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“LE MOTOVEDETTE ITALIANE SONO INADEGUATE A PORTARE I MIGRANTI IN ALBANIA”: L’AMMIRAGLIO IN CONGEDO VITTORIO ALESSANDRO SPIEGA PERCHÉ LE “NAVI DI STATO” NON SAREBBERO IN GRADO DI PORTARE IN TERRA ALBANESE I 36 MILA MIGRANTI

Novembre 9th, 2023 Riccardo Fucile

“SE NON SI METTONO A DISPOSIZIONE IMBARCAZIONI PIU’ GRANDI GLI IMMIGRATI NON POSSONO ESSERE TRASFERITI. E’ UN SEMPLICE CALCOLO, MA QUALCUNO LO AVRÀ FATTO?”

Un Semplice Calcolo. Mentre in Italia vige il segreto di Stato, arriva dall’Albania qualche dettaglio dell’accordo con Meloni. I trentaseimila migranti – senza differenze tra titolari del diritto di asilo e gli altri – saranno portati in terra albanese “con navi di Stato” attraverso il porto di Shengjin.
Da Lampedusa (e ancor più dal mare aperto a Sud) Shengjin dista circa 520 miglia nautiche: un viaggio che le motovedette dedicate al soccorso non potrebbero compiere: per proporzioni (non sono in grado di ospitare a lungo persone a bordo) e per la loro inidoneità a compiere lunghi viaggi (oltre mille miglia fra andata e ritorno per ogni intervento).
Se, per assurdo, una unità della classe 300 – i battelli autoraddrizzanti e inaffondabili che la Guardia Costiera impegna nei soccorsi a Lampedusa – affrontasse tale viaggio, alla velocità di 30 nodi impiegherebbe circa 18 ore soltanto per l’andata, senza mensa, cuccette, infermeria, spazi sul ponte, apprestamenti per l’equipaggio.
A meno che non si mettano a disposizione dell’accordo navi più grandi: i migranti dovrebbero allora essere raccolti a Lampedusa, come adesso, insieme ai tanti che vi arrivano autonomamente, e nell’isola le autorità sarebbero tenute a procedere al riconoscimento e all’avvio delle pratiche di asilo.
Un semplice calcolo, ma qualcuno lo avrà fatto?
(da la Stampa)

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I FLOP ARRIVANO AL PETTINE: PINO INSEGNO NON CONDURRÀ “L’EREDITÀ” DOPO I RISULTATI DISASTROSI DEL “MERCANTE IN FIERA”

Novembre 9th, 2023 Riccardo Fucile

CON LE CONCESSIONARIE PUBBLICITARIE NEL PANICO, MEGLIO FAR FUORI IL DOPPIATORE… È UNA SCONFITTA CAMPALE PER IL DUPLEX MELONI-GIAMPAOLO ROSSI: PENSAVANO DI RIVOLTARE LA RAI COME UN CALZINO TRASFORMANDOLA IN TELE-COLLE OPPIO. E INVECE, COME SEMPRE, HA VINTO IL “PARTITO AZIENDA”

Pino Insegno è definitivamente fuori dalla conduzione de L’eredità, secondo quanto apprende l’Adnkronos. Dopo l’accordo raggiunto oggi con la casa produttrice del game show Banijay Italia, l’azienda ha deciso di non affidare al conduttore del Mercante in fiera anche L’eredità che riparte nel prossimo gennaio.
Chi sarà il conduttore del famoso programma verrà deciso nei prossimi giorni. In pole resta Flavio Insinna ma non è escluso un nuovo nome a sorpresa. Nei giorni scorsi erano circolate indiscrezioni, secondo le quali l’azienda non avrebbe affidato a Insegno la conduzione del programma di Rai 1, a causa dei bassi ascolti del Mercante in fiera, il preserale che Insegno conduce su Rai 2 da inizio stagione ma con scarsi risultati di ascolti e una media del 2 per cento di share
Numeri che rappresenterebbero un grosso guaio se replicati a L’eredità, traino del Tg1 delle 20. “Parole in libertà di qualcuno…. Io non ce la faccio più a sentirvi”, era stato il commento del conduttore.
(da agenzie)

