Aprile 30th, 2024 Riccardo Fucile
IL CONSIGLIO DI STATO DICHIARA ILLEGITTIMA LA PROROGA AL 31 DICEMBRE 2024 DELLE CONCESSIONI BALNEARI DECISA DA “SOLO GIORGIA”, CHE AVEVA INVIATO A BRUXELLES UN DOSSIER SOSTENENDO CHE LE SPIAGGE LIBERE IN ITALIA SONO TANTE E LA “RISORSA NON È SCARSA”… LE AMMINISTRAZIONI DEVONO SUBITO METTERE AL BANDO LE CONCESSIONI
Le spiagge libere sono poche e le concessioni rinnovate fino al 2024 sono illegittime nonostante la norma voluta dalla maggioranza in Parlamento nella scorsa finanziaria. Il Consiglio di Stato smentisce il piano del governo Meloni, che aveva inviato a Bruxelles un dossier sostenendo che le spiagge in Italia sono tante e la “risorsa non è scarsa”: piano che nelle intenzioni di Palazzo Chigi avrebbe dovuto convincere i commissari di Bruxelles a non aprire la procedura di infrazione contro lo Stato italiano che non mette a bando le concessioni delle spiagge del Belpaese.
Ieri è stata depositata la sentenza che rigetta il ricorso del titolare di uno stabilimento balneare a Rimini per una intricata vicenda locale. Ma prendendo spunto da questa diatriba riminese i magistrati del Consiglio di Stato, nelle motivazioni, scrivono che il sostenere non vi sia scarsità di risorsa e che la concessione piccola non incide molto, è scorretto: “Si tratta di meri assunti, sforniti di prova, in quanto la risorsa è sicuramente scarsa, come questo Consiglio di Stato ha già chiarito nell’adunanza plenaria, e la presenza o l’assenza dell’interesse transfrontaliero non dipende certo dalla mera – peraltro solo affermata – limitata rilevanza della concessione economica”.
Lo stesso Consiglio di stato nella sentenza ribadisce quando già affermato da altre pronunce: e cioè che la legge del 2023 che proroga le concessioni balneari automaticamente fino al 31 dicembre 2024 “dovrebbe e deve essere essa stessa disapplicata”.
Il deputato di Alleanza verdi e sinistra, Angelo Bonelli, chiederà ai ministri competenti di riferire in aula: “La sentenza del Consiglio di Stato smentisce il lavoro di mappatura delle spiagge del governo Meloni che aveva allungato le spiagge italiane di 3 mila km portandole da 8.000 a 11.000, considerando pure aree commerciali e portuali, per non dire di scogliere vere e proprie e inaccessibili, solo per dimostrare che le spiagge italiane sono un bene disponibile.
La sentenza – aggiunge Bonelli – stabilisce non solo che è illegittimo prorogare le concessioni demaniali marittime ma ribadisce che le spiagge sono una risorsa scarsa contrariamente a quanto definito dalla mappatura del governo. Il gioco truffaldino è stato svelato anche da un tribunale. Il governo in virtù di questa impostazione avrebbe voluto perfino mandare in gara le ultime spiagge libere privatizzando le e cementificandole”.
(da La Repubblica)
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Aprile 30th, 2024 Riccardo Fucile
IN BASE ALLE NUOVE REGOLE, I PAESI IN PROCEDURA D’INFRAZIONE, COME SARÀ L’ITALIA, DOVRANNO CORREGGERE I SALDI DI BILANCIO DI ALMENO LO 0,5 DEL PIL ALL’ANNO: IL GOVERNO DOVRÀ TROVARE 10 MILIARDI
Il nuovo Patto di stabilità è stato approvato definitivamente. Ora manca solo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Ue, prevista per oggi. Il pacchetto è stato approvato dai Paesi Ue all’unanimità anche se solo uno dei tre testi la richiedeva: il regolamento sulla parte correttiva dei deficit. Solo il Belgio si è astenuto sul regolamento sulla parte preventiva del Patto, per il quale bastava la maggioranza qualificata.
L’Italia ha votato a favore dei tre testi. Ma martedì scorso al Parlamento europeo, fatta eccezione per tre voti italiani a favore, il M5s ha votato contro e gli altri si sono astenuti, compreso il Pd e gli eurodeputati dei partiti di governo: Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega
Il via libera formale è stato dato dal Consiglio Agricoltura riunito a Lussemburgo.
