Marzo 10th, 2024 Riccardo Fucile
L’INTESA SU UN “NOME NUOVO E CREDIBILE”… ALLE POLITICHE LA SOMMA TRA M5S E VERDI SUPERAVA DI MOLTO I CONSENSI DEL CENTRODESTRA
Nel centrosinistra c’è «ottimismo» sulla Basilicata. La soluzione unitaria pare alle porte, con un nome «nuovo, credibile», che sia in grado di contendere la vittoria al favorito centrodestra.
Angelo Chiorazzo resiste, ma nel campo largo sono ormai in pochi a credere che non possa non fare un passo di lato. In molti sono sicuri che sarà lo stesso imprenditore a risolvere la faccenda, proponendo una candidatura che tenga conto del territorio e a cui nessuno potrà opporre un altro «no».
Le interlocuzioni sono continue: Pd e Movimento cinque stelle hanno lavorato per tutta la giornata del silenzio elettorale per il voto in Abruzzo per chiudere la partita lucana .
Dopo l’esito delle Regionali in Abruzzo e in attesa delle Europee e delle Amministrative dell’8 e 9 giugno, i riflettori della politica italiana saranno proiettati sulla Basilicata dove il 21 e il 22 aprile si andrà alle urne per eleggere il governatore e i 20 componenti del Consiglio regionale.
Il centrodestra ha ufficializzato lo scorso 28 febbraio la sua scelta, con la ricandidatura del presidente uscente, Vito Bardi (Foza Italia): in queste ore i partiti sono al lavoro per allargare il perimetro della coalizione, al cui interno ci potrebbero essere anche persone di Italia Viva.
Il 22 e il 23 marzo, invece, dovranno essere presentate le liste. È evidente che il tempo per il centrosinistra stia per scadere.
Dopo i colloqui avuti a Roma da Chiorazzo – indicato come candidato governatore da Basilicata Casa Comune e sostenuto dal Pd lucano – con la segretaria del Pd, Elly Schlein, e con il presidente del Movimento, Giuseppe Conte, le trattative sono andate avanti con un filo diretto tra Potenza e la Capitale.
Da giorni, però, in Basilicata è chiaro a tutti che questa sia una decisione tutta «romana». Del resto, per il Pd lucano la questione era stata già chiusa con il voto della Direzione regionale che, sabato scorso, aveva dato il secondo «ok», dopo quello espresso a ottobre, al fondatore della cooperativa Auxilium.
L’esito del voto in Sardegna, con la vittoria di Alessandra Todde, ha però segnato una svolta anche per la Basilicata. Il mancato gradimento da parte dei Cinque stelle per Chiorazzo ha di fatto chiuso la possibilità al civico di essere il portabandiera di tutta la coalizione del centrosinistra.
Ecco perché da giorni stanno andando avanti le trattative per convincere Chiorazzo a rinunciare alla candidatura a governatore e semmai «accontentarsi» di guidare una lista a sostegno del campo largo.
E poi c’è la forza delle liste, almeno quattro o cinque, già pronte: tutti argomenti messi sul tavolo delle trattative, mai interrotte, da Chiorazzo con i leader di Pd e M5S.
Cosa manca allora per ufficializzare il suo passo indietro? Quasi sicuramente solo il «placet» unanime al nome proposto dallo stesso Chiorazzo. Chi sarà? La sensazione è che non sarà nessuno di quelli usciti nelle ultime ore.
Quindi quotazioni in ribasso per i manager Giampiero Maruggi e Lorenzo Bochicchio, per il presidente dell’Ordine dei medici di Potenza, Rocco Paternò, e per il presidente della Provincia di Matera, il dem Piero Marrese.
Alle politiche del 2022 in Basilicata, il centrodestra ottenne solo il 38,3% (FdI al 18,2%, Forza Italia al 9,4%, Lega al 9%, Noi con l’Italia all’1,8%). M5s risultò essere primo partito con il 25%, il Pd si fermò al 15,2% ma con Verdi e altri il centosinistra arrivo’ al 21,6% e buon successo ebbe l’alleanza fra Renzi e Calenda: 9,8%.
Il campo largo stando a quei numeri avrebbe ottenuto il 46,6% lasciando fuori Azione Iv, e da solo avrebbe distanziato molto il centrodestra.
