Marzo 29th, 2024 Riccardo Fucile
NON AVEVAMO DUBBI, PER QUELLO NOI TIFIAMO SEMPRE PERCHE’ SI PRESENTI OVUNQUE
Il Carroccio sarebbe l’unico partito a perdere consensi se il suo leader decidesse di candidarsi, secondo i dati di Alessandra Ghisleri. Ben diverso lo scenario per Fratelli d’Italia e Forza Italia
Mancano due mesi e dieci giorni alle elezioni europee.
Quaranta giorni prima dell’apertura dei seggi, i partiti dovranno depositare le liste dei candidati: solo allora si saprà se i leader delle forze politiche italiane correranno in prima persona.
Stando ai sondaggi, sembrerebbe che lo schieramento come capolista dei segretari di partito avrebbe un effetto traino sulle percentuali di voto. Eccetto in un caso.
La candidatura di Matteo Salvini, riporta Euromedia Research per Porta a Porta, comporterebbe una flessione del consenso della Lega del -0,1%: dall’8.8% all’8,7%.
L’incremento maggiore di schede, invece, lo avrebbe Fratelli d’Italia, qualora Giorgia Meloni risultasse il primo nome in lista: +0,4%, dal 27,5% al 27,9%.
Gioverebbe alle preferenze di Partito democratico e Forza Italia anche la presenza dei segretari Elly Schlein e Antonio Tajani: +0,2% per i Dem, che salirebbero nei consensi dal 19,3% al 19,5%, +0,3% per gli azzurri, che passerebbero dall’8,0% all’8,3%.
Sia la lista di scopo centrista Stati Uniti d’Europa sia Azione guadagnerebbero, con i propri leader schierati, un +0,1%, salendo rispettivamente dal 4,7% al 4,8% i renziani con Emma Bonino e dal 4,0% al 4,1% il gruppo di Carlo Calenda. Infine, la presenza di Giuseppe Conte nella lista del Movimento 5 stelle non causerebbe nessuna variazione: i grillini, con o senza presidente, restano stabili al 17,5%.
(da agenzie)
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Marzo 29th, 2024 Riccardo Fucile
MATTIA FELTRI, DIRETTORE DE “LA STAMPA” : “CREDO DI AVERNE RICEVUTE PIÙ O MENO CENTOTRENTA, ZERO CONDANNE, UN PATTEGGIAMENTO. NON SO QUANTE DECINE DI MIGLIAIA DI EURO SONO COSTATO IN SPESE LEGALI AI MIEI EDITORI, PER NON AVERE MAI DIFFAMATO NESSUNO”
Nel caso della querela mossa da Giorgia Meloni a Luciano Canfora, vorrei dire, in generale, che di querele non se ne può più.
Nella mia vita credo di averne ricevute più o meno centotrenta, zero condanne, un patteggiamento. Non so nemmeno quante decine di migliaia di euro sono costato in spese legali ai miei editori, per non avere mai diffamato nessuno.
La novità di questi tempi (oltre alla premier assistita dall’avvocato del clan, Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia, il che aggiunge alla commedia elementi di surrealismo) sono le querele fra giornalisti.
Passiamo le giornate a discutere e scrivere dell’avvilente record europeo di querele ricevute dai giornalisti italiani, e poi ci trasciniamo in tribunale a vicenda, contribuendo peraltro alla paralisi della giustizia .§
Nell’era della suscettibilità, le querele altrui sono un attentato alla libertà di stampa, le nostre legittima difesa. Sopportare un insulto è molto meno faticoso che avviare una causa. Ma poi ognuno di noi dovrebbe prendere più alla leggera la questione del proprio onore ma non alla leggera al punto da affidarne le sorti a un tribunale. Quel poco di onore davvero poco vale, se lo si mette nelle mani di un giudice, al rischio sentenzi che in realtà non vale nulla.
