Ottobre 12th, 2023 Riccardo Fucile
INSEGNO RESTA NONOSTANTE IL FLOP E BERLINGUER DOPPIA DE GIROLAMO
Dire flop è dire poco. I nuovi programmi lanciati dalla Rai che avrebbero dovuto sostituire non solo le corazzate salpate per altri lidi ma addirittura ribaltare lo story telling dell’Azienda pubblica, naufragano miseramente. Va male Agorà, Caterina Balivo con La volta buona non fa gli ascolti che erano di Serena Bortone su Rai1 che a sua volta prende schiaffi al posto di Massimo Gramellini con Chesarà su Rai3.
Va malissimo Pino Insegno con Il Mercante in fiera programma riciclato che raccolse gli stessi insuccessi pure nel 2006 su Italia1.
Tetragona voglia di perdere e a reggere sono solo le linee, programmi già sperimentati, con Alberto Matano in testa.
E dunque si corre ai rimedi ingaggiando per l’anno che verrà Massimo Giletti, fuoriuscito da La7 è che potrebbe regalare gli ascolti di un tempo. Un passaggio felice per il giornalista che ha sempre sognato il «ritorno a casa»: «Ho scelto da tempo la linea del silenzio per rispetto dei magistrati – commenta il conduttore – ma oggi voglio solo dire che forse sbaglia chi pensa che una foglia caduta sia una foglia morta: non le ha mai viste danzare nel vento illuminate da un raggio di sole».
Ma per un lieto ritorno c’è un programma di punta che ha dato risultati disastrosi. Parliamo di Avanti popolo, l’approfondimento affidato alle capaci mani di Nunzia De Girolamo, stavolta non all’altezza di se stessa e di Ciao Maschio. I dati Auditel non lasciano spazio a dubbi o interpretazioni: vince la sfida di prima serata con 1.274.129 e l’8,06% di share Giovanni Floris con Di Martedì, dunque
È sempre Cartabianca condotto da Bianca Berlinguer su Rete4 con 869.474 e il 6,54% di share che doppia appunto Avanti popolo su Rai3; quest’ultimo raccoglie 574.052 teste e un misero 3,63% di share.
Che cosa non ha funzionato? In Rai poco ci si sbilancia ma gli analisti addebitano l’insuccesso al fatto che si tratti di un programma spurio, senza precisa identità e che gli affezionati di Rai3 avrebbero voluto una trasmissione solo incentrata sulla guerra Israelo-palestinese, sui rapimenti, sulle possibili ripercussioni e non un siparietto moglie-marito come quello offerto da Boccia e De Girolamo.
Alle brutte è toccato all’ad Rai Roberto Sergio difendere i suoi e lo ha fatto con le unghie e con i denti nel corso dell’intervista a Luigi Contu dell’Ansa nell’ambito dell’iniziativa Ceo for Life.
La prima ciambella viene lanciata a Pino Insegno che non riesce a superare il 2% di share, fortemente voluto da questa dirigenza e da questo Governo: «Sono indignato –sbotta Sergio – per la violenza mediatica e preventiva nei confronti di Pino Insegno e del suo programma. Insegno è un professionista serio, che ha accettato una sfida molto complessa. Voglio dare una notizia: il suo programma non verrà chiuso».
Sembra infatti che si stiano registrando nuove puntate con personaggi di spicco capaci di attrarre, almeno loro, l’attenzione del pubblico. E qui arriva la madre di tutte le notizie, quella che vede Massimo Giletti ritornare in Rai, da gennaio, dopo la burrascosa uscita dall’orbita di Cairo. «Riparto dal basso», dice il conduttore in uno spot girato per la partenza, dal 6 di novembre, di Viva Rai2! con Fiorello, altra boccata d’ossigeno per Viale Mazzini.
E a proposito delle fughe eccellenti, Roberto Sergio non si fa sfuggire l’occasione di attaccare Fabio Fazio. Domenica sul Nove sbarca Che tempo che fa che non ospiterà, a differenza di quanto annunciato in precedenza, Patrick Zaki. Una scelta – assicura il conduttore – non dovuta alle polemiche per le frasi su Israele pronunciate dall’attivista, che aveva definito il premier israeliano Benyamin Netanyahu «un serial killer», ma resa necessaria dalla scaletta cambiata dopo l’attacco di Hamas. L’ad dunque attacca: «Se va via per scelte economiche, non puoi dire che l’Azienda che lasci ti avrebbe condizionato. E poi sei il primo a censurarti».