(da Globalist)
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Marzo 10th, 2024 Riccardo Fucile
L’ASSOCIAZIONE CRISTIANA DEGLI UCRAINI IN ITALIA: “LE PAROLE DEL PAPA SONO SCONVOLGENTI E OFFENSIVE” – LA FRANCIA RISPONDE LA VATICANO: “CON MOSCA SERVE IL LINGUAGGIO DEI RAPPORTI DI FORZA”
“Il più forte è colui che, nella battaglia tra il bene e il male, si schiera dalla parte del bene anziché tentare di metterli sullo stesso piano chiamandoli ‘negoziati’. Allo stesso tempo, quando si parla di bandiera bianca, conosciamo questa strategia del Vaticano dalla prima metà del XX secolo. Invito a evitare di ripetere gli errori del passato e a sostenere l’Ucraina e il suo popolo nella giusta lotta per la propria vita”. Lo scrive il ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba, su X dopo l’appello del Papa alla “bandiera bianca” e a negoziare con Mosca.
“Le parole di papa Bergoglio sul coraggio della (di alzare) bandiera bianca”, sul “negoziare quando vedi che sei sconfitto sono sconvolgenti, imbarazzanti e profondamente offensive nei confronti di un popolo che da oltre due anni cerca di sopravvivere alla terribile e criminale aggressione russa”. E’ quanto ha dichiarato Oles Horodetskyy, presidente dell’Associazione cristiana degli ucraini in Italia, in un post su Facebook.
“Alla richiesta di arrenderci del boia del Cremlino rispondiamo con la resistenza, mai avremmo immaginato di ricevere la stessa richiesta dal nostro Papa, capo della Chiesa Cattolica e predicatore di Vangelo. Per un cristiano è inaccettabile arrendersi al male e al peccato che rappresenta oggi la Russia di Vladimir Putin.
Difendere la propria vita e la propria casa è dovere sacrosanto di ogni cittadino. Proprio in questo momento difficile – prosegue Horodetskyy – quando gli aiuti americani sono bloccati e l’Ucraina rischia di rimanere isolata e in balia dell’aggressore, sentire dal Papa questi infelici appelli è fortemente deludente. L’Ucraina non è stata sconfitta e non abbiamo visto alcuna volontà di arrendersi da parte del nostro popolo”.
“Ci aspettiamo dal Papa una forte condanna dei peccati russi di aggressione, di assassinio di massa, di violenza e distruzione. Ci aspettiamo dal papa un appello a Putin di fermare l’aggressione e andarsene dall’Ucraina. Ci aspettiamo dal papa di essere un promotore di una pace giusta e non certo un alleato morale dell’aggressore. La parola ha una grande importanza – ha concluso Horodetskyy – soprattutto quando è la parola del Pontefice, e bisogna usarla con molta prudenza e responsabilità per non danneggiare la Chiesa di Cristo e la fede dei suoi devoti”.
“Come si fa a pensare che di fronte a una potenza espansionista, a un paese imperialista, ci si possa permettere di fare un passo di lato? Significherebbe dargli la possibilità di approfittarne per andare avanti. Noi dobbiamo parlare lo stesso linguaggio della Russia, quello dei rapporti di forza. Siamo molto ingenui a pensare che dovremmo fissare noi i nostri limiti, mentre è la Russia a violare il diritto internazionale”: lo ha detto la ministra degli Esteri francese, Stéphane Séjourné, in un’intervista pubblicata oggi da La Tribune Dimanche.
A una domanda sull’ipotesi, evocata dal presidente Emmanuel Macron, di un futuro invio di truppe in appoggio a Kiev, Séjourné afferma: “il tema è sapere se si può portare la Russia a cessare la guerra in un altro modo rispetto a quello di sostenere al massimo l’Ucraina. La Storia ci da’ qualche esempio dell’impasse delle strategie del distacco e della debolezza. Quelli che, nel maggio 1939, non volevano morire per Danzica, hanno soltanto stimolato Hitler”. Per il ministro, “la Storia ci ha mostrato che, quando i paesi si lasciano dettare la loro politica estera da un paese imperialista, allora si può rischiare un incendio. Tenere testa alla Russia, significa quindi proteggere i francesi e la pace. E’ questo il vero patriottismo”.
