Novembre 19th, 2023 Riccardo Fucile
SUI SOCIAL LE RIFLESSIONI AL MASCHILE SULLA VIOLENZA DI GENERE, UNA PRESA DI COSCIENZA COLLETTIVA
«Filippo Turetta non era un pazzo, ma un uomo. Come me»
«Sono arrabbiato, deluso, distrutto. È colpa mia, per tutte quelle volte che ho detto “a te ci penso io”. Anche se avevo in testa amore, portavo con me, senza volerlo, il senso strisciante di un paternalismo sbagliato».
«Prendiamoci, da uomini, la responsabilità della violenza di genere»
«Pensate padri, non a Giulia. Pensate a Filippo. Pensate alla vostra storia e cosa non avete detto, alle omissioni e ai sorrisini imbarazzanti e camerateschi»
«Quando capiremo che tutta la responsabilità è della nostra educazione sessista, patriarcale, misogina, possessiva?»
Per una volta, per la prima volta, parlano i maschi. Giulia Cecchettin è morta la sera stessa in cui ha provato a scappare dall’ex fidanzato. La sera in cui gridava aiuto, quando lo studente di Ingegneria Filippo Turetta è passato dalle ripetute violenze psicologiche a quelle fisiche: era uscito di casa con un coltello. Quello di Giulia è l’ennesimo caso di femminicidio in ambito familiare dall’inizio dell’anno, una scia di sangue che pare inarrestabile, che però pare portarsi dietro una nuova consapevolezza, tutta al maschile. Sui social network si moltiplicano i post firmati non da donne, ma da uomini che non prendono le distanze, non mettono i distinguo tra loro, i “pazzi assassini”, e i noi, che “le donne non le tocchiamo nemmeno con un fiore”.
Tutto il contrario del movimento #notallmen, non tutti gli uomini, che sta nel prendere le distanze: ha picchiato, ammazzato, perseguitato, perché è un pazzo, perché è malato. I maschi prendono la parola e su di sé tutto il peso di un sistema da reinventare: siamo tutti parte di una violenza sistemica e strisciante, che inizia con frasi che paiono innocue, ma non lo sono affatto. E così sui social network si rincorrono le riflessioni al maschile sulla violenza di genere: una presa di coscienza collettiva, mai ascoltata prima, per gridare: Yes, all men. Sì, tutti i maschi.
«Dobbiamo prendere, da uomini, la responsabilità di una violenza di genere strutturale, che manifesta un problema maschile che dobbiamo affrontare» scrive Andrea Colamedici, filosofo e scrittore che con Maura Gancitano compone il duo Tlon. «Quando smetterete di insegnare ai bambini che ci sono giochi da maschi, che i maschi sono forti per natura… Quando smetterete di chiedere alle donne di tenersi al riparo dai lupi invece di insegnare ai lupi di andarsene a…. » scrive l’attore Massimiliano Loizzi, volto del Terzo Segreto di Satira. «La verità è che noi uomini, siamo davvero tutti così, complici di un sistema. Iniziamo a rispondere a tono a ogni battuta sessista, smettiamo noi per primi di fare commenti sessualizzanti o sminuenti, di cercare nella vittima il comportamento sbagliato» scrive Marco Bottarelli, Disordinary Family. A seguire, centinaia centinaia di commenti. «Mi vergogno di essere uomo, siamo tutti da rifare», scrive Piero Pelù. L’elenco è lungo, le voci maschili sono tante e aumentano di ora in ora. E sentirle per la prima volta se non è una buona notizia, almeno è una piccola, luminosa scintilla. Per tutte e tutti.
(da La Stampa)
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Novembre 19th, 2023 Riccardo Fucile
“IL 40% DEI REATI A SFONDO SESSUALE SONO COMMESSI DA UOMINI TRA I 18 E 35 ANNI”
Fabio Roia è il presidente vicario del Tribunale di Milano ed è un magistrato da sempre molto attento alla violenza di genere.
