Dicembre 31st, 2023 Riccardo Fucile
AI GIOVANI: “AMORE NON E’ POSSESSO”… L’ATTACCO AL CARO-AFFITTI
La guerra è tra i temi principali toccati dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo tradizionale discorso di fine anno, il nono da quando è stato eletto per la prima volta capo dello Stato.
Nel suo intervento, Mattarella ha ripercorso alcune delle più grandi sfide che il mondo si è ritrovato ad affrontare nel 2023: «Sappiamo di trovarci in una stagione che presenta tanti motivi di allarme e, insieme, nuove opportunità. Avvertiamo – aggiunge il capo dello Stato – angoscia per la violenza cui, sovente, assistiamo: tra gli Stati, nella società, nelle strade, nelle scene di vita quotidiana». Ecco allora che, in vista dell’inizio del nuovo anno, Mattarella invita tutti a fare la propria parte: «Viviamo un passaggio epocale. Possiamo dare tutti qualcosa alla nostra Italia. Qualcosa di importante. Con i nostri valori, con la solidarietà di cui siamo capaci. Perché la democrazia è fatta di esercizio di libertà».
Le guerre in corso e le guerre minacciate
Il primo tema toccato da Mattarella nel suo discorso di fine anno riguarda «la violenza delle guerre», sia quelle in corso che quelle «evocate e minacciate». I riferimenti sono ovviamente alle «devastazioni che vediamo in Ucraina», all’«orribile ferocia terroristica» degli attacchi del 7 ottobre di Hamas contro Israele e della reazione del governo di Tel Aviv su Gaza «che provoca anche migliaia di vittime civile». Di fronte a tutto questo, il pensiero che il capo dello Stato rivolge ai cittadini è il seguente: «La guerra, ogni guerra, genera odio. E l’odio durerà, moltiplicato, per molto tempo, dopo la fine dei conflitti. La guerra è frutto del rifiuto di riconoscersi tra persone e popoli come uguali. Dotati di pari dignità. Per affermare, invece, con il pretesto del proprio interesse nazionale, un principio di diseguaglianza». Mattarella mette in guardia dal rischio di «abituarsi a questo orrore, alle morti di civili, donne e bambini
«La pace non è astratto buonismo»
Per mettere fine alle guerre, continua il presidente della Repubblica, «è indispensabile fare spazio alla cultura della pace, alla mentalità della pace». Perché la guerra, precisa Mattarella, «non nasce da sola». Il capo dello Stato quindi aggiunge: «Parlare di pace, oggi, non è astratto buonismo. Al contrario, è il più urgente e concreto esercizio di realismo, se si vuole cercare una via d’uscita a una crisi che può essere devastante per il futuro dell’umanità». In altre parole, volere la pace «non è neutralità o, peggio, indifferenza rispetto a ciò che accade». Invocare la pace, piuttosto, significa «respingere la logica di una competizione permanente tra gli Stati». La ricetta per il futuro, aggiunge ancora Mattarella, non può che partire dai più giovani: «Per conseguire la pace non è sufficiente far tacere le armi. Costruirla significa, prima di tutto, educare alla pace. Coltivarne la cultura nel sentimento delle nuove generazioni. Nei gesti della vita di ogni giorno. Nel linguaggio che si adopera».
La violenza sulle donne, «la più odiosa»
Dalla guerra si passa poi a un altro tipo di violenza, quella sulle donne, definita da Mattarella «la più odiosa». Anche in questo caso, il capo dello Stato si rivolge direttamente alle nuove generazioni: «Cari ragazzi, ve lo dico con parole semplici: l’amore non è egoismo, possesso, dominio, malinteso orgoglio. L’amore, quello vero, è ben più che rispetto: è dono, gratuità, sensibilità»
Il lavoro che manca e il caro-affitti
E a proposito di sfide per il futuro, nel discorso di Mattarella c’è più di un riferimento al «lavoro che manca», persino in un momento storico in cui si registra «un significativo aumento dell’occupazione». Ciò di cui parla il presidente della Repubblica è il lavoro sottopagato, «quello non in linea con le proprie aspettative e gli studi seguiti» o ancora quello «a condizioni inique e di scarsa sicurezza, con tante inammissibili vittime». Un mercato del lavoro di questo genere, avverte Mattarella, non fa che riflettere «le immani differenze di retribuzione tra pochi super privilegiati e tanti che vivono nel disagio». Il capo dello Stato menziona anche il problema del caro-affitti, che quest’anno ha suscitato proteste e manifestazioni in tutta Italia: «Affermare i diritti significa prestare attenzione alle esigenze degli studenti, che vanno aiutati a realizzarsi. Il cui diritto allo studio incontra, nei fatti, ostacoli. A cominciare dai costi di alloggio nelle grandi città universitarie; improponibili per la maggior parte delle famiglie».
