Marzo 17th, 2024 Riccardo Fucile
UNICA DEMOCRAZIA AL MONDO DOVE SI PERMETTE A UN CRIMINALE DI CANDIDARSI ALLA PRESIDENZA
Donald Trump continua la sua campagna elettorale, e durante un comizio lancia minacce esplicite, dichiarando che le elezioni presidenziali di novembre saranno la “data più importante” nella storia degli Stati Uniti, dipingendo la sua campagna per la Casa Bianca come un punto di svolta per il Paese.
L’ex presidente americano ha anche messo in guardia gli elettori, dicendo che ci sarà un “bagno di sangue” se non verrà eletto per un nuovo mandato alla Casa Bianca. Ma non ha specificato precisamente a cosa intendesse riferirsi. È inevitabile pensare a quanto avvenuto il 6 gennaio del 2021, quando i suoi seguaci assaltarono il Campidoglio a Washington.
“La data – ricordatelo, il 5 novembre – credo che sarà la data più importante nella storia del nostro Paese”, ha detto ieri sera il 77enne ai partecipanti al raduno a Vandalia, Ohio, ripetendo le critiche al suo rivale, il presidente Joe Biden, che secondo Trump è il “peggiore” presidente di sempre.
Biden, da parte sua, ha scherzato ieri su Donald Trump e sulla sua età durante la cena annuale dei media, prima di lanciare critiche molto serie al suo rivale nelle elezioni di novembre. “Un candidato e’ troppo vecchio e mentalmente inadatto a diventare presidente”, ha detto l’81enne democratico al Gridiron Club di Washington. “L’altro sono io”.
Biden è in svantaggio in diversi sondaggi e deve fare i conti con le preoccupazioni degli elettori per la sua età. Durante il suo discorso il presidente Usa ha preso di mira Trump, dicendo che la campagna elettorale dei Democratici avrebbe mostrato come hanno ricostruito l’economia statunitense dopo la pandemia di Covid-19 “senza incoraggiare il popolo americano a iniettarsi candeggina”.
Si riferiva all’episodio in cui Trump, da presidente, chiese a un consulente medico di alto livello se alle vittime di un virus si potesse iniettare del disinfettante per curarle. “Vorrei che questi fossero scherzi, ma non lo sono”, ha aggiunto Biden. “La democrazia e la libertà sono letteralmente sotto attacco. Putin è in marcia in Europa. Il mio predecessore si inchina a lui e gli dice: “‘Fai quello che diavolo vuoi'”.
L’ex presidente Usa Donald Trump ieri si è scagliato contro gli immigrati affermando che alcuni di loro, accusati di crimini, “non sono persone”. “Non so se chiamarli persone”, ha detto durante un comizio nei pressi di Dayton, Ohio. “In alcuni casi non sono persone, secondo me”.
(da agenzie)
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Marzo 17th, 2024 Riccardo Fucile
LOTTA SENZA QUARTIERE PER LE POLTRONE… TRANQUILLI, NON ESISTONO CORRENTI “DI PENSIERO” DIVERSO
Non c’è l’accordo: nonostante i tentativi che sarebbero andati avanti fino all’ultimo minuto, si andrà alla conta a Roma. L’indicazione dei vertitici del partito è quella di presentare ovunque candidati unitari, nella capitale il congresso di Fratelli d’Italia vedrà una sfida a tre per il segretario della capitale.
“Ho ufficializzato la candidatura questa notte”, lo conferma a Fanpage.it Massimo Milani, deputato e esponente dell’area dei Gabbiani, quella che fa riferimento a Fabio Rampelli. Già coordinatore del partito, era stato estromesso da Giorgia Meloni durante la campagna elettorale per le regionali, “accusato” di sostenere solo i candidati rampelliani.
“Se Giorgia Meloni è intervenuta per trovare un accordo? Lasciamola fuori, ha altro a cui pensare”, spiega ancora Milani, mentre partecipa alla Festa della Bandiera nel parco di Colle Oppio, roccaforte e luogo simbolo dei Gabbiani.
Una ferita evidentemente non rimarginata quella del commissariamento della federazione romana, tanto da non riuscire a trovare una quadra per il nuovo segretario.
Oltre a Milani ci sarebbero altri due candidati: Marco Perissa per l’area Meloni-Lollobrigida, e il consigliere comunale Federico Rocca.
Quando mancano pochi minuti all’atterraggio dei paracadusti con il tricolore, arriva anche Fabio Rampelli. “Una normale dialettica, nessuna spaccatura, queste sono invenzioni giornalistiche, ci sarà un confronto per capire chi è il nome migliore per rappresentare il partito”, spiega il il vicepresidente della Camera.
