Marzo 16th, 2024 Riccardo Fucile
AL CONGRESSO, IN PROGRAMMA IL PROSSIMO 23-24 MARZO, SI ANDRÀ ALLO SCONTRO TRA I “GABBIANI” DI RAMPELLI (CHE PROPONGONO MASSIMO MILIANI) E LE SORELLE MELONI (CHE CANDIDANO MARCO PERISSA)… NESSUNO OVVIAMENTE CONETSTA LA LINEA, LITIGANO SOLO SULLE POLTRONE
La parola d’ordine è: in Fratelli d’Italia non esistono correnti. Il dogma però traballa e sarà messo a dura prova alla fine della prossima settimana. Il congresso della federazione romana, in programma all’Eur il 23 e 24 marzo, è per la creatura di Giorgia Meloni un passaggio a suo modo cruciale. Oggi scadono i termini per le candidature e, a meno di accordi dell’ultim’ora, non ci sarà un nome unitario tra le due anime in guerra da tempo.
Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera, padre politico della premier, e Giorgia Meloni non hanno trovato l’accordo e il rischio di andare allo scontro tra i due gruppi del partito è ormai concreto.
Per i rampelliani, i cosiddetti “gabbiani”, in campo dovrebbe esserci Massimo Milani, già coordinatore di Roma (commissariato da via della Scrofa), mentre l’uomo scelto da Arianna Meloni è il deputato Marco Perissa. Ma alla vigilia della scadenza sono emersi nomi alternativi: il senatore Andrea De Priamo (ala Rampelli) e il deputato Francesco Filini (legato al gruppo Meloni-Lollobrigida).
Le trattative sono in corso, seguite in prima persona dalla presidente del Consiglio che predica l’unità ai suoi e non può permettersi di vedere una spaccatura così evidente nella culla del suo movimento. Una conta sarebbe la dimostrazione plastica di quella spaccatura del mondo meloniano negata in modo netta, ma che è andata ampliandosi con l’approdo a Palazzo Chigi.
Meloni, spiegano i suoi, non può permettersi di lasciare la direzione del partito romano a quello che ormai ritiene un avversario interno.
La situazione è tale che per placare gli animi dei delegati qualcuno ipotizza la presenza della stessa Meloni al congresso, ma i fedelissimi della premier non confermano.
Il vicepresidente della Camera ha smentito di essere stato ricevuto da Meloni a Palazzo Chigi mercoledì scorso e per il momento, spiegano fonti vicine all’area guidata da Francesco Lollobrigida, non ha accettato le offerte ricevute, come compensazione per fare un passo indietro dalla guida del partito romano.
(da La Stampa)
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Marzo 16th, 2024 Riccardo Fucile
NO COMMENT DELL’AZIENDA CHE NON È OBBLIGATA A ESPORRE IL LIBRO DEL GENERALE… VANNACCI FA LA VITTIMA: “FELTRINELLI NASCONDE IL MIO VOLUME? È CENSURA MORALE”… OGNI LIBRERIA E’ LIBERA DI ESPORRE E VENDERE QUELLO GLI PARE
Nelle Librerie Feltrinelli il libro del generale Vannacci c’è ma non si vede: non si trova tra le ultime novità e neanche tra gli scaffali. Nonostante sia appena uscito sul mercato e sia potenzialmente spinto dalla grande pubblicità creata dalle innumerevoli polemiche sull’autore, il suo posto è nascosto, dietro la cassa o addirittura in magazzino. Per vederlo, ed eventualmente comprarlo, bisogna, quindi, fare esplicita richiesta o affidarsi all’acquisto online.
L’ultimo lavoro di Roberto Vannacci, intitolato ‘Il coraggio vince’, è stato pubblicato da Piemme il 12 marzo: si tratta di un’autobiografia che arriva dopo ‘Il mondo al contrario’, autoprodotto e pubblicato nel 2023, che ha fatto molto parlare.
La nuova pubblicazione potrebbe peraltro coincidere con l’inizio della sua campagna elettorale per le elezioni europee, dato che si parla di una sua possibile candidatura tra le fila della Lega.
L’ultimo libro di Vannacci? “Lo trova in cassa”, dice un commesso della Feltrinelli di viale Eritrea a Roma che, a domanda sul perché non sia esposto, risponde: “A richiesta lo diamo, questa è l’indicazione”.
