Aprile 21st, 2024 Riccardo Fucile
A QUEL PUNTO LA GIORNALISTA HA INCENERITO IL DIRETTORE EDITORIALE DEL “SECOLO D’ITALIA”: “SONO SULLA CBS QUINDI NON DIRE STRONZATE…”
Botta e risposta tra Rula Jebreal e Italo Bocchino, ospiti entrambi
di Accordi&Disaccordi. Al centro del dibattito le numerose querele che membri del governo hanno portato avanti contro vari intellettuali, da Tomaso Montanari a Luciano Canfora, ultimo in ordine di tempo.
“Intanto il presidente del Consiglio Giorgia Meloni non ha mai querelato nessuno ” – ha esordito il direttore editoriale del Secolo d’Italia mentre la giornalista gli ricordava che lei stessa era stata querelata in passato dalla Meloni per un semplice tweet.
Poi Bocchino ha punzecchiato la Jebreal facendo riferimento a un presunto “attico di New York” da cui lei sarebbe stata in collegamento, ma è stato subito interrotto dalla scrittrice che ha puntualizzato: “Sono sulla Cbs (un’emittente televisiva americana, ndr) quindi non dire stronzate. Tra l’altro vivo in un Paese in cui un presidente degli Stati Uniti come Donald Trump viene chiamato ‘criminale’, ‘stupratore’, ‘insurrezionalista’, ma non osa querelare nessuno perché qui la libertà di stampa è garantita nella Costituzione dal primo emendamento”.
“Il fatto che Giorgia Meloni non abbia mai querelato nessuno è veramente verità alternativa“, ha concluso la docente alla Miami University.
E Bocchino finisce ko
(da agenzie)
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Aprile 21st, 2024 Riccardo Fucile
AL CENTRO DI UN CLAMOROSO TENTATIVO DI CORRUZIONE DEL CAPO DELL’INTERPOL DI ROMA…LE ESTRADIZIONI FACILI DEI BOSS MAFIOSI IN ALBANIA DOVE POI NON SCONTAVANO LA PENA INGLITTA DAI TRIBUNALI ITALIANI
L’accordo tra Italia e Albania sui migranti potrebbe arrivare a costare circa 1 miliardo di euro, senza risolvere alcun problema e con il rischio che parte di questi soldi vengano pignorati da un noto imprenditore italiano che vanta crediti a Tirana.
Ma soprattutto l’uomo chiave dell’accordo voluto dal governo Melonisarebbe Enjell Agaci, “segretario del premier Edi Rama, e già avvocato dei principali esponenti della mafia albanese in Italia, al centro di un clamoroso tentativo di corruzione del capo dell’Interpol di Roma”.
A svelarlo e sostenerlo sarà questa sera alle 21 su Rai Tre Report, in una inchiesta firmata dal giornalista Giorgio Mottola che parla anche delle vicende giudiziarie della ministra Daniela Santanché, che ha firmato anche lei una intesa con Tirana.
Report ha fatto i conti sull’operazione immigrati in Albania e ha scoperto “una lunga serie di incongruenze”.
Dalle carte consultate emerge che a fronte dei 36mila migranti prospettati dalla Meloni, i due centri di accoglienza albanesi arriveranno ad ospitare al massimo 2822 migranti, considerato che la capienza massima è di meno di mille persone.
E i costi sono già fuori controllo: la costruzione dei due centri è passata da 35 milioni a 65 e rischiano di crescere ulteriormente visto che il termine dei lavori è stato già prorogato da maggio ad aprile. Costi che come emerge dai documenti consultati da Report saranno coperti con pesanti tagli al ministero dell’Università, dell’Ambiente e della Salute.
Ma c’è anche il rischio che una parte dei soldi destinati in Albania, potrebbero finire a ingrossare i conti di Francesco Becchetti, controverso imprenditore nipote del ras delle discariche Manlio Cerroni, fondatore di Agon Channel.
L’Albania è stata condannata a pagare 135 milioni di euro di risarcimento all’uomo di affari italiano, ma non ha nessuna intenzione di pagare. E quindi ha deciso di pignorare preventivamente una parte dei fondi destinati al governo di Tirana. Ma Report svela inoltre l’identità dell’uomo chiave dell’accordo tra Italia e Albania: Enjell Agaci, segretario di Rama.
