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E’ GUERRA APERTA TRA JOHN ELKANN E GIORGIA MELONI: AGLI ATTACCHI DELLA DUCETTA SULLE RICHIESTE DI STELLANTIS, L’EREDE FIAT RISPONDE MOLLANDO UN PESANTISSIMO SCHIAFFO: SCENDE A ROMA, SCAVALCA IL GOVERNO DUCIONI E INCONTRA SERGIO MATTARELLA

Febbraio 6th, 2024 Riccardo Fucile

DI PARLARE CON “IO SO’ GIORGIA” SE N’E’ FREGATO: A ROMA INCONTRA ANCHE GIORGETTI, L’AMBASCIATORE USA IN ITALIA, IL CAPO DELL’ARMA DEI CARABINIERI TEO LUZI E IL GOVERNATORE BANKITALIA PANETTA

E’ guerra aperta tra John Elkann e Giorgia Meloni. Lo scontro durissimo tra il gruppo automobilistico Stellantis e il governo Ducioni, che si è consumato sugli incentivi per la produzione di auto elettriche e sulla tenuta occupazionale degli stabilimenti italiani, ormai è deflagrato.
Nei giorni scorsi, visto anche l’innalzamento della tensione con botta e risposta tra l’ad di Stellantis, il tosto portoghese Carlos Tavares, che ha minacciato la chiusura degli stabilimenti, e Giorgia Meloni che ha replicato da Tokyo (“L’amministratore delegato di una grande società sappia che gli incentivi di un governo non possono essere rivolti a un’azienda nello specifico”), l’entourage più fidato ha espresso la sua preoccupazione a di John Elkann.
I consiglieri dell’Ingegnere hanno evidenziato le ripercussioni negative di questa “guerra” con l’esecutivo. Un primo colpo, ad esempio, si è registrato sui conti del gruppo Gedi, dopo il taglio della pubblicità operato dalle aziende partecipate di Stato per la linea editoriale anti-governativa sia di “Repubblica” che della “Stampa” .
Il consiglio che è arrivato alle orecchie di Yaki è stato quello di prendere in considerazione una de-escalation nella sfida a distanza con il governo. “Ingegnere”, gli hanno sussurrato, “ma ci conviene?”.
John Elkann è stato tranchant e ha mollato uno sganassone (simbolico) ai suoi pavidi consiglieri: “Si continua così, la linea non si cambia”. E poi si è attivato per mollare un calcione alla Ducetta, bypassandola, incontrando a Roma il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e il ministro dell’Economia Giorgetti.
Un segnale di ostilità inequivocabile: con te, cara Reginetta della Garbatella, dei piani di Stellantis per l’Italia non parlo. Un guanto di sfida senza precedenti lanciato da un imprenditore al capo del governo.
Infatti, Elkann non ha mai voluto incontrare “Io so’ Giorgia” da quando quest’ultima si è insediata a Palazzo Chigi (invece il nipote di Gianni Agnelli si mobilitò e venne a Roma per incontrare Mario Draghi).
Elkann, nel suo tour sotto il Cupolone, non si è fatto mancare niente: ha incontrato anche l’ambasciatore Usa in Italia Jack Markell, il comandante generale dell’Arma dei Carabinieri Teo Luzi e il Governatore di Bankitalia Fabio Panetta.
Incontri ad altissimo livello, un giro dei “poteri forti”, che hanno mandato fuori di testa il “cerchio tragico” di Palazzo Chigi: da Fazzolari in giù, l’inner circle meloniano ha visto nella mossa romana di John Elkann (e ha visto bene, stavolta) un tentativo di scavalcare e delegittimare la premier, anche sbeffeggiandola con l’incontro con il Presidente della Repubblica.
Basta leggere l’Ansa: “Gli incontri, programmati da tempo, hanno offerto l’occasione per fare il punto sulle attività italiane del gruppo. Elkann ha ribadito l’impegno per realizzare i progetti industriali in atto e per le attività di comune interesse oggetto del tavolo al Mimit”. Ecco: Mattarella ed Elkann hanno parlato di Stellantis: ora immaginate il volto della Ducetta che si vede sfilare dal Quirinale ciò che considera di sua assoluta pertinenza. Peggio dei fuorionda di Giambruno.
Comunque, nella guerra a distanza tra Yaki e Giorgia chi rischia di uscire con le ossa rotte è l’Italia. Senza un piano industriale e una visione chiara del futuro dell’automotive, la concorrenza cinese delle auto elettriche a basso costo rischia di spazzare via molti posti di lavoro tra gli stabilimenti di Mirafiori, Pomigliano e Cassino.
Francia e Germania hanno elargito incentivi per le auto elettriche per difendere la produzione interna e rallentare l’aggressione dei propri mercati da parte delle aziende di Pechino. La Melona che farà? Farà chiudere Pomigliano e Cassino, così Elkann impara a non far cambiare la linea politica dei suoi giornali?
(da Dagoreport)