Stesso protocollo alla Feltrinelli di via Appia Nuova, dove il libro spunta da sotto il banco informazioni per “scelta aziendale”. Nel grande punto vendita di Largo Argentina, invece, la commessa dice “è appena arrivato” e va a prenderlo in magazzino.
Sulla vicenda non c’è alcuna dichiarazione da parte di Feltrinelli Librerie, nonostante l’Adnkronos abbia chiesto un commento sulla vicenda. Probabilmente la scelta delle Librerie Feltrinelli è di garantire comunque l’accesso ad ogni forma di cultura, e quindi di fornire a chi lo chiede il libro di Vannacci, senza però promuovere, con l’esposizione sugli scaffali o nelle vetrine, testi che incarnano valori in cui l’azienda non si riconosce. D’altronde precedenti simili non mancano.
“La storia si ripete. Ognuno fa quello che vuole, intendiamoci, la libertà di pensiero è diritto di ciascuno, ma le librerie che ritengono certe opere scomode o che non piacciono o che le tengono sottobanco conferma la censura morale delle persone”, conclude.
Forse Vannacci non ha capito che una libreria ha diritto di esporre e di vendere quello che gli pare.
(da agenzie)
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Marzo 16th, 2024 Riccardo Fucile
ERA SOSTENUTO DA PD, AVS, + EUROPA E M5S (CHE GIA’ SI SFILA)… MISSIONE COMPIUTA PER LE QUINTE COLONNE , REGIONE CONSEGNATA AI SOVRANISTI
Per poco la scelta dell’oculista come candidato era riuscita ieri a riportare la calma tra le forze di centrosinistra dopo un susseguirsi di riunioni per cercare di uscire da un caos che rischiava di compromettere la sua corsa.
Ma l’accordo siglato con una triangolazione tra la segretaria dem Elly Schlein, il presidente del M5s Giuseppe Conte e Angelo Chiorazzo (il “civico”, imprenditore delle coop bianche su cui aveva puntato il Partito democratico della Basilicata), che era stato contestato sia a Roma – dal leader di Azione Carlo Calenda – che in Basilicata, da un pezzo dei dem lucani e Marcello Pittella, ex Ds, ex Pd, ora confluito in Azione e “uomo forte” nella regione probabilmente non ha retto.
Le spiegazioni
«Dopo un’attenta riflessione voglio comunicare la mia rinuncia alla candidatura a Presidente della Regione Basilicata», ha comunicato Domenico Lacerenza in una mail inviata a un quotidiano locale lucano. «È una decisione presa con assoluta serenità e anche nell’interesse delle forze politiche che hanno voluto propormi. Avevo dato la mia disponibilità, ma non posso non registrare le reazioni che ci sono state in seguito. In ogni caso voglio che lo spirito che ha portato alla proposta che ho ricevuto, cioè la ricerca dell’unità dei moderati e progressisti e l’offerta di una coalizione capace di battere il centro destra in Basilicata, sia preservato, e per questo faccio un passo indietro. Lo devo anche alla mia storia professionale e per rispetto alla comunità dei lucani. Ringrazio quanti hanno espresso fiducia nei miei confronti, e in particolare Elly Schlein, Giuseppe Conte e Angelo Chiorazzo».
Fonti del movimento hanno fatto trapelare all’AGI che dopo il ritiro della candidatura da parte di Domenico Lacerenza, i 5 stelle sono pronti a correre da soli in Basilicata
Lo scenario che si starebbe profilando per le regionali lucane vedrebbe il partito di Giuseppe Conte andare con un proprio candidato autonomo alle urne, mentre il Pd prova a tenere insieme la coalizione di centrosinistra senza i pentastellati.
(da agenzie)
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Marzo 16th, 2024 Riccardo Fucile
LA PROVA? A BERLINO, OGGI, SI SONO RIUNITI I LEADER CHE DECIDONO DAVVERO LA STRATEGIA EUROPEA PER SOSTENERE CON ARMI E MEZZI L’UCRAINA: IL FRANCESE MACRON, IL TEDESCO SCHOLZ E IL POLACCO TUSK. E L’ITALIA? NON RIUSCENDO A TRASFORMARE IL BLA-BLA DELLA MELONA NÉ IN SOLDI NÉ IN ARMI, NON CONTA UN CAZZO E STA A CASA
Passano i giorni e il grande bluff di Giorgia Meloni si allarga sempre. Oggi è stata davvero una giornataccia a Palazzo Chigi.
