Marzo 2nd, 2024 Riccardo Fucile
SI VA DAI DOCUMENTI FALSI ALLE PROCEDURE TRUCCATE PER GLI APPALTI, FINO ALLE SOCIETÀ FITTIZIE – RECORD NEGATIVO ANCHE SULLE FRODI DI TUTTI I FONDI UE
Documenti falsi, procedure truccate per gli appalti e conflitti d’interesse omessi. E poi ancora società fittizie che hanno dirottato su conti bancari all’estero i soldi che dovevano servire ad avviare i cantieri in casa. Eccolo il malaffare che ruota intorno a Next Generation EU, il maxi piano da 750 miliardi nato per risollevare l’Europa dalla crisi pandemica.
“È diventato un bersaglio per i truffatori”, è la presa d’atto della Procura europea che ha messo l’Italia in cima ai Paesi sotto osservazione. Su 206 inchieste attive alla fine dell’anno scorso, ben 179 riguardavano il Piano nazionale di ripresa e resilienza di Roma. Il secondo Paese in graduatoria, l’Austria, ne conta solo 33.
Ma l’Italia detiene anche un altro primato negativo: la metà delle frodi a tutti i fondi Ue, non solo quelle relative al Recovery, nel 2023. Su 1.371 casi, sono 556 quelli che hanno riguardato l’Italia: da sola ha contribuito, con 6 miliardi, al danno stimato in 12,2 miliardi a livello europeo. […]
Le frodi sull’Iva sono la fattispecie più diffusa, ma l’allarme intorno al Next Generation EU sta crescendo perché ora i Paesi beneficiari stanno iniziando a spendere di più rispetto ai primi anni dedicati principalmente alla procedure necessarie ad avviare i progetti. “Il numero delle frodi – spiega la Procura Ue nel suo rapporto annuale 2023 – non può che aumentare nel contesto dell’attuazione accelerata dei finanziamenti Next Generation EU, tanto più che dall’anno scorso è emerso come i gruppi della criminalità organizzata siano coinvolti in questo tipo di attività fraudolente legate ai progetti dei Piani nazionali di ripresa e resilienza”.
Altri numeri spiegano perché il Recovery preoccupa in misura maggiore rispetto agli altri capitoli di spesa europei: le 206 indagini attive sul Next Generation rappresentano circa il 15% dei casi di frode che riguardano tutti i fondi europei, ma in termini di danno (oltre 1,8 miliardi) corrispondono a quasi il 25% del totale.
E la luce sul malaffare si è appena accesa perché, spiega sempre l’organismo europeo indipendente, “si è solo iniziato a identificare le organizzazioni criminali coinvolti in questa attività fraudolenta”.
Con l’importo più alto, in tutto 194,4 miliardi, l’Italia è il primo Paese a beneficiare dei fondi del Recovery. Anche per questo il numero delle indagini è maggiore rispetto a quello degli altri Paesi.
L’allarme si sta facendo più forte. A gennaio era stata la Ragioneria generale dello Stato a lanciare il primo avviso: “L’attuazione del Pnrr – scrivevano i tecnici del ministero dell’Economia – rischia di essere vanificato da eventi di illecita captazione di risorse pubbliche”.
A febbraio è arrivato un altro avviso, quello della Corte dei conti, che ha parlato di “condotte illecite” e “sperpero delle risorse”. Frodi, da Nord a Sud: “piccole” ma diffuse. In un Comune della Marche, ad esempio, sono stati falsificati i dati sul numero dei migranti per ottenere i soldi da destinare alla sistemazione di una baraccapoli.
(da agenzie)
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Marzo 2nd, 2024 Riccardo Fucile
LA FRONDA DELLA LIGA VENETA CHE MINACCIA UNA SCISSIONE E ZAIA CHE NON MOLLA SUL TERZO MANDATO
Calma col congresso. «Si può fare anche nel 2025», confida qualche colonnello di Matteo Salvini. Intorno al capo della Lega, da settimane, ronzano due pressioni contrapposte. C’è chi spinge per dare un’accelerata, allestendo i gazebo prima delle Europee, per tagliare la testa al toro e blindare il «Capitano» in vista di un voto, quello per Bruxelles, che si preannuncia come un bagno di sangue.
Ma negli ultimi giorni, considerato anche il fiasco sardo, con la Lega calata sull’isola dal 9% del 2019 al 3,7% di oggi, sta prendendo quota un’altra idea: rimandare l’assise nazionale. Non solo all’immediato post-Europee, che rischierebbe di trasformare il raduno in una resa dei conti, ma proprio all’anno prossimo.