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IL PADRE DI ILARIA SALIS: “DALLO STATO NON CI ASPETTIAMO PIÙ NULLA, CI È STATO NEGATO TUTTO”

Febbraio 6th, 2024 Riccardo Fucile

IL LEGALE DELLA 39ENNE DETENUTA A BUDAPEST ANNUNCIA: “SIAMO PRONTI A FARE UN’ALTRA ISTANZA PER CHIEDERE I DOMICILIARI”

“Dallo Stato non ci aspettiamo più nulla, non abbiamo attese particolari, ci è stato negato tutto e ora dobbiamo continuare a cercare autonomamente delle soluzioni”: è quanto ha detto all’ANSA Roberto Salis, il padre di Ilaria Salis, la 39enne detenuta da circa un anno a Budapest con l’accusa di aver aggredito due militanti neonazisti, dopo l’incontro avvenuto ieri a Roma con i ministri Antonio Tajani e Carlo Nordio.
“Ho sentito Ilaria – aggiunge – sperava di avere buone notizie e ci è rimasta male. È molto delusa e un po’ agitata”. Per quanto riguarda i domiciliari in Ungheria “è un’ipotesi che non piace a nessuno ma vedremo”.
“Siamo pronti a fare un’altra istanza” per chiedere i domiciliari, “sperando che la magistratura questa volta non la rifiuti”. Lo dice all’ANSA l’avvocato ungherese di Ilaria Salis, Gyorgy Magyarto.
“Ilaria è un’antifascista fiera che non vuole darsi alla fuga e il giudice può essere convinto in questo senso”, ha aggiunto precisando che “i domiciliari a Budapest, dal punto di vista del lavoro della difesa, sarebbero la soluzione migliore” in un processo che si preannuncia lungo, con la prossima udienza a fine maggio e la successiva non prima di “settembre”.
L’avvocato, che sostiene la difesa nel processo alla Corte municipale di Budapest, ha spiegato di capire i motivi dell’imputata, della famiglia e dei legali italiani, per farla tornare in Italia ma, secondo lui, una sorveglianza cautelare ai domiciliari nel suo Paese renderebbe più difficile il lavoro della difesa.
“Sarebbe meglio cercare una dimora sicura a Budapest, accettata come tale dalla magistratura e dalla polizia ungheresi, con la garanzia di un braccialetto elettronico contro ‘il pericolo di fuga’ – motivazione che ha portato al rifiuto delle precedenti richieste di domiciliari”, ha aggiunto precisando che tale soluzione “può assicurare un contatto continuo con i difensori”.
Il legale ha poi confermato che Salis, su insistenza della difesa, sta iniziando a ricevere il materiale probatorio tradotto in italiano ma – ha puntualizzato – “c’è ancora un lungo lavoro” da fare.
(da agenzie)

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PREMIERATO? BOCCIATO: IL NUOVO TESTO, SU CUI LA MAGGIORANZA HA TROVATO L’ACCORDO (GIUSTO IN TEMPO PER LE EUROPEE), FA VENIRE L’ORTICARIA AI COSTITUZIONALISTI

Febbraio 6th, 2024 Riccardo Fucile

“IL QUIRINALE È ANCORA PIÙ INDEBOLITO, E LA VITA DEL PARLAMENTO È NELLE MANI DEL PREMIER”… CON LA NUOVA FORMULAZIONE, CHE FA INCAZZARE ANCHE MARCELLO PERA (ELETTO CON FDI), È PREVISTO LO SCIOGLIMENTO AUTOMATICO DELLE CAMERA IN CASO DI SFIDUCIA… GIULIANO URBANI: “FORMULA GREZZA CHE NON HA FUTURO”