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SIAMO SICURI CHE ABBIAMO FATTO UN BELL’AFFARE A STRINGERE ACCORDI CON L’ALBANIA? DAL TRAFFICO DI COCA AL RICICLAGGIO, COSÌ I CLAN SPADRONEGGIANO SULL’ALTRA SPONDA DELL’ADRIATICO

Novembre 9th, 2023 Riccardo Fucile

“L’IMMIGRAZIONE CLANDESTINA E IL TRAFFICO DI ESSERE UMANI”, SECONDO LA DIREZIONE INVESTIGATIVA ANTIMAFIA NEL SUO ULTIMO REPORT, “È UNO DEI BUSINESS PRINCIPALI DEI GRUPPI CRIMINALI ALBANESI”

«Come si dice? Andare nella bocca del lupo. Anzi: dell’Aquila». Si affida al sarcasmo, «perché sarebbe difficile trovare parole diverse », uno degli investigatori italiani che meglio conosce la linea che c’è tra criminalità organizzata e immigrazione clandestina nel nostro Paese. Una linea che parte dall’Italia.
E una volta su due finisce proprio in Albania, dove Giorgia Meloni vuole trovare la risoluzione ai nostri problemi. In sostanza stiamo portando migliaia di migranti dove, secondo le nostre forze di Polizia, esiste una mafia che ne controlla e organizza i traffici illegali.
«L’immigrazione clandestina e il traffico di essere umani» scrive la Direzione investigativa antimafia nel suo ultimo report, «è uno dei business principali dei gruppi criminali albanesi. Il modus operandi adoperato vede le organizzazioni impegnate nella traversata dai litorali albanesi, attraverso il Canale d’Otranto, di imbarcazioni con numerosi migranti prevalentemente iraniani, pakistani, iracheni, egiziani, siriani e afghani».
Proprio quelli che il Governo vuole recuperare nel Mediterraneo e portare sulle coste albanesi. «Il tratto di approdo — continua ancora la Dia — più frequentemente utilizzato dagli scafisti è costituito dalle coste del basso Salento e, in particolare, quello di Santa Maria di Leuca, con sbarchi anche sulle coste joniche».
Ed è proprio il trasferimento illecito di denaro, il grande tema del riciclaggio, l’enorme punto interrogativo che si spande dietro l’operazione Albania voluta dal governo Meloni. Da tempo l’esecutivo di Edi Rama, per il tramite anche di importanti lobbisti, primo tra tutti l’ex premier inglese Tony Blair (di casa a Tirana), cerca sponde in Europa per portare il suo paese all’interno dell’Unione.
Operazione difficile proprio per i ripetuti alert che le agenzie dell’antiriciclaggio sollevano sull’Albania, che pure sta facendo sforzi con la Procura speciale contro la criminalità organizzata e la corruzione (Spak). Ma evidentemente non basta. È un fatto ormai che la criminalità organizzata albanese rappresenti uno dei principali allarmi mondiali. Lo hanno documentato decine di inchieste condotte prima in Italia poi nel resto di Europa.
Lo ripetono da tempo tutti i principali esperti di mafia: dal procuratore distrettuale, Giovanni Melillo, all’attuale numero capo della procura di Napoli, Nicola Gratteri, che quando era ancora in Calabria aveva individuato i gruppi di Tirana come gli unici veri rivali dei calabresi in tema di traffico di cocaina.
Oggi gli albanesi — i cui clan malavitosi hanno strutture familistiche rigide, e dunque molto difficilmente penetrabili — sono forse i soli, o comunque quelli meglio attrezzati, in grado di parlare direttamente con i narcos sudamericani e occuparsi del trasporto di tonnellate di droga in Europa. Hanno preso i porti di Anversa, Rotterdam, Amburgo.
Hanno infiltrato i paesi arrivando ai piani più alti: in Ecuador esiste un allarme specifico sul grado di corruzione della classe dirigente per mano dei clan di Tirana, tirati in ballo anche per l’omicidio di Fernando Villavencico, candidato presidente ucciso mentre era in campagna elettorale e chiedeva il pugno duro contro il lungo corridoio di coca e sangue (decine gli omicidi in questi anni) che si è formato tra Guayaquil, la città più popolosa dell’Ecuador, e Tirana.
Il traffico ha prodotto miliardi di euro nelle casse delle famiglie albanesi che sfruttando la non irreprensibile normativa antiriciclaggio del Paese stanno investendo dove possono. Il risultato è sotto gli occhi di chiunque faccia un giro per le città albanesi: ragazzini con le super car, investimenti incredibili sul real estate. E ora anche il grande boom del turismo che, come documentano indagini in corso in Italia, è il perfetto canale per riciclare denaro. Tutti temi che sono rimasti fuori dalle dichiarazioni al miele della premier Meloni con il collega Rama, oggi come nei mesi scorsi quando la presidente del Consiglio abbandonò le sue vacanze pugliesi proprio per andare a fare visita dall’altra parte dell’Adriatico all’amico albanese.
Creando non pochi imbarazzi politici: i socialisti europei, di cui Rama fa parte, si preparano proprio la prossima settimana a un incontro in vista delle prossime elezioni e si trovano con uno dei loro a braccetto con una delle principali esponenti sovraniste. Quanto è stretto il mare.
(da La Repubblica)

