Aprile 21st, 2024 Riccardo Fucile
IL CAPO DELLA PROCURA DI NAPOLI: “IL GOVERNO SBAGLIA, STA ABBASSANDO L’ASTICELLA DELLA LEGALITA'”
Negli ultimi due giorni era più facile incontrarlo in Lombardia, che a Napoli, città dove guida la Procura. Tra decine di scuole, laboratori di inclusione sociale e piccoli comuni che lo hanno insignito della cittadinanza onoraria. Lì dove la ’ndrangheta si è annidata e prospera come solo in Calabria, Nicola Gratteri ha incontrato tantissimi ragazzi, per parlare di legalità e libertà: “Libertà di dire quello che penso – ha spiegato agli studenti di un istituto tecnico – perché mi sono costruito una vita per permettermi questo lusso”.
Procuratore Gratteri, ci dica quello che pensa degli emendamenti al ddl cybersecurity presentati dall’on. Costa e da Forza Italia, e di cui il governo sta discutendo: dalle limitazioni all’uso del trojan a quelle per la pubblicazione di atti d’indagine o notizie, pena il carcere per i cronisti.
Non consentire l’uso del trojan come strumento per le intercettazioni nelle indagini contro la PA, e in particolare la corruzione, è un grave danno all’accertamento della verità e un grande favore ai centri di potere e a chi di corruzione vive. Sui “bavagli” ai giornalisti mi permetta di dire che è un trend da anni. Ma i cittadini, per poter fare scelte consapevoli, hanno diritto di sapere cosa accade sul loro territorio. È un arretramento della democrazia e della libertà. Siamo sempre più Africa del Nord, con tutto il rispetto per l’Africa del Nord.
Nelle ultime settimane è arrivato anche il via libera alla stretta sui sequestri di smartphone e pc. Sarà necessaria, come per le intercettazioni, l’autorizzazione del Gip.
Gli effetti sono drammatici oltre che potenzialmente nocivi. Nocivi perché chi mi assicura che tra il sequestro e la successiva clonazione, un informatico non riesca a resettare da remoto la memoria del telefono? Drammatici, perché si dilatano i tempi, appesantendo il lavoro dei Gip, già oberati, che devono sia autorizzare il sequestro sia disporre la “clonazione” della memoria dei supporti sequestrati, dopo un’udienza in contraddittorio con le parti. Pensi a un sequestro di un server aziendale, fondamentale per una grossa impresa: a oggi, durante la perquisizione, il tecnico del pm “clona” subito la memoria del server, senza bloccare l’azienda. Ora si dovrà disattivare il server per non alterare i dati, aspettare che si celebri l’udienza – cui magari sono tenute a partecipare centinaia di parti e ognuna deve poter dire la sua – e, solo dopo l’udienza, finalmente clonare il server.
C’è poi la recente sentenza delle Sezioni Unite sull’inutilizzabilità delle intercettazioni per “reati diversi”. Per molti, un ulteriore colpo al lavoro del pm.
Bisogna aspettare le motivazioni, ma l’esito della sentenza non mi stupisce. Piaccia o non piaccia, queste sono le regole. E l’impatto per il lavoro del pm non si avrà tanto da questo, ma dall’abrogazione della riforma Bonafede con la legge 9 ottobre 2023 n. 137, che ha riportato la situazione alle origini. La riforma Bonafede, che permetteva di utilizzare le conversazioni per reati diversi rispetto a quelli per cui si intercettava, si applicava solo ai procedimenti aperti dopo il 31 agosto 2020. E sa qual è l’aspetto singolare? Pensi a un’indagine di droga: in un’intercettazione si parla di una corruzione milionaria. Se il fascicolo risulta iscritto il 1° settembre 2020, questa intercettazione costituisce piena prova; se invece il 31 agosto 2020 o il giorno dopo l’entrata in vigore della legge che ha abrogato la riforma Bonafede, è carta straccia. Ci sono indagati fortunati e sfortunati…
Un altro aspetto singolare: se lei indaga per droga e nel corso delle intercettazioni acquisisce una notizia di reato per furto aggravato, siccome per questo è previsto l’arresto in flagranza potrà utilizzare l’intercettazione come prova, se il reato diverso è corruzione invece no.
Il furto aggravato è un reato che ha una condotta lineare: un tizio ruba una forma di parmigiano e si mette in borsa la refurtiva. La corruzione, no: spesso si nasconde dietro artificiosi meccanismi operativi, quali le consulenze. È singolare che gli strumenti investigativi come le intercettazioni si possano utilizzare per un reato semplice da provare, rispetto a uno celato da complessi accorgimenti giuridici e documentali.