Giuliano Urbani, politico e politologo, già ministro, tra i fondatori di Forza Italia, 86 anni, gran parte dei quali dedicati a studiare e analizzare i partiti e le istituzioni. È convinto che una riforma dello Stato che dia stabilità ai governi sia necessaria, anzi indispensabile.
Ma così no, così non è che un ballon d’essai , fragile e sballottato dalle correnti. E, usando un’altra immagine, il professore pensa che un cambiamento della forma dello Stato così concepita non potrebbe che «finire a Patrasso», corruzione popolare del biblico «Ire ad patres», cioè, andare a raggiungere gli antenati, risolversi in nulla, morire.
Ma intanto, professore, il premierato sta prendendo forma.
«La proposta al momento non è che uno scheletro, una formula grezza che non credo abbia futuro, non in questa forma».
Cosa non la convince?
«La riforma dello Stato è un tema importantissimo e delicato, da maneggiare con cura.
Scelte come questa devono essere condivise. Non dico necessariamente in ogni dettaglio Ma lo spirito deve essere comune. Altrimenti vengono magari approvate da una maggioranza, Ma poi alla fine non reggono alla prova dei fatti, non funzionano».
Molto si discute sul rapporto tra il capo dello Stato e un premier eletto dal popolo.
«È evidente che così si riducono i poteri del presidente della Repubblica. Bisogna discuterne. E invece non se ne parla, si dice che non sarà un problema, mentre rispondere così non è che una rimozione del problema».
Si propone anche un premio di maggioranza.
«Ecco, questa è la bomba atomica. Io penso che in qualche forma andrebbe previsto, ma non è uno scoglio da poco. È evidente che sulle regole del gioco sia necessario un accordo».
Servirebbe il ballottaggio se nessuno superasse nelle urne il 50 per cento?
«È possibile, è un’altra cosa su cui ragionare».
E il tema della «staffetta» in caso di sfiducia?
«Sta dentro il tema del ruolo e delle funzioni del Parlamento, altra questione da affrontare. La verità è che bisogna negoziare: non è una parolaccia, è indispensabile».
Con la riforma approvata Mattarella si dovrebbe dimettere?§«Conto che a nessuno venga in mente un’assurdità simile».
(da Corriere della Sera)

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GLI AGRICOLTORI STANNO ALL’UE COME I TASSISTI ALL’ITALIA: ALLA FINE L’HANNO SEMPRE VINTA E NESSUNO HA IL CORAGGIO DI FARLA FINITA CON I RICATTI

Febbraio 6th, 2024 Riccardo Fucile

URSULA VON DER LEYEN RITIRA LA PROPOSTA “SUR”, CHE MIRAVA A RIDURRE DEL 50% L’USO DI PESTICIDI NEL SETTORE AGRICOLO ENTRO IL 2030… VIVREMO IN UN MONDO SEMPRE PIU’ DI MERDA, MA L’IMPORTANTE E’ NON DISPIACERE ALLA LOBBY DEGLI AGRICOLTORI CHE ORMAI GUADAGNANO PIU’ DAI CONTRIBUTI EUROPEI CHE A COLTIVARE LA TERRA

Un altro pezzo del Green deal e della strategia Farm to fork è stato sacrificato da Ursula von der Leyen sull’altare della collera rurale. La presidente della Commissione ha annunciato davanti al Parlamento europeo il ritiro della proposta “Sur”, che mira a ridurre del 50 per cento l’uso di pesticidi nel settore agricolo entro il 2030. L’annuncio è cosmetico.
La proposta, contestata dall’industria dei pesticidi e dalle grandi lobby agricole, era già stata rigettata dal Parlamento europeo ed era in stallo nei negoziati tra i governi al Parlamento europeo. Ma l’annuncio è altamente simbolico. Di fronte alle proteste degli agricoltori, a quattro mesi dalle elezioni europee, von der Leyen ha scelto di rinunciare agli obiettivi più ambiziosi del Green deal, anche a costo di compromettere la promessa di azzerare le emissioni nette dell’Ue entro il 2050.
Il ritiro arriva dopo il lancio del Dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura, il nuovo rinvio dell’introduzione obbligo di mettere a riposo il 4 per cento dei terreni coltivabili, l’introduzione di salvaguardie per limitare le importazioni di prodotti agricoli dall’Ucraina, la sospensione di fatto dei negoziati sull’accordo di libero scambio con il Mercosur e la promessa di una proposta entro fine mese per ridurre il carico amministrativo degli agricoltori.
Questo pomeriggio la Commissione presenterà gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 per il 2040: un taglio del 90 per cento rispetto ai valori del 1990. Le emissioni del settore agricolo ammontano al 14,3 per cento del totale nell’Ue. L’agricoltura è stata sostanzialmente risparmiata dai sacrifici e dagli investimenti necessari a realizzare l’obiettivo di tagliare del 55 per cento le emissioni entro il 2030.
Ma gli agricoltori saranno nuovamente risparmiati dalla proposta di oggi della Commissione. Dai documenti che saranno adottati dal collegio presieduto da von der Leyen sono scomparsi i riferimenti a una riduzione del 30 per cento delle emissioni di metano, azoto e altri gas legati all’agricoltura. Nelle bozze originarie, il settore agricolo era considerato come “una delle aree fondamentali per ridurre le emissioni di gas a effetto serra entro il 2040”.
(da agenzie)