Le nuove regole prevedono che i Paesi Ue con un debito pubblico superiore al 60% del Pil dovranno presentare entro il 20 settembre dei piani di riduzione in 4 anni che possono essere estesi a 7 in cambio di riforme e investimenti. I piani saranno nazionali e il parametro di riferimento sarà la spesa primaria netta (la spesa pubblica esclusa quella per interessi, per la disoccupazione e le spese finanziate da sovvenzioni Ue).
Il 19 giugno, dopo le Europee, la Commissione Ue intende proporre al Consiglio di lanciare procedure per deficit eccessivo sulla base dei dati relativi al 2023 diffusi da Eurostat la settimana scorsa. Hanno registrato un deficit sul Pil superiore al 3% (la soglia massima ammessa) 11 Paesi Ue, tra cui l’Italia che con il 7,4% ha il disavanzo più alto nell’Unione.
In base al nuovo Patto, se Roma sarà in procedura i saldi andranno corretti «almeno» dello 0,5% del Pil all’anno: circa 10 miliardi, potenzialmente con uno sconto di 2 per compensare l’aumento del costo da interessi, flessibilità che però vale solo dal 2025 al 2027. Il 19 giugno la Commissione presenterà il rapporto che esamina le ragioni del superamento della soglia del 3% nel rapporto deficit/Pil nel contesto del pacchetto di primavera.
Se ritiene che esista un deficit eccessivo in un Paese, propone al Consiglio di adottare delle «decisioni» in merito. Non è chiaro se avverrà lo stesso giorno: «Stiamo ancora riflettendo sul calendario», ha precisato una portavoce. La Commissione comunicherà agli Stati anche le «traiettorie di riferimento» per porre il debito su un percorso discendente.
(da agenzie)
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Aprile 30th, 2024 Riccardo Fucile
IL “DECRETO PRIMO MAGGIO” SI SGONFIA: L’UNA TANTUM DA 100 EURO (CHE POI SONO 60 EURO NETTI)PER I LAVORATORI CON REDDITO FINO A 28 MILA EURO NON SARÀ PAGATO A DICEMBRE, COME PROMESSO DALLA MELONI, MA SLITTA A GENNAIO 2025 … ANNUNCIATI SGRAVI PER LE ASSUNZIONI DI DONNE E GIOVANI. MA I SINDACATI DENUNCIANO IL “TRUCCHETTO” DEL GOVERNO: “SONO UNA RIEDIZIONE DI AIUTI GIÀ ESISTENTI”
Un mini pacchetto “Primo Maggio” infiocchettato con un bonus da 100 euro per i lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi, fino a 28 mila euro. Di più, Giorgia Meloni non riesce a fare. A un anno di distanza dal taglio di 7 punti del cuneo contributivo e dello stop al Reddito di cittadinanza, la premier “offre” un piatto povero ai leader di Cgil, Cisl e Uil ricevuti ieri a Palazzo Chigi.
Anche gli sgravi per le assunzioni di donne e giovani, inseriti nel decreto Coesione, sono una riedizione di aiuti già esistenti, solo in alcuni casi rafforzati. E infatti i sindacati annusano subito il “tranello”.
«Il nostro giudizio non è positivo perché si va avanti con bonus una tantum e defiscalizzazioni decise da tempo: quando abbiamo chiesto alla premier se conferma il taglio del cuneo per il 2025, ci ha risposto che non era la sede giusta per parlarne», tuona Francesca Re David (Cgil).
Va giù pesante anche il segretario generale della Uil Pierpaolo Bombardieri: «L’intervento sulle tredicesime è un bonus Befana e alla fine saranno 60 euro netti: un chilo di carne e di parmigiano e un litro d’olio».
La difficoltà più grande per la premier è la promessa confezionata a poco più di un mese dalle elezioni europee: il “bonus tredicesima”. Doveva arrivare stamattina sul tavolo del Consiglio dei ministri, ma ieri, dopo l’ennesimo pressing sui tecnici del Tesoro, si è dovuta arrendere all’evidenza di un bilancio 2024 che non riesce a garantire neppure 100 milioni, il costo dell’indennità una tantum che per questo arriverà solo con la prima busta paga dell’anno nuovo.