Prima l’ennesimo articolo di “Politico.eu” sul “camaleontismo” della Ducetta. Poi, la povera Reginetta der Colle Oppio, che sogna di diventare la “Maggie Thatcher” per Trump (come ha scritto Politico), ha dovuto assistere impotente alla riunione del cosiddetto “Triangolo di Weimar” sull’Ucraina.
A Berlino, infatti, si sono riuniti i leader che decidono davvero, a livello europeo, la strategia del continente per sostenere Kiev: il tedesco Olaf Scholz, cancelliere della prima potenza dell’Ue, la Germania, Emmanuel Macron, presidente dell’unica potenza nucleare dell’Unione, la Francia, e Donald Tusk, premier della Polonia, Stato che confina con la Russia, nonché il Paese europeo che più ha aiutato Zelensky nei due anni di invasione (sia con il supporto diretto di armi e munizioni, sia accogliendo quasi 2 milioni di rifugiati).
Il vertice è arrivato il giorno dopo le nuove dichiarazioni di Macron, che in un’intervista ha ventilato – di nuovo – la possibilità di inviare truppe francesi in Ucraina.
Macron ovviamente, non sognava l’escalation con Putin. Piuttosto aveva bisogno di stabilire ancora una volta la sua leadership in Europa (Scholz è sempre più debole in patria).
Non solo: Macron aveva bisogno di “strappare” per arrivare al tavolo con Scholz e Tusk con la pistola sul tavolo. Il senso del ragionamento del galletto francese è: “L’Europa non può più stare ad aspettare.
E così ha ottenuto la creazione di una “coalizione per le armi a lungo raggio”, annunciata dai tre leader in conferenza stampa: “Oggi abbiamo concordato una serie di priorità, tra cui l’immediato approvvigionamento di un numero ancora maggiore di armi per l’Ucraina sull’intero mercato mondiale”.
E la Melona? È rimasta a Roma a cianciare del fantomatico e vaporoso Piano Mattei. La Ducetta non ha voce in capitolo perché il contributo dell’Italia nella crisi ucraina è considerato da tutti pari a zero.
La Polonia di Tusk si sta riarmando a tutta forza: nel 2024 la spesa per la Difesa raggiungerà il 4% del Pil, mentre l’Italia nel 2023 è ferma all’1,46%, un dato previsto addirittura in calo per i prossimi anni (1,43% nel 2024, 1,45% nel 2025) e sotto alla quota del 2%, richiesta dalla Nato, che non può raggiungere perché le casse sono vuote.
La Thatcher della Garbatella non ha soldi da spendere, né armi da spedire, e si deve accontentare di un sostegno “vocale”, fatto di viaggi a Kiev con Fazzolari e Scurti al seguito, photo opportunity, abbracci e bacetti. Ma se in Italia può intortare qualcuno con le articolesse di Sechi e Sallusti, in Europa il bluff è ormai chiaro a tutti…
(da Dagoreport)
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Marzo 16th, 2024 Riccardo Fucile
“NON HO L’ANSIA DEL TERZO MANDATO” … L’IDEA DEL CAPITONE E’ QUELLA DI PROPORRE IL NOME DEL GOVERNATORE DEL VENETO PER LA COMMISSIONE AGRICOLTURA UE PER INDISPETTIRE LA MELONI
Salvini e Zaia. Zaia e Salvini. Uniti e sorridenti nelle foto ufficiali. Distanti nelle prospettive e nei ragionamenti. Anche se Salvini ostenta sintonia e assicura: «Lo sento più spesso di mia madre».
L’ennesimo derby a distanza ravvicinata fra i due big della Lega va in scena a Padova. Ieri, infatti, il vicepremier e segretario del Carroccio è tornato per la seconda volta in una settimana nella tana del leone di San Marco, in quel Veneto che costituisce la più importante riserva di voti leghisti ma pure un campo minato vista la difficoltà di portare a casa il terzo mandato per il governatore.
Giusto giovedì c’è stata l’ultima fumata nera a palazzo Madama. «È da mesi che lo proponiamo nelle commissioni, alla Camera e in Senato» ribadisce subito Salvini davanti ai giornalisti, quasi a voler mettere una pietra sopra alla questione. «La Lega ha votato da sola perché il Pd, Fdi, Fi e M5S hanno votato contro. E siccome in democrazia vincono i numeri…».
