Settembre 17th, 2023 Riccardo Fucile IL PARTY A MARZO CON MEZZO GOVERNO… IL TITOLARE DELL’HOTEL SI SAREBBE RIVOLTO AI CLAN PER UN RECUPERO CREDITI
Matteo Salvini, vicepresidente del Consiglio e ministro delle
Infrastrutture e dei Trasporti, ha festeggiato il suo 50° compleanno – insieme a mezzo governo -, nel relais di un imprenditore che si è rivolto alla ‘ndrangheta per recuperare dei crediti.
Precisamente: a un capo e a un affiliato arrestati insieme ad altre 36 persone in un’operazione della Dda di Milano eseguita dal Ros dei carabinieri.
Un’indagine che, nel 2014, smantellò tre “locali” di ‘ndrangheta tra Como e Lecco. E che accertò 500 episodi di intimidazione. Dall’inchiesta Insubria spuntò anche il nome di Massimo Guffanti.
È il 10 marzo 2023: la sera del Salvini-party a sorpresa. Sono passate meno di 48 ore dal Cdm sul naufragio di Cutro. È lo stesso capo della Lega a dare notizia della festa: “Un compleanno speciale! Buona serata da noi, Amici, e grazie di cuore per esserci sempre”, scrive in un post. A fare gli auguri a Salvini ci sono, tra gli altri: la premier Meloni, il presidente della Camera Lorenzo Fontana – dunque la quarta e la terza carica dello Stato -, altri tre ministri e Silvio Berlusconi.
Un centinaio gli invitati a “La Tenuta dell’Annunziata”, a Uggiate Trevano, nel comasco. Il relais è a pochi passi dalla Svizzera. Ristorante, 21 camere, bosco bioenergetico, spa. La bellezza del posto è insindacabile. Ciò che è discutibile è altro. Di quella festa, sei mesi fa, sono emersi alcuni dettagli. Ma non il più rilevante. Riguarda il padrone di casa: Massimo Guffanti. Fonda Tenuta Annunziata nel 2013, la gestisce insieme alle figlie Elisabetta e Arianna. Repubblica ha consultato documenti, visure, atti giudiziari. Viene a galla una storia che può mettere in imbarazzo Salvini e i suoi invitati.
L’inchiesta
Nel 2014 la Dda decapita tre “locali” di ‘ndrangheta: Calolziocorte, Cermenate e Fino Mornasco. 38 arrestati. I reati: associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, detenzione di armi da fuoco. È l’indagine Insubria diretta da Ilda Boccassini. Guffanti – si legge negli atti di indagine – è uno dei tre imprenditori (gli altri due li arrestano) che “entrano in rapporti con la ‘ndrangheta per riscuotere crediti”. Attraverso la mediazione di Bartolomeo Monteleone, Guffanti incarica Michelangelo Chindamo e Alfredo Rullo di recuperare 300mila euro dalla società Augusto Figini snc di Lomazzo (dichiarata fallita nel 2012).
Chi sono i due ‘ndranghetisti? Chindamo, nato a Palmi, è capo della “locale” di Fino Mornasco; Rullo, originario di Gifone, è affiliato. Per Guffanti non ci fu imputazione. Il motivo è spiegato nell’ordinanza di Insubria. L’atto intimidatorio – scrivono i pm – rientra tra gli “atti perfettamente accertati come tali… ma che non assurgono a rilevanza penale perché non superano la soglia del tentativo punibile…”. In sostanza: dopo “alcuni sopralluoghi” a casa del debitore Enrico Figini, la “condotta estorsiva” degli “uomini d’onore” mandati dall’imprenditore “cessò”. Il motivo non è noto.
È un fatto, però, che i rapporti di Guffanti con i due criminali sono acclarati. Insubria va a processo. Nella sentenza di Cassazione del 15 giugno 2017 si ricorda che “alcuni imprenditori” – tra cui lui – “entrano in rapporti con la ‘ndrangheta allo scopo di sfruttarne la capacità di intimidazione…”. All’epoca Guffanti era impegnato anche nella Pezzoli Petroli. Azienda che la moglie Magda Pezzoli eredita dal padre. Massimo è stato presidente del cda. Pezzoli Petroli partecipa con il 49% alle azioni in Comocalor, a cui si affidano il Comune di Como e l’ospedale Sant’Anna per il teleriscaldamento. “Papà oggi si dedica solo alla tenuta”, dice Elisabetta Guffanti. Curiosità: Massimo Guffanti non figura tra i soci di Tenuta Annunziata (né di Pezzoli Petroli). Ma il gran capo è lui.
È Guffanti che il 10 marzo 2023 accoglie Salvini e la fidanzata Verdini (“ma sono venuti il giorno prima per rilassarsi un po’”). Al tavolo “governativo” del vicepremier, la sera della festa, siedono Meloni con Giambruno e la figlia Ginevra, Berlusconi e Fascina, e i ministri Giorgetti, Calderoli e Valditara. Segue il karaoke Salvini-Meloni. Come approdano Salvini-Verdini all’Annunziata lo racconta ancora Elisabetta Guffanti. “È la fidanzata del ministro, tramite un amico comune, a prendere contatti”.