Nella Procura che guida ci sono processi pendenti su cui questa sentenza si ripercuoterà?
L’emersione di reati diversi durante le intercettazioni è frequente. Di certo gli effetti saranno significativi.
Pochi giorni fa è stato approvato anche il ddl che fissa a 45 giorni la durata massima per le intercettazioni, salvo per reati più gravi come criminalità organizzata e terrorismo.
Le faccio un esempio, una rapina da organizzare. Si inizia a intercettare e durante gli ascolti gli indagati restano in stand-by, in attesa del momento propizio: prima potevo prorogare gli ascolti, a meno che non pensassi stessero desistendo; adesso dovrò avere elementi specifici e concreti per ritenere che i rapinatori stiano per attuare il loro piano. Quindi sarò costretto a interrompere e perderò la possibilità di captare gli sviluppi e prevenire il reato.
Questo governo, e il ministro Nordio, sembrano un po’ ossessionati dalle intercettazioni…
Lascio a lei ogni commento.
Un ex suo collega oggi senatore 5S, Roberto Scarpinato, ha detto che l’unico obiettivo della maggioranza è “imbrigliare le indagini sui colletti bianchi”.
Non posso esprimere giudizi politici né fare processi alle intenzioni. Quel che è certo è che con queste riforme, unite alla legge Cartabia, fare indagini diventa veramente complicato e alla fine si perseguiranno solo i reati semplici da provare. Contrastare i reati contro la PA sarà molto difficile.
Il governo Meloni è riuscito lì dove nemmeno Silvio Berlusconi?
Mi astengo da giudizi politici.
Ma come giudica l’azione dell’esecutivo in materia di giustizia e di contrasto alla corruzione?
Negativa.
Pezzo pezzo stanno smontando la “Spazzacorrotti”. È in atto una sorta di restaurazione?
Direi che si sta abbassando l’asticella della legalità. Le riforme del processo penale, l’abolizione dell’abuso di ufficio e l’aumento della soglia degli affidamenti diretti… Sono tutte misure che sicuramente non favoriscono il buon andamento della pubblica amministrazione.
E i reati commessi contro la PA, lei insegna, sono dei varchi per le mafie.
Sono uno strumento con i quali favorire le mafie.
(da ilfattoquotidiano.it)
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Aprile 21st, 2024 Riccardo Fucile
LE ANTICIPAZIONI DI REPORT
Due email, inviate da Paolo Concordia, collaboratore esterno come gestore del personale di Visibilia Editore e Visibilia Concessionaria potrebbero incastrare la ministra del Turismo Daniela Santanchè, provando che era al corrente dei fatti sulla cassa Covid e di un presunto falso in bilancio.
L’uomo è indagato nell’ambito dell’inchiesta sull’ipotesi di truffa all’Inps e ha chiesto di essere interrogato dalla procura. Nel primo messaggio, Concordia risponde a Federica Bottiglione, ex responsabile dei rapporti con gli investitori di Visibilia. La donna era stata messa in cassa integrazione senza che ne sapesse nulla.
Tra coloro nella sua stessa condizione, fu la prima ad accorgersene. Lo scambio via posta elettronica risale al 21 ottobre del 2021. A Concordia, che si occupava i cedolini degli stipendi tra cui quello di Bottiglione, la donna chiedeva lumi circa la durata della cassa integrazione dato che di lì a breve aveva intenzione di comprare casa. Ne parlerà, secondo quanto anticipato su Il Fatto Quotidiano, la trasmissione Report in onda stasera su Rai3.
Il premio per il lavoro svolto
E le banche non vedono di buon occhio la cassa integrazione. «Non vorrei ci fossero problemi con la banca», scrive lei. «Ciao Fede – risponde lui – devo avere conferma dalla dottoressa di questo». «La dottoressa» è Daniela Santanchè, che di lì a un mese si sarebbe sfilata dal gruppo Visibilia senza mantenere alcuna carica. La seconda email risale invece ad aprile 2022. Il messaggio mette in luce che i dipendenti lavoravano, e non poco, anche nel periodo in cui non avrebbero dovuto. Tanto da essere stati premiati. Scrive Concordia a sei dipendenti: «L’azienda, per ringraziare tutti della sempre proficua collaborazione e impegno mostrato, anche in questo periodo lavorativo di difficoltà, ha deciso di elargire un premio aziendale per l’anno 2021 a tutti i dipendenti; riceverete pertanto il tutto nei prossimi giorni». In copia anche Santanchè e il suo compagno Dimitri Kunz anche lui indagato nel filone di indagine sulla cassa Covid.