Agaci è un importante avvocato albanese con studio anche a Roma. In passato tra i suoi clienti si annoveravano anche alcuni tra i principali boss della mafia albanese, processati in Italia. Nel 2016, alcuni dei suoi assistiti finiscono al centro di una polemica giudiziaria. “Secondo quanto segnalavano i magistrati italiani molti boss della mafia albanese, condannati a pene tra i 10 e i 20 anni in Italia, venivano estradati con troppa facilità in Albania, dove una volta arrivati scontavano pene molto più basse o venivano addirittura scarcerati”, dice Report.
L’avvocato Agaci occupa una delle posizioni centrali del governo Rama, come segretario generale del Consiglio dei ministri. Quando quest’estate Giorgia Meloni è andata in vacanza in Albania a discutere i dettagli dell’accordo sui migranti, era presente anche lui, a fianco a Edi Rama e al primo ministro italiano.
uesta sera Report tornerà infine sulle vicende di Daniela Santanchè. Dopo l’avviso di fine indagini per truffa all’INPS la ministra ha fatto filtrare la sua difesa personale: se truffa c’è stata, è stata compiuta a sua insaputa. “Dai documenti inediti e dalle testimoniante” rintracciate da Report “emergerebbe il contrario: la Santanchè era perfettamente al corrente non solo della gestione del personale ma anche di quella finanziaria di Visibilia. Circostanza che rende ancora più delicata la sua posizione nella seconda indagine a suo carico, quella per falso in bilancio.
Chat inedite del fidanzato della ministra, Dimitri Kunz, documentano gli stratagemmi societari utilizzati per evitare che Daniela Santanchè dovesse rispondere in prima persona dei debiti della società. Davanti le telecamere di Report l’ex compagno della ministra, Alessandro Sallusti, ammette di essersi prestato all’intestazione fittizia di un debito di una società della Santanchè, la cui mancata svalutazione ha contribuito a truccare i bilanci”
(da agenzie)
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Aprile 21st, 2024 Riccardo Fucile
STANDING OVATION PER LO SCRITTORE ALLA REPUBBLICA DELLE IDEE: “MI HANNO MESSO UN BERSAGLIO IN FACCIA”
«È duro, faticoso, doloroso: sono un privato cittadino che legge e
scrive libri e all’improvviso per aver fatto lo scrittore mi ritrovo al centro di una polemica politico-ideologica accanita, spietata e fatta di attacchi personali denigratori, che mi dipingono come un profittatore, quasi come un estorsore».
Il giorno dopo essere stato censurato dalla Rai per un monologo un po’ troppo «ficcante» contro il governo Meloni e la leadership di FdI, accusata di non aver voluto davvero fare i conti con il passato del fascismo, Antonio Scurati torna sul palco. Lo fa a Napoli, ospite del festival La Repubblica delle Idee. Dove accolto dagli applausi del pubblico legge finalmente il monologo che avrebbe dovuto recitare ieri sera su Rai 3 (e che ha comunque letto in diretta tv al suo posto la conduttrice di Che Sarà Serena Bortone). «Viva l’Italia antifascista», chiosa poi dal palco Scurati al termine della lettura, di fronte alla standing ovation del pubblico napoletano. Quindi arriva il momento delle riflessioni sul cortocircuito politico-mediatico andato in scena ieri: «Pensavo che la Rai fosse anche mia, del resto è di tutti, è dello Stato italiano, ma alla fine mi hanno detto ‘tu non entri’, come un ospite indesiderato. Si è perso il senso di democrazia in questo Paese».
A Repubblica delle Idee Scurati dice di non voler né essere né fare la vittima. Eppure «dopo che accadono delle cose arriva la paura, esci di casa e guardi a destra e sinistra. La tua vita è già cambiata». Che intende dire, lo scrittore? Fuor di metafora: «Quando un leader politico di tale carisma, come sicuramente è la presidente del Consiglio Meloni, che ha un seguito molto vasto, nel cui seguito da qualche parte là sotto, vista anche la storia politica da cui proviene, c’è sicuramente qualche individuo non estraneo alla violenza, probabilmente non molto equilibrato, quando il capo punta il dito contro il nemico e i giornali, o meglio i ‘giornasquadristi’ fiancheggiatori del governo ti mettono sulle prime pagine, con il titolo sotto ‘l’uomo di M.’, ti disegnano un bersaglio intorno alla faccia, poi magari qualcuno che mira a quel bersaglio c’è. Succede, è già successo».