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META’ DEGLI ITALIANI NON DICHIARA REDDITI

Novembre 9th, 2023 Riccardo Fucile

SECONDO I DATI UFFICIALI IL 47% VIVE A CARICO DI QUALCUNO, UNA PERCENTUALE ATIPICA PER UNA NAZIONE DEL G7

L’Italia non è un Paese di ricchi. Anche perché quasi la metà dei cittadini non paga tasse. Non perché evada – o almeno, non per forza – ma perché semplicemente non produce alcun reddito. I dati arrivano da un report del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, presieduto dall’ex sottosegretario Alberto Brambilla. “L’Italia è un Paese di poveri – si legge nel report – perché se solo 31,3 milioni di cittadini su 59,2 milioni di residenti hanno presentato per il 2021 una dichiarazione dei redditi positiva, significa che il 47% degli italiani non ha redditi e di conseguenza vive a carico di qualcuno, percentuale rilevante e atipica per una nazione del G7”.
Lo studio di Itinerari Previdenziali spiega che nel 2021 erano 1.022.416 i cittadini che denunciavano un reddito nullo o negativo, a cui si aggiungevano 8.832.792 al di sotto dei 7.500 euro lordi l’anno.
L’Irpef, secondo i dati raccolti, ha portato nelle casse dello Stato 175 miliardi di euro nel 2021, in crescita rispetto al passato, ma il 62,5% del totale viene pagato da meno del 14% dei contribuenti. Ovvero quelli che guadagnano più di 35mila euro l’anno. Da qui le proteste del presidente della Cida, Stefano Cuzzilla: “Non è accettabile che poco più del 13% della popolazione si faccia carico della quasi metà degli italiani che non dichiara redditi e trova benefici in un groviglio di agevolazioni e sostegni, spesso concessi senza verificarne l’effettivo bisogno”. Secondo il rappresentate dei dirigenti, non bisogna commettere l’errore di pensare che “le disparità che esistono in questo Paese facciano male solo a chi si trova sui gradini più bassi della scala reddituale”.
Al di là delle proteste di chi paga più tasse perché guadagna di più, però il dato più inquietante è forse un altro: il 42,6% di tutti i contribuenti dichiara meno di 15mila euro, pagando poco meno del 2% dell’Irpef totale. Con o senza aiuti, gli stipendi in questa soglia di reddito rendono difficile sostenere i costi di vita.
(da Fanpage)

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IL DISPERATO VIAGGIO DEGLI ABITANTI DI GAZA PER SFUGGIRE AI RAID ISRAELIANI

Novembre 9th, 2023 Riccardo Fucile

MIGLIAIA DI PERSONE A PIEDI VERSO IL SUD DI GAZA: “ABBIAMO CAMMINATO ACCANTO A PERSONE FATTE A PEZZI”