I 5 mila euro a Santanchè
Le email di cui tratterà stasera nel dettaglio Report vengono anticipate sempre oggi, domenica 21 aprile, sulle pagine del Fatto Quotidiano, e smentiscono la tesi secondo cui l’attuale ministra sarebbe stata estranea ai fatti. Ci sono anche dei messaggi da Kunz su Antonino Schemoz, che riguardano il filone d’inchiesta sul presunto falso in bilancio della società. Entrambi sono indagati. Schemoz aveva acquistato il 5% di Visibilia Srl, pare, per non lasciare a Santanchè l’intera responsabilità di risanare l’azienda in caso di debiti. Kunz scrive a Concordia: «Dobbiamo ricordarci che entro il 31 dicembre Schemoz deve versare alla Dott 5k». Al che Concordia ribatteva: «Immagino che li prenda da Visibilia. O dal cavaliere mascherato». Frasi che potrebbero celare un’operazione non svolta alla luce del sole di cui i due dovranno rispondere agli inquirenti.
(da agenzie)
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Aprile 21st, 2024 Riccardo Fucile
BONACCINI PROPONE IL NOME DI ELLY SUL SIMBOLO, CUPERLO CONTRARIO
«Sono disponibile a dare una mano con spirito di servizio, mi candido a dare una spinta a questa meravigliosa squadra e a un progetto di cambiamento del Pd e del Paese». Lo ha detto la segretaria del Pd, Elly Schlein, nella relazione alla direzione del partito, in corso al Nazareno a Roma.
Secondo alcune fonti a Open sul simbolo del partito democratico, candidato per la corsa a Bruxelles, ci sarà proprio il nome della segretaria.
Un aspetto che dovrà esser votato e che sta scatenando qualche malumore interno. Schlein sarà capolista al Centro e nelle Isole, Lucia Annunziata al Sud. A precisarlo è Igor Trauffi, della segretaria Pd, nella direzione del partito, in corso al Nazareno a Roma. Quella del Pd è «una squadra plurale e competente, sperando di eleggerla tutta per lavorare in Europa, mentre io sarò qua nel confronto quotidiano da segretaria, nel Parlamento, con Giorgia Meloni per le sue scelte scellerate per l’Italia».
Schlein sì o Schlein no?
La questione del nome sul simbolo sta scatenando qualche malumore dentro il Partito democratico. Secondo quanto viene riferito non è andata bene l’informazione trapelata nell’annuncio dato da Stefano Bonaccini in direzione, dopo l’intervento della segretaria, anche se è stato precisato che la scelta verrebbe «solo per questa competizione elettorale». Ci sarà una votazione al termine del dibattito, ma sulla proposta ci sono parecchie divergenze tra le anime del partito.
«Le elezioni europee non sono un’elezione monocratica. Il nome del simbolo è sempre conseguente a un modello di legge elettorale. In questo caso si vota il Pd. Mettere il nome del simbolo implica obiettivamente una identificazione che presuppone un’idea di politica e un modello di partito che fino ad oggi non è mai stato il nostro modello di partito. Noi non siamo FdI, Lega, Fi, Iv o Azione. Elly te lo dico per la considerazione e la stima che è cresciuta nei tuoi confronti in questo anno o poco più di tua segreteria: tu non sei Giorgia Meloni, non sei Matteo Salvini, non sei Tajani, non sei Renzi, non sei Calenda», ha detto intervenendo in direzione Pd Gianni Cuperlo. «Tu sei meglio di tutti questi personaggi che ho appena citato. Tu sei meglio di questi personaggi qui che ho appena citato e vieni da una cultura diversa. Guiderai questa comunità, ma sarai più forte tu e noi se rimarremo una comunità, evitando di imboccare un sentiero che non è mai stato il nostro», ha precisato. Contro questa ipotesi, ci sono diversi esponenti, secondo quanto viene riferito, anche Paola De Micheli.