La mossa metterebbe al riparo il vice-premier dall’onda di malessere che sta montando sui territori. Non soltanto da parte dei bossiani del “Comitato Nord”, di fatto emarginati dalla gestione del partito da anni, ma anche da un pezzo di classe dirigente delle roccaforti, come l’europarlamentare Toni Da Re, tessera della Liga Veneta dall’82, che parlando con Repubblica tre giorni fa è sbottato: «Dopo il voto o Salvini se ne va con le buone, o lo cacciamo con le cattive».
La giustificazione dietro la linea attendista sul congresso è che prima andrebbero «completati quelli regionali». In ballo non c’è solo la Lombardia, dove aspirerebbero al ruolo di segretario sia l’attuale commissario Fabrizio Cecchetti che il potente capogruppo dei senatori, Max Romeo. Vanno inserite nel computo anche le regioni del Sud, tutte commissariate per bizze locali
Ecco perché anche al quartier generale di via Bellerio circola ormai l’ipotesi che l’assise “federale” venga fissata nel 2025. A meno che Salvini non decida di bypassare i territori, per scudarsi prima delle Europee. Ma toccherebbe annunciare la mossa entro una decina di giorni. Soprattutto, fare un congresso costa: diverse centinaia di migliaia di euro. Significherebbe sottrarle alla “cassa” della campagna elettorale.
I vincoli di statuto non sono un problema, in ogni caso: sono stati ampiamente dribblati in questi anni. La Lega non celebra un congresso dal 2017. E in teoria andrebbe organizzato ogni tre anni.
Dal Carroccio assicurano che la decisione sulla data sarà comunque «condivisa». Saranno insomma sentiti anche i tre governatori del Nord che, a partire dal veneto Luca Zaia, scalpitano per il terzo mandato. La Lega dovrebbe ripresentare l’emendamento per allungare gli incarichi dei presidenti di Regione tra una decina di giorni, in vista del voto del 19 marzo nell’aula del Senato. Anche a costo di spaccare di nuovo la maggioranza.
Salvini non sembra intenzionato a mollare la presa: «Due mandati sono un limite alla democrazia», insisteva ieri da un cantiere di Lecco, dov’è rimontato sulla ruspa talismano, come ai tempi del 34%. Ma FdI non cambierà linea. Stesso discorso per Forza Italia […] «Se ne sta discutendo ed è positivo», ammette il presidente Massimiliano Fedriga. Ma Zaia questa carta l’ha già calata in passato: nel 2025 correrebbe per il quarto incarico di fila. Per questo preme, insieme a Salvini, per una legge nazionale che mandi indietro il contatore.
(da agenzie)
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Marzo 2nd, 2024 Riccardo Fucile
LA PREMIER MELONI E’ SUA AMICA
Nelle penombre di Montecitorio e dentro le redazioni dei giornali, nei vicoli dietro Palazzo Madama e nelle trattorie dove i politici cenano a cacio e pepe, è tutto un Fedriga di qua, Fedriga di là.
Tu guarda se stavolta non toccherà davvero a Fedriga, si ripetono cronisti e parlamentari, mestatori di professione e biechi portaborse, ciascuno con il suo bel sondaggio riservato, ogni sondaggio sempre con una sfumatura di percentuale in più o in meno, ma — da almeno un paio di settimane — pure sempre con la Lega ormai stabile intorno all’8%: e se a giugno, alle Europee, finisse davvero così, e senza nemmeno osare immaginare un sorpasso di Forza Italia, è chiaro che per Matteo Salvini sarebbe un disastro, un tonfo clamoroso.
Tutti siamo abbastanza concordi nel pensare che, per brutale istinto politico, e perversa abitudine, forse la prima reazione del Capitano potrebbe essere quella di far saltare il banco, il governo, un botto e via. Capacissimo di uscirsene da Palazzo Chigi accampando una delle sue solite scuse e trascinando così la Lega a nuove, inevitabili elezioni ancora con lui alla guida, sebbene parecchio malconcio, e ormai con una credibilità prossima allo zero.
Nello scenario alternativo — possibile, ma improbabile — c’è Salvini che, a capo chino, si dimette. Ve lo immaginate?