Mattia Feltri
per “La Stampa”
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Marzo 29th, 2024 Riccardo Fucile
MA NON AVEVA DETTO DI ESSERE A CARICARE LA MACCHINA? I DETTAGLI SULLA PERIZIA BALISTICA IN DISCORDANZA CON LE VERSIONI DEI TESTIMONI E LE DOMANDE ANCORA SENZA RISPOSTA… POZZOLO NEGA DI AVER SPARATO E ACCUSA IL CAPOSCORTA DI DELMASTRO, PABLITO MORELLO, SENZA NOMINARLO
Tre giorni dopo il deposito della perizia balistica ordinata dalla procura di Biella sullo sparo di Capodanno, restano irrisolti alcuni piccoli enigmi sul veglione di Rosazza organizzato dal sottosegretario alla giustizia Andrea Delmastro, e rovinato dall’esplosione di un colpo partito dal revolver di Emanuele Pozzolo, deputato (sospeso) di Fratelli d’Italia
La prima domanda che rimane senza risposta è: quante persone hanno toccato l’arma? Le versioni dei testimoni, che la consulente balistica Raffaella Sorropago ha confrontato con gli esiti delle prove di sparo e le analisi della pistola e delle tracce, sono leggermente discordanti.
Uno dei due testi che accusa Pozzolo di avere sparato – oltre al ferito, Luca Campana – ovvero il capo scorta di Delmastro, Pablito Morello, la terza volta che viene sentito, il 4 gennaio, dichiara: «La pistola l’hanno toccata solo Pozzolo, io e mio figlio Maverick per metterla in sicurezza sopra una mensola». Affermazioni che, per il perito, «non possono essere né confermate né smentite » anche per via « dell’assenza di residui di sparo sulla mensola».
Ma la figlia di Morello, Valentina, compagna di Campana, sentita il primo gennaio, ai carabinieri dice: «All’una e un quarto circa un uomo che non conosco ha estratto una pistola. L’ha appoggiata su un tavolo, attirando l’attenzione di una decina di persone che si trovavano accanto a lui. Queste dieci persone hanno iniziato a maneggiare l’arma, sempre alla presenza del proprietario » .
Chi sono quelle dieci persone? Non chiaro. Quattro giorni dopo però, la teste rende una versione un po’ diversa: «Le luci erano soffuse, la stanza era un po’ buia. Non so dire con precisione chi facesse parte di questo gruppetto, perché si alternavano diverse persone e non ho prestato particolare attenzione » .
Ma sul fatto che ci fosse “un gruppetto” di persone, e non solo Pozzolo, vicino a quel tavolo, è confermato dallo stesso Campana, che in procura il 4 gennaio racconta: «C’erano Morello, Zappalà, Pozzolo e Delmastro che parlavano e facevano gruppo nelle adiacenze del tavolo vicino alla porta della cucina. Io ero dalla parte opposta della sala. Incuriosito da quella aggregazione, ho deciso di avvicinarmi a loro. Non so di cosa stessero parlando. Mentre mi avvicinavo, notavo Delmastro e Zappalà andarsene. Quando sono arrivato, eravamo solo io, mio suocero Morello e Pozzolo. In quel preciso istante e senza una motivazione specifica Pozzolo ha estratto dalla tasca destra una pistola. Nel momento in cui ha estratto la pistola, Delmastro era già lontano di circa 3 metri. Non aveva il cappotto, ricordo che avesse una camicia chiara » .
Viene spontaneo chiedersi: chi maneggiava la pistola intorno al tavolo? Non solo.
Si apre un altro piccolo mistero non rilevante per chi indaga, ma che è stato al centro del dibattito politico. Dove si trova Delmastro quando compare l’arma nel salone? Campana parla di circa tre metri. Ma Pablito Morello, il 4 gennaio, sentito per la terza volta, dice: « A un certo punto io ero più o meno in mezzo alla sala con Zani, Campana e forse Zappalà. Delmastro era fuori dalla stanza. Ho notato Pozzolo che estraeva la pistola dalla tasca » .
Delmastro inizialmente aveva detto di trovarsi a circa 300 metri di distanza dalla sede della pro loco, a caricare la macchina nella strada sottostante. In una seconda occasione aveva precisato di essersi fermato a fumare una sigaretta fuori dalla sede, dopo essere tornato su.