(da agenzie)
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Marzo 10th, 2024 Riccardo Fucile
LA MELONI DEVE SPERARE DI NON PERDERE LA SPONDA DELLA PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE UE (CHE NEGLI ULTIMI 10 MESI LE HA CONCESSO 7 VIAGGI INSIEME): SE SALTA IL SUO REFERENTE A BRUXELLES E PERDE ANCHE BIDEN, MAGARI SCONFITTO DA TRUMP, LE SUE “COPERTURE” INTERNAZIONALI ZOMPANO
Già stasera, a urne chiuse, Giorgia Meloni potrà capire quanto spesse sono le mura del fortino. Il risultato delle regionali in Abruzzo deciderà per lei. Dovesse andare incontro a un’inaspettata sconfitta si aprirebbe una fase nuova: nel governo, tra alleati, nel Paese. E in Europa.
Ecco, se c’è una variabile capace di stravolgere calcoli ed equilibri, è proprio il rapporto con Bruxelles. E quello con Ursula von der Leyen. Il congresso del Ppe ha indebolito la presidente della Commissione. E trasformato la mossa politica di Meloni da investimento sicuro ad azzardo.
Più viaggiano insieme, in effetti, più si indeboliscono a vicenda: è il paradosso della loro intesa. Meloni sperava di aver trovato la chiave per entrare nella cabina di comando del nuovo esecutivo continentale, von der Leyen la corteggiava per ottenere voti conservatori fondamentali per un bis. Il problema, però, si è svelato quattro giorni fa durante il summit del Partito popolare europeo in Romania: Ursula fatica a tenere uniti i popolari sul suo nome ed è uscita indebolita da quel passaggio.
Senza dimenticare i rapporti più freddi di un tempo con Emmanuel Macron. Ci sono due dettagli che rivelano l’investimento divenuto ormai azzardo. Soltanto negli ultimi dieci mesi, le due leader hanno organizzato almeno sette viaggi insieme. Di questi, cinque sono stati “concessi” dalla presidente della Commissione europea dopo esplicita richiesta della premier italiana.
L’elenco integrale fa un certo effetto: il 25 maggio 2023 a Bologna, dopo l’alluvione in Emilia Romagna; il 12 giugno 2023 a Tunisi, per gestire le partenze dei migranti; il 16 luglio 2023 di nuovo nella capitale tunisina; il 17 settembre 2023 a Lampedusa; il 17 gennaio 2024 a Forlì, di nuovo per l’alluvione; il 24 febbraio a Kiev, per il primo G7 dell’anno a guida italiana; il prossimo 17 marzo 2024 al Cairo, per discutere di Piano Mattei e crisi mediorientale. A queste date vanno aggiunti i numerosi bilaterali a Bruxelles.
Una sintonia che ha generato, come detto, non pochi dubbi nelle famiglie liberali e socialiste europee, urtate da una leader che volge continuamente lo sguardo verso destra, che è spesso sodale di quella estrema. Un fastidio acuito delle recenti aperture della premier italiana – che guida anche i Conservatori continentali (Ecr) – all’ingresso nel gruppo di Viktor Orbán ed Eric Zemmour.
Per Ursula, ogni dubbio è superato dall’aritmetica: punta agli ottanta seggi di Ecr, ma si accontenterebbe anche solo dei 25-30 di Fratelli d’Italia. Le resistenze tra i popolari, però, potrebbero rendere l’operazione vana.
E allora, Meloni dubita. Aveva cercato di aggirare il freddo con le due principali Cancellerie europee – Parigi e Berlino – intensificando la collaborazione con von der Leyen. Ma ha sbagliato strategia, temono adesso i suoi consiglieri: un conto sarebbe stato scommettere sull’agenda della “maggioranza Ursula”, che non cambierà, indipendentemente dal nome che dovrà rappresentarla alla guida della Commissione, altro puntare tutto sul nome della Presidente, che adesso traballa.
E si torna al fortino. Al senso di isolamento. Ecco perché Meloni ha scelto di alzare i toni, moltiplicare le uscite pubbliche, provare a blindare le caselle più importanti dell’esecutivo e degli apparati. Già domani, se l’Abruzzo dovesse consegnare un’altra sorpresa dopo quella sarda, intensificherebbe questo sforzo. Se le elezioni Usa dovessero toglierle anche la sponda dell’attuale amministrazione e riportare al potere Donald Trump, sarebbe un problema. Il tycoon, di solito, tende a non perdonare gli amici che tendono la mano ai suoi avversari.