Il messaggio rivolto ai giovani
Di fronte a tutte queste sfide, Mattarella osserva la sensazione di confusione e spaesamento di molti giovani. «Rispetto allo scenario in cui ci muoviamo – osserva il capo dello Stato nel suo discorso di fine anno – i giovani si sentono fuori posto. Disorientati, se non estranei a un mondo che non possono comprendere, e di cui non condividono andamento e comportamenti». Questa sensazione di disorientamento, ricorda Mattarella, «nasce dal vedere un mondo che disconosce le loro attese». A partire da quelle di chi lotta contro i cambiamenti climatici ed è costretto a fare i conti con una politica «debole nel contrastare una crisi ambientale sempre più minacciosa e incapace di unirsi nel nome di uno sviluppo globale».
L’importanza del voto
Il «passaggio epocale» che stiamo vivendo, ha aggiunto Mattarella verso la fine del suo discorso, «verrà ricordato come il grande balzo storico dell’inizio del terzo millennio». Per governarlo al meglio, il capo dello Stato suggerisce soprattutto una soluzione la partecipazione attiva alla vita civile e l’esercizio del diritto di voto. «Per definire la strada da percorrere, è il voto libero che decide. Non rispondere a un sondaggio, o stare sui social. Perché la democrazia è fatta di esercizio di libertà». Insomma, l’invito per il 2024 è di «non farci vincere dalla rassegnazione o dall’indifferenza». Al contrario, è di «partecipare alla vita e alle scelte delle comunità e alla costruzione del futuro».
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Dicembre 31st, 2023 Riccardo Fucile
IL “CAPITONE” TEME UN CONTRACCOLPO ELETTORALE DEI CONCESSIONARI, DA SEMPRE ELETTORI DEL CENTRODESTRA
Un blitz di fine anno per spostare ancora una volta il problema e allontanarlo dalla campagna elettorale. Siamo in pieno inverno, ma gli stabilimenti balneari sono nel caos e il governo è diviso: c’è chi vuole lo strappo con l’Unione europea che ha aperto la procedura d’infrazione, chi vuole far partire un dialogo con Bruxelles e chi crede che le gare siano inevitabili.
Giovedì pomeriggio, verso la fine del Consiglio dei ministri, Matteo Salvini ha letto un’informativa con la quale, oltre a invitare i sindaci a non indire le gare, ha chiesto di prorogare di (altri) sei mesi i lavori del tavolo tecnico che ha fatto la mappatura delle coste. Raffaele Fitto, ministro degli Affari europei, ha però frenato, visto che un’ulteriore proroga verrebbe letta a Bruxelles come una provocazione, tanto più alla vigilia di un confronto che si preannuncia serrato con i funzionari comunitari. Non è un caso, infatti, che il riferimento temporale sia poi scomparso dal comunicato finale diffuso al Consiglio dei ministri.
Fra sei mesi, il dato non sfugge a nessuno, ci sono le Europee e il timore della Lega è che un cedimento alle richieste dell’Ue, possa costare caro da un punto di vista elettorale. Preoccupazione condivisa da Giorgia Meloni, la quale però ormai si è convinta dell’urgenza di scrivere una norma che chiuda la vicenda. A Palazzo Chigi, poi, non sfugge che anche il Quirinale osserva la vicenda con attenzione, come dimostra la lettera inviata da Sergio Mattarella, lo scorso 24 febbraio, nella quale si sollecitava l’urgenza di «una norma per il settore».
Le amministrazioni comunali vanno in ordine sparso. Alcuni Comuni hanno prorogato le concessioni di un anno […] e altri, come Riccione, hanno indetto le gare, ma senza che l’esecutivo abbia chiarito i criteri.
Il governo non si può permettere di perdere altro tempo: entro poche settimane deve rispondere con una lettera al “parere motivato” inviato dalla Commissione europea, seconda fase della procedura d’infrazione aperta contro l’Italia per non aver aperto il mercato delle concessioni delle spiagge.
I due mesi di tempo scadono il 16 gennaio, entro quella data l’esecutivo vorrebbe portare a Bruxelles le proprie istanze. In particolare, l’esecutivo vuole illustrare i risultati del tavolo tecnico, che dimostrerebbero l’assenza della “scarsità della risorsa”, un criterio previsto dalla Bolkestein, ovvero che le coste italiane sono solo in piccola parte occupate dagli stabilimenti balneari.
