Settembre 16th, 2023 Riccardo Fucile LA FIGLIA DEL CAVALIERE CONTRO LA PREMIER SULLA TASSA SUGLI EXTRAPROFITTI DELLE BANCHE
Vai a fidarti della monarchia. Ne metti su una nuova e quella vecchia risorge all’improvviso e prova a farti lo sgambetto. Ieri la sovranità apparentemente assoluta di Giorgia Meloni si è ritrovata all’improvviso tra i piedi la regina mancata del berlusconismo, Marina, quella che per anni fu indicata come l’erede al trono, rifiutò ostinatamente lo scettro e adesso batte banco contro il più identitario tra i provvedimenti economici della destra, la norma che colpisce gli extra-profitti bancari. A Marina Berlusconi non bastano gli 11 emendamenti già presentati da Forza Italia per smontare il provvedimento, vuole chiarire che c’è un suo impegno personale contro la norma. La tassa sulle banche non le piace a partire dal nome che le sembra demagogico: «Chi stabilisce quanto profitto è extra e quanto è normale? E quale è la misura?». Non le piace nel merito e anche nel metodo, che poi è la scelta solitaria di Giorgia Meloni, la decisione di varare l’intervento in Cdm senza nemmeno avvertire Antonio Tajani. Rende l’Italia «meno attrattiva» per gli investitori esteri. Forse è pure incostituzionale.
Fin qui il testo. Poi, c’è il sottotesto che come sempre è più importante di ciò che viene detto con chiarezza e lo è soprattutto nei sistemi di corte, dove i messaggi si scambiano negli spazi vuoti piuttosto che in quelli riempiti con l’inchiostro. La famiglia Berlusconi fa presente che non intende rinunciare al potere sulle scelte pubbliche che ha avuto per vent’anni. Si ritiene tuttora azionista della maggioranza che sostiene l’esecutivo e farà pesare le sue sue quote. E se qualcuno ha coltivato il progetto di separare il partito fondato da Berlusconi dagli eredi di Berlusconi (e specialmente dalla sua primogenita), beh, si è sbagliato. La separazione è impossibile. Meloni può pure arrogarsi il diritto di agire alle spalle di Tajani perché «la misura non doveva girare troppo», ma c’è una co-regnante di cui deve tener conto: lei non può essere ignorata, soprattutto quando una legge tocca il suo impero e costringe Mediolanum ad aprire il portafoglio.
È il vecchio pedaggio dovuto al berlusconismo che si riaffaccia in forma diversa ma non meno vincolante dei tempi in cui, da posizioni di minoranza, la destra doveva regolarmente sottomettersi a norme palesemente ad personam sulle tv o sulla prescrizione, a nomine e candidature che giudicava imbarazzanti, a scelte, alleanze, show personali che facevano a pugni con il suo modo d’essere e talvolta anche con i suoi interessi. Almeno in due occasioni Giorgia Meloni ha pensato di poter archiviare quel fardello in modo definitivo. La prima, con Silvio Berlusconi ancora vivo e attivo, quando la premier incaricata stroncò con un secco «non sono ricattabile» il pressing forzista sulla scelta dei ministri e la minaccia di far saltare la votazione per la presidenza delle Camere. La seconda, dopo la morte del Cavaliere, quando una lunga invettiva di Marina sulle persecuzioni subite dal padre, con richiesta di intervento sugli inquirenti, fu liquidata come un’esternazione a titolo personale: «Marina Berlusconi non è un soggetto politico», disse la presidente del Consiglio, e la cosa sembrò finire lì.
Ma sostituire una monarchia con un’altra si sta rivelando più complesso del previsto. E ora che la partita con la vecchia sovranità berlusconiana si riapre, la destra dovrà pure contenere l’irritazione, perché Marina parla a margine dell’assemblea di Confindustria, come imprenditrice e titolare di un impero, e se in materia di giustizia si poteva dire «è lo sfogo di una figlia» qui no, qui sta nel suo. Qui si intesta una battaglia economica rilevantissima per l’intero settore bancario e si fa capofila dei mugugni di larga parte del mondo industriale. Per di più tutti sono consapevoli che lei e i suoi fratelli sono di fatto i padroni economici di Forza Italia, di cui garantiscono con il loro patrimonio gli enormi debiti, e da quell’investimento si aspettano evidentemente un ritorno in termini di attenzione: escludere il «loro» partito dalle riflessioni preventive sulla tassa è uno sfregio che dovrà essere riparato. Insomma, stavolta sarà assai più difficile scansare l’opinione e le richieste di Marina come politicamente irrilevanti. E bisognerà prendere atto che, contro ogni aspettativa e previsione, c’è un’altra regina in città di cui tenere conto.
(da La Stampa)
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Settembre 16th, 2023 Riccardo Fucile REDDITI BASSI, PREZZI FOLLI, MUTUI IMPOSSIBILI, AFFITTI PROIBITIVI: VENTI ANNI DI NEOLIBERISMO HANNO IMPOVERITO IL CETO MEDIO… LE CITTA’ SI SVUOTANO A FAVORE DEI TURISTI
Quando nel 2008 si ebbe la prima sostanziale crisi di sistema di quel
complesso di valori e norme che l’Occidente e il pianeta intero hanno preso a unico riferimento e che conosciamo da qualche secolo sotto il nome di capitalismo, sentimmo parlare per la prima volta di crisi della classe media.