Cento euro extra pensati per un milione di famiglie monoreddito fino a 28 mila euro: lavoratore dipendente con coniuge e almeno un figlio entrambi a carico oppure «vedovi o ragazze madri». Meloni parla di «indennità», ma il viceministro dell’Economia Maurizio Leo la “corregge”: sarà un’una tantum «sotto forma di detrazione fiscale per 100 milioni di spesa». Niente tredicesima ricca, dunque.
Sul tavolo del Cdm anche il decreto legge Coesione, illustrato dal ministro Raffaele Fitto, per «rimettere in moto 43 miliardi di fondi europei», quelli per il 2021-2027, in totale 75 miliardi con il cofinanziamento nazionale. Rivela Fitto che fin qui «la spesa e gli impegni sono fermi a zero». Quindi bisogna correre, marciare «per obiettivi e tempi» scanditi, con bonus/malus per le Regioni.
Fitto poi annuncia che la “decontribuzione Sud” «finirà a giugno»: niente proroga per la misura in vigore dal 2021, di gran lunga la più utilizzata dalle imprese meridionali. Al suo posto, dice, «stiamo costruendo alternative ».
Tocca alla ministra del Lavoro Marina Calderone illustrare una riedizione dei bonus per giovani, donne e Sud già esistenti. In alcuni casi rafforzati per spingere assunzioni stabili di under 35 e donne di tutte le età o per favorire l’autoimprenditorialità.
(da “la Repubblica”)
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Aprile 30th, 2024 Riccardo Fucile
PER I GIOVANI L’IMPIEGO E’ CONSIDERATO SOLO COME UNA FONTE DI REDDITO. IL LAVORO IDEALE? PREVEDE ORARI FLESSIBILI E STABILITÀ
Il lavoro è solo all’ottavo posto nella scala di priorità degli under 35, a ari merito con la fedeltà. E viene considerato soprattutto una fonte di reddito, un diritto e un modo per affermare la propria dignità e indipendenza. Orari flessibili e stabilità sono gli elementi che qualificano l’occupazione ideale, mentre si teme di essere sfruttati e di non avere più tempo per sé stessi.
Sono alcuni dei tratti essenziali che caratterizzano la relazione tra i giovani e il lavoro, come emergono dal Report FragilItalia “I giovani e il lavoro”, elaborato da Area Studi Legacoop e Ipsos, in base ai risultati di un’analisi condotta su un campione rappresentativo della popolazione italiana dai 18 ai 34 anni
Lo studio evidenzia come il lavoro sia prioritario solo per il 32% degli intervistati, preceduto da rispetto (50%), onestà (44%), libertà (42%), amicizia (41%), sincerità (37%), senso della famiglia (36%) mentre la fedeltà è allo stesso livello (32%). Inoltre, nel loro sguardo al futuro, i giovani manifestano un’esigenza di sicurezza (30%), uguaglianza (29%), stabilità (26%), ecologia (23%), innovazione e giustizia sociale (21%) e indicano i maggiori problemi nella mancanza di prospettive per i giovani e di stabilità nel lavoro (32%), nella scarsa attenzione all’ambiente e al cambiamento climatico (29%) e nella mancanza di riconoscimento del merito (26%).
“È ormai risaputo – commenta Simone Gamberini, presidente di Legacoop – che dopo lo shock iniziale, l’esperienza del Covid ha spinto un po’ tutti a riflettere sulle priorità della propria vita. Valori, tempo e risorse, famiglia. Riteniamo che l’impresa cooperativa sia particolarmente allineata con molti degli aspetti più evolutivi che emergono anche da questo studio. Imprenditorialità ma democratica, partecipativa, orizzontale, mutualistica.
