Febbraio 24th, 2024 Riccardo Fucile
L’ACCUSA: FALSI RIMBORSI E INDENNITA’ PERCEPITE ILLEGALMENTE, SPESE PER L’AUTO DI SERVIZIO NON AUTORIZZATE, RIMBORSI PER CENE ED EVENTI MAI ESISTITI
Indennità di servizio per i familiari percepite illecitamente, spese per benefit legate all’auto di servizio non autorizzate, rimborsi per l’organizzazione di eventi e cene che in realtà non sarebbero stati organizzati: si è chiusa con almeno tre contestazioni l’ispezione ministeriale sul generale Roberto Vannacci.
La relazione è stata già trasmessa alla magistratura e la procura militare procede per peculato e truffa. Mentre sono ancora in corso le verifiche avviate dopo la pubblicazione del libro Il mondo al contrario, arriva l’esito dell’ispezione effettuata per ordine dello Stato maggiore della Difesa che riguarda il periodo in cui ha ricoperto l’incarico di addetto militare a Mosca.
L’informativa finale evidenzia «criticità, anomalie e danni erariali nelle autocertificazioni e richieste di rimborso depositate» che secondo gli ispettori «devono essere valutate dall’autorità giudiziaria».
Mail e certificazioni
Dopo le polemiche della scorsa estate seguite all’uscita del volume su Amazon diventato in breve un best seller e prima di una probabile campagna elettorale in vista delle Europee, il generale dovrà dunque spiegare ai pubblici ministeri che cosa accadde davvero quando era il rappresentante della Difesa in Russia.
Un incarico ottenuto il 7 febbraio del 2021 e terminato il 18 maggio 2022, quando Mosca decretò l’espulsione di 24 diplomatici ed esperti militari italiani per rispondere a un’analoga mossa del governo guidato da Mario Draghi che aveva preso la decisione di mandare via dall’Italia trenta fedelissimi di Vladimir Putin «in accordo con altri partner europei e atlantici, necessaria per ragioni legate alla nostra sicurezza nazionale, nel contesto della situazione attuale di crisi conseguente all’ingiustificata aggressione all’Ucraina da parte della Federazione Russa».
Le verifiche sono durante dieci giorni — dal 20 novembre al 1 dicembre 2023 — e riguardano, come sempre avviene, «la gestione amministrativa dell’ultimo quinquennio», dunque anche gli altri militari che sono stati in Russia. Sono state effettuate esaminando i documenti contabili, le mail, le attestazioni di servizio, ma anche interrogando il personale che si trova adesso presso la rappresentanza italiana.
I «visti» dei familiari
Sono tre i capitoli evidenziati dagli ispettori ministeriali nella relazione su Vannacci trasmessa alla magistratura.
Il primo riguarda «le autocertificazioni in virtù delle quali il generale Vannacci ha percepito l’indennità di servizio all’estero che, come è noto, è attribuita in base all’effettiva presenza dei familiari a carico nella sede di servizio estera».
I soldi sono stati versati, ma gli ispettori contestano il fatto che la moglie e le figlie di Vannacci fossero effettivamente con lui in Russia. Scrivono infatti: «È emersa una incongruenza tra la dichiarazione resa da Vannacci nel 2021 e i dati riscontrati sui passaporti diplomatici di servizio dei propri familiari (visti di ingresso e di uscita dalla Federazione russa)».
In particolare le date non coincidono con le giornate indicate nelle richieste di rimborso presentate dal generale e per questo gli ispettori chiariscono di aver «provveduto a dare notizia alle procure militare e ordinaria di Roma».
Soldi per cene e feste
Il secondo capitolo riguarda invece feste e cene. Anche in questo caso Vannacci ha presentato l’elenco delle spese sostenute ma l’indagine ha evidenziato anomalie che secondo gli ispettori devono essere valutate dai magistrati. Si legge infatti nella relazione: «Risulta che il generale Vannacci avrebbe chiesto e ottenuto rimborsi per spese sostenute impropriamente per organizzare eventi conviviali per la “Promozione del Paese Italia” presso ristoranti di Mosca piuttosto che presso la propria abitazione».