La verità è che, in caso di sconfitta elettorale, tutti i big leghisti (da Zaia a Giorgetti, da Fontana a Molinari) si volterebbero verso Fedriga. Il quale — dicono — saprebbe essere equilibrato e anche determinato, portandosi addosso solida esperienza (un decennio da deputato, prima di mettersi a governare — e bene — il Friuli), forza fisica ed entusiasmo (ha solo 43 anni) e un’amicizia con Meloni, che così smetterebbe di considerare la Lega come il suo più temibile avversario politico.
Fedriga, secondo l’establishment del Carroccio, restituirebbe poi alla Lega un ruolo antico, ben distante dagli argomenti fascistoidi contenuti nel libro del generale Vannacci (che Salvini, invece, adora).
Del resto, proprio come l’Umbertone Bossi, capi e capetti si chiedono cosa resti ormai della Lega dei tempi gloriosi, libertaria e antifascista, pronta a solidarizzare con i popoli oppressi e non a inginocchiarsi davanti alla pantofola di un criminale come Putin.
Presidente Fedriga, allora: è pronto?
(da Il Corriere della Sera)
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Marzo 2nd, 2024 Riccardo Fucile
SENTIRLO PARLARE DI DITTATURA COME MEZZO PREFERIBILE ALLA DEMOCRAZIA IN PERIORI DI CRISI E’ OLTRE LA SOGLIA DELL’ATTENZIONE
Dateci oggi il nostro Vannacci quotidiano, ma anche no. Ormai è uno stillicidio. Avessi un zio così, interromperei i rapporti di frequentazione. Ma per fortuna non ho gradi di parentela con il generale sospeso Roberto Vannacci; ho tanti difetti, ma non questo.
Il lato negativo è che lui non è relegato al mio ambito familiare, è peggio: è un problema per l’intero Paese.
Possiamo scherzarci quanto vogliamo, e la satira mi dà gaudio, ma l’affare è serio e s’ingrossa: le idee del generale sospeso costituiscono un pericolo per il nostro Paese. Non lui, il graduato a riposo forzato per 11 mesi, ma quelle idee che lui ha deciso di sposare con rito incivile. Quei pensieri di negazione della libertà altrui, le lodi a Mussolini, il cameratismo ostentato, e poi una serie di parole messe lì come per caso, ma che invece costituiscono una parafrasi di Benito Mussolini: “Se dovessi fare un partito vorrei uomini scelti da me, come in combattimento: il mio manipolo”. Sapeste riconoscere chi ha detto questa frase? Ve lo dico io: non è stato Benny nel 1919, ma Vanny nel 2024, nella sua ultima intervista, al Corriere della Sera.
Per finire, ma solo in attesa della dichiarazione di domani, oggi il generale sospeso ha lanciato un altro sassolino nello stagnetto della democrazia: un riferimento esplicito alla dittatura che tanto male non è, e anzi nei momenti di crisi servirebbe a migliorare l’efficienza di uno Stato. E subito dopo ha parlato dell’Italia evidenziandone proprio talune crisi. Certo, mica esplicitamente collegandole alla frase precedente. Perché comunque il riposante Vannacci è bravo a nascondere la mano, ma la sua è grossa e si vede anche dopo che ha lanciato il sasso. Un po’ come quando afferma che “l’odio è il motore dell’universo” e poi, alla richiesta di dirci lui chi odia, risponde: “chi maltratta gli anziani”. Che va bene prenderci per fessi, ma insomma fino a un certo punto, no?
Ogni giorno che passa, il generale sfianca un po’ di più il nostro apparato democratico, grazie principalmente a un partito che della scorrettezza ha fatto l’anello di congiunzione fra il nord e il sud: la Lega, che per convincerlo a candidarsi ormai è arrivata a offrirgli l’anello della visibilità. Cioè rilancia ogni dichiarazione del generale.
La storia era partita piano, ma comunque da far paura: per 38 anni il generale sospeso ha diretto le truppe nell’Esercito italiano, e nessuno ha battuto ciglio. O tutti sordi o tutti uguali, ho difficoltà a vedere una terza alternativa più rassicurante.
Poi, ancora peggio. Da quando il generale è diventato un affare pubblico, l’affare si è ingrossato e non è mai stato un bel vedere. Ogni giorno c’è un fatto che lo riguarda, seguito ogni volta da una dichiarazione affettuosa del leader del secondo partito di Governo, il Salvini di cui sopra. Intendiamoci: da chi ha vissuto succhiando di notte il sangue della Bestia, non è che ci si possano aspettare spasmi di oculatezza come bussola. Però siamo pur sempre una democrazia e dovremmo ricordarcelo più spesso: dare il megafono a idee che negano la libertà delle persone non è libertà di espressione, è prevaricazione. E’ odio. E dovremmo continuare a sussultare, non dare pace alle nostre sedie, e saltarci sopra ogni volta che ascoltiamo parole che minimizzano la dittatura e arrivano addirittura a usarla come ipotesi migliore della democrazia.