(da la Repubblica)
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Marzo 10th, 2024 Riccardo Fucile
IL PRESIDENTE DEL CONI, A CAPO DELLA FONDAZIONE DI MILANO-CORTINA, SI INTESTA I SUCCESSI E SCARICA LE RESPONSABILITA’… IL MINISTRO LEGHISTA CERCA DI PIAZZARE LA BANDIERA SULLE FUTURE OPERE
La partenza al ralenti della società, chiamata a costruire la maggior parte delle infrastrutture, la Simico. Una serie di intrecci tra pubblico e privato con aziende chiamate in ballo per gli interventi da realizzazione, poi sostituite e quindi riconvocate al tavolo secondo i desiderata del governo. Promesse mirabolanti che hanno portato alla lievitazione dei costi. Arrivando a un grande classico: l’ombra dell’opportunità su alcune nomine. L’Olimpiade invernale Milano-Cortina, in programma dal 6 al 22 febbraio 2026, sarà la più bella di sempre, come ha cercato di autoconvincersi l’uomo che più di tutti punta sull’evento, Giovanni Malagò.
Nel presente resta la fotografia di una commedia all’italiana con una competizione già in corso: chi ha sbagliato di più. Il gran capo dello sport italiano, da numero uno del Coni, ha messo sui Giochi la firma, più che la faccia, nelle vesti di presidente della fondazione. A lui spettano le luci della ribalta, le ombre dei problemi ricadono sulle spalle degli altri.
E infatti a sentire la fondazione Milano-Cortina non c’è alcun problema. Di fronte a qualche domanda su possibili ritardi e preoccupazioni, la dottrina-Malagò, e quindi della fondazione, è all’insegna del “va tutto bene madama la marchesa”.
I Giochi saranno «i migliori di sempre», è stata una delle dichiarazioni più recenti. Malagò si è cucito un abito su misura per mostrare che il suo compito è svolto al meglio. Dalla fondazione viene pure ribadito che i Giochi saranno davvero a costo zero, perché gli stanziamenti pubblici – di 3,6 miliardi di euro – riguardano altro, le infrastrutture sportive o stradali. Che servono, però, proprio per la realizzazione dell’Olimpiade. Poco male.
SPESE OLIMPICHE
Ci sono comunque problemi interni alla fondazione, evidenziati dalla sezione veneta della Corte dei Conti: «Da un punto di vista finanziario, continua a operare sulla base di linee di credito, con l’effettuazione di spese, che costituiscono debiti certi e che si sono notevolmente incrementate, nonostante l’asserita opera di rivisitazione dei costi, a fronte di entrate sulle quali permane un certo margine di incertezza, anche e soprattutto sull’entità».
Un articolo del Fatto quotidiano ha anticipato la lievitazione dei costi, legati in parte all’assunzione di personale. La scommessa è sul futuro, perché nell’inner circle della fondazione c’è fiducia sulla raccolta di risorse, a cominciare da quella pubblicitaria che ha superato la metà della soglia prevista.
Soprattutto grazie alle partecipate pubbliche: Eni e il gruppo Ferrovie dello Stato sono premium partner. Altri soggetti controllati dal Mef potrebbero arrivare a rinforzo. La missione è affidata all’amministratore delegato della fondazione, Andrea Varnier, insediatosi a novembre scorso.
In quella casella l’ha voluto il ministro dello Sport, Andrea Abodi, che si muove da Mr. Wolf dei Giochi olimpici, ma che per spostarsi nell’ambito letterario viene indicato spesso come il Malaussène di Pennac: professione capro espiatorio. Ottiene risultati che provano a intestarsi gli altri. Abodi fa spallucce: è convinto di giocarsi una partita cruciale, allontanando gli avversari che cercano di azzopparlo.
Ma per la fondazione non c’è solo un aspetto finanziario. Sotto il piano organizzativo, «risente ancora della mancata costituzione del Consiglio Olimpico Congiunto che dovrebbe dettarne le linee di indirizzo», scrive la magistratura contabile.
Ombre
C’è poi la seconda gamba, quella ancora più importante, per i Giochi olimpici: la Società infrastrutture Milano-Cortina (Simico), parafulmine prediletto. Nata in ritardo sulla tabella di marcia, dal 2022 ha cercato di accelerare i tempi, svolgendo le varie conferenze dei servizi necessarie ad aprire i cantieri, sotto la guida dell’ad Luigi Sant’Andrea, indicato dai precedenti esecutivi. Un peccato capitale nell’era della destra al potere. Il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, ha ottenuto la nomina di Massimo Saldini, già componente del cda di Autostrada pedemontana lombarda.
