Novembre 18th, 2023 Riccardo Fucile “VOGLIAMO SCONFESSARE LA DIFFUSA NARRATIVA SECONDO CUI QUALSIASI CRITICA A ISRAELE È INTRINSECAMENTE ANTISEMITA. ACCUSARE DI ANTISEMITISMO CHI CRITICA NETANYAHU, I COLONI O LE POLITICHE PORTATE AVANTI DALLA DESTRA RELIGIOSA È UNA TATTICA RETORICA PER PROTEGGERE ISRAELE DALLE SUE RESPONSABILITÀ, OSCURARE LA REALTÀ MORTALE DELL’OCCUPAZIONE E NEGARE LA SOVRANITÀ PALESTINESE”
«Siamo scrittori, artisti e attivisti ebrei che desiderano sconfessare
la diffusa narrativa secondo cui qualsiasi critica a Israele è intrinsecamente antisemita». Comincia così una lettera aperta intitolata «Un’equiparazione pericolosa» che da giorni viene commentata e citata sui social e su diversi siti americani. L’appello è stato firmato da oltre mille intellettuali, tra cui spiccano i nomi di Naomi Klein, David Grossman, Judith Butler, filosofa che insegna a Berkeley, e Tony Kushner, sceneggiatore, drammaturgo e premio Pulitzer.
Accusare di antisemitismo chi critica Netanyahu, i coloni o le politiche portate avanti dalla destra religiosa è «una tattica retorica per proteggere Israele dalle sue responsabilità, oscurare la realtà mortale dell’occupazione e negare la sovranità palestinese. Questo insidioso imbavagliamento della libertà di parola viene utilizzato per giustificare il continuo bombardamento militare di Gaza da parte di Israele e per mettere a tacere le critiche della comunità internazionale», denuncia la lettera-appello.
Gli artisti chiedono «un cessate il fuoco a Gaza, una soluzione per il ritorno sicuro degli ostaggi e la fine dell’occupazione in corso da parte di Israele. Condanniamo i recenti attacchi contro i civili israeliani e palestinesi – si legge – e piangiamo questa straziante perdita di vite umane. Nel nostro dolore, siamo inorriditi nel vedere la lotta contro l’antisemitismo utilizzata come pretesto per crimini di guerra con dichiarato intento genocida».
Rispetto agli studenti che nelle università americane legittimano Hamas o aggrediscono i colleghi ebrei, i firmatari dell’appello partono però da un principio fondamentale: «L’antisemitismo è una parte estremamente dolorosa del passato e del presente della nostra comunità. Le nostre famiglie sono fuggite da guerre, molestie, pogrom e campi di concentramento.
Abbiamo studiato le lunghe storie di persecuzioni e violenze contro gli ebrei e prendiamo sul serio il continuo antisemitismo che mette a repentaglio la sicurezza degli ebrei in tutto il mondo». Criticare Israele, è il messaggio, non vuol dire bruciare le bandiere con la stella di David per strada come successo ieri a Torino, o legittimare il terrorismo palestinese considerando le brigate Ezzedim al Qassam dei liberatori.
I valori ebraici, continuano, «ci insegnano a riparare il mondo, a mettere in discussione l’autorità e a difendere gli oppressi rispetto all’oppressore. È proprio a causa della dolorosa storia dell’antisemitismo e delle lezioni dei testi ebraici che sosteniamo la dignità e la sovranità del popolo palestinese».
Naomi Klein e gli altri scrittori firmatari della lettera aperta affermano che le accuse di antisemitismo alla minima obiezione alla politica israeliana continuano ad avere «un effetto agghiacciante, con i leader israeliani che strumentalizzano la storia del trauma ebraico per disumanizzare i palestinesi». Accuse forti alla leadership israeliana, dunque, ma il confronto, anche aspro, è il sale della democrazia.