A uno come Vannacci, al bar, non gli paghi neanche il secondo giro perché se hai una coscienza lo guardi e ti chiedi poi come possa tornare a casa. Al massimo sorridi d’intesa con il barista, che ha già capito tutto perché ha esperienza. Salvini no, continua a offrirgli da bere attraverso la carota della candidatura. Salvini lo vuole, lo desidera, forse vorrebbe essere come lui, o lo è già. Per questo un appello a Matteo Salvini a non candidarlo sarebbe – si dice dalla mie parti – come “gridare vaffanculo alla volpe” dopo che ha sgozzato le galline. Cioè inutile, detto con schiettezza contadina.
Però un’altra cosa possiamo dirla: è ora di smetterla di trattare Vannacci come una macchietta, la verità è che le sue idee sono pericolose, e chi lo candida se ne assumerà tutte le responsabilità, e avrà molte colpe.
(da Fanpage)
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Marzo 2nd, 2024 Riccardo Fucile
“NON C’È LA VOLONTÀ DI TRATTENERE I MIGLIORI NEL SETTORE PUBBLICO. QUANDO IL SISTEMA TROVA PERSONE ROMPISCATOLE COME ME, GLI PREFERISCE QUALCUNO CHE ACCETTA TUTTO SENZA OBIETTARE. NON VADO VIA PER IL VIL DENARO”
Marco Antonio Zappa da oggi non è più il direttore della Chirurgia Generale dell’Asst Fatebenefratelli Sacco di Milano. “Sono stato rinnovato a ottobre del 2023 come direttore, potevo rimanere altri nove anni ma ho fatto domanda per andare in pensione, anche se in realtà, visto che potevo restare, è come se mi stessi dimettendo” spiega Zappa all’ANSA, dicendosi deluso dal Servizio sanitario nazionale in cui ha lavorato per tutta la vita.
“Io credo che gli uomini si dividano in quelli che non accettano le mezze misure, e io sono fra questi, e quelli che le accettano – prosegue – moltissimi vorrebbero vivacchiare in un posto prestigioso come il mio. La realtà è che al servizio sanitario nazionale mancano uomini dalle non mezze misure e non c’è la volontà di trattenere i migliori nel pubblico”.
Secondo Zappa, che in autunno curò anche Fedez dal sanguinamento di due ulcere, “quando il sistema trova persone che sono dei rompiscatole come me – prosegue – gli preferisce qualcuno che accetta tutto senza obiettare o polemizzare. ‘Uno vale uno’ è stata anche una battaglia politica, ma non è così, anche se tutti abbiamo la stessa dignità”.
Perché “io non guido la Ferrari come Leclerc e non canto come Battisti, e viceversa”, va avanti Zappa, che aggiunge: “Se una persona che eccelle in un campo – osserva – fa domanda di pre-pensionamento, lei lo chiamerebbe per chiedergli se vuole restare? A me non ha chiamato nessuno”.
Fra le “molte motivazioni” che l’hanno portato a questa decisione, c’è anche il fatto che “volevo costruire al Fatebenefratelli un centro di eccellenza laparoscopico, oncologico e bariatrico ma è stato impossibile da realizzare” spiega Zappa, che è stato anche presidente della Sicob, la Società italiana di chirurgia dell’obesità.
“Adesso sto facendo una riflessione importante perché voglio realizzare questo progetto con chi me ne darà la possibilità – continua – e a chi dice che me ne vado per i soldi dico che la mia storia nega questo, potevo andarmene prima. Le mie scelte non saranno mai dettate dal vil denaro ma da chi mi proporrà un progetto futuro per il bene dei pazienti”.
Zappa, in conclusione, riassume così la sua vicenda: “O io non valgo niente, ma la mia storia dice il contrario così come il fatto che ho una ventina di posti che mi stanno cercando – conclude – oppure non c’è la volontà di trattenere le eccellenze nel pubblico…”.