(da La Stampa)
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Marzo 29th, 2024 Riccardo Fucile
“SE ELETTA PREVALE IL DIRITTO EUROPEO E L’UNGHERIA DEVE LIBERARLA”
Francesco Clementi è professore di Diritto pubblico italiano e comparato all’Università La Sapienza di Roma e direttore del master in Scienze elettorali e del governo nel medesimo ateneo
La candidatura di Ilaria Salis, dal punto di vista normativo, è possibile poiché si trova in regime di detenzione cautelare e senza alcuna condanna. Il giorno dopo un’eventuale elezione, cosa potrebbe succedere?
«Andiamo con ordine, anche per fare capire bene il quadro. Il primo punto dal quale partire è che non vi è ancora – proprio per la storica resistenza di molti Paesi membri, Italia compresa – un’unica normativa elettorale uniforme per le elezioni europee in tutti i Paesi dell’Unione. Vi sono naturalmente dei principi generali comuni, ma l’intera disciplina per eleggere i deputati al Parlamento europeo è ancora nella pressoché totale discrezionalità di ciascun Paese membro. Conseguentemente, ed è il secondo punto, ai sensi della legislazione italiana, Ilaria Salis è candidabile. Per cui, laddove eletta, ai sensi dell’articolo 7 del Protocollo 7 “Sui privilegi e sulle immunità dell’Unione europea”, in quanto parlamentare europea, nell’esercizio delle sue funzioni godrebbe di piena libertà di movimento nonché evidentemente, ai sensi dell’art. 8 dello stesso Protocollo, di una totale libertà di esprimere opinioni e di votare nel Parlamento europeo».
Questo varrebbe anche se, al momento dell’elezione, si trovasse in un territorio diverso dall’Italia?
«Se divenisse parlamentare europea, questo non soltanto le consentirebbe di godere delle immunità che l’ordinamento italiano riconosce ai parlamentari italiani, ma anche evidentemente di essere esente, ai sensi dell’art. 9 del medesimo Protocollo che le ho citato, da ogni provvedimento di detenzione o sottoposizione a procedimento giudiziario in un altro Stato membro differente dall’Italia. Tuttavia questa immunità, va ricordato, non è assoluta, senza limiti».
Quali limiti?
«Essa non può essere invocata di fronte a un caso di flagranza di delitto, oltre che, naturalmente, di fronte ad una revoca formale che può essere esercitata dallo stesso Parlamento europeo nei confronti di un parlamentare».
Guardando ai precedenti, il caso più noto in Italia relativo a un candidato in stato di detenzione è quello del giornalista Enzo Tortora. Nelle ultime Europee, invece, ha fatto giurisprudenza l’elezione dell’indipendentista catalano Oriol Junqueras i Vies, al quale però non è stato consentito di raggiungere il Parlamento europeo. Vede delle analogie tra queste due vicende e un eventuale elezione di Salis?
«Mi sembrano situazioni ben diverse, a partire da quella di Tortora che è un’altra cosa. Infatti Tortora, pur non avendo fatto alcun atto che potesse consentire di immaginare una violazione dell’ordinamento, non solo è stato arrestato ma poi, pur eletto al Parlamento europeo dal Partito radicale, ebbe addirittura il coraggio di rinunciare all’immunità da parlamentare, restando agli arresti domiciliari, per dimostrare la sua completa fiducia nella giustizia, finendo per essere, tre anni dopo il suo arresto, poi assolto con formula piena. Un errore della giustizia pesante come un macigno, gestito però dall’imputato Tortora – me lo faccia dire – come un cittadino al di sopra di ogni sospetto. Insomma, un vero esempio di virtù civica nella malagiustizia che ha subito».
«Nel caso invece dell’indipendentista catalano Oriol Junqueras i Vies o di Ilaria Salis ci troviamo in una situazione completamente diversa. Si tratta di due figure che, sia pur in una dimensione politica di scala molto diversa e con forti differenze di modi e forme di comportamento, hanno comunque dato vita ad attività che hanno segnato i loro comportamenti rispetto a due distinti ordinamenti europei».
Supponendo che Salis venga candidata e poi eletta, ci troveremmo in uno stallo giuridico tripolare: regime giudiziario ungherese, sistema elettorale italiano e normativa europea. A quale organo spetterebbe sciogliere le controversie? E ancora, se la magistratura ungherese condannasse in maniera definitiva Salis – sempre ragionando nel campo ipotetico di una sua candidatura ed elezione -, a quel punto cesserebbe la sua immunità e decadrebbe dal ruolo di eurodeputata?