In questo caso è stato il successore di Vannacci, il colonnello Vittorio Parrella, a smentirlo. Nelle liste dei partecipanti agli eventi era stato infatti inserito anche il suo nome ma lui ha dimostrato di non aver partecipato e anzi ha messo in dubbio anche l’effettiva organizzazione degli eventi. Non solo.
Tra le richieste presentate da Vannacci per ottenere la restituzione dei soldi anticipati una riguarda una cena che si sarebbe svolta nell’alloggio di servizio il 23 maggio 2022, dunque il giorno dopo la decisione di Mosca di espulsione dei diplomatici e militari italiani. Ed ecco l’accusa degli ispettori: «Dal controllo dei vari titoli di spesa l’ispettore ha chiesto chiarimenti in ordine a un evento conviviale presso l’abitazione del generale Vannacci nella stessa data in cui risulta eseguito il trasloco dei mobili e delle masserizie dalla predetta abitazione».
I 9 mila euro per la Bmw
Un possibile danno erariale è stato invece contestato per l’uso dell’auto di servizio, una Bmw. Sono 9 mila euro che sarebbero stati spesi senza giustificazione. Secondo i documenti analizzati dagli ispettori «nel luglio del 2018 lo Stato maggiore aveva autorizzato l’alienazione dell’auto entro il 31 ottobre 2018 e comunque al manifestarsi di inefficienze che potevano richiedere onerosi interventi di manutenzione».
Vannacci e il suo predecessore, il generale Alfonso Miro, non avrebbero però rispettato le disposizioni e per questo si è deciso «per le valutazioni di eventuali profili di responsabilità amministrativa e connesso danno erariale relativo alle spese sostenute» di affidare il dossier alla corte di Conti.
(da Corriere della Sera)
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Febbraio 24th, 2024 Riccardo Fucile
COLPA LORO, SI ERANO DISTRATTI
L’Italia è il Paese delle casualità, e, se non fosse impossibile da credere, direi che alcuni hanno più sfortuna di altri.
Oggi è toccato agli studenti, a Pisa e a Firenze, che con poco rispetto hanno scelto di manifestare per la pace in Palestina proprio nel giorno del lutto nazionale per la separazione di Chiara Ferragni e Fedez. Poi, sovrappensiero, gli studenti sono pure scivolati sul policarbonato che avvolge i manganelli e qualcuno si è fatto male.
A volte, davvero, il caso.
Del resto siamo il Paese delle fatalità. Un giorno Stefano Cucchi si distrae, scivola dalle scale e muore.
Oh, la sfiga.
Oggi, a Pisa e a Firenze, centinaia di manifestanti sono scivolati sul manganello delle Forze dell’Ordine. Dev’essere stata colpa del selciato scivoloso, aveva piovuto e hanno perso l’equilibrio. Non piove mai, ha piovuto proprio oggi e loro sono scivolati sui cugini dei tonfa.
I giovani indossano sempre scarpe da ginnastica e con quelle si scivola, è risaputo. I giovani d’oggi dovrebbero imparare dalle Forze dell’Ordine, che invece viaggiano con gli anfibi e non scivolano mai, infatti anche oggi non ce n’è stato uno solo che si sia fatto male, hanno sanguinato solo le teste degli studenti.
A volte, davvero, il caso.
Viviamo in un Paese di distratti, che poi si fanno male. L’anarchico Pinelli si buttò dalla finestra mentre girava un film come stuntman, qualcuno ne avrà sentito parlare, e proprio a Firenze Riccardo Magherini si suicidò provando a capire quanto poteva resistere senza respirare.
A volte, davvero, quando si dice la combinazione degli eventi. Che se invece non fosse una fatalità, parlo per ipotesi naturalmente, dovremmo ammettere di vivere in un Paese che ama i rigurgiti fascisti, e lo fa quasi indipendentemente dal colore dei governi in carica. È sufficiente ricordare la luminosa carriera di Gianni De Gennaro, ex capo della polizia durante il G8 di Genova, poi passato fra le coccole di tutti i Governi dal 2001 a oggi.