E senza dubbio avrebbe ragione se non fosse che il congresso romano è l’unico che ha il sapore della conta e di una vera competizione interna, in un partito come Fratelli d’Italia dove una dialettica pubblica non esiste e vige il più rigido centralismo democratico.
Per questo Rampelli chiarisce che non c’è nessuna area, ma una comunità umana e politica che si ritrova attorno ad alcuni consiglieri: “I gabbiani non esistono, stanno in cielo al massimo”. E l’incontro con Meloni? “Non ho incontrato il presidente del consiglio, tanto meno per parlare del congresso romano”.
(da Fanpage)
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Marzo 17th, 2024 Riccardo Fucile
RENZI APPOGGERA’ IL CENTRODESTRA, CALENDA LO FARA’ A BREVE DOPO ESSERSI LAMENTATO PERCHE’ ELLY NON GLI RISPONDE AL TELEFONO (E LO CREDO…)
Per quanto riguarda le Regionali in Basilicata, si è da poco concluso un tavolo che ha portato a definire il perimetro della coalizione, con Pd, M5s, Verdi, Sinistra italiana e socialisti (senza Azione e Italia viva). Il nome su cui si potrebbe chiudere la trattativa è quello di Piero Marrese, presidente della provincia di Matera, sostenuto soprattutto dai dem lucani. Ma ancora non ci sono conferme ufficiali di un’intesa raggiunta.
Ieri era arrivato l’annuncio del ritiro della candidatura da parte di Domenico Lacerenza, candidato indicato da Pd, M5s, Avs e +Europa, dopo le polemiche tra fronda interna del Pd locale, Calenda e Renzi.
In giornata si dovrebbe sapere se Elly Schlein è riuscita a ricomporre il campo largo, unica possibilità per avere possibilità di essere competitivi con il centrodestra del governstore uscente Bardi.
Bardi che ha già ricevuto l’appoggio dei renziani (ovviamente) e spera di ottenere anche quello di Calenda (come da programma fissato da tempo)
(da agenzie)
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Marzo 17th, 2024 Riccardo Fucile
IL VICEPREMIER DELLA LEGA È PALESEMENTE L’UOMO DI UN’ALTRA STAGIONE E VIENE MARGINALIZZATO DALLE SCELTE COMPIUTE IN POLITICA INTERNAZIONALE
A che punto è il salvinismo? Come sempre accade, dare un’occhiata alla storia recente, ripercorrere le tappe che ci hanno portati dove siamo, può aiutarci a comprendere il presente. Per rispondere a questa domanda, allora, dobbiamo tornare a più di dieci anni fa.
Matteo Salvini è stato eletto segretario federale della Lega Nord il 7 dicembre del 2013. Il sistema politico italiano era a pezzi, l’opinione pubblica sovreccitata, la politica dominata dai social, l’antipolitica scorreva a fiumi. Nelle elezioni di febbraio il Movimento 5 stelle aveva sbalordito tutti prendendo il 25 per cento dei voti. Il vertice storico della Lega era stato travolto dagli scandali e alle urne il partito aveva raccolto un magrissimo quattro per cento, la metà del risultato del 2008. Il Popolo della libertà di Berlusconi aveva invece superato il venti per cento – un bottino sorprendente, considerate le circostanze –, ma il primo agosto la Cassazione aveva condannato il Cavaliere in via definitiva e il 27 novembre il Senato lo aveva dichiarato decaduto dallo scranno.
Alle elezioni politiche del 2018 la Lega raccoglie il diciassette per cento dei voti, superando Forza Italia. Nel corso del governo Conte I, mentre è al potere insieme al Movimento 5 stelle, Salvini compie il suo capolavoro: approfittando della debolezza dell’alleato gli ruba milioni di elettori, i grillini che non si considerano di sinistra, e nel 2019 arriva come detto al trentaquattro per cento. In quel voto i tre partiti di destra – Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega – sommati insieme ritornano alla loro quota “storica”, intorno al cinquanta per cento dei voti. Nel 2013 erano caduti sotto il trenta, nel 2018 erano rimasti sotto il quaranta. È stato Salvini, eliminando l'”anomalia” grillina, a ricostituire l’elettorato di destra che aveva fatto la fortuna di Berlusconi nel primo decennio del ventunesimo secolo.