(da Open)
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Aprile 21st, 2024 Riccardo Fucile
TONI DA ULTRACATTOLICA SULL’ABORTO: “STIAMO SCAMBIANDO UN DELITTO PER UN DIRITTO. QUA SI HA PAURA DI DIRE CHE L’ABORTO È UN OMICIDIO”… SARDA, 42ENNE, SPOSATA CON IL POLITICO CAGLIARITANO DI FORZA ITALIA, IGNAZIO ARTIZZU, È MOLTO STIMATA DAL DIRETTORE GENERALE RAI, GIAMPAOLO ROSSI,, LEI, SUI SOCIAL, ELOGIA IL SUO “MENTORE”, ANGELO MELLONI: “COMANDANTE CORAGGIOSO”…LE VOCI E LE POLEMICHE PER LA CARRIERA LAMPO
Qualche distratto potrebbe dire Incoronata Boccia chi?, ma a guardare bene la sua storia e il palinsesto tv si dovrebbe ricredere. È il nuovo volto del giornalismo di centrodestra. Anzi molto più di un volto, visto che da qualche mese è vicedirettrice del Tg1 (ma lei preferisce essere chiamata vicedirettore del Tg1). Sabato sera era ospite di Serena Bortone nella complicatissima puntata in cui si è parlato del mancato monologo di Scurati, e dove si è discusso anche di aborto (tra gli ospiti Dacia Maraini).
«Stiamo scambiando un delitto per un diritto. Qua si ha paura di dire, perché anche la politica ha paura a dirlo, che l’aborto è un omicidio» queste le parole di Boccia (che non è parente di Francesco Boccia del Pd, marito di Nunzia De Girolamo). Parole che hanno scatenato il web.
Ma chi è davvero Boccia? Ha 42 anni è nata ad Abbasanta, in provincia di Oristano, è sposata dal 15 settembre del 2007 con Ignazio Artizzu, giornalista ed esponente politico di Forza Italia, più volte eletto nel Consiglio Comunale di Cagliari e nel Consiglio Regionale della Sardegna.
Cavaliere del Santo Sepolcro di Gerusalemme, ex capoufficio stampa dell’ex governatore sardo Christian Solinas sotto le bandiere del centrodestra, ora caporedattore della Tgr Rai Sardegna. La coppia ha due figli
Boccia è stata una studentessa modello: a Roma ha studiato Scienze della Comunicazione alla Sapienza, e ha concluso gli esami a soli 21 anni. Ha anticipato la richiesta di tesi di laurea, purtroppo non possibile per questioni burocratiche. Ha fatto due sostituzioni al Tg5 di Enrico Mentana per due anni, poi per cinque anni è stata inviata a «La vita in Diretta» con Michele Cucuzza.
È tornata in Sardegna al Telegiornale regionale e da lì il grande salto a «Uno Mattina Weekly», un contenitore leggero del fine settimana su Rai1. Il suo mentore, non lo nega, è Angelo Mellone, considerato astro nascente della destra nei vertici Rai, ora direttore del DayTime.
Su Instagram Boccia lo definisce «comandante coraggioso e generoso». In quota Fratelli d’Italia, stimata dal direttore generale Giampaolo Rossi, fedelissimo di Giorgia Meloni, Cora ha partecipato alla giuria del ministero della Cultura che ha eletto Taurianova Capitale del Libro 2024 ed è stata ad Atreju per presentare il libro “La traversata della destra. Dal Msi a Fratelli d’Italia e al governo Meloni” di Adalberto Baldoni e Federico Gennaccari, ricordando per l’occasione che «l’impegno civico e politico delle nuove generazioni è speranza per il futuro, ma per essere cittadini consapevoli bisogna conoscere il passato».
Ma guai a etichettarla come giornalista di destra: «Le etichette, anche quando sono legate a simpatie politiche, sono sempre molto sgradevoli e strumentali, soprattutto quando servono a denigrare la professionalità di una persona».