(da agenzie)
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Marzo 2nd, 2024 Riccardo Fucile
UNA VITTORIA DEGLI AZIONISTI DI MINORANZA: PER I GIUDICI C’È IL RISCHIO DI “INQUINAMENTO DELLA VERITIERA RAPPRESENTAZIONE DELLA EFFETTIVA SITUAZIONE PATRIMONIALE”
Visibilia Editore, la società editoriale fondata controllata e amministrata sino al 2022 da Daniela Santanchè, è stata commissariata dal Tribunale di Milano per gravi irregolarità contabili e gestionali, spazzandone via amministratori e sindaci. Il ministro del Turismo del governo Meloni, senatrice di Fratelli d’Italia, il cui nome non appare mai nelle 26 durissime pagine del decreto emesso il 29 febbraio dalla sezione d’impresa del Tribunale di Milano, è però il convitato di pietra di questa decisione, che sancisce la vittoria degli azionisti di minoranza capitanati da Giuseppe Zeno che chiedevano da tempo il commissariamento, ai quali nelle scorse settimane si è allineata anche la Procura milanese che da oltre un anno indaga sul disastrato gruppo editoriale-pubblicitario.
I giudici scrivono agli amministratori attuali ma parlano anche al ministro, come emerge da ampi stralci del decreto. La “condotta dell’organo amministrativo” di Visibilia Editore “può costituire anche fonte di potenziale inquinamento della veritiera rappresentazione della effettiva situazione patrimoniale contabile alla base del piano di risanamento in corso”.
Si conferma così quanto scritto dal Fatto nei giorni scorsi: gli amministratori della società non controllavano niente. La gestione contabile, amministrativa e di tesoreria di Visibilia Editore era completamente affidata a Visibilia Concessionaria, Srl di cui Santanchè è socia di maggioranza (75%) tramite Dani Immobiliare, che controlla al 95%.
Se formalmente la ministra era uscita il 17 novembre 2021 da Visibilia Editore con le dimissioni da presidente e amministratore delegato, quando la controllava al 48,6% (per poi azzerare la sua quota l’anno dopo), di fatto era ancora Visibilia Concessionaria (controllata da Santanchè) a decidere tutto, visto che “gli assetti organizzativi, contabili, amministrativi” della Editore “appaiono inadeguati, per l’assenza di procedure e per l’effetto della delegazione di tutte le attività amministrative e contabili, compresa la tesoreria, alla sua cliente principale, Visibilia Concessionaria.
Secondo la Procura l’attuale cda di Editore, nominato dal socio di maggioranza Sif Italia, la società degli eredi del manager Luca Reale Ruffino suicidatosi ad agosto, era “in contiguità” con quello precedente che comprendeva Dimitri Kunz, compagno della ministra, e sua sorella Fiorella Garnero, indagati insieme a Santanchè per falso in bilancio e bancarotta.
Inoltre i Pm hanno accertato violazioni di legge compiute dal cda di Visibilia Editore nel 2020 e 2021, “relative a illegittime domande di accesso alla Cassa integrazione Covid” a zero ore “per due lavoratori (uno dei due è Francesco Maggioni, amministratore unico di Visibilia Editrice e responsabile amministrativo di Visibilia Editore) che invece avevano continuato a svolgere regolarmente il loro lavoro; irregolarità in corso di sanatoria con Inps”.
Ma il commissariamento stabilisce anche (in base alla relazione ispettiva del tribunale) che alcuni bilanci sono stati falsati da irregolarità, grazie alle quali è stato occultato il fatto che la Editore aveva perso il capitale sociale finendo in patrimonio netto negativo (cioé in gravissima crisi) già nel 2021, anno nel quale Santanchè è stata per 11 mesi l’ad.
L’amministratore nominato dal Tribunale, l’avvocato Maurizio Irrera di Torino, ha ora sei mesi per risollevare Visibilia, che a dicembre ha chiesto la composizione negoziata della crisi d’impresa. Ma Sif Italia non vuole più investirvi un cent e vuol venderne la sua quota. La continuità aziendale è sempre più a rischio: potrebbe scattare la liquidazione e, con essa, indagini e revocatorie indietro per 5 anni. Fino al cuore della gestione targata Santanchè.