(da La Repubblica)
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Settembre 17th, 2023 Riccardo Fucile IL PROGETTO DI BONOMI È QUELLO DI DIVENTARE PRESIDENTE DEL CDA LUISS, L’UNIVERSITÀ CONFINDUSTRIALE MA GUIDARE L’ATENEO SENZA UNA LAUREA È COME GUIDARE UN’AUTO SENZA LA PATENTE. E INFATTI LA LEGGE NON GLIELO CONSENTE
Laurea non c’è. Sigh! Anzi “sig.”, l’abbreviazione più detestata dal potere, che predilige quantomeno la qualifica basica di “dott.”. “Sig.” come signore e “dott.” come dottore, ovviamente. Di mezzo c’è il solito, fatidico titolo universitario, da incorniciare e poi appendere.
L’Italia, e non solo, è gravida di potenti, consiglieri e galoppini che si fanno passare per laureati. Stavolta a farsi irretire da questa atavica vanità accademica è addirittura Carlo Bonomi, il presidente di Confindustria che l’altro giorno ha parlato nell’ultima assemblea del suo mandato, iniziato nel 2020.
A Bonomi, in questi anni al vertice degli industriali, è stata accreditata una generica laurea in economia e commercio, a partire dal suo profilo di Wikipedia. Il Corriere della Sera, per dire, l’ha scritto pure il 30 luglio scorso, dentro a un pezzo sull’“allarme crescita” lanciato da Confindustria. Sul sito della Bocconi, la prestigiosa università meneghina, Bonomi è invece appellato come “dott.” all’interno del consiglio d’amministrazione dell’ateneo: venne nominato nel 2018 quale presidente di Assolombarda.
Ebbene, Bonomi non ha mai smentito la notizia di avere una laurea. Eppure forse avrebbe dovuto farlo. Ché l’attuale capo di Confindustria non è dottore. Non ha mai completato gli studi universitari. A metterlo nero su bianco sono i verbali di due assemblee della Fiera Milano Spa, redatti e sottoscritti dal notaio Mario Notari.
Bonomi, infatti, è anche presidente del cda di Fiera Milano Spa dall’aprile del 2020, quando era stato già designato per la guida di Confindustria. E dalla società quotata in Borsa incassa 107mila euro all’anno più altri 45mila, sempre annui, riconosciutigli per mansioni che solitamente non rientrano tra quelle del presidente. Cioè: “Curare e implementare, anche a livello internazione, le relazioni esterne istituzionali”.
Eccoli, dunque, i due verbali che attestano il buco nero accademico di Bonomi. Il primo è dell’assemblea ordinaria di Fiera Milano Spa, “tenutasi in data 28 aprile 2021”. L’allegato C del documento è dedicato alle domande degli azionisti arrivate via mail. Domanda numero 4, secca: “Il Presidente di Fiera Milano in cosa è laureato?”. Risposta della società, altrettanto secca che però suona come un ossimoro fantozziano: “Il Dottor Bonomi non possiede alcun titolo di laurea”. Resta Dottore, con la maiuscola, ma senza titolo. Fantastico.
Un anno dopo, l’assemblea di Fiera Milano Spa è sempre ad aprile, il giorno 22. Stavolta la domanda, formulata dall’azionista Tommaso Marino (lo stesso del 2021), è la numero 1: “Leggo a pag. 79 della Relazione Finanziaria 2021, che, indirettamente, il ‘Dottor Carlo Bonomi’ avrebbe una laurea. Ma proprio qualche tempo fa qui mi fu risposto qui (sic!) che ne fosse sprovvisto. E questo a parte quello che io penso e cioè che ciò dimostra come quando una persona sia capace, la laurea non serva, tant’è che il dott. Bonomi ha raggiunto i vertici di Confindustria pur essendo privo di laurea. Gliel’hanno data di recente, honoris causa?”.
La risposta è la stessa dell’anno precedente, con la differenza che Bonomi viene appellato come “Presidente”, non più come “Dottor”: “Come già indicato lo scorso anno, il Presidente Bonomi non è laureato”. Pratica chiusa. Amen.
In realtà, il problema di Bonomi dottore o signore non è secondario, per il futuro dello stesso presidente, che nel 2024 finirà il suo mandato in Confidustria. Detta in maniera volgare la questione è semplice: Bonomi vuole un’altra poltrona per rimanere a Roma.Detto questo, adesso il progetto di Bonomi è quello di arrivare a sedersi sulla poltrona di presidente del cda della Luiss, l’università confindustriale. Per una consuetudine consolidatasi nei decenni i capi uscenti di Viale dell’Astronomia hanno traslocato lì.
Da Guido Carli e Luigi Abete fino all’ultimo, Vincenzo Boccia. Tutti fregiati dall’alloro accademico, però. Del resto, guidare la Luiss senza una laurea è come guidare un’auto senza la patente. Ma Bonomi vuole il posto a tutti i costi, dimenticando che anche la legge non consente questa nomina.