Il nodo Fedez affrontato non senza qualche imbarazzo: «La notizia della sua non partecipazione a Belve è stata ufficializzata casualmente durante il suo ricovero. Il problema è che non sono stati definiti i rapporti dopo il Primo Maggio e Sanremo, quando non ha brillato. Tutto questo deve essere chiarito e poi potrà continuare a partecipare».
Sergio assicura che non c’è alcuna rivalità con il direttore generale Giampaolo Rossi e si dice fiducioso sul futuro della Rai. Una precisazione che arriva puntualissima, proprio quando in Rai si parla della Lega intenta a rompere con FdI, il tutto per far saltare all’attuale direttore generale Giampaolo Rossi la possibilità dello switch al vertice proprio con l’ad Sergio, un’alternanza già decisa che dovrebbe scattare a fine mandato nel luglio 2024.
Ma la Lega non ci sta più. Meglio Sergio su quella poltrona perché espressione di tutta la maggioranza e non Rossi, uomo legatissimo a FdI e soprattutto alla premier e sul quale Giorgia Meloni conta moltissimo per le questioni Rai.
(da agenzie)
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Ottobre 12th, 2023 Riccardo Fucile
E POI METTE IL CARICO: “PRONTI A RIVELARE SEGRETI SUL MEMORANDUM DISATTESO”… MELONI SPROFONDA NEL RIDICOLO
Il Memorandum d’intesa con la Tunisia, firmato dalla Commissione europea su spinta del governo italiano, non si sta rivelando soltanto un fallimento su tutti i fronti, ma rischia addirittura di trasformarsi in un boomerang.
Come confermato da un portavoce dell’esecutivo Ue a la Stampa, Tunisi materialmente restituito i 60 milioni di fondi che Bruxelles aveva versato nelle scorse settimane.
Ma non è finita: parlando con i media locali, il ministro degli Esteri Nabil Ammar ha minacciato di rivelare pubblicamente «informazioni che non sono nel loro interesse». Un gesto in risposta alla mossa del commissario europeo Oliver Varhelyi, che una settimana fa aveva pubblicato sul social network «X» la lettera ufficiale con la quale il governo tunisino aveva comunicato il numero di conto sul quale versare la somma, sfidandolo: «Se non volete i soldi, restituiteceli». Detto, fatto.
Un vero e proprio schiaffo che segna un nuovo picco nella crisi diplomatica esplosa nelle ultime settimane, durante la quale il presidente Kais Saied prima ha respinto una delegazione della commissione Affari Esteri del Parlamento europeo e poi ha cancellato l’incontro con i funzionari Ue che avevano organizzato una missione a Tunisi per discutere dell’applicazione del Memorandum, l’accordo firmato nel luglio scorso alla presenza di Ursula von der Leyen, della premier Giorgia Meloni e del suo collega olandese Mark Rutte.
La Tunisia ha espresso in più occasioni il suo malumore per i ritardi nel versamento dei fondi previsti dall’accordo (105 milioni per la gestione dei flussi migratori e 150 milioni di sostegno economico al bilancio) e durante l’estate c’è stato un aumento degli sbarchi.
Il 22 settembre scorso, la Commissione ha annunciato in pompa magna lo stanziamento di 127 milioni di euro «a sostegno dell’attuazione del Memorandum d’intesa», anche se in realtà l’esecutivo guidato da Ursula von der Leyen ha fatto una sorta di gioco delle tre carte.
Dei 127 milioni annunciati, 60 milioni fanno parte di un precedente pacchetto di aiuti per la ripresa economica post-Covid, mentre solo 67 milioni sono legati alla gestione dei flussi migratori.
Non solo: di questi, soltanto 42 milioni fanno parte del capitolo immigrazione del Memorandum firmato a luglio, mentre i restanti 25 milioni erano già stati stanziati nel 2022. Un gioco di prestigio che ha subito scatenato l’ira di Saied: «Non accettiamo l’elemosina».
Il bonifico di Bruxelles è comunque partito il 3 ottobre, ma il giorno successivo il ministro degli Esteri di Tunisi, Nabil Ammar, ha rivelato di non aver accettato la somma.