Un’altra questione la fa infuriare, quando si fanno illazioni su presunti aiuti ottenuti in quanto moglie di Ignazio Artizzu: «Sono in Rai dal 2001. Essere bollata come “moglie di” dopo ventuno anni di professione giornalistica in Rai lo trovo umiliante non per me, ma per tutte le donne».
E sull’illazione che la sua carriera possa essere stata agevolata dall’amicizia con l’attuale direttore generale della Rai, Giampaolo Rossi, è sceso in campo il cdr di Rai Sardegna: «Riteniamo inaccettabili e inopportuni i riferimenti alla vita privata. Siamo convinti che l’articolato percorso professionale della collega è e sarà garanzia di indipendenza da qualsiasi influenza di tipo politico».
Ed eccoci al presente. Dal 16 marzo conduce il sabato pomeriggio su Rai3, subito dopo «Tv Talk», il programma «100 anni di notizie» per festeggiare il primo secolo della radio e i settant’anni della televisione. Tanto materiale d’archivio, un ospite prestigioso che arricchisce le testimonianze e lei che fa da voce narrante della storia. Un programma che «meriterebbe di essere studiato nelle scuole di giornalismo e della comunicazione», ha dichiarato Incoronata Boccia, detta Cora.
(da Il Corriere della Sera)
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Aprile 21st, 2024 Riccardo Fucile
L’EFFETTO BOOMERANG CAUSATO DALLA CENSURA, CON IL TESTO DIFFUSO SU TUTTI I MEDIA, È STATO ACUITO DALLE CONTRADDITTORIE MOTIVAZIONI FORNITE DALL’AZIENDA
La cancellazione dell’intervento sul 25 aprile di Antonio Scurati
da parte della Rai diventa un formidabile caso di scuola da insegnare in tutte le facoltà di comunicazione, nelle scuole di giornalismo, nelle Academy, nei corsi sulla tv.
1. Alla base, c’è una regola da non dimenticare. Una volta che un testo viene censurato c’è il forte rischio che il testo stesso non sia più controllabile e percorra una sua strada imprevedibile: “Effetto boomerang”.
Così è successo: il testo è stato letto da Serena Bortone (se sarà punita dalla Rai diventerà “martire”), da Massimo Gramellini e da Roberto Vecchioni su La7, è stato pubblicato da quasi tutti i giornali, è stato trasmesso in radio e apparso sul web. Fosse andato in onda, qualcuno l’avrebbe pure criticato per la scrittura.
2. L’effetto boomerang è stato acuito dalle contraddittorie motivazioni fornite dall’azienda. Alla fine non si è capito se la censura è dovuta ai contenuti dell’intervento, al compenso pattuito, a un pasticcio dell’ufficio contratti. Un’azienda che vive di comunicazione non può dire che l’incidente è avvenuto per “difetto di comunicazione: “Effetto Ferragni”.
3. Tra le molte giustificazioni, il direttore degli approfondimenti Paolo Corsini nega che ci sia mai stata una censura nei confronti di Scurati ma adombra un’altra scusa, cioè «il rapporto tra lo scrittore e gruppi editoriali concorrenti». Il riferimento è al film che Sky ha tratto dal libro “M” di Scurati. Se è così, la trattativa non avrebbe nemmeno dovuto iniziare: “Effetto zappa sui piedi”
(da La Repubblica)
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Aprile 21st, 2024 Riccardo Fucile
SI ERA BATTUTO UNA VITA PER OTTENERE GIUSTIZIA
È morto a 87 anni Vincenzo Agostino. L’uomo per tanti anni si è battuto per ottenere giustizia per la morte del figlio Nino, l’agente di polizia assassinato dalla mafia a 28 anni assieme alla moglie incinta Ida Castelluccio, che di anni ne aveva solo 19, l’8 agosto del 1989 nel Palermitano, a Villagrazia di Carini. I due vennero raggiunti dai sicari a bordo di motociclette davanti alla villa di famiglia dove la coppia doveva festeggiare il compleanno della sorella di lui.