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RAVENNA, “FURBETTI” DEL VACCINO A PROCESSO: PATTEGGIA FERRERO, CAPOGRUPPO DI FRATELLI D’ITALIA

Febbraio 6th, 2024 Riccardo Fucile

227 IMPUTATI PER I FINTI VACCINI ANTICOVID DEL MEDICO PASSARINI

Al via ieri a Ravenna davanti al gup Andrea Galanti il processo con numeri da record per i finti vaccini anticovid partito dall’inchiesta sul medico di Marina di Ravenna Mauro Passarini: 227 gli imputati, provenienti da diverse parti d’Italia, accusati di falso ideologico in concorso per essersi fatti inoculare dal dottore, tra l’estate e l’autunno del 2021, un falso siero – una soluzione fisiologica o dosi diluite al posto dello Pfizer – con l’obiettivo di ottenere il “Green pass”.
Passarini alla fine dell’anno scorso ha patteggiato 2 anni per peculato e falso; più composito, ovviamente, il mosaico delle scelte dei 227 imputati. In 91 ieri hanno optato per la discussione in udienza preliminare, a partire da lunedì prossimo, con la speranza quindi di ottenere un proscioglimento ma anche con il rischio di essere rinviati a giudizio e andare a dibattimento.
A dirigersi verso il rito abbreviato sono 39, mentre gli altri 97 chiedono il patteggiamento: tra questi spicca anche il nome più illustre tra le persone coinvolte nel processo, quello di Alberto Ferrero, capogruppo di Fratelli d’Italia nel Consiglio comunale bizantino e coordinatore del partito a livello provinciale.
Cifre, quelle elencate, suscettibili di cambi in corsa: molti degli avvocati si sono infatti riservati su eventuali modifiche in merito alla scelta del rito. Avranno comunque tempo fino a inizio marzo per procedere all’accordo con la Procura in caso di patteggiamento: alcuni legali avrebbero già trovato la quadratura del cerchio con la pubblica accusa fissando la pena a 5 mesi e 10 giorni, in taluni casi commutabile in una pena pecuniaria di 160 euro. Sul tavolo del gup Galanti, dopo un appello durato 2 ore, ieri c’era anche la richiesta di costituzione di parte civile chiesta e ottenuta dall’Ausl Romagna tramite la propria avvocata Giorgia Fabbri. L’azienda sanitaria lamenta infatti un danno d’immagine.
(da agenzie)