(da Open)
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Aprile 21st, 2024 Riccardo Fucile
“NESSUNO MI HA INFORMATO, HO APPRESO DEL CASO SCURATI DAL POST DI SERENA BORTONE. HO CHIESTO UNA RELAZIONE, SARANNO PRESI PROVVEDIMENTI DRASTICI”
Stavolta la toppa è peggio del buco. A Palazzo Chigi si corre ai ripari, a viale Mazzini diranno che è colpa dell’ultimo burocrate della Rai che mette sulla stessa bilancia uno scrittore come Antonio Scurati con l’ultimo corrispondentino della provincia, altri rilanceranno che mille 800 euro per un testo di un minuto (o poco più) sono troppi soldi ed è eticamente sbagliato, e altri ancora che dietro la manina del burocrate impiegato c’è invece la mano lunga di chi muove i fili di viale Mazzini per conto della premier Giorgia Meloni. Tutto e il contrario di tutto.
C’è un dato che però non sfugge: se Giorgia Meloni “corre” ai ripari pubblicando sui suoi profili social il testo della scrittore c’è allora il segno che chi governa e, forse, pensa di governare in futuro la Tv pubblica per conto della destra è più realista del re. E forse dannoso per il re, in questo caso la regina.
Certamente, chiunque abbia mosso le fila, se c’è un regista, perché se non ci fosse sarebbe anche peggio, è un «dilettante alla sbaraglio» si commenta nel quartier generale della Rai.
Ma se l’Amministratore delegato, Roberto Sergio non sapeva «di quanto è accaduto o stava accadendo», qualcun altro certamente sapeva. In due, comunque, la Rai non si governa. «Lasciamo stare, questa questione, quello che è accaduto non può finire qui…». Roberto Sergio è imbufalito: «Per lunedì ho chiesto una relazione, saranno presi provvedimenti drastici». È in treno, con la linea telefonica che va e viene.
Sembra assurdo ragionare di censura per un grande scrittore che vende migliaia di copie con i suoi libri come Antonio Scurati. Eppure però è così.
«Surreale – dice Roberto Sergio – surreale come sia potuto accadere, è necessario approfondire e dare risposte. Chi ha sbagliato paga». Non solo per il «come», ma anche «per il fatto in sé». Pausa, «evidentemente per problemi burocratici aziendali». Ma quali problemi burocratici? Scurati e il 25 Aprile possono essere «problemi burocratici?».
Mah. «Nessuno mi ha informato. Ho appreso del caso Scurati dal post che la giornalista Serena Bortone ha pubblicato profili social». Punto. «Si doveva agire diversamente». E come? «Possiamo anche discutere sulla richiesta di mille e 800 euro per un minuto in trasmissione, se fosse esagerata o meno o non compatibile con gli standard Rai, e quindi anche eticamente inaccettabile, ma certamente non lo avrei censurato».
Come dire, e da qui, la necessità di chiarire cosa sia accaduto, «se avessi avuto contezza» sulla trattativa con lo scrittore, «la questione avrebbe avuto un esito diverso». «Io lo avrei mandato in onda e avrei chiesto a Serena Bortone, nel caso fosse stato necessario, un riequilibrio ai sensi della normativa che disciplina la par condicio…».
Ma il problema, «il nodo è un altro – riprende l’amministratore delegato della Rai –. Da settimane la Rai è vittima di una guerra politica quotidiana con l’obiettivo di distruggerla». Già. Ma chi vuole distruggerla? Il governo? L’opposizione pare difficile, visto che in questa fase non tocca palla e anche il cosiddetto fortino di Raitre è stato letteralmente smantellato in meno di due anni con buona pace di chi ha fatto armi e bagagli e ha traslocato (non ultimo Amadeus prima ancora Fabio Fazio, Massimo Gramellini), e allora chi?
Roberto Sergio da consumato democristiano non indica tracce né identikit dei presunti mandanti e killer di viale Mazzini, ma rilancia: «Io non ho mai ricevuto interventi o telefonate dalla maggioranza di governo per condizionare scelte su programmi, conduttori o argomenti di qualunque genere» ma resta difficile, comunque, credergli.
Nella storia della Rai, tutti i leader politici chiamano, spingono e condizionano. Certamente, alla Rai i nemici non sono mai mancati ma forse stavolta, se ci sono mandanti per «uccidere la Rai» come sostiene Roberto Sergio, forse vanno ricercati tutti al settimo piano.
È lì, infatti, che si consumano le scelte, è lì nel cuore del potere di viale Mazzini che si disegnano scenari, ed è lì che nascono e muoiono carriere. E forse dopo l’ennesima, clamorosa gaffe “politica” sul caso Scurati, anche il governo, che è il vero azionista della Tv pubblica (secondo la vigente legge), sarà costretto a rivedere qualche piano.