(da agenzie)
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Marzo 2nd, 2024 Riccardo Fucile
CHI È VENUTO AL CIMITERO DI BORISOVO LO HA FATTO PERCHÉ NON POTEVA NON ESSERCI. GLI ORFANI DI NAVALNY DICONO, URLANO E PIANGONO PAROLE OGGI PROIBITE, DALLE QUALI NON POTRÀ NON RIPARTIRE, SE E QUANDO CI SARÀ, LA MERAVIGLIOSA RUSSIA DEL FUTURO: NO ALLA GUERRA, NO ALLA DITTATURA”
«Putin assassino». «No alla guerra». «Ucraini brava gente». «Abbasso lo zar». «Riportate i soldati a casa». Chiuso nella bara, Alexey Navalny è riuscito nel suo ultimo miracolo: mostrare al mondo l’altra Russia, quella che dice il contrario di quello che afferma Putin, quella fuorilegge, quella che non si vede e che molti credevano non esistesse più.
Sembra una rivincita, amara e tardiva, forse l’ultima, ma trionfale, e migliaia di persone che sfidano la polizia, le telecamere con riconoscimento facciale, le transenne e i megafoni, che si sono portate negli zaini tutto l’occorrente per la prima notte in cella come consigliato da gruppi di attivisti e siti indipendenti, marciano come se fossero cittadini liberi.
I funerali di un uomo morto dietro le sbarre diventano un momento di libertà, in cui la paura fa un passo indietro, e molti scandiscono i mantra di Navalny «l’amore è più forte della paura», e «la Russia sarà libera», anche se visto dal fango della tangenziale di Maryino appare un sogno impossibile.
A guardare i volti di quelli che camminano dietro al catafalco, che lanciano i fiori, accendono le candele, composti, disciplinati, addolorati, ma pieni di dignità, il mito dei navalniani come un gruppo di ragazzi moscoviti sparisce.
È una folla senza leader – i capi del movimento sono al sicuro all’estero oppure in carcere, e uno degli slogan scanditi è «libertà ai detenuti politici» – che però si organizza e si fa coraggio, e sono numerosi i volti non più giovani, e i giubbotti dozzinali, e mazzi di rose e garofani da pochi soldi. I fioristi di tutto il quartiere di Maryino sono stati svuotati, e la coda di quelli che vogliono entrare in chiesa e poi al cimitero si misura in chilometri.
Il martirio di Navalny, che aveva vissuto, messo su famiglia e lanciato la sua sfida al Cremlino proprio da questi casermoni, attingendo dalle sue radici di periferia la rabbia e la legittimazione per denunciare la cleptocrazia, segna il finale di una storia umana e politica che sembra scritta per i manuali e per Hollywood. Il suo funerale è il rito finale che chiude un’epoca.
Doveva essere la sepoltura anche della speranza di un cambiamento pacifico, di una democrazia che si conquista in piazza e nelle urne. Non è successo, forse non accadrà mai, e il popolo di Navalny che ieri ha sfilato probabilmente per l’ultima volta lo sa. Già il fatto che Yulia Navalnaya e i figli Dasha e Zakhar non sono venuti a dare l’ultimo addio al padre e al marito dimostra che il Cremlino non ha voluto offrire nessuna garanzia di incolumità alla vedova del politico.
Migliaia dei manifestanti degli anni scorsi sono fuggiti all’estero, altri, tantissimi, non osano unirsi al corteo per paura, e quelli che sono venuti si vedono respinti, bloccati dalle transenne, tagliati fuori dal corteo, perché il regime non ha osato seppellire il dissidente di nascosto in un carcere siberiano, ma non ha voluto permettere che le sue esequie si trasformassero in una manifestazione di protesta come era stato nel 1989 con Andrey Sakharov.
Doveva essere una fine dell’opposizione, questo funerale così modesto e blindato, ma diventa all’improvviso la promessa di un nuovo inizio, non solo nella musica di Terminator-2 che accompagna la discesa della bara nella tomba e ricorda il mitico “I’ll be back”, tornerò, pronunciato da Schwarzeneggenon esserci, perché aveva bisogno di testimoniare, per raccontarlo un giorno.
Mentre il presidente russo minaccia compiaciuto di lanciare bombe atomiche sull’Europa, gli orfani di Navalny dicono, urlano e piangono parole oggi proibite, dalle quali non potrà non ripartire – se e quando ci sarà – la meravigliosa Russia del futuro: no alla guerra, no alla dittatura.
(da agenzie)
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Marzo 2nd, 2024 Riccardo Fucile
“VON DER LEYEN SI COMPROMETTE CON GLI ESTREMISTI INVECE DI COMBATTERLI”
Giorgia Meloni è «un lupo travestito da pecora. Non ha mai preso le distanze davvero dal fascismo», è una donna di estrema destra. Il Ppe e Ursula von der Leyen su questo fanno il doppio gioco: con una mano indicano il pericolo sovranista e dall’altro cercano di allearsi con loro. E «la destra sta mettendo in pericolo il progetto europeo e la democrazia liberale».