A quel punto il commissario Varhelyi – lo stesso che nei giorni scorsi ha scatenato il caos annunciando sempre su «X» lo stop dei fondi ai palestinesi, poi smentito dalla stessa Commissione – ha replicato al tunisino sui social network, chiedendogli di restituire i soldi e pubblicando la lettera con la quale il ministro dell’Economia aveva fornito le coordinate bancarie per il pagamento.
Un atto definito grave da Tunisi. «Se questo dovesse ripetersi, riveleremo altre realtà che non sono nel loro interesse – ha detto Ammar alla stampa locale –. La Tunisia non supplica nessuno e il mondo non si limita a questo o quel partner».
Il 25 settembre scorso lo stesso Ammar è volato a Mosca per incontrare il suo omologo Sergey Lavrov, con il quale ha firmato un accordo commerciale: la Russia invierà i suoi turisti in Tunisia, che in cambio importerà il grano russo.
(da agenzie)
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Ottobre 12th, 2023 Riccardo Fucile
“SU MIMMO UN’INDAGINE FONDATA SUL NULLA, UN UOMO PERBENE E’ STATO INFANGATO E DISTRUTTO, L’ACCOGLIENZA NON E’ UN REATO”
«È la fine di un incubo che in questi anni mi ha abbattuto tanto, umiliato, offeso. A questo punto spero che pure la Rai si ricreda e mandi in onda la famosa fiction girata con Fiorello a Riace», ha rivelato l’ex sindaco del comune calabrese Mimmo Lucano alla testata calabrese La C news. Dopo aver saputo dal suo paese nel reggino della sentenza di secondo grado che ha fatto cadere quasi tutte le accuse a suo carico, i pensieri di Lucano sono subito andati a quella fiction Tutto il mondo è paese, diretta da Giulio Manfredonia e con protagonista Beppe Fiorello, bloccata dalla Rai dopo averla prodotta.
All’appello dell’ex primo cittadino si è unito il sottosegretario al ministero della Cultura e sindaco di Arpino Vittorio Sgarbi: «Adesso spero che la Rai accolga l’appello di Lucano di mandare in onda la fiction girata a Riace e che racconta quell’esperienza straordinaria».
Il critico d’arte ha voluto anche dire la sua sul processo Xenia che in primo grado aveva condannato Lucano a 13 anni e due mesi: «Sin da subito, leggendo le carte, dissi che quella su Lucano era una indagine fondata sul nulla. L’accoglienza non può essere un reato. Lucano ha solo fatto scelte amministrative ispirate all’umana solidarietà. E quell’esperienza di accoglienza poteva diventare un modello, anche in ragione dell’integrazione tra la comunità locale e i migranti. Lo Stato ha sprecato migliaia di euro, mentre un uomo per bene è stato infangato e distrutto politicamente. questa vicenda ripropone il tema della qualità delle indagini preliminari, e dunque dello scrupolo e del rigore che dovrebbe ispirare il lavoro di chi indaga per evitare processi inutili».
La fiction Rai e il biopic Netflix
Tutto il mondo è paese è uno sceneggiato mai andato in onda in Tv e prodotto da Picomedia, Ibla Film e Rai Fiction. La realizzazione, che risale al 2014, era stata proposta dall’emittente televisiva nazionale e voleva raccontare il successo del modello Riace per l’accoglienza e l’integrazione dei migranti. La prima messa in onda era prevista per febbraio 2018 ma, con lo scoppio del caso Lucano, la fiction era stata posticipata più volte fino alla sospensione definitiva. Ora gli appelli di Lucano e Sgarbi la riconsegnano al presente. Toccherà alla Rai prendera la decisione se riesumare dai suoi archivi la sua produzione o se mettere definitivamente la parola fine alla questione. L’ex sindaco di Riace aveva anche annunciato una collaborazione con Netflix per realizzare una serie autobiografica sulla sua storia. Di questo progetto però non si hanno per ora aggiornamenti.
(da Open)
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Ottobre 12th, 2023 Riccardo Fucile
LA PROCURA HA CHIESTO MULTA DA 10.000 EURO
Attesa oggi la sentenza nel processo che vede imputato lo scrittore, che nel 2020 definì la leader di FdI «bastarda» durante un intervento Tv sui migrant
La procura di Roma ha chiesto la condanna a una multa di 10mila euro per lo scrittore Roberto Saviano, imputato al processo per diffamazione ai danni di Giorgia Meloni, per averla definita «bastarda» nel 2020 durante una trasmissione Tv in cui si parlava di migranti.
