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LA TUNISIA CI STA RIEMPIENDO DI MIGRANTI PERCHE’ VUOLE I SOLDI PROMESSI DALL’ITALIA E DALL’EUROPA MA IL DENARO NON VERRA’ EROGATO PRIMA DELL’APPROVAZIONE DI PROGETTI SPECIFICI

Settembre 15th, 2023 Riccardo Fucile

LA GUARDIA COSTIERA TUNISINA HA ALLENTATO I CONTROLLI E NON VIGILA PIU’ SULLE PARTENZE: IL MEMORANDUM SUI MIGRANTI FIRMATO DALL’UE CON SAIED E’ ANDATO A RAMENGO

C’era una volta la Tunisia, «un partner strategico che nell’Ue stimiamo molto». Tanto che all’inizio dell’estate la presidente della Commissione europea e due capi di governo (Mark Rutte e Giorgia Meloni) si erano recati in visita nel Paese per ben due volte nel giro di cinque settimane, portando in dote 255 milioni di euro. Ora le cose sembrano essere cambiate di colpo. Le partenze dalle coste non si fermano e Tunisi ha scritto all’Ue per annunciare il divieto d’ingresso nel Paese a una delegazione di eurodeputati.
Un gesto senza precedenti, dietro il quale ci sarebbe una ripicca per le critiche sul mancato rispetto dei diritti umani, ma anche la richiesta di accelerare l’esborso dei fondi promessi. In particolare dei 150 milioni per l’assistenza al bilancio dello Stato. Giorgia Meloni ha parlato esplicitamente di «ricatto» con i suoi fedelissimi. Per il governo il problema è enorme, anche perché la premier aveva fatto grande affidamento su quell’accordo che ora il Parlamento Ue chiede di rimettere in discussione.
Il concetto di «ricatto» è stato condiviso anche durante una telefonata con Ursula von der Leyen, arrivata dopo un’escalation di tensioni tra il governo e Bruxelles, soprattutto sul fronte economico. Ora però c’è un’emergenza che le supera tutte. E sull’immigrazione Meloni ha bisogno dell’Europa. L’onda dei migranti ha travolto anni di promesse della destra La realtà dei flussi è molto più complicata delle risposte offerte. Meloni chiede a von der Leyen «i soldi promessi dalla Ue alla Tunisia».
Lo fa con lei direttamente, e poi lanciando un appello congiunto mentre è a Budapest. Ritrova l’amico di sovranismo Viktor Orbán l’alleato di tante battaglie contro i migranti, contro le aperture della Ue, contro il principio della solidarietà e della ridistribuzione, una soluzione che alla fine Meloni, di fronte all’arrivo ininterrotto dei profughi, ha dovuto digerire, firmando il Patto per le migrazioni (cosa che Polonia e Ungheria non hanno fatto). Con Orbán ribadisce «la necessità di concentrarsi sulla dimensione esterna e prevenire le partenze».
Servono i soldi, subito. Il presidente Kais Saied si sta incattivendo. Il sospetto del governo è che i controlli di Tunisi si siano interrotti e la guardia costiera non stia più vigilando sulle partenze finché non arriveranno i finanziamenti annunciati. Per questo l’Italia preme.
Sui fondi a Tunisi, dalla Commissione spiegano che «l’implementazione del Memorandum è in corso» e che si stanno svolgendo «regolarmente» degli incontri a livello tecnico. Vanno distinti due piani diversi. Da un lato ci sono i 105 milioni per l’immigrazione che servono per il controllo delle frontiere, la lotta ai trafficanti e per i rimpatri dal Paese nordafricano.
I soldi sono subordinati all’approvazione di progetti specifici che «stiamo definendo in stretto contatto con le autorità tunisine». Poi ci sono 150 milioni «per accompagnare le riforme che contribuiranno alla stabilità macroeconomica della Tunisia». Il via libera definitivo a questi fondi, sui quali Saied avrà maggiori margini di spesa, dovrebbe arrivare soltanto «entro la fine dell’anno» perché ci sono procedure da seguire. Ma per Tunisi, in grave crisi economica, è troppo tardi.
(da La Stampa)

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ELIMINATO PRIGOZHIN, PUTIN PROVA A PAPPARSI QUEL CHE RESTA DELLA BRIGATA WAGNER

Settembre 15th, 2023 Riccardo Fucile

IL PRESIDENTE RUSSO VUOLE IL CONTROLLO DELL’ESERCITO DI MERCENARI CHE IN AFRICA HA BASI, ARMI E CONTRATTI CON I REGIMI GOLPISTI DI MALI E BURKINA FASO