Per fortuna, però, si tratta appunto di fato. Non è una questione di democrazia ferita, ma di sfiga. E si sa, quando la scalogna si accanisce, non possiamo farci niente.
Lo dice anche il proverbio: “Controvento si va, ma contro la sfiga no”.
Dunque è bene continuare a pensare che non abbia colpa nessuno, che altrimenti, sai il casino che dovremmo fare!
Voglio dire: se davvero non fosse un caso che oggi sono state picchiate studentesse e studenti nei cortei a Pisa e a Firenze.
Se non fosse un caso che manganellano sempre chi chiede un diritto e non chi prova a comprimerli.
Se non fosse un caso che mazziano gli attivisti ecologisti, o chi balla ai rave. E se non fosse un caso che all’opposto lasciano i trattori bloccare strade e tangenziali, sai il boato che dovremmo fare?
Se non fosse un caso che picchiano gli studenti pro Palestina, mentre l’Italia continua a lucrare vendendo armi a Israele.
Se non fosse un caso che mille manifestanti a braccio teso non vengono toccati, e che il braccio teso venga derubricato a commemorazione, e invece chi chiede la cessazione della guerra riceve le botte.
Se non fosse un caso, appunto, sai che rumore dovremmo fare?
(da Fanpage)
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Febbraio 24th, 2024 Riccardo Fucile
“MIA FIGLIA MINORENNE NON POTEVA DIFENDERSI, HA DETTO AL POLIZIOTTO DI FERMARSI, MA NON E’ STATO COSI'”… “NON MI FA PAURA IL MALE, MI FA RIBREZZO, COME LA VILTA'”
Sono almeno 11 gli studenti feriti dalle cariche della polizia a margine del corteo studentesco pro Palestina di ieri mattina, 23 febbraio, a Pisa. Tra loro anche Gemma, minorenne, “caduta in terra per le spinte ricevute, è stata investita da un poliziotto che ha preso di mira la sua gamba destra, a manganellate”.
A raccontare cosa le è accaduto è la madre, Sara, in un post su Facebook:
“Poco fa mia figlia è stata dimessa dall’ ospedale: ringrazio il personale dei reparti di radiologia e di ortopedia dell’ospedale Lotti di Pontedera, per aver sostenuto mia figlia con grande affetto e professionalità. Mia figlia, minorenne, ha fatto accertamenti per le ecchimosi dovute alle botte che ha preso. Caduta in terra per le spinte ricevute, è stata investita da un poliziotto che ha preso di mira la sua gamba destra, a manganellate. Mia figlia non poteva difendersi ha detto al poliziotto di fermarsi, ma non è stato così. Comunque Gemma lunedì rientra a scuola, a testa alta. Quanto a voi poliziotti, non so come stasera guardate in faccia i vostri figli. Ancora ho il disgusto e i brividi per quello che è accaduto a mia figlia, e ai nostri studenti. Ringrazio tutti i miei colleghi e tutti gli amici, che in questo momento così orribile, sono scesi in questa piazza stasera. Sono vicina ai genitori degli altri nostri studenti picchiati e spaventati. Mi commuove tanto, tutto questo. Non mi fa paura il male. Mi fa ribrezzo. Come la viltà”, ha scritto sul proprio profilo Facebook.
Il corteo – al quale oltre agli studenti hanno partecipato sindacati di base e la comunità palestinese – aveva come obiettivo piazza dei Cavalieri. Giunti al cordone di forze dell’ordine che delimitava la piazza, i manifestanti sono stati caricati e presi a manganellate.
Numerose delle polemiche politiche e delle critiche nei confronti della questura, guidata da Sebastiano Salvo (vicequestore a Genova in occasione del G8 del 2001) e anche del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. In serata è poi arrivata la risposta degli studenti con l’organizzazione sono stati di due presidi con oltre 5000 persone schierate in favore degli studenti.