A distanza di 15 anni da quel sostanziale default dell’Occidente, la recessione è rientrata solo grazie a un’inedita erogazione di soldi pubblici verso le bad company di banche infestate da titoli tossici e a un’enorme immissione di liquidità da parte degli istituti centrali per tenere in piedi un’economia reale che altrimenti avrebbe corso seri rischi. Ricordiamo tutti il periodo dell’austerity, la troika Bce, Fmi, Ue, la crisi del debito della Grecia, ecc. Sono stati anni in cui i risparmi delle famiglie italiane sono calati a picco e in cui l’impoverimento generale dei cittadini europei ha determinato la scomparsa della classe media.
Solo per offrire un dato che restituisca il livello in cui è caduta oggi la classe media italiana rispetto alla sua storia di risparmiatrice: si è passati dal 26 per cento di risparmio annuale sul reddito della fine degli anni Settanta, al 2 per cento del 2020, ultimo anno in cui il dato è attendibile perché non inficiato dalla questione pandemica.
Questione generazionale
È da questi dati che bisogna partire per comprendere una mutazione della società italiana che ha assistito negli ultimi vent’anni a un impoverimento generale della popolazione con un indice di decrescita verticale e che vede la scomparsa del concetto di “agiatezza economica” per un’intera fetta della popolazione italiana.
I dati Istat raccontano uno scenario che vede la popolazione produttiva del Paese, composta da circa 40 milioni di cittadini, con il 75 per cento di questi che attesta il suo reddito sotto i 26mila euro l’anno, e di questi ben il 45 per cento sotto la soglia dei 18mila. Di fatto, i tre quarti degli italiani non sono nelle condizioni di affrontare le normali spese quotidiane legate al sostentamento indispensabile, senza incappare in problemi di sostenibilità economica nella capacità di affrontare la spesa corrente.
Vent’anni di crisi della classe media, dunque, hanno portato a un adattamento della popolazione attestando alcune fasce della cittadinanza – in particolare, le categorie di età under 30 e under 40 – dai livelli di agiatezza delle generazioni over 60, protagonisti dei decenni Settanta e Ottanta, ai livelli di sostanziale sopravvivenza dei nostri giorni.
Nulla di nuovo, dunque, su uno scenario che sostanzialmente è noto – seppur nella sua tendenza negativa – da almeno un decennio, non fosse che dall’inizio del 2021, con una accelerazione sul 2022, ad oggi la situazione sia nettamente peggiorata e in alcune zone del Paese i livelli di sopravvivenza di cui sopra non sono più garantiti alla maggior parte della popolazione. Lo scenario post-Covid, che già aveva delineato nel 2021 un ritorno dell’inflazione, dopo decenni di sostanziale stagflazione, è poi esploso nel 2022 con un forte inasprimento degli indici di inflazione “core”, ovvero quella parte di inflazione che misura il costo dei beni di prima necessità.
Causa trainante dell’aumento di tutti i beni di prima fascia è stata l’esplosione incontrollata del costo dell’energia, dovuta in buona parte alla guerra in Ucraina e alle sanzioni applicate alla Russia. A questo scenario si è aggiunto, dalla metà dell’anno scorso, un vertiginoso aumento del prezzo sul bene casa, un aumento indotto essenzialmente da mancate politiche sulla regolamentazione degli affitti brevi – Airbnb, Booking, ecc. – e dai continui aumenti sui tassi d’interesse effettuati dalla Bce a firma Christine Lagarde che, dal luglio 2022 a oggi, ha discutibilmente portato il costo del denaro da un interesse nullo fino al 4 per cento di oggi.
Centri (e costi) insostenibili
È dell’agosto 2023 la notizia che a Bologna mancano insegnanti per le scuole primarie e secondarie di primo e secondo grado. La situazione, a guardar bene, coinvolge tutta l’Emilia Romagna e la Lombardia. A fronte di una richiesta di 2.137 posti disponibili, solo 17 docenti hanno presentato la candidatura. In Lombardia, su circa 2.600 posti disponibili, sono arrivate poco più di un centinaio di disponibilità.
Lo scenario si estende anche agli infermieri e al personale impiegato nella sanità. Sempre a Bologna è emerso nell’ultimo mese un dato preoccupante: 270 infermieri si sono dimessi per andare via dalla città che considerano troppo costosa. Un dato che si somma ai 180 licenziamenti volontari del 2021 e che conferma una tendenza negativa sull’attrattività di un mestiere storicamente considerato un posto sicuro con un buon stipendio. Un fenomeno, questo, dell’esodo di massa di alcune professionalità che sta preoccupando molto sia i dirigenti di settore che le pubbliche amministrazioni.
Per Michele Bulgarelli, segretario generale della Camera del Lavoro di Bologna, si tratta di una vera e propria emergenza a cui va cercata subito una risposta, altrimenti il rischio è quello di un declassamento qualitativo dell’offerta professionale nelle grandi città in settori strategici in cui oggi il livello è molto alto (si veda per esempio la sanità a Bologna presa a riferimento da tutto il Paese).
Raggiunto al telefono da TPI, Bulgarelli spiega come il problema sia innanzitutto dovuto alla perdita del potere di acquisto dei lavoratori pubblici. In un Paese dove il settore della pubblica amministrazione è continuamente oggetto di spending review e blocchi del turnover, nonostante i numeri degli impiegati pubblici siano tra i più bassi in Europa (il 13,6 per cento della popolazione lavorativa, molto meno rispetto alla Francia con il 19,6 per cento, o alla Spagna e al Regno Unito, con il 16 per cento), con una pubblica amministrazione italiana che si conferma vecchia (in media 50 anni di età), scarsamente aggiornata (mediamente 1,2 giorni di formazione per dipendente l’anno), e in difficoltà ad offrire servizi adeguati a imprese e cittadini, si profila ora un fenomeno pericoloso che, se non tenuto in seria considerazione, può mettere in crisi settori primari di formazione e salvaguardia dell’individuo, come la formazione, la sanità e i servizi al cittadino.