Intervenuto per dichiarazioni spontanee in aula, lo scrittore ha definito la stessa querela della premier «un comportamento di intimidazione. Oggi – ha detto davanti al giudice monocratico – sono qui senza Michela Murgia, che mi è sempre stata accanto».
Saviano ha poi aggiunto: «Pur nell’assurdità di essere portato a giudizio dal presidente del Consiglio dopo averla criticata, non c’è onore più grande che può essere dato a uno scrittore che vedere le proprie parole mettere paura a un potere tanto menzognero. Quando un giorno ci si chiederà come è stato possibile lasciar annegare tutte queste persone in mare, il mio nome non sarà tra quelli dei complici».
Lo scrittore si è poi chiesto: «Davvero stiamo accettando che il potere politico pretenda che il potere giudiziario delimiti il perimetro nel quale può muoversi uno scrittore? È così difficile notare la sproporzione tra chi ha il potere politico e chi ha solo le proprie parole? Sono abituato a pagare un prezzo per ogni parola. Impedire il dissenso significa colpire a morte il cuore pulsante della democrazia»
(da agenzie)
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Ottobre 12th, 2023 Riccardo Fucile
IL RACCONTO DI MEDICI SENZA FRONTIERE: “DISTRUTTA PARZIALMENTE LA NOSTRA CLINICA E LA CASA DEI NOSTRI COLLEGHI INTERNAZIONALI”
“La situazione a Gaza è drammatica. Siamo estremamente preoccupati per i nostri colleghi e per la popolazione, che al momento vive in uno stadio d’assedio”. Comincia così il racconto di Sarah Chateau, responsabile programmi di Medici senza Frontiere, di quello che sta succedendo in Medio Oriente dopo l’attacco di Hamas a Israele cominciato sabato scorso.
Secondo quanto riferito da Chateau, “l’esercito israeliano ha interrotto le forniture di acqua ed elettricità e i bombardamenti sono intensi. Purtroppo non siamo in grado di garantire la sicurezza delle nostre strutture, cosa molto complicata in questo contesto. La scorsa notte i bombardamenti vicino alle nostre strutture hanno parzialmente distrutto la nostra clinica e la casa dei nostri colleghi internazionali”.
Eppure, c’è tanto lavoro da fare: “Ci sono moltissimi feriti. Da questa mattina fino a 3700 persone sono state ferite e circa 700 uccise. L’equipe di MSF sta cercando di lavorare il più possibile, muoversi è quasi impossibile data la portata dei bombardamenti, che è senza precedenti secondo i nostri colleghi di Gaza. Per intensità questa supera davvero qualsiasi cosa abbiano vissuto prima. Attualmente quasi 20mila sfollati si sono rifugiati nelle scuole delle Nazioni Unite ma le scuole non possono ospitare così tante persone. Manca l’acqua e manca l’accesso al cibo. Fino a ieri era ancora possibile inviare rifornimenti a Gaza attraverso l’Egitto ma nelle ultime ore quest’area è stata bombardata”, ha concluso Sarah.
Oltre ad essere attive all’ospedale di Al-Awda, dove solo ieri sono arrivate 50 persone dopo l’attacco al campo di Jabalya, le équipe di MSF hanno allestito una clinica nel centro di Gaza e hanno inviato team chirurgici in due ospedali.
“Scarseggiano le forniture mediche, colpite anche le ambulanze”
“In soli tre giorni abbiamo utilizzato le scorte di forniture mediche di tre settimane. Ieri mattina abbiamo ricevuto nel nostro ospedale un ragazzo di 13 anni il cui corpo era quasi completamente ustionato dopo che una bomba è caduta vicino alla sua abitazione e ha innescato un incendio. È molto difficile trattare casi come questi nelle condizioni in cui ci troviamo ad operare e quando sono coinvolti dei bambini è molto difficile da accettare”, aveva affermato ieri Léo Cans, capomissione di MSF in Palestina, mentre Darwin Diaz, coordinatore medico di MSF a Gaza, aveva raccontato che “in questo momento le ambulanze non possono essere utilizzate perché vengono colpite dagli attacchi aerei”.