Prima di ogni passo ulteriore, però, bisognerà mettersi d’accordo con i funzionari europei su qual è la soglia entro la quale scatta la “scarsità della risorsa”. Carlo Fidanza, capodelegazione di Fratelli d’Italia al Parlamento europeo chiede di procedere velocemente: «Deve essere accelerato il confronto con Bruxelles, per definire i criteri di scarsità della risorsa e presentare quanto prima una proposta condivisa che ci consenta di chiudere l’infrazione e dare certezze agli operatori».
Una volta concordato questo criterio, il governo spera di poter proporre una norma che preveda gare per gli spazi liberi, blindando gli attuali titolari di concessioni, attraverso un cronoprogramma per le scadenze: l’esecutivo è consapevole infatti che a Bruxelles non si possono più presentare i rinnovi generalizzati e automatici
L’obiettivo di Meloni è di concordare una norma che chiuda la vicenda, mettendosi a riparo di ricorsi e nuove sentenze dei tribunali (si teme che il Consiglio di Stato possa riproporre nei prossimi mesi le pronunce contro le proroghe).
Se il tentativo dovesse fallire, allora si aprirebbe l’altra strada, sostenuta da sempre da Fitto: fare le gare per tutti, ma con dei paletti per tutelare gli attuali concessionari. Sarebbe la soluzione trovata dal governo Draghi e fortemente contestata da Meloni.
(da La Stampa)
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Dicembre 31st, 2023 Riccardo Fucile
“FERMATI I LICENZIAMENTI, ORA LA RICONVERSIONE”
Un capodanno di lotta, ma anche di festa all’ex Gkn di Campi Bisenzio, dove sono attese migliaia di persone, si festeggia l’annullamento dei licenziamenti e si guarda al futuro.. Lo scorso 27 dicembre il giudice del lavoro del Tribunale di Firenze ha accolto il ricorso per condotta antisindacale (art. 28 dello Statuto dei lavoratori) proposto dalla Fiom Cgil contro QF, la società in liquidazione di Francesco Borgomeo che oggi è proprietaria della ex Gkn, per aver violato gli obblighi di informazione e comunicazione previsti per la procedura di licenziamento collettivo
Prende respiro una vertenza che ha già scritto una pagina importante la storia del movimento operaio italiano. Dal primo licenziamento del 9 luglio 2021 annunciato via mail a 429 lavoratori (anch’esso rimasto un tentativo, fermato dal decreto di un giudice, ancora per condotta antisindacale) sono passati due anni e mezzo. In una fabbrica occupata, nel lavorio costante di una prolifica assemblea permanente, sono stati prodotti i piani di reindustrializzazione che dai privati non sono mai arrivati.
Per quei piani, ad oggi la produzione di pannelli fotovoltaici e di cargo bike per la mobilità dolce in grado di garantire continuità occupazionale a tutti i 185 lavoratori rimasti, hanno trovato i finanziamenti attraverso crowdfunding, credito cooperativo, e una campagna di azionariato popolare guidata dalla cooperativa GFF – Gkn For Future. Quelle pagine scritte insieme a ricercatori e ricercatrici rappresentano l’immagine concreta della transizione ecologica, creata da chi, i lavoratori di una filiera produttiva insostenibile, quella della componentistica dell’automotive, viene generalmente o del tutto ignorato o sfruttato da chi si oppone alla transizione (o ne pretende una maggiore gradualità) come simbolo delle presunte vittime degli ambientalisti.
Questo potenziale conflitto a Campi Bisenzio è diventato una convergenza fra soggetti diversi: i lavoratori a rischio licenziamento e sotto delocalizzazione e i movimenti ecologisti. Tempi e urgenze non coincidenti ma legate da un nesso che è il presupposto di una lotta comune. La fine del mondo e la fine del mese.
Il decreto del giudice ha accolto il ricorso in parte anche avvalendosi di alcuni obblighi introdotti dalla legge 234/2021, la cosiddetta Orlando-Todde, un surrogato insufficiente della legge anti delocalizzazioni che però, in quei mesi, fu proprio la Gkn, attraverso una imponente campagna che maturò perfino una proposta di legge, a ottenere con la lotta. Ma non è affatto una vittoria definitiva. “La sentenza ha solo annullato la procedura di licenziamenti. Senza reindustrializzazione, i licenziamenti ripartiranno. Senza intervento pubblico, non ci sarà reindustrializzazione – ha dichiarato il Collettivo di fabbrica – Il Governo tifa evidentemente speculazione e licenziamenti. La Regione intervenga con intervento pubblico diretto o indiretto. Noi siamo pronti a metterci la classe dirigente dal basso, operaia e sociale, in grado di dare vita a una fabbrica socialmente integrata.”