A questo punto – siamo nell’estate del 2019 – il leader leghista apre la crisi del governo Conte I con l’idea di portare l’Italia al voto nazionale e prendersi il piatto. Ma l’Italia al voto non ci va perché nasce il governo Conte II sostenuto da una maggioranza giallorossa. Oggi l’estate del “Papeete” è presa a simbolo dell’impulsività e imprevedibilità di Salvini. Ma la decisione di rompere la coalizione col M5s non fu affatto impulsiva – fu ruminata fin troppo a lungo, anzi –, e allora poteva parere sensata. Adesso sappiamo che si trattò di un errore madornale, ma col senno di poi son bravi tutti.
Per altro, pur di fermare Salvini il Partito democratico e il Movimento dovettero mettersi insieme malamente e in fretta, dopo essersene dette di tutti i colori fino a un minuto prima. Non è impossibile sostenere che, a cinque anni di distanza, stiano ancora pagando il prezzo di quella forzatura.
Per Salvini, a ogni modo, la crisi di governo dell’estate 2019 rappresenta un punto di non ritorno, un momento di irreversibile collasso di credibilità personale. A partire dagli ultimi mesi di quell’anno la Lega comincia a calare nei sondaggi e Fratelli d’Italia a crescere. L’elettorato di destra che Salvini ha ricostituito ha trovato un nuovo leader, Giorgia Meloni, che non ha commesso errori ed è quindi considerato più affidabile, e inizia una migrazione di massa destinata a concludersi tre anni dopo, con le elezioni politiche del 2022. Nei corso di quei tre anni cambia anche in profondità il quadro politico: l’opinione pubblica si calma e prende a esprimere la propria insoddisfazione più con l’apatia che con la militanza; la pandemia e le crisi internazionali impongono uno stile di leadership più responsabile e pacato; l’antieuropeismo radicale perde trazione, anche se le destre, in una forma più moderata e istituzionale, seguitano a crescere e mettono sotto pressione il mainstream continentale. Al di là della politica, a ogni modo, la credibilità della leadership resta a mio avviso il fattore principale. È significativo, ad esempio, che a destra i trend dei sondaggi non siano stati modificati dalla nascita del governo Draghi. Contrariamente a quel che spesso si dice, insomma, non sembra che Meloni si sia imposta perché è rimasta all’opposizione di Draghi – aveva cominciato a imporsi già prima.
E adesso? Adesso è palese come Salvini sia, per stile e contenuti, l’uomo di un’altra stagione. Fatalmente zavorrato dalla memoria del disastro del 2019. E marginalizzato dalle scelte compiute in politica internazionale. Il futuro è sempre aperto, ma in queste condizioni recuperare è davvero difficile. Anche se la leadership di Meloni si appannasse, perché gli elettori tendono a non tornare indietro.
E malgrado gli alleati europei del leader leghista, sebbene ghettizzati, godano di ottima salute elettorale. C’è a destra lo spazio per una forza movimentista e radicale che approfitti della “svolta” moderata della leader di Fratelli d’Italia. Ma è uno spazio piccolo, vale qualche punto percentuale. È lo spazio di un partner di minoranza che accetti di essere tale. Almeno per ora e chissà per quanto tempo.
L’alternativa, per la Lega, è attingere alla tradizione di radicamento territoriale, buona amministrazione e rapporto con le forze produttive che nel frattempo è rimasta ben viva, ancorché molto a disagio, accanto al salvinismo.
Si tratterebbe in questo caso di collocarsi alla sinistra di Meloni, spostandosi verso il centro e magari aderendo perfino al Partito popolare, e di costruire un asse con Forza Italia basato sulla spartizione delle aree elettorali – la Lega al nord, FI al centro-sud –, con l’idea di mettere in piedi un consistente polo moderato che, nella coalizione di governo, possa riequilibrare Fratelli d’Italia. Non sarebbe un’operazione semplice ma avrebbe senso, ed è ben evidente che molti, nel partito, ci stanno pensando seriamente. Salvini però continua a guardare altrove. Del resto, non potrebbe essere lui la guida di una svolta centrista.