Non solo sul fronte della possibile futura governance, ma anche su quello delle risorse che con il taglio del canone hanno subito una considerevole sforbiciata: e senza risorse, senza format, e con gli artistiche che scappano tentati da concorrenti e competitor globali la corsa della Rai rischia di arrestarsi.
(da La Stampa)
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Aprile 21st, 2024 Riccardo Fucile
“GLORIFICARE LA TOLLERANZA PORTA A QUESTO”
Lo storico Franco Cardini è un cultore della provocazione, nulla, guardato in controluce, è come sembra. Sulla censura, però, è netto. «Se davvero basta evocare Matteotti per essere silenziati, altro che 1924» dice a La Stampa. Che ci sia dietro Giorgia Meloni però, non lo convince. Pensa piuttosto al bavaglio come deriva del politicamente corretto e come iniziativa degli «ipermeloniani, collaboratori senza cultura».
Dopo Saviano, le polemiche post Sanremo, il caos sulla par condicio. Adesso il caso Scurati. Era davvero così pericoloso il suo monologo?
«Non trovo spiegazioni alla censura, sono in disaccordo con Scurati su molte cose ma il punto grave oggi è la censura. Si sta verificando purtroppo quel che prevedevo da tempo. Temevo che la via del politically correct avrebbe fatalmente portato ad azioni censorie. Quando si glorifica la tolleranza, quando si punta alla perfezione e a una società irreprensibile, quando si crea un sistema in cui, com’è da alcuni anni da noi, diventa impossibile mancare di rispetto a qualcuno si finisce automaticamente con la censura. È il tragico destino delle utopie, basti pensare che con le migliori intenzioni gli illuministi hanno combinato la rivoluzione francese…».
La responsabilità insomma non è di Telemeloni ma del politicamente corretto?
«Telemeloni è la variabile di destra della deriva del politicamente corretto. Come si è badato finora a evitare le posizioni troppo filopalestinesi, quelle troppo filoputiniane, ora magari c’è chi vuole evitare quelle troppo antifasciste per non offendere chi, secondo loro, cadde per ideali sbagliati ma con onestà. Comunque non credo che Telemeloni sia attribuibile a Meloni ma agli ipermeloniani che sfortunatamente le stanno intorno, e collaboratori senza alcuna cultura».
Chi li ha scelti, se non lei
«È possibile che non abbia neppure scelto i peggiori, la qualità media della politica è finita così. Ormai, con l’eccezione del tema fascismo, sinistra e destra dicono le stesse cose, dall’Ucraina che è aggredita a Israele che non si può definire aggressore, il pensiero unico galoppa. La sola vera distinzione è tra alto e basso. Allora provocatoriamente dico viva il fascismo, l’unica occasione in cui ci si può ancora differenziare politicamente e discutere».
Gli atenei sono in piazza contro quella che definiscono l’aggressione israeliana e il 25 Aprile sarà dedicato alla Palestina. Non proprio il pensiero unico di cui parla.
«Sì ma anche lì, a fronte della strage dei palestinesi, si chiede continuamente di riaffermare il diritto di Israele a esistere e a difendersi. Io non credo che a Gaza sia in corso un genocidio, perché conosco il significato delle parole, ma è un’autentica strage di cui i media faticano a additare il responsabile».
I media, ossia i politici di cui sono ostaggio?
«I media sono ostaggio dei politici, è vero. E mi meraviglia che la sinistra, che fino a ieri ne ha tenuto le redini, non sappia che la tv di Stato è da sempre “lottizzata” e che in questa fase, in virtù del successo del partito di Meloni, pende da una parte non consueta. Su questo, la ridicola censura di Scurati non ha elementi di novità».
Il monologo di Scurati partiva da Matteotti, assassinato dai fascisti cento anni fa. La Rai si è tirata indietro. Riuscirà Giorgia Meloni a pronunciare la parola antifascista?
«Penso che l’antifascismo non sia un concetto chiaro perché ce ne sono tanti e incompatibili fra loro: il fascismo per esempio, aveva cose in comune con il socialismo che era però antifascista. Detto ciò, bisogna chiedere a Meloni e ai suoi. Non ho visto da parte di questo governo grandi progetti di revisione del fascismo o moti di interesse che non siano il richiamo a farne oggetto di studio storico. Dopodiché se il caso Scurati non fosse appunto un caso ci sarebbe da preoccuparsi, se davvero basta evocare Matteotti per essere silenziati altro che 1924…» .