Migliaia di palestinesi si sono messi in viaggio ieri per raggiungere il Sud della Striscia di Gaza, lasciando l’area Nord dove si sono intensificati i raid israeliani contro Hamas. Lo hanno fatto camminando a piedi per chilometri e chilometri: donne, bambini, anziani e disabili si sono fatti strada, tenendo strette tra le mani bandiere bianche, lungo la Salah al-Din, una delle due autostrade che collegano la parte settentrionale e quella meridionale di Gaza, lungo un corridoio di evacuazione annunciato dalle forze di difesa israeliane.
Un uomo ha raccontato a un giornalista della CNN che lui e i suoi vicini avevano vissuto “giorni orribili”, dopo aver lasciato la propria casa nel nord di Gaza. “Questa guerra non ha lasciato nulla di sicuro: né chiese, né moschee o altro. Oggi hanno lasciato cadere il volantino che ci ordinava di partire verso la presunta zona sicura. Adesso siamo oltre quest’area di Wadi Gaza e sentiamo ancora i bombardamenti. Non esiste un posto sicuro a Gaza”, ha continuato, aggiungendo: “Non è rimasto nulla. Non potevamo portare niente: niente vestiti, niente acqua, niente. La strada qui è stata molto difficile. Non ci è permesso rallentare. Ci sono cadaveri ovunque”
Baraa, una ragazza di 16 anni, ha detto sempre all’emittente americana che stava camminando da molto tempo. “Siamo passati accanto a persone fatte a pezzi, cadaveri. Abbiamo camminato accanto ai carri armati. Gli israeliani ci hanno chiamato e chiedevano alla gente di togliersi i vestiti e buttare via le proprie cose. I bambini erano molto stanchi perché non c’era acqua”.
Ieri le Nazioni Unite hanno dichiarato che almeno 15mila palestinesi hanno lasciato il nord di Gaza martedì, utilizzando la principale arteria stradale, Salah al-Din. Al momento, oltre il 70% dei 2,3 milioni di residenti di Gaza sono sfollati. Intanto, l’esercito israeliano ha fatto sapere le sue truppe di terra hanno circondato Gaza City e sono impegnate in combattimenti contro gruppi palestinesi. Secondo il Ministero della Sanità di Gaza, più di 10.569 persone sono state uccise negli incessanti bombardamenti israeliani dall’inizio della guerra scoppiata dopo l’attacco di Hamas dello scorso 7 ottobre, tra cui 4.324 bambini.
Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha affermato martedì che le truppe dell’Idf si trovavano nel “cuore della città di Gaza” e stavano prendendo di mira le infrastrutture e i comandanti di Hamas. “Gaza è la più grande roccaforte del terrore che l’umanità abbia mai costruito. L’intera città è una grande base terroristica. Sottoterra, hanno chilometri di tunnel che collegano agli ospedali e alle scuole”, ha precisato Gallant. “Continuiamo a smantellare questa capacità”, ha aggiunto mentre migliaia di persone hanno dovuto la propria casa.
(da Fanpage)

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SI FA PRESTO A DIRE INDIPENDENZA: IL 31,2% DELLE DONNE ITALIANE DIPENDE DA PARTNER O ALTRO FAMILIARE MENTRE IL 68,8% SI DICHIARA ECONOMICAMENTE AUTONOMA

Novembre 9th, 2023 Riccardo Fucile

SOLO IL 58% HA UN CONTO CORRENTE INTESTATO PERSONALMENTE, IL 12,9% NE HA SOLO UNO INTESTATO CON IL PARTNER O ALTRO FAMILIARE, E IL 4,8 NON NE HA UNO