(da agenzie)
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Marzo 17th, 2024 Riccardo Fucile
5,7 MILIONI DI LAVORATORI DIPENDENTI GUDAGNANO MENO DI 850 EURO NETTI AL MESE, ALTRI 2 MILIONI 1.200 EURO…. IL SALARIO MEDIO E’ DI 10.000 EURO ANNUI IN MENO DELLA VICINA FRANCIA
Circa 5,7 milioni di dipendenti privati guadagnano in media meno di11mila euro lordi annui. È il risultato di un eccesso di part time, della precarietà e discontinuità lavorativa e della forte polarizzazione del mercato del lavoro tra una piccola quota di dirigenti e professionisti e una percentuale di addetti non qualificati assai più alta rispetto a quella osservata nelle altre grandi economie europee. A fare il punto è uno studio dell’Area politiche per lo sviluppo della Cgil, che riassume i più recenti dati di Eurostat e Ocse e gli osservatori sui dipendenti privati e pubblici dell’Inps. “Se passiamo dal lordo al netto, risulta che nel 2022 5,7 milioni di lavoratrici e lavoratori hanno guadagnato l’equivalente mensile di 850 euro, altri 2 milioni arrivano ad appena 1200 euro al mese. E la situazione non è certo migliorata nel 2023, anno in cui l’inflazione ha raggiunto il 5,9%”, commenta il segretario confederale della Cgil Christian Ferrari. “Si è trattato, peraltro, di un’inflazione da profitti contro cui il governo non ha posto alcun argine efficace, assistendo inerte all’impoverimento drammatico di milioni di lavoratori e pensionati. Non solo, non stanziando i fondi necessari a rinnovare adeguatamente i contratti di oltre 3 milioni di lavoratori pubblici, ha dato un pessimo esempio, come primo datore di lavoro del Paese, ai datori di lavoro privati”.
Dal confronto tra le maggiori economie dell’Eurozona emerge come nel 2022 il salario medio in Italia si sia attestato a 31.500 euro lordi annui, contro i 45.500 della Germania e 41.700 della Francia. Nel dettaglio, nel 2022 il salario medio dei 17 milioni di lavoratori dipendenti del settore privato con almeno una giornata retribuita nell’anno (esclusi agricoli e domestici) si è attestato a 22.839 euro lordi annui, +4,2% rispetto al 2021 (+911 euro lordi annui), un aumento nettamente inferiore all’inflazione, pari all’8,7%. Per compensare pienamente l’aumento dei prezzi al consumo registrato nel solo 2022, il salario medio si sarebbe dovuto attestare a 23.800 euro lordi annui.
Il 59,7% della platea complessiva ha peraltro salari ancora più bassi: si tratta di 7,9 milioni di dipendenti discontinui e oltre 2,2 milioni di lavoratori part time per tutto l’anno. Per evidenziare le disparità mascherate dalla media lo studio distingue i lavoratori in otto diverse fasce, differenziate per stabilità del posto, continuità dell’impiego e tempo di lavoro (vedi tabella sotto). Per la prima, che comprende 1,8 milioni di dipendenti a termine e part time con contratti discontinui (cioè con periodi retribuiti inferiori ai 12 mesi), il salario lordo medio si ferma addirittura a 6.267 euro annui. Gli 1,5 milioni appartenenti alla seconda, più “fortunati” perché a tempo indeterminato ma comunque part time e attivi solo in alcune parti dell’anno, arrivano a 9.944 euro annui. Segue una platea di 2,2 milioni di dipendenti con contratti a termine e full time ma anch’essi operativi per meno di 12 mesi, con salari di 10.700 euro annui in media. Facendo le somme, si parla di quasi 5,7 milioni di persone che non arrivano a portare casa 11mila euro l’anno. .
Nel pubblico – 3,7 milioni di dipendenti – la media sale invece a 34.153 euro lordi annui, +6,3% rispetto al 2021. La differenza tra pubblico e privato è determinata in buona parte dal minor peso del part-time e della precarietà nei settori pubblici. Ma pure tra gli statali esistono notevoli divari: anche in questo caso lo studio li divide in fasce, stavolta quattro, e trova che la prima, formata da una piccola minoranza di tempi determinati in part time, guadagna solo 14.800 euro. La seconda, costituita da oltre 600mila tempi determinati full time, supera di poco i 15mila.
Tornando al confronto con gli altri big Ue, tra il 1992 e il 2022 i salari reali medi tedeschi e francesi hanno registrato una crescita rispettivamente del 22,9% e 31,6%) mentre quelli spagnoli sono rimasti fermi e gli italiani sono calati dello 0,9%. Il risultato è che il divario salariale italiano con la Germania si è ulteriormente ampliato, da 5.200 euro del 1992 ai 13.900 del 2022, quello con la Francia ha cambiato di segno (da +132 euro a -10.200) e quello con la Spagna si e ridotto da 2.700 a 2.400 euro.