Putin muove le sue pedine dei servizi segreti per appropriarsi delle spoglie di Wagner dopo la morte misteriosa di Prigozhin in aereo. E non solo della holding economica, con tutta la sua galassia di aziende in settori disparati (catering, costruzioni, finanze, miniere, sicurezza), ma anche dell’esercito di mercenari che soltanto in Africa conta migliaia di contractor e ha solidi contratti con i regimi golpisti di Mali e Burkina Faso, oltre a basi e armi in Libia e, soprattutto, nella Repubblica centrafricana.
Il generale Surovikin, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica e delle operazioni in Ucraina, dato per silurato e destituito perché vicino allo scomparso boss di Wagner, è riapparso in una foto in abiti borghesi in Algeria.
Canali Telegram russi azzardano che potrebbe essere lui l’asso nella manica di Putin al fine di conquistare la fiducia del clan Wagner, orfano di Prigozhin come dello storico fondatore, Utkin. Surovikin potrebbe aver stretto un accordo con lo Zar per succedere a Prigozhin, col gradimento sia del Cremlino che della base di paramilitari Wagner.
Ma Surovikin non basta a blindare il controllo putiniano sulla galassia Wagner. A San Pietroburgo, infatti, è stato aperto il testamento del gran capo, e a sorpresa i beni sono andati al figlio Pavel, mentre le figlie avrebbero ricevuto soltanto immobili e oggetti.
Sullo sfondo, proseguono le indagini sulla catastrofe dell’aereo che portava Prigozhin e i suoi numero 2 e 3, Utkin e Chekalov, da Mosca a San Pietroburgo. Il braccio di ferro, qui, sembra essere addirittura tra le famiglie e Wagner da un lato (la compagnia aerea ha già risarcito i familiari, a riprova che crede nella correttezza dei piloti e nell’integrità dell’Embraer, uno degli aerei più sicuri al mondo), dall’altro i servizi segreti, l’Fsb, che di fatto ha preso in mano l’inchiesta e espropriato completamente gli organismi della sicurezza aerea, nazionali e internazionali, e starebbe lavorando proprio a inventare l’ipotesi del guasto o di un errore umano.
Ovvio, per allontanare i sospetti del coinvolgimento dei servizi stessi nell’abbattimento dell’aereo tramite una bomba a bordo (i primi giorni era anche emerso dove: nella cambusa).
(da agenzie)

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ELEZIONI A MONZA, CONTE ANNUNCIA IL SOSTEGNO A MARCO CAPPATO

Settembre 15th, 2023 Riccardo Fucile

LA DECISIONE DEL M5S RICOMPATTA IL CENTROSINISTRA… I DIRIGENTI LOCALI DEL PD CRITICI VERSO LA SCELTA DI ELLY DI APPOGGIARE CAPPATO (TANTO PER NON PERDERE IL VIZIO DI PENSARE SOLO A SE STESSI)

Il centrosinistra si ricompatta nel sostegno a Marco Cappato alle suppletive del prossimo ottobre a Monza, dove si dovrà votare il sostituto di Silvio Berlusconi al Senato.
A sorpresa Giuseppe Conte annuncia la convergenza sull’esponente radicale. “Cappato sarà il candidato dei 5 Stelle”, ha detto il leader pentastellato dopo la nota della mattina in cui si lasciava agli elettori M5S libertà di scelta. La decisione arriva dopo quella di Elly Schlein di dare anche l’appoggio del Pd.
I malumori del Pd
Il Pd di Monza parla di “amarezza”, “perplessità” ed “errore politico” per la scelta del Pd nazionale di appoggiare Marco Cappato Lo fa in un documento postato sulla pagina Facebook del Partito democratico brianzolo, con il calce la firma del segretario provinciale Pietro Virtuani, del sindaco Paolo Pilotto, del capogruppo in provincia Vincenzo di Paolo del consigliere regionale (ed ex sindaco) Gigi Ponti a cui si stanno aggiungendo altri nomi. Una lettera a cui risponde la segretaria Elly Schlein a Otto e mezzo, su La7: “Abbiamo fatto una scelta, in un collegio uninominale che privilegia le coalizioni, di non frammentare”.
“I territori – spiegano i firmatari – devono potere esprimere e scegliere i candidati, a maggior ragione nel caso di un collegio uninominale”. “Senza voler nulla togliere alla figura di Cappato e alle sue battaglie per i diritti, non possiamo nascondere la nostra amarezza e la nostra perplessità per questa decisione. In queste settimane – aggiungono – avevamo avanzato una proposta diversa: una candidatura che rappresentasse le esperienze delle amministrazioni locali del nostro collegio”
(da agenzie)

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MIGRANTI, OSTAGGI DEI TIRANNI