(da Fanpage)
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Ottobre 12th, 2023 Riccardo Fucile
PER LA PROCURA È UN ATTO DOVUTO: ADESSO SARÀ DISPOSTA UNA CONSULENZA TECNICA PER RICOSTRUIRE LA DINAMICA DELL’INCIDENTE, CHE HA CAUSATO LA MORTE DI 21 PERSONE. DA CAPIRE EVENTUALI RESPONSABILITÀ DEL GUARDRAIL, GIÀ SEGNALATO ANNI FA COME FUORI NORMA, NELL’USCITA DI STRADA DEL BUS, PRECIPITATO PER 15 METRI
Primi indagati per il bus “volato” dal cavalcavia Superiore di Marghera, la sera dello scorso 3 ottobre, portando con sé le vite di 20 turisti da ogni parte del mondo, oltre a quella dell’autista, il 40enne trevigiano Alberto Rizzotto.
La sostituto procuratore di Venezia Laura Cameli, che coordina le indagini, ha iscritto i nomi di tre persone con le ipotesi di omicidio stradale, omicidio colposo plurimo, lesioni personali stradali gravi o gravissime e lesioni personali colpose: si tratta del padovano Massimo Fiorese, 63 anni, amministratore delegato della società La Linea, proprietaria del mezzo precipitato dal cavalcavia mentre trasportava turisti da Venezia verso il campeggio Hu di Marghera; Roberto Di Bussolo, 51 anni, residente a Mestre, dirigente del settore Viabilità terraferma e mobilità del Comune di Venezia e Alberto Cesaro, 47 anni, residente a Martellago (Venezia) responsabile del Servizio manutenzione viabilità terraferma del Comune.
I tre sono stati convocati per questa mattina, alle 13, in Procura, assieme alle persone identificate come parti offese. Con loro anche il responsabile civile (il soggetto che potrebbe essere chiamato a rispondere degli ingenti danni provocati), per partecipare all’udienza nel corso della quale saranno disposti gli “accertamenti tecnici utili alla ricostruzione della dinamica dei fatti “.
L’iscrizione sul registro degli indagati è un atto dovuto per permettere loro di partecipare alla consulenza tecnica e dunque di difendersi, non un’anticipazione di responsabilità, in questa fase tutta ancora da accertare.
La consulenza sarà disposta come accertamento tecnico non ripetibile. La pm Cameli affiderà l’incarico all’ingegner Placido Migliorino, dirigente del ministero delle Infrastrutture, chiamato il “Mastino” per l’accuratezza con cui svolgeva gli accertamenti sulle manutenzioni effettuate dalla concessionaria autostradale in centro Italia: il soprannome gli fu dato da alcuni dipendenti di Autostrade per l’Italia e Spea, ed emerse nel corso dell’inchiesta sul crollo del ponte Morandi, avvenuto a Genova il 14 agosto del 2018.
Le indagini sull’incidente del bus di Mestre sono svolte dalla polizia locale di Venezia che, martedì pomeriggio, ha depositato in Procura una relazione di un centinaio di pagine. I vigili hanno cercato tutto ciò che può riguardare la vita del mezzo coinvolto nell’incidente e gli incartamenti relativi al cavalcavia: dallo stato di manutenzione, ai progetti per riammodernarlo e metterlo in sicurezza, fino ai motivi che hanno ritardato i lavori, iniziati il 4 settembre, cioè un mese prima della tragedia.
Con molte probabilità la Procura lascerà 90 giorni di tempo all’ingegner Migliorino per ricostruire la dinamica dell’incidente e per accertare le eventuali responsabilità del guardrail (già segnalato alcuni anni fa come fuori norma) nell’uscita di strada del bus, che si è schiantato sulla strada sottostante, ruote all’aria, dopo un volo di una quindicina di metri. Gran parte delle morti e delle ferite dei 35 turisti sono state provocate dal violento urto e dallo schiacciamento con le lamiere del mezzo.