Le cause dell’affanno italiano? Una maggior quota di professioni non qualificate, l’alta incidenza del part time involontario (57,9%, la più alta di tutta l’Eurozona) e quella del lavoro a termine (16,9%) con una forte discontinuità lavorativa. Nel 2022, aggiunge lo studio, oltre la metà dei rapporti di lavoro cessati ha avuto una durata fino a 90 giorni e “benché in Italia si lavori comparativamente di più in termini orari, i salari medi e la loro quota sul Pil sono notevolmente più bassi”. A questo si aggiungono i lunghi ritardi nel rinnovo dei contratti nazionali di lavoro, con il risultato che più del 50% dei dipendenti ha il contratto scaduto. Cioè non adeguato all’aumento dei prezzi. In una fase di alta inflazione cumulata, significa una forte diminuzione del potere d’acquisto dei lavoratori. E l’impatto, come risulta dai dati Istat, è molto più ampio sulle famiglie con minor capacità di spesa.
(da ilfattoquotidiano.it)
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Marzo 17th, 2024 Riccardo Fucile
CASE POPOLARI, ABITAZIONI CIVILI, MAGAZZINI, STALLE E SCUDERIE, RISTORANTI, BAR PANIFICI, MACELLERIE
Quasi mille pagine, ciascuna con una serie di documenti pieni di numeri e tecnicismi. All’interno ci sono anche le mappe e le tavole collegate alle liste di chi, a causa del Ponte fortemente voluto dal leader della Lega Matteo Salvini, sarà costretto ad abbandonare la propria casa, quella costruita o comprata coi sacrifici di una vita. Parliamo di intere famiglie, tra proprietari e affittuari, ma anche di enti pubblici e di imprenditori, questi ultimi titolari di quegli immobili che dovranno lasciare spazio alla grande opera.
Per legge le carte sugli espropri saranno pubblicate ufficialmente sui giornali. Ma da poche ore sono anche rintracciabili sul sito del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica (Valutazioni e autorizzazioni ambientali), tra la documentazione riguardante il «collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria».
I cittadini soggetti all’esproprio avranno un limite di tempo per proporre osservazioni. Non più sessanta giorni come avvenne nel 2011, quando allo stesso modo di oggi sui cittadini di Villa San Giovanni e Messina incombeva il rischio esproprio. Ma trenta, «considerando – spiegano gli attivisti della rete No Ponte – l’intervento e l’estensione della nuova normativa circa le procedure Pnrr-Pniec».
E il fatto che sul sito del ministero campeggi la data del 13 aprile, in relazione appunto al termine entro cui il pubblico potrà presentare osservazioni, conferma le nuove tempistiche, più rapide e veloci. C
he dicono anche un’altra cosa: c’è una scadenza per farsi avanti coi propri dubbi e perplessità «che quindi decorre – spiegano ancora gli attivisti – dalla data di pubblicazione sul sito».
Peccato, tocca ribadire, che nessuno sia stato formalmente avvisato. D’altronde in base a quanto prevede il testo unico sugli espropri, caldeggiato ai tempi dall’esecutivo Berlusconi, quando in ballo ci sono più di cinquanta “espropriati” non c’è bisogno di alcuna comunicazione diretta. L’onere di informarsi grava su chi, in queste situazioni, rappresenta a tutti gli effetti la parte debole.
IL PILASTRO NELLA PIZZERIA
Sotto il sole non c’è comunque nulla di nuovo. Sulle liste espropri i nomi sono, per lo più, quelli di dieci anni fa. In Sicilia case popolari, abitazioni civili, magazzini, persino stalle e scuderie, ristoranti, bar, panifici, macellerie. Uno dei pilastri del ponte bucherà, ad esempio, la Pizzeria Gitano’s di Messina.
Più di mille e ottocento pagine di nomi riguardano tutta l’isola, mille e quattrocento il solo Comune di Messina. Per la Calabria i fogli sono al contrario circa seicento. E per quanto riguarda le case dei privati, ci si prepara ad espropriarne trecento dal lato Sicilia e centocinquanta su quello calabrese.
Si rilevano, tuttavia, alcune integrazioni: non tanto di nuovi proprietari da espropriare, quanto di metri quadrati. Come a dire che, in certi casi, i pezzi di terra da portar via in dieci anni sono aumentati. Daniele Ielacqua del comitato No Ponte, che oggi si riunirà per un’assemblea pubblica in attesa dell’arrivo – il 18 e 19 marzo – dell’ad della Stretto di Messina spa Pietro Ciucci, ci racconta quello che gli accadrà personalmente. «A causa dei lavori per questa infrastruttura – dice – dovrà essere demolito l’atrio della mia casa, come entreremo?». E non è vero che l’erba del vicino è sempre più verde. Per il dirimpettaio di Ielacqua, infatti, «la particella da espropriare coincide col suo salotto».