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COSI’ IL GOVERNO FARA’ AUMENTARE LA POVERTA’ ASSOLUTA

Febbraio 6th, 2024 Riccardo Fucile

IL FALLIMENTO DELL’ADI E’ GIA’ SCRITTO

Meno di 300mila famiglie ricevono l’Assegno di inclusione, il successore del Reddito di cittadinanza.
Per la precisione parliamo di 288mila nuclei, ovvero “pochi, pochissimi, rispetto a quanti, in Italia, necessitano di un supporto economico per non cadere o ricadere in una condizione di povertà assoluta”, denuncia Alleanza contro la Povertà.
Persone che rischiano di “precipitare da una fragile condizione di povertà relativa a una, ben più drammatica, di povertà assoluta”. La denuncia di Alleanza contro la Povertà nasce dai primi dati diffusi dall’Istat sull’Adi e aggiornati al 22 gennaio: a fronte di 651mila domande presentate, quelle lavorate sono 446mila, quelle accolte 288mila e quelle respinte ben 117.461.
Per l’alleanza sono “dati preoccupanti, che risultano inferiori persino alle stime fatte dal governo, che aveva annunciato una potenziale platea beneficiari di circa 737mila nuclei familiari nel programma”.
L’Alleanza aveva presentato un position paper a settembre nel quale evidenziava che “la platea dei beneficiari del supporto si sarebbe dimezzata: ora, i numeri diffusi costringono a tenere alta l’attenzione”. Emerge inoltre il problema delle domande respinte: sono ben 117mila. E nel 50% dei casi, stando a quanto dichiarato dalla ministra del Lavoro, Marina Calderone, a pesare è “la mancanza del requisito del reddito familiare conforme ai termini di legge e, nel 20% dei casi, l’assenza di requisiti di età o disabilità del nucleo”, come sottolineano ancora dall’alleanza. Sul restante 30% le motivazioni sono varie.
Proprio su questo tema viene lanciato l’allarme: “I requisiti economici richiesti per l’Adi non rappresentano e non esauriscono la platea di coloro che, in Italia, sono effettivamente a rischio di povertà assoluta. Il rischio, insomma, è che non accedano alle misure di sostegno”. Chi è “in condizioni di povertà deve essere sostenuto e accompagnato, a prescindere da quali siano le sue condizioni anagrafiche, sanitarie e lavorative”.
Da qui l’allarme finale dell’Alleanza: “Se il rapporto tra domande attese e domande pervenute e, soprattutto, se i numeri delle domande respinte dovessero rimanere questi, dovremo fare i conti con un aumento della povertà assoluta nel nostro Paese, che richiederà interventi urgenti e strutturali, così come strutturale è questo fenomeno, da ormai più di 10 anni”, come commenta il portavoce di Alleanza contro la povertà, Antonio Russo.
(da agenzie)

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DOPO BURKINA FASO, NIGER, GABON E SUDAN, ARRIVA UN GOLPE ANCHE IN SENEGAL? IL PRESIDENTE MACKY SALL HA ANNULLATO LE ELEZIONI, IN PROGRAMMA IL PROSSIMO 25 FEBBRAIO, E LA PIAZZA SI RIBELLA: “È UN DITTATORE”

Febbraio 6th, 2024 Riccardo Fucile

IL GOVERNO HA BLOCCATO LE TRASMISSIONI IN TV E INTERNET IN DIVERSI QUARTIERI… IL SENEGAL È IN UNA FASE DI CRISI E INCERTEZZA DOPO ESSERE STATO PER ANNI UNO DEI PAESI PIU’ STABILI NEL CONTINENTE