Il decreto legge numero 13 del 24 febbraio scorso, quello per l’attuazione del Pnrr, al comma 9 dell’articolo 26 introduce quale requisito per la carica di presidente di un’università il possesso di un titolo di studio non inferiore alla laurea. Bonomi però non si rassegna e insisterà fino in fondo. La Luiss è in rivolta e la storia è appena all’inizio.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 17th, 2023 Riccardo Fucile “UN ANNO E MEZZO DI INSULTI E DI VIOLENZE CONTRO LUCIANA LAMORGESE E OGGI GLI SBARCHI SONO PIU’ DEL DOPPIO DI ALLORA”
Vuole delle scuse, l’ex ministro Speranza. Ma non per lui. Per la collega Luciana Lamorgese. La titolare del Viminale nei governi Conte due e Draghi è stata per anni bersaglio degli attacchi della destra – soprattutto di Fratelli d’Italia, all’opposizione di entrambi gli esecutivi – per via degli sbarchi dei migranti.
Ma ora che i numeri sono cresciuti in maniera vertiginosa, nonostante la propaganda del governo Meloni, l’ex ministro della Salute va all’attacco: “Assistiamo a sbarchi che sono quasi il doppio dell’anno scorso – dice Speranza al Corriere della Sera – Mi viene da dire: cosa fanno ora quelli dei tweet e degli insulti?”.
“Non posso non ricordare un anno e mezzo di insulti e di violenze contro una persona perbene come Luciana Lamorgese, ministra dell’Interno durante quella stagione – sottolinea Speranza – Ero ministro della Salute, ma mi era impossibile ignorare i tre tweet al giorno di Matteo Salvini contro la ministra Lamorgese. E adesso?”. E attacca ancora: “Hanno realizzato che la realtà sta prendendo il sopravvento sulla propaganda di chi parlava di blocco navale e di altre corbellerie”.
“Hanno fatto propaganda sui problemi del Paese, quello dell’immigrazione è certamente uno dei più difficili da gestire. Se ne stanno accorgendo – sottolinea il deputato del Partito Democratico, anche lui vittima degli attacchi della destra durante la pandemia di Covid per le sue decisioni sulle misure restrittive – E il loro impianto strumentale si sta squagliando come neve al sole”. E sull’appello di Piantedosi alla maggioranza e opposizione sulla responsabilità, Speranza commenta: “Sembra un messaggio rivolto principalmente ai membri della maggioranza. Noi delle opposizioni su questi temi abbiamo sempre avuto un atteggiamento molto costruttivo. E poi c’è un problema evidente nella maggioranza su questo tema”.
(da Fanpage)
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Settembre 17th, 2023 Riccardo Fucile LE ACCUSE AL GOVERNO PER LA NUOVA TENDOPOLI: “L’ESECUTIVO VUOLE CREARE UN’EMERGENZA COME NEL 2011” – IL SINDACO MANNINO TUONA: “NON SAREMO LA NUOVA ELLIS ISLAND”
La presidente della commissione Ue e la commissaria sono arrivate a
bordo dell’aereo di Stato italiano, assieme a Meloni.
Il programma della visita a Lampedusa della premier Giorgia Meloni e della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen è stato intralciato dalla protesta di alcune decine di cittadini dell’isola che hanno sbarrato la strada al convoglio di auto nel tragitto dall’aeroporto all’hotspot per i migranti. Non sono mancati momenti di tensione con i manifestanti che hanno preteso di poter parlare con la presidente del Consiglio, altrimenti non avrebbero sgomberato la carreggiata. Uno di loro guidava la protesta parlando a un microfono.
“Stiamo facendo il possibile”. Così la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha cercato di rassicurare un gruppo di cittadini di Lampedusa che hanno sbarrato la strada al convoglio di auto con a bordo anche la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, nel tragitto dall’aeroporto all’hotspot.
Le decine di manifestanti minacciavano di non liberare la carreggiata senza un colloquio con le autorità. Sono scesi dalle auto anche von der Leyen e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Dopo qualche momento di tensione e il colloquio, i cittadini hanno sgomberato la strada.
Meloni e Von der Leyen sono andate all’hotspot che ospita i migranti a contrada Imbriacola, dove si sono trattenute una decina di minuti. Poi si sono spostate al molo di Favaloro, dove approdano ogni giorno i barconi che trasportano i migranti. Insieme a loro, oltre al titolare del Viminale, c’è anche la commissaria europea agli Affari Interni, Ylva Johansson.
Al molo Favaloro, Meloni e Von der Leyen hanno guardato a lungo le decine di barchini ormeggiate nel “cimitero” dei natanti, una distesa di legno e alluminio. Sono le imbarcazioni su cui sono arrivati nelle ultime settimane migliaia di migranti.