“Siamo partiti da piazza Dante dove ci eravamo radunati per fare una passeggiata in giro per la città ma dopo poche decine di metri abbiamo trovato lo sbarramento di polizia che ha poi caricato una manifestazione assolutamente pacifica, ma determinata ad andare avanti per portare solidarietà al popolo palestinese”, è il racconto di una studentessa che ha partecipato al corteo.
(da Fanpage)
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Febbraio 24th, 2024 Riccardo Fucile
IL SEQUESTRO DI STATO DEL CADAVERE DI NAVALNY
Per definire ripugnante il sequestro di Stato del cadavere diNavalny non serve scomodare l’etica, basterebbe l’ordinario rispetto del dolore dei familiari, comprensibile anche dal più bieco degli sbirri.
La sola giustificazione logica di un simile, sadico oltraggio è che i carcerieri di Navalny vogliano impedire che un’autopsia stabilisca le cause della morte. Imbavagliare i vivi, imbavagliare anche i morti. In termini criminologici: occultamento di cadavere.
Ammesso che sia interessante saperlo, non sono un difensore a priori di quel coacervo, in realtà molto vago e difforme, che chiamiamo Occidente. Ne considero i limiti e le ipocrisie. La crapula consumista, la perdita di senso. L’imperialismo economico. Per la serie: ognuno guardi alle sue piaghe, e tra le sue pieghe.
Ma una porcheria del genere, donne alle porte di una galera per chiedere di riavere, almeno da morto, il loro figlio e marito, e la porta non si apre, dà la misura dell’oltranza disumana di un regime che può piacere solo ai perversi, o ai servi, o ai fascisti, o agli stalinisti, o a chi non si è mai posto nemmeno mezza domanda (non sulla politica: sulla vita) e non si è mai dato nemmeno mezza risposta.
Nelle nostre vecchie e marce democrazie, davanti a quel carcere ci sarebbero centinaia di telecamere, e migliaia di persone a gridare “aprite!”, e un Parlamento in fiamme che discute e litiga.
Noi siamo pieni di misteri e di soprusi, anche di bombe e di mafia, di bugie e di sangue: non abbiamo mai saputo come rimediare ai nostri orrori ma almeno possiamo saperli, e possiamo dirli. Chi tifa per Putin tifa per una vita muta.
(da repubblica.it)
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Febbraio 24th, 2024 Riccardo Fucile
PIU’ CHE UN TRADIZIONALE COMIZIO, UNA FESTA DI POPOLO ALL’INSEGNA DELL’ORGOGLIO
Più che un comizio elettorale, una festa di popolo. Nella “sala Pasolini” della Fiera di Cagliari la campagna elettorale di Alessandra Todde si chiude con una celebrazione dell’orgoglio sardo. La candidata del centrosinistra non ha voluto i leader nazionali sul palco, non ci sono Giuseppe Conte ed Elly Schlein, nessun politico venuto «dal continente», come dicono da queste parti.
«Penso sia giusto così, per noi questa è una cosa tra sardi», spiega Todde, come a voler marcare la distanza dal suo avversario, Paolo Truzzu, che mercoledì scorso si è invece fatto accompagnare da Giorgia Meloni e da tutti i leader del centrodestra arrivati da Roma.
Qui, invece, il microfono è solo per i rappresentanti locali delle dieci liste della coalizione progressista, quelli che hanno costruito dal basso il progetto unitario, credendo in un’impresa che sembrava proibitiva e che ora appare possibile. «Vediamo, io sono sempre ottimista, la fiducia è cresciuta nelle ultime settimane – dice Todde a La Stampa – ma, a prescindere da come andrà, sono orgogliosa di questo percorso, abbiamo superato le divergenze e unito le forze come forse non era mai successo. È questa la strada per M5s e Pd, l’ho detto anche a Conte e Schlei». Detto ciò, «non chiamatelo laboratorio, i sardi non sono cavie».