(da agenzie)
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Novembre 18th, 2023 Riccardo Fucile PIANTEDOSI TIRA IL GOVERNO FUORI DA UN PAPOCCHIO IN CUI SI ERA RITROVATO QUANDO NELL’AULA DEL TRIBUNALE DI CROTONE ERA STATO NOTIFICATO, PER MANO DELLA BONGIORNO NELLE VESTI DI AVVOCATO DELLA CONSAP, UN IMBARAZZANTE RIFIUTO AL RISARCIMENTO IN FAVORE DEI FAMILIARI DELLE VITTIME DEL NAUFRAGIO DI CUTRO
«Lo Stato non si volta dall’altra parte e farà tutto quello che gli compete per indennizzare le vittime di questa tragica sciagura». Alla fine tocca a Matteo Piantedosi sancire ufficialmente il dietrofront e tirare il governo fuori dal guado in cui, probabilmente a sua insaputa, si era ritrovato martedì quando nell’aula del tribunale di Crotone era stato notificato, per mano di Giulia Bongiorno nelle vesti di avvocato della Consap, un imbarazzante rifiuto al risarcimento in favore dei familiari delle vittime del naufragio di Cutro.
Opposizioni indignate e governo e maggioranza in silenzio. Poi dichiarazioni sibilline che hanno presto lasciato intravedere un corto circuito politico-giudiziario che alla fine ha consigliato alla stessa Bongiorno di fare un passo indietro poche ore dopo le parole tranchant del ministro degli Esteri Tajani: «Sarà l’Avvocatura dello Stato a decidere il da farsi».
Alla presidente della commissione giustizia della Camera, ma anche rappresentante legale della Consap, la concessionaria di Stato per le assicurazioni chiamata in causa al processo agli scafisti che si sta celebrando a Crotone, è bastato per capire che doveva tirarsi fuori: «Il mio incarico era estremamente circoscritto e si è già concluso».
Di certo, dopo il clamore suscitato dal rifiuto della Consap (a tutti gli effetti concessionaria di Stato) a risarcire i danni, qualcosa è successo tanto che il governo ha ricondotto la decisione sulla posizione da tenere nelle mani dell’Avvocatura dello Stato e contemporaneamente Bongiorno ha comunicato il suo passo indietro a prescindere dalla decisione dei giudici attesa per la prossima settimana.
Possibile che il governo non fosse a conoscenza della mossa della Bongiorno per conto di Consap? Piantedosi prova a giustificare l’accaduto: «È una di quelle eccezioni processuali che si fanno in contesti giudiziari ma siamo disponibili a valutare qualsiasi formula a sostegno dei superstiti e dei parenti delle vittime di questa tragedia».
«Lo Stato non si volta dall’altra parte e farà tutto quello che gli compete per indennizzare le vittime di questa tragica sciagura». Alla fine tocca a Matteo Piantedosi sancire ufficialmente il dietrofront e tirare il governo fuori dal guado in cui, probabilmente a sua insaputa, si era ritrovato martedì quando nell’aula del tribunale di Crotone era stato notificato, per mano di Giulia Bongiorno nelle vesti di avvocato della Consap, un imbarazzante rifiuto al risarcimento in favore dei familiari delle vittime del naufragio di Cutro. L’indignazione delle opposizioni, che hanno anche sottolineato l’inopportunità dell’assunzione anche di questo incarico da parte di Bongiorno, e dei legali delle vittime.
(da La Repubblica)
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Novembre 18th, 2023 Riccardo Fucile LA SCUOLA NON ERA IL SUO, SI È DIPLOMATO IN RAGIONERIA MA CI HA MESSO 7 ANNI. UN’ESPERIENZA CHE LUI STESSO HA DEFINITO COSÌ: ‘ERO UNO SCEMO’. E CHI SIAMO NOI PER CONTRADDIRLO
«Io sono l’unico comico di destra». Di destra sicuro, sul comico
forse c’è qualche dubbio. Perché certe battute di Andrea Pucci non rientrano nell’alveo del politicamente scorretto, ma del comicamente nullo. Tipo quelle rivolte a Elly Schlein di cui prende le foto venute così così e poi aggiunge: «Già che ci sei dentista e orecchie no? Ridicola».