PRONTE LE DIFFIDE
Sono un centinaio le diffide già pronte a partire contro la Stretto di Messina spa. «L’opposizione legale c’è e ci sarà – chiosa ancora Daniele Ielacqua -, I nostri avvocati hanno già pronte le lettere da inviare alla società amministrata da Ciucci che nei prossimi giorni ha intenzione di parlare alla cittadinanza, sia qui in Sicilia sia in Calabria. Cos’ha da dirci? Oggi intanto – prosegue il membro del comitato No Ponte -, nel corso dell’assemblea, distribuiremo un kit di resistenza al ponte: dobbiamo informare tutti i privati cittadini coinvolti e direttamente interessati sui modi attraverso cui tutelarsi e salvaguardare i propri beni».
Dall’altra parte però la Stretto di Messina avrebbe già messo in moto convenzioni e accordi con le associazioni di categoria, come quella dei piccoli proprietari. «La società – continua Ielacqua – ha intenzione di offrirci accordi bonari, magari anche indennizzi anticipati, ma noi non ci abbasseremo ad accettare tutto questo. Ci sono di mezzo i nostri diritti».
Più sereno si mostra al contrario Pietro Idone del Wwf Calabria nonché attivista della rete No ponte: «Non c’è bisogno di allarmarsi per gli espropri. Quest’opera presenta le stesse criticità del 2011, le stesse per cui non venne allora costruita. Non si farà».
Nel frattempo tra la documentazione disponibile sul sito del ministero dell’Ambiente anche la comunicazione di avvio della procedura di impatto ambientale integrata con la procedura di valutazione di incidenza e della verifica del piano di utilizzo delle rocce da scavo. Anche in tal caso è possibile effettuare osservazioni. Buono a sapersi.
(da editorialedomani.it)
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Marzo 17th, 2024 Riccardo Fucile
OVVIAMENTE MANDATI NEI PORTI PIU’ LONTANI DAI CATTOLICISSIMI GOVERNANTI ITALIACI, COSI’ SOFFRONO ANCORA QUALCHE GIORNO
Nella notte la Geo Barents, la nave di ricerca e soccorso di Medici Senza Frontiere, ha soccorso 75 persone, tra cui donne e bambini nel Meditteraneo. Viaggiavano su una barca in vetroresina sovraffollata che si è rovesciata. Circa 45 persone sono cadute in acqua. “Ora sono tutti e tutte in salvo e si stanno riprendendo a bordo – fa sapere la ong – Alcuni sono deboli e sotto shock”.
Si tratta della terza operazione di salvataggio portata a termine da Geo Barents. Ieri mattina Geo Barents aveva fatto un primo soccorso, salvando 28 persone. Poco dopo la nave di Msf si era diretta verso una seconda imbarcazione, che aveva 143 persone a bordo. In questo secondo caso ci sono state due ore di tensione con la Guardia costiera libica. Adesso a bordo della nave Ong ci sono in tutto 246 persone.
Alle 22.00 di ieri sera, 16 marzo, la Life Support ha concluso le operazioni di soccorso di un’imbarcazione in difficoltà nella zona SAR maltese. A bordo erano presenti 71 persone alla deriva nel Mediterraneo centrale, adesso tutte a bordo della Life Support.
“Abbiamo ricevuto ieri pomeriggio una segnalazione di Alarm Phone di una barca in difficoltà a circa 30 miglia di distanza da noi – ha dichiarato Domenico Pugliese, comandante della Life Support di Emergency -. A causa del buio abbiamo impiegato circa tre ore per individuarla e a raggiungerla. Abbiamo subito iniziato le operazioni di soccorso e portato a bordo della Life Support 71 persone, che sono state condotte nell’area coperta della nave dove lo staff medico ha iniziato le visite”.