Settembre 15th, 2023 Riccardo Fucile

ERANO UNA RICCHEZZA, OGGI SONO PRIGIONIERI DI “DUCETTI” CON CUI FACCIAMO ACCORDI PER VILTA’ E PAURA

La paura è il primo sentimento evocato nella Divina commedia, dopo appena sei versi. E «ogni viltà convien che qui sia morta» è il primo suggerimento che dà Virgilio a Dante nel superare la porta dell’inferno, la condizione per procedere oltre. La paura prende diverse facce, viltà, pietà, vergogna.
Noi italiani, europei, occidentali nella Apocalisse della Migrazione che dura da dodici anni non abbiamo ascoltato il consiglio di Dante, non aver paura, non essere vili. Invece paura e viltà hanno guidato ogni nostro decreto atto parola, sia di chi invocava esorcismi di una misericordia molto ipocrita perché condita di «ma…», e di coloro che astutamente urlavano, con eccitazione ed esclusivismo populista e xenofobo, alla catastrofe permanente e se ne facevano gradassi nel proporre soluzioni impotenti.
I migranti ci fanno paura. Sempre. Noi siamo cosmopoliti ma del benessere. Nel 2011 quando i barconi sbarcavano tunisini e nel 2013 quando a questa umanità formicolante si sono aggiunti i siriani; e poi un anno dopo l’altro quando hanno cominciato a scalare continenti e mari africani di tutte le latitudini e gli afghani. Fino ad oggi, nel 2023, quando i barchini hanno preso il posto dei barconi e hanno occupato il mare, innumerevoli, fragili scialuppe di popoli in fuga. La retorica di queste eterne circostanze, dodici anni per una sofferenza imposta e accettata è una eternità, è ormai una impertinenza.
Non facciamo più la vecchia domanda; da dove vieni? non c’è più tempo sui moli, e poi bisognerebbe ripassare una geografia composta di innumerevoli nomi di cui siamo ignoranti. Migranti semplici e astrusi come la natura, che hanno lasciato città morte, abbandonate come abiti usati, o come gusci d’ostrica a deperire nei loro deserti di fame di guerra di dittatura e fanatismo. La cruda realtà, non l’intelligenza o la ragione, ci ha costretti alla fine a dismettere il nostro vecchio gioco delle nazionalità come identità e appartenenza che serve a dividere a scegliere a privilegiare; e ammettiamo che sono un popolo nuovo del mondo. Superficiali e boriosi (la boria è un difetto europeo) abbiamo cercato vilmente di aggirare il faccia a faccia con il diverso da sé.
Ho passato giorni e giorni con i migranti, ho camminato e sono affondato al loro fianco, ho sentito il loro esclusivismo, la loro alterità, la loro solitudine. Forse per questo non ne ho paura. Sono il prodotto della Storia e della miseria. Possono ad ogni momento dire: è tutto finito, sono pronto. Noi abbiamo sempre bisogno di un rinvio, chiediamo tempo. La loro vita è divisa tra la nuova e la vecchia patria, le loro idee del mondo sono frammentarie, divise tra quello che è proprio e quello che è altrui.
La Migrazione era una fortuna che ci offriva la Storia. La sua volontà di catturarci, il metterci alla prova che esercitava in ognuno delle sue mille sfaccettature (perché la migrazione è cambiata in questi anni mille volte, solo noi siamo rimasti ottusamente eguali) perfino il suo carattere invasore ci chiedevano una risposta immediata, un soprassalto di volontà critica. Ci spingeva a non accettarci ingenuamente con le nostre bugie ma ci obbligava con la sua violenza a fronteggiarla. Era in questo senso una occasione rivoluzionaria.
Noi xenofobi per ignoranza e per utile, oppure pietosi ma con la regola di evitare gli scomodi e gli azzardi della pietà che altrimenti è mezzuccio e affare, ci siamo impegnati a aggirare quello che era diventato il punto morto del nostro mondo, l’anello che non teneva, il filo da sciogliere per essere davvero Diritto realizzato e vivente.
Sfogliamo le strategia per affrontare la Migrazione. Non era per viltà che illuminati ma realisti bizantineggiavano sulla distinzione tra migrante utile e migrante superfluo? il primo da accogliere, meglio da assumere, perché serve; il secondo da respingere o spazzare nel buio della clandestinità perché non ci aiuta a restare ricchi, oziosi e gaudenti. Mentre altri, i furbi che avevano capito tutto si arricchivano. Chi con i voti passando, con libelli arroganti, dall’irrilevanza al governo, chi con i soldi; perché il migrante rende. E non solo al trafficante di uomini, allo scafista che è solo anello della lunga catena di business e di violenza, stramaledetto, certo, perseguito a parole ma poi di fatto impalpabile, poliziescamente individuato nella manovalanza criminale.
È stata viltà e paura a muoverci in delegazioni di eccellenze continentali per andare a mendicare dall’altra sponda l’aiuto interessato e lucroso di canaglie e criminali, preventivamente assolte perché non si fanno accordi con chi non senti eguale.
E anche qui i progressisti che rubano la parte agli altri, anticipano disinvoltamente i tempi, le napoleoniche missioni libiche, l’idea di affidare il migrante a carcerieri senza pietà, annullarlo nel suo mondo che sarebbe feroce per natura. E intanto continuare a proclamare la necessità e la virtù dell’accoglienza!
E poi quando le maglie di quella rete si sono allentate, gli altri, i pugnodiferro, i mascelluti dei blocchi navali, dei porti sbarrati, dei decretissimi Cutro, anche loro, giù a rincorrere loschi individui, sempre di più, sempre più a Sud del mondo: raiss egiziani dai molti delitti, presidenti nigerini amici di Macron ma che fanno palanche con i migranti, e il ciglioso ducetto tunisino che non si contenta di soldi, pretende anche salamelecchi e riguardo. E adesso il Sudan, il Gabon, il Marocco, e chissà quanti altri dopo ogni nuova guerra, golpe, catastrofe naturale, ruzzolando su una china che non ha fine. Imiteremo l’Inghilterra che paga a buon prezzo il Rwanda perché faccia il samaritano al suo posto, spedendo aerei carichi di respinti. E forse è la faccia di un colonialismo al contrario; esseri umani in cambio di rame e coltan.
Si tira avanti all’infinito con una fanghiglia di decreti circolari fogli d’ordine piani patti che impasta e offusca i cervelli. La destra la definisce «emergenza» per giustificare il pugno di ferro il si salvi chi può e chiamare a colpevole l’Europa antipatica. La sinistra replica con il «fenomeno strutturale». Che ha una vernice sociologica ma che è qualcosa che assomiglia alla grandine per i contadini: ciclico inevitabile maledizione eterna. Migreranno sempre, non si fermeranno mai, un mondo si svuota un altro il nostro che è bellissimo si riempie…
Trovo questo non solo errato storicamente, è una condanna per milioni di uomini. Fuggire non è una forma culturale di essere, è la conseguenza dello sfruttamento e della violenza. Che bisogna aiutare quegli uomini a rovesciare, con la forza se necessario. Allora non partiranno più.
Domenico Quirico
(da La Stampa)