Nato a marzo del 1937, Vincenzo Agostino era conosciuto per il suo impegno e il suo coraggio nella lotta alla mafia e per la lunga barba bianca: l’avrebbe tagliata solo dopo che fosse stata fatta verità sui mandati del duplice omicidio e sul depistaggio delle indagini.
Sua moglie, Augusta Schiera, era morta nel 2019, ma Vincenzo Agostino ha continuato senza sosta la sua battaglia fino all’ultimo, chiedendo che venisse fatta luce in particolare sui depistaggi delle indagini sul duplice omicidio.
“A me la famiglia l’hanno rovinata: ho perso mio figlio e ho perso la nuora, che era in attesa del suo primo figlio. Perché Antonino non ha potuto diventare papà? Neppure mia moglie è morta in pace. Sulla sua lapide ho dovuto scrivere: ‘Una mamma in attesa di verità e giustizia oltre la morte'”, aveva detto in una intervista rilasciata a Fanpage.it solo sei mesi fa, poco dopo la morte di Matteo Messina Denaro, aggiungendo: “Messina Denaro poteva ancora prendersi gioco di noi, perché non ha mai detto la verità, neanche in punto di morte. Avrebbe potuto dire le cose come stanno e non lasciare i familiari delle vittime soli”.
(da Fanpage)
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Aprile 21st, 2024 Riccardo Fucile
L’ASSALTO DEGLI STRANIERI HA PROVOCATO UN’ESCALATION DEI PREZZI DEGLI ALLOGGI, NON DISTRIBUISCE RICCHEZZA TRA LA POPOLAZIONE E FINISCE PER SFRUTTARE L’AMBIENTE E LE RISORSE NATURALI
Sono circa 60.000 le persone che hanno partecipato alle diverse
manifestazioni convocate nelle 8 isole dell’arcipelago delle Canarie contro il turismo di massa, secondo i dati diffusi dalla prefettura locale al termine delle proteste.
La mobilitazione più numerosa a Santa Cruz di Tenerife, alla quale hanno preso parte almeno 30.000 persone, seguita da quella a Las Palmas di Gran Canaria, che ha visto protestare in piazza almeno 15.000 persone
Al grido di ‘Canarias tiene un limite’, le Canarie hanno un limite, decine di migliaia di residenti nelle otto isole dell’arcipelago spagnolo delle Canarie, nell’oceano Atlantico hanno inscenato mobilitazioni simultanee per protestare contro un modello di sviluppo basato sul turismo di massa e sullo sfruttamento dell’ambiente e delle risorse naturali che depaupera il territorio.
Migliaia di persone convocate da associazioni ecologiste e sociali hanno detto basta all’eccesso di turismo sulle isole “insostenibile e a beneficio di pochi, che non si ripercuote positivamente sulle isole, espelle i residenti e rende difficile la convivenza”.
Alla mobilitazione aderiscono anche altre città iberiche e straniere, fra le quali Malaga, Granada, Madrid, Barcellona, Amsterdam, Londra e Berlino.
I residenti nell’arcipelago reclamano un cambio del paradigma di sviluppo del settore, che sebbene origini il 40% dell’impiego e contribuisca al 36% del Pil delle isole “non distribuisce ricchezza fra la popolazione, ma provoca un’escalation dei prezzi degli alloggi ed è causa dell’aggravamento delle disuguaglianze, con il rischio di esclusione sociale del 33% della popolazione”, segnala Pilar Arteta, ecologista di Lanzarote.
Nel 2023 le Canarie hanno registrato il numero più alto di arrivi turistici in Spagna, 13,9 milioni di persone, rispetto a una popolazione residente di 2,2 milioni che ha registrato i tassi più elevati di povertà – fino al 33% della popolazione è a rischio di esclusione – come segnala il rapporto annuale della Povertà in Spagna, Arope.
Contro il modello di sfruttamento intensivo, che “consuma una grande quantità di risorse, si concentra sulle zone costiere delle isole e trasforma il territorio” i manifestanti reclamano “misure immediate” come l’istituzione di un’ecotassa per i turisti, una moratoria turistica e leggi che consentano l’accesso preferenziale alle case a residenti e lavoratori.