«In realtà non ci troveremmo di fronte a uno stallo: se eletta varrebbe il regime europeo, rispetto al quale immagino – a maggior ragione se di fronte d una condanna da parte ungherese – le medesime autorità ungheresi potrebbero presentare un ricorso. Ma spetterebbe sempre al Parlamento europeo accettare o respingere la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti dell’eventuale eurodeputata Salis. In caso di condanna definitiva l’immunità comunque non decadrebbe automaticamente: serve sempre una pronuncia del Parlamento europeo. Ribadisco, la gestione dell’immunità di un parlamentare dipende soltanto dall’Europarlamento, che è l’unico organo competente. Togliere l’immunità a uno dei suoi membri e un potere proprio ed esclusivo del Parlamento europeo».
Se l’Ungheria decidesse di non liberarla anche dopo un’eventuale elezione, cosa accadrebbe?
«Non è possibile. Non ci sono alternative. Se eletta al Parlamento europeo, la normativa impone all’Ungheria il rispetto dello Stato di diritto europeo e, dunque, la sua liberazione in quanto europarlamentare».
Qual è il principio fondativo dell’istituto dell’immunità parlamentare? Avrebbe attinenza con la situazione di Salis?
«L’immunità parlamentare è una garanzia di libertà riconosciuta, nell’esercizio delle loro funzioni, ai parlamentari sia italiani che europei, con l’obiettivo di proteggere le Assemblee rappresentative, i Parlamenti insomma, e le loro funzioni. Sono quindi delle garanzie, sostanziali e procedurali che, tutelando giuridicamente l’eletto, tutelano anzitutto la democrazia rappresentativa.
(da Open)
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Marzo 29th, 2024 Riccardo Fucile
“AI MIEI STUDENTI SPIEGO CHE LA DEMOCRAZIA E’ ARRIVATA PERCHE’ CI SIAMO OPPOSTI AL NAZISMO”
Stanno facendo discutere sui social le parole del docente ed editorialista di Domani, Christian Raimo che, ospite da David Parenzo a L’aria che tira, su La7, ha espresso la sua sul caso di Ilaria Salis. Raimo è partito citando il caso di Sacco e Vanzetti, italiani condannati a morte quasi cento anni fa negli Stati Uniti per un omicidio mai commesso. «A un certo punto loro cambiano sistema di difesa. “Abbiamo sbagliato a non politicizzare la vicenda” e così iniziano a politicizzare la vicenda», ha dichiarato Raimo. «Qua c’è un’antifascista, una collega, perché insegna, che va in Europa, che è casa nostra a picchiare dei neonazisti», ha aggiunto. «Cosa bisogna fare con i neonazisti? Per me bisogna picchiarli, ha fatto bene». Cala il gelo in studio. Perfino la deputata Pd Laura Boldrini precisa: «Lei però non li ha picchiati». Parenzo insiste e chiede a Raimo: «È una provocazione chiaramente….». «Non è una provocazione – spiega l’editorialista – Nel senso lo insegno a scuola». Il brusio in studio aumenta. «Allora, io non insegno ai miei studenti a picchiare i neonazisti – precisa – io insegno ai miei studenti che la democrazia è arrivata per il fatto che c’è stata un’opposizione seria di fronte al nazismo». «Ilaria Salis non stava picchiando un neonazista ma stava assistendo stava assistendo auna manifestazione in cui in qualche modo si contrastava…».
(da agenzie)
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Marzo 29th, 2024 Riccardo Fucile
UN ALTRO ANNO IN CELLA POI SI PUNTA ALL’ESPULSIONE… IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA NON HA NEANCHE CONSEGNATO LE GARANZIE LOGISTICHE PER GLI ARRESTI DOMICILIARI IN ITALIA
C’è un suono che il Governo italiano dovrebbe tenere sempre bene a mente quando parla di Ilaria Salis: il rumore delle catene e del guinzaglio a cui era legata la docente. In quel tintinnare c’è infatti tutta l’ipocrisia di chi oggi dice: «Sbagliato politicizzare» (il ministro degli Esteri, Antonio Tajani) Ipocrisia perché — se n’è avuto contezza ieri — la libertà di Ilaria è una questione tutta politica.