Tensioni sempre più forti e incertezze sul destino del Senegal, già oasi di stabilità politica e democratica in Africa. Nel Paese dovevano tenersi le elezioni presidenziali il prossimo 25 febbraio. Ma sabato il presidente Macky Sall (in carica dal 2012 e rieletto nel 2019) le ha annullate a sorpresa. A Dakar, si tengono proteste da domenica per le strade della città, con i manifestanti che gridano «Sall dittatore ».
Secondo l’opposizione, la decisione di Sall è un «colpo di Stato costituzionale », in un Paese dove mai c’è stato un colpo di Stato militare – come, invece, praticamente ovunque nel resto del continente. Il Senegal è piombato negli ultimi anni in una nuova fase di crisi e incertezza, ritornando ad alimentare il flusso migratorio dall’Africa subsahariana verso l’Europa.§
E con una gioventù (tre quarti della popolazione ha meno di 25 anni) sempre più refrattaria alla classe dirigente della “vecchia” democrazia parlamentare, giudicata corrotta e inefficiente, e attratta invece dalle tendenze panafricane e sovraniste che dilagano nel Sahel.
Sall, sempre meno popolare, teme che il suo candidato non ce la faccia a imporsi. Si tratta di Amadou Ba, personaggio criticato perfino all’interno del partito al potere, l’Alliance pour la République. Sarebbe questa la vera ragione del rinvio.
Tra i personaggi che, invece, potrebbero farcela c’è il candidato anti- sistema Bassirou Diomaye Faye, che raccoglie l’eredità di Ousmane Sonko, politico panafricanista e sovranista di 49 anni, seguito soprattutto dai giovani. Sonko e Diomaye Faye hanno fondato il partito Pastef (Patriotes africains du Sénégal pour le travail, l’éthique et la fraternité), disciolto nel luglio scorso. Sonko, accusato di stupro nel 2021, è finito in carcere, dove si trova ancora ed è stato escluso dalle candidature delle presidenziali dalla Corte costituzionale.
Diomaye Faye potrebbe vincere, con l’appoggio a distanza di Sonko. E in ogni caso altri candidati potrebbero approfittare dell’immagine screditata di Sall e dei suoi, accusati di corruzione. Già domenica sono iniziate a Dakar i cortei contro Sall. Le forze dell’ordine sono intervenute con i gas lacrimogeni e una certa brutalità.
Non solo: Anta Babacar Ngom, anche lei candidata alle presidenziali, e Aminata Touré, già premier (ora all’opposizione) sono state arrestate e poi rilasciate nella notte tra domenica e lunedì. Il Governo ha bloccato le trasmissioni della tv privata Walf , accusata di fomentare i disordini dando spazio alle immagini della manifestazione.
Ieri, di nuovo, alcune centinaia di manifestanti si sono radunati dinanzi all’Assemblea nazionale, mentre i deputati discutevano il provvedimento voluto da Sall, e sono stati dispersi con i lacrimogeni. Ieri mattina il Governo ha anche bloccato Internet sulla telefonia mobile in diversi quartieri di Dakar, come già aveva fatto nel giugno 2023. L’obiettivo è limitare le manifestazioni organizzate sui social.
Intanto, Usa, Ue, Francia e Ecowas (la Comunità degli Stati dell’Africa dell’Ovest) hanno espresso ognuno la propria preoccupazione per la situazione in Senegal.
(da La Repubblica)

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PUTIN VUOLE RISULTATI DA SBANDIERARE PRIMA DELLE ELEZIONI E PREPARA UNA MAXI CONTROFFENSIVA SULLA CITTÀ DI KUPYANSK. PER VINCERE LA FIACCATA RESISTENZA UCRAINA

Febbraio 6th, 2024 Riccardo Fucile

“MAD VLAD” SCHIERA 40MILA UOMINI, 500 CARRI ARMATI E CENTINAIA DI OBICI. CE LA FARÀ? KIEV È IN DIFFICOLTÀ, MA HA TENUTO BOTTA MEGLIO DEL PREVISTO, CON QUALCHE COLPO A EFFETTO (I BOMBARDAMENTI IN RUSSIA E LE NAVI AFFONDATE)