Poi, alla fine della visita, la conferenza stampa in aeroporto. “Avete visto, la presidente Von der Leyen ha accettato immediatamente il mio invito – ha cominciato Meloni – Non lo considero un gesto di solidarietà dell’Europa verso l’Italia, ma un gesto di responsabilità, perché questi sono anche i confini dell’Europa”. E ha aggiunto: “Siamo di fronte a una portata tale, in tema di flussi migratori, che se non lavoriamo tutti insieme al contrasto delle partenze illegali, questo fenomeno travolgerà prima i Paesi di frontiera e poi tutti gli altri”. È un problema che “va affrontato tutti insieme”.
“Le proposte dell’Italia sono sempre le stesse: accordi strutturali con i Paesi del Nordafrica per fermare le partenze, lotta contro i trafficanti anche uniformando le legislazioni, quote di immigrazione legale concordate con i Paesi che collaborano, una efficace missione europea navale per contrastare gli scafisti e strumenti più efficaci di rimpatrio messi in campo dalla Ue. E serve anche un coinvolgimento dell’Onu”, ha sottolineato Meloni.
Poi la presidente del Consiglio ha insistito ancora sull’importanza della degli accordi con il Paesi del Nordafrica, soprattutto con la Tunisia – che può essere il primo di una lunga serie – e ha annunciato che tutto ciò verrà discusso al Consiglio Ue di ottobre.
“La migrazione illegale ha bisogno di una risposta europea – ha detto Von der Leyen – la solidarietà incredibile degli abitanti dell’isola scalda il cuore. Ricordiamo che tutti i coinvolti sono persone che si trovano in una situazione che non hanno voluto loro. Arrivano qui a Lampedusa perché è il posto più vicino”.
Poi Von der Leyen ha illustrato i dieci punti per affrontare la crisi migratoria:
Subito il sostegno all’Italia per affrontare la crisi nell’immediatezza; secondo, aiuteremo a trasferire i migranti fuori da Lampedusa ed esortiamo gli altri Paesi a farlo; terzo, utilizzare il sostegno di Frontex per un rapido rimpatrio dei migranti che non hanno diritto all’asilo; quarto punto, dobbiamo migliorare i nostri sforzi per combattere i trafficanti di esseri umani, abbiamo bisogno di un approccio doppio, magari parlando con la Tunisia, e dobbiamo aggiornare la nostra legislazione; quinto punto, dobbiamo migliorare la sorveglianza navale aerea attraverso Frontex, ed estendere le missioni navali nel Mediterraneo e migliorare l’equipaggiamento della Guardia costiera tunisina. Il sesto punto è agire contro le strutture logistiche dei trafficanti, per rimuovere e distruggere tutte le imbarcazioni recuperate; settimo punto, l’agenzia europea per l’asilo deve dare sostegno all’Italia, respingendo le domande che non rispettano i requisiti richiesti; ottavo punto, le misure più efficaci per lottare contro scafisti e trafficanti sono corridoi umanitari e percorsi legali, per spezzare la narrativa dei criminali; nono punto, migliorare la cooperazione con Oim e Unhcr per offrire rimpatri volontari; ultimo punto, lavorare con la Tunisia per dare vita a nuovi progetti e allo stanziamento di fondi.
(da Fanpage)
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Settembre 17th, 2023 Riccardo Fucile VON DER LEYEN A LAMPEDUSA: ATTO DOVUTO CON NESSUNA GARANZIA SUI SOLDI PER SAIED
La presidente della Commissione Ue ha accettato l’invito di Meloni per l’emergenza migranti Ma la tedesca non porta impegni temporali per l’erogazione dei 250mln di aiuti a Tunisi.
Quando è scoppiata (ancora una volta) la ‘bolla’ di Lampedusa, Ursula von der Leyen era in tutt’altre faccende affaccendata. La presidente della Commissione europea aveva appena richiamato ‘in servizio’ l’ex premier Mario Draghi, affidandogli l’incarico di elaborare un report sulla competitività europea ed era appena rientrata nell’alveo della sua storica maggioranza formata da Ppe, socialisti e liberali, puntando ad un secondo mandato a Palazzo Berlaymont dopo le europee con questa stessa cornice. Insomma, la leader tedesca era impegnata a sterzare dalle ultime frequentazioni con Giorgia Meloni, con la quale ha ‘cucinato’ per tutta l’Ue il memorandum con la Tunisia per frenare i flussi di migranti. Quando la premier l’ha chiamata per invitarla a Lampedusa a verificare con i suoi occhi la situazione fuori controllo per le migliaia di arrivi degli ultimi giorni, la leader tedesca non è stata contenta, ma non aveva altra scelta che dire di sì. E anche in fretta. Ma non porta altro che la sua presenza.
Non è poco. La premier può sfoggiare il risultato di essere riuscita a trascinare la tedesca in Italia, nell’epicentro del dramma. Ma oltre alla ‘photo opportunity’ c’è poco, almeno dal fronte lampedusano, dove tra l’altro la situazione è incandescente di proteste contro la scelta del governo di allestire una tendopoli in un’area militare dove chiudere i migranti.