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DIO NON E’ MEMBRO DEL GOVERNO MELONI E L’ITALIA NON HA BISOGNO DI IMPROBABILI GUARDIANI DELLA FEDE (CHE NON PRATICANO)

Settembre 15th, 2023 Riccardo Fucile

DIO SI DIFENDE DA SOLO, NON HA BISOGNO DI FINTI CRISTIANI

Mi domando perché mai, e da chi, Dio debba essere “difeso”, come dicono Meloni e Orbán nelle loro adunate cameratesche. Se si tratta del Padre Eterno della vulgata monoteista, maschio e onnipotente, il Dio delle Nazioni e della guerra, il Gott mit uns di tutte le epoche, il Dio barbuto e vendicativo del patriarca Cirillo, degli imam fanatici, dei suprematisti cristiani, il Dio che “la spada, non il Libro ha nella mano” (Guccini), allora siamo noi che dobbiamo proteggerci e metterci in salvo: ancora poche migliaia di anni e magari ce la faremo.
Se invece si tratta del Motore sconosciuto che tutto muove, e tutto ha creato, non ha alcuna necessità di essere difeso da alcuno. È blasfemo considerarlo “in pericolo”. Si difende magnificamente da solo, e rimarrà a dispensare la luce e la vita quando Nazioni, Patrie, Destre (e anche Sinistre) saranno considerate solo una goffa parentesi della storia umana. Siamo un peto in mezzo alle galassie, chi ci crediamo di essere, per proclamarci Guardiani della Fede?
Questo uso politico della religione non ha nulla di religioso e men che meno di spirituale. È grevemente mondano. Anche quando sia attuato in buona fede (dunque per zelo fanatico e non per cinico calcolo) è pericoloso e detestabile. È la reiterazione di un tribalismo religioso (il mio Dio è quello vero, il tuo è quello falso) che ha portato distruzione, persecuzione, terrore, guerra e morte. Quelli che hanno il copyright di Dio fanno spavento: da loro sì è necessario difenderci.
Dio, a meno di imprevedibili rimpasti, non è un membro del governo Meloni.
(da La Repubblica)

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UN GOVERNO CHE FA RIDERE I CLAN: SAPETE COM’E’ FINITO IL SECONDO BLITZ DI IERI A CAIVANO CON 400 AGENTI SCHIERATI?