Sostenibilità non solo legata all’ambiente, ma alle persone, alle comunità, al valore progressivo della tecnologia”. Dall’indagine emerge che per gli under 35 il lavoro è in primo luogo una fonte di reddito (41%, con una punta del 49% per gli appartenenti al ceto medio), un diritto (39% in media, ma 45% nel ceto medio e 47% al Mezzogiorno) e un modo per affermare la propria indipendenza (38%, 42% nel ceto medio e 43% nel Mezzogiorno), la dignità alla persona (32%, con una punta del 38% al Sud) e che permette di costruirsi una posizione sociale (30%, 38% al Sud). Tra le preoccupazioni, il 40% (con una punta del 48% nel Mezzogiorno) indica il timore di essere sfruttato, il 28% di non avere più tempo per sé, il 24% gli orari di lavoro.
La forma di retribuzione preferita (30%) è quella che preveda una base fissa e una componente variabile legata ai risultati raggiunti. In seconda posizione (26%) lo stipendio fisso integrato da forme di welfare aziendale per la previdenza complementare e il sostegno alla famiglia. Inoltre, il 65% preferirebbe un lavoro di concetto (preferenza espressa dal 74% dei laureati), con orario a tempo pieno (64%, e 70% tra i laureati), ma con orario flessibile (62%, e 67% tra le donne), con possibilità di smart working (57%, e 65% tra i laureati).
(da agenzie)
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Aprile 30th, 2024 Riccardo Fucile
AL CHE IL MILITARE HA PROVATO A GIUSTIFICARSI: “LE MIE PAROLE SONO STATE TRAVISATE…”… IN SALA APPENA 50 PERSONE
«Mettere il nome “Generale” sulla scheda delle Europee? Perché no, ci sto pensando… Del resto quello dei Cinque Stelle (Dino Giarrusso, ndr) la volta scorsa fece scrivere “Iena”… Credo che anche “Generale” ci possa stare». Roberto Vannacci, per la sua prima uscita ufficiale da candidato «indipendente» della Lega, sceglie il museo della Casa del boia a Lucca, dove presenta il suo nuovo libro: «Il coraggio vince».
La bufera politica per le sue parole sulla necessità di costituire classi separate per i disabili a scuola si è tutt’altro che placata. La Lega è in subbuglio, FdI pure, in Forza Italia si dicono indignati. Ma il generale, invece di frenare, spinge ancora di più sull’acceleratore.
Giorgia Meloni, lanciando la sua candidatura in tutte le circoscrizioni, ha invitato i suoi sostenitori a scrivere «Giorgia» sulla scheda. Una mossa che ha destato clamore. E che ora pure Vannacci potrebbe declinare in versione militare: «Generale».
A Lucca, prima che la presentazione del libro inizi, un signore di passaggio in carrozzina gli chiede: «Perché ha detto quelle cose sui disabili?». Il generale, oggi sospeso dal ministero della Difesa come provvedimento disciplinare, si rimbocca le maniche e risponde: «Le mie parole sono state travisate. Lo dimostrano anche le numerose telefonate da parte di famiglie con figli disabili, che condividono il mio ragionamento» (come no, ci crediamo tutti…)
In sala ci sono circa 50 persone: poche rispetto al clamore di questi giorni. Ma in questa bassa partecipazione, a due passi da casa (Vannacci è di Viareggio), sembra esserci un preciso motivo politico: gli uomini del centrodestra sul territorio non fanno i salti di gioia per un candidato così ingombrante, e il tam tam per l’evento non c’è stato.
(da agenzie)
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Aprile 30th, 2024 Riccardo Fucile
SONO BAMBINI E BAMBINE, RAGAZZI E RAGAZZE MIGRANTI ARRIVATI IN EUROPA SENZA ADULTI DI RIFERIMENTO… SOLO IN ITALIA A SPARIRE SONO QUASI 23 MILA MINORI STRANIERI CHE SONO SPESSO PREDA DELLA MALAVITA O DI SFRUTTATORI
Più di 50 bambini e ragazzi al giorno scompaiono in tutta Europa dai centri di accoglienza per minori stranieri soli: in totale almeno 51.439 in tre anni. Sono bambini e bambine, ragazzi e ragazze migranti arrivati in Europa senza adulti di riferimento. Solo in Italia a sparire sono quasi 23 mila.
È quanto emerge dalla raccolta dati del gruppo di reporter “Lost in Europe” (lostineurope.org) dal 2021 al 2023 in 30 Paesi, 27 Ue più Regno Unito, Svizzera e Norvegia. L’Italia è prima con 22.899 allontanamenti in tre anni, 10.100 solo nel 2023. Al secondo posto l’Austria con oltre 20 mila minori scomparsi in totale. I minori che spariscono vengono principalmente da Afghanistan, Siria, Tunisia, Egitto e Marocco.