Dopo una primavera 2023 in cui sono stati gli studenti a far emergere il problema dei grandi centri urbani diventati inaccessibili ai normali cittadini, si profila un autunno in cui a far notare l’insostenibilità economica di città come Milano, Bologna, Firenze, Venezia, ma anche della capitale Roma, sarà la vecchia classe media, quella del posto fisso e dello stipendio assicurato, storicamente considerata privilegiata e che comunque si attesta alla piccola borghesia italiana.
Lontani dalla realtà
Un fenomeno inedito, dunque, che si profila per la prima volta nella sua drammaticità in quanto potenziale indice di una mutazione sociale e generazionale e di un impoverimento strutturale del Paese. A pesare su questo quadro agisce il fenomeno inflattivo ormai divenuto strutturale anche per scelte politiche ,e non solo per dinamiche economiche.
L’esplosione dei prezzi dell’energia, per esempio, è stato un fenomeno di portata storica per entità e velocità della scalata dei prezzi, generato e giustificato dalla contrapposizione geopolitica occidente/oriente cui attiene il dietro le quinte della guerra in Ucraina e la successiva speculazione dei super-profitti delle multinazionali dell’energia.
Dall’altra parte, si è preteso di affrontare la questione della lotta all’inflazione con una miope risposta monetarista di stampo classico, si persiste nel combattere l’inflazione a colpi di aumenti di tassi d’interesse, quando le cause della scalata dei prezzi sono da ricercarsi per larga parte nelle scelte politiche: si veda la guerra, la contrapposizione Usa-Cina, le sanzioni alla Russia, la caduta del dollaro quale valuta di riserva mondiale nei confronti dei paesi Brics.
Questo non voler affrontare il problema alla radice è lesivo del benessere dei cittadini e rischia di peggiorare una situazione già di per sé molto grave. In termini più semplici, le famiglie si trovano ad affrontare mutui insostenibili per chi ha scelto il tasso variabile, affitti di lusso per un monolocale, bollette che in molti casi sono triplicate, aumento sostanziale del prezzo di pane, pasta, carne, frutta, verdura e di tutti i beni di prima necessità, e un’esplosione spesso ingiustificata del prezzo dei carburanti.
Un mix letale per i redditi che prima della pandemia erano sulla soglia minima della sostenibilità economica e che con uno stipendio che va dai 1.200 ai 1.800 euro netti oggi non riescono più ad assolvere alle spese primarie nelle principali città. Una situazione, questa, evidente ancor più nei centri turistici ed essenzialmente dovuta all’inaccessibilità del bene casa.
I vantaggi della contrattazione
Come lo stesso Bulgarelli, segretario della Cgil Bologna, fa notare, la questione non è solo da leggere sul piano dell’inflazione; infatti, la fuga dei lavoratori non interessa le Pmi e la manifattura. Questo perché la contrattazione integrativa di secondo livello, ovvero quella parte di contratto che consente di stabilire una contrattazione locale tra impresa e parti sociali, riesce a dare risposte più efficaci al mercato del lavoro, a corrispondere cioè alla perdita di potere d’acquisto dei lavoratori e a garantire così adeguati aumenti salariali.
I lavoratori del privato nelle zone ad alto tasso di know-how manifatturiero hanno un salario più alto dei colleghi che lavorano nel pubblico. Questo non perché nella pubblica amministrazione vi siano professionalità minori, anzi. Il problema, come spiega Bulgarelli, sta nel fatto che i contratti di infermieri, insegnanti, lavoratori della pubblica amministrazione, della cultura e del welfare sono fermi a dieci, se non a vent’anni fa.
La perdita del potere d’acquisto nel pubblico non ha visto una compensazione nell’aumento degli stipendi da molto tempo a questa parte. Una situazione storica dovuta essenzialmente a pregiudizi di carattere culturale che hanno coinvolto e coinvolgono ampie fasce della classe politica, sia di destra che di sinistra, e che non solo ha impedito gli aumenti salariali, ma ha anche agito con una scure su tutto il comparto dei servizi, portando a una situazione che da vent’anni a questa parte è sempre stata critica, alla sostanziale crisi odierna.
La piccola borghesia italiana, ovvero quel 30 per cento dei lavoratori con un reddito annuo tra i 18mila e i 26mila euro, in pochi mesi è precipitata sulla soglia della povertà, sommandosi al 44 per cento che vive con meno di 18mila euro annui perché non in grado di permettersi l’accesso ai beni primari.
Questo non accade in tutte le zone d’Italia. I fenomeni di licenziamenti, infatti, spesso prefigurano delle contro migrazioni dal Nord verso il Sud Italia e comunque dai grandi centri urbani verso la provincia: un trend di potenziale declassamento delle grandi città e un mutamento antropologico di queste da centri cittadini e comunità spesso di forte cifra culturale e identitaria a bene di consumo per il turismo globale.
È già successo a Venezia, come ben racconta Andrea Segre in “Welcome to Venice”, ma sta accadendo sempre più a Milano, Bologna, Firenze Roma, città trasformate in beni di consumo dove lentamente spariscono le botteghe, gli artigiani, le attività commerciali locali, e dove imperversano i b&b delle piattaforme social che, pur di garantire la speculazione a piccoli e grandi proprietari, buttano fuori dalle case giovani e lavoratori costretti a vivere a 40 anni come studenti universitari.