Oppure: «Alvaro Vitali e Pippo Franco insieme». Il ventaglio della sua «ironia» però è ampio. Spazia dal sessista all’omofobo come quando in un suo spettacolo si chiedeva se a Tommaso Zorzi (ex vincitore del Grande Fratello) il tampone per il Covid lo facessero «nel cu**». Tranquilli, ne ha anche per i neri: «Che vi fate a fare i tatuaggi? Tanto non si vedono».
Va detto che a teatro ha il suo seguito di fedelissimi, tante date sold out da Nord (soprattutto) a Sud con la sua comicità da maschio bianco eterosessuale. Qualcosa di vicino al boomer. Ma c’è a chi piace, come quando guarda il pubblico e si rivolge a una signora: «Chiuda le gambe che si vede la bustina del té». Gli spettatori ridono, ma magari è solo un esperimento sociale.
Eccolo il comico che dà lustro alla città di Milano, tanto da essere premiato con l’Ambrogino d’oro («un onorificenza per me», ha scritto, senza apostrofo, su Instagram) grazie all’onorevole Silvia Sardone (quota Lega) che lo ha proposto secondo logiche di merito o forse clientelari (come sostiene il sindaco Beppe Sala). «Sono onorato, lusingato e fiero» ha detto Andrea Pucci […]: «Si crede che l’intellettualità della comicità (dice proprio così, ndr ) sia solo di sinistra, ma non credo sia giusto. La comicità è far ridere indipendentemente dal colore politico».
Premio di miglior artista del Festival dei Ruderi di Cirella 2023, Andrea Baccan (il suo vero nome) è nato a Milano il 23 agosto 1965. Prima tabaccaio nel negozio di famiglia, poi gioielliere, quindi la svolta da comico. I suoi numi tutelari sono la Valtur, Tiberio Timperi e Pippo Franco. La prima perché gli apre le porte come animatore dei viaggi turistici; il secondo perché lo nota a una cena e poi lo presenta a un autore della trasmissione La sai l’ultima? dove partecipa come barzellettiere; il terzo perché si inventa il cognome d’arte, Pucci, «il ganassa», uno dei personaggi milanesi delle sue barzellette.
La scuola non era il suo, si è diplomato in Ragioneria ma ci ha messo 7 anni: «Ho ripetuto la terza e la quarta classe. In terza siccome facevo confusione la prof d’inglese mi rimproverò, lanciai il libro e mi sospesero». Un’esperienza che lui stesso ha definito così: «Ero uno scemo». E chi siamo noi per contraddirlo…
(da Il Corriere della Sera)
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Novembre 18th, 2023 Riccardo Fucile E CI SONO OLTRE 14 MILIONI DI PERSONE (IL 24,4% DEL TOTALE) CHE RISCHIANO DI FINIRE NELLE MAGLIE PIÙ DEBOLI, “WORKING POOR”, I LAVORATORI POVERI. IN NERO, IN GRIGIO, MA ANCHE CON PART TIME FORZATI E SALARI INADEGUATI
Una povertà ormai «strutturale» che diventa «sconfitta per l’intera società». E non risparmia neppure i minori – anello debole di una iniquità sociale che ne compromette il futuro – né chi un lavoro ce l’ha. Nell’Italia dell’ultimo rapporto Caritas, i poveri assoluti sono 5 milioni 674 mila: rappresentano il 9,7% della popolazione. Molti sono stranieri. A conti fatti, un residente su dieci non ha un livello di vita dignitoso. Senza l’aiuto dei volontari e dei sussidi statali sarebbe il baratro.
In parallelo, per oltre 14 milioni di persone – che rappresentano il 24,4% del totale – si registra anche un rischio di finire nelle maglie più deboli. L’edizione 2023 dello studio che analizza povertà ed esclusione sociale è lo specchio di un Paese che, in tre decenni, ha visto mutare radicalmente il fenomeno.