Il leader della Lega è pronto a piazzare la propria bandierina della realizzazione delle opere. Ma sull’incarico si sono addensate nubi. Con tanto di interrogazione parlamentare ed esposto all’Anac, presentati da Luana Zanella, capogruppo alla Camera di Alleanza verdi-sinistra:
«Saldini è stato dirigente e responsabile unico del procedimento di Simico in diversi interventi olimpici fino al mese di gennaio 2023, quando si è dimesso per incomprensioni interne», dice la deputata. «Secondo noi il suo precedente incarico rende l’attuale nomina al vertice della Simico in contrasto con la legge Severino», aggiunge Zanella.
LA PISTA DA BOB
I problemi si sono sommati sul tavolo nel tempo. Su tutte c’erano i lavori per l’ormai nota pista da bob a Cortina, su cui ci sono state le ipotesi più disparate. Fino all’opzione di “prendere in prestito” la struttura dall’estero. Alla fine si farà dove era prevista, a Cortina. I lavori sono stati assegnati alla ditta Pizzarotti che ha sottoscritto un bando da 81,6 milioni di euro per un progetto light: meno parcheggi, meno tribune, il tutto sotto l’ombrello della riduzione dell’impatto ambientale. Ma con il sospetto che, alla fine, possa restare una cattedrale nel deserto.
Il Cio (il comitato internazionale) ha espresso qualche perplessità sul completamento in poco più di un anno: la scadenza è fissata a novembre 2025, quasi sul gong. «Non c’è molto tempo per consegnare la sede», ha fatto sapere di recente il Comitato. Insomma, non la polemica di un’accolita di rancorosi verso i maxi eventi sportivi, ma i rilievi di chi ha voce in capitolo. Con l’aggiunta dei dubbi sulla sostenibilità della struttura allo spegnimento della fiaccola olimpica. Per la serie: chissà dopo cosa ne sarà.
Anche in questo caso le colpe sono orfane, nella narrazione, nonostante gli interessi locali, delle amministrazioni territoriali, fino alla regione Veneto e arrivando al governo. Non è l’unico nodo. Ci sono opere infrastrutturali, che saranno terminate dopo l’Olimpiade. A metterlo nero su bianco una relazione della Corte dei conti veneta: «Opere di importanza strategica per la Regione sono state declassate da indifferibili/urgenti ad urgenti e dunque, dati i tempi ristretti, non verranno portate a compimento prima della celebrazione dei Giochi», è stato scritto nella relazione dedicata all’evento.
VARIANTI A OSTACOLI
La questione riguarda in particolare uno dei lotti della variante di Cortina, tra i cantieri più attesi dal territorio da decenni: il cronoprogramma ha fissato l’ultimazione a 2026 inoltrato, ad agosto, a Giochi fatti è proprio il caso di dire. Altro totem è la variante di Longarone, al centro di eterni stop and go. A gennaio c’è stato il via libera alla fattibilità del progetto. La strategia scelta è stata quella di eliminare le categorie degli interventi imprescindibili e quelle semplicemente previste nell’ambito del maxi-evento.
L’esito è un paradosso: «L’inizio delle opere (messe in cantiere), senza la loro ultimazione in coincidenza con i Giochi olimpici potrebbe determinare disagi e rallentamenti nell’accesso alle località individuate quali sedi dei giochi», mette nero su bianco ancora la Corte dei conti. I lavori in corso potrebbero complicare la vita agli spettatori dell’Olimpiade.
Simico vivrà così un anno pericolosamente, da capro espiatorio in pectore degli eventuali ritardi. Da qui alla fine del prossimo anno il ritmo delle scadenze è serratissimo. Basta un granello di sabbia nel meccanismo e tutto salta. Il cantiere del sistema integrato intermodale di Cortina, il miglioramento dei trasporti, aprirà i battenti a novembre 2024 e dovrà chiudersi entro dicembre 2025, un mese prima dell’inaugurazione. Mentre entro novembre 2025 bisogna ultimare gli spogliatoi per gli atleti paralimpici
In questo continuo tirare la corda, in Senato è in corso l’esame del decreto che riscrive la governance dell’Olimpiade invernale. Con situazioni al limite del grottesco: alcune opere sono state sottratte alla responsabilità di Simico, in tempo per la posa della prima pietra a favore di telecamere. Come nel caso del ponte Manzoni a Lecco, che in principio faceva capo ad Anas, poi era stata trasferita alla società Milano-Cortina. E tornata ad Anas per la photo opportunity con il ministro Salvini. Perché sul piano politico il parafulmine del governo continua a essere il ministro dello Sport, Andrea Abodi. Costretto a barcamenarsi fra smanie di visibilità a più livelli.