Tutto ciò mentre i grandi marchi dell’hi-tech, con loro infinite proposte di custodie per cellulari e beni usa e getta, congiuntamente al fenomeno dello street food che divora buona parte della ristorazione e ad altri fenomeni imprenditoriali della modernità, stanno cambiando i tratti antropologici e il Dna delle città e dei loro residenti, svuotando le comunità dai lavoratori sempre più poveri e smarriti e colti da questo grande senso di inadeguatezza propria della globalizzazione e che sa tanto di svendita.
(da TPI)
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Settembre 16th, 2023 Riccardo Fucile MUORE UNA BAMBINA DI 5 ANNI, USTIONATO IL FRATELLINO
Un grave incidente aereo si è verificato intorno alle 16,30 di sabato pomeriggio a Caselle. Secondo una prima ricostruzione un aereo delle Frecce Tricolori in fase di test per l’esibizione prevista domenica ha perso quota, si è disunito dalla formazione degli altri velivoli con cui stava viaggiando e si è andato a schiantare al suolo nei pressi dell’aeroporto.
Le immagini riprese da alcuni testimoni mostrano la Freccia prendere fuoco dopo l’impatto a terra e, pochi secondi prima, il pilota essere espulso dall’abitacolo con il paracadute.
Secondo i primi riscontri l’aereo avrebbe terminato la sua corsa fuori dalla pista finendo contro alcuni mezzi.
Nel drammatico incidente è morta una bambina di 5 anni. Il fratellino di 9 anni è ustionato ricoverato al Regina Margherita, la mamma in codice giallo è al Cto e il papà e il pilota ustionati sono in codice giallo.
(da La Stampa)
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Settembre 16th, 2023 Riccardo Fucile LA RAI SOVRANISTA LE HA AFFIDATO UN PROGRAMMA NONOSTANTE LA SUA SOCIETA’ DI PUBLIC AFFAIRS INCASSI DA AZIENDE PUBBLICHE
Lobbista o giornalista? Questo è il dilemma attorno ad Annalisa
Chirico, premiata dalla Rai meloniana e salviniana con un programma tutto suo dal titolo Ping Pong su Radio 1, ribattezzata Radio Salvini per via di un palinsesto rinnovato con volti amici del capo della Lega sovranista: da Marcello Foa, ex presidente Rai, alla stessa Chirico, la cui amicizia con il leader leghista è documentata da anni. Lei è iscritta all’ordine dei giornalisti, albo dei pubblicisti, e allo stesso tempo imprenditrice di se stessa a capo della Ac Advocacy e communication.
L’oggetto sociale è: «La fornitura di servizi per lo sviluppo delle imprese, la costruzione e il rafforzamento del loro brand e la valorizzazione dei loro vantaggi competitivi… La consulenza nel campo del public, regulatory e government affairs… dall’advertising istituzionale e implementazione di campagne anche digitali di comunicazione istituzionale». Contattata da Domani Chirico segnala che «il termine lobbying non è mai citato nei documenti societari», eppure public affairs è un sinonimo, mentre la parola «lobbying» appare nella sezione del sito dell’azienda, nella sezione «aree di competenza».
Ac Advocay nell’ultimo bilancio ha dichiarato oltre 1 milione di euro di fatturato, con un utile di 260mila euro. Che finiscono tutti in tasca alla giornalista, in quanto unica socia. Un balzo in avanti notevole rispetto ai comunque ottimi 794mila euro di fatturato del 2021, con 194mila di utili.
Introiti che arrivano da sponsor per gli eventi che organizza e dai servizi che offre alle aziende. Il menù aziendale prevede numerose attività certificate sul sito della società: public affairs, negoziazioni commerciali, campagne politiche e lobbying.
Chirico è dunque un Giano bifronte: giornalista, editorialista ospite dei talk show a difendere le tesi del governo sull’immigrazione, sulle tasse, fervente oppositrice del reddito di cittadinanza. E pure professionista al servizio delle aziende, organizzatrice di eventi lautamente sostenuti da società private e di stato, curatrice d’immagine di interessi privati. Mestieri che spesso si intrecciano come fili di un’ ingarbugliata matassa. Il rischio per Chirico è di sconfinare in un conflitto di interessi poco opportuno per un’iscritta all’ordine dei giornalisti, per di più ora voce di Radio 1, servizio pubblico.
Molto amica di Matteo Renzi e il suo avvocato Alberto Bianchi, un tempo. Decisamente a destra da quando ha sposato la linea sovranista dell’altro Matteo, Salvini. «È il partito dell’Italia che produce. È il partito che vuole meno tasse per dare fiato alle imprese, non sussidi a pioggia», è un post con l’analisi di Chirico, pubblicato sul profilo Instagram del leader leghista a settembre 2021.
Chirico si è formata nella redazione de Il Foglio, considera Giuliano Ferrara suo maestro. Più di Giorgio Mulè, altro suo mentore. Pioniera della critica al politicamente corretto, si è esercitata nella saggistica con un libro dal titolo raffinato e provocatorio: Siamo tutti puttane.
Ha anticipato di qualche anno la tendenza retorica, oggi molto in voga a destra, sulla dittatura del politicamente corretto. «L’essere puttana è uno stato esistenziale, comune a maschi e femmine. Siamo tutti puttane, in senso figurato, perché cerchiamo, ognuno a suo modo, di districarci nel complicato universo dell’esistente».
Al di là del contenuto dei suoi scritti, esiste però una questione di opportunità connessa agli affari privati di cui si occupa quotidianamente.
IL DOCUMENTARIO A MISURA DI AZIENDA
Che il percorso professionale di Chirico fosse a una svolta in Rai è stato chiaro quando con toni trionfalistici aveva annunciato la messa in onda su Rai 3 del documentario Leggenda Italia-Peninsula Valley, un viaggio on the road lungo l’Italia per raccontare le eccellenze imprenditoriali e industriali del paese.