I naufraghi erano partiti dalla città libica di Tajura, a una dozzina di chilometri da Tripoli, alle 22 di venerdì 15 marzo; avevano già passato quindi 24 ore in mare su un’imbarcazione di legno con motore non funzionante e pericolosamente sbilanciata da un lato. “Le persone navigavano su un’imbarcazione di legno bianca con motore non funzionante, e che era pericolosamente sbilanciata da un lato – racconta Jonathan Naní La Terra, SAR Team Leader -. Non appena abbiamo avvistato l’imbarcazione abbiamo subito messo in acqua il gommone con il team di soccorritori, abbiamo stabilizzato con i giubbotti salvagente, e messo in sicurezza i naufraghi”. I naufraghi sono originari del Bangladesh, dell’Egitto e dell’Eritrea, tutti – come specifica la nota di Emergency – paesi colpiti da instabilità politica ed economica e povertà. Tra loro ci sono una donna e tre minori, di cui due non accompagnati.
“Ci stiamo prendendo cura dei naufraghi dal punto di vista sanitario – ha commentato Paola Tagliabue, dottoressa a bordo della Life Support -. Al momento non ci sono urgenze mediche; abbiamo già individuato dei casi di disidratazione e persone con lesioni cutanee”.
Dopo il soccorso la Life Support ha ricevuto segnalazione di un’altra imbarcazione da parte del MRCC (Maritime Rescue Coordination Centre) italiano. Nonostante l’imbarcazione fosse segnalata a poche miglia di distanza, la ricerca ha avuto esito negativo. La Life Support ha chiesto di poter prolungare le ricerche ricevendo risposta negativa e l’indicazione di procedere verso il POS (place of safety) assegnato, Ravenna, a quattro giorni di navigazione.
“Stiamo navigando verso il posto sicuro assegnatoci dalle autorità, il porto di Ravenna, che dista quattro giorni di navigazione dal luogo in cui abbiamo effettuato il soccorso. Un porto molto lontano che obbliga persone già provate a seguito di un lungo viaggio, in condizioni difficili, a trascorrere altri giorni in mare, anziché essere sbarcate il prima possibile”, conclude Naní La Terra. La nave di Emergency effettua missioni nel Mediterraneo centrale, la rotta migratoria più pericolosa al mondo, dal dicembre 2022. In diciassette missioni, ha salvato 1.342 persone.
(da Fanpage)
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Marzo 17th, 2024 Riccardo Fucile
ASSURDO APPLICARE IL CODICE ANTIMAFIA CONTRO CHI MANIFESTA
“La repressione che gli attivisti ambientali stanno affrontando oggi in Europa è una grave minaccia per la democrazia e i diritti umani”. Parola di Michel Forst, relatore speciale Onu per i difensori dell’ambiente, che nelle scorse settimane ha strigliato l’Italia e gli altri paesi europei per la criminalizzazione dei movimenti ambientalisti. Una critica messa nera su bianco nel primo rapporto sulla condizione dei difensori ambientali pubblicato a febbraio dal rappresentante delle Nazioni Unite e che è il frutto di oltre un anno di visite e raccolte di testimonianze in tutta Europa, Italia compresa.
“In molti Paesi la risposta dello Stato alle proteste pacifiche per l’ambiente è sempre più spesso quella di reprimere, piuttosto che proteggere coloro che cercano di parlare in difesa dell’ambiente – si legge nel report – e in molti contesti, oltre a una risposta sproporzionata alla disobbedienza civile pacifica, c’è una preoccupante tendenza a restringere il campo della protesta legale. I difensori dell’ambiente non solo sono sempre più minacciati, ma sono anche sempre più limitati nelle loro forme di azione”. Un processo che, secondo il relatore speciale Onu, ha origine nella costruzione di una “narrazione negativa” nei confronti di questi movimenti. In diversi paesi come Austria, Francia, Germania, Spagna, Svezia e Regno Unito, politici e ministri hanno descritto i movimenti ambientalisti come minacce alla democrazia o come ecoterroristi. “In molti stati – si legge nel rapporto – sembra essere diventato accettabile paragonare le proteste, come i blocchi stradali o l’occupazione di un cantiere edile, alla criminalità organizzata, al terrorismo, alla violenza e all’uccisione di civili”. E così facendo, si legittima il passaggio alla seconda fase della criminalizzazione, quella “politico-giudiziaria”.
