapendo che queste persone sarebbero arrivate, il governo non avrebbe dovuto lasciare le navi della Marina di fronte a Lampedusa. Ma avrebbero dovuto prendere il largo, per poi portare direttamente i naufraghi in porti sicuri in grado di accoglierli. “Deve finire questa storia, che si usa Lampedusa come teatro dell’emergenza. Se 5 mila persone fossero approdate, anche nella stessa giornata, sulle coste della penisola, non ci sarebbe stato questo impatto. Non si sarebbero create queste scene che abbiamo mostrato al mondo intero”, ribadisce l’ex sindaca. “Ma con questa situazione che si è creata a Lampedusa, c’è chi ora dice: ‘Guardate questi migranti, che sono violenti e pretendono di avere cibo e acqua’. È ignobile e disgustoso che accada questo”, aggiunge
Non vengono più registrati i dati sugli sbarchi
Già giorni fa sono state superate le 4 mila presenze nell’hotspot di Lampedusa. Ma nelle ultime drammatiche ore, spiega Nicolini, iniziano anche a mancare numeri e dati: “Stamattina ho visto un comunicato che diceva che nella notte non ci fossero stati sbarchi, ma non è così. Lo so perché sono stata chiamata da una persona che aveva visto un gruppo risalire la spiaggia a Cala Galera. Quindi questo sbarco autonomo c’è stato. Anche nella mattinata ce ne sono stati altri, ma non abbiamo più i numeri e i dati. Ci sono solo le scansioni molto dettagliate sui trasferimenti, che dovrebbero riguardare oltre duemila persone”, ha spiegato. Aggiungendo che sono i primi veri e propri trasferimenti di massa dall’isola: “Ai telegiornali dicevano che i trasferimenti continuavano senza sosta, ma quelli con i traghetti di linea, che al massimo imbarcano poche centinaia di persone, in che modo possono decongestionare la situazione? Non possono decongestionare nemmeno il molo”.
Una situazione che non si vedeva da 20 anni
Una situazione di questo tipo, continua l’ex sindaca, non si vedeva da moltissimi anni: “Come donna di quest’isola sono fiera di dire che a Lampedusa l’accoglienza era diventata di tipo umanitario. Ci sono stati anni vergognosi, c’è stata la pagina tremenda del 2011. Il ministro dell’Interno era un altro leghista, Roberto Maroni, che trattenne tutti i tunisini che sbarcavano – in fuga dalla Primavera Araba – perché diceva che dovevano essere rimpatriati direttamente da Lampedusa. Ovviamente non fu possibile e nell’isola passammo due mesi in condizioni vergognose, simili a quelle che stiamo rivedendo ora”.
Era quindi da oltre vent’anni che non accadeva qualcosa del genere. “Dopo il 2011, dopo quella pagina vergognosa, l’accoglienza è stata connotata da un’impronta umanitaria, prevalente sugli aspetti securitari, che pur continuano a caratterizzare la nostra normativa”, spiega Nicolini.
“Basta puntare il dito contro l’Europa”
Per l’ex sindaca criticare l’Europa così come si sta facendo, tanto da destra quanto da sinistra, non ha alcun senso: “Tutti parlano dell’isola al collasso, invece che parlare del fallimento dell’accordo con la Tunisia e delle politiche del governo di Meloni, e accusano l’Europa. Ma deve venire von der Leyen a distribuire l’acqua agli assetati? A curare le ferite di queste persone devono venire i chirurghi da Amsterdam o da Berlino? Stiamo parlando del modo in cui questo Paese accoglie le persone sofferente, i sopravvissuti. Perché chi riesce ad arrivare vivo è un sopravvissuto”.
Una cosa è la gestione dei flussi migratori, un’altra è la prima accoglienza che un Paese riserva ad altri esseri umani. Che ovviamente riguarda i Paesi di frontiera: “Meloni si faccia dare i soldi per la prima accoglienza, invece di farli dare a Saied”, afferma Nicolini.
Il silenzio su quanto stava accadendo nell’isola
Per poi denunciare come partiti che in passato facevano dell’immigrazione un punto centrale della loro strategia politica, in questi giorni siano rimasti in silenzio. Almeno fino a quando il procuratore capo di Agrigento, Giovanni Di Leo, ha diffuso un comunicato stampa in cui diceva che a Lampedusa la situazione fosse drammatica e chiedeva l’aiuto da parte di tutti: “Quel procuratore ha visto il silenzio istituzionale, ha capito che nessuno istituzione avesse intenzione di comunicare alla popolazione cosa stesse succedendo e questo è un fatto gravissimo. In quel comunicato il procuratore ha detto finalmente la verità, che fossero arrivati oltre 100 barchini. Fino a quel momento non lo aveva detto nessuno”.
Nicolini conclude definendo “vergognose” le parole di Matteo Salvini, secondo cui dietro quanto sta accadendo a Lampedusa ci sarebbe un complotto: “Ogni volta che il centrodestra va al governo in Italia in Africa c’è una rivoluzione in agguato? Sono parole pericolose. E anche irrispettose della Guardia Costiera. Perché in questi giorni, grazie alla guerra ossessiva contro le Ong che porta avanti il governo, a portare sulla terraferma le persone erano la Guardia costiera, di Finanza e i Carabinieri. Quindi le sue sono parole che infangano anche i corpi dello Stato”.
E infine: “Dalle opposizioni dovrebbero levarsi gli scudi, ma è difficile far capire come stanno davvero le cose qui. Fu lo stesso nel 2011, quando tutti parlavano di invasione, sia dalla maggioranza che dall’opposizione. Anche stamattina abbiamo fatto fatica a spiegare perché nel centro ci fossero le rivolte: c’erano perché le persone hanno fame e hanno sete, ma non ricevono assistenza. Non è accoglienza questa, è normale che poi le persone si ribellino”.
(da Fanpage)
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