Quarantamila uomini, 500 carri armati e centinaia di obici sono pronti a scatenare l’inferno su Kupyansk, mentre le forze di Mosca si avvicinano. “La Federazione russa intende conquistare l’intero Donetsk e Luhansk e parte del Kharkiv Oblast fino al fiume Oskil entro il marzo 2024”, spiega il Centro ucraino per le strategie di difesa.
L’obiettivo della Russia sarebbe quello di conquistare tutto ciò che si trova a est del fiume Oskil, che attraversa Kupyansk. Da ottobre, la Russia sta lanciando aggressivamente le sue truppe lungo la linea del fronte orientale dell’Ucraina, che è stata al centro dell’offensiva invernale.
Ora l’offensiva potrebbe raggiungere il suo culmine, poiché Putin è alla disperata ricerca di una vittoria significativa prima delle elezioni di marzo, che quasi sicuramente gli garantiranno di regnare sulla Russia almeno fino al 2030. Una parte significativa di Kharkiv – dove sono state combattute molte delle battaglie più brutali della guerra – sarebbe il regalo perfetto per il giorno delle elezioni per il “sovrano”.
Kiev sa che Kupyasnk deve resistere perché è un’importante città di accesso al secondo centro urbano dell’Ucraina, Kharkiv. La Russia ha occupato per breve tempo un’ampia fascia della regione di Kharkiv nel 2022, ma l’Ucraina ha liberato la maggior parte dell’oblast’ in una coraggiosa controffensiva estiva nel corso dello stesso anno.
Circa 10 brigate ucraine – composte da 20.000 uomini, centinaia di carri armati e veicoli da combattimento e migliaia di droni – hanno il compito di difendere Kupyansk e gli insediamenti circostanti. Si scontreranno con un esercito che potenzialmente raggiunge il doppio delle loro dimensioni. Tuttavia, secondo gli analisti, il problema più grande che l’esercito ucraino deve affrontare è la cronica carenza di munizioni.
Gli Stati Uniti erano il principale donatore dell’Ucraina, ma il Congresso ha tagliato gli aiuti a Kiev quest’autunno dopo che l’ultima legge sugli aiuti militari del presidente Joe Biden è stata bloccata. Da allora, l’Ucraina è riuscita a sparare solo 2.000 proiettili al giorno contro i 10.000 della Russia, riporta Forbes.
La nuova supremazia di Mosca sulla potenza di fuoco ha permesso ai suoi militari di concentrare le batterie intorno alle grandi città, con un rischio ridotto di fuoco di controbatteria. “Questa situazione consente alla Russia di attuare un approccio ben noto: la distruzione sistematica delle aree urbane, rendendole indifendibili”, ha riferito il gruppo di analisi ucraino Frontelligence Insight.
E questa distruzione è già iniziata. “Le nostre immagini satellitari rivelano danni sostenuti e intensi da parte dell’artiglieria” intorno a Kupyansk, si legge nell’analisi. Le forze russe hanno intensificato l’offensiva nella zona alla fine dell’estate, ma l’Ucraina ha coraggiosamente tenuto la linea.
Le forze russe hanno intensificato l’offensiva nell’area alla fine dell’estate, ma l’Ucraina ha coraggiosamente tenuto la linea. Nelle ultime settimane, tuttavia, la Russia si è costantemente avvicinata a Kupyansk, avanzando lungo la linea Kupyansk-Svatove-Kreminna.
Il 21 gennaio, l’Institute for the Study of War ha dichiarato che le forze di Putin avevano catturato il villaggio di Krokhmalne – ma Kiev ha affermato che non si trattava di una “situazione problematica”, poiché non si trattava di un insediamento. Il 28 gennaio, poi, la Russia ha annunciato la cattura di Tabayivka, un villaggio a soli 17 chilometri da Kupyansk.
L’Ucraina ha subito smentito la notizia.
Il 2 febbraio, Kiev ha dichiarato che il suo esercito ha respinto cinque attacchi importanti in due insediamenti che circondano la città, Synkivka e Ivanivka.
Nel fine settimana, le truppe russe hanno iniziato a bombardare la città con bombe aeree. L’attacco ha colpito un edificio, case e reti elettriche. Non sono state segnalate vittime, ma si tratta probabilmente di un leggero assaggio della brutalità che verrà.
La notizia arriva mentre il The Sun ha scritto uno straziante dispaccio dalla città ucraina di Stepnohirsk, in prima linea, che sta opponendo la sua ultima resistenza alle forze di Putin.
A pochi chilometri dalla linea di controffensiva ucraina nella regione di Zaporizhzhia, non ci sono lavoro, acqua potabile o sistemi di riscaldamento, e i bombardamenti si fermano raramente.
Gli ultimi sopravvissuti di Stepnohirsk sono gli anziani, i disabili e i parenti che si prendono cura di loro. Nonostante le recenti conquiste del Cremlino, l’Ucraina sta riuscendo a causare gravi danni agli sforzi bellici di Putin con audaci e ingegnosi attacchi aerei, terrestri e marittimi.
La scorsa settimana, un filmato drammatico ha mostrato il momento in cui l’Ucraina ha distrutto una colonna di carri armati e veicoli corazzati russi in un unico blitz utilizzando droni e missili.
Kiev ha scatenato attacchi mirati contro il convoglio che stava manovrando vicino alla linea del fronte nella regione di Donetsk, in mano ai russi, durante un assalto di due ore. L’Ucraina sostiene inoltre di aver affondato un’altra nave da guerra russa con 50 marinai a bordo, utilizzando un drone kamikaze. I filmati condivisi dal ministero della Difesa ucraino hanno mostrato il momento drammatico in cui le sue imbarcazioni si sono dirette verso la nave missilistica “Ivanovets”, costata 55 milioni di sterline, nel Mar Nero, mandandola in fiamme.
(da The Sun)