Ripensa agli oltre 90 comizi su e giù per l’isola: «È finita, è stata lunga e bellissima, ma domani (oggi, ndr) mi riposo e sto in famiglia». L’ex viceministra allo Sviluppo economico (governo Conte 2) fino all’ultimo è andata in giro a incontrare e ad ascoltare. Prima di arrivare alla fiera di Cagliari, si è infilata sotto al gazebo dei pastori, in presidio all’ingresso del porto, con trattori schierati e fuoco acceso per arrostire il porceddu. Si è fermata mezz’ora con loro, a parlare di fondi europei non spesi e di protezione della loro filiera produttiva. Poi altra tappa sotto all’assessorato alla Salute, dove si sono organizzati in protesta gli operatori sanitari precari, in perenne attesa di stabilizzazione. «Si sono dimenticati di voi – ha sottolineato Todde – ma la giunta Solinas ha approvato 145 delibere nell’ultima riunione utile prima del voto, il 10% del totale di quelle fatte in 5 anni. Evidentemente avevano questioni e interessi da sistemare».
Mentre arriva nel retropalco per il comizio finale, Todde mostra di avere le idee chiare: «La prima cosa che faccio se vinco? Una mappa delle aree idonee per fermare la speculazione sul territorio con i parchi eolici – dice senza esitazione –. Ma forse è la seconda, la prima sarà tingermi una ciocca di capelli con i colori della Sardegna».
Intanto, sul palco, a proposito di orgoglio sardo, sale il quartetto dei “Tenore” di Orgosolo, che battezzano la serata cantando un sonetto dedicato ad Antonio Gramsci, sardo di Oristano, «un personaggio simbolo per l’unità della sinistra», spiega uno di loro.
Todde applaude in prima fila, qualcuno le porge una bandiera con i quattro mori da firmare, ci sono anche gli indipendentisti. Intorno a lei altre, del Movimento 5 stelle e del Partito democratico, vicine come non si vedono spesso. Anche se le prime sventolano quando viene chiamato sul palco Ettore Licheri, senatore e coordinatore sardo del M5s, e le seconde quando è il turno del segretario regionale dem Piero Comandini. L’unico che carica di un significato politico nazionale queste elezioni: «Da qui deve partire il no a Meloni, ai suoi ministri che sono venuti qui a fare una passerella, al loro governo e ai loro alleati in Europa».
Poi tocca a Todde, che attacca Truzzu: «A Cagliari non si fa più vedere per quanto male ha amministrato, non possiamo affidare la Regione a chi non riesce a dirsi antifascista». E risponde a distanza a Renato Soru, il terzo incomodo, che «non ha il diritto di dare patenti di “sardità”, io amo questa terra più di lui».
Lei che è nata e cresciuta a Nuoro, poi è partita, tra Spagna, Olanda e dieci anni negli Stati Uniti. «Ma le mie radici sono qui», assicura, chiamando sul palco la madre e la nipote, che «sono il motivo per cui sono tornata in Sardegna e voglio impegnarmi per farla risorgere».
Alla fine, cita «una grande nuorese» come la scrittrice Grazia Deledda, vincitrice del Premio Nobel: «In una bellissima lettera ha scritto: “Tutto può essere vinto”. Allora, andiamo a riprenderci la nostra isola».
(da lastampa.it)
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Febbraio 24th, 2024 Riccardo Fucile
LO SGARBO DI MACRON AL DEBUTTO DI MELONI: DISERTA IL G7 A KIEV E INVITA I LEADER A PARIGI
Succede nel giorno dell’anniversario dell’invasione russa, rendendo ancora più clamorosa l’assenza. Emmanuel Macron, si apprende dall’Eliseo, non parteciperà alla riunione del G7, quella che Giorgia Meloni ha organizzato per oggi in videoconferenza da Kiev. Un atto simbolico voluto fortemente da Roma per l’esordio della presidenza italiana, che sulla carta dovrebbe mandare un segnale di unità e smentire la sensazione di stanchezza che serpeggia tra gli alleati nel sostegno all’Ucraina.