Settembre 15th, 2023 Riccardo Fucile

SOLO 49 MULTE STRADALI E UN TITOLARE DI UN BAR SANZIONATO PERCHE’ NON AVEVA ESPOSTO I PREZZI… BASTAVANO DUE VIGILI URBANI

Dopo aver preso in giro gli italiani promettendo castronerie tipo il blocco navale per i migranti, chi sta al governo ci ha preso gusto e ora continua a fare lo stesso con i delinquenti.
Da qualche giorno, in seguito alla passerella della premier a Caivano, le forze dell’ordine sono impegnate in rumorosi blitz nelle periferie ad alto tasso criminale di diverse città.
Il cliché è questo: all’alba si concentrano centinaia di poliziotti e carabinieri sotto i casermoni, ben esposti a favore delle telecamere, e poi si va a bussare nelle case, dove nel frattempo è sparito tutto.
Basti leggere quanto ha comunicato ieri il Viminale al termine di una nuova operazione di questo genere sempre a Caivano. In quella che è considerata la più grande piazza di spaccio d’Europa, tanto spiegamento di mezzi ha fruttato 79 persone identificate, 149 veicoli controllati, 49 multe stradali e il titolare di un bar sanzionato perché non esponeva la tabella dei prezzi.
Numeri che sono la prova di una strategia sballata, ideata per farci credere che si fa qualcosa e non per colpire sul serio i delinquenti. Invece di girare di tanto in tanto questi film, sarebbe più utile mantenere giorno per giorno una presenza visibile dello Stato e intensificare la lotta ai clan con le tradizionali attività investigative, che funzionano quando si fanno senza i riflettori.
Metodi che le questure conoscono benissimo, ma a cui evidentemente sono costrette a rinunciare per consentire ai papaveri della politica di farsi belli in tv. Mentre i boss a cui darebbero la caccia si sganasciano dalle risate.
(da La Notizia)

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“NON CEDERE ALLA TENTAZIONE DI CAVALCARE LE PAURE”. “LA COSTITUZIONE CONTRARIA AL CAPITALISMO DI RAPINA”

Settembre 15th, 2023 Riccardo Fucile

DALL’IMMIGRAZIONE ALLE MULTINAZIONALI: ECCO A CHI E’ RIVOLTO IL MESSAGGIO DI MATTARELLA

«La sola cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura stessa», ci rincuora Sergio Mattarella citando un grande presidente degli Stati Uniti, Franklin Delano Roosevelt. E sempre a proposito di angosce collettive cui non bisognerebbe piegarsi, sottoscrive in pieno quanto affermava un suo antico predecessore, Luigi Einaudi: guai a esasperare gli stati d’animo del momento.
In particolare, ci sono due comportamenti che andrebbero assolutamente evitati. Il primo consiste nella denuncia ossessiva di certi problemi, come se questi «possano risolversi da sé». L’altro errore da non commettere sta nella «tentazione cinica» di cavalcare le ansie della gente artificiosamente provocate.
Il presidente evita di pronunciare la parola «immigrazione», ma nella platea di Confindustria alla quale si è rivolto nessuno ha avuto dubbi al riguardo; è sotto gli occhi di tutti la tentazione di trasformare questo dramma epocale in terreno di scontro politico, magari in vista delle prossime elezioni europee, trasformandolo in cavallo di battaglia propagandistico anziché cercare soluzioni serie e durevoli, come ci si aspetterebbe.
Mattarella, come d’abitudine, è rimasto ben dentro i confini del proprio ruolo. Si è tenuto aderente al dettato della Costituzione della quale ha citato ben sei articoli a proposito delle attività d’impresa, sulla sua rilevanza, sui suoi doveri sociali.
Ma non poteva mancare qualche invito alla riflessione che riguarda direttamente la politica, rappresentata in sala al massimo livello con la premier Giorgia Meloni. Ad esempio il presidente ha segnalato lo stretto legame che corre tra la democrazia ed l’economia di mercato.
Le concentrazioni di potere economico delle multinazionali arroganti fanno male alle istituzioni democratiche; ma nello stesso tempo andrebbero evitate le tentazioni del «dirigismo» e del «protezionismo» in quanto atteggiamenti tipici delle dittature.
E pure in questo caso, gli esempi sotto gli occhi non mancano, c’è solo l’imbarazzo della scelta.
“La democrazia si incarna nei mille luoghi di lavoro e studio. Nel lavoro e nella riflessione dei corpi sociali intermedi della Repubblica. Nel riconoscimento dei diritti sociali. Nella libertà d’intraprendere dei cittadini. Prima di ogni altro fattore, a muovere il progresso è, infatti, il ‘capitale sociale’ di cui un Paese dispone. Un capitale che non possiamo impoverire. È una responsabilità che interpella anche il mondo delle imprese: troppi giovani cercano lavoro all’estero, per la povertà delle offerte retributive disponibili”.
“Con eguale determinazione vanno rifiutate spinte di ingiustificate egemonie delle istituzioni nella gestione delle regole o, all’opposto, di pseudo-assolutismo imprenditoriale, magari veicolato dai nuovi giganti degli ‘Over the top’ che si pretendono, spesso, ‘legibus soluti’. Democrazia e mercato – scrive, nel suo ultimo libro, Martin Wolf – hanno in comune l’idea di uguaglianza e concorrono entrambi alla sua attuazione”
“Vanno rifiutate spinte di ingiustificate egemonie delle istituzioni nella gestione delle regole o, all’opposto, di pseudo-assolutismo imprenditoriale, magari veicolato dai nuovi giganti degli “Over the top” che si pretendono, spesso, “legibus soluti”.
“Le aziende sono al centro di un sistema di valori, non solo economici. Siete voi, a ricordare, anche a me, che l’impresa ha responsabilità che superano i confini delle sue donne e dei suoi uomini e, aggiungo, dei suoi mercati”. “Le imprese sono veicoli di crescita, innovazione, formazione, cultura, integrazione, moltiplicazione di influenza, fattore di soft-power. E sono, anche, agenti di libertà. Generare ricchezza è una rilevante funzione sociale. È una delle prime responsabilità sociali dell’impresa. Naturalmente, non a detrimento di altre ricchezze, individuali o collettive”. “Non è il capitalismo di rapina quello a cui guarda la Costituzione nel momento in cui definisce le regole del gioco. Il principio non è quella della concentrazione delle ricchezze ma della loro diffusione. Il modello lo conosciamo: è quello che ha fatto crescere l’Italia e l’Europa”
(da agenzie)