Il 31 marzo alle 16.20 il prodotto piazzato da Chirico sulla terza rete del servizio pubblico ha totalizzato uno share del 4,1 per cento con 343mila spettatori. Scritto e diretto dalla giornalista-imprenditrice, Leggenda Italia è stato prodotto da Ac Advocacy e Communication, la ditta con la quale organizza eventi e fa attività di lobbying.
Il documentario ha avuto il patrocinio del ministero dello Sviluppo Economico e degli Affari esteri. Con il supporto di Italian trade agency, ministero degli Esteri, Adler e beIt (un marchio degli Esteri insieme a Ice, l’Agenzia per la promozione all’estero delle imprese italiane). Sono citati nei titoli di coda del documentario. Non è noto se tutti hanno donato un contributo.
Domani ha, tuttavia, scoperto quanto ha stanziato Ice: il contratto dell’aprile 2022 è di 25mila euro, oggetto: «Affidamento servizio per realizzazione del documentario Leggenda Italia» alla società Ac Advocacy e Communication, cioè Chirico.
Nel viaggio Leggenda Italia la giornalista ha intervistato una decina tra imprenditori e manager. Ampio spazio ha trovato la Adler, per esempio. È una delle società che compare nei titoli di coda tra i sostenitori. L’azienda campana, leader del manifatturiero per il trasporto, non ha voluto fornire informazioni su eventuali cifre versate per la produzione.
Nel documentario un’altra tappa del viaggio è Grottaglie, nella sede di Leonardo Spa, il colosso di stato degli armamenti. Qui produce elicotteri e parte del Boeing 787. Il brand Leonardo lo ritroviamo pure sul sito LaChirico.it: ha acquistato uno spazio pubblicitario sul portale gestito tramite la società Ac Advocacy e Communication. Il confine tra contenuto giornalistico e marketing è sempre più sottile.
PIGLIATUTTO
Chirico dice a Domani che non esiste alcun conflitto di interesse. E però persino nel programma su Radio 1 è riuscita a mescolare pubblico e privato: i primi due ospiti sono stati il presidente del Senato Ignazio La Russa e il ministro dell’Ambiente Guglielmo Pichetto Fratin.
Entrambi saranno pure protagonisti il 28 settembre dell’evento “The Young Hope” organizzato da Ac Advocacy e dall’associazione Fino a prova contraria, presieduta sempre da Chirico. Giunta alla quinta edizione, la scuola di Fino a prova contraria è dedicata ai giovani e può vantare sponsor di un certo livello: in prima linea le aziende di stato, come Poste Italiane, che nel 2022 ha staccato un contributo di 30mila euro.
La scorsa edizione è stata supportata anche da Sace, Leonardo, Snam, Saipem e molte altre. A queste si aggiungevano le multinazionali private: Google e Philip Morris, Edison e alcune banche.
Sace è l’azienda controllata dal ministero dell’Economia (amministratore delegato è Alessandra Ricci) che si occupa di servizi assicurativi per le imprese. Risulta che Sace ha stanziato per la scuola di Chirico 20mila euro nel 2022.
Non è l’unico sostegno: tra il 2021 e il 2022 ha acquistato spazi pubblicitari sul sito LaChirico.it per 39mila euro. Anche altri colossi controllati dal governo hanno versato cifre attorno ai 25 mila euro per ogni evento organizzato da Chirico, in media due o tre all’anno.
Contattata da Domani, ha declinato l’invito a replicare: «Ho già sentito parole che non mi piacciono. Scrivete quello che volete, sono molto curiosa di leggere». Su una cosa vuole essere chiara: «Non faccio la lobbista, vi sfido a trovare un solo contratto che abbia come oggetto questa attività».
Ci fidiamo, ma nel sito dell’azienda Ac Advocacy il termine «lobbying» proprio tra i servizi offerti ai clienti. «Quel sito non lo ricordavo neanche», conclude. «Diventa chi vuoi essere», è lo slogan sotto la testata de laChirico.it La nuova conduttrice Rai ha preferito non scegliere. Facendo sia la giornalista, sia l’esperta di «public affairs».
(da editorialedomani.it)
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Settembre 16th, 2023 Riccardo Fucile “BISOGNA AMMETTERE CHE NON CI SONO SOLUZIONI IMMEDIATE”
“Il blocco navale o la Marina militare per fermare i migranti? Cavolate per attirare voti. Bisogna ammettere che non c’è una soluzione al fenomeno dell’immigrazione: chiunque ne presenti una pronto cassa è un impostore“.
Così Marco Travaglio nel suo intervento ad ‘Accordi&Disaccordi’, il talk politico in onda su Nove, condotto da Luca Sommi con la partecipazione di Andrea Scanzi ha commentato la situazione degli sbarchi a Lampedusa e le reazioni del governo.
Di fronte a un video dell’agosto 2022 in cui Giorgia Meloni invocava il blocco navale di fronte alle coste della Libia, il giornalista ha affermato: “Io Giorgia Meloni non l’ho votata e quindi sono felice che non faccia il blocco navale, perché ci mancherebbe soltanto un atto ostile. C’è poco da dire: se schieri la Marina militare davanti a un Paese sovrano in acque territoriali altrui, è ovvio che quel Paese lo vive come un atto ostile. Esattamente come se una flotta militare si schierasse davanti alle coste della Sicilia. Non potrebbero fare altro che risponderci. – ha spiegato – E sono dei tipi piuttosto originali, anche con alleati piuttosto bellicosi, perché sono alleati della Russia, della Cina oppure, diciamo, hanno alleanze interne all’Africa, che non sono certamente così inclini a passare sopra a certe cose. Quindi sono felice, ma se io l’avessi votata vorrei vedere questo blocco navale. Per fortuna la Meloni è uscita dalla campagna elettorale e quindi si è posizionata con una postura più istituzionale”.