Ed è per questo che stasera in migliaia sono attesi in solidarietà ai cancelli dello stabilimento. Per un dibattito, una festa, un concerto. L’ora X doveva essere il momento più buio, il giorno prima di un capodanno in cui si sarebbero perfezionati i licenziamenti e in cui uno stabilimento finalmente “liberato” dagli operai sarebbe stato avviato sulla strada della speculazione immobiliare. In cui quasi duecento operai già in gran parte alluvionati – e non è affatto trascurabile neppure l’enorme contributo fornito dagli operai e dai solidali durante la recente alluvione campigiana – sarebbero stati definitivamente licenziati. E invece ancora c’è speranza per stringersi insieme intorno a un laboratorio di transizione ecologica dal basso unico in Europa. E ancor prima a centinaia di operai che hanno messo in atto la più coraggiosa resistenza contro la brutalità di delocalizzazioni selvagge che quasi quotidianamente colpiscono indisturbate.
“Un giorno di tripudio a rime obbligate collettive, da spartire con tutti gli estranei che non mi interessano”, era questo l’odiato capodanno “a
(da agenzie)
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Dicembre 31st, 2023 Riccardo Fucile
I PAESI DELL’UE HANNO DECISO ALL’UNANIMITÀ DI ELIMINARE I CONTROLLI ALLE FRONTIERE AEREE E MARITTIME DI QUESTI DUE STATI
Bulgaria e Romania integreranno parzialmente l’area Schengen di libera circolazione dell’Ue a partire dal 31 marzo, hanno annunciato stanotte i 27 stati membri. Un comunicato di Bruxelles spiega che i paesi dell’Ue hanno deciso all’unanimità di eliminare i controlli alle frontiere aeree e marittime di questi due stati europei a partire dalla data corrisponde al passaggio dagli orari invernali a quelli estivi previsti dall’Associazione internazionale del trasporto aereo (Iata).
Il 27 dovranno prendere una nuova decisione per scegliere la data in cui abolire i controlli alle frontiere terrestri interne all’Ue di Romania e Bulgaria, aggiunge la nota del Consiglio europeo. La Commissione europea ha accolto con favore questa decisione, che arriva dopo ben 12 anni di negoziati. “La giornata di oggi segna un momento storico per la Bulgaria e la Romania e di grande orgoglio per i loro cittadini”, ha dichiarato la presidente Ursula von der Leyen in un comunicato stampa.
La Commissione europea ha ricordato di aver ritenuto fin dal 2011 che questi due paesi fossero pronti ad aderire allo spazio Schengen. Vienna aveva posto il veto l’anno scorso per protestare contro i troppi immigrati clandestini arrivati ;;sul suo territorio, prima di accettare di revocarla in cambio di garanzie. Sofia e Bucarest hanno concordato di lottare maggiormente contro l’immigrazione clandestina in una dichiarazione congiunta firmata ieri con Vienna.
(da agenzie)
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Dicembre 31st, 2023 Riccardo Fucile
IL SONDAGGIO DI SWG SUI DESIDERI PER IL 2024: IL 50% (UN ITALIANO SU DUE) VORREBBE AVERE LA POSSIBILITÀ DI STARE DI PIÙ CON LE PERSONE A CUI VUOLE BENE… SEGUONO I VIAGGI, E L’AMBIZIONE A SEGUIRE I PROPRI PROGETTI
Ricchezza, successo, carriera? Roba vecchia . Nel nostro Paese, i desideri per il nuovo anno, infatti, sono diversi e più “a misura d’uomo”, meno proiettati all’esterno e alla conquista di chissà quali traguardi, più frequentemente rivolti alla dimensione interiore, intima, emotiva, fatta di affetti e passioni. Soprattutto, di tempo da riprendersi per pensare a sé. A dare la misura del cambiamento di sguardo e fantasie è un sondaggio condotto da Swg proprio sui desideri degli italiani per l’anno che sta per iniziare.
Al primo posto, la possibilità di trascorrere più ore con le persone alle quali si vuole bene. È il 50 per cento – ben uno su due, quindi – a desiderarlo. Dopo la crisi di molte coppie e famiglie, messe alla prova dal lockdown in pandemia, ora è proprio il tempo da passare con le persone care ad essere in vetta alle aspirazioni.