“I minori stranieri che si allontanano sono spesso preda della malavita o di sfruttatori -, spiega all’ANSA Carla Garlatti, garante nazionale dell’Infanzia -. In un centro per ragazze minorenni ci hanno raccontato di come ogni notte sparissero una o due giovani e del fatto che spesso ci fossero macchine appostate all’esterno con persone che offrivano lavoro alle ragazze”.
“Abbiamo un sistema migratorio ‘rotto’ che stiamo risanando col nuovo patto europeo Asilo e migrazioni -, dice a Lost in Europe Ylva Johansson, commissaria europea per gli Affari Interni -. Stiamo rafforzando la protezione dei bambini, in particolare dei minori non accompagnati, ma anche la registrazione”. I Paesi che hanno risposto alla richiesta dati di Lost in Europe sono stati 15. Mancano all’appello Paesi di primaria importanza come Spagna, Regno Unito, Francia, Grecia
“Penso all’Italia e alla tristezza di dover constatare che noi, che avremmo dovuto trascinare verso l’alto gli altri paesi Ue, non vediamo l’ora di farci riportare indietro”, dice all’ANSA la senatrice Pd Sandra Zampa che ha dato il nome alla legge 47/2017 sui minori stranieri non accompagnati (MSNA). “Quella legge è stata ‘assassinata’ dagli ultimi decreti governativi”, i cosiddetti Cutro 1 e 2. E il patto sulla migrazione europeo non prende nemmeno in considerazione la presenza di minori migranti.
Come se non esistessero”, chiosa Zampa. Lost in Europe ha condotto un’inchiesta analoga nel 2021 per gli anni dal 2018 al 2020: allora i minori stranieri non accompagnati scomparsi erano stati 18 mila in tre anni. “I governi nazionali e l’Ue hanno costantemente ristretto la possibilità dei minori di chiedere asilo, escludendoli dall’accesso a politiche sociali e supporto, spesso per scoraggiare altri a venire in Europa”, spiega Francesca Toscano, Save the Children Europe.
(da Ansa)
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Aprile 30th, 2024 Riccardo Fucile
IL POTERE ESECUTIVO È RIPARTITO FRA COMMISSIONE E CONSIGLIO, QUEST’ULTIMO RESPONSABILE DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA DIFESA. IL PARLAMENTO NON HA ALCUN POTERE SU CONSIGLIO EUROPEO E CONSIGLIO
In Europa, si avvicina il momento del voto per rinnovare il Parlamento europeo. Le elezioni europee sono di sicuro essenziali e imprescindibili per la vita dell’Unione. Ma dobbiamo anche pensare che si configurino in concreto come quelle nazionali e magari, che vadano collocate su un piano superiore? A ben vedere, la risposta non è affatto evidente Tre considerazioni base possono aiutare a orientarsi.
La prima è che il nostro voto di giugno definirà i rapporti di forza nell’emiciclo del Parlamento europeo, però non varrà a esprimere una vera e propria maggioranza di governo, nel senso classico che conosciamo in Italia e nei contesti democratici. Infatti, il concetto di «governo» Ue non è univoco. Le decisioni cruciali restano nelle mani degli Stati membri.
L’oggettiva guida politica di fondo ce l’ha il Consiglio europeo che riunisce i vertici dei rispettivi governi e che nello scorso quindicennio ha parecchio ampliato il suo spazio di azione. Il potere esecutivo, in senso stretto, è ripartito fra Commissione e Consiglio, quest’ultimo responsabile dei nevralgici settori degli affari esteri e della difesa. Il Parlamento non ha alcun potere su Consiglio europeo e Consiglio.
Viceversa, vigila sulla condotta della Commissione, può destituirla nel corso del mandato e ne approva la nomina iniziale, ma la sua composizione scaturisce dalle indicazioni dei vari governi nazionali. Non è, dunque, giustificato presumere che il futuro governo dell’Unione, le sue priorità politiche generali dipendano dal risultato elettorale. Con l’assemblea europea proseguirà il doveroso dialogo, ma le scelte risolutive continueranno a farsi altrove: di conseguenza, che sia più di centro, di destra o di sinistra non ha per nulla le stesse ovvie implicazioni che avrebbe al Senato e alla Camera in Italia.