È politica la scelta di portarla in aula in catene, nonostante tutte le polemiche, perché arriva direttamente dall’amministrazione giudiziaria, che dipende dal ministero della Giustizia.
È stata inoltre politica la scelta del ministero della Giustizia italiano di non depositare poche righe in cui si offrivano garanzie logistiche per gli arresti domiciliari: sarebbero forse bastate per convincere il giovane giudice Jozsef Sòs a non sostenere che Ilaria Salis non poteva scontare gli arresti a casa perché «pericolosa, visti i suoi precedenti penali in Italia e potenzialmente a rischio fuga».
Ed è soprattutto politico quello che accadrà da questo momento in poi. Seppur nascosto dietro il solito lessico istituzionale, la posizione del Governo è chiara: «Ci dispiace per le catene, ma decide l’Ungheria ». Tradotto: non faremo niente.
La parabola che la Farnesina immagina è questa: un processo che dovrebbe finire nella migliore delle ipotesi entro la fine del 2024. Salis verosimilmente sarà condannata. A condanna incassata si punta all’espulsione della ragazza, come la legge ungherese prevede, per scontare il resto della pena in Italia. Questo significa che Ilaria dovrebbe restare almeno un altro anno nelle prigioni ungheresi. E che tutto debba essere ancora lasciato al buon cuore di Orbán e alle regole di un sistema che, tra le altre cose, prevede per esempio che la detenzione domiciliare valga un quinto di quella in carcere: per assurdo, se condannata a 10 anni, la Salis dovrebbe trascorrere 50 anni ai domiciliari per espiare la pena.
Resta il percorso di questo anno, però: per esempio come per nove mesi il Governo italiano non abbia mosso un dito con l’amico Orbán; che l’ambasciata a Budapest abbia affidato il dossier a dei funzionari o che abbia ricevuto il padre di Ilaria soltanto dopo che Repubblica ha denunciato il caso. Non si tratta di “politicizzare”. Ma di raccontare la verità.
(da La Repubblica)
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Marzo 29th, 2024 Riccardo Fucile
L’IMBARAZZANTE SIPARIETTO TRA LA MELONA E MARIO GIORDANO, L’ALTRA SERA A “FUORI DAL CORO”: LA PREMIER CHE RIPETEVA “MARIO, MARIO, MARIO”, E SI CONGRATULAVA CON IL CONDUTTORE PER LE DOMANDE CHE NON LE ERANO STATE FATTE
Sarà il salotto della campagna elettorale per le elezioni europee. E per l’occasione scenderà in campo il peso massimo: Paolo Del Debbio. A partire dal mese di aprile, infatti, Mediaset ha deciso che Retequattro dovrà essere la vetrina in vista delle elezioni dell ’8 e 9 giugno. Affidando tutto al conduttore toscano che ha appena sfornato un nuovo libro (La forza delle idee) sulla storia del berlusconismo che contiene anche il testamento postumo del leader di Forza Italia.
Del Debbio raddoppierà: non solo continuerà a condurre Diritto e Rovescio il giovedì sera, ma per la campagna elettorale sostituirà anche Giuseppe Brindisi la domenica, sostituendo il suo Zona Bianca. Quest’ultimo continuerà a condurre Diario del Giorno, striscia quotidiana che era di Andrea Giambruno.
Per il momento Del Debbio dovrà condurre anche il talk della domenica sera per sole quattro settimane a partire dal 7 aprile ma, secondo fonti interne a Mediaset, è quasi scontato che la sua presenza sarà allungata a tutto il mese di maggio per la campagna elettorale delle elezioni europee.
D’altronde la domenica sera la concorrenza è spietata con Fabio Fazio sul Nove, e quindi a Pier Silvio Berlusconi serve una figura di peso che possa intervistare i principali leader politici durante la campagna elettorale.