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“GRANDE RESET” NELL’ESERCITO: ZELENSKY HA DECISO DI FARE FUORI IL POPOLARE GENERALE VALERY ZALUZHN (CHE GLI FA OMBRA), IL CAPO DI STATO MAGGIORE, SERGEI SHAPTALA, E IL MINISTRO DEGLI INTERNI, IHOR KLYMENKO

Febbraio 6th, 2024 Riccardo Fucile

UN CAMBIO RADICALE CHE, SECONDO GLI ANALISTI, RISCHIA DI GETTARE NEL CAOS LE STRUTTURE DI POTERE DEL PAESE IN UNA FASE CRUCIALE DELLA GUERRA

Sono tempi difficili per l’Ucraina. L’intenzione espressa da Volodymyr Zelensky di licenziare il suo capo delle Forze Armate, il popolare generale Valery Zaluzhny, assieme ad altri dirigenti militari e nel governo, sta provocando la più grave crisi negli equilibri di potere a Kiev dall’inizio dell’invasione lanciata da Putin il 24 febbraio 2022.
Due giorni fa in un’intervista alla Rai il presidente ucraino ha parlato dell’opportunità di «un generale cambio di uomini alla guida del Paese», che comporta anche la sostituzione del ministro degli Interni, Ihor Klymenko, e del capo di Stato maggiore, Sergei Shaptala. Si parla inoltre di avvicendamenti con ufficiali giovani all’Aviazione, nella Marina e nei centri di reclutamento.
«Un vero sconquasso. Sono preoccupatissimo. La nostra situazione militare è troppo delicata, non possiamo permetterci una destabilizzazione lacerante ai vertici dello Stato. Zelensky ha sbagliato a scegliere lo scontro frontale con Zaluzhny proprio in questo momento: sta pregiudicando la nostra capacità di combattere», ci riassume Yaroslav Grizhak, uno dei più noti storici e politologi ucraini.
E spiega: «I motivi del contrasto sono tanti. Il populista Zelensky è molto sensibile alla popolarità di Zaluzhny, che ormai da un anno lo supera di oltre 20 punti negli indici di gradimento. E i due uomini hanno caratteri molto diversi, il che rende difficile la collaborazione: Zelensky è un impulsivo, Zaluzhny è invece un freddo calcolatore che analizza le situazioni in modo sistematico».
Sin dalle prime ore dell’invasione russa la classe dirigente ucraina scelse di stringersi attorno al presidente in nome dell’emergenza nazionale e dell’unità a tutti i costi. Nessuno criticò la legge marziale, che tra l’altro vietava agli uomini di età compresa tra i 18 e 65 anni di espatriare per sfuggire alla leva. Fu un grande successo. Il sistema Paese resistette alla morsa russa.
L’estate 2023 avrebbe dovuto coronare i successi con la controffensiva nel Sudest mirata a liberare il massimo delle zone occupate. Ma è andata male. I russi hanno resistito, questa volta arroccati sulla difensiva, dissanguando gli ucraini. Da ottobre vige lo stallo.
Zaluzhny lo dice apertamente: occorre attendere, serve un altro mezzo milione di soldati reclutati con una draconiana legge sulla leva, servono più armi e caccia F-16 per la copertura aerea.
Zelensky lo critica, ricorda che già gli americani erano stati scettici per il suo incaponirsi a combattere per Bakhmut, vorrebbe addolcire la naja, sapendo che a tanti non piace. La legge sulla leva resta così una ferita aperta, mentre si dimette la ministra per i veterani.
Zelensky ieri ha chiesto al Parlamento di prorogare la legge marziale di altri 90 giorni, sino al 14 maggio. Il presidente si sente rafforzato dagli aiuti europei, come ha evidenziato domenica visitando il fronte di Robotyne. Nove giorni fa aveva proposto a Zaluzhny di diventare consigliere militare, al suo posto si è ipotizzato il capo dell’intelligence, Kyrylo Budanov: entrambi hanno rifiutato. Ora si parla della possibile nomina di Zaluzhny come ambasciatore a Londra.
«Ma nulla è certo e il caos aiuta i russi. Si gioca alla politica sulle vite dei soldati», critica l’esperto Oleh Zhdanov. A lui si aggiunge un vecchio nemico di Zelensky, il sindaco di Kiev, Vitaly Klitschko: «Grazie a Zaluzhny la gente crede nelle Forze Armate. Basta intrighi!».
(da Corriere della Sera)

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