(da agenzie)
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Aprile 21st, 2024 Riccardo Fucile
NEL MIRINO IL DG GIAMPAOLO ROSSI, IL CAPO DEGLI APPROFONDIMENTI, PAOLO CORSINI, E ANCHE IL VICEDIRETTORE, GIOVANNI ALIBRANDI
Prima lo stupore, poi la rabbia, «un colpo basso», e infine un contrattacco, più dovuto che spontaneo. Giorgia Meloni tutto voleva adesso tranne che una polemica sul 25 aprile e per questo in molti la descrivono furiosa con i suoi in Rai, a cominciare da Paolo Corsini e Giampaolo Rossi. Ma nel mirino ci sarebbe anche il vicedirettore Giovanni Alibrandi, colpevoli a diverso titolo della decisione di estromettere il monologo di Antonio Scurati dal programma di Serena Bortone.
L’anniversario della Liberazione dal nazifascismo si stava avvicinando senza troppo rumore, a differenza dell’anno scorso, quando le dichiarazioni controverse del presidente del Senato Ignazio La Russa avevano generato polemiche durissime. «Eravamo arrivati al 20 aprile quasi indenni»
Il post con il quale in serata la premier ha rilanciato le accuse sul compenso dello scrittore, pubblicandone in modo provocatorio il testo censurato dalla Rai, è preceduto da molte ore di tormenti.
Il messaggio diffuso su Facebook è quindi un tentativo di mettere una pezza. In Fratelli d’Italia non si danno pace: «Un monologo di un minuto che sarebbe dovuto andare in onda in un programma di Rai 3 è stato trasmesso praticamente a reti unificate, grazie alle scelte maldestre dei nostri».
Per Meloni lo scivolone è gravissimo, perché la costringe a giocare in difesa su un tema molto delicato, anche da un punto di vista dell’immagine internazionale: il rapporto con il fascismo.
Altro danno collaterale della censura subita da Scurati è rimettere al centro dell’agenda politica il tema della libertà di stampa e del controllo dei media, dopo il caso del probabile passaggio dell’agenzia Agi nelle mani di un deputato della Lega, Antonio Angelucci e più in generale della gestione della Rai.
Nel governo in molti attribuiscono all’eccesso di zelo la decisione di cancellare il monologo, ponendosi una domanda: «Telemeloni è più meloniana di Meloni?». Per rompere gli indugi ai dirigenti di Fratelli d’Italia serve un segnale e anche una linea, visto che la difesa ufficiale della Rai, i problemi di natura economica nel contratto di Scurati, sembra a tutti davvero troppo debole.
E oggi le polemiche sono pronte a ripartire: nella puntata di Report si parlerà dell’accordo sui centri per migranti in Albania, mostrando il volto oscuro di quello che Meloni definisce un successo diplomatico. Del programma di Rai 3, dopo molti dubbi dei vertici, verranno riproposte 5 repliche nel corso dell’estate. Ma non sarà il conduttore Sigrifido Ranucci, né i suoi autori, a scegliere quali mandare in onda. Il sospetto della squadra di Report è che il pubblico non rivedrà le inchieste più scomode per il governo.
(da La Stampa)
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Aprile 21st, 2024 Riccardo Fucile
TRA GAFFE E FOTO COMPROMETTENTI… FILINI HA ABBANDONATO LE TESI ANTI-BANCHE DA QUANDO FDI E’ AL GOVERNO
Cambiano i tempi, i volti e gli slogan. Non i simboli e le parole
d’ordine. Così Fratelli d’Italia alleva generazioni di nuovi sovranisti nel solco della tradizione del Movimento sociale italiano. La definizione prediletta, in realtà, sarebbe quella di «conservatori».
Un tentativo per scrollarsi di dosso la cenere provocata da quella fiamma che arde tuttora nel simbolo del partito. Con le difficoltà di sempre, anche sulla professione di antifascismo che farà vivere come un supplizio la settimana che inizia domani, quella del 25 aprile.
Eppure sul conto degli astri nascenti della destra ci sono già piccole o grandi macchie, tra foto con ex terroristi, consulenze ottenute in virtù dei ruoli ricoperti e tesi semi-negazioniste del Covid.