Una mossa che viene considerata come un segnale per tirare la volata elettorale a Forza Italia e anche a Fratelli d’Italia: il partito di Giorgia Meloni considera l’informazione Mediaset troppo anti-governativa con i talk politici affidati quasi in toto a Bianca Berlinguer. E quindi il nuovo ruolo di Del Debbio, che ha un ottimo rapporto con la premier, piace a Palazzo Chigi.
Matteo Salvini ha un buon rapporto con il giornalista, ma in questo momento l’asse politico tra Fratelli d’Italia e Forza Italia sta coinvolgendo anche le reti Mediaset. Tutti i programmi di informazione del Biscione dedicano maggiore attenzione ai partiti di Meloni e Tajani piuttosto che a quello di Salvini.
Il ruolo di Rete 4 nella campagna elettorale è già iniziato mercoledì sera quando la premier Meloni è stata intervistata da Mario Giordano nel suo Fuori dal Coro. Un colloquio molto informale in cui la premier si è rivolta spesso con confidenza a Giordano (“Mario, Mario, Mario” ripetuto diverse volte). Niente domande politiche sulle divisioni nella maggioranza e nemmeno sul caso della ministra Daniela Santanchè. Un fatto che è stato apprezzato da Meloni.
Al termine dell ’intervista televisiva, infatti, Giordano si è rivolto così alla premier: “Ha visto che non le ho chiesto niente di Salvini, non le ho chiesto se si candida o no alla Europee, tanto non me lo dice, lo dirà quando è, non le ho chiesto nulla…”. Replica di Meloni: “Perché lei è una persona interessata ai problemi reali, Mario, e la ringrazio per farmi parlare dei problemi dei cittadini perché è abbastanza raro”.
(da il Fatto quotidiano)
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Marzo 29th, 2024 Riccardo Fucile
LE OMBRE SUL PROGETTO DEFINITIVO NELLA RELAZIONE DEL WWF
Il “parere” del comitato scientifico della Stretto di Messina SpA ha gettato notevoli ombre sulla qualità del progetto definitivo del ponte sullo Stretto, approvato a febbraio dalla stessa concessionaria pubblicata. Le tante rassicurazioni che vi hanno fatto seguito da parte dei proponenti dell’opera sono di fatto smentite da una lettura attenta del citato “parere”, realizzata dal Wwf insieme al Comitato “Invece del Ponte”.
L’ingegner Claudio Borri, membro del Comitato Scientifico, ha rilasciato negli scorsi giorni delle dichiarazioni in cui si attesta, in estrema sintesi, che: 1) è stata aggiornata con dati sempre più affidabili e parametri statistici sempre più precisi la banca dati relativa all’azione del vento; 2) il progetto definitivo prevede che l’impalcato e le torri del ponte siano dotate di smorzatori che attenuerebbero le possibili oscillazioni, dipendenti anche da mutamenti atmosferici straordinari; 3) le sfide del futuro esigono sempre un salto tecnologico, che implica uno sforzo immaginativo e applicativo.
Su quest’ultimo aspetto siamo perfettamente d’accordo: l’immaginazione contribuisce al progresso dell’umanità, ma quando si accettano sfide ingegneristiche di tale portata che coinvolgono la collettività, bisognerebbe dimostrarne anzitutto la fattibilità tecnica, oltre ogni ragionevole dubbio. Bisognerebbe spiegare, cioè, come sia possibile progettare e realizzare un ponte a doppio impalcato (stradale e ferroviario) ad unica campata di 3,3 km, in una delle aree del Mediterraneo a più elevato rischio per i terremoti e la turbolenza dei venti, quando il ponte fino ad oggi costruito con analoghe caratteristiche (Yavus Sultan Salim sul Bosforo) è lungo 1.408 metri. Il ponte sullo Stretto di Messina avrebbe una luce superiore al doppio, un salto tecnologico vertiginoso che non ha pari nella storia. Letteralmente in-credibile.