Sul podio anche viaggiare, con il 39 per cento, nonché riposarsi e rilassarsi, con il 32
Il 30 per cento ambisce a seguire i propri progetti e le proprie aspirazioni: quelli lasciati da parte finora magari proprio perché non c’era tempo e quelli che verranno, con la mente più libera di pianificare.
Largo dunque alla creatività e all’espressione di sé per diventare padroni del proprio destino, o magari, più semplicemente, “capi” di se stessi. Il 24 per cento vuole curarsi maggiormente di sé e del proprio aspetto. Il 23 intende divertirsi, ma non specifica come. Il 21, invece, ha le idee chiare e desidera leggere, ascoltare musica, guardare film, telefilm e spettacoli televisivi. […] Cresce la voglia di studiare e aggiornarsi, con il 18 per cento. E sale il desiderio di informazione: il 16 per cento vuole approfondire temi d’attualità. Sì, allora, a giornali e notiziari, in tv e online.
Nella graduatoria di ambizioni del 2024 stilata da Swg la ricchezza rimane, ma solo per il 18 per cento delle persone. Il tempo è ritenuto il vero “lusso”.
Il mutamento di prospettiva influisce anche sui sentimenti con i quali si affronta il nuovo anno. Se nel 2023 si è entrati con incertezza nel 42 per cento dei casi al 2024 più di un italiano su due, il 54 per cento, pensa con speranza. La fiducia ha preso il posto della rabbia. E una nuova voce ha conquistato spazio tra le emozioni, la gioia, che, con il 13 per cento, è riuscita a scalzare dalle prime posizioni la tristezza. Un traguardo non da poco.
(da agenzie)
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Dicembre 31st, 2023 Riccardo Fucile
IL CETO MEDIO NON HA PIU’ SOLDI DA INVESTIRE
Il mercato immobiliare è stato appesantito, negli ultimi mesi, dal continuo rialzo dei tassi e pagarne maggiormente le conseguenze è stato il ceto medio. Gli ultimi dati della Banca d’Italia e Nomisma, infatti, dimostrano che è questa la categoria di popolazione che deve compiere più sacrifici e rinunce a livello economico per potersi permettere un’abitazione di proprietà, ma anche in affitto. Nonostante il primo stop ai tassi di interesse da parte della Banca centrale europea (Bce) nel 2024 si prevede un ulteriore peggioramento delle condizioni del mercato.
Il sondaggio di Bankitalia
La Banca centrale italiana ha svolto un sondaggio presso gli agenti immobiliari (1.451 interrogati tra il 25 settembre e il 25 ottobre), da cui è emerso come nel terzo trimestre 2023 (luglio-agosto-settembre) i livelli di difficoltà di oggi da parte della popolazione italiana nell’ottenere un mutuo non si registravano dal 2014, con una percentuale del 34,4%. Le principali cause di cessazione dell’incarico a vendere restano due: il valore delle offerte ricevute, ritenuto troppo basso dal venditore, oppure al prezzo richiesto, giudicato troppo elevato dai compratori. Ragione per cui la quota di acquisti di immobili finanziati con un mutuo ipotecario è scesa al 63,4% (dal precedente 64,1%), attestandosi il dato più basso degli ultimi nove anni.
Nomisma: rallentamento del 13%
Dal terzo osservatorio sul mercato immobiliare 2023 di Nomisma emerge, invece, un evidente rallentamento, che aveva iniziato a manifestarsi già dal secondo semestre dello scorso anno. Con il nuovo anno, si è fatto progressivamente più intenso e, secondo gli esperti, minaccia di estendersi anche al 2024. L’analisi della società di consulenza ha coinvolto i 13 principali mercati: Milano, Roma, Torino, Firenze, Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Genova, Napoli, Padova, Palermo, Torino e Venezia. L’erosione del potere di acquisto delle famiglie e la difficoltà – evidenziata da Bankitalia – ad accedere al credito hanno portato a una conseguente diminuzione delle compravendite del -13%. Mentre, l’erogazione dei mutui ha segnato un calo del -29% nell’anno in corso. «L’improvvisa carenza di ossigeno al mercato immobiliare italiano — si legge nel rapporto — è dovuta dalla mancata indicizzazione dei redditi e dalle accresciute difficoltà di accesso al credito derivante dall’impennata del costo del denaro».