Per il direttore de Il Fatto Quotidiano invece, Salvini, che “vive in campagna elettorale, ancora ieri ha detto che non esclude di mandare la Marina militare. A parte il fatto che dove la mandi? – si è chiesto ironicamente Travaglio – Non ce l’abbiamo una Marina militare in grado di coprire l’intera costa nordafricana e sappiamo benissimo che gli scafisti se li blocchi da una parte, vanno dall’altra, quindi è evidente che sono cavolate per attirare voti“.
Secondo il giornalista “l’emigrazione dai paesi del terzo e quarto mondo, come li chiamiamo, non ha alcuna soluzione“, quindi “chiunque presenti soluzioni pronto cassa è un impostore. Bisogna ammettere che non c’è una soluzione. – ha detto ancora – C’è la possibilità di frenare questo fenomeno, di ridurlo un pochino con un lunghissimo, pazientissimo e costosissimo lavoro di diplomazie e di intelligence con i paesi di partenza, anche con accordi segreti come quelli che faceva Minniti affidandosi ai Paesi di origine perché tirino il freno con i loro sistemi, perché non sono dei Paesi democratici. Oppure, una volta arrivati i migranti, con una politica di condivisione tra i vari Paesi europei. Però è inutile che continuiamo a dire che ci vorrebbe, perché lo sappiamo che ci vorrebbe, ma non c’è e non c’è per gli alleati principali della Meloni e di Salvini che non vogliono i migranti in casa loro e quindi con il loro nazionalismo danneggiano i nostri nazionalisti. Ma diciamo la verità, anche perché i francesi non lo vogliono, i tedeschi ne hanno già presi troppi, gran parte dell’Europa si è sobbarcata qualche milione di migranti ucraini, che hanno creato meno problemi per le ragioni anche non nobili che conosciamo. Le chiacchiere stanno a zero“, ha concluso Travaglio.
“Le accuse di familismo a Fratelli d’Italia? Giorgia Meloni non si fida né di gran parte dei suoi né degli alleati”. “Loro nascono contro il governo Letta quando il Pdl si spappola perché Berlusconi elegge Napolitano insieme al Pd per poi fare il governo Letta prolungando l’ammucchiata di Monti – ha spiegato il giornalista – La Meloni, La Russa, Crosetto e la ristretta cerchia avevano pochi voti e soprattutto, come sempre avviene in Italia, quando un partito è piccolo non è che sono tanti quelli che bussano alla porta. Arrivano poi quando ci sono i posti da prendere. – ha proseguito – Quindi è assolutamente comprensibile che all’inizio ci fossero i familiari. Tuttavia lei è la leader del partito e quindi si rende perfettamente conto, anche se non ha avuto evidentemente il coraggio di dire di no, oppure proprio non si fida di quelli che stanno fuori dalla famiglia. Questo credo sia il motivo, il problema è che diffida di gran parte dei suoi e soprattutto non si fida degli alleati. – ha detto ancora il direttore de Il Fatto Quotidiano – Quindi si è trincerata in questa cerchia familiare che le crea inevitabili imbarazzi, nominando coordinatore della segreteria sua sorella (Arianna, ndr) e facendo ministro Lollobrigida (il cognato, ndr) senza mai zittirlo quando avrebbe dovuto farlo. Ma soprattutto non dicendo al suo fidanzato (il giornalista Mediaset Andrea Giambruno, ndr): ‘Guarda, ci sono tanti ambiti di cui si può occupare un giornalista: ti puoi occupare di cronaca, ti puoi occupare di esteri’. E invece fa un talk dove tutte le settimane deve parlare del governo presieduto dalla sua fidanzata. E così se ne parlasse male direbbero che c’è maretta in famiglia e se ne parla bene, dicono che è un leccapiedi. È chiaro che è fonte di imbarazzo qualunque cosa dica”, ha concluso Travaglio.
(da Il Fatto Quotidaino)
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Settembre 16th, 2023 Riccardo Fucile ANNUNCIATO IL RIAVVIO DEL MECCANISMO DI SOLIDARIETA’
Visti i massicci arrivi a Lampedusa, il governo tedesco vuole
continuare ad accogliere volontariamente migranti dall’Italia attraverso il meccanismo di solidarietà interrotto di recente.
Lo scrive l’agenzia tedesca Dpa segnalando una dichiarazione fatta ieri sera in tv dalla ministro dell’Interno federale, Nancy Faeser: le procedure di accoglienza volontaria erano state sospese “perché l’Italia non ha mostrato alcuna volontà di riprendersi persone attraverso la procedura di Dublino”; ma, ha subito aggiunto, “ora, naturalmente, è chiaro che
adempiamo anche al nostro obbligo di solidarietà”.
Secondo quanto riferisce il quotidiano Die Welt, Faeser ha dichiarato venerdì all’ARD che la procedura di ammissione volontaria era stata sospesa “perchè l’Italia non ha mostrato alcuna volontà di riprendere le persone attraverso la procedura di Dublino”, ma ha aggiunto che “ora è ovviamente chiaro che adempiremo al nostro obbligo di solidarietà”.
Il meccanismo di solidarietà era stato concordato tra alcuni paesi dell’UE, tra cui la Germania, nel giugno dello scorso anno. La Germania aveva inizialmente promesso di accogliere 3.500 richiedenti asilo provenienti da paesi particolarmente in difficoltà ai confini meridionali dell’Europa. Finora, 1.700 persone in cerca di protezione sono state trasferite attraverso il cosiddetto meccanismo volontario di solidarietà europea per completare la loro procedura di asilo in Germania. Di questi, circa 1.000 provengono dall’Italia e 670 da Cipro.