Torniamo al 25 aprile: molti lo dedicheranno alla Palestina, gli ucraini sfileranno con la brigata ebraica, i radicali marceranno per le iraniane. Di chi è la festa quest’anno? Degli italiani, di tutti i popoli in lotta per la propria autodeterminazione, di qualche popolo e qualche altro no?
«Nonostante le apparenze, il 25 Aprile è una fenomenologia che si adatta a tutte le manifestazioni delle libertà postmoderne che iniziano dal complesso della cultura woke (il risveglio contro le discrimimazioni razziali, ndr) e finiscono con il distruggere i monumenti dedicati a Colombo e denunciare qualsiasi allusione sessista. È la modernità al capolinea, la vittoria assoluta e progressiva dell’individualismo certo che quanto pensa, sebbene spesso senza argomenti, sia giusto. L’esito è la legge della giungla, con tanto di situazioni contraddittorie come gli ucraini che vogliono sfilare il 25 Aprile con gli ebrei che hanno contribuito a sterminare».
Se è per questo, anche il mufti di Gerusalemme stava con l’asse nazifascista
«Certo. Ma a Gaza oggi hanno più in mente il presente che la storia e, al presente, qualsiasi palestinese sopra i dodici anni portato a Tel Aviv ammazzerebbe tutti. Sono inviperiti, altro che buoni. Ed è il risultato della politica del governo israeliano, responsabile anche del nuovo antisemitismo».
Ha ragione la comunità ebraica: torna l’antisemitismo?
«Assolutamente sì. Ma non è basato sull’ideologia delle svastiche, al netto di pochi imbecilli criminali antisemiti sul serio. In gran parte è sdegno nei confronti di un Paese che passa per essere una democrazia e è guidato da un mascalzone».
C’è un po’ di antiamericanismo negli atenei che, prima ancora del 25 Aprile, si sono votati alla causa di Gaza?
«Da ex sessantottino guardo le proteste degli universitari come un ’68 venuto male. Allora c’era un’elaborazione, si discuteva. Oggi gli atenei, pur partendo dallo sdegno per la sorte dei palestinesi che sul piano ideologico posso anche condividere, producono solo atti di violenza. E il teppismo, su questo sono d’accordo con Meloni, non va tollerato. Quanto all’antiamericanismo c’è una letteratura infinita e ormai da decenni è più patrimonio della sinistra che della destra».
(da lastampa.it)
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Aprile 21st, 2024 Riccardo Fucile
IL CLASSICO CASO DI AUTOLESIONISMO
Pure quelli di destra sui social sembrano stupiti: «Antonio Scurati ha detto cento volte queste cose, lo avrebbero ascoltato in dieci, non era meglio lasciarlo parlare?». Che sia censura o atto di stupidità tuttavia poco importa, è possibile pure che le due cose stiano insieme: la censura stupida è una vecchia storia, e la peggiore è quella dei generali che si fanno più realisti del re (o della regina, come in questo caso).
L’enorme inciampo dei vertici Rai sul caso Scurati – un monologo di un minuto e mezzo in un programma che fa pochi punti di share – visto da destra è una terremoto che si poteva evitare, l’incipit in desiderato di un altro 25 aprile ad alta intensità polemica.
Il testo dell’intervento proponeva una lettura del presente che lo scrittore (e non solo lui) ha sviluppato più volte nei suoi scritti e in tv sul “fascismo mai ripudiato” dalla classe dirigente della destra. Conclusione: «finché la parola antifascismo non sarà pronunciata da chi governa lo spettro del fascismo continuerà a infestare la democrazia italiana». Dedicare novanta secondi a questa opinione non avrebbe fatto cascare il mondo, anzi avrebbe smentito l’idea di una Rai col manganello, appiattita sulla difesa bruta del potere politico.
Il vade retro Scurati, qualunque sia il motivo (a maggior ragione se è questione di duemila euro di compenso, come sostengono alcune fonti) ha moltiplicato in modo esponenziale il danno.
Il monologo è ovunque sul web, sulla carta stampata, sui social, nei talk show di ogni rete privata, il Pd invita i sindaci a leggerlo sui palchi del 25 aprile e nei teatri. È diventato una bandiera. Viene utilizzato come controprova di accuse che la destra cerca di smentire da mesi: l’intolleranza alle critiche, le tentazioni autoritarie, la scarsa attitudine al confronto democratico.