Una premessa alla quale il segretario della Lega fa seguire due corollari. Il futuro di Luca Zaia? «Visto che nei prossimi anni molte iniziative passano per l’Europa, diciamo che sarebbe utile un difensore del Veneto in terra d’Europa».
E il futuro del Veneto? «Conto che ci sarà una buona guida leghista, come c’è da tanti anni a questa parte, con il centrodestra unito». Peccato che Antonio Tajani, forte degli ultimi risultati di Forza Italia, nelle stesse ore abbia rilanciato il nome dell’ex leghista Flavio Tosi: «Abbiamo un leader regionale che può essere candidato alla presidenza della Regione. Noi abbiamo le nostre carte da giocare, con grande rispetto degli alleati».
Poi Salvini parla per quasi un’ora di fila di strade e ferrovie davanti a una platea di amministratori locali in cui spiccano tutti i big della Liga Veneta, divisi fra salviniani con spilletta dell’Alberto da Giussano sul bavero e venetisti senza spilletta.
Gli applausi non mancano, anche se molti rimangono perplessi quando il ministro afferma che il ponte sullo Stretto porterà benefici anche al Nord, «come dimostrano studi della Bocconi, dei Rotary e dei Lions». Dettagli. Il punto è un altro.
Salvini, alle prese con una sempre più significativa fronda interna alimentata dai risultati in Sardegna e in Abruzzo, e ormai impegnato in un braccio di ferro quotidiano con la premier Giorgia Meloni anche se «checché ne dicano i giornali il nostro rapporto è ottimo», prova a fare un po’ l’equilibrista e un po’ il giocatore di poker.
Da una parte insiste con il Doge Zaia per una candidatura alle Europee (che sarebbe manna dal cielo per le percentuali elettorali leghiste) dall’altra lascia intendere che sarebbe pronto a combattere per dargli poi un ruolo di rilievo, che a Bruxelles significa sostanzialmente la guida di una commissione. Magari quella dell’Agricoltura, dossier che Zaia conosce bene essendosene già occupato come ministro in Italia. Al Doge, che negli ultimi mesi è tornato a ripassare l’inglese, non dispiacerebbe.
Peccato, però, che la concretezza di questa ipotesi dipenda dal futuro baricentro della politica europea e da Giorgia Meloni più che da Salvini.
Che peso potrebbe avere il Carroccio sovranista amico di Le Pen e Afd in una commissione Von der Leyen bis? Ma forse i veri obiettivi del segretario leghista, nel lusingare Zaia, sono anche altri.
Il primo è tendere una mano ai venetisti dopo aver usato la clava con l’espulsione dell’eurodeputato Toni Da Re, mettendo anche un freno alle voci di una corsa solitaria della Liga alle prossime regionali.
L’operazione in parte gli riesce dato che a Padova uno dei capi dei ribelli, l’assessore regionale Roberto Marcato, si fa fotografare con lui mentre beve un caffè accettando pure di appuntarsi la spilletta dell’Albertino. Mossa che a molti suscita non poche riflessioni. Il secondo obiettivo, invece, sembra più che altro quello di indispettire la premier, che pur stimando Zaia forse nella sala dei bottoni di Bruxelles conta di metterci un esponente di Fratelli d’Italia.
Le risposte di Zaia, in ogni caso, che già dal look Casual Friday con la camicia sbottonata dimostra una certa distanza dal Salvini ministro in cravatta e completo scuro, non si fanno attendere: «Non ho l’ansia del terzo mandato, e non perdo il sonno per questo». E ancora: «Il mio futuro lo programmerò quando sarà ora. Ma, dato che molti si preoccupano del mio futuro, dormo preoccupato».
Sibillino. Zaia parla anche di Giorgia Meloni, negando di avere un filo diretto con lei, e dell’autonomia: «È uno dei pilastri del programma di governo» ma «non ho mai sentito nessuno promettere che verrà fatta prima delle Europee».