(da il Messaggero)
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Ottobre 12th, 2023 Riccardo Fucile
SI COMINCIA IL 20 OTTOBRE CON S&P, SI FINISCE IL 17 NOVEMBRE CON MOODY’S. SE QUEST’ULTIMA DECLASSA IL DEBITO ITALIANO A JUNK, SAREBBE UNA CATASTROFE PER I NOSTRI TITOLI DI STATO, E SI SCATENEREBBE UN’ONDATA DI VENDITE CHE METTEREBBE A DURA PROVA L’ECONOMIA
Le stime della Nadef rappresentano «un significativo allentamento della politica di bilancio rispetto agli obiettivi precedenti» del governo italiano. Fitch boccia, in modo netto, i conti pubblici del governo Meloni. E l’impressione generale è che si stia preparando a un’azione di rating nei confronti dell’Italia. Il prossimo 10 novembre è chiamata a dare il proprio giudizio.
L’opinione dominante è che possa arrivare un declassamento dell’outlook, da stabile a negativo. La disapprovazione di Fitch è marcata, così come la risposta del ministro del Tesoro, Giancarlo Giorgetti: «Le agenzie di rating fanno il loro mestiere e le rispetto, quando leggeranno la legge di Bilancio, capiranno».
Il mese più lungo per il rating italiano è iniziato nel peggiore dei modi. L’indicazione di Fitch è che la prossima Finanziaria dell’Italia non sarà sostanziata dai fatti. «Le nostre previsioni aggiornate sul deficit pari al 5,2% del Pil nel 2023 e al 4,2% nel 2024 sono ormai vicine ai nuovi obiettivi del governo dopo le nostre revisioni di maggio», spiegano gli analisti della società di rating.
Nello specifico, Fitch prevede un calo più contenuto del debito che in rapporto con il Pil scenderà di 1,3 punti percentuali al 140,3% quest’anno, meno rispetto ai 2,2 punti percentuali stimati a maggio. Di contro, il debito si stabilizzerà al 140% del Pil nel 2025. Un programma considerato “ambizioso”.
A peggiorare la situazione, inoltre, c’è un altro aspetto. Questo governo «deve affrontare una notevole pressione politica affinché mantenga maggiormente i suoi impegni elettorali, il che pesa sulle prospettive di un maggiore consolidamento e riforma per ridurre i rischi fiscali». Da un lato, c’è il rischio che «continui ad aumentare il costo del servizio del debito». Ben oltre i 100 miliardi di euro l’anno. Dall’altro, c’è il timore che il Superbonus vada a impattare contro le regole fiscali dell’Ue, secondo Fitch.
Rapporto che arriva a pochi giorni dal dialogo tra Giorgetti e le controparti sul rating. Il primo atto sarà il 20 ottobre, quando S&P dovrà confermare l’attuale giudizio, per poi continuare il 23 ottobre con Dbrs, 10 novembre con Fitch e concludere il 17 del mese prossimo con Moody’s. Se per le prime tre si prevede un cambio dell’outlook in peggio, per Moody’s non si può escludere un declassamento del rating. Situazione che potrebbe deteriorare la percezione del Paese verso gli investitori istituzionali, già nervosi da tempo. A testimonianza di ciò, c’è un altro indizio di stress. Ieri il Tesoro ha collocato 6 miliardi di euro di Bot a 12 mesi con un rendimento pari al 3,942%, in rialzo di 7 centesimi rispetto alla precedente emissione. Ma, soprattutto, al tasso più alto del giugno 2012. Non un segnale positivo per Roma.
(da La Stampa)
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Ottobre 12th, 2023 Riccardo Fucile
GLI ABITANTI SONO STANCHI E DIFFIDENTI: SI PERCEPISCONO COME OCCUPATI DA ISRAELE, E SI SENTONO PRESI IN GIRO DALL’AUTORITÀ NAZIONALE DI ABU MAZEN, ORMAI AUTO-PROCLAMATOSI PRESIDENTE A VITA E ACCUSATO DI ESSERE COMPLICE DELLO STATO EBRAICO
«Mi sono rimaste acqua e farina per una settimana. Poi non so come faremo». Marwan gestisce un supermercato ad Al Bireh, nei pressi di Ramallah. Poco lontano, una lunga fila di auto è davanti alla stazione di servizio Al Huda. Territori palestinesi al quinto giorno di guerra tra Israele e Gaza. La tensione è palpabile. La gente ha paura di tutto e teme, soprattutto di restare senza i beni di prima necessità.