(da agenzie)
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Dicembre 31st, 2023 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE: “HO SCRITTO NUMEROSE LETTERE AK MINISTERO E ANCE A MELONI, MA NON HO MAI RICEVUTO RISPOSTA
Il Centro per la ricerca sul cervello Ebri di Roma, voluto dal Premio Nobel Rita Levi Montalcini nel 2002, rischia di chiudere. Nella Legge di Bilancio, approvata in via definitiva dalla Camera, non ci sono fondi. «Il governo Meloni ci ha negato il contributo di un milione all’anno che dal 2012 ci permetteva di fare ricerca», sottolinea a la Repubblica Antonino Cattaneo, presidente di Ebri, neuroscienziato della Normale di Pisa e dell’Accademia dei Lincei. «Ho iniziato un anno fa a mandare lettere e telefonare ai vari ministeri, anche alla premier Giorgia Meloni, ma nella bozza della legge di stabilità di quest’anno il nome Ebri non è nemmeno comparso – continua -. L’opposizione ha provato ad aiutarci con due emendamenti, bocciati nei giorni scorsi in Parlamento». L’European Brain Research Institute dà lavoro a 60 scienziati e ha messo a punto un test per la diagnosi precoce dell’Alzheimer, nonché in sperimentazione una terapia contro una rara forma di cecità dei bambini.
Il ministero dell’Università e Ricerca ha fatto sapere di avere una legge per sbloccare la situazione: «Accogliamo con favore questo annuncio, siamo pronti a un incontro anche subito. Nell’ultimo anno ho scritto numerose lettere al ministero, ma non ho mai ricevuto risposta. Ho telefonato e mi hanno detto che il ministro era occupato. Ho scritto allora alla premier Giorgia Meloni. Alla fine sono stato indirizzato al sottosegretario alla Salute Gemmato, che mi ha fatto parlare con un suo capo segreteria. Anche lì, nessuna replica. Abbiamo ricevuto solo segnali di sordità e indifferenza da parte delle istituzioni», spiega Cattaneo che sottolinea inoltre come il Cen
(da agenzie)
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Dicembre 31st, 2023 Riccardo Fucile
QUANDO A CARNEVALE SI TRAVESTIVA DA SUO PADRE DENIS VERDINI
Voleva seguire le orme del padre, tanto che, ricorda oggi il Corriere della Sera, non sorprende che in una foto di qualche anno fa (sparita da Facebook) a una festa di Carnevale Tommaso Verdini si fosse travestito «da Denis», con tanto di parrucca bianca e cravatta. Ora il figlio dell’ex parlamentare è agli arresti domiciliari. Secondo la procura lui, a capo della società di consulenza Inver, avrebbe utilizzato le conoscenze in Anas per favorire aziende clienti in gara per vincere gli appalti. I reati ipotizzati sono corruzione, turbativa d’asta e traffico d’influenze. E, è bene sottolinearlo, né Inver né Anas sono direttamente accusate dai pm. Si era richiesto, riporta Il Corriere, l’arresto di Verdini jr già a luglio scorso.
Chi è Tommaso Verdini
Classe 1990, Verdini junior fratello di Francesca, attuale fidanzata di Matteo Salvini, è cresciuto nella «Firenze bene», tra alta borghesia e nobiltà (la madre Simonetta è una Fossombroni), in una splendida villa al Pian dei Giullari. Al liceo, riporta il quotidiano che oggi fa un ritratto del giovane, non brilla ma si ricordano dei suoi aneddoti. Tra cui quando un giorno a scuola il giovane si presenta senza i compiti fatti. «Prof, mi sono scordato il quaderno ad Arcore», avrebbe detto in quella che sembra sempre più una leggenda, dicendo che il giorno prima era con la famiglia per il pranzo domenicale da Silvio Berlusconi.
Maggio 2015 Verdini Jr è in giro per i locali di Firenze. Il suo suv viene parcheggiato in piena zona pedonale. I vigili mettono multa e ganasce. A tarda notte però, riporta Il Corriere della Sera, il colpo di genio: «lui e i suoi amici smontano la ruota bloccata e ripartono con il ruotino di scorta per la loro notte brava. Gli agenti, all’alba, suonano il campanello al Pian dei Giullari: apre Denis in vestaglia e rifila due scapaccioni al figlio». Arriva la laurea in Economia e commercio a Firenze e il matrimonio con
Flavia Domitilla Samorì, figlia del banchiere modenese Gianpiero. A un certo punto Tommaso prende anche la tessera del Pd e partecipa alla renzianissima Leopolda. Poi entra nell’era dell’impresa. Fonda Pastation, catena di ristoranti specializzati in pasta e apre un punto proprio a due passi da Montecitorio. E infine fonda Iver, società di lobbying, oggi al centro dell’inchiesta sugli appalti di Anas.