(da agenzie)
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Marzo 16th, 2024 Riccardo Fucile
LA SICUREZZA DELLA CASA TORINESE HA DOVUTO BLOCCARE E IDENTIFICARE UNA TROUPE DI “PORTA A PORTA” CHE STAVA FACENDO VOLARE UN DRONE ALL’INTERNO DELLA SUA PROPRIETÀ, DOVE C’ERANO I SUOI 3 FIGLI MINORENNI
Sembrava un drone ma in realtà era una…Vespa. Jaki Elkann furioso con Brunello Vespa, querela lui e Mamma Rai. Il conduttore tv, una volta vicino alla Real Casa, ha ormai sposato la Rai meloniana e non perde occasione nelle sue trasmissioni di bastonare i fratelli Elkann per provare a dar ragione alla madre Margherita.
Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato quando la sicurezza della casa torinese di Jaki ha dovuto bloccare e identificare una troupe di Porta a Porta che stava facendo volare un drone all’interno della sua proprietà, dove c’erano i tre figli minorenni suoi e di Lavinia Borromeo. Vespa per ora non ha mandato in onda le immagini, limitandosi a mostrare quelle di Villa Frescot, dimora di famiglia degli Agnelli. Ma i legali di Elkann hanno intimato alla Rai di non provarci nemmeno.
Dichiarazione dei legali di John Elkann
I legali di John Elkann annunciano querela alla troupe RAI per interferenze illecite alla sua vita privata mediante l’utilizzo di droni
Acquisito inoltre il mandato dai fratelli Elkann ad agire contro articoli e servizi inveritieri e lesivi della loro reputazione
Nei giorni scorsi una troupe televisiva ha occupato uno spazio privato afferente l’abitazione privata torinese di John Elkann per effettuare riprese video mediante un drone. Come successivamente emerso, le riprese sono state effettuate per la trasmissione Porta a Porta. A fronte di questa ingiustificabile intrusione nella vita privata del nostro assistito, per di più realizzata dalla TV di Stato, e a tutela della privacy sua e della sua famiglia che include anche tre minori, annunciamo oggi una querela contro tutti i soggetti responsabili diffidando la redazione di Porta a Porta dal reiterare simili comportamenti, nonché dall’utilizzare in qualunque modo ogni immagine così ottenuta.
Inoltre, a fronte del protrarsi dell’attuale clima di aggressione mediatica che esorbita dai confini del diritto di cronaca e di critica, John, Lapo e Ginevra Elkann ci hanno conferito il mandato di tutelare la loro reputazione attraverso opportune iniziative giudiziarie, diffidando chiunque dalla diffusione di articoli e servizi di stampa inveritieri e diffamatori.
(da agenzie)
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Marzo 16th, 2024 Riccardo Fucile
SALVI ALTRI 100 CHE ERANO BLOCCATI IN MARE
La nave della ong Ocean Viking ha dichiarato di aver salvato altri 135 migranti, tra cui una donna incinta e otto bambini, da un’imbarcazione a due piani nelle acque di ricerca e salvataggio maltesi.
Sono salvi i 100 migranti che da ieri risultavano bloccati in mare dopo il secondo naufragio nel Mediterraneo nelle ultime 24 ore. Dopo un pericoloso braccio di ferro con i libici, che hanno cercato allontanare un mezzo di soccorso, l’equipaggio di Geo Barents è riuscito a soccorrere e prendere a bordo le persone bloccate nel Mediterraneo centrale.
«Sono state due ore molto pericolose che hanno messo a rischio la vita di uomini, donne e bambini – ha spiegato Fulvia Conte di Medici Senza Frontiere –. Eravamo in acque internazionali. Avevamo già perso a bordo diverse persone, quando una unità libica si è accostata a uno dei rhibs cercando di tirar via le persone da lì. È stato il panico».
Dopo due ore di negoziazioni i soccorritori sono riusciti a portare in salvo le persone. Ma alcune famiglie «sono rimaste separate per ore – continua Conte –, con scene di panico tra chi era rimasto nell’imbarcazione in difficoltà e chi era già in salvo a bordo della Geo Barents». Adesso a borso della Geo Barents, la nave di Msf, ci sono in tutto 171 persone.
Un nuovo naufragio è avvenuto nel Mediterraneo, dove la Guardia costiera tunisina ha soccorso 34 persone migranti e recuperato due cadaveri. I dispersi potrebbero essere 34. I sopravvissuti, riferisce l’agenzia di stampa Tap, hanno raccontato alla Guardia costiera di Zarzis che «circa 70 persone erano partite dalla costa di un paese vicino prima che la loro imbarcazione affondasse».