Il 68,8% delle donne si dichiara economicamente autonoma a fronte di un 31,2% che dipende da partner o altro familiare. Migliora, quindi, la partecipazione finanziaria delle donne rispetto all’ultima rilevazione del 2017 secondo cui il 37% delle donne era dipendente. Restano, però, problemi e preoccupazioni. Inoltre, solo il 58% ha un conto corrente intestato personalmente, il 12,9% ne ha solo uno intestato con il partner (11,6%) o altro familiare, e il 4,8 non ne ha uno, neppure cointestato.
Sono i dati dell’indagine realizzata da Global Thinking Foundation e dalla testata giornalistica ‘Roba da Donne’ e presentati oggi all’8/o evento annuale della fondazione presieduta da Claudia Segre nel convegno dal titolo “Women for society – Diritti Umani e Sostenibilità economica per l’inclusione sociale”, che si è svolto a Milano, a Palazzo Marino, realizzato con il patrocinio di Regione Lombardia, Comune di Milano, Parlamento Europeo, Commissione Europea, Rai per la Sostenibilità, ministero della Cultura, Asvis e Fondazione Pubblicità Progresso, Forum Finanza Sostenibile e Inclusione Donna, in collaborazione con la Rassegna 4Weeks4Inclusion di TIM.
In apertura è intervenuta in videocollegamento Alessandra Locatelli, ministro per le Disabilità: “Iniziative come queste sono davvero importanti per accrescere la consapevolezza di tutti sul tema della violenza e della parità di genere”.
“Dalle imprese al femminile alle opportunità di carriera nel settore privato, dopo la pandemia, l’intensificarsi della digitalizzazione ha aperto ampi spazi ad una formazione ed informazione diffusa alla portata di tutti e ad un progresso possibile ed un cambiamento culturale per favorire la parità di genere”, ha dichiarato Claudia Segre. Durante l’incontro è stata lanciata We4 (we4women.com), prima piattaforma europea sull’inclusione finanziaria per prevenire la violenza economica, realizzata dalla Global Thinking Foundation con il sostegno di Banco Bpm.
(da agenzie)

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“L’ACCORDO SUI MIGRANTI È MOLTO PERICOLOSO E NON SERVE A NULLA”: L’EX PRESIDENTE E PRIMO MINISTRO DELL’ALBANIA SALI BERISHA MENA DURO SU EDI RAMA

Novembre 9th, 2023 Riccardo Fucile

“LA MELONI SI STA FACENDO INGANNARE DA QUELLO CHE CONSIDERA UN ALLEATO, MA CHE FA TUTTO QUESTO SOLO PER UN TORNACONTO PERSONALE. RAMA È IN GRANDISSIMA DIFFICOLTÀ, PERCHÉ LUI DEVE SALVARSI LA PELLE. È IMPLICATO IN SUPERSCANDALI INTERNAZIONALI. SOLO PER QUESTO HA FATTO L’ACCORDO CON MELONI. TANTO QUESTO CENTRO NON PARTIRÀ”

“Stimo la premier Giorgia Meloni, con la destra italiana abbiamo una vecchissima amicizia. Ma devo dire agli italiani e al vostro governo che state sbagliando e questo accordo sui migranti non serve a nulla. Vi state facendo ingannare da quello che chiamate alleato, ma che fa tutto questo solo per tornaconto personale”. Lo dice Sali Berisha, ex primo ministro e presidente dell’Albania, oggi parlamentare e leader del centrodestra albanese, intervistato dal Corriere della Sera e La Stampa. C’è “un sostegno immeritato a un uomo ricattabile, amico di organizzazioni criminali” aggiunge .
L’accordo sui migranti “è molto pericoloso per tanti motivi – spiega -. Ho paura ad esempio che possa aumentare la xenofobia e non vorrei neanche vedere un giorno proteste in piazza contro l’Italia. L’Albania è un Paese ospitale, accogliente, non c’è razzismo, ma è anche un Paese piccolo che teme perciò possano amplificarsi sul suo territorio i problemi già visti in altri Paesi dove sono nati questi centri”.
Edi Rama “pensa solo al suo potere, ai suoi interessi, temo che approfitterà personalmente del sostegno economico che arriverà dall’Italia. La nostra Corte costituzionale dice che per assegnare l’extraterritorialità a un luogo ci vuole l’autorizzazione del presidente della Repubblica. Edi Rama invece ha fatto tutto da solo, in segreto, senza un mandato. Spero intervenga la Corte di Strasburgo e annulli tutto”.
L’attuale premier “è in grandissima difficoltà, perché lui deve salvarsi la pelle. È implicato in superscandali internazionali. Solo per questo ha fatto l’accordo con Meloni. Ma tanto questo centro non partirà”. Per Berisha “la Corte costituzionale bloccherà questo accordo. Ci sono anche questioni umanitarie da vedere. Credo che altri pareri negativi, da voi o dall’Ue, pioveranno sull’intesa Rama-Meloni”.
(da la Repubblica)