(da agenzie)
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Dicembre 31st, 2023 Riccardo Fucile
IL RE DELLE CLINICHE HA GIA’ TRE QUOTIDIANI (DOVE NASCONDE LE NOTIZIE SULL’EX SOCIO VERDINI), MA SI VUOLE ALLARGARE: RADIO CAPITAL, AGI E IL SOGNO REPUBBLICA
Era un portantino dell’ospedale San Camillo di Roma, è diventato il re delle cliniche private del Lazio e l’editore più potente della stampa di destra. Antonio Angelucci non si ferma più. Dopo aver messo le mani sul Tempo, su Libero e sul Giornale, dopo aver tentato invano la scalata alla Verità e mentre continua a spingere per l’acquisto di Radio Capital dal gruppo Gedi, il potente imprenditore – che a tempo perso è deputato leghista con record di assenze – sarebbe in trattativa per acquistare anche l’Agi, l’agenzia di stampa dell’Eni. Il cane a sei zampe se ne priverebbe senza drammi, visti i conti poco floridi e l’imminente conflitto con la redazione sul piano di risparmi e pensionamenti anticipati.
Sullo sfondo, c’è chi garantisce che Angelucci abbia anche avviato un discorso con la famiglia Elkann per comprare Repubblica. I tempi per un’operazione del genere – clamorosa per la storia del giornale fondato da Scalfari e per quella personale di Angelucci – sarebbero ovviamente più lunghi, ma se gli attuali proprietari decidessero di cedere, Angelucci non farebbe mancare il suo interesse. Repubblica è il colpo grosso, il tassello definitivo, un’utopia forse irrealizzabile: gli permetterebbe di controllare un network enorme e trasversale, da destra a sinistra (d’altra parte il primo giornale posseduto da Angelucci, insieme a Libero, fu il Riformista di Claudio Velardi, un foglio vicino ai Ds di Massimo D’Alema). Per ora sono solo discorsi rimbalzati tra i divanetti di Montecitorio.
Ma come funziona l’informazione sui giornali del re delle cliniche private, ennesimo rampollo dell’editoria impura italiana? In questi giorni ne abbiamo avuto una prova lampante: la notizia dell’arresto di Tommaso Verdini è stata nascosta con sapienza in tutti i suoi quotidiani. Cancellata dalle prime pagine, infilata in fondo alla foliazione, il meno in vista possibile, nei tagli bassi o laterali del giornale, incorniciata in titoli omissivi o da decifrare.
D’altra parte Antonio e papà Denis sono amici stretti, confidenti e collaboratori da anni. Angelucci, tra le altre cose, l’aveva piazzato alla presidenza del ramo editoria di Tosinvest, la finanziaria di famiglia, una carica che Denis ha occupato brevemente tra il 2018 e il 2019. Gli era venuto in soccorso già molti anni prima, con un generoso prestito da 10 milioni che a Verdini sarebbe servito per ripianare i debiti con il Credito cooperativo fiorentino (la banca a cui è legata una delle condanne definitive dell’ex tuttofare di Silvio Berlusconi). Angelucci, come dicevamo, è anche deputato della Lega, il partito di Matteo Salvini, fidanzato di Francesca Verdini, l’altra figlia di Denis. Un’intreccio notevole.
Chiariti brevemente i rapporti tra i protagonisti, ecco la rassegna stampa. Sul Giornale di venerdì, il giorno dopo la notizia dei suoi arresti domiciliari, Tommaso Verdini non è in prima pagina. Su di lui c’è una “sogliola”, un articolo breve in apertura di pagina 9, titolato laconicamente: “Caso Anas, nuovi guai per i Verdini”. Il catenaccio completa l’informazione: “Il figlio dell’ex senatore ai domiciliari per le commesse. Indagato anche il padre Denis”. La parola “corruzione” – l’ipotesi per cui Tommaso è finito ai domiciliari – è scritta piccola piccola nella didascalia della foto di Verdini jr (e compare alla 21esima riga dell’articolo).
Sul Tempo la notizia è ancora più laterale: è in un “boxone” nel taglio basso di pagina 8. Il titolo è a suo modo straordinario: “Commesse Anas, cinque ai domiciliari”. Forse cinque di passaggio. Viene in aiuto il catenaccio: “La procura di Roma ipotizza corruzione anche per Verdini junior”. Libero, infine, imbosca tutto in un colonnino ancora più piccolo, di nuovo in pagina 9: “Corruzione, indagato Verdini. Domiciliari al figlio”.