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LA 72ESIMA BRIGATA MECCANIZZATA DELLA FEDERAZIONE RUSSA È STATA COMPLETAMENTE SCONFITTA IN DUE GIORNI

Settembre 15th, 2023 Riccardo Fucile

“SONO STATI ELIMINATI IL CAPO DELL’INTELLIGENCE DELLA BRIGATA NEMICA, TRE COMBATTENTI E QUASI TUTTA LA FANTERIA DELLA 72MA BRIGATA, INSIEME AGLI UFFICIALI E A UNA QUANTITÀ SIGNIFICATIVA DI EQUIPAGGIAMENTO”… L’INTELLIGENCE BRITANNICA: “IN CRIMEA DANNI CATASTROFICI PER LA FLOTTA RUSSA”

La 72ma Brigata meccanizzata della Federazione russa è stata completamente sconfitta in due giorni: lo ha dichiarato la terza Brigata d’assalto separata dell’esercito di Kiev citata da Rbc-Ucraina. “Sono stati eliminati il capo dell’intelligence della brigata nemica, tre combattenti e quasi tutta la fanteria della 72ma Brigata, insieme agli ufficiali e a una quantità significativa di equipaggiamento”.
“A seguito di un’operazione lampo delle unità ucraine, la guarnigione russa ad Andriivka è stata circondata, tagliata fuori dalle forze principali e distrutta”, ha affermato la terza Brigata d’assalto separata dell’esercito di Kiev. Secondo l’esercito ucraino, i combattimenti stanno continuando, e alcune posizioni si stanno consolidando.
“La cattura e il mantenimento dell’insediamento di Andriivka è la nostra via per uno sfondamento sul fianco destro di Bakhmut e la chiave per il successo dell’intera ulteriore offensiva”, scrive su Telegram la terza Brigata. Ieri il comando ucraino aveva riferito dell’avanzata dei difensori ucraini a sud di Bakhmut, mentre la vice ministra della Difesa Hanna Malyar aveva annunciato la liberazione di Andriivka, ma l’informazione è stata successivamente definita “prematura”. Questa mattina invece lo Stato maggiore ucraino ha confermato che Andriivka è stata riconquistata.
“Nonostante il ministero della Difesa russo abbia minimizzato i danni, le immagini satellitari indicano che la nave Minsk è stata quasi certamente distrutta e il sottomarino Rostov” ha probabilmente subito danni catastrofici”, scrive nel suo report su X l’intelligence della Difesa britannica confermando le affermazioni ucraine sui danni significativi alla flotta russa a Sebastopoli, due giorni fa. Londra aggiunge che i danni stanno anche nelle implicazioni per il cantiere navale: “Rimuovere i rottami dai bacini di carenaggio li metterà fuori uso per molti mesi. E’ una sfida significativa per sostenere la manutenzione della flotta”.
(da agenzie)

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LA SOTTOSEGRETARIA LEGHISTA E I RAPPORTI CON L’UOMO DEL CLAN

Settembre 15th, 2023 Riccardo Fucile

NEL 2015 L’ALLORA DEPUTATA VIDE UN PREGIUDICATO PER DROGA E UN IMPRENDITORE IN AFFARI CON LA MALAVITA; CHIEDEVA AIUTI POLITICI E SI PREOCCUPAVA DI FONDI DA SBLOCCARE