Dottor Roia, sono anni che parliamo di donne che subiscono violenze. Leggi, convegni, dibattiti, interventi nelle scuole, nelle aziende, nelle istituzioni, manifestazioni, appelli, l’attenzione dei media. Poi arriva la cronaca e sembra sia stato tutto inutile.
«Eh… lo so. Pensavamo che con il passare del tempo sarebbe svanito il modello dell’uomo legato a generazioni meno giovani, cioè quello tradizionalmente patriarcale, padrone della famiglia e della donna. Pensavamo che quel modello sarebbe svanito e si sarebbero costruite nuove relazioni. E invece permane ed è radicata l’idea del maschio che incentra la relazione sul rapporto padronale di possesso e controllo».
Secondo lei perché?
«Evidentemente in parte gli stessi modelli vengono tramandati in famiglia, soprattutto dai genitori, e quindi si acquisiscono per trasmissione. E poi quel che di positivo può arrivare dalla scuola, dalla comunicazione che adesso è trasformata dai social, non riesce a fare breccia nella mentalità dei giovani».
«Nei ragazzi non si riesce a far passare il messaggio del rispetto e della libertà della donna di scegliere la propria vita. A conferma di questo le anticipo un dato significativo della rilevazione annuale del nostro tribunale: quest’anno il 40% dei reati di stalking, maltrattamenti e violenza sessuale è stato commesso da giovani fra i 18 e i 35 anni».
«So che il concetto è un po’ forte ma la verità è che tutte le ragazze/donne che decidono di rompere unilateralmente una relazione senza l’accettazione dell’altro devono considerarsi a rischio di un’escalation di violenza».
Cosa manca all’antiviolenza
«La condanna sociale nella quotidianità, cioè nel terreno dove germoglia la violenza: con battute sessiste, per esempio. O col ritenere la donna ancora un oggetto, una preda sessuale, nel giustificare l’uomo predatore che ha “esigenze sessuali”».
(da il Corriere della Sera)
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Novembre 19th, 2023 Riccardo Fucile
L’OSSESSIONE IDEOLOGICA DEL “CONTROLLO” SULLE DONNE… CHI PROPAGANDA UNA SOCIETA’ PATRIARCALE E’ RESPONSABILE MORALE DEI FEMMINICIDI
E’ sempre sbagliato fare una graduatoria del dolore, ma questa Giulia uccisa quando stava per laurearsi, dunque quando stava per diventare più Giulia, più autonoma e più libera, è una cosa che sbriciola il cuore. Fa piangere, scusate se lo dico così, in due parole.
Per molti maschi essere maschi è una malattia, la cognizione che ogni donna appartenga solamente a se stessa li fa impazzire di paura.
Escono di senno di fronte al fiorire della libertà. Il controllo delle donne, che è stata l’ossessione ideologica, millenaria, della società patriarcale, non è più determinabile per legge: almeno in quel pezzo di mondo che chiamiamo Occidente, il patriarcato è una forma morta.
Ma la sostanza no, non è morta. Il maschio, che ha perso la sua presa istituzionale sulla persona donna, per disperazione si affida alla presa fisica. Minaccia, urla, picchia e ammazza.
Anche parecchi maschi hanno festeggiato e si sono sentiti meglio, sulle macerie di un ordine che era fondato sulla sottomissione della metà del genere umano (altrove, verso Sud e verso Est, quel muro è ancora Legge). Ma altri maschi, in mezzo a noi, quella Legge se la portano dentro, l’hanno introiettata, è la sola maniera con la quale riescono a rapportarsi alle donne: “o sei mia, o non hai il diritto di esistere”.
Colpisce, ferisce che un ragazzo nato dopo il Duemila possa averlo fatto. Non un vecchio patriarca spodestato, non un bullo conclamato, non un capobranco. No, uno studente dalla faccia gentile, figlio dei nostri tempi. Non si riesce nemmeno a odiarlo. Non si trova mezza parola da dirgli.
(da La Repubblica)
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