Come spiegano dalla Commissione europea, “non siamo in grado di fornire una tempistica” sull’effettiva erogazione dei fondi concordati con il presidente tunisino Saied due mesi fa. Si tratta di 150 milioni di euro di assistenza immediata in settori quali l’energia e un primo embrione di riforme per dare stabilità finanziaria al paese. E altri 105 milioni di euro per progetti legati all’immigrazione, in modo da arrestare i flussi verso l’Europa.
“L’attuazione del protocollo d’intesa è in corso – dicono da Palazzo Berlaymont – Si stanno già svolgendo regolarmente incontri tecnici con le autorità tunisine. Il modo in cui funziona il bilancio dell’Ue in generale è che, in primo luogo, i fondi dell’Ue devono essere impegnati per azioni specifiche, prima che i progetti possano essere adottati e poi aggiudicati. Inoltre, a volte, i nostri partner esecutivi hanno ovviamente bisogno di un po’ di tempo per prepararsi al lancio di qualsiasi progetto”.
Questo è il quadro della situazione. Mentre il memorandum con la Tunisia viene criticato non solo dalla maggioranza delle forze politiche all’europarlamento (socialisti, liberali, sinistra e Verdi), ma anche dal mediatore europeo (Ombudsman) che conduce indagini su denunce presentate da cittadini e associazioni circa la legalità delle decisioni europee.
In una lettera a von der Leyen, la responsabile Emily O’Reilly chiede se la Commissione abbia verificato il “rispetto dei diritti umani” prima di firmare l’intesa con Saied e quali azioni intenda mettere in atto per monitorare che questo aspetto del dossier sia rispettato, man mano che il memorandum verrà messo in pratica.
E non ci sono schiarite con i partner europei che in questi giorni hanno chiuso la collaborazione con Roma sulla gestione dell’immigrazione dal nord Africa, nonostante la videoconferenza del pomeriggio tra i ministri Matteo Piantedosi, Antonio Tajani, il francese Gerard Darmanin, la tedesca Nancy Faeser, la commissaria europea Ylva Johansson.
La Germania conferma la scelta di non accogliere più i migranti in arrivo dall’Italia, fino a quando il governo non comincerà a riammettere i cosiddetti ‘dublinanti’, cioè coloro che hanno fatto domanda di asilo in Italia ma sono riusciti a spostarsi in altri Stati. Un debole segnale arriva da Parigi, dove la premier Elisabeth Borne dice che “è arrivato il momento della solidarietà con l’Italia, ma anche della mobilitazione dell’Unione Europea”.
Borne dice anche che il presidente Emmanuel Macron parlerà dell’ultima emergenza con la premier italiana Meloni che a sua volta torna a chiedere attenzione dal Consiglio europeo: “Se ne parli al summit di fine ottobre”, dice. Intanto però non c’è notizia di riapertura delle frontiere francesi, chiuse qualche giorno fa da Parigi. È possibile che il tema sia intanto affrontato dai ministri europei degli Interni, nella loro riunione in programma a Bruxelles il 28 settembre. Il presidente francese Emmanuel Macron e la premier Giorgia Meloni “hanno discusso dell’azione congiunta che potrebbe essere svolta nel Mediterraneo centrale, della prevenzione delle partenze con i Paesi di origine e di transito e, infine, degli sviluppi da dare a livello europeo del quadro del Patto sulla Migrazione per rispondere ai flussi migratori irregolari su lungo periodo”, rende noto un comunicato dell’Eliseo in serata.
La difficoltà maggiore sta nel fatto che è iniziata la campagna elettorale per le europee. Ed è iniziata per tutti. Per chi come von der Leyen cerca un secondo mandato senza correre come candidata all’Europarlamento e per le forze politiche di ogni paese direttamente impegnate nella gara. La competizione è sfrenata in tutti gli Stati membri, tra le stesse forze al governo e con l’opposizione.
Una situazione che massacra i rapporti diplomatici tra Stati, già difficili con il governo Meloni. La mossa di Berlino contro i migranti in arrivo da Roma, per dire, scaturisce da ragioni di politica interna, spiegano fonti diplomatiche: l’estrema destra dell’Afd ha superato il 20 per cento nei sondaggi federali. Stessa cosa dicasi per le chiusure francesi: come negli episodi di tensione dello scorso inverno con l’Italia, è sempre la propaganda nazionalista di Le Pen ad attizzare il fuoco delle polemiche con Darmanin, che dunque si scarica su Roma.
Domani tra l’altro, mentre la presidente della Commissione europea sarà a Lampedusa, la leader del Rassemblement National sarà a Pontida al raduno della Lega. Il menu è ricco per ulteriori tensioni di coalizione tra Fratelli d’Italia e Lega.
È questo il cortocircuito che nei prossimi mesi, fino al voto di giugno, rischia di stritolare i meccanismi decisionali europei, che non hanno mai brillato per rapidità d’esecuzione. Von der Leyen non poteva che rispondere alla chiamata di Meloni. Rifiutare sarebbe stato peggio. Ma ormai è un tutti contro tutti con problemi grossi sul campo che però non aspettano.