Afragola, provincia di Napoli, anno 2019. Le batterie criminali legate al clan Moccia seminavano il terrore piazzando ordigni davanti ai negozi. Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, accolto con tanto di baciamano da un cittadino, arrivava nella cittadina insieme a Giuseppina Castiello, per gli amici Pina, all’epoca deputata leghista e sottosegretaria al Sud. Prometteva sgomberi e legalità, è rimasta una promessa.
Anno 2023, Caivano, provincia di Napoli. Mezzo governo, con la presidente Giorgia Meloni in testa, arriva al parco Verde per promettere interventi e tolleranza zero contro stese e violenze. C’è sempre lei, Pina Castiello da Afragola, non eletta alle ultime elezioni, ma visti gli ottimi rapporti con Salvini e lo stato maggiore della Lega, nominata sottosegretaria alla presidenza del Consiglio per i rapporti con il parlamento.
L’attuale compagno è Giovanni Francesco Nicoletti, rettore dell’università Vanvitelli, papabile candidato alla presidenza della regione Campania.
IL SUO PERCORSO
Castiello ha un passato in Alleanza nazionale, vicinissima a Vincenzo Nespoli, mentore e riferimento per anni, già senatore di Alleanza nazionale, condannato per bancarotta fraudolenta nel giudizio di merito (la cassazione ha annullato con rinvio). In passato cosentiniana doc prima della bufera giudiziaria che ha portato l’ex sottosegretario, Nicola Cosentino, a rimediare una condanna definitiva come referente del clan dei Casalesi.
Berlusconiana con l’ex cavaliere alla sua festa dei 40 anni prima di diventare leghista con queste parole d’ordine: «Ho visto un corteo assurdo di migranti nel centro di Napoli, dietro c’erano i nigeriani , tutta gente che delinque». Nespoli e Castiello si sono ritrovati nei festeggiamenti per i trionfi ad Afragola, dove la sottosegretaria mantiene l’incarico di vicesindaca, il sindaco si chiama Antonio Pannone.
LEI, IL TRAFFICANTE E IL CLAN
Castiello non è mai stata indagata, ma è finita negli atti della procura di Napoli sul clan Moccia per i suoi rapporti politici con l’imprenditore Aniello Esposito, sposato con Cristina Acri, già assessore al comune di Afragola e nel 2019 in bella mostra sui social in una foto con Salvini.
Esposito è stato di recente indagato e archiviato in un’inchiesta sui Moccia, ma è stato condannato, nel 2021, a dodici anni e sei mesi per rapporti con la ‘ndrangheta (sentenza appellata). Rapporti e affari con boss della malavita che sono stati documentati con intercettazioni, pedinamenti e incroci, tra gli altri con Peppe ‘o bandito, al secolo Giuseppe Spagnolo, già condannato per ‘ndrangheta negli anni duemila.
Torniamo al 2015 e a Castiello, la vicenda viene ricostruita nella richiesta cautelare a carico di affiliati e camorristi, firmata dall’attuale procuratore nazionale antimafia, Giovanni Melillo, all’epoca a capo della procura di Napoli. «Aniello Esposito e i rapporti con la cosca di ‘ndrangheta di Cirò in provincia di Crotone. Il business della fornitura di servizi assistenziali agli immigrati in Calabria. I rapporti con politici per lo sblocco dei fondi ministeriali», si intitola il capitolo. Tra i politici c’è anche Castiello.
Il 7 ottobre di quell’anno Aniello Esposito è a Napoli e, su indicazione della procura di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri, viene seguito dai carabinieri del Ros. Alle 18 arrivata nei pressi della prefettura dove, insieme a Carmine Siena, condannato qualche mese prima per traffico di droga, incontrava l’attuale sottosegretaria.
Dopo l’incontro Siena ed Esposito andavano subito nel palazzo dei Moccia ad Afragola, all’epoca i capi erano tutti liberi. Una foto allegata all’informativa dei carabinieri ha immortalato il momento. Esposito dal 2013 al 2016 ha gestito una struttura di accoglienza in Calabria e, secondo gli inquirenti, lo ha fatto in compagnia degli esponenti della cosca di ‘ndrangheta Farao-Marincola, tra questi il pregiudicato Siena, già coinvolto anni prima in un’indagine sul narcotraffico e condannato in via definitiva.
Successivamente sposta i suoi interessi in Campania e attiva i rapporti con i Moccia che non avranno conseguenze penali. Esposito prima di trasferirsi definitivamente in terra campana, aveva un problema da risolvere: sbloccare i fondi per la sua attività di accoglienza calabrese. Così si relazionava con funzionari della prefettura e del ministero dell’Interno, ma senza troppo successo. A quel punto cercava anche altre strade e si metteva in contatto con Pina Castiello, Vincenzo Nespoli, Ciro Falanga, ex senatore di Ala, e l’ex consigliere regionale Angelo Marino. Nessuno di questi sarà indagato.