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CACCIA AL CONSENSO E DIVERSIVI: LA PROPAGANDA SECONDO MELONI

Novembre 9th, 2023 Riccardo Fucile

TIRANA COME ARMA DI DISTRAZIONE DI MASSA, COSI’ I GONZI DIMENTICANO LA FALLIMENTARE LEGGE DI BILANCIO

Tutto pur di andare alla ricerca del consenso facile, dell’applauso strappato alla platea con un blitz politico, rigorosamente condotto da Giorgia Meloni in solitaria, come avvenuto per l’accordo sui migranti siglato con l’Albania. E proprio come insegna la vecchia strategia di Colle Oppio. Pazienza se gli alleati mormorano il proprio dissenso, aumentando le tensioni nella coalizione, o se i partner europei restano a bocca aperta. Per la presidente del Consiglio è fondamentale rivendere al pubblico la misura a elevato impatto comunicativo. “First reaction, shock”, si potrebbe dire, citando una celeberrima frase di Matteo Renzi, diventata materiale per i meme. L’accordo stipulato con l’Albania, per la delocalizzazione di appositi centri dei migranti, ha avuto l’effetto coup de théâtre, pur rappresentando solo un altro capitolo che si aggiunge al romanzo propagandistico firmato da Meloni. La foto insieme al premier Edi Rama e le dichiarazioni congiunte sono una perfetta cornice mediatica. E ha fatto presa – almeno inizialmente – sull’elettorato, peraltro su un tema cruciale per la destra: la gestione delle politiche migratorie.
DILETTANTISMO AL POTERE
La premier ha applicato la lezione, appresa fin dai primi passi mossi in politica, nella sezione del Movimento sociale dove hanno spiccato il volo i Gabbiani, la Colle Oppio all’epoca guidati dall’attuale vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli. La spasmodica caccia al consenso è una lezione scolpita bene nella memoria della destra erede della fiamma. E il copione viene oggi recitato da Meloni nell’esperienza di governo, senza badare agli effetti collaterali. A Bruxelles sono stati colti di sorpresa dall’iniziativa di Palazzo Chigi. Per la logica di Meloni è un fattore positivo. Non a caso è salita sul palcoscenico, da sola, intestandosi l’operazione tenuta coperta fino all’ultimo. Gli alleati ne sapevano poco, almeno sui tempi. Il loro fastidio è stato ignorato. Il contenuto del protocollo è relativo, lo stesso Rama ha lasciato intendere che non sarà risolutivo per l’Italia. In sintesi, è la riproposizione di qualcosa di già visto. Certo, si potrebbe obiettare un’approssimazione nella stesura delle leggi, una forma di dilettantismo al potere. A Palazzo Chigi la replica è una metaforica alzata di spalle. Sembra già di sentire «gli italiani apprezzano, fatevene una ragione», tanto per menzionare un mantra in voga nella destra.
Il via libera alla tassa sugli extraprofitti sulle banche è stato un caso di scuola. La premier ha portato la misura in consiglio dei ministri, dove solo Giancarlo Giorgetti, da ministro dell’Economia, era a conoscenza dell’intervento. «Questa è una materia molto particolare e delicata su cui mi sono assunta la responsabilità di intervenire», ha ammesso Meloni di fronte ai malumori per il blitz a Palazzo Chigi. Il vicepremier e leader di Forza Italia, Antonio Tajani, non l’ha presa bene: «La mossa andava concordata prima». E infatti la cosa è finita in pantomima: le banche hanno potuto impiegare le risorse degli extraprofitti per rafforzare i patrimoni. Arrivederci e grazie. Le casse pubbliche non hanno ricevuto benefici, così come l’accordo con l’Albania non risolverà la questione-migranti. Ma il risultato mediatico è stato conseguito, Meloni ha fatto passare il messaggio di un governo che colpisce le banche, i potenti per definizione, per finanziare interventi a favore dei ceti più deboli. Un altro esempio è il video del Primo maggio, realizzato dallo staff di Meloni tra gli stucchi di Palazzo Chigi, con l’annuncio di un decreto lavoro, descritto come lo strumento per rilanciare l’occupazione . Il contenuto del provvedimento si è rivelato debole, se non dannoso. Resta, però, il sorriso della leader a favore di telecamera con gli altri ministri relegati a comparse nella grande rappresentazione social di Giorgia Meloni.
ATTENZIONE SPOSTATA
A fare il paio con questo meccanismo tipico della destra di Colle Oppio, l’ossessione per il ricorso ai diversivi, alle armi politiche di distrazione di massa. Nelle ultime settimane Meloni sta compiendo tutte le mosse a disposizione per distogliere l’attenzione da una manovra deludente, che ha disatteso le promesse della campagna elettorale, dalle pensioni alle tasse. Fino a provocare l’annuncio dello sciopero, il 5 dicembre, dei medici, colpiti dai tagli agli assegni previdenziali. Le proteste sono diventate un rumore di sottofondo al tema lanciato nell’arena mediatica: le riforme istituzionali. Il premierato ha monopolizzato il dibattito. Si parla della revisione della Costituzione, stampa e forze politiche non possono voltarsi altrove. Così il tentativo di denunciare la debolezza della legge di Bilancio perde vigore. E quando l’onda mediatica del premierato si affievolisce ecco che Meloni tira fuori dal cilindro l’accordo con Tirana, stipulato da mesi. Il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari ha sostenuto che l’intesa risalisse ad agosto, durante la visita estiva della premier in Albania. Una novità rimasta sottotraccia per mesi. L’annuncio è arrivato, proprio a pochi giorni dall’avvio della sessione di bilancio al Senato, spostando pure il focus della manifestazione del Pd di sabato prossimo. La segretaria dem, Elly Schlein, immaginava una mobilitazione contro le scelte economiche del governo. Sarà costretta quantomeno a correggere il tiro, parlando di riforme e immigrazione. Territori su cui Meloni si muove maggiormente a proprio agio.
(da agenzie)