Il peggio è che questa tempesta perfetta colpisce la destra proprio mentre, su scene lontane dalla Rai, i fatti smentiscono le Cassandre della sostituzione culturale all’olio di ricino.
Pietrangelo Buttafuoco ha appena aperto la Biennale degli “Stranieri ovunque” con un magnifico intervento sulla «bellezza marginalizzata, esclusa, punita, cancellata da schemi di geo-pensiero dominante». Mauro Mazza, commissario straordinario per la Buchmesse di Francoforte, ha da poco annunciato gli assolo in apertura di Dacia Maraini, Claudio Magris e Alessandro Baricco, nomi rispettati a ogni latitudine politica. Insomma, la normalizzazione del rapporto destra-cultura, destra-storia, destra-intellettuali, appariva non soltanto possibile ma avviata nel modo migliore.
Il caso Scurati risulta un atto di autolesionismo anche per questo. Rianima dubbi sulla capacità della destra politica di accettare, all’interno di spazi che percepisce come suoi, l’opinione divergente e il giudizio urticante. Riporta l’Italia indietro a due anni fa, quando i riferimenti al tema dell’egemonia culturale agitarono il sospetto di un’occupazione programmata per cancellare il “nemico” dal dibattito delle idee.
E, soprattutto, scuote una Rai già in grande difficoltà, che dovrebbe nutrirsi degli ascolti di tutti: di chi ama Fiorello e di chi legge Scurati, di chi aspetta il ritorno di Pino Insegno e di chi ha seguito altrove Fabio Fazio. Anche Giorgia Meloni ne è consapevole, tantoché ieri sera il monologo di Scurati lo ha pubblicato lei, sulla sua pagina Facebook, prendendo le distanze da chi lo aveva cancellato dalla programmazione. A riprova del fatto che la censura è un atto di stupidità che non paga mai, nemmeno quando agisce con la convinzione di favorire o ingraziarsi il potere.
(da lastampa.it)
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Aprile 21st, 2024 Riccardo Fucile
LA GIORNALISTA IERI SERA HA LETTO IL TESTO CENSURATO DAI VERTICI SOVRANISTI DELLA RAI
“Era previsto un monologo sul 25 aprile di Antonio Scurati. Monologo che, invece, non ci sarà”. Così Serena Bortone ha esordito, nella puntata di Chesarà su Rai 3, al termine di una giornata caratterizzata dalle polemiche sulla mancata partecipazione dello scrittore premio Strega (per M. Il figlio del secolo) al programma in cui, appunto, avrebbe dovuto leggere un monologo dedicato alla Festa della Liberazione e centrato sul rapporto tra il fascismo di ieri e quello di oggi, con riferimenti alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. In assenza di Scurati – che sarà presente oggi alla Repubblica delle Idee a Napoli – è stata la stessa giornalista a leggere il monologo, non prima di aver ricapitolato com’era andata.
“Ieri sera ho scoperto, del tutto casualmente, che il contratto di Scurati era stato annullato – ha detto Bortone in diretta a Chesarà su Rai 3 – e pur avendo passato tutta la sera a telefonare, mandare messaggi, mandare mail, non sono riuscita ad ottenere alcuna spiegazione”.
Dunque, continua, ha chiamato lo scrittore per dirgli cosa fosse accaduto ma “siccome ho letto ricostruzioni fantasiose – continua la giornalista – e addirittura offensive, qualche giornale ha scritto addirittura che ci sarebbe stata una questione di soldi, preciso che la reazione di Scurati è stata di regalarmi il testo che aveva scritto per noi”.
Il caso, che ha occupato le cronache per tutta la giornata di ieri, ha avuto anche un buon riscontro di pubblico con la lettura del testo in tv: il programma è stato visto da 899 mila spettatori con il 4,86% di share.