Intanto un’imbarcazione sovraffollata con circa 100 persone a bordo era in pericolo nel Mediterraneo centrale. Il motore della barca, riferisce Alarm Phone, si era rotto da diverse ore.
(da agenzie)
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Marzo 16th, 2024 Riccardo Fucile
DURANTE LA PRIMA GIORNATA DI VOTAZIONI SONO STATE DIVERSE LE OPERAZIONI DI SABOTAGGIO… SI TRATTA DI UN ANTISETTICO CHE HA UN VALORE SIMBOLICO
La prima giornata di votazioni per le elezioni presidenziali in Russia, destinate a confermare Vladimir Putin alla guida del Paese per un quinto mandato, è trascorsa in modo tutt’altro che tranquillo. Ieri, venerdì 15 marzo, in diverse città sono state organizzate azioni di sabotaggio nelle sedi dei seggi elettorali.
A San Pietroburgo, città dove il presidente (che ha votato online) è nato, una studentessa di 21 anni ha lanciato una molotov sul tetto di una scuola. Non ci sono stati fortunatamente vittime o danni e la ragazza, fermata da un passante, avrebbe detto di aver agito su incarico di un “canale Telegram ucraino” con la promessa di un pagamento. Altri hanno preferito intralciare e protestare contro il voto in modi meno violenti.
Nel tentativo di sabotare le schede elettorali alcune persone infatti sono state arrestate per aver “versato inchiostro verde” nelle urne, che, essendo trasparenti, non consentono di esprimere la propria preferenza nel completo anonimato e rendono palese il voto.
Alle autorità l’azione è apparsa come una protesta coordinata perché verificatasi in almeno cinque seggi nelle regioni di Mosca, Voronezh, Rostov e Karachay-Cherkessia. Uno di questi episodi è stato ripreso dalle telecamere di sorveglianza di un seggio della capitale e il video è stato anche postato sui social.
L’inchiostro versato nelle urne non è un colorante qualsiasi. Si tratterebbe infatti di un antisettico verde, chiamato zelyonka (in russo: зелёнка). Questo tipo di sostanza in anni passati è stata ampiamente usata in Russia e Ucraina contro i dissidenti politici, in particolare sul volto.
L’antisettico rimane a lungo sulla pelle, per rimuoverla del tutto può volerci anche una settimana, e in alcuni casi chi è stato colpito ha rischiato danni permanenti alla vista.
Successe nel 2017 anche ad Alexey Navalny, l’oppositore di Vladimir Putin morto il 16 febbraio scorso in un carcere siberiano dopo essere stato condannato a 19 anni di reclusione, che rischiò di perdere un occhio dopo essere stato aggredito col disinfettante colorato.
Il gesto compiuto dai dissidenti nella giornata di ieri da molti è infatti stato letto anche come un omaggio nei confronti del 47enne, per il quale nelle precedenti settimane sono state organizzate manifestazioni in tutta la Russia. I partecipanti sono stati arrestati a centinaia.
In assenza di una reale opposizione e nel pieno del conflitto in Ucraina, il grosso dei voti, almeno l’80% anche secondo l’istituto indipendente Levada, andrà a Putin in nome della ‘stabilità‘, si legge su Repubblica.
I tre giorni elettorali, che si concluderanno domenica sera, non hanno fermato gli attacchi russi sul Paese invaso. Almeno 20 persone sono state uccise e 73 ferite in un raid missilistico sulla città portuale di Odessa, secondo un bilancio delle autorità locali.
(da Fanpage)
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Marzo 16th, 2024 Riccardo Fucile
IL LAVORIO PRECARIO NON COLPISCE SOLO I GIOVANI
Nelle ultime settimane, Fanpage.it ha raccolto centinaia di storie di persone disoccupate sopra i 50 anni: sono testimonianze sulle difficoltà del mondo del lavoro, da uomini e donne che in molti casi hanno dovuto ripartire da capo. C’è chi cerca da più di dieci anni di trovare un lavoro stabile, chi ha mandato oltre 11mila curriculum senza risultato. Anche chi ha esperienza e competenze non viene nemmeno richiamato dopo i colloqui, oppure riceve da anni promesse di contratti che poi non arrivano.