(da editorialedomani.it)
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Marzo 10th, 2024 Riccardo Fucile
LA SCRITTURA, OLTRE CHE MOBILITARE UNA SERIE DI MUSCOLI E DI ARTICOLAZIONI, ATTIVA DIVERSE AREE DEL CERVELLO E AIUTA A CREARE UNA MEMORIA MUSCOLARE
L’invito a esercitare la scrittura a mano, e particolarmente il corsivo, viene ormai dagli scienziati quasi più che dagli esperti di didattica e dai linguisti. Quando si parla di pensiero, linguaggio, scrittura, tendiamo a pensare al mondo della cultura, mentre dimentichiamo che si tratta di fenomeni culturali che hanno un fondamento biologico. È quanto dice l’immunologa e accademica della Crusca Maria Luisa Villa: un seminario all’Università Cattolica di Milano su «Lingua e scrittura nell’oggi digitale» è dedicato proprio a questi temi sentiti ormai con urgenza anche dai neurologi e dai neuropsichiatri (sempre alla Cattolica se ne parlerà ancora il 13 marzo e il 10 aprile).
Lo scrivere a mano, ricorda Villa, mobilita una trentina di muscoli, una ventina di articolazioni e una dozzina di aree del cervello, creando una «memoria motoria». Un tempo, le scuole di scrittura avevano per oggetto la calligrafia, oggi puntano sulla creatività, come se manualità e creazione fossero due mondi separati. Semmai, la scrittura è tutta delegata ai polpastrelli che digitano il più rapidamente possibile sulla tastiera o sullo schermo: a scuola la lentezza del corsivo sempre più cede il passo alla semplificazione del maiuscoletto e nella quotidianità trionfa la digitazione.
(da Corriere della Sera)
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Marzo 10th, 2024 Riccardo Fucile
LE SUORE VITTIME DI VIOLENZE SESSUALI POTREBBERO ESSERE NEL MONDO PIU’ DI 75.000
Le suore vittime di violenze sessuali potrebbero essere più di 75 mila nel mondo. I dati a disposizione sono scarsi, fa sapere la teologa e filosofa tedesca Doris Reisinger, nonché ex suora della famiglia spirituale Das Werk, ma un’indagine degli Stati Uniti del 1998 riferisce che il 30% delle suore ha subito una forma di abuso.
Il 12,5% ha subito una violenza sessuale. «Gli Stati Uniti negli anni ’90 non sono il contesto nel quale ci si aspetterebbe numeri particolarmente elevati di violenze contro le donne in generale, e sulle suore cattoliche in particolare, quindi possiamo supporre che questi numeri siano più alti in altri luoghi e in altri periodi. Se applichiamo questi numeri alle circa 600mila suore che ci sono nel mondo, se ne può dedurre che 180mila di loro hanno subito qualche forma di abuso, 75mila un abuso sessuale, 30mila sono state vittime di stupro sessuale genitale», spiega la teologa in un’intervista a la Repubblica.
Puntualizzando che non si tratta di un problema marginale, ma sistematico. E che oltre alla violenza fisica, vi sono altre forme di abuso: da quella psicologica allo sfruttamento finanziario. E, a suo dire, la Curia romana e Papa Francesco, pur essendo consapevoli del problema, «non agiscono per fermare o prevenire gli abusi».
La testimonianza di Suor Giusi
Suor Giusi (nome di fantasia), 73 anni, ha vissuto abusi e violenze di ogni genere. Dal clima severo e violento che ha subito durante il percorso da novizia fino a quando, a 38 anni, subisce il primo stupro da un sacerdote, mentre era in missione in Africa. «Ricordo il dolore fisico, il dolore morale, il dolore di tutto. E poi ero terrorizzata di essere rimasta incinta», racconta la donna, che all’epoca non riuscì a denunciare.