Il lussemburghese Nicola Schmit è commissario europeo al lavoro ma da oggi sarà lo “Spitzenkandidat”, ossia il candidato unico dei socialisti europei alla presidenza della Commissione.
Perché ha accettato di fare lo spitzenkandidat?
«Prima di tutto credo molto nell’Europa. Credo che si debba continuare sulla strada avviata da questa Commissione sulla politica sociale, sul Green Deal, e anche su questo nuovo contratto sociale verde. È una missione che non potevo rifiutare».
Lo dice perché teme che il Progetto europeo sia in pericolo?
«Sì. Per molto tempo abbiamo pensato che fosse irreversibile. Anche la democrazia non lo è. Lo vediamo pure in diversi paesi all’interno dell’Unione Europea. Dobbiamo mobilitarci, spiegare ai cittadini che l’Ue non è qualcosa di lontano da loro. E dobbiamo combattere l’estrema destra che ha solo un programma: distruggere quel che è stato costruito».
Nazionalisti e sovranisti?
«Certo, ma anche chi vorrebbe costruire con loro un rapporto e fa il doppio gioco: tende una mano da una parte e con l’altra difende l’Unione».
Si riferisce al Ppe? I popolari sono ambigui?
«C’è bisogno di un chiarimento. Non ci sono i nazionalisti e i sovranisti buoni e quelli cattivi. Ad esempio: sono contro il Green Deal eppure all’inizio il Ppe e la presidente della Commissione, che è una esponente dei popolari, ne sono stati grandi sostenitori. La destra sta anche mettendo in discussione alcuni diritti delle donne, delle comunità Lgbt anche a spese dei bambini. Ma Ursula von Der Leyen si era impegnata molto contro le discriminazioni. Allora, se sei onesto con te stesso non puoi preoccuparti di un’alleanza con persone che hanno questo tipo di idee politiche».
Proprio la presidente della Commissione la scorsa settimana ha distinto tra destra e estrema destra.
«Dice di avere paura dell’estrema destra. La combatta invece di compromettersi con loro».
Von der Leyen ha preso le difese degli agricoltori negli ultimi giorni.
«La cosa incredibile è che da venti anni la presidenza della Commissione è in mano al Ppe. Il commissario all’Agricoltura è di destra e ora dicono che vogliono difendere i contadini da noi. Ridicoli».
Facciamo qualche esempio. La destra radicale del francese Zemmour è entrata nel gruppo dei Conservatori dell’Ecr guidati da Giorgia Meloni. L’ungherese Orban ha annunciato che aderirà a giugno. La premier italiana è una moderata o un esponente dell’estrema destra?
«A volte i lupi si travestono da pecore. Quando ascoltavo alcune dichiarazioni prima delle scorse elezioni italiane e subito dopo, pensavo che stesse cambiando. Ma se ti allei con Orban, che è il promotore della cosiddetta democrazia illiberale, e vuole leggi di Putin, beh cambia tutto. Dimmi chi sono i tuoi amici e io ti dirò chi sei».
Von der Leyen vuole un’intesa proprio con Meloni.
«È quel che dovrà chiarire. Come fa a non vedere la contraddizione?».
Lei direbbe che Giorgia Meloni è una fascista? O un’amica dei fascisti?
«Non è semplice dire se è una fascista. Di certo viene da un partito che nel passato era fascista e non lo hai mai rinnegato. Non hai ma detto di aver rotto con il passato. Questa è la sua storia politica. Non ha mai parlato esplicitamente delle cose orribili che il fascismo ha fatto in Italia e non possiamo dimenticare che Mussolini era alleato di Hitler. Quando, poche settimane fa, centinaia di persone si sono riunite a Roma, ad Acca Larentia, con le braccia tese, non mi pare che lei abbia disapprovato».
E di Salvini cosa pensa? Fa parte dell’estrema destra o no?
«Lei si riferisce all’amico di Putin? Se è lui, la mia risposta è chiara».
A proposito di Putin. Il Pse deve sostenere l’Ucraina fino alla fine, fino alla vittoria sulla Russia?