(da agenzie)
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Aprile 21st, 2024 Riccardo Fucile
IL SINDACATO DEI GIORNALISTI DEL SERVIZIO PUBBLICO INTERVIENE DOPO LA CANCELLAZIONE DEL MONOLOGO DELLO SCRITTORE: “HANNO SPESO 6 MILIONI DI EURO PER IL FLOP DELLA TRASMISSIONE “AVANTI POPOLO” E PARLANO DI 1.500 EURO ALLO SCRITTORE”
Sul caso del monologo di Antonio Scurati censurato dalla Rai interviene il sindacato Usigrai con un comunicato di cui è stata chiesta la lettura nei Tg e Gr di oggi. Questa la nota:
“Il controllo dei vertici della Rai sull’informazione del servizio pubblico si fa ogni giorno più asfissiante. Dopo aver svuotato della loro identità due canali, ora i dirigenti nominati dal Governo intervengono bloccando anche ospiti non graditi, come Antonio Scurati a cui era stato affidato un monologo sul 25 aprile, in una rete, Rai3, ormai stravolta nel palinsesto e irriconoscibile per i telespettatori.
“La stessa azienda che ha speso 6 milioni di euro per il programma Avanti Popolo, ora avanza motivazioni di carattere economico per l’esclusione di Scurati. Motivazioni già smentite dai fatti. Siamo di fronte ad un sistema pervasivo di controllo che viola i principi del lavoro giornalistico. L’assemblea dei Comitati di redazione della Rai mercoledì ha proclamato lo stato di agitazione e approvato 5 giorni di sciopero. Gentili telespettatori, noi ci dissociamo dalle decisioni dell’azienda e lottiamo per un servizio pubblico indipendente, equilibrato e plurale”.
(da agenzie)
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Aprile 21st, 2024 Riccardo Fucile
L’INVIO A KIEV DELLE PRIME FORNITURE MILITARI ENTRO LA PROSSIMA SETTIMANA. MOLTE SONO GIA’ IN POLONIA… UNA SCONFITTA PER I TRUMPIANI, CHE AVEVANO FATTO SOTRUZIONISMO, UNA VITTORIA PER LA CASA BIANCA, CHE HA BISOGNO DI FERMARE LA GUERRA PRIMA DEL VOTO
Il via libera della Camera è arrivato dopo mesi di attesa. Con 311 «sì» e 112 «no», i deputati statunitensi hanno approvato quattro progetti di legge che rappresentano complessivamente 95 miliardi dollari di finanziamenti. Sul tavolo, 61 miliardi per l’Ucraina. Ma anche 26 per Israele, di cui 9 in assistenza umanitaria per i civili, Gaza compresa, e 8 per gli alleati nella regione dell’Indo-Pacifico, a cominciare da Taiwan.
«Sono grato, il disegno di legge impedirà alla guerra di espandersi, salverà migliaia e migliaia di vite», ha commentato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (per il Cremlino invece «causeranno ancora più morti»). L’arrivo delle prime nuove forniture militari è atteso già entro la prossima settimana, previo voto al Senato martedì e firma del presidente Joe Biden, passaggi considerati a questo punto in cassaforte.
Un successo per la Casa Bianca. «Si tratta di un messaggio chiaro sulla potenza della leadership americana», ha commentato Biden. Da non dimenticare però come la battaglia per il voto abbia richiesto mesi di lavoro e di compromessi che alla fine hanno visto lo speaker della Camera, il repubblicano Mike Johnson, rischiare il proprio incarico optando per il sostegno dei democratici mentre l’ala destra del suo stesso partito lo ostacolava in tutti i modi.
Il Pentagono sta già preparando il primo lotto, che comprende munizioni di artiglieria (a partire da quelle da 155 mm) e mezzi di difesa aerea come i Patriot, quelli di cui Kiev ha disperatamente bisogno per difendersi dalla crescente offensiva russa. Secondo un funzionario occidentale sentito dal Financial Times, una parte significativa delle armi sono già immagazzinate appena oltre il confine ucraino a Rzeszów, in Polonia, pronte a partire.
Ad accorciare i tempi di consegna, un altro dato: parte degli armamenti si trova negli arsenali americani in Europa. Oltre un terzo dei fondi (23,2 miliardi) resterà negli Stati Uniti, per riapprovvigionare i magazzini Usa, in parte svuotati proprio per fornire assistenza all’Ucraina.
Il resto degli aiuti sarà distribuito in due direzioni: 13,8 miliardi di dollari saranno destinati all’acquisto di sistemi d’arma avanzati, prodotti e servizi per la difesa dell’Ucraina, 11,3 miliardi invece per le operazioni militari statunitensi in Europa. Il disegno di legge prevede anche un aiuto finanziario diretto al bilancio ucraino pari a 7,85 miliardi ma sotto forma di prestito che potrà essere cancellato dal presidente, dopo le elezioni del 5 novembre, una concessione a Trump.
(da Corriere della Sera)
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