Motivi di agenda, dicono a Parigi. Il capo di Stato è atteso al Salone dell’agricoltura per un confronto con i sindacati che, visti i toni della vigilia, potrebbe rivelarsi disastroso. Il Presidente francese, raccontano dal suo entourage, aveva in un primo tempo risposto positivamente ad un invito della leader italiana per giovedì. L’incontro era stato poi spostato a venerdì. Alla fine il vertice si terrà oggi. Il momento più sbagliato per il leader francese. Che ha declinato.
Una ricostruzione che suona pretestuosa. O almeno, che manca di dettagli decisivi, anche perché Meloni si è allineata al timing chiesto dagli americani. Le versioni divergono ad esempio su un altro punto: secondo Palazzo Chigi, il Presidente sarebbe stato coinvolto anche per il viaggio a Kiev con la premier, a cui avrebbe preferito sottrarsi.
Secondo fonti francesi, invece, no. Macron, in ogni caso, ha alla fine scelto di dare priorità alla rabbia dei forconi, facendosi rappresentare al G7 dal ministro della Difesa.
Ma non basta. A segnalare che qualcosa di pesante sta accadendo, ha annunciato a sorpresa un “suo” vertice dedicato a Kiev. Lo ha convocato per lunedì a Parigi. Al summit sono attesi vari capi di Stato e di governo, tra i quali il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Parigi e Berlino avevano coordinato la firma degli accordi militari bilaterali con Zelensky la settimana scorsa, quelli da cui l’Italia era stata tagliata fuori.
Chi invece a Parigi non ci sarà è proprio Giorgia Meloni. E qui la faccenda diventa ancora più intricata. La defezione non è ancora stata comunicata, ma è probabile che la premier italiana mandi al summit il ministro Antonio Tajani. Una mossa ufficialmente dettata dalla necessità di ridurre il carico di lavoro: la leader farà ritorno da Kiev domani, dopo due notti trascorse in treno. Ma è evidente che l’assenza ha il sapore della ripicca dopo lo sgarbo programmato da Macron sul G7. Una decisione che formalizza posizioni di nuovo lontane. Sempre più lontane.
Schiaffo contro schiaffo. Bisogna seguire gli indizi delle ultime settimane. Su tutto, pesa un dato strategico: Macron intende preparare l’Europa a una nuova fase, si candida a guidare il rafforzamento della politica estera e di difesa comune, soprattutto nell’eventualità in cui dovesse vincere Trump. E vede nel fronte ucraino la prima linea della sfida europea. Meloni, invece, continua ad aggrapparsi proprio alla Casa Bianca, anche per bilanciare il grande freddo con Parigi e Berlino. Ed è convinta di poter mantenere una relazione non troppo svantaggiosa con Washington anche nel caso in cui dovesse tornare Trump.
Per questo, ha premuto da gennaio riservatamente per ottenere l’incontro con il Presidente Usa. Alla fine ieri, dopo giorni di attesa, la premier ha ottenuto il via libera per il primo marzo. Un risultato non scontato, visto che era stata nello Studio Ovale lo scorso luglio. Per essere ricevuta da Biden, non ha esitato a cancellare l’incontro con Scholz, che si sarebbe dovuto tenere nelle stesse ore in Italia
Parigi e Roma si allontanano alla velocità della luce. Il francese è deluso nel vedere la cautela con cui Meloni si è mossa dopo la morte di Navalny, lasciando cadere il suo appello per un “sussulto” contro Putin. Macron chiede un cambio di passo nei confronti di Mosca. E i suoi uomini fanno lo stesso. Il ministero della Difesa francese – assieme a quelli di Germania e Polonia – ha svelato qualche giorno fa una rete di siti in Europa al servizio della propaganda di Putin.