Uno dei primi esempi citati nel rapporto riguarda l’Italia. “La cosiddetta legge sugli ‘ecovandali’ adottata nel gennaio 2024, ha introdotto nuove disposizioni contro gli atti vandalici con sanzioni che vanno da uno a cinque anni di reclusione e multe fino a 10mila euro” denuncia il relatore Onu specificando che “la legge prevede anche la reclusione fino a sei mesi o una multa da 300 a 1000 euro per chi ha provocato danni superficiali, non solo alle opere d’arte, ma anche al materiale utilizzato per la loro esposizione o protezione”. Che cosa significa? “Un attivista ambientale potrebbe essere incarcerato fino a sei mesi per aver spruzzato vernice lavabile sulla base di una statua o su una copertura di vetro o sulla cornice attorno a un dipinto”. Ma non ci si ferma qui. Il rapporto avverte che in Italia (e in Francia) “diversi attivisti che hanno partecipato a proteste pacifiche hanno ricevuto dei divieti di dimora dalle città dove vivono, studiano o lavorano”. Tra questi ci sono diversi membri di Ultima Generazione che nell’ultimo anno hanno subito diversi provvedimenti di questo tipo. Ma c’è anche un’altra specificità italiana che viene descritta nel rapporto: “qui le autorità stanno usando sempre di più alcune misure del cosiddetto Codice Antimafia per emettere ordini restrittivi nei confronti di a manifestanti pacifici”.
Se si allarga lo sguardo agli altri paesi europei, la situazione non sembra essere molto diversa. La tendenza all’inasprimento delle leggi rimane uguale, cambiano solo gli strumenti. Nel Regno Unito, il “Police, Crime, Sentencing and Courts Act” dal 2022 consente alla polizia di limitare e persino vietare le assemblee pubbliche “rumorose” o “disturbanti”. E nel 2023 è stato introdotto il reato di “locking on” cioè attaccarsi ad un’altra persona, a un oggetto o a un edificio o anche solo “essere preparati per compiere tali atti”. Non mancano poi gli esempi di criminalizzazione nei confronti di specifici gruppi. Nel giugno 2023 in Francia il governo ha provato a sciogliere con un decreto il movimento ambientalista “Soulèvements de la Terre”. Ma soltanto tre mesi più tardi il Consiglio di Stato lo ha annullato, e il movimento è tornato a essere riconosciuto. “L’attuale tendenza alla repressione delle proteste ambientali pacifiche è l’opposto di ciò che gli Stati dovrebbero fare – conclude il rapporto – invece di criminalizzare i difensori ambientali, i governi dovrebbero affrontare le cause profonde della loro mobilitazione”. A partire dagli impegni presi durante i vertici internazionali sul clima per ridurre il riscaldamento globale e per diminuire l’inquinamento dell’aria.
(da ilfattoquotidiano.it)
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Marzo 17th, 2024 Riccardo Fucile
ALMENO 47 FERMATI, IN MIGLIAIA HANNO ADERITO ALL’INIZIATIVA LANCIATA DALLA MOGLIE DI NAVALNY
I margini di opposizione al regime di Vladimir Putin, in Russia come all’estero, sono sottili e spesso pericolosi. In questi giorni di elezioni presidenziali, il cui esito è scontato, la moglie di Alexei Navalny, il dissidente morto in circostanze da appurare mentre stava scontando una condanna a 19 anni in una colonia penale, ha rilanciato un’iniziativa che il dissidente russo aveva abbracciato alcuni mesi prima di morire.
E non è stata l’unica, come lei fuori e dentro la Russia molti oppositori hanno chiesto agli elettori di presentarsi in massa alle urne alle 12 dell’ultimo giorno di votazioni, domenica 17 marzo.
Un modo per manifestare pacificamente il proprio dissenso, un modo per contarsi. «Polden protiv Putina», “mezzogiorno contro Putin”, così è stato ribattezzato.
E proprio in queste ore, nelle regioni della Federazione ma anche nei seggi all’estero, in Europa e non solo, centinaia di cittadini russi si sono recati alle urne.
Non solo per votare, ma per mettersi in fila, per condividere l’attesa al seggio: da Mosca a San Pietroburgo, da Astana, a Praga, a Erevan. E ancora a Berlino, a Istanbul, a Sofia, fuori dalle ambasciate.
Secondo l’organizzazione non governativa Ovd-Info, almeno 47 persone sono state fermate in tutto il Paese, 7 a Mosca, 5 a San Pietroburgo e 23 a Kazan. «Nelle regioni di Sverdlovsk, Togliatti, Chelyabinsk e Mosca», scrive aggiungendo un cuore su Twitter l’ex portavoce di Navalny Kira Yarmysh, pubblicando alcune foto delle file ai seggi.
Durante le operazioni di voto in Moldavia, a Chisinau, una persona ha lanciato due bottiglie incendiarie nel cortile dell’ambasciata che ospita il seggio. «L’aggressore è stato arrestato dalle forze dell’ordine», ha detto all’agenzia di stampa Tass il portavoce della missione diplomatica, Anatoly Loshakov.
(da agenzie)
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