Basti pensare che tra le nuove forme di povertà s’incasellano anche quella energetica, legata al costo delle bollette, separati e famiglie con figli a carico. Dal 2021 al 2022 i poveri assoluti sono aumentati di 357mila unità. E in questa categoria rientrano anche i cosiddetti “working poor”, i lavoratori poveri. In nero, in grigio – con una regolarità solo apparente – ma anche con part time forzati e salari inadeguati. Deboli, penalizzati e privi di aspettative, sono 2,7 milioni: cercano soltanto di «sopravvivere».
Rappresentano quasi il 23% dell’utenza della Caritas. E così accade che ci siano nuclei con il capofamiglia occupato, ma nel 47% dei casi classificabili in povertà assoluta. Un numero che, nelle famiglie di soli stranieri, s’impenna e supera l’81%. Accanto alle nuove povertà, ci sono ovviamente quelle croniche. Ma ci si può ritrovare nella vulnerabilità sociale da un momento all’altro, a causa di «eventi svolta». Persino il diventare genitori può portare a uno stato di bisogno: i due terzi degli utenti Caritas ha figli. E poi ci sono, appunto, i più piccoli.
«Tutti – commenta la Caritas – possiamo dirci vinti di fronte a 1,2 milioni di minori indigenti, costretti a rinunciare a opportunità di crescita, salute, integrazione. Chi nasce povero, molto probabilmente, lo sarà anche da adulto».
(da agenzie)
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Novembre 18th, 2023 Riccardo Fucile UN TERZO DEGLI ELETTORI M5S E UN QUARTO DEGLI ELETTORI DELLE ALTRE LISTE (SOPRATTUTTO SINISTRA E EX TERZO POLO) E’ A FAVORE DELLA RIFORMA
La presidente del Consiglio Meloni ha proposto il premierato,
definendolo madre di tutte le riforme e ribadendo che con l’elezione diretta del presidente del Consiglio si produce stabilità e fine ai cosiddetti ribaltoni. Grandi perplessità, quando non netta contrarietà da parte delle opposizioni, in relazione almeno a due aspetti: ridimensionamento del ruolo del capo dello Stato e rischio di concentrazione dei poteri nel premier eletto.
Che cosa pensano gli italiani di questa riforma? Diciamo che, come vedremo, sono quanto meno perplessi. Lo sono innanzitutto sull’aspetto principale sottolineato da Meloni: il 25,8% pensa infatti che la riforma proposta produrrà maggiore stabilità e governabilità, mentre 30,2% pensa il contrario e la maggioranza relativa (44%) non sa esprimersi.
Ma lo sono anche sul fatto che la proposta sia un ampliamento della democrazia: il 36,3% sul punto che i cittadini possano esprimersi direttamente. Anche se quasi la medesima percentuale (36,2%) pensa che ci siano dei rischi, insiti appunto nel fatto che potrebbero essere elette (e legittimate da un vasto potere) persone non all’altezza.
E lo stesso avviene riguardo agli effetti sul ruolo del presidente della Repubblica: il 32,2% non ritiene che i suoi poteri attuali siano intaccati mentre il 31,5% vede nella riforma una limitazione dei suoi poteri attuali e il 36,3% non è in grado di esprimersi.
Solo l’abolizione dei senatori a vita incontra un apprezzabile consenso: è d’accordo con la proposta il 48,3% degli italiani, che li considera un istituto ormai superato ed inutile, mentre è contrario il 23,5%, convinto sia giusto valorizzare i cittadini che si sono particolarmente distinti in ambiti importanti.
Richiesti di dare un giudizio complessivo sulla bontà della riforma, di nuovo gli italiani si dividono in tre segmenti quasi equivalenti: il 32,4% esprime un giudizio positivo (molto o abbastanza), e il 31,5% invece ne ha un’opinione negativa, mentre il 36,1% non è in grado di esprimersi. Le opinioni sono correlate agli orientamenti politici, ma va detto che, con la parziale eccezione degli elettori di FdI massicciamente a favore e del Pd fortemente contrari, ci sono posizioni articolate: un terzo degli elettori M5S e un quarto degli elettori delle altre liste (dove è presente soprattutto sinistra e ex Terzo polo) si dichiara a favore della riforma, mentre poco meno di un quinto degli elettori degli altri partiti di centrodestra (Lega, FI, Noi moderati) si schiera contro.