Le storie sono moltissime. Sono persone che spesso hanno seguito tutte le procedure, fatto i corsi di formazione, si sono iscritte ai centri per l’impiego, e sono andate avanti con misure come la Naspi fino a quando è stato possibile. Ora l’impressione di molti è che lo Stato non abbia intenzione di aiutarli, e qualcuno ha dovuto anche andare all’estero.
Il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, ha risposto a Fanpage e tracciato i quattro punti su cui il governo Meloni dovrebbe concentrarsi, per migliorare la situazione.
“Per agire, gli interventi sono chiari: combattere la precarietà; introdurre il diritto alla formazione permanente; avere degli ammortizzatori sociali dedicati anche al processo di riqualificazione; fare una riforma vera sulle politiche per il lavoro e sulle strutture che servono per realizzarla, invece di lasciarla al mercato”, ha detto il segretario.
“Innanzitutto, molte di queste persone non trovano lavoro perché le imprese hanno la possibilità di scegliere altre forme di assunzioni, precarie, con meno diritti, con meno tutele”, ha commentato Landini. La precarietà “genera una competizione al ribasso tra le persone, che per vivere hanno bisogno di lavorare”. La soluzione, quindi, è chiara: “Cancellare certe forme di lavoro precario è una cosa utile anche per chi ha 50 anni: vuol dire garantire che le persone che lavorano devono avere tutte gli stessi diritti e le stesse tutele. La lotta contro la precarietà non è una cosa solo per i giovani, è un modello di società diverso da quello che sta venendo fuori oggi”.
“Formazione continua e pagata in orario di lavoro”
Il secondo tema è quello della formazione, per evitare che chi diventa disoccupato fatichi a rientrare nel mondo del lavoro: “È necessario garantire a tutte le persone che lavorano il diritto alla formazione permanente. Non è che semplicemente mi fai formazione perché mi chiude l’azienda o perché cambio lavoro: il diritto alla formazione deve accompagnare le persone lungo tutto la loro vita. Non è più sufficiente pensare che studio, mi diplomo, poi vado a lavorare, eventualmente la formazione la faccio se la mia azienda chiude”.
Lo sforzo deve arrivare dalle aziende, eventualmente spinte da una riforma su questo aspetto: “C’è bisogno che la formazione faccia parte del mio normale orario di lavoro. Ogni settimana, ogni mese, ogni anno io devo avere delle ore in cui sono pagato perché mi aggiorno, perché mi formo e acquisisco delle competenze. Questo vuol dire mettere nelle condizioni le persone, anche quando ci sono processi di cambiamento, di essere già abituate ad affrontarlo”.
“Più ammortizzatori sociali per chi è in difficoltà”
Chiaramente non basta essere formati per trovare in fretta un altro lavoro. D’altra parte, alcune delle storie raccolte da Fanpage.it venivano da persone pienamente competenti e aggiornate nel loro settore, che però faticano da tempo per trovare una nuova occupazione: “Naturalmente in situazioni di cambiamento serve un supporto a chi ne ha bisogno. C’è la necessità di sviluppare un sistema di ammortizzatori sociali da attivare in casi simili, perché oggettivamente è complicato per una persona che per una vita ha fatto lo stesso lavoro doversi reinventare, o imparare anche una nuova attività. È chiaro che rischia di essere difficoltoso”.
“Centri per l’impiego pubblici, non in mano ai privati”
L’ultimo punto, poi, è che la ricerca di lavoro non dovrebbe essere un’attività disperata, lasciata all’iniziativa personale o ai contatti di amici e conoscenti: se il lavoro è un diritto, allora bisogna garantire che chi lo cerca lo possa anche trovare: “Questo richiede anche una qualificazione diversa dei nostri centri per la formazione. Faccio un esempio preciso: la Germania. L’inserimento nel mondo del lavoro in Germania funziona meglio, ma andiamo a vedere come sono strutturati là. I centri pubblici di formazione e di riqualificazione tedeschi hanno 120mila impiegati”.
Quello tedesco è solo uno degli esempi di Paesi in cui “c’è un sistema di accoglienza delle persone, di raccolta delle loro esperienze e poi di accompagnamento e di tentativo di mettere assieme tutto questo con la domanda che viene dalle imprese. In Italia, nei centri per l’impiego lavorano non più di 12-13mila persone. In molti casi sono a loro volta precari, e di fatto spesso il sistema è lasciato in mano a imprese private. Questo non può essere il modo di gestirlo”.
(da Fanpage)
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