La seconda considerazione riguarda l’attività legislativa Ue che è intensa e pervasiva, seppure caratterizzata da specificità emblematiche. Da un lato, ai parlamentari è negata la facoltà di proporre nuove normative, perché è attribuita solo alla Commissione. Dall’altro lato, è il Consiglio che adotta quelle nodali di maggiore sensibilità (come in tema di: circolazione delle persone, bilancio pluriennale Ue, fiscalità, tutela della concorrenza), con il Parlamento che resta in posizione ausiliare e per giunta, al Consiglio occorre un consenso all’unanimità che dà a ogni Stato un diritto di veto.
La terza considerazione completa la precedente: se si guarda agli atti legislativi Ue, in media, l’80% richiede il concorso paritetico di Parlamento e Consiglio. Le materie sono rilevanti (industria, agricoltura, economia, energia, lavoro, ambiente…) e coinvolgono la piena potestà dei deputati.
Le discussioni fra loro sono vivaci e lo sono altrettanto quelle tra le due istituzioni, tenute a cercare una convergenza. In genere, le soluzioni sul tavolo hanno una natura oltremodo tecnica: si va molto nel dettaglio, fra gli opposti stimoli delle lobby. Per essere influenti, è fondamentale avere una valida preparazione base, studiare i documenti, frequentare sedute e dibattiti: servono perizia, diligenza, pragmatismo e alla fin fine, gli a priori ideologici contano poco.
Alla luce di queste riflessioni, credo si comprenda che potrebbe essere fuorviante indirizzare il proprio voto per il Parlamento europeo, ragionando nei termini consueti, abituali in sede nazionale e locale, di una gara fra partiti che se vincono governano. Così facendo, si sfiora il rischio di limitarsi a intervenire in un mega sondaggio reale sugli equilibri domestici.
(da agenzie)
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Aprile 30th, 2024 Riccardo Fucile
ALLE PRESE CON MINISTRI, MANAGER RAI E CAPORALI DI GIORNATA
Il festone elettorale di Pescara, le grida di evviva, i baciamano a Giorgia, gli inginocchiati davanti a Giorgia, l’ottimismo delle auto blu, degli abiti blu, delle scorte con i lampeggianti, l’eccitazione del potere. Poi, però, tornati a Roma, rientrati a Palazzo Chigi, resta il tema — enorme — del «fuoco amico».
Di solito, da mesi, succede questo.
Giovanbattista Fazzolari spalanca la porta: «Gio’, hai visto che bordello?» (il potente sottosegretario è ruvido, pragmatico, fedele: la conosce da una vita ed è tra i pochi che può permettersi di parlarle così, e di entrare senza bussare). La sorella Arianna scrive un whatsapp: «Letto le agenzie? Che si fa?». Poi, puntuale, arriva Patrizia Scurti (segretaria e psicologa, ombra e ombrello): «Calma, Giorgia. Risolveremo anche questa».
Perché ogni giorno che manda il Cielo, sulla scrivania della premier Giorgia Meloni atterra un problema, una gaffe, una stupidata, un colpo di arroganza provocata, scatenata da una folla di personaggi maldestri, perfidi, modesti, tutti destrorsi, tutti diventati — grazie al successo politico di lei — deputati, sottosegretari, ministri, dirigenti pubblici, manager. Un’umanità spesso scioccamente ossequiosa, preoccupata di non deludere Giorgia e, quindi, un po’ fantozziani e un po’ caporali di giornata: molti legati dalla cameratesca amicizia dei tempi andati (per fare carriera e casini in Rai, ad esempio, è abbastanza fondamentale essere transitati nella catacomba romana di Colle Oppio, storica sezione del Msi) e altri scelti dal destino (a Giorgia è capitato come quasi cognato Francesco Lollobrigida, meraviglioso gaffeur), o in vacanza (con la ministra Santanchè, indagata, andava sulla spiaggia dorata del Twiga) oppure per prestigiose e stringenti ragioni di riconoscenza (Ignazio La Russa, con il suo rango e la sua esperienza, l’aiutò a fondare Fratelli d’Italia e così lei ora deve tenersi le polemiche che il presidente del Senato le scatena quando racconta della sua passione per i busti di Mussolini, o quando spiega che, nell’attentato di via Rasella, «i partigiani uccisero una banda musicale di semi-pensionati, e non di nazisti delle SS» — falso storico clamoroso, da bar).