Solo tra studenti e laureati (segmenti relativamente piccoli della popolazione) prevale la contrarietà alla riforma. I ceti popolari, la larga maggioranza del Paese, sono profondamente incerti o, almeno per ora, disinteressati. Non abbiamo chiesto l’intenzione di voto in un eventuale referendum.
Nando Pagnoncelli
per il “Corriere della Sera”
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Novembre 18th, 2023 Riccardo Fucile LA RUSSA LO INSULTA: “OMUNCOLO”… FEDEZ NON LE MANDA A DIRE E LO DISTRUGGE: “VIENI A FARE IL COMIZIO A UN EVENTO BENEFICO A CUI NON HAI LAVORATO UN MINUTO PER ATTESTARTI MERITI CHE NON HAI”
L’evento di Fedez in piazza Duomo a Milano per sensibilizzare sulla donazione del sangue non è filato liscio come ci si sarebbe potuti aspettare da un evento benefico.
Il rapper non ha infatti apprezzato la presenza degli esponenti della Regione Lombardia, tra cui gli assessori Romano La Russa ed Elena Lucchini. Nel corso dei discorsi istituzionali, infatti, quando La Russa di Fratelli d’Italia ha iniziato a parlare, Fedez si è alzato e si è spostato per andare a visitare l’unità mobile per la donazione di sangue e i vari stand delle associazioni presenti. Sollecitato dalla stampa sul suo gesto, Fedez ha confermato di non aver gradito certe presenze: «No, non è un caso – che se ne sia andato in quel momento, ndr – perché questa cosa l’abbiamo organizzata con la fondazione Fedez con Avis e il Comune di Milano. Io il signor La Russa non l’ho mai visto coinvolto e nemmeno la signora Lucchini che ha detto che stava pensando di organizzare un evento». Alla domanda se la Regione si sia imbucata il rapper ha risposto: «Fate voi».
La replica di Romano La Russa
«Io in polemica con Fedez? Non so neanche chi sia. Io sono qui perché sono stato invitato dai donatori di sangue e sono felice e orgoglioso di esserci. Di altri non mi può interessare e soprattutto quando si tratta di omuncoli». Questa la replica dell’assessore alla Sicurezza e Protezione civile della Regione Lombardia, Romano La Russa. Ma poi ha aggiunto: «È meritevole quello che ha fatto Fedez e lo ringrazio in qualche modo, ma un minimo di rispetto per i presidenti delle associazioni sarebbe stata cosa gradita perché mentre parlavano ha pensato di andare a fare le foto con i fan». Ai giornalisti che gli hanno sottolineato che il rapper se ne è andato via proprio mentre parlava lui, La Russa prima finge di non sapere chi è Fedez, poi prova a insultarlo ma non gli viene bene perché la lingua gli si attorciglia. Vorrebbe dire Fedez è un “omuncolo”, ma gli viene fuori ominucolo e poi chiede aiuti ai giornalisti per avere l’insulto giusto. Quindi risponde: «Io non l’ho neanche visto andare via ma se è così confermo che è un piccolo uomo, molto piccolo. Il suo comportamento era scontato. Lui pensa di avere fatto un atto eroico, in realtà è stato un segno di maleducazione nei confronti dei presidenti e di tutte le associazioni. Lui ha scoperto solo oggi Avis perché ne ha avuto bisogno, c’è chi invece da sempre dedica la sua vita a questo. Non è un gesto d’amore verso i donatori».