(da Huffingtonpost)
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Settembre 17th, 2023 Riccardo Fucile LA SEGRETARIA DEL PD AL FESTIVAL DI OPEN A PARMA
Che in parte le critiche piovute addosso a Elly Schlein negli ultimi
mesi siano legate al fatto che la leader dem sia una donna lo ammette lei stessa. «C’entra anche questo, non solo, ma anche questo» dice la segretaria del Pd ospite del Festival di Open a Parma, intervistata da Enrico Mentana.
Eppure la strada iniziata dopo la vittoria delle primarie dem era già in salita: «Abbiamo messo in campo uno sforzo dopo una sconfitta molto dura – ammette Schlein – Il Pd è un partito che si è rimesso in campo ed è riuscito a determinare una partecipazione popolare», proprio con quelle primarie. E oggi «chi dava il Pd per morto, lo abbiamo smentito» rivendica la leader dem.
Come all’opposizione, anche alla guida del governo è la prima volta di una donna alla Presidenza del Consiglio. E oggi nella politica italiana «abbiamo bisogno di leadership femminili. Ma soprattutto di una leadership femminista, che contrasti il patriarcato». E invece Giorgia Meloni, incalza la segretaria Pd, «è la prima presidente del Consiglio donna che indebolito le condizioni delle donne. Limitando “opzione donna” ha indebolito le pensioni femminili, poi ha indebolito la politica per i nidi. Non ce ne facciamo niente di una premier donna se non migliora le condizioni della donna. In questo chiediamo uno scatto un più a Giorgia Meloni».
Gli errori del passato
Sul passato del Pd e sulle ragioni delle sconfitte, Schlein prova a fare autocritica in viste delle prossime sfide: «Non mi fido di un partito in cui non vola una mosca. Non basta il cambiamento della testa del partito, se non c’è cambiamento e mobilitazione sul territorio». Se il Pd ha perso le elezioni è innanzitutto perché «ha mancato di essere vicino alle persone – spiega Schlein – ha mancato nell’avanzare proposte semplici come parlare di redistribuzione delle opportunità, delle ricchezze, dei saperi, del tempo delle persone». Per questo l’ultima estate «è stata militante: la lotta per la Sanità pubblica tocca dal vivo le persone, così come la battaglia sul salario minimo».
Il piano sull’immigrazione
Tra gli errori storici del Pd secondo Schlein c’è anche quella di non aver mai riformato davvero la legge Bossi-Fini, «con cui come Italia ci siamo incasinati da soli». E ora che il tema dell’immigrazione torna a imporsi ancora una volta come emergenza, la segretaria del Pd mette in chiaro la sua proposta: «Il nostro piano è semplice, è quello di partire dall’Unione Europea. Chiediamo di stracciare e riformare le ipocrite regole di Dublino e far valere un meccanismo di condivisione obbligatoria tra tutti i Paesi Ue, perché il meccanismo volontario non ha mai pagato».
Una battaglia che secondo Schlein non viene neanche tentata da Meloni «perché non ha il coraggio di dirlo a Orban. Quando è andata in Polonia, ha detto che hanno ragione loro, contro gli interessi italiano. Sbagliano, perché non è tollerabile volere solo i benefici dell’Ue senza le responsabilità».
Radicale o di sinistra?
Nella scelta tra sentirsi più radicale o di sinistra, Schlein prova a rispondere con diplomazia: «Spero di riuscire a essere popolare nelle proposte che faccio». Ma poi rilancia: «Mi si accusa di avere portato il partito troppo a sinistra. Non so se io abbia questa colpa. E se sia una colpa. Il 70% degli italiani accetta la proposta del salario minimo. È una battaglia giusta come quella sulla salute pubblica, sulla scuola pubblica. Sono battaglie di sinistra. E io sono orgogliosa di essere di sinistra».
(da Open)
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Settembre 17th, 2023 Riccardo Fucile IL PRESIDENTE DELLA CEI AL FESTIVAL DI OPEN A PARMA
Sorride, scherza volentieri, il Cardinale Zuppi, ospite d’onore della prima edizione del Festival di Open che è chiamato a concludere, a poche ore dal rientro da una delicatissima missione diplomatica in Cina.
Lo fa per sciogliere la tensione della grande responsabilità affidatagli da Papa Francesco – quella di cercare testardamente una via di dialogo tra Russia e Ucraina -, per «svicolare» da qualche domanda “indiscreta”, e soprattutto per la sincera gioia di poter rispondere di fronte alla piazza gremita di Parma alle tante curiosità rivoltegli dai giovani giornalisti di Open: Gianluca Brambilla, Ygnazia Cigna, Antonio Di Noto, Alessandra Mancini.