Per un’ulteriore conferma su Angelucci e l’uso “spregiudicato” della clava editoriale, chiedere ad Alessio D’Amato, ex assessore alla Sanità della Regione Lazio. Tra i numerosi incidenti giudiziari che hanno accompagnato l’ascesa imprenditoriale del re delle cliniche, c’è anche l’accusa di istigazione alla corruzione di D’Amato con la promessa di una presunta tangente da 250 mila euro. L’assessore rifiutò e corse a denunciare, Angelucci è ancora a processo. La mazzetta, secondo l’accusa, fu offerta durante un tavolo di trattativa tra l’imprenditore e la Regione Lazio nel 2017. Aveva l’obiettivo di sbloccare lo stallo sui crediti di uno dei suoi ospedali, il San Raffaele Velletri, a cui era stato revocato l’accesso presso il servizio sanitario regionale a causa di gravi irregolarità. D’Amato denunciò di essere stato contattato da persone legate ad Angelucci con telefonate, whatsapp e mail insistenti. Messaggi di questo tenore: “Cerchiamo di sistemare la faccenda di Velletri (…) è una cosa che gioverebbe a tutti”. “La guerra – scrivevano a D’Amato – non conviene, né a noi né a te. Tonino c’ha i giornali”.
“Tonino c’ha i giornali” è una frase che vale una biografia intera. Quella di Angelucci sembra un romanzo di formazione sugli spiriti animali del capitalismo: originario di Sante Marie, paesello di montagna sul lato abruzzese del confine col Lazio, è arrivato a Roma in giovane età con in tasca solo una licenza media inferiore. Il resto è leggenda: prima commesso in una farmacia, poi portantino – e sindacalista della Uil – nel più grande ospedale pubblico di Roma, il San Camillo, quindi l’apertura con altri soci di una casa di cura a Velletri. Il grande salto è agli inizi del 2000, quando acquista da Don Luigi Verzè la filiale capitolina dell’ospedale San Raffaele per 270 miliardi di lire. Pochi mesi dopo riesce a rivenderla al ministero della Salute per 320 miliardi.
Poco altro si sa sulle origini di un impero che oggi, secondo un’inchiesta del Corriere della Sera, registra questi numeri: la holding, Three, domiciliata in Lussemburgo, ha un patrimonio di 343 milioni (di cui 41 in opere d’arte) regolarmente contabilizzati anche grazie a un vecchio scudo fiscale. Produce 200 milioni di ricavi tra sanità, immobili, facility management ed editoria. Dentro Three ci sono la finanziaria Tosinvest e il Gruppo San Raffaele, quello delle cliniche private. Anche si si parla sempre di “famiglia Angelucci” – il più attivo è il figlio Giampaolo – il 100% delle quote di Three appartiene una persona sola: Antonio.
Il suo reddito personale lo colloca ovviamente ai vertici della classifica dei parlamentari più ricchi: manca ancora quella del 2023, ma la sua ultima dichiarazione segnava 4 milioni e 581mila euro. Meno floride le sue statistiche sul posto di lavoro: Angelucci occupa il seggio alla Camera senza interruzioni dal 2008, eletto prima con Forza Italia e ora con la Lega, ma coltiva con zelo il record negativo di presenze in aula; in tutti questi anni ha partecipato a meno del 4% delle votazioni. Come un giornale in perdita, anche il posto alla Camera può tornare utile anche se lasciato vuoto.
Nella home page del sito di Tosinvest, la finanziaria di Angelucci, campeggia una citazione folgorante, attribuita a Paul Samuelson, economista e Premio Nobel americano: “Investire dovrebbe essere piuttosto come guardare la vernice che si asciuga o l’erba che cresce. Se volete invece eccitazione, prendete 800 dollari e andate a Las Vegas”. Angelucci – che ha attraversato le temperie di una lunga serie di scandali e inchieste, da cui finora è uscito sostanzialmente indenne, con l’eccezione di una condanna in primo grado a 1 anno e 4 mesi per falso e tentata truffa, legata ai contributi pubblici erogati a Libero – continua a seminare, con la pazienza di un contadino che guarda l’erba crescere. I semi sono i giornali italiani. Nel 2024 scopriremo quanto può diventare grande il giardino di Angelucci nell’editoria italiana.
(da ilfattoquotidiano.it)
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