Un mischione micidiale, al tempo dei social. Il pericolo più concreto nel cammino della premier verso le Europee. Ma lei sa tutto. Le conosce certe cronache psichedeliche, nel senso che alcune sembrano davvero un’allucinazione, inventate, e invece ci sono registrazioni, video, testimonianze. Ha troppo mestiere: intuì — subito — che non erano solo dei semplici inciampi.
Come quel pomeriggio, a Cutro, dopo l’affondamento del barcone. Con i cadaveri degli immigrati che ancora galleggiano nell’acqua, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi dice ai giornalisti: «La disperazione non può giustificare le condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei figli». Bufera. Frullatore. Così la premier decide: scendo in Calabria. Il progetto sarebbe di tenere una conferenza stampa per chiudere una ferita e invece si ritrova dentro una memorabile bolgia situazionista, con lei che — c’è tutto su YouTube — si guarda intorno basita. Ma dove sono capitata?
Era l’inizio.
Esistono, ormai, autentiche saghe. Strepitosa quella che ha come protagonista Gennaro Sangiuliano, il ministro della Cultura. Un giorno se ne esce dicendo che Dante era di destra (poi precisa, illustra: però, vabbé). La sera del premio Strega — «Ero un po’ stanco…» — dice in diretta tv che proverà a leggere i libri: il fatto è che li ha appena votati. Diventa leggenda. A soli 61 anni. Essendo già professore, giornalista, direttore, scrittore, e raccontando di avere una biblioteca con 15 mila volumi, 15 scritti da lui, ma senza un atlante. Perché, un’altra volta, annuncia che Times Square è un luogo iconico di Londra. Lapsus? Certo. Come quando proclama: «Basta fondi ai film di sinistra. La Rai deve produrre fiction sulla Fallaci e su Montanelli!». Solo che su Oriana ne è già stata prodotta una (nel 2015) e RaiPlay è piena di contenuti su Indro.
Titoli graffianti dei giornali, e poi Crozza, Luca&Paolo, Virginia Raffaele. Provate a immaginare lo sguardo della Meloni. Cosa pensa. E cosa non può dire del suo ministro. Fuoco amico: c’è di peggio? Sì: il fuoco di famiglia. Lollo, siamo arrivati a lui. Al compagno della sorella Arianna. Quello che un pomeriggio fa fermare un Frecciarossa. Alla Meloni devono ripeterlo due volte. «Esatto, Giò, hai capito bene: l’ha fatto fermare, ed è sceso». Una di quelle robe che fa infuriare l’opinione pubblica. Così sono costretti a raccontarci la storiella che chiunque, volendo, può fermare un Frecciarossa. Il ministro: «È un attacco a Giorgia!». Sì: il suo. E nemmeno il primo. Memorabile: «Da noi, spesso, i poveri mangiano meglio dei ricchi».
Giorgia, disperata, incarica Fazzolari: la comunicazione di Palazzo Chigi, e del partito, la gestisci tu. Poi, un’ora prima di partire per NY, dove parteciperà all’Assemblea generale dell’Onu, le passano una telefonata: «C’è in linea il presidente della Commissione dell’Unione Africana». Ma è uno scherzo. Dall’altra parte, due comici russi. «Chi è il cretino che m’ha esposto a una simile figuraccia?».
Numerosi osservatori avanzano un dubbio, forte: la Meloni è arrivata al suo grande appuntamento con la storia, prima donna alla guida del governo, e per di più proveniente da destra, con un establishment non all’altezza (eufemismo).