Ma su alcuni punti fermi etici non intende mostrare incertezze: il tono si fa serio e sale di livello, così che la riposta arrivi forte e chiara. «L’incompatibilità è strutturale», scandisce netto il presidente della Cei, quando la redazione di Open gli chiede conto del contrasto tra chi si professa orgogliosamente cristiano e poi mostra atteggiamenti di chiusura e paura per il diverso. Strutturalmente incompatibili, né più né meno, i due piani, perché – ricorda Zuppi – «il nostro Signore ci ha detto: “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Punto e a capo. Non ci ha detto come deve essere questo prossimo. E se lo dici tu, tradisci l’impegno evangelico».
E se c’è un secondo passaggio su cui il cardinale non è disposto a concedere un millimetro a critiche o incertezze, è sul senso dell’impegno suo e di Papa Francesco per la pace – ardua, impervia, difficilissima – tra Russia e Ucraina. «Se la mia missione può fallire? Certo. E ci sono quelli che ne sarebbero contenti. Ma se pure così fosse, avrei l’orgoglio di fallire provandoci, piuttosto che guardare come uno spettatore contento che fallisca», si accalora il Cardinale, strappando il lungo applauso di Piazza Garibaldi.
Un altro approccio all’immigrazione
Capitolo immigrazione. La “vecchia, nuova” crisi che ancora una volta attanaglia l’Italia, e l’Europa intera, quella cui anelano le migliaia di migranti che da giorni, settimane e mesi arrivano senza soluzione di continuità a Lampedusa. Che fare? E che dire, lo sollecita Open, della risposta che sta mettendo in campo da Cutro in poi il governo di Giorgia Meloni (atteso lunedì da un Cdm che si prevede denso di novità in proposito)? La si può definire “umana”, come Zuppi ha più volte in passato auspicato sia la politica sui migranti dell’Italia? «Qualche volta mettiamo in discussione i diritti, quelli fondamentali», risponde Zuppi, «e questo è sempre pericoloso, per tutti». Se a misurarsi a fatica con la sfida epocale dell’immigrazione, ricorda il Cardinale, sono da 40 anni governi di ogni colore («giallo, rosso, verde, con varie soluzioni cromatiche, scherza»), ebbene oggi «ci si ritrova ancora in una situazione che fa una certa fatica a oggettivizzare il problema e a trovare dei meccanismi risolutivi. E oggettivamente è un problema che non può non avere collaborazione vera dell’Europa». Quale sarebbe dunque, anche qui, la via maestra? Tanto semplice quanto difficile. La questione «si risolve con la legalità, con dei flussi regolati, garantendo l’arrivo dignitoso, umano, come si può fare, e mettendo a punto quei meccanismi istituzionali che lo consentano». Se la stessa Confindustria lamenta, in Emilia-Romagna o altrove, problemi di manodopera, o il mondo della sanità la carenza degli infermieri, beh, forse allora la soluzione si può davvero trovare, ricorda Zuppi. Quello che non è e non può essere accettato, poco ma sicuro, è l’atteggiamento di chi – in Italia o altrove – si professa cristiano ma poi mostra chiusura e paura verso il diverso. «Incompatibilità strutturale», scandisce il Cardinale ricordando l’essenza del messaggio biblico: «Ama il prossimo tuo. Punto. Non è previsto scegliere “quale” prossimo». Che significa questo imperativo, calato nella sfida odierna delle migrazioni? Per citare un azzeccato slogan di una campagna della Caritas, richiama Zuppi, essere «liberi di partire, liberi di restare». Chi sa di poter trovare istruzione e lavoro nel posto dove ha le radici, ricorda il Cardinale, in genere resta. Ma a tutti resta un unico dovere: stare vicino a chi ha bisogno. «Saremo giudicati su questo: avevo fame, mi hai dato da mangiare».
La lotta per l’ambiente e la lezione della pandemia
Interrogato dalla reazione di Open su due dei temi da sempre al cuore del giornale, la battaglia contro il cambiamento climatico e quella per i diritti di tutti, Zuppi rievoca volentieri il senso delle encicliche emanate da Papa Francesco. Che vanno lette insieme, spiega il Cardinale, per coglierne appieno la potenza. Laudato si’, quella emanata nel 2015 che predica una «ecologia integrale» come strumento per difendere innanzitutto i poveri, la pace e la società. Ma anche Fratelli tutti, l’enciclica pubblicata nel 2020, in piena epoca pandemica. «La Terra è la casa comune: dobbiamo imparare a trattarla bene tutti, perché ci coinvolge tutti. Se no non ci si può più vivere, e chi paga il prezzo son sempre i poveri. Il deserto cresce, e dal Sahel scappano. Dunque impariamo a essere davvero fratelli tutti. La pandemia ce l’ha insegnato?», chiede alla platea Zuppi. «Un pochino sì. L’abbiamo imparato? Onestamente poco, ce lo siamo scordati. E non dobbiamo attendere la prossima pandemia – che è una guerra – per ricordarcelo. Se non guardiamo al futuro, ci perdiamo tutti. Dobbiamo lasciare, costruire per quelli che arrivano dopo», sprona Zuppi, che ricorda come Papa Francesco stia finalizzando la sua terza enciclica (la quarta se si considera Lumen fidei, pubblicata nel 2013 ma scritta per la gran parte da Benedetto XVI) che farà uscire «tra poco» proprio per dare questa nuova spinta.