Fedez ironico: «Tu invece un grande politico»
Fedez non ha perso tempo. Appena rientrato a casa ha ascoltato le parole dell’assessore e ha replicato con un tweet su X, in cui ironizza e lo attacca: «Vieni a fare il comizio ad un evento benefico a cui non hai lavorato 1 minuto nemmeno per sbaglio giusto per attestarti meriti che non hai e per fare 10 minuti di propaganda per poi andartene di fretta perché hai altro da fare. Ha ragione La Russa sono piccolo di fronte a questi grandi politicanti. Ciao Romano un saluto (non romano)».
(da Open)
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Novembre 18th, 2023 Riccardo Fucile IN UN BIENNIO 962 EURO IN MENO PER CHI HA UN TRATTAMENTO DA 2.300 EURO LORDI… QUASI 4900 IN MENO PER CHI NE INCASSA 3800
“Il governo Meloni fa cassa sulle pensioni. Infatti, oltre ad essere
riusciti nell’impresa clamorosa di peggiorare la legge Monti/Fornero, azzerando qualsiasi forma di flessibilità in uscita, continua a tagliare per migliaia di euro la rivalutazione delle pensioni”. E’ quanto dichiara la segretaria confederale della Cgil Lara Ghiglione. “Questo esecutivo con la legge di bilancio dello scorso anno – spiega la segretaria nazionale dello Spi Cgil Tania Scacchetti – aveva introdotto sia per il 2023 che per il 2024 un meccanismo di rivalutazione fortemente penalizzante per le pensioni con trattamenti superiori a 4 volte il trattamento minimo, pensioni di poco superiori alle 1.600 euro nette, altro che pensioni ricche. Le perdite per effetto della mancata rivalutazione – prosegue – si trascinano naturalmente negli anni e non sono più recuperabili. Nei fatti, per legge, si decide che non si possono garantire importi adeguati all’aumento del costo della vita. E lo si fa su quella parte della popolazione che ha lavorato per una vita e che sostiene il welfare di questo Paese aiutando spesso figli e nipoti”.
Di quanto non aumenteranno le pensioni
Nell’analisi del dipartimento previdenza della Cgil e dello Spi, si calcolano tagli pesantissimi sulle pensioni nel biennio 2023-2024, che raggiungono 962 euro per una pensione lorda di 2.300 euro (netta 1.786), fino ad arrivare a 4.849 euro lorde per un importo di pensione lorda pari a 3.840 euro (2.735 euro nette).
“Questi tagli proiettati sull’attesa di vita media – si legge nell’analisi – raggiungono importi elevatissimi, si parte da 6.673 euro netti per un pensionato con una pensione netta di 1.786 euro, fino a raggiungere 36.329 euro nette, per una pensione di 2.735 euro nette”
“Come se questo non fosse sufficiente – aggiunge la Cgil – il Governo intende cambiare dal 2027 gli indici con cui calcolare la rivalutazione delle pensioni, sostituendo l’attuale indice di perequazione con il deflatore Pil”. Lo studio dimostra ampiamente che “questa modifica avrebbe un impatto gravissimo sulle pensioni, con una perdita mensile di 78 euro per una pensione di 1.786 euro nette e di 230 euro per una pensione di 2.735 euro nette. Dati che se proiettati sull’attesa di vita media, raggiungono importi che variano tra 18.019 euro fino a 35.051 euro di mancato guadagno”.
“Anzichè fare una lotta serrata all’evasione fiscale e contributiva – accusano Ghiglione e Scacchetti – si vuole proseguire tagliando le pensioni, prendendo le risorse dai soliti noti, già gravati da un carico fiscale iniquo. Non c’è nessuna equità in queste scelte, soprattutto per una fascia di popolazione che ha solo questo strumento per tutelarsi, almeno parzialmente, dagli incrementi del costo della vita indotti dalla crescente inflazione”.