E il titolare della Difesa, Sébastien Lecornu, ha denunciato un centinaio di «incidenti ostili» con l’esercito russo, in particolare durante pattugliamenti aerei nel Mar Nero. Ma non è finita qui. All’Eliseo brucia anche non essere abbastanza sostenuto dall’Italia nella battaglia per la “preferenza europea” nell’acquisto di materiale bellico da destinare a Kiev. Sul dossier la distanza è forte anche con la Germania. La differenza è che a Berlino è almeno in corso una riflessione sulle conseguenze di un ritorno di Trump. E si valuta l’idea di una deterrenza nucleare condivisa nell’Ue.
Tutto, ovviamente, si intreccia con la grande incognita delle Europee. Il Presidente francese non è certo entusiasta del sostegno di Ursula von der Leyen alla premier, che dopo Lampedusa ed Emilia Romagna ha scelto di accompagnare anche a Kiev. Meloni, nel frattempo, ha scelto di imbarcare nei Conservatori (Ecr) il partito Reconquête di Eric Zemmour: uno schiaffo a Macron, un ostacolo quasi insormontabile rispetto a un accordo dopo il 9 giugno. Palazzo Chigi spera che il risultato elettorale umili il francese. Anche per questo Macron ha reagito, saltando il G7. Un duello senza più esclusione di colpi.
(da repubblica.it)
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Febbraio 24th, 2024 Riccardo Fucile
LO STUDIO DELLA CGIA DI MESTRE: IL PROBLEMA E’ IL CONTRATTO DEI METALMECCANICI
Nei cantieri edili un addetto perde la vita ogni due giorni. E in un caso su tre lavora in una realtà imprenditoriale diversa. Come l’installazione degli impianti, a cui si applica il contratto dei metalmeccanici come previsto dagli accordi sindacali tra le parti sociali. A dirlo è la Cgia di Mestre, che ha elaborato alcune statistiche sui morti sul lavoro. Dalle quali si evince che è il cantiere il luogo a maggior rischio. Perché le maestranze che esercitano l’attività edile ma non dispongono del Ccnl corrispondente non sono tenute a frequentare i corsi di formazione obbligatori previsti per gli edili.
E questo rende i lavoratori meno consapevoli e meno preparati ad affrontare i rischi e i pericoli che possono incorrere durante la giornata lavorativa. Purtroppo, i dati disponibili – per la Cgia – non consentono di «soppesare» quante imprese dell’edilizia applicano il contratto metalmeccanico anziché quello edile. Ma è evidente che nei cantieri accedono comunque troppi addetti che non hanno ricevuto un’adeguata formazione in materia di sicurezza. Se tra le principali irregolarità riscontrate dall’Ispettorato del Lavoro durante l’attività di controllo emergono, in particolar modo, i ponteggi non ancorati correttamente, l’assenza di percorsi all’interno del cantiere dedicati ai mezzi e/o ai pedoni o la mancanza/inadeguatezza di dispositivi di protezione collettivi (parapetti, armature, barriere), vuol dire che il lavoro da fare in materia di prevenzione è ancora tantissimo.
(da agenzie)
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Febbraio 24th, 2024 Riccardo Fucile
AD AGGIUDICARSI LA SEDE DELL “AMLA” È STATA FRANCOFORTE, CON 28 VOTI, AL SECONDO POSTO SI È PIAZZATA MADRID, SEGUITA DA PARIGI E INFINE ROMA
Francoforte si è aggiudicata la sede dell’Amla (Anti-money-laundering authority), la nuova autorità di antiriciclaggio europea. Il voto è avvenuto a scrutinio segreto tra i rappresentanti dei governi Ue e del Parlamento europeo. Sconfitta Roma, candidata insieme a Vienna, Vilnius, Riga, Dublino, Madrid, Bruxelles e Parigi. La città tedesca ha incassato 28 voti. Al secondo posto si è piazzata Madrid con 16 preferenze, seguita da Parigi con 6 voti e Roma con 4. Nessuna preferenza per tutte le altre candidate.