(da Open)
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Settembre 17th, 2023 Riccardo Fucile PERCHE’ NON E’ ESCLUSO IL GUASTO MECCANICO
Sono due le ipotesi principali su cui lavorano gli esperti
dell’Aeronautica militare sulle cause che hanno portato all’incidente aereo avvenuto ieri pomeriggio, 16 settembre, a Torino, dove l’Aermacchi MB-339 delle Frecce Tricolori ha perso quota e si è schiantato al suolo, travolgendo l’auto su cui viaggiava una famiglia con una bambina di cinque anni che ha perso la vita. Come riporta il Corriere della Sera, gli esperti valutano la possibilità che l’aereo sia entrato in collisione con uno stormo di uccelli, ma non è escluso anche il guasto meccanico. La prima ipotesi è stata da subito quella considerata più probabile, almeno fino a ieri sera: il pilota avrebbe lanciato l’allarme al capo squadra parlando di «problema al motore» e «bird strike», scontro con gli uccelli. Un rischio, quello legato a uno scontro con i volatili – che tendono a finire nei motori fino a metterli fuori uso – che infatti era considerato elevato. «Purtroppo quando c’è un imprevisto in decollo, che sia lo stormo di uccelli o un problema al motore, cambia poco: una perdita di potenza in decollo ti lascia pochissimo tempo, la velocità è bassa, la quota poca. Con un monomotore non resta che eiettarsi», ha spiegato al Corriere Simone Pagliani, 50 anni, pilota delle Frecce Tricolori dal 2002 al 2009 (e oggi pilota civile). «Il primo pensiero (quando ha saputo dell’incidente, ndr) è stato per la famiglia della vittima – confessa Pagliani -: ho un bambino di 6 anni. Poi mi sono sentito vicino al pilota perché so quanto sono delicate queste fasi del volo e so che i piloti mettono al primo posto la sicurezza».
Le indagini
Il Corriere descrive anche le modalità dell’incidente: il biposto dopo essersi staccato ha perso quota in «modalità controllata», e il pilota è rimasto fino all’ultimo momento utile a bordo, per poi azionare il seggiolino eiettabile. Il resto della pattuglia si dirige infine a Milano Linate, dopo aver provato due volte – senza successo – ad atterrare a Torino. Parallelamente alla magistratura, dovrà indagare la commissione di investigazione dell’Aeronautica. Anche attraverso il campionamento dei liquidi (olii, carburante), il controllo dei sistemi idraulici, l’ascolto delle registrazioni audio e l’analisi dei rottami.
(da Open)
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Settembre 17th, 2023 Riccardo Fucile “IN ASSENZA DI UN PROCESSO DI SVILUPPO CHE ABBRACCI TUTTA LA RIVA SUD DEL MEDITERRANEO SARANNO DELLE TENDENZE INARRESTABILI E INCONTROLLABILI”… “LE POPOLAZIONI GIOVANISSIME VANNO VERSO LE LUCI DELLA CITTÀ, SE NOI NON ACCENDEREMO UN MAGGIOR NUMERO DI LUCI IN QUEI PAESI”
Bettino Craxi il 14 febbraio 1992 è a Venezia. Dal dicembre del 1989 era stato nominato Rappresentante del Segretario Generale dell’ONU per i problemi del debito del terzo mondo. Accanto ha Gianni De Michelis: “Le popolazioni sono soggette a un tasso di incremento demografico che è ancora molto alto. Sono iniziate correnti emigratorie e immigratorie che in assenza di un accelerato processo di sviluppo che abbracci tutta la riva sud del Mediterraneo sono destinate a gonfiarsi in un modo impressionante. E saranno delle tendenze inarrestabili e incontrollabili. Paesi con popolazioni giovanissime i quali vanno naturalmente verso le luci della città se noi non accenderemo un maggior numero di luci in quei paesi. In realtà le grandi nazioni ricche del mondo non compiono o non sono ancora in condizione di compiere lo sforzo che viene considerato necessario per ridurre queste distanze. Le distanze sono assai grandi sono abissali ed è questa, ripeto, la questione sociale del nostro secolo”.
Tendenze inarrestabili e incontrollabili. Tre giorni dopo, il 17 febbraio, arrestarono Mario Chiesa e iniziò, formalmente, Mani Pulite e la seconda, terza, ennesima repubblica che ci ha accompagnati verso questi trent’anni di fulgida trasparenza, floridità e sicurezza fino a una promessa di sconfitta della povertà (per ora rimandata).
Per l’immigrazione, problema locale africano o giù di lì, c’era evidentemente tempo. Non è stato sicuramente un complotto, ma di certo quella rivoluzione italiana, come poi le rivoluzioni delle primavere arabe, hanno portato solo dei pesanti autunni. L’inverno sta arrivando: per l’Europa. E viene da Sud.
(da agenzie)
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