«Sì, sono assolutamente convinto che non abbiamo altra scelta perché se Putin vince questa guerra e prende l’Ucraina, non si fermerà. Se Mosca vince, tutta l’Europa è in pericolo».
§Perché i socialisti hanno da oltre venti anni hanno perso il primato in Europa a favore dei popolari?
«Intanto vediamo che succede a giugno. Io sono sceso in campo per vincere. Molti sondaggi si rivelano sbagliati. Poi, certo, abbiamo avuto alcune difficoltà soprattutto dopo la crisi finanziaria e ora le possiamo superare»
Anche in Italia? Il Pd di Schlein è davvero l’alternativa a questa destra in Italia?
«Elly sta portando freschezza e valori nella politica italiana. È quello di cui abbiamo bisogno. Di valori positivi nella nostra società».
Lei si candiderà per il Parlamento?
«No»
Non è in contraddizione con lo spirito del sistema degli spitzenkandidat?
«Vengo da un piccolo paese e abbiamo solo sei seggi in parlamento. Il nostro partito ha già un ottimo capolista e tanti giovani candidati. Io corro per la Commissione. Anche von der Leyen non si candida in Parlamento. Avrei voluto le liste transnazionali, quelle sì avrebbero sottolineato la dimensione europea».
(da La Repubblica)
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Marzo 2nd, 2024 Riccardo Fucile
ALMENO 9.000 LE DONNE PALESTINESI UCCISE NELLA STRISCIA
“Molte persone colpite con armi da fuoco a Gaza”: è di quanto parla un team dell’Onu che ha visitato l’ospedale Shifa di Gaza City e appunto riferito che tra le oltre 200 persone ricoverate nella struttura, dopo la strage dei civili in attesa degli aiuti umanitari, molti presentavano “ferite da arma da fuoco”.
Il portavoce delle Nazioni Unite Stephane Dujarric ha detto che l’équipe ha riferito che Shifa avrebbe ricoverato più di 700 feriti e ricevuto i corpi di più di 70 persone che sono state uccise giovedì 29 febbraio nella Striscia. Il team dell’Onu – ha spiegato il portavoce – ha incontrato alcuni dei feriti palestinesi che ancora si trovano in ospedale e da quello che hanno visto “c’era un gran numero di ferite da arma da fuoco”.
Quanto alle salme delle vittime, Dujarric non ha saputo dire se i suoi collaboratori abbiano esaminato anche quelle. Il direttore ad interim dell’ospedale aveva riferito in precedenza alla Bbc che il suo nosocomio aveva ricevuto 176 feriti, di cui 142 da proiettile; e che i restanti erano stati ricoverati per fratture agli arti riportate nella calca seguita agli spari delle truppe israeliane.
Il bilancio delle vittime a Gaza: uccise 9mila donne
Il bilancio della strage di civili sarebbe di oltre 100 morti e solo nelle ultime ore, secondo quanto riferito dal ministero della Salute di Gaza gestito da Hamas, sono state uccise 92 persone. Il bilancio dal 7 ottobre scorso è salito a 30.320. L’Onu ha lanciato un allarme nelle ultime ore sottolineando che a Gaza sono state uccise almeno 9mila donne palestinesi.
L’allarme dell’Unicef
“Gli incidenti come quello gravissimo dell’altro giorno e altri meno gravi avvenuti in precedenza sono la dimostrazione che la situazione della popolazione civile è disperata, perché non riesce ad accedere ai beni essenziali per sopravvivere”, ha detto in una intervista il portavoce di Unicef Palestina, il belga Jonathan Cricks.
“Serve che l’aiuto umanitario possa raggiungere la popolazione civile ovunque essa si trovi. Serve che più aiuti umanitari possano entrare nella Striscia. E per questo è assolutamente indispensabile una tregua. Oggi abbiamo 2,2 milioni di persone, praticamente l’intera popolazione di Gaza, che vive di aiuti umanitari: questo non è sostenibile con operazioni militari in corso”, dice Cricks.
Secondo l’Unicef “ben il 55% della popolazione palestinese della Striscia riesce ad avere solo un pasto al giorno e un pasto magro, per nulla diversificato, con zero proteine e pochissima o zero verdura e frutta”. E gli effetti di tutto ciò sono visibili. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato che almeno 10 bambini sono morti di fame nella Striscia di Gaza: “Una soglia molto triste, simile ai 30.000 morti che abbiamo raggiunto in tutta Gaza”, ha detto il portavoce dell’Oms Christian Lindmeier.
(da Fanpage)
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