(da agenzie)
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Settembre 16th, 2023 Riccardo Fucile “ORA SI TROVA IN UN DILEMMA SIMILE A QUELLO DEI PRECEDENTI GOVERNI”
Il New York Times dedica un articolo all’isola di Lampedusa e alla crisi dell’arrivo dei migranti in Italia sottolineando “i limiti” dell’approccio adottato da Giorgia Meloni e il fatto che ora la premier si trova “in un dilemma simile a quello dei precedenti governi italiani”.
“Con l’aumento degli arrivi di migranti, Lampedusa è diventata il centro di crescenti tensioni tra Italia e Nord Africa, così come con i suoi vicini europei”, scrive Gaia Pianigiani nell’articolo intitolato “Un’isola italiana riflette le sfide di Giorgia Meloni sulla migrazione”.
Per il New York Times, “le enormi sfide poste dall’immigrazione sono finite nuovamente sotto i riflettori in Italia questa settimana, minando gli sforzi della coalizione di governo di estrema destra guidata dalla premier Giorgia Meloni per dimostrare di aver fatto progressi nel dissuadere i migranti dall’arrivo. Negli anni che hanno preceduto la sua elezione l’anno scorso, la signora Meloni si è posizionata come una dura oppositrice della migrazione, chiedendo un “blocco navale” e suggerendo che le barche utilizzate per salvare i migranti venissero affondate una volta che i migranti fossero stati sbarcati. Da quando ha preso il potere, ha cambiato tattica, firmando un accordo dell’Unione Europea con la Tunisia volto ad arginare il flusso di migranti provenienti da quel paese, e lavorando per facilitare la ridistribuzione di coloro che arrivano tra gli Stati membri. Gli eventi di questa settimana”, analizza il quotidiano liberal statunitense, “hanno mostrato i limiti di questo approccio, lasciandola in un dilemma simile a quello dei precedenti governi italiani. Ora, i membri della coalizione della Meloni le chiedono di adottare un approccio più duro e affermano che l’Italia ha bisogno di maggiore sostegno da parte di altri paesi europei”.
Il New York Times sottolinea peraltro che a Lampedusa “alcuni abitanti temono che i crescenti arrivi di migranti possano danneggiare l’industria del turismo, ma molti esprimono empatia per le persone che sbarcano sulle loro coste”.
(da agenzie)
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Settembre 16th, 2023 Riccardo Fucile MELONI IRRITATA CON SALVINI, PER CONTENDERSI IL VOTO DEI RAZZISTI SI INVENTANO DI NUOVO IL BLOCCO NAVALE IRREALIZZABILE, TANTO CI SONO I FESSI CHE CI CREDONO
Il videomessaggio all’ora dei tg è la mossa del cavallo. Giorgia Meloni
la attua per scavalcare il pressing dell’Europa e per liberarsi dallo spettro incombente del fallimento su uno dei punti centrali del suo programma. Ma anche per svincolarsi dalla morsa della Lega che, in versione pre-Pontida, sull’immigrazione si è messa ad attaccare a testa bassa.
Il silenzio diventa imbarazzo e poi rabbia, nella giornata più nera della premier. Aveva promesso il blocco navale, aveva esordito al governo con un provvedimento contro le Ong, poi ha inseguito la chimera di un accordo con il governo della Tunisia retto da un autocrate. E ora si ritrova con un boom di sbarchi e con gli alleati del Carroccio a prendere le distanze, quasi a maramaldeggiare sul suo approccio troppo soft al problema.
La decisione di dare una risposta plateale, viene presa in mattinata, al termine di una riunione a Palazzo Chigi con i ministri Matteo Piantedosi e e Guido Crosetto, e con il sottosegretario Alfredo Mantovano, che precede la partecipazione all’assemblea di Confindustria. Matteo Salvini, si fa notare, non c’è.
Motivazione ufficiale che non scaccia i cattivi pensieri: il leader leghista è a Palermo, impegnato nel processo a suo carico. L’accelerazione, comunque, matura. E matura, per Meloni, in un clima di crescente insofferenza, di irritazione verso Bruxelles e verso i compagni di viaggio. Meloni scrive la lettera a Ursula von der Lyen, invitandola a verificare di persona la tragedia di Lampedusa (ma anche a garantire i 250 milioni dell’Ue promessi a Saied), scrive pure a Charles Michel per additare come “insoddisfacenti” i risultati degli impegni presi dai Paesi dell’Europa sulla tutela dei confini esterni.
Ma decide infine di rifilare una stoccata ai leghisti che in queste ore dicono chiaro e tondo che la via diplomatica della premier “non funziona”. Ecco come nasce quel passaggio del video in cui Meloni scandisce: «La strategia del governo italiano è quella più seria. Anche se ci vorrà tempo e determinazione».
D’altronde, la comunicazione serale arriva nel bel mezzo di uno scontro aperto nel governo. L’ultimo affronto, per la responsabile del governo, arriva da Roberto Calderoli, ministro di lunga navigazione e provata vicinanza al titolare di via Bellerio: «Quando Matteo Salvini era ministro degli Interni – dice Calderoli a metà pomeriggio – tutto ciò non si verificava, per cui a buon intenditor poche parole». Meloni legge queste parole e trasecola. Il malessere rimbomba nella battuta feroce trasmessa da fonti della Presidenza: «Calderoli sta chiedendo le dimissioni di Piantedosi?».