Oggi, racconta la suora, quell’uomo è un parroco in Belgio. Ma quello non fu l’unico caso di abuso subito. Quando torna in Italia, suor Giusi riprende a lavorare in una clinica romana privata molto importante a Roma. Una sera, il padre provinciale insiste per accompagnarla a casa in macchina, ma durante il viaggio lui accosta e la molesta. Quella volta trova la forza di raccontare quanto accaduto alla superiora, e lui viene trasferito. Ma dopo un po’ lo riportano a Roma.
Suor Giusi scopre che erano molte le donne che sono state assaltate da lui. Ma, riporta ancora la Repubblica, la donna racconta che tra i violenti ci sono anche nomi di un certo calibro. Uno è «un sacerdote importante, rettore di un’università cattolica, amico di ministri e cardinali». Una volta lei gli portò un lavoro accademico e lui la molestò. Anni dopo l’ha denunciato ai superiori, ma riferisce che nessuno ha mai fatto niente. A un certo punto nel 2000 Suor Giusi lascia le vesti ed torna dalla famiglia senza ricevere, però, alcuna lira dalla chiesa.
Anni dopo ha trovato il coraggio di denunciare e raccontare la sua storia, ma tutti gli uomini violenti che ha incontrato non hanno mai pagato perché in vita sono stati protetti e poi sono morti.
Il nodo della sicurezza finanziaria
Secondo la teologa tedesca Reisinger, un primo passo per rompere questo sistema è quello di «cambiare le norme che regolano la vita consacrata in modo da mitigare efficacemente la dipendenza delle suore dalle loro congregazioni. La sicurezza finanziaria è fondamentale. Oggi le suore dipendono completamente dalle loro congregazioni».
A suo avviso, «il denaro e la sicurezza finanziaria sono fondamentali per prevenire e affrontare gli abusi: una suora che ha i mezzi per andarsene non accetterà gli abusi con la stessa facilità di una suora che non ha nessun posto dove andare e niente per mantenersi. Inoltre – aggiunge – è una questione di diritti umani fondamentali e di giustizia che le donne che hanno lavorato per la Chiesa, alcune per decenni, non vengano lasciate senza un soldo quando decidono di lasciare la vita consacrata».
(da agenzie)
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Marzo 10th, 2024 Riccardo Fucile
LA PIATTAFORMA CHE PERMETTE MAGGIORI GUADAGNI PER UN CONTENUTO PUBBLICITARIO E’ YOUTUBE, DAVANTI A INSTAGRAM, TIKTOK E FACEBOOK
Quello che è diventato per tutti il decreto legge Ferragni licenziato dal consiglio dei ministri nelle scorse settimane, ha contribuito a chiarire le regole di quella che prima poteva sembrare una jungla. Perché il mercato di chi promuove prodotti online è estremamente florido, nonostante alcuni celebri inciampi e le recenti indagini della Guardia di Finanza.
Soltanto nel nostro Paese infatti il giro d’affari legato al mondo degli influencer vale qualcosa come 348 milioni all’anno, euro più euro meno il valore di una azienda medio grande. Secondo le stime tutta l’industria della «creator economy», tra entrate dirette e indotto, muove in complesso una cifra che si avvicina al miliardo di euro.
Ma quanto vale un singolo post promozionale? Il tariffario non è fisso è varia soprattutto in base all’influencer e alla piattaforma scelta. Se chi ha in media 10mila followers può incassare tra i 100 e i 5mila euro, le celebrità da oltre un milione di follower al loro apice possono valere fino a 80mila euro a post.
La piattaforma che permette maggiori guadagni è Youtube, dove un contenuto può valere dai 500 euro ai 35 mila, sempre a seconda del seguito. Poi c’è Instagram, che rende da 100 euro a 20 mila euro per post, fino a TikTok, che parte da 50 euro per chi ha 5mila follower ma può arrivare anche a 75 mila per chi ne ha più di 5 milioni. Ultimo Facebook dove bisogna avere almeno 50mila seguaci per portare a casa un centinaio di euro. Pressoché inutile invece lanciarsi su X, l’ex Twitter.
L’ultimo memorandum tra Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza, che ha portato all’inchiesta di Bologna, garantisce il rispetto delle regole fiscali da parte di chi produce redditi pubblicando contenuti in rete, ponendo l’attenzione laddove ci sia una sproporzione tra i redditi dichiarati, il numero di iscritti o di visualizzazioni sui propri canali web e la disponibilità di beni. In buona sostanza, si possono guadagnare cifre molto importanti. Ma non si sgarra.