GARBATELLA CAPITALE
Marco Perissa è uno dei nomi più in ascesa di Fratelli d’Italia. L’elezione a segretario provinciale a Roma, a 41 anni, è un ponte verso il futuro, più di quello salviniano sullo Stretto di Messina. La capitale resta il simbolo del potere di un partito romanocentrico per definizione. Il golden boy Perissa, volto pacioso e sorriso affabile, vanta con Giorgia Meloni un’amicizia di lunga data.
Come la premier è di casa nel quartiere della Garbatella: lì si è formato politicamente nella sezione del partito, durante le varie evoluzioni, resistendo in un territorio rosso e solidamente antifascista. Ma non è solo questione di quartieri, Perissa condivide un’altra esperienza con Meloni: è stato presidente di Gioventù nazionale, l’organizzazione giovanile della destra. È uno dei “prodotti” della filiera della leadership.
In molti lo vedono come il «nuovo Lollobrigida». L’attuale ministro dell’Agricoltura ha fatto una lunga trafila sul territorio dalla provincia di Roma alla regione, dove è stato capogruppo in Consiglio e poi assessore, costruendo una rete di relazioni. Perissa parte dalla casella di segretario provinciale. E, come i suoi coetanei, ha avuto la vita più facile: l’elezione alla Camera è arrivata già da under 40, in un partito non più relegato a una nicchia dell’opposizione ma che è la prima forza del paese.
A TUTTO SPORT
La rampa di lancio di Perissa è la sua antica passione: lo sport. Per Fratelli d’Italia è l’uomo-macchina del settore, tanto che nei conversari degli addetti ai lavori rimbalzava una domanda: «Non è che Perissa voglia fare il ministro dello Sport al posto di Andrea Abodi?». Ma “radio Chigi”, in via informale, ha stroncato la voce senza farle prendere corpo: Abodi è saldo nel suo ruolo, grazie a un feeling politico di vecchia data con la premier. In un futuribile rimpasto potrebbe dormire sonni tranquilli. Non c’è nulla che abbia intaccato il sodalizio, nonostante vari tentativi di disseminare mine politiche.
Intanto Perissa continua a macinare tessere per l’Opes, l’ente di promozione sportiva che ha guidato fino all’elezione a Montecitorio e che è la cinghia di trasmissione di Fratelli d’Italia con il mondo dello sport. Ufficialmente non è più presidente dell’Opes, ma ha passato il timone a Juri Morico, da sempre suo stretto collaboratore che segue la medesima rotta, forte del salto di qualità del suo ex capo.
Proprio l’Opes ha causato il primo scivolone pubblico di Perissa. La procura del Coni, nel 2020, ha acceso un faro sulle gestione delle risorse: l’ente riceveva dei fondi per un progetto solidale, li affidava alla divisione calcio a 5, che a sua volta dava consulenze ai vertici dell’Opes tra cui Perissa.
«Non vedo cosa ci sia di male nell’offrire le mie competenze, visto che non c’è gara, e visto che ho proposto i miei servizi a prezzi concorrenziali o almeno ampiamente coerenti», è stata all’epoca la risposta data a Repubblica, aggirando l’ostacolo. La vicenda si è chiusa senza strascichi.
E il carattere? Sul punto si torna allo stile-Lollo. L’impostazione del deputato è «gentile nei modi, sempre disponibile all’ascolto», dice chi lo conosce. Solo che «deve trovare il quid di fronte alle platee e alle telecamere», è il giudizio che grava sul suo conto. Questi conservatori d’oggi sembrano quasi troppo moderati.
IL NEO FAZZOLARI
A Montecitorio si aggira anche il “nuovo Fazzolari”, al secolo Francesco Filini, 46 anni, che di moderato, invece, ha poco o niente. Basta rileggere le posizioni espresse sul Covid, tra seminegazionismo e no mask, o i ragionamenti sulle banche. Un male per la società, secondo il Filini pensiero. Il deputato è fan delle tesi del giurista Giacinto Auriti, considerato il punto di riferimento per i complottisti del signoraggio per la sua teoria sulla moneta. La scalata al potere ha mitigato le spigolosità, portando il parlamentare a mettere da parte le battaglie più controverse.