Qui in zona la parola d’ordine è resistenza. Qualcuno si sta organizzando per domani, per una manifestazione in sostegno di Gaza, una “marcia su Al-Aqsa” invocata da Hamas per aprire una sorta di secondo fronte. Nei Territori vive una intera generazione che non è mai stata libera, che si sente occupata da Israele e abbandonata e presa in giro da quell’Autorità Nazionale Palestinese che, secondo gli accordi di Oslo di trent’anni fa, doveva restare in carica 5 anni e che invece ha tramutato l’area in una monarchia, con Abu Mazen re a vita.
Presidente palestinese che viene accusato di essere complici di Israele. Chiaro (non giustificabile) poi che la radicalizzazione si fa più intensa, strisciante, portandoli a considerare quella e la lotta armata le uniche vie per la libertà. Negli ultimi cinque giorni ci sono stati 17 morti nei Territori in scontri con gli israeliani. I palestinesi accusano gli abitanti di un insediamento di aver ucciso 4 civili a Qusrah, Nablus.
A Betlemme la basilica della Natività è una oasi felice. Come ai tempi del Covid, è vuota. Di solito ci sono ore di fila. Una regola vuole che il sindaco sia cristiano, anche se oramai sono i fedeli del Nazareno sono ridotti al lumicino.
C’è molta paura in giro. La vedi negli occhi della gente, in quelli dei ragazzini, alcuni imberbi che, appena finita la scuola superiore, vestono l’uniforme per il servizio militare e vengono mandati ai check-point. Per loro, tutti sono potenziali nemici.
Andare per strada o in auto non è semplice, neanche a Gerusalemme. Ci si guarda intorno, con circospezione. Se sei in auto e una ti si avvicina troppo velocemente, acceleri, temi che ti venga addosso. Se sei a piedi e vedi una faccia strana di fronte a te cambi marciapiede.
In questo clima, ogni ebreo, anche più di sinistra, progressista, uno che aiuta i profughi e si batte per la Palestina, è visto come pericolo e colono da eliminare da un arabo. Un arabo, anche il più progressista, che lavora da sempre a fianco degli ebrei, è visto come uno di Hamas e quindi da eliminare. Il fatto che si giri armati non aiuta. Trovo Saeed davanti a un bar a Gerusalemme Est: «Sai come finirà? Che pagheremo noi quello che ha fatto Hamas. Lo Stato ce lo possiamo scordare. Noi con loro non c’entriamo eppure diamo la scusa agli israeliani di cacciarci, di pensarci un unico gruppo. Dai, aiutami ad avere il visto, che me ne scappo in Europa».
(da La Stampa)
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Ottobre 12th, 2023 Riccardo Fucile
IL PARLAMENTO GLI HA CHIESTO L’ORIGINE DEL VIDEO SULLA GIUDICE DI CATANIA… OTTIMO ESEMPIO DI TRASPARENZA UN MINISTRO OMERTOSO
Le domande sono semplici: un ministro della Repubblica può essere omertoso?
E se utilizza documenti o immagini per gettare ombra su un potere dello Stato – com’è la magistratura – non ha addirittura il dovere della trasparenza?
Per le risposte è inutile chiedere a Matteo Salvini, a cui ieri il Parlamento ha domandato l’origine del video sulla giudice Apostolico a una manifestazione contro il sequestro dei migranti sulla nave Diciotti.
Il filmato, tenuto in un cassetto per anni da chissà chi, è saltato fuori dopo che la giudice ha deciso di disapplicare il decreto Cutro, soffiando via la foglia di fico appiccicata dalle destre sulla vergogna delle loro balle in materia di contenimento dell’immigrazione.
Per questo è tornato in mente un metodo già visto nel nostro Paese, quando il potere o frange deviate delle istituzioni si dedicavano ai dossieraggi per ricattare chi risultava scomodo.
Ieri, dunque, c’era l’occasione per spazzare via questa ipotesi, dichiarando semplicemente chi ha fatto quel video postato dal segretario della Lega, e possibilmente perché.
Ma come fanno i clan della vecchia scuola, il partito del Carroccio è stato muto come un pesce. E inviando lo sfuggente sottosegretario Molteni ad affrontare il question time alla Camera, ha ulteriormente alimentato i timori sulla faccenda.
Lasciando un unico elemento più che sicuro: i politici reticenti sono un’indecenza. E questo vale ancora di più se chi sceglie il silenzio di fronte a un sospetto tanto grave è famoso per essere un chiacchierone. E sulle chiacchiere Salvini non si batte.
(da La Notizia)
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