Gli inquirenti, attraverso le intercettazioni, ricostruiscono i contatti. «Venivano intercettate alcune conversazioni telefoniche dalle quali emergeva che Esposito, per favorire il centro-destra (e dunque il Nespoli e Castiello) si era attivato unitamente alla moglie Cristina Acri per indurre diversi consiglieri del comune di Afragola a firmare le dimissioni che avrebbero minato la stabilità e la forza politica del sindaco Domenico Tuccillo e della sua giunta di centro sinistra», in cambio chiedeva ai due di interessarsi allo sblocco dei fondi.
Siamo nell’ottobre 2015. Castiello chiedeva a Esposito di interessarsi perché alcuni consiglieri firmassero le dimissioni e l’imprenditore aggiornava l’onorevole, legatissima a Vincenzo Nespoli.
«Ue’ Pina (…) ti stavo chiamando…tutto a posto qua», diceva Esposito. E Castiello rispondeva: « Hanno firmato?», ottenendo una risposta affermativa. «Andiamo così…avete deciso di fare qualcosa, un manifesto», consigliava Castiello ed Esposito rispondeva che avrebbe fatto un manifesto per comunicare la notizia. Nove consiglieri avevano appena firmato un documento davanti a un notaio per mandare a casa il sindaco di centrosinistra.
Anche Nespoli si interessava della questione e il sindaco Domenico Tuccillo al telefono addebitava a lui la regia degli accadimenti. Alla fine il primo cittadino manteneva l’incarico fino al 2018 quando alle urne vinceva il centro-destra. Sul balcone del comune a festeggiare c’erano proprio Nespoli e Castiello.
POLITICI INSEPARABILI
Nespoli è stato indicato da Salvatore Scafuto, collaboratore di giustizia e in passato reggente dei Moccia, come «un amico per la pelle di Luigi Moccia» precisando che il clan ha sostenuto anche gli esponenti del centrosinistra. Anche il collaboratore Domenico Esposito ha confermato l’appoggio a Nespoli: «I Moccia lo hanno sempre sostenuto». Quando è stato ascoltato come testimone in un processo contro i vertici della camorra locale, Nespoli ha chiarito di averli conosciuti da giovani, Luigi e Angelo Moccia, «andavamo a ballare insieme», ma da criminali non li ha mai frequentati e mai ha avuto il loro appoggio.
Torniamo alla fedelissima di Nespoli, Castiello, al 2015 e all’esigenza dell’imprenditore di sbloccare i fondi per il centro migranti. Esposito sollecitava Castiello che rispondeva di aver parlato con una dirigente «l’ho sentita l’altro ieri», che l’iter era quasi concluso ed era meglio evitare «ulteriori forzature» poiché «controproducenti».
Esposito chiamava i familiari e li rassicurava: «mi ha chiamato Pina (n.d.r. Castiello Giuseppina), adesso 5 minuti fa…E ha detto tutt’apposto mi ha chiamato la dottoressa stasera… e…stanno pagando». Quando Castiello non rispondeva, Esposito si rivolgeva a Nespoli che garantiva un intervento al ministero, ma anche agli altri politici. Gli inquirenti precisano che tra le oltre duemila telefonate di Esposito sono 23 quelle con Castiello, l’attuale sottosegretaria del governo Meloni, in prima linea contro il degrado del parco Verde.
Cosa risponde la sottosegretaria sui rapporti con Esposito? «L’ho conosciuto in quanto fidanzato prima, e marito poi, della consigliera comunale Cristina Acri, consigliera comunale, nel 2008, del Pdl e successivamente nel 2013 nella lista di Fratelli d’Italia.
In quegli anni ci sono state diverse occasioni d’incontro con Aniello Esposito (all’epoca, non erano peraltro note attività illecite) in incontri politici o istituzionali», risponde. E sull’incontro con Esposito e Siena? «Non lo conosco, ma non posso escludere che sia stato in compagnia di Esposito in occasione degli incontri», replica.
Castiello prosegue evidenziando che prima del coinvolgimento di Esposito in indagini giudiziarie aveva presentato, nel 2017, una interrogazione per «sollecitare un immediato intervento del ministero dell’Interno sui rapporti istituzionali instauratisi con la Cooperativa “Terra Nostra” nella disponibilità di Esposito, chiedendo la chiusura – che, infatti, sarebbe successivamente risultata al centro di indagini che ne hanno evidenziato i gravissimi rapporti con ambienti criminali calabresi e locali». Castiello aggiunge: «Non ho mai sollecitato interventi dell’Esposito su attività politiche», dichiarazione smentita dalle intercettazioni.
(da editorialedomani.it)

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