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GRATTERI E I GIOVANI D’OGGI

Novembre 9th, 2023 Riccardo Fucile

“AI RAGAZZI INTERESSANO SOLO I SOLDI”

Il procuratore capo di Napoli Nicola Gratteri, forse il più famoso magistrato italiano in attività, dice che ai ragazzi interessano soltanto i soldi: ciò che si ha, invece di ciò che si è.
Impossibile non essere d’accordo con lui quando aggiunge che, in un mondo senza più valori immateriali, l’insegnante al volante di una vecchia Tipo passa per uno sfigato, mentre il «cafone» col Suv per un modello.
E come dargli torto quando accusa i genitori di atteggiarsi a coetanei dei loro figli, i cineasti di produrre fiction sempre più violente e i presidi di portare magistrati di grido e soubrette nelle scuole a parlare di legalità, anziché portare gli studenti in una comunità di recupero a parlare con i tossici.
Per fortuna l’universo sferzato da Gratteri non è l’unico presente in natura. Ne esiste, e resiste, un altro dove i genitori si sforzano di diventare adulti, i cineasti non si compiacciono nel raccontare il male a senso unico e gli insegnanti, con o senza la Tipo, sanno farsi rispettare, addirittura amare da ragazzi ai quali i «cafoni», con o senza il Suv, fanno ribrezzo e anche un po’ pena. Almeno, voglio sperare che questo universo parallelo ci sia ancora.
Altrimenti, se i genitori, i presidi e i cineasti fossero davvero tutti come quelli passati in rassegna da Gratteri, per quale ragione al mondo i ragazzi dovrebbero abbassare la corazza del loro cinismo e pensare che esista qualcosa di più importante dei soldi?
(da Il Corriere della Sera)

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