L’alto numero di candidati e la modalità di voto avevano reso complicato ogni pronostico. Per la prima volta la città ospite di un’agenzia europea è stata decisa congiuntamente da Parlamento Ue e Consiglio, e non solo dagli Stati come in passato, su indicazione della Corte Ue (dopo ricorso italiano sull’agenzia del farmaco quando Milano fu battuta da Amsterdam).
Il voto è stati ripartito tra i rappresentanti degli Stati e dell’Eurocamera, con 27 voti a testa. La presentazione di Roma all’audizione congiunta tra Pe e Consiglio a fine gennaio era apparsa convincente, con anche un buon valore economico associato all’offerta (27 milioni per i primi otto anni). Avevano colpito per la parte economica anche Vienna (copertura perpetua dei costi) e Dublino (80 milioni di euro sul tavolo), assieme a Madrid (112mila euro al mese per la sede, più spese generali)
(da agenzie)
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Febbraio 24th, 2024 Riccardo Fucile
PRIMA DELL’ASSUNZIONE A TEMPO PIENO, LA GIOVANE ERA STATA OBBLIGATA A SOTTOPORSI A UN TEST DI GRAVIDANZA, NEL BAGNO DELLA DITTA E DAVANTI A DUE COLLEGHI MASCHI, CHE AVEVA DATO ESITO NEGATIVO… POI, A GENNAIO, LA SCOPERTA DELLA GRAVIDANZA
Vietato restare incinta, succede in Italia nel 2024. È all’esame dell’Ispettorato territoriale del lavoro di Nuoro, della Asl nuorese e dell’Inps la vicenda di una lavoratrice di vent’anni, con contratto Multiservizi, licenziata dopo essere rimasta incinta lo scorso gennaio. Alla Cgil la ragazza ha anche raccontato che a dicembre la datrice di lavoro le aveva consegnato un test di gravidanza chiedendole, a fine turno e a ridosso della fine del suo periodo di prova, di farlo nel bagno della ditta, episodio avvenuto davanti a due colleghi maschi. In quella circostanza il test aveva dato esito negativo.
« Ho iniziato a lavorare per una impresa di pulizie a novembre dello scorso anno – ha raccontato la ragazza alla Nuova Sardegna – è stata proprio la titolare a portare il test sul luogo di lavoro. L’ho fatto perché ancora non sapevo neanche di essere incinta e perché è stata lei a dirmi che se non lo avessi fatto, mi avrebbe licenziata in tronco».
Ma è in seguito che la ventenne ha scoperto di essere rimasta incinta. A gennaio, allertata da continue nausee, la lavoratrice si presenta al consultorio della Asl di Nuoro dove è stato accertato che aspettava un bambino. La ginecologa dispone l’astensione anticipata dal lavoro per gravidanza a rischio per un mese, dal 18 gennaio al 25 febbraio. Il 25 gennaio la giovane si rivolge al patronato Inca Cgil per inviare la comunicazione telematica dello stato di gravidanza all’Inps e alla datrice di lavoro. Il 16 febbraio la lavoratrice segnala al sindacato di non aver ricevuto la mensilità di gennaio. Nel frattempo lo sollecita alla datrice di lavoro che, invece, le comunica, via WhatsApp, di averla licenziata per giusta causa, inviandole la comunicazione Unilav.
A questo punto, la ragazza denuncia tutto a patronato e ispettorato del lavoro: «È tutto assurdo, sono stata accusata anche di mala fede e di aver nascosto la gravidanza. Nel 2024 queste cose non dovrebbero accadere e dovrebbe esserci molta più sensibilità verso casi come questo».
Secondo la ditta, la gravidanza sarebbe condizione ostativa per la mansione che è chiamata a svolgere la lavoratrice, alla quale viene contestato di aver omesso di dichiarare di essere incinta. La Cgil ritiene nullo il licenziamento, in assenza di una lettera formale, e chiede il reintegro immediato della giovane. «Certi soprusi non sono accettabili», conclude la segretaria della Filcams che sta seguendo il caso.
(da agenzie)
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