E non è affatto piaciuta, né alla premier né al ministro della Difesa Guido Crosetto, la dichiarazione di Salvini sulla necessità di inviare la Marina nel Mediterraneo per fermare le imbarcazioni dei migranti. Al di là del merito, questa affermazione viene letta come un’invasione di campo. L’ennesima, da parte dell’ex Capitano che ha fatto della lotta all’immigrazione illegale un cavallo di battaglia, quando ancora sognava di fare il premier.
Il ministro della Difesa ricorda bene cosa accadde a marzo, prima del consiglio dei ministri di Cutro, quando nella bozza del decreto scritto per poter dare la caccia «agli scafisti in tutto il globo terracqueo» spuntò il famigerato “dispositivo integrato interministeriale di sorveglianza marittima”, un organismo che avrebbe dato tutto il potere proprio alla Marina e dunque a Crosetto, escludendo Salvini dalle operazioni di sorveglianza in mare. Il vicepremier, in quell’occasione, andò su tutte le furie e chiese di ritirare l’emendamento. Solo qualche mese fa, si sottolinea, Salvini fece di tutto perché la Marina non si potesse occupare di immigrazione e adesso la invoca. E dagli ambienti del ministro della Difesa arriva un’altra battuta senza filtro: «Salvini è passato dal “faso tuto mi!” a una cosa che assomiglia al “mandate l’esercito” di alemanniana memoria…». Il sarcasmo che anima gli “off” del governo la dice lunga sul momento. Una cosa è certa: la Difesa adesso avrà un ruolo non secondario nella partita: al ministero di Crosetto, e non agli Interni, è stata affidata la realizzazione dei nuovi centri dove saranno trattenuti gli immigrati illegali.
L’enfasi della reazione di Meloni, quell’appello accorato in coda, rivolto direttamente agli elettori («Lavoriamo ogni giorno per mantenere gli impegni che abbiamo sottoscritto con voi») racconta dell’incubo di un flop, anche alla luce dei sondaggi che raccontano di una flessione del consenso per il partito della premier. Sullo sfondo, il timore più sottile. Che del fallimento dell’azione di contrasto all’immigrazione illegale stia tentando di avvantaggiarsi non l’opposizione. Ma, guarda un po’, il compagno di banco.
(da agenzie)
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Settembre 16th, 2023 Riccardo Fucile TETRAPLEGICO DOPO UN TUFFO, 40 ANNI: “CON IL PASSARE DEGLI LE MIE SOFFERENZE SAREBBERO DIVENTATE INSOSTENIBILI”
È andato in Svizzera per morire, con il suicidio assistito, accompagnato dall’associazione “Dignitas”. Ma per spiegare la sua scelta Davide Macciocco, 40 anni di Termoli, tetraplegico da 20 anni, in seguito a un tuffo che gli danneggiò irrimediabilmente la colonna vertebrale, ha lasciato un lungo post sui social che, oltre a essere il suo saluto agli amici e alla cittadinanza, è anche una sorta di testamento morale. “Per ironia della sorte il mio ultimo viaggio mi porta a morire lì dove sono nato: Zurigo 16 luglio 1983, 15 settembre 2023″, ha scritto Davide. “Non piangete perché vi ho lasciati, sorridete poiché mi avete conosciuto e vissuto. Sto per affrontare il mio ultimo viaggio. Forse dopo la tua morte sarai ciò che eri prima della tua nascita. Forse solo assenza di esistenza, o forse un’altra grande avventura – scrive Davide Macciocco – Vado via in totale serenità e sognando. Ciao, ciao”.
La vita di Davide Macciocco, come lui stesso racconta, è cambiata per sempre domenica 5 luglio 2003 quando, dopo una serata in discoteca con la ragazza e gli amici, decise di fare il classico bagno all’alba al molo vecchio di Termoli con un tuffo dal trabucco. “Mi tuffai di testa da un’altezza di circa sei metri. L’acqua quella mattina era alta più o meno un metro e mezzo. L’ultimo ricordo che ho di quel giorno è che dissi a Marianna che non mi sentivo più le braccia e le gambe”.
Tetraplegia completa dovuta alla lesione midollare C4-C5 la diagnosi, per la quale ha subìto lunghi periodi di ricovero. “Ho continuato a fare fisioterapia per 20 anni, mi resi conto che di punto in bianco ero paralizzato dal collo in giù, su una sedia a rotelle senza muovere né braccia né gambe e neanche un dito ma, in questi anni non sono stato con le mani in mano” continua il racconto di Davide, diventato agente sportivo, che sottolinea anche come i suoi datori di lavoro siano gli “unici che ho dovuto avvisare di questa decisione perché mi avevano inserito in un nuovo progetto, e questo dovrebbe farvi comprendere anche la mia totale serenità e lucidità”.
Davide infatti rivela di non aver detto a nessuno della sua decisione e che sottoporsi al suicidio assistito a settembre “non è stato casuale perché Termoli comunque è una cittadina di 35mila abitanti e d’estate se ne sarebbe parlato. Quindi per non turbare nessuno, ho cercato di resistere quanto più potevo”. “Tutto il percorso con Dignitas è stato fatto totalmente in serena autonomia – continua Davide Macciocco – Neanche i miei familiari sapevano esattamente quando sarebbe avvenuto”.
“Non ricordatevi di me per questo gesto, ma bensì per come mi avete conosciuto. Generoso, semplice ma non troppo e sempre sorridente. Amo la vita ed ecco perché oggi la voglio abbandonare. Quella che attualmente ho vissuto poteva andare anche bene, ma in un futuro prossimo so che sarà intollerabile per me” aggiunge Davide Macciocco, aggiungendo che la sua vita con il passare degli anni sarebbe diventata, però, insostenibile.
(da agenzie)
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