Dal potente sottosegretario alla presidenza Giovanbattista Fazzolari, suo mentore politico, Filini ha ereditato il ruolo di responsabile del programma del partito e quindi la guida dell’ufficio studi di Fratelli d’Italia, uno dei fiori all’occhiello del partito di Meloni. «Siamo gli unici ad averne uno», gongolano i dirigenti più in vista. Con la macchina delle ricerche sotto controllo, Filini sforna di tanto in tanto dossier sui temi più disparati, dalla guerra in Ucraina alla tensione nelle università, distillando con sapienza i contenuti ai giornali. Selezionati in base alla convenienza.
Il deputato, come Fazzolari, non è attratto dalle luci della ribalta. E ancora come il sottosegretario ama la provocazione iperbolica pur di colpire gli avversari: è stata di Filini la proposta, rimasta poi lettera morta, di una commissione d’inchiesta sul Superbonus.
E se Fazzolari ha un erede designato, Chiara La Porta, di Prato, attuale vicepresidente di Gioventù nazionale, è la gemella diversa di Giovanni Donzelli, braccio organizzativo di Fratelli d’Italia. Fin dai tempi dell’università hanno vissuto la militanza a destra nella rossa Toscana. Mentre Donzelli si faceva strada, approdando in parlamento, La Porta ha seguito il percorso di militanza-lavoro, con trascorsi da collaboratrice sia a Montecitorio sia nel Consiglio regionale della Toscana. Alla prima occasione, a 30 anni, ha fatto il grande salto alla Camera, con un Cicerone d’eccezione come Donzelli che sta forgiando una classe dirigente meloniana nel suo territorio.
SOVRANISTI CRESCONO
Tra i giovani sovranisti in ascesa ci sono anche altri nomi. Meno noti ma molto quotati. Come Fabio Roscani, leader di Gioventù nazionale. Si tratta di un altro debuttante di rilievo vista la leadership nella giovanile di FdI. In Transatlantico oggi mostra una maggiore disinvoltura rispetto ai primi tempi, che lo vedevano un po’ spaesato nel tran tran di Montecitorio. «Ma da qui a diventare un leader ce ne passa», è la sintesi di chi lo ha visto muovere i primi passi. C’è il difetto della riverenza eccessiva verso i vertici.
Chi ha i galloni della studiosa, pronta a parlare di imprese e fisco, è Letizia Giorgianni, che ha costruito il percorso politico con l’Associazione vittime del “salvabanche” (misura varata dal governo Renzi).
La sua professione di anti renziana ha conquistato Meloni, che l’ha voluta in FdI e l’ha messa sotto la sua ala protettiva. Non a caso è arrivata a lavorare per l’ufficio studi sui temi delle banche e più in generale della finanza. Sembra una barricadera alla Santanchè prima maniera.
Ma tra tanti nomi chi può essere l’erede di Meloni? Fare pronostici è complicato. L’attuale leader è ancora giovane, nessuno osa metterla in discussione e immaginare una successione sembra pura utopia. Eppure, all’orizzonte, l’erede in filigrana sembra avere le sembianze di Chiara Colosimo. Come la premier (e Perissa), può contare sul “fattore Garbatella”. In quella sezione è cresciuta a pane, fiamma e venerazione per «Giorgia». Inoltre, racconta chi le è vicino esaltando le sue gesta, condivide con la premier il «piglio battagliero». In regione Lazio è stata una spina nel fianco della giunta Zingaretti.
Per ora Colosimo ha ottenuto una postazione che offre un mix di visibilità e potere: la presidenza della commissione Antimafia. Nonostante la foto con l’ex terrorista nero Luigi Ciavardini. Uno scatto legato a una visita per progetti di un’associazione, è stata la versione di Colosimo, che incurante delle polemiche ha portato a casa l’incarico. Facendola diventare sempre più testa d’ariete politica. Insomma, potrebbe non diventare mai «la nuova Giorgia», perché Meloni vuole restare a lungo alla tolda di comando. Ma nel frattempo Colosimo sta facendo aumentare la sua dote politica.
Anche se ultimamente c’è un altro profilo che si sta affacciando sugli schermi. È quello di Grazia Di Maggio, ancora under 30, che risponde all’identikit tracciato da Fazzolari per individuare i profili più adatti da mandare in tv. Giovane e battagliera. Un pedigree perfetto per far ardere la fiamma.
(da editorialedomani.it)
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