Sì, no, forse, può darsi. Di certo, i suoi due parlamentari più rampanti, e fidati, Andrea Delmastro e Giovanni Donzelli, sottosegretario alla Giustizia e vicepresidente del Copasir, finiscono in un tornado: sono accusati di aver diffuso informazioni riservate su presunti legami tra ambienti anarchici e criminalità organizzata. Delmastro, però, fa di più: entra pure dentro la storia di Capodanno, a Rosazza, nella locale Pro loco. Dove dalla pistola di un altro Fratello d’Italia, Emanuele Pozzolo, parte un colpo che ferisce una persona.
Guardate: servirebbero dieci pagine di giornale, per raccontarvi tutte le baruffe in cui è stata coinvolta la premier. Sugli appunti, c’è scritto: ricordarsi del caso Giambruno. Cioè di Andrea, il padre di sua figlia Ginevra. Ma qui basta che vi andiate a ricercare le immagini di Striscia: un fuori onda pieno di terribili frasi allusive e gesti, con lui, promosso in conduzione su Rete4 da Mediaset proprio quando lei stravince le elezioni, che fa il gallo in uno studio. Lo lascia, con un messaggio sui social: «La mia relazione con Andrea Giambruno finisce qui…».
Del recente caso Scurati, sapete tutto. Ora stanno cercando di salvare Paolo Corsini, il direttore degli Approfondimenti che ha fatto approfondire all’intera nazione quel testo sul 25 Aprile: ma lei, Giorgia, è ancora furibonda. Davvero: ogni giorno, una. Matteo Salvini, a giorni alterni. Più che alleato, il suo maggior oppositore. Per dire: adesso spera di rubarle qualche punticino di consenso a destra, tra i fasci nostalgici, candidando il generale Vannacci, fan di Benito.
«Gio’, lascia stare: stavolta quello va a sbattere».
(da agenzie)
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Aprile 30th, 2024 Riccardo Fucile
FRATELLI D’ITALIA LO ACCOGLIE NELLA SUE LISTE
Vittorio Sgarbi sarà candidato alle prossime elezioni Europee con Fratelli d’Italia, secondo un’anticipazione del Foglio.
La mossa a sorpresa di Giorgia Meloni sarebbe maturata lo scorso weekend a Pescara, durante le riunioni a margine dell’evento di partito in cui la stessa premier ha annunciato di volersi candidare in tutte le circoscrizioni.
Lo stesso Sgarbi conferma al Foglio e ringrazia Meloni per la scelta. A Repubblica, l’ex sottosegretario dice di aver già firmato i moduli per l’accettazione della candidatura: «Ho parlato con La Russa – dice Sgarbi – Domani mi diranno dove sono candidato».
In quale circoscrizione sarà candidato Sgarbi
Lo stesso Sgarbi dice di non sapere ancora in quale circoscrizione sarà candidato. L’ipotesi è che il suo nome sia nella lista della circoscrizione Centro, ma non è esclusa anche quella del Sud. Quest’ultima secondo Repubblica sarebbe la più accreditata: «Sarei lusingato, mi diverto al Sud, ho sempre combattuto per il Meridione. Sono stato eletto deputato due volte in Calabria, sono stato sindaco in Sicilia. Mi trovo bene, per me è un’area di famiglia. Comunque non ho problemi».
L’ipotesi della candidatura al Sud
L’aspirazione di Sgarbi però sarebbe quella di presentarsi più vicino a casa sua: «So che mi hanno candidato, ma non so ancora in quale circoscrizione. Io ho chiesto il Nord Est. Perché sono di Ferrara, eletto in Parlamento europeo lì nel 1999, sono stato sovrintendente a Venezia. Ho firmato per ora – aggiunge – non ho posto condizioni, non è escluso che mi chiedano più circoscrizioni». L’idea di correre in tutte le circoscrizioni non dispiacerebbe a Sgarbi, anche per una sorta di sfida con Roberto Vannacci, candidato con La Lega: «Lui è candidato in tutte e cinque».
Le dimissioni
Lo scorso febbraio la premier Meloni aveva accolto le dimissioni di Sgarbi da sottosegretario alla Cultura, dopo il pronunciamento dell’Antitrust sul caso di incompatibilità per una serie di conferenze sull’arte, per cui avrebbe chiesto un gettone di presenza. Poco prima era anche emersa un’indagine nei confronti di Sgarbi per riciclaggio, sulla compravendita di un quadro di Manetti risultato rubato nel castello di Buriasco.
(da Open)
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