“Chi governa – sostengono le dirigenti sindacali – spesso parla di solidarietà fra le generazioni con l’obiettivo di mettere i pensionati di oggi contro i giovani. In realtà in questa legge di bilancio non c’è nessun investimento per i giovani e si continuano a tagliare i pensionati. Da tempo – concludono Ghiglione e Scacchetti – chiediamo al Governo di cambiare strada, con un intervento sugli extra profitti e sulle grandi rendite, ma la verità è chiara, l’Esecutivo ha scelto di continuare a manomettere il meccanismo di rivalutazione, per recuperare risorse dalle tasche dei pensionati, la strada probabilmente più semplice”
(da agenzie)
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Novembre 18th, 2023 Riccardo Fucile LA TESTATA IN LINGUA INGLESE È ACCUSATA DI: “DIFFONDERE INFORMAZIONI INESATTE SULLE DECISIONI PRESE DALLE AUTORITÀ PUBBLICHE”
Le autorità russe hanno imposto lo status di “agente straniero” a una pubblicazione in lingua inglese, The Moscow Times, aggiornando così l’elenco del ministero della Giustizia. Sul suo sito web, il ministero russo ha accusato il Moscow Times “di diffondere informazioni inesatte sulle decisioni prese e sulle politiche perseguite dalle autorità pubbliche” e di “portare avanti azioni volte a dare un’immagine negativa delle autorità”.
Alcuni dipendenti del Moscow Times hanno lasciato la Russia in seguito alla guerra in Ucraina. Lo status di “agente straniero”, che ricorda la qualificazione di “nemico del popolo” dell’era stalinista, impone pesanti vincoli amministrativi sulle persone o entità interessate, compreso il monitoraggio regolare delle loro fonti di finanziamento. Richiede inoltre che qualsiasi pubblicazione, anche sui social network, sia accompagnata dall’etichetta “agente straniero”.
Il Cremlino ha intensificato la repressione di qualsiasi voce dissidente dal lancio dell’offensiva contro l’Ucraina nel febbraio 2022, e i principali oppositori sono in esilio o in prigione. Oggi anche un’attrice, un attivista e due giornalisti sono stati aggiunti alla lista degli “agenti stranieri” del ministero della Giustizia russo.
(da agenzie)
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Novembre 18th, 2023 Riccardo Fucile LA CAUSA CIVILE PER FARSI PAGARE I DANNI E LE DUE LEGHE
Una mozione della Lega Nord, il vecchio partito di Umberto Bossi
rischia di mettere nei guai la nuova Lega di Salvini.
Alla Camera dei Deputati arriva la richiesta di risarcimento relativa ai famosi 49 milioni di euro. Sono debiti che sta pagando il vecchio partito, mentre nel frattempo Matteo Salvini – si legge su Il Fatto Quotidiano – ne ha creato uno nuovo, la Lega per Salvini premier.
Una manovra che – accusa l’ala bossiana dissidente –ha trasformato la vecchia Lega in una sorta di bad company: svuotata dei suoi beni, costretta a ripagare un debito ottantennale, non è più stata ripresentata alle elezioni. Si tratta di una questione politicamente delicata di cui si sta occupando il segretariato generale della Camera e che potrebbe creare qualche imbarazzo al suo presidente, il leghista Lorenzo Fontana.
Delicata e imbarazzante perché riguarda il risarcimento che secondo i giudici di Genova l’Istituzione, con il Senato, avrebbe dovuto (e non lo ha mai fatto) richiedere in sede civile dopo la costituzione di parte civile nel processo per la truffa dei 49 milioni. Per la quale sono stati dichiarati prescritti Umberto Bossi e l’ex tesoriere della Lega Francesco Belsito (in Appello sono stati condannati rispettivamente a 1 anno e 10 mesi e 3 anni e 9 mesi).Secondo quanto risulta al Fatto ora l’avvocatura dello Stato sta verificando se vi siano i margini per l’azione esecutiva nei confronti del partito. Nel caso in cui sarà accertata la natura non tombale dell’accordo (se il patrimonio di beni e valori riconducibili alla Lega Nord fosse ritenuto ancora abbastanza capiente per onorare anche le pretese delle parti civili) Fontana da un lato e Ignazio La Russa nella sua qualità di presidente del Senato potrebbero decidere di agire in sede civile.
(da agenzie)
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