(da il Giornale)
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Marzo 10th, 2024 Riccardo Fucile
“NELLA MIA SITUAZIONE (SOTTO SCORTA DA 35 ANNI), DEVI DISCUTERE QUALSIASI MOVIMENTO, ANCHE 10 METRI, LO DEVI RAGIONARE E CONCORDARE. NON PUOI ANDARE A TEATRO O AL CINEMA PERCHÈ ALTRIMENTI METTERESTI IN PERICOLO ANCHE GLI ALTRI CHE TI STANNO ATTORNO”
“Non vado al mare da 30 anni. Per resistere bisogna credere che ciò che fai serve: per migliaia di persone sei l’ultima spiaggia, allora resisti a qualsiasi privazione”. Lo ha detto il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, intervistato durante la trasmissione ‘Timeline’ su Rai 3 da Marco Carrara. Gratteri vive sotto scorta da 35 anni. “Io penso che per poter resistere bisogna credere che quello che fai serve, altrimenti non resisti nemmeno una settimana. Cioè tu devi discutere qualsiasi movimento, anche 10 metri, lo devi ragionare, lo devi concordare. Certo, non puoi andare a teatro, non puoi andare al cinema, non puoi andare al mare. Perchè altrimenti metteresti in pericolo anche gli altri che ti stanno attorno. Penso che da trent’anni non vado al mare ma tutte queste cose le superi solo se sei convinto che stai facendo qualcosa di utile e perchè ci sono migliaia di persone per le quali tu sei l’ultima spiaggia. Allora – ha aggiunto Gratteri – tu non puoi tradire, non puoi mollare e quindi resisti a ogni privazione. Puoi stare anche un anno sotto una pietra se sei convinto che quello serve altrimenti non ce la fai”.
“TikTok è la vetrina delle mafie: si fanno vedere ricchi, firmati, con tanti soldi e dicono ‘noi siamo il nuovo modello, vuoi diventare come noi?’. I giovani non strutturati si trovano avviluppati e pensano che quello sia il loro futuro. I social per i mafiosi sono una sfida alle istituzioni, un’esternazione di arroganza”.
Lo ha detto il capo della Procura di Napoli Nicola Gratteri intervistato a ‘Timeline’ su Rai 3. Parlando poi di come sia percepita la giustizia dai cittadini Gratteri ha affermato che “la gente spesso non denuncia perché non si fida: spesso noi come forze dell’ordine e come magistrati non siamo credibili, non riusciamo a trasmettere fiducia, è un problema soprattutto nostro”.
(da agenzie)
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Marzo 10th, 2024 Riccardo Fucile
MELONI POTREBBE ESSERE TENTATA DI CERCARE LE ELEZIONI POLITICHE PRIMA DELLA SCADENZA NATURALE, CON LO SCIOGLIMENTO ANTICIPATO DELLE CAMERE E RIMETTENDO L’INTERA POSTA SUL PIATTO
Qual è la posta in gioco in Abruzzo per centrodestra e centrosinistra? è evidente che si gioca una partita nazionale, per governo e opposizione. Per Meloni un’eventuale sconfitta sarebbe disastrosa. La conferma […] che l’effetto legato alla sua leadership si è già esaurito, o soffia assai meno, costringerebbe la premier innanzitutto a fare i conti con se stessa, con la qualità molto aggressiva del suo messaggio («mi metto l’elmetto!») e con il peso dei problemi che il governo deve affrontare rispetto ai risultati conseguiti fin qui.
Poi dovrebbe vedersela con gli alleati, soprattutto con Salvini, se i numeri dovessero confermare che la crescita o la stabilità di Fratelli d’Italia avviene a scapito della Lega. La conseguenza sarebbe di affacciarsi su un improvviso e imprevisto periodo di instabilità. Per Conte e Schlein. La sconfitta metterebbe una lapide, anche se non definitiva, sulle “prove di campo largo” . Ognuno a quel punto si concentrerebbe sulla campagna per le Europee.
In caso di vittoria, al contrario, l’effetto sarebbe notevole: dalla costruzione dell’alleanza in Basilicata, a quella per le prossime elezioni politiche. Che, complici le difficoltà nel campo opposto, Meloni potrebbe essere tentata di cercare prima della scadenza naturale, con lo scioglimento anticipato delle Camere e rimettendo l’intera posta sul piatto. Sembra incredibile che tutto questo possa dipendere dall’Abruzzo: ma è così.
(da Stampa)
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