Passando, poi, alle rassicurazioni riguardo al comportamento dell’infrastruttura rispetto al vento, è il Parere del Comitato Scientifico della SdM SpA sulla relazione del progettista, cui lo stesso professor Borri ha contribuito, a chiedere a pagina 47 che siano svolte “analisi numeriche non lineari”, che consentano di determinare i “valori statici delle rotazioni e delle accelerazioni dell’impalcato soggetto a vento turbolento”, precisando a pag. 48 che tali analisi sono funzionali alla “verifica dinamica nel dominio del tempo sotto vento turbolento, considerando l’effettiva correlazione spazio-temporale della sollecitazione (velocità del vento) su impalcato, torri e cavi e quella di stabilità non lineare (…) sulle torri” ; evidentemente le analisi lineari svolte non sono adeguate.
Dulcis in fundo, sempre a pagina 48 si chiede che vengano approfondite “le analisi sperimentali le rielaborazioni numeriche relative alla stabilità dell’impalcato al variare dell’angolo di attacco del vento, viste anche le differenze tra i risultati delle prove effettuate dal Contraente Generale e dal Pmc (cioè da Eurolink) e dal Project Management Consultant (Parsons Transporting Group). Aggiungiamo che alle pagine 50 e 51 del Parere del CS di SdM SpA si dice che debbano essere verificati i problemi dei massimi livelli di vibrazioni eoliche di cavi e pendini e le specifiche di risposta (statica e dinamica) dell’impalcato al vento, anche turbolento.
Ma come, i problemi strutturali sulla deformabilità e alla percorribilità del ponte sottoposto ai venti impetuosi e turbolenti dello Stretto di Messina in oltre 20 anni di studi e progettazioni dovevano dare risultati univoci e dirimenti e ancora siamo a questo punto? Così si progetta e si vuole realizzare il ponte sospeso più lungo al mondo non avendo ancora risolto problemi ineludibili riguardo alle verifiche statiche e dinamiche dell’opera? È stata messa un’ipoteca a carico della collettività da 14,6 miliardi di euro (si vedano il DEF 2023 e l’analisi costi-benefici del progetto), coprendone solo 11,6 nella Legge di Bilancio 2024 per realizzare un’opera che, letteralmente, ad oggi non sappiamo se starà in piedi. A parte foraggiare senza limiti la progettazione del GC ci auguriamo davvero che si dicano parole di verità; quelle che finora non abbiamo sentito.
Stefano Lenzi, Ufficio relazioni istituzionali WWF Italia
(da ilfattoquotidiano.it)
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Marzo 29th, 2024 Riccardo Fucile
IL PROCURATORE DI NAPOLI AVEVA FATTO UN RIFERIMENTO PRECISO… IL GIORNALE PARLA DI QUALCUNO CHE “SI SBRONZA COME UN MARINAIO E TIRA SU COME UN ASPIRAPOLVERE”
Nei giorni scorsi il procuratore di Napoli Nicola Gratteri ha parlato dei test attitudinali per i magistrali che il governo e la maggioranza di centrodestra vogliono introdurre.
Lo ha fatto con evidente ironia: «Io sono pronto a sottopormi a qualsiasi test. Anzi, facciamoli a tutti, anche a chi ci governa. E mettiamoci pure alcol e droga».
E nell’intervista rilasciata al Tg1 ha aggiunto anche altro: «Una persona sotto l’effetto di stupefacenti può fare ragionamenti alterati o può essere ricattato se, ad esempio, è stato fotografato vicino a della cocaina».
Oggi La Verità di Maurizio Belpietro si chiede se per caso dietro le parole del procuratore non ci sia un riferimento preciso. Ovvero a un ministro ritratto «mentre si trovava nei dintorni della polvere bianca».
Antonio Rossitto scrive che le parole di Gratteri sembrano proprio sibilline. «Sono allenato a dire quello che penso», ha risposto durante l’intervista. Aggiungendo che si rivolgeva «a chi ha fatto questa legge». E quindi alla maggioranza.
Ma, si chiede il quotidiano, Gratteri ha visto qualcosa di persona personalmente? O magari un collega gli ha parlato proprio di uno scatto compromettente?
Comunque sia, potrebbe esserci qualche esponente della maggioranza ricattabile, sostiene il quotidiano.
«Si sbronza come un marinaio e tira su come un aspirapolvere», aggiunge. Per questo i ministri invece di introdurre test ai magistrati «dovrebbero pensare alle loro